Saper piangere «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?». Tra le parole dette a Lampedusa dal papa-uomo Francesco, vorrei ora ritenere queste. La colpa di non piangere. Il cuore di pietra, di cui il profeta implora e promette il divino cambiamento in cuore di carne. La commozione delle viscere, dell'utero, che è anche nei maschi fecondi come donne, quel movimento intimo come un figlio di nuovo concepimento, che ti allarga e moltiplica la vita, quella vibrazione dolorosa, ma vitale ed estatica come l'orgasmo dell'amore, quella commozione che piega il Samaritano sul ferito, cui rimasero indifferenti gli addetti al sacro, quello splangizesthai che ritorna nei vangeli come l'effetto profondo del respiro di Dio vivificante nel corpo e nel cuore umano: Matteo 9,36; 15,32; 18,27; 20,34; Marco 1,41; 6,34; 8,2; 9,22; Luca 7,13; 10,33; 15,20. Quella impossibilità di vedere la sofferenza altrui, che comunque ti muove, o per fuggire dal ferito, o per correre a lui. La capacità di piangere, senza la quale ogni male diventa banale, ogni delitto normale, ogni vittima una statistica. Quella nostra ferita che non deve guarire, che è soffrire con chi soffre. Quella santa facilità a piangere, che è nei bambini, e il vangelo ci chiede di diventare (non ritornare) come loro. Quella lacrima che Dio ti manda, come segno del suo perdono. Nei vecchi libri di pietà c'è una apposita preghiera per ottenere il dono delle lacrime. Quel disgelo del cuore del volto e degli occhi, che è primavera di rinascita. Per i sommersi nel fossato di coccodrilli che divide il castello d'Europa dal deserto dell'Africa e dell'Asia che lo assedia, che fare? Tutto comincia dal lasciarsi toccare le viscere, abbandonare quella cintura di castità che oppone l'acciaio alle pietà, lasciare che la carne umana a tutti comune, la comune fame di vita e dignità, che in tutti vuol vivere, sotto ogni colore di pelle, da qualunque destino veniamo, lasciare che da quella carne le vittime spremano una lacrima. Sarà come pioggia viva sul deserto che noi siamo. Poi verranno le politiche, i diritti scritti e i doveri. e. p.