Dicembre 2011 Anno 8 - n. 2
LABORATORIO
BERGAMO
Notiziario d’informazione sulle attività delle ACLI via San Bernardino, 70/A 24122 Bergamo - Tel. 035 210284 Reg. Tribunale di Bergamo n. 20 del 30.06.2004 Direttore responsabile Daniele Rocchetti «Poste Italiane S.p.a. - Sped. in A.P., D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n.46) Art. 1 comma 2, DCB Bergamo» STAMPA IN PROPRIO
ACLI
Hanno collaborato Rosa Gelsomino Chiara Roncelli Daniele Rocchetti Liviana Cavallini Tarcisio Plebani Paolo Ghisleni Ilario Sabbadini Fabio Ferretti Dimitri Bigoni
SOMMARIO 2 Editoriale di Rosa Gelsomino CAMPAGNA NAZIONALE 3 L’italia sono anch’io. Campagna per i diritti di cittadinanza DOSSIER CATTOLICI E POLITICA 6 8 10 11
Il valore delle buone mediazioni di Daniele Rocchetti Il vero contributo politico dei credenti di Giovanni Bianchi Il risveglio dei cattolici nell’Italia malata di Enzo Bianchi I cattolici non fanno rima con moderati di Franco Pizzolato
CIRCOLI 13 14 15 16 16 17 18
La formazione per il bene comune di Liviana Cavallini Le cinque giornate di Bariano: 150 anni dell’unità d’Italia L’Italia compie 150 anni. Le attese degli italiani tra memorie e speranze Formazione politica Il bene comune, questo sconosciuto? Per la legalità, contro le mafie.Un presidio di Libera ad Almenno La saggezza della sobrietà di Paolo Ghisleni
NOTIZIE DAL CAF ACLI 19
Ecco alcune delle principali novità in campo fiscale di Fabio Ferretti
NOTIZIE DAL PATRONATO ACLI 20
Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici (D.L. 201/2011) di Ilario Sabbadini
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Editoriale i hanno insegnato che il tempo di Avvento è tempo di attesa, di speranza e di preghiera. Viviamo questi giorni con quello stato d’animo e lo facciamo da cristiani, da cittadini di questo Paese, da associati. Questa presidenza provinciale ha attraversato, per tutti i quattro anni di mandato che termineranno nel febbraio del prossimo anno, il tempo della crisi economica di questo Paese, e non solo di questo Paese. È per questa ragione che, per un verso, nel porgervi gli auguri di un Santo Natale per il quarto anno consecutivo sento il dovere di fare appello alla speranza che anima i nostri cuori di credenti, per dare un senso a questo navigare nelle difficoltà, nelle mediocrità e nelle contraddizioni che ogni giorno dobbiamo subire, affrontare e vincere. Avrei voluto scrivervi che la crisi è finita, che la coesione sociale è cosa fatta, che il Paese è fuori dal guado, che l’equità tra i cittadini è principio indefettibile di ogni provvedimento normativo e regolamentare, che l’evasione fiscale è oramai una leggenda metropolitana raccontata dai vecchi come mero ricordo, che la corruzione è fatto storico e retaggio di un passato non più esistente, che il razzismo è dimenticato, che a nessuno verrebbe in mente di mentire accusando un rom o un extracomunitario di violenza ed ancor più che a nessuno, nel 2011, verrebbe in mente di organizzare cortei punitivi verso chi non è cittadino italiano. Mi ritrovo, invece, a scrivervi che è questo il tempo in cui, ancora una volta, dobbiamo sperare che le scelte di chi “comanda” e di chi è nella condizione di poter contrastare le operazioni di comando, siano governate dal senso di responsabilità verso gli altri e da profondo equilibrio. In questi quattro anni di crisi, le Acli a tutti i livelli hanno fatto appello più volte alla necessità di operare per la coesione sociale. Assai probabilmente sbaglio ma sento che il periodo più difficile per ottenere e mantenere coesione sociale, stia per arrivare ora. Abbiamo assistito all’arrivo di un “governo tecnico” che, come gli analisti hanno sottolineato, ha significato il fallimento delle parti politiche. Viviamo un tempo in cui tutti i sindacati, incluso quello che in questi anni ha compiuto una operazione di mediazione e di contemperamento tra gli interessi in gioco e lo ha fatto in nome della coesione sociale, si sentono messi da parte nell’assunzione delle scelte di governo decisive per il futuro del Paese e alzano i toni per lamentare tale situazione. La situazione economica non è affatto tranquilla e da tutte le parti ci sentiamo dire che i tempi peg-
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giori arriveranno nel 2012, con una situazione di occupazione lavorativa in forte difficoltà. Gli aggravi economici imposti dalle manovre economiche sulla parte non agiata della popolazione creano certamente situazioni di forte disagio che non potrà essere superato in poco tempo. Tutto questo in un contesto in cui la gente avverte “l’inconsistenza” delle parti politiche, nel senso che non percepisce la fiducia negli attuali schieramenti politici come forze capaci di farci uscire dalla condizione di incertezza e di bisogno in cui ci troviamo. È vero che chi ha accolto ob torto collo il governo Monti ha anche affermato che lo faceva per senso di responsabilità. La domanda è: fino a quando tutto ciò reggerà e fino a che punto le parti politiche si riterranno vincolato al senso di responsabilità quando dovranno affrontare temi “elettoralmente sensibili” come la riforma del mondo del lavoro, del fisco, delle regole dell’economia, dello sviluppo economico, del governo di questa Repubblica? Laddove chi governa non risponde al proprio partito e al proprio schieramento politico, fino a che punto le altre parti del sistema politico si riterranno vincolate ad un patto che non c’è se non nei termini del senso di responsabilità per non fare affossare questo Paese? Fino a che punto i cittadini riusciranno a leggere nelle scelte del governo che non hanno eletto i segnali di scelte compiute per non farci finire nel baratro? Ecco perché, in parte, ritengo questo tempo davvero difficile per la tenuta della coesione sociale. Credo allora che la nostra associazione, unitamente ad altre, nei mesi futuri dovrà essere capace di farsi interlocutrice con la gente per comprendere insieme e per aiutare a comprendere quali scommesse e quali sfide dovremo assumere insieme per vincere la partita del futuro di questo Paese. Le Acli nazionali ci invitano dunque nei prossimi mesi a riflettere sul tema posto all’attenzione dei congressi che celebreremo nei territori: “rigenerare comunità per ricostruire il Paese”. Le preoccupazioni e le domande che mi sono posta e che vi ho esposto in queste poche righe mi pare possano davvero trovare, nel dibattito congressuale che svolgeremo a livello provinciale, qualche risposta e qualche orientamento d’azione per il futuro. L’invito che rivolgo a tutti noi è quello di vivere questi mesi con la stessa responsabilità che chiediamo agli altri e con lo stesso desiderio di coesione tra noi che invochiamo per il Paese intero. Auguro a tutti Voi e alle Vostre famiglie un Santo Natale ricco di speranza e di fiducia nel futuro.
ROSA GELSOMINO è Presidente provinciale delle ACLI di Bergamo
Campagna nazionale
L’Italia sono anch’io Campagna per i diritti di cittadinanza La campagna L’Italia sono anch’io, attiva da Settembre 2011 a fine Febbraio 2012, si propone di raccogliere almeno 50.000 firme necessarie per presentare in Parlamento le due proposte di legge di iniziativa popolare volte a modificare le leggi sui diritti di cittadinanza
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Italia sono anch’io è la campagna nazionale per i diritti di cittadinanza e il diritto di voto, promossa nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Una campagna che promuove una riforma del diritto di cittadinanza stabilito dalla legge italiana, che prevede l’estensione di tale diritto anche ai bambini nati in Italia da genitori stranieri immigrati regolarmente nel nostro Stato e l’estensione del diritto elettorale amministrativo anche ai lavoratori regolarmente presenti in Italia da almeno cinque anni. L’Italia sono anch’io vuole promuovere l’uguaglianza tra persone di origine straniera e italiana che vivono, crescono, studiano e lavorano in Italia, contribuendo a rimuovere gli ostacoli che la legislazione attuale frappone al raggiungimento di questo obiettivo. La campagna è promossa da un Comitato Nazionale a cui hanno aderito numerosi enti e associazioni, tra cui anche le ACLI Nazionali, e da numerosi Comitati Territoriali, che si suddividono in Comitati Regionali e Provinciali. Anche a Bergamo è nato un Comitato promotore, di cui le ACLI Provinciali fanno parte. La campagna L’Italia sono anch’io, attiva da Settembre 2011 a fine Febbraio 2012, si propone di raccogliere almeno 50.000 firme necessarie per presentare in Parlamento le due proposte di legge di iniziativa popolare.Attualmente ci sono più di cento città al lavoro per raggiungere questo obiettivo, con altrettanti Comi-
tati Locali e numerosi volontari che si impegnano nella raccolta delle firme. L’Italia sono anch’io fa appello alle Istituzioni, alle forze politiche e sociali, al mondo dei lavoratori e della cultura, a tutte le persone che vivono in Italia, affinché ciascuno responsabilmente contribuisca a costruire un futuro di convivenza, giustizia e uguaglianza per chiunque nasca e viva nel nostro Paese. L’esercizio della cittadinanza è la possibilità di partecipare alla vita e alle scelte della comunità di cui si fa parte, con uguali diritti e uguali responsabilità. Perché? L’Articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce il principio dell’uguaglianza tra le persone, impegnando lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscano il pieno raggiungimento. Ma in Italia questo principio è disatteso, in particolare nei confronti dei minori stranieri. Inoltre, la Convenzione Europea sulla Nazionalità del 1997 chiede agli Stati di facilitare l’acquisizione della cittadinanza per “le persone nate sul territorio e ivi domiciliate legalmente e abitualmente”.
Obiettivi • modificare la legge sul riconoscimento della cittadinanza; • riconoscere agli stranieri, che abbiano maturato cinque anni di regolare soggiorno in Italia, il diritto di far parte dell’elettorato attivo e passivo e quindi il diritto alla partecipazione politica ed all’attività di pubblica amministrazione.
È necessario più che mai riportare il tema della cittadinanza all’attenzione dell’opinione pubblica ed al centro del dibattito politico. Il Comitato promotore di Bergamo. Martedì 4 Ottobre 2011 alle ore 12.00 presso Casa Amadei in via San Bernardino 77 a Bergamo si è svolta la Conferenza Stampa di presentazione della Campagna L’Italia sono anch’io e del Comitato Locale che la sostiene a Bergamo. Le associazioni che hanno aderito alla campagna a livello locale si stanno impegnando, e continueranno a farlo fino a febbraio 2012, a promuovere iniziative di sensibilizzazione e formazione su questo tema sul territorio di Bergamo e Provincia e a portare avanti iniziative di raccolta firme per la presentazione in Parlamento delle due proposte di legge di iniziativa popolare. Ad oggi, sul territorio bergamasco sono già state raccolte più di settecento firme. Il Comitato di Bergamo si impegna a: •• promuovere in ogni ambito l’uguaglianza tra persone di origine straniera e italiana; •• agire a tutti i livelli affinché gli ostacoli che impediscono la piena uguaglianza tra italiani e stranieri vengano rimossi, determinando le condizioni per la sua concreta realizzazione; •• promuovere la partecipazione e il protagonismo dei migranti in tutti gli ambiti sociali, lavorativi e culturali, con la convinzione che esercizio di cittadinanza significhi innanzitutto
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Campagna nazionale possibilità di partecipare alla vita e alle scelte della comunità di cui si fa parte; •• avviare un percorso che porti alla presentazione in Parlamento delle due proposte di legge di iniziativa popolare, quale strumento più alto di responsabilità sociale e politica. Perché promuovere la campagna a Bergamo? Bergamo è la terza provincia in Lombardia per numero di immigrati residenti, dietro solo a Milano e Brescia. Per l’esattezza nella provincia di Bergamo risiedono 114.300 immigrati, di cui 18.351 solo nella città di Bergamo, pari al 15,2% della popolazione residente. Di questi molti sono bambini e ragazzi nati e cresciuti a Bergamo, che solo al compimento della maggiore età vedranno riconosciuto il diritto a chiedere la cittadinanza italiana, ma il luogo d’origine dei loro genitori è talmente lontano che spesso non ci sono mai stati e non lo conoscono. A loro e alle loro famiglie vengono per lo più frapposte limitazioni ingiustificate che danno luogo a disuguaglianze. Per tutto questo il Comitato promotore ha ritenuto importante e fondamentale promuovere la campagna anche sul territorio bergamasco. •
Da sapere Legislazione attuale
Modifiche proposte
Riconoscimento della cittadinanza: •• ai figli di cittadini italiani (“ius sanguinis”); •• a chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi; •• a figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza; •• allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data; •• al coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi; •• a coloro che dimostrano di risiedere su territorio italiano legalmente da dieci anni.
Riconoscimento della cittadinanza: •• a coloro che nascono sul suolo italiano, e di cui almeno uno dei genitori possieda il requisito di legalità del soggiorno della durata di un anno, prescindendo dalla formale residenza (principio dello “ius soli”); •• ai minori che pur non essendo nati in Italia vi siano entrati prima del decimo anno di età e vi abbiano risieduto fino alla maggiore età (“ius domicili”); •• ai minori che abbiano frequentato un corso di istruzione primaria o secondaria o di formazione professionale, in seguito a presentazione dell’istanza da parte dei genitori; •• a coloro che contraggono matrimonio con un cittadino italiano, e che risiedano legalmente da almeno sei mesi in Italia dopo il matrimonio (rispetto ai due anni attuali), o dopo tre anni dalla data di matrimonio se residenti all’estero, qualora non sia intervenuto scioglimento, annullamento, cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi; •• allo straniero maggiorenne adottato da cittadini italiani, quando successivamente all’adozione, risieda legalmente nel territorio italiano da almeno due anni; •• allo straniero che risieda legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica e che sia in possesso del requisito reddituale (annualmente fissato); •• al cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea e al cittadino rifugiato o apolide che risieda legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica.
Diritto alla partecipazione politica •• la partecipazione politica è strettamente legata al possesso della cittadinanza che può essere acquisita secondo la normativa esposta al punto precedente.
Diritto alla partecipazione politica: •• il diritto alla partecipazione politica è concesso in seguito all’acquisizione della cittadinanza italiana che avverrebbe, su richiesta dell’interessato, dopo cinque anni di regolare soggiorno.
Comitato Promotore Il Comitato promotore di Bergamo è composto da ACLI, ARCI, Caritas, CGIL, CISL, Comunità Ruah, Cooperativa Il Pugno Aperto, Cooperativa Migrantes, Coordinamento Enti Locali per la Pace, Libera, Segretariato Migranti, Tavola della Pace, UIL e Casa Editrice La Feltrinelli Per avere maggiori informazioni sulle attività della Campagna potete • scrivere a litaliasonoanchio.bergamo@gmail.com • consultare la pagina facebook L’Italia sono anch’io • visitare il blog del comitato di Bergamo litaliasonoanchiobg.wordpress.com • oppure il sito del comitato bergamasco: www.litaliasonoanchiobg.eu • e il sito nazionale: www.litaliasonoanchio.it
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Dossier cattolici e politica
Da credenti nella città di tutti Le ultime vicende della politica italiana hanno portato alla ribalta, di nuovo, quale contributo i cattolici possono dare alla convivenza civile del nostro Paese. Vogliamo rilanciare anche noi il dibattito, presentando i dati della ricerca “Cattolici e politica: tra astensionismo e voglia d’impegno”, curata dal Centro di ricerca Ipsos e quattro contributi. Due apparsi su “L’Eco di Bergamo” e firmati da Luigi Pizzolato e da Daniele Rocchetti, uno di Giovanni Bianchi e l’ultimo di Enzo Bianchi.
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l segno degli ultimi mesi è la crisi complessiva di fiducia degli italiani non solo nei confronti della politica, ma in generale per tutte le principali istituzioni del paese. Tuttavia la sfiducia nei confronti della politica e dei principali schieramenti assume una rilevanza raramente emersa nella storia del nostro paese: rispetto ai due schieramenti principali (centrodestra e centrosinistra) si assiste a una crisi del centrodestra a partire dagli inizi del 2010, crisi che diventa massima nella seconda metà dell’anno, dopo la rottura Fini/Berlusconi e la crescita dei dubbi sulla capacità operativa del governo. Questa
crisi premia solo in parte il centrosinistra: la gran parte degli elettori si rifugia nella sfiducia verso entrambi. Tra i cattolici impegnati la sfiducia si massimizza, soprattutto a scapito del centrosinistra. Allo stesso modo, nel corso del 2010 e con una caduta drammatica nel settembre del 2011, cala la fiducia non solo nei partiti, oggi ai minimi storici, ma anche nelle istituzioni di rappresentanza (Senato e Camera) che perdono circa 25 punti in poco più di un anno. Anche in questo caso sono simili le posizioni dei cattolici praticanti, anche se gli impegnati esprimono una fiducia lievemente maggiore nelle due camere. Stabile invece la
fiducia nella Chiesa che pure perde dieci punti rispetto agli inizi del 2010, ma sostanzialmente tiene. Il voto dei cattolici Anche nelle tendenze generali di voto degli italiani nel loro complesso emerge con nettezza il distacco dalla politica e la difficoltà nell’individuare un’alternativa appetibile nella situazione attuale: cresce enormemente l’area “grigia” (incerti e astensionisti) che raggiunge i massimi negli ultimi mesi, mentre calano (sempre sul totale degli elettori) sia il centrodestra (in misura nettissima) sia il centrosinistra (in misura un po’ più contenuta). Tra i
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Dossier cattolici e politica cattolici praticanti il dato è simile ma il centrodestra rimane la scelta prevalente pur se in netto decremento. Cresce l’opzione per il centro (UDC, FLI, API, MPA) ma senza un incremento proporzionale al distacco dai due grandi schieramenti. Al momento l’opzione centrista non sembra capace di catalizzare il malessere. In sostanza il mondo cattolico sembra in attesa di un’alternativa praticabile. Questa attesa è evidenziata anche dall’enorme rilevanza dell’area “grigia” proprio tra i segmenti praticanti: tra gli impegnati l’incertezza o la propensione all’astensione coinvolgono quasi la metà degli elettori. Nel trend di voto dei cattolici praticanti (calcolato in questo caso sui voti validamente espressi) emerge una crisi del centrodestra determinata soprattutto da un distacco dalla Lega che perde oltre cinque punti percentuali, una crescita del centro che premia in particolare l’UDC e un lieve incremento del centrosinistra, in particolare del PD. Nel leggere questi dati va però sempre tenuto in considerazione che si sta parlando solo di poco più della metà degli elettori aventi diritto. Le posizioni del cardinale Bagnasco In generale gli italiani pensano che la politica debba esprimere una sintesi dei valori cattolici e laici (39%) o che la presenza della Chiesa nella politica italiana sia eccessiva (36%). Tuttavia circa un quinto pensa che i valori cattolici debbano essere affermati con più forza. Questa posizione si rafforza naturalmente nei cattolici praticanti, ma sia tra gli impegnati che tra i praticanti scarsamente impegnati la posizione prevalente, sia pur non maggioritaria, è quella della sintesi dei valori. Ciò che emerge è una volontà di nuovo impegno dei cattolici che porti ad una valorizzazione delle istanze del loro mondo. Si sente la necessità di creare un movimento che possa unificare le diverse visioni pur presenti all’interno del laicato cattolico. Questa opzione non necessariamente deve dar vita ad una formazione politica che riunisca tutti i cattolici. Infatti, una forza organizzata dei cattolici è gradita solo all’11% degli italiani. È l’effetto della sfiducia generalizzata: il paese aspetta risposte e cerca parole ragionevoli. “C’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni – crescendo – non restino avvelenate”. L’80% dei cattolici italiani condivide l’affermazione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, pronunciata lo scorso 27 settembre nel corso della prolusione al consiglio permanente della Cei. •
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Il valore delle buone mediazioni
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Daniele Rocchetti
aro direttore, in attesa delle valutazioni che nei prossimi giorni emergeranno, in forma più compiuta, dell’assise di Todi, vorrei sottolineare due aspetti, tra i diversi in ambito ecclesiale, che ritengo centrali in ordine alla difficoltà accertata di una presenza di cattolici nella vita politica del nostro Paese. In un documento episcopale del 2005 (Fare di Cristo il cuore del mondo) si ammette per la prima, e forse unica, volta, l’indebolimento del laicato e la sua scomparsa dal proscenio della Chiesa. «Non sempre l’auspicata corresponsabilità (dei laici) ha avuto adeguata realizzazione e non mancano segnali contraddittori. Si ha talora la sensazione che lo slancio conciliare si sia attenuato. Sembra di notare in particolare una diminuita passione per l’animazione cristiana del mondo del lavoro e delle professioni, della politica e della cultura ecc. A volte può essere che il laico nella Chiesa si senta ancora poco valorizzato e compreso. Oppure, all’opposto, può sembrare che anche la ripetuta convocazione dei fedeli laici da parte dei pastori non trovi pronta e adeguata risposta, per disattenzione o per una certa sfiducia o un larvato disimpegno» (Regno-doc. 11,2005, p.306). Il privilegio concesso ai movimenti nell’ultimo ventennio, la minor presa della forma associativa e della sua democrazia, la progressiva centralizzazione in capo alla Conferenza episcopale, hanno indebolito il laicato organizzato e le sue élites senza peraltro intercettare il laicato comune delle assemblee liturgiche domenicali e, ancora meno, quello dei frequentanti occasionali, i più secolarizzati. Il processo di normalizzazione dei movimenti non ha segnato una significativa emersione di nuove leadership laicali. Esse sono piuttosto cooptate attraverso la creazione di aggregazioni di seconda specie che cominciano ad apparire dagli anni ‘90 in poi: il Forum delle associazioni familiari dal 1992, Retinopera dal 2002, Scienza e fede dal 2005. La scelta operata dalla Chiesa italiana, nata dalla constatazione della fine della Democrazia Cristiana e della dispersione in poli contrapposti dei cattolici impegnati in politica, è
stata quella di voler trattare in modo diretto con i poteri politici statali e di sostenere un discernimento culturale e politico attraverso quelle aggregazioni. La scelta, nei fatti, ha ridotto considerevolmente lo spazio sia delle mediazioni delle istanze laicali sia di un’azione politica autonoma dei laici cristiani. La seconda questione che, a mio avviso, ha rappresentato un’impasse in ordine alla presenza è la questione, seria, dei «principi non negoziabili». È sotto gli occhi di tutti che la grande stagione del personale cattolico in politica è al tramonto. Al di là del giudizio politico, Prodi è stato l’ultimo esponente di una storia che ha avuto una rilevanza centrale per il nostro Paese (da Sturzo a De Gasperi, da Fanfani a Moro). Vittima di una scelta clerico-moderata voluta e tenacemente perseguita, argomentata a partire dai principi non negoziabili enunciati per la prima volta dalla Congregazione della Dottrina della fede nel 2003. L’importante Nota dottrinale sull’impegno dei cattolici nella vita politica diffusa nel 2003 parlava a questo proposito di «principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni e compromesso alcuno» e ne offriva, a dire il vero, un’elencazione più ampia: «diritto primario alla vita dal suo concepimento al suo termine naturale», «tutela e promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico fra persone di sesso diverso», «garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli (come) diritto inalienabile», «tutela sociale del minore», «libertà religiosa», «sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona
e del bene comune», «pace» (n. 4; Regno-doc. 3,2003, p.71ss). L’orientamento che blocca ogni mediazione e negoziazione politica su pochi principi non evangelici ma di morale naturale è stato in più riprese autorevolmente riproposto e rilanciato . Eppure la mia convinzione è che il cristiano può fare politica – sapere e prassi che ha leggi e valori specifici che non possono venire posti a lato – partendo da «valori non negoziabili» solo se pratica buone mediazioni, che siano incarnazione dei principi o dei valori attraverso l’azione. In caso contrario si condanna o al tradimento dei valori oppure all’inefficacia politica. Direi perciò che la costruzione della mediazione è il modo politico di mettere in pratica la necessaria coerenza con i «valori non negoziabili». Ancora una volta, resta attualissima la lezione di Giuseppe Lazzati: per agire politicamente occorre «pensare politicamente». La legittima formulazione dei principi da parte dei Pastori non può sostituire il discernimento dei credenti che, in quanto cittadini tra cittadini, sono chiamati a tradurre questi principi, nella città di tutti, in formule giuridico-politiche, tenendo conto di una serie di fattori contingenti e nel rispetto della dialettica democratica con soggetti di diversa ispirazione. Se questo non avviene, è impoverita la comunità cristiana (e la povertà non solo di un’opinione pubblica all’interno della Chiesa ma anche di un confronto e dialogo su questi temi lo stanno ogni giorno a dimostrare) e pure la comunità umana nella quale i cristiani vivono e operano. •
DANIELE ROCCHETTI è membro della Presidenza ACLI di Bergamo
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Dossier cattolici e politica
Il vero contributo politico dei credenti
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Giovanni Bianchi
GIOVANNI BIANCHI già Presidente nazionale delle ACLI
a questione del bene comune informa di sé l’insegnamento della Chiesa in materia sociale forse prima ancora che esistesse, o si affermasse l’ esistenza, di una dottrina sociale della Chiesa. Lo stesso Aquinate, nel suo De regimine principum dedicato al Re Santo Luigi affermava sostanzialmente che nessun potere può considerarsi legittimo e benedetto da Dio se non è orientato al bene complessivo del corpo sociale, escludendo quindi il diritto di sangue e di stirpe. In epoca più tarda teologi domenicani come Vitoria e gesuiti come Molina affermarono in sostanza il diritto del popolo a ribellarsi a sovrani che non garantissero al popolo i diritti innati stabiliti da Dio. Nel nostro secolo la riflessione più penetrante non tanto sul bene comune inteso in termini astratti ma su di una società orientata nella direzione del bene comune è stata propria dei filosofi personalisti e comunitari, da Maritain a Mounier, che hanno cercato di superare la dimensione confessionale di tale bene comune per ricondurla ad una in cui potessero riconoscersi anche persone diversamente credenti rispetto ai cristiani. In Mounier ad esempio (di cui sta per terminare l’ anno centenario della nascita) ciò è particolarmente evidente soprattutto nella definizione dell’ aggettivo “comunitario” che egli pone come necessario completamento dell’ istanza personalista : indubbiamente vi è un’ influenza di un pensiero già esistente, non solo in ambito cattolico, dove del resto vi è la riflessione dei domenicani della famosa comunità del Saulchoir, a partire da Marie – Dominique Chenu (che collaborerà con Mounier alla scuola di Uriage e che nel dopoguerra scriverà su “Esprit”), sulle implicazioni comunitarie del pensiero tomista, come pure alle riflessioni di filosofi come Scheler e di sociologi come Tonnies, al quale si deve la fondamentale distinzione fra Gesellschaft (società) e Gemeinschaft (comunità), che verrà fatta propria dai personalisti i quali daranno rilievo alla particolare valenza umana dei rapporti intessuti nella seconda a fronte degli scambi formali in cui si sostanzia la prima. Al di là di questo, il pensiero di Mounier si esprime nella sua originalità attraverso la defi-
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nizione della comunità personalista come il luogo in cui “ognuno si realizzerebbe nella totalità di una vocazione continuamente feconda e la comunione dell’ insieme sarebbe una risultante viva dei traguardi del singolo”. In questo senso, come si vede, la comunità è la risultante dell’ insieme delle aspirazioni e delle idealità personali (una “persona di persone”, come si sarebbe espresso lo stesso Mounier) che è al vertice di tutte le altre forme di vita associata umana, e che in qualche misura le trascende non essendo basata né sul consenso amorfo delle masse né sugli interessi di ordine materiale delle società economiche o la ristretta dimensione ideologica delle società politiche o culturali. Nella concezione personalista lo Stato perde la funzione hegeliana di persona collettiva per assumere funzioni di servizio rispetto alla persona umana e ai “mondi vitali” in cui essa esplica in modo più ampio la propria personalità (un simile concetto,a riprova di quanto queste idee fossero diffuse nell’ intellettualità italiana, informa di sé l’ art.2 della Costituzione della Repubblica italiana), le quali, a partire dalla famiglia, vengono considerate preesistenti e quindi dotate di diritti originari rispetto allo Stato stesso. In questo senso, le funzioni dello Stato inteso nella sua dimensione procedurale vengono ridimensionate a beneficio dei corpi intermedi i quali hanno la capacità di esprimersi direttamente nell’ agire politico anche a scapito delle forme della rappresentanza democratica. Sta qui, in effetti, uno dei luoghi topici della critica a Mounier da parte di autori di diversa ispirazione e che più avanti esamineremo: l’ indifferenza, che alcuno addirittura tramutano in avversione, nei confronti della democrazia liberale e delle sue procedure. Ora, che da parte di tutto il movimento personalista vi fosse un atteggiamento insofferente e critico nei confronti dei meccanismi di una democrazia bloccata e priva di idealità è un dato di fatto, ma non necessariamente la critica della democrazia procedurale diventa critica della democrazia pura e semplice. Come è stato autorevolmente rilevato dall’ allora Cardinale Ratzinger nel famoso dibattito con Habermas a Monaco di Baviera: “Per il processo
decisorio democratico rimangono come stru- ci benedettini nei secoli bui. Come ha annotato mento indispensabile esclusivamente la delega recentemente uno storico della Chiesa, don Sadella rappresentanza da un lato e la decisione verio Xeres, Mounier considera “ come l’ agonia della maggioranza dall’ altro (…) Anche le mag- (nel senso di lotta) nel cristianesimo debba atgioranze, però, possono essere cieche o ingiuste. tuarsi non nell’ istituire e mantenere un ordine La storia lo dimostra in modo più che evidente: sociale, quanto nel proporre il Vangelo ‘nella sua quando una maggioranza – per quanto preponde- nudità’. D’ altra parte, la teorizzata sintesi tra crirante – opprime con norme persecutorie una mi- stianesimo e società occidentale non si è mai venoranza, per esempio religiosa o ramente realizzata o soltanto in etnica, si può parlare ancora di modo episodico; il che, più a fonIl cristiano deve giustizia o di diritto? Il principio do, significa che essa non è forma ritirarsi dal mondo? di maggioranza lascia pertanto né essenziale né originaria del crisempre aperta la questione dei O, peggio ancora, stianesimo”. Non solo Mounier fondamenti etici della legge: la deve imparare la quindi si colloca come precursore questione se non esista qualcosa del rinnovamento indotto dal Conlogica mondana? che non può mai diventare legitticilio Vaticano II, ma consapevolmo, qualcosa dunque che di per sé mente, in anni in cui il tema della rimane sempre un’ ingiustizia, op“teologia del laicato” era ancora pure al contrario anche qualcosa informe, assume posizione a favoche per sua natura è legge immutabile, a prescin- re di una “fede adulta” da viversi in pienezza di dere da ogni decisione della maggioranza, e che responsabilità e di condivisione con tutti, assuda essa deve essere rispettata”. Per Mounier era mendo in prima persona i rischi connessi ad una evidente la non reversibilità del processo di su- società complessa in cui il trapasso fra la “vecperamento delle forme tradizionali di cristianità: chia” e la “nuova” cristianità rimane indetermid’ altro canto, una figura centrale nella vita del nato. Mi pare che tale interpretazione del Concicattolicesimo francese come l’ arcivescovo di lio concordi nella sostanza con quella proposta Parigi cardinale Emmanuel Suhard non aveva da Benedetto XVI nel famoso discorso alla Cuavuto paura di tematizzare, in una famosa lettera ria romana per il Natale 2005, quella “ermeneupastorale per la Quaresima 1947, se ci si trovasse tica della riforma” che, senza voler togliere nulla di fronte al declino della Chiesa o se non ci si ai principi di fondo, afferma di fatto essersi apertrovasse di fronte alla opportunità di un nuovo ta una fase non ancora conclusa di ricerca di una slancio. Mounier consentiva con questa imposta- nuova sintesi nei rapporti fra la Chiesa e la mozione, e per lui era chiaro che tale opportunità dernità, con il riconoscimento del ruolo degli potesse esser perseguita solo a condizione che si statisti cattolici nella costruzione di uno “Stato avesse il coraggio di guardare la realtà sociale e moderno, laico,che tuttavia non è neutro riguarculturale per quello che era, senza alimentare no- do ai valori”, con una Chiesa che riscopre pienastalgie tanto più dannose in quanto rischiavano mente se stessa e il suo messaggio di fondo attradi schiacciare la comunità ecclesiale a difesa di verso il superamento di forme transeunti, che interessi contingenti. Dunque il cristiano deve rispetta la politica ma si rifiuta di sacrificare a ritrarsi dal mondo? O, peggio ancora, il cristiano Cesare come se fosse Dio (ed un qualche Cesare deve imparare dalla logica mondana? No, senz’ che coltiva questa particolare ambizione c’ è altro: piuttosto egli ha un compito più comples- sempre), e che soprattutto non vuol rinunciare so, ed insieme semplice, quello di portare al all’ annuncio cristiano come al “segno di conmondo il Vangelo e nient’ altro che questo, pren- traddizione” piantato nel cuore del mondo come dendo atto dell’ estinzione del modello storico una croce fu piantata in una collina alle porte di della cristianità e sostituendo alla logica delle Gerusalemme. C’entra tutto questo con l’attualimoltitudini quella dei piccoli gruppi, dei foyers tà? Sì, nel senso che il chiacchiericcio su nuovi (in italiano, l’ abbiamo già visto, si tradurrebbe “codici di Camaldoli” e “ partiti cattolici” ed al“focolai”, ma l’ espressione ha un senso più am- tre consimili amenità avrebbe un serio fondapio, perché implica sia un luogo in cui ci si ritro- mento se partisse esattamente da qui, e non dalle va ma anche uno da cui si riparte) che potessero preoccupazioni contingenti di un personale poliessere dei luoghi di semina del Vangelo in cui i tico, ecclesiastico e associativo costantemente credenti, nell’ attuare la loro vita di fede e di ripiegato sull’attualità e troppo incline alla logiChiesa, possano esercitare un influsso benefico ca dell’autoreferenzialità. • sulla vita sociale seguendo l’ esempio dei mona-
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Dossier cattolici e politica
Il risveglio dei cattolici nell’Italia malata
I
Enzo Bianchi
ENZO BIANCHI è priore della Comunità monastica di Bose
n questi ultimi anni abbiamo più volte indicato non solo l´afonia dei cattolici in politica – la debolezza di rilevanza nella progettazione e nella costruzione della polis – ma anche le cause che l´hanno prodotta, tra cui l´intervento diretto in politica di alcuni ecclesiastici e la scelta di agire come un gruppo di pressione. La diaspora dei cattolici in politica all´inizio degli anni Novanta appariva non solo come una necessità motivata ma anche come una preziosa opportunità, una “benedizione”: rendeva infatti evidente che la comunità cristiana vive di fede e di coerente comportamento etico, ma non di soluzioni tecniche nella politica e nell´economia. Di fatto però questa diaspora si è ridotta a irrilevanza e, fatto ancor più grave, ha lasciato segni di contrapposizione e forti divisioni tra i cattolici stessi. In tale ambiguità, proprio per l´esposizione diretta avuta da alcune figure rappresentative della Chiesa, questa ha subìto una perdita di credibilità e nella comunità cristiana è apparso, dopo una stagione di grandi convinzioni, un sentimento di scetticismo, di frustrazione, anche di cinismo… Potremmo dire che comunità cristiane depresse sul versante politico, per incarnare comunque il Vangelo hanno scelto di privilegiare una presenza sociale fatta di volontariato, di carità attiva, finendo però anche per aumentare la sfiducia verso la politica. Alcuni hanno tentato di essere “cattolici in politica” senza integralismi e cercando di restare ispirati dalla propria fede. Ma sono stati irrisi come “pretenziosi cattolici adulti”, considerati inadeguati alla strategia in atto se non addirittura presenze nocive nel necessario confronto con la polis. Ora il vento è cambiato e ha fatto sentire quanto una certa “aria ammorbata” vada purificata: si ritiene allora opportuno abbandonare la strategia adottata in questi ultimi vent´anni, senza tuttavia confessare gli errori compiuti, senza assumersi alcuna responsabilità per questo impoverimento del tessuto ecclesiale e, di conseguenza, della presenza dei credenti in politica. Ecco allora, ancora una volta, il ricorso alle associazioni cattoliche, minoranze ispirate dalla fede cristiana ancora attive e presenti nel paese, ecco l´appuntamento di Todi. Evento certamente
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importante, che viene dopo anni di non ascolto reciproco, nonostante da parte dell´autorità ecclesiastica si sia tentato di far cessare guerre e inimicizie tra le varie associazioni già alla fine degli anni Novanta. E il ritrovarsi questa volta è finalizzato a rispondere a una domanda: quale presenza significativa i cattolici possono avere in politica in questo momento giudicato di grave crisi a tutti i livelli per il nostro paese? Ma proprio questo evento suscita anche una domanda di fondo negli appartenenti alle comunità cristiane: perché un incontro su tematiche che riguardano tutti i cittadini cattolici viene riservato invece alle associazioni che, salvo l´Azione Cattolica, peraltro soffrono attualmente di un forte depotenziamento a livello di convinzioni? Più volte in questi vent´anni abbiamo auspicato un “forum” che nelle varie chiese locali raggruppi tutti i cattolici per favorire la conoscenza e il confronto su temi che richiedono una traduzione politica. Abbiamo specificato che questo forum, aperto a rappresentanti di tutte le componenti della Chiesa, dovrebbe, in un dialogo libero e fraterno, cercare ispirazione dal Vangelo e confrontarsi con la dottrina sociale della Chiesa, restando tuttavia su un terreno prepolitico, preeconomico, pregiuridico, nella consapevolezza che la traduzione di queste ispirazioni cristiane messe a fuoco insieme appartiene ai singoli cattolici che devono confrontarsi negli spazi politici in cui sono presenti e con tutti gli altri cittadini. Nessun integralismo, nessuna pressione lobbistica, nessuna imposizione, ma la riaffermazione che essere cattolici in politica significa da un lato restare ispirati e coerenti con la propria fede e, d´altro lato, nel dialogo rispettoso con gli altri cittadini, cercare faticosamente soluzioni politiche, economiche, giuridiche adeguate alle esigenze che si presentano e al bene comune che intende salvaguardare e costruire. Così facendo, se anche i cristiani apparissero una minoranza, non ci sarebbe nulla da temere perché sarebbero una presenza significativa capace di contribuire alla formazione di politici con a cuore il bene comune, alla progettazione di un nuovo patto educativo, all´ideazione di un futuro per le giovani generazioni, una presenza in grado di fornire esigenze
etiche di umanizzazione e contributi decisivi in quel confronto di idee e di visioni che oggi purtroppo tanto difetta. Quello di Todi non è stato un forum di questo tipo, anzi: ha rischiato di cedere alle sollecitazioni perché fornisse soluzioni solo politiche e contingenti. Eppure c´erano state alcune indicazioni che avrebbero potuto mettere in guardia i partecipanti, a partire da quelle del segretario della Cei, monsignor Crociata che, ai politici che si dicono cattolici, ha recentemente ricordato che esiste un primato della fede, luce per ogni scelta, una comunione tra cattolici che li precede e che deve manifestarsi nel discernimento di ciò che il Vangelo chiede; ma al contempo ha sottolineato che c´è un diverso ordine che riguarda il carattere contingente della scelta politica di schieramento e la forma politica in cui i cristiani sono chiamati a operare. Nessun partito cattolico, quindi, e neanche “di cattolici” hanno ripetuto diversi vescovi, né tantomeno un “partito della Chiesa”. La laicità della politica va assolutamente salvaguardata e i cattolici dovranno inevitabilmente operare con responsabilità una scelta di campo che li renda una “parte” di schieramenti o di spazi politici in cui si collocano. Ma non è questo, per ora, ad apparire decisivo, quanto piuttosto il recuperare le ragioni profonde dell´azione nella polis, il tessere un dialogo nella comunità cristiana per essere muniti di ispirazione, il sapersi collocare nella compagnia degli uomini senza esenzioni ma assumendosi responsabilità, il saper parlare di progetti e ragioni in termini non dogmatici ma semplicemente umani, antropologici, affinché gli altri comprendano e possano confrontarsi liberamente con i cristiani, lasciando poi alle regole della democrazia e ai suoi criteri di determinare le scelte necessarie ai diversi livelli e le esigenze del legiferare per il bene della convivenza. E in questo spazio prepolitico di confronto, i cattolici potrebbero anche imparare un´esigenza fondamentale per la loro fede: l´importanza di non fare letture parziali del Vangelo, privilegiando alcuni principi e valori e dimenticandone altri… Secondo Paul Valadier, lo statuto del cristianesimo è quello di essere una “religione anormale”: perché per ogni cristiano il rispetto assoluto della vita umana, il rifiuto della guerra, la salvaguardia della pace, la giustizia e l´eguaglianza sociale, il perdono del nemico, la riconciliazione nei conflitti sono tutti valori irrinunciabili. Impresa non facile certo, soprattutto in una stagione in cui riemerge l´atavica tentazione della religione: andare a braccetto con il potere politico finché il vento non cambia direzione. •
I cattolici non fanno rima con moderati
I
Franco Pizzolato
l progetto di un soggetto unitario dei cattolici in politica, all’ordine del giorno nel convegno di Todi, può far nascere il ricordo, e in taluni magari la nostalgia, di un partito unitario cattolico, che è bene sopire subito per almeno due motivi. Perché oggi, a differenza che nel 1948, non esiste più il collante di un pericolo immediatamente percepito come sistemico (perdita della libertà, civile e religiosa, ad opera del comunismo); perché, a causa della secolarizzazione, si è ridotta la capacità della Chiesa gerarchica di orientare il voto della cattolicità italiana. La Dc teneva insieme tanti (troppi) soggetti, non unificati da un giudizio politico, ma dalla paura del pericolo di perdita della libertà. Quella paura ha bloccato per più di 40 anni la politica italiana e ne ha fatto trangugiare le inadempienze e sicuramente ha corrotto la classe politica, bloccandone il ricambio e l’alternanza. Il sistema è saltato quando, nel 1989, quel pericolo cadde e le parti della Dc si poterono così smistare in appartenenze più consone alle proprie visioni, uscendo da un partito che per loro era essenzialmente «moderato» più che «cattolico». Solo allora è potuta partire anche l’operazione Tangentopoli, da cui è stata rimodellata, per via giudiziaria, quella politica, che non ha avuto capacità di autoriforma. Allo sblocco potevano concorrere anche quelle ragioni di ordine teorico che il Concilio stesso aveva proposto e che non sono passate ancora nel sentire comune dei cattolici. Si sa che una forza politica seria deve partire da una propria cultura ideale di riferimento; e poi trasferirla nella storia e nel possibile fattuale. Sembra che i cattolici italiani oggi siano divisi perfino sui principi fondativi (perché i cattolici stessi selezionano l’adesione alla Dottrina della Chiesa), ma ancor di più lo sono sulle traduzioni politiche di essi. Un’unità politica non si situa sul versante religioso, che è compito della Chiesa edificare, ma si forma, a partire dai propri riferimenti valoriali (compresi quelli di origine profetico-religiosa), sulla base di un giudizio storico e in termini di adattamento
FRANCO PIZZOLATO è membro di Città dell’uomo
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Dossier cattolici e politica di essi all’uomo del tempo (declinazione antro- benpensanti paladini. Insomma noi preferiamo pologica); e passa poi alla traduzione pratica di essere moderati perché cattolici e non essere riteessi (alle conclusioni pratiche di Maritain), va- nuti cattolici perché moderati. La preferenza per lutando i rapporti di forza e il raggiungimento il moderatismo si collega ad una riduzione della del possibile, perché non si deve infrangere la morale alla morale individuale (consona all’inpace sociale né prescindere dal dividualismo borghese) e non alla consenso. Il nuovo soggetto nasce dimensione sociale della morale, dalla percezione che l’incidenza Un’unità politica che è quella più consona alla podei cattolici nella vita politica sia non si situa sul litica e che consiste nel creare le oggi irrilevante. Voci autorevoli versante religioso, condizioni migliori perché ciascu(come quella del quotidiano catna persona sviluppi la sua visione. ma si forma a tolico «Avvenire») collegano l’inInvece, appare «non negoziabile» significanza dei cattolici - fino ad partire dai propri la difesa della vita e della famiglia attribuirgliela - al bipolarismo. E riferimenti valoriali contro la contraccezione, contro così sembrano auspicare la creala fecondazione assistita, contro zione di un terzo polo. È significale pratiche di fine vita e contro tivo che le accoglienze più calde l’accettazione - per quanto minial soggetto siano state espresse da male - delle coppie di fatto, e non cattolici che sono stati fondatori e a lungo prota- altrettanto quella difesa - altrettanto nobile - che gonisti dello schieramento berlusconiano e che, passa attraverso la garanzia dello Stato sociale, finalmente, ne vedono le contraddizioni e cer- della politica della casa, del lavoro (femminile), cano vie di fuga. Ma ci chiediamo allora: quel dell’assistenza sociale e sanitaria, del credito e soggetto è fatto per maturare la capacità dei cat- della finanza. Su tali scelte strutturali, la Chiesa tolici italiani di «pensare politicamente», dovun- non può lamentare l’ostilità della «sinistra», vique essi si collochino; o per dar vita ad una forza sto che il Concordato è stato recepito nella Coprogrammaticamente determinata? Se la scelta stituzione proprio per iniziativa dei dossettiani; è la prima, ben venga, ed avrà comunque pane visto che ancora i dossettiani hanno fatto la batper i suoi denti vista la divaricazione attuale del taglia in Costituente per il riconoscimento della mondo cattolico. Se però è la seconda, temiamo scuola non statale; visto che la «sinistra» (con la fortemente che esso sia programmato in senso legge Berlinguer) ha introdotto la parità scolastimoderato; e che nasca perché è sfumata nella ca; visto che la «sinistra» ha promosso la legiChiesa l’illusione di utilizzare il centrodestra slazione sulle Onlus, e altro ancora. Nonostante berlusconiano e si vuole riproporre un ennesimo questo, l’irrilevanza dei cattolici a sinistra pare cattolicesimo politico di centrodestra, depurato data per ovvia e irrecuperabile. Così che molti (e ci vuol poco) dalle intemperanze personali e importanti relatori tudertini sono stati arruolati istituzionali dell’attuale leadership. Esso servi- nelle file cattoliche - e ivi promossi in fretta gerebbe perciò a fornire vie di deflusso alle presen- nerali - in quanto moderati più che per avere maze dei moderati del centrodestra e a quei cattolici turato con formazione e con militanza i requisiti comuni, ai quali da decenni è stato piantato in minimi d’una così importante rappresentatività. testa che i cattolici in politica hanno da coincide- E chi dall’Umbria invoca un francescanesimo re coi moderati, con quei «cavalieri del ne quid in politica, guardi non dico la dichiarazione dei nimis [niente di troppo]», e con «que’ prudenti redditi (cosa assai volgare e qualunquistica!), che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, pre- ma lo status culturale ed economico di alcuni redicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; latori e di certi soggetti associativi di Todi, che e il mezzo lo fissan giusto in quel punto dov’essi la politica mungono come vacca grassa: e capisono arrivati, e ci stanno comodi» (Manzoni, I rà che il francescanesimo e La Pira sono altra Promessi sposi, cap. XXII). cosa. Per questo c’è nei cattolici democratici, Secondo noi la moderazione è virtù formale operanti dentro il centrosinistra, il sospetto che della misura di ogni scelta, non la cifra conte- quel soggetto non sia primariamente pensato per nutistica di scelte stesse, specie in campo so- loro. Anche se sta a loro cogliere ogni occasione cio-economico. Anzi, in una situazione sociale di dibattito, soprattutto per difendere il metodo sbilanciata, proprio per essere moderati occorre della traduzione politica e un programma socialprivilegiare la posizione «estrema» dello schie- mente avanzato, tipico della Dottrina sociale criramento: quella più a rischio di emarginazione, stiana e del personalismo. • dato che le posizioni centrali trovano sempre i
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Circoli
La formazione per il bene comune
C
Liviana Cavallini
ome in varie occasioni si è avuto modo di comunicare, in tutto l’anno sociale 2009-2010 e pure nel successivo 2010-2011, il nostro Movimento ha deciso di tenere come strada maestra del proprio cammino e del proprio impegno il tema e il valore del bene comune, considerato il cardine fondamentale su cui giocare la credibilità della politica, ma non solo, anche la questione del lavoro e molte altre questioni centrali nella nostra società. È sembrato alle ACLI, a partire dal livello nazionale, che lavorare in termini di riflessioni e progettualità sulle varie implicazioni cui il bene comune rimanda, fosse il modo migliore per dare un contributo alla quarantaseiesima settimana sociale dei cattolici, che dal 14 ottobre al 17 ottobre 2010 si è svolta a Reggio Calabria, sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi: un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Proprio nell’intento di rendere concretamente possibile un’agenda di speranza nell’Italia di oggi e di domani le ACLI di Bergamo lo scorso anno hanno ragionato sui significati, sugli stili, sulle risorse in cui si esprime il bene comune: si sono interrogate su come le tre fedeltà delle ACLI (al lavoro-alla democrazia-alla Chiesa) possano concorrere al maggior bene comune possibile nella società civile ed ecclesiale; si sono soffermate su due questioni cruciali in cui il valore del bene comune può diventare determinante per una convivenza sociale vissuta nel rispetto e nell’accoglienza delle differenze: •• il grande tema della laicità, ricercando la possibilità di un’etica condivisa tra credenti, non credenti e diversamente credenti; •• il lungo cammino dell’integrazione euro-
pea, con una riflessione sui cambiamenti indotti dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. La Presidenza delle ACLI di Bergamo ha ritenuto opportuno continuare il lavoro intrapreso aprendo un cantiere di proposte nei Circoli, proprio per dare modo ai territori di rendere ulteriormente fecondo quel messaggio che la ricerca del bene comune stimola, a cominciare dalla vita concreta che i nostri Circoli vivono ed incontrano. È stato pertanto predisposto un questionario che presentava alcune aree tematiche e proposte-guida per stimolare i Presidenti di Circolo, a partire dalla propria storia e dalle proprie sensibilità, a suggerire alcuni progetti di intervento formativo e/o di azione, che la Presidenza delle ACLI si è dichiarata disposta ad accompagnare, per far sì che il bene comune diventi un valore e un criterio che contraddistingua in modo specifico la nostra presenza di Movimento educativo e sociale tra la gente dei paesi e delle città che abitiamo. Il questionario ha incontrato il favore di molti Circoli, che hanno tradotto il valore del bene comune in alcune aree di interesse, che con il supporto della commissione formazione hanno dato l’avvio a percorsi educativi in parte già conclusi, in parte programmati a breve o a medio termine. Vorremmo in questa sezione dare conto all’intero Movimento dei lavori intrapresi nel cantiere aperto, nella consapevolezza che, com’è nello stile di lavoro aclista, nessun cantiere che si apra possa mai definitivamente chiudersi, ma dare vita a ulteriori iniziative, che insieme ad altre delle comunità in cui i Circoli operano, possano concorrere a rendere la cittadinanza attiva, consapevole, responsabile e solidale. •
LIVIANA CAVALLINI è membro della Presidenza ACLI di Bergamo
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Circoli Circolo di Bariano
Le cinque giornate di Bariano: 150 anni dell’unità d’Italia
V
iva l’Italia, l’Italia liberata, l’Italia del valzer, l’Italia del caffè. L’Italia derubata e colpita al cuore, viva l’Italia, l’Italia che non muore. Con questa canzone di De Gregori si sono aperte le cinque serate dedicate ai temi dell’unità d’Italia, a chi siamo e da dove veniamo come italiani. Nato dalla stretta collaborazione tra le Associazioni del nostro paese, questo ciclo di 5 serate ha coperto un arco temporale di tre mesi. È stata una scommessa impegnativa, nei confronti della quale però, tutte le Associazioni si sono sentite coinvolte e chiamate ad investire tempo ed energie, condividendo proposte e modalità organizzative. Le tematiche trattate e la partecipazione della cittadinanza agli incontri hanno confermato le nostre idee: è davvero necessario un “risorgimento”, una riscoperta di valori comuni di partecipazione per rifondare la società in cui viviamo, all’interno della quale spesso rivestiamo il ruolo di spettatori e non di protagonisti. Chi sono gli italiani di oggi? Quali aspetti e problemi ha lasciato aperto il movimento di costruzione dell’Italia lungo questi 150 anni? Sono queste alcune delle provocazioni, delle domande che hanno rappresentato il filo conduttore delle cinque serate. Durante il primo incontro, attraverso l’intervista ad uno storico, è stato interessante scoprire le proprie radici. Ripercorrere le tappe principali che hanno condotto l’Italia al processo di unificazione, ha significato scoprire che l’Unità si colloca all’interno di un contesto geo-politico delicato, in trasformazione e di ampio respiro “europeo”. La situazione italiana era condivisa e sostenuta anche da altre potenze europee, in un periodo dove
l’Europa ancora non esisteva. Anche il riflettere su chi sono gli italiani di oggi nel secondo incontro ha riportato alla luce i problemi dell’integrazione con quelle persone che provengono da altre realtà e si trovano a vivere nel nostro territorio sentendosi pienamente italiani, ma non riconosciuti con tutti i diritti di cittadinanza, che tuttavia la nostra Costituzione afferma e riconosce. La riflessione, nata proprio prima che iniziassero gli sbarchi di profughi dall’Africa, ha permesso di riflettere “a freddo” sui modelli di integrazione presenti in Europa e nel nostro Paese e sulle problematiche che possono scaturire da questi modelli. Si è trattato di un’apertura a questioni che dopo poche settimane sono ritornati prepotentemente alla cronaca: sappiamo accogliere e riconoscere le persone che vivono e lavorano nel nostro territorio, anche se provenienti da altre realtà? Li consideriamo italiani o continuiamo a identificarli come stranieri, clandestini, estranei? Il terzo incontro è stata un’appassionante riflessione su come la famiglia possa diventare luogo di cittadinanza attiva: il ruolo della famiglia diventa sempre più determinante nella costruzione della società e dei cittadini. Per questo motivo è importante creare nuovi modi di vivere il rapporto famiglia e Istituzioni proprio per creare “laboratori di cittadinanza attiva” con logiche diverse, di rete, di collaborazione che ci permettano di uscire dai recinti che ci siamo costruiti. E non si tratta di pura “teoria” o di cose impossibili da realizzare… anzi! Il relatore attraverso esempi pratici tratti da alcune realtà bergamasche nelle quali questo processo sta avvenendo, ha dimostrato che è possibile e realizzabile.
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Il tema del lavoro affrontato durante il quarto incontro ha evidenziato i difficili cambiamenti in atto e quelli previsti per il futuro, l’idea di bene comune presente nel lavoro e il tema del diritto al lavoro, garanzia per poter progettare il proprio futuro. Come accaduto nelle serate precedenti, le problematiche prese in considerazione sono state di un’attualità impressionante. Sembra che ci sia ancora molta strada da fare rispetto all’Italia sognata e voluta dai nostri padri, che si sono battuti per tenere unita questa nazione e che si sono riconosciuti nella Costituzione. E forse il primo passo che ognuno di noi è chiamato a compiere è proprio quello di passare da una situazione che ci vede sempre meno protagonisti della costruzione della realtà in cui viviamo, a protagonisti attivi, socialmente impegnati e attenti a ciò che sta avvenendo, come ci è stato ricordato nell’ultimo incontro. Nella nostra patria la Costituzione (data in omaggio all’ultimo incontro), così come tanti altri simboli che vanno dalla bandiera all’inno, è ben presente ed è un valore che accomuna tutti e che ci rende più uniti, e proprio per questo motivo andrebbe riscoperta e difesa. Spesso le forze centrifughe presenti nella società e nella politica tentano di offuscare un messaggio importante: la nostra Costituzione ci ricorda che ognuno di noi è partecipe e costruttore dell’Italia in cui vive! Questa riflessione sui 150 anni della nostra Nazione perciò è stata uno strumento utile e importante per scoprire chi siamo e per comprendere che senza la partecipazione attiva di ciascuno si rischia di perdere la propria identità e i valori presenti in essa. •
Circolo di Scanzorosciate
L’Italia compie 150 anni. Le attese degli italiani tra memorie e speranze
C
ome di consueto, il percorso formativo di ogni sessione del progetto prevede una serata con uno o più relatori e alcuni film che con altro linguaggio affrontano la tematica di interesse. Con la prima serata del ciclo di appuntamenti dedicati all’unità d’Italia si è aperto un dibattito su luci ed ombre del federalismo, chiamando a confronto due amministratori in carica, uno regionale, Daniele Belotti (Regione Lombardia-Lega Nord)uno comunale, Gianluigi Della Valentina (Comune di Villa di Serio-Giunta centro-sinistra)-, un ex amministratore di centro-sinistra al Comune di Bergamo, Giangabriele Vertova e il Sindaco di Torre Boldone, Claudio Sessa (Lega Nord). La premessa alla serata era il presupposto che la struttura federale dello Stato non mina l’unità, se i pilastri su cui si fonda poggiano su principi chiari e largamente condivisi. Celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia può costituire quindi una preziosa occasione per ridirci i grandi valori dell’Unità attraverso le differenze, della cooperazione tra comunità territoriali pur nell’autonomia e nella fierezza delle proprie radici, delle interdipendenze che legano le diverse storie a destini comuni, anche laddove sembrano prevalere le separatezze. Di seguito diamo spazio ai principali concetti emersi nella serata, che si è caratterizzata per il confronto civile, a tratti persino cordiale, tra i relatori. Il federalismo dovrebbe essere espressione di rinnovato senso di responsabilità e di volontà autentica di eliminazione di tanti sprechi, oggi non più tollerabili. Le Regioni a Statuto speciale sono da considerare un anacronismo perché creano Regioni di serie A e Regioni di serie B.
È serio il pericolo di un federalismo raffazzonato, non costruito su solide basi culturali ed istituzionali, ma anche il pericolo di un uso strumentale del federalismo, finalizzato a una delegittimazione vicendevole. Rischio quindi di un federalismo demagogico e di un’opposizione demagogica. Il federalismo dovrebbe essere un patto tra soggetti che non si delegittimino reciprocamente, ma anzi si stimino cercando sempre maggiori intese e convergenze. Dovrebbe, nelle intenzioni, garantire una più larga democrazia avvicinando le istituzioni ai cittadini. Ma se il modello di federalismo attuato non coinvolge i cittadini e non riequilibra i poteri in modo che le istituzioni si riconoscano vicendevolmente rischia il fallimento. È auspicabile quindi un federalismo che contribuisca ad aumentare i livelli di democrazia in pieno ossequio ai principi della nostra Costituzione repubblicana, che riconosce e promuove nel Paese un’articolazione di formazioni autonome e nello stesso tempo in preziosa interazione. Il modello federale va considerato nei due aspetti di federalismo verso l’alto e di federalismo verso il basso. Il federalismo verso l’alto dovrebbe puntare su una cittadinanza europea che in merito alle questioni sociali abbia lo stesso sentire, avverta il vincolo del medesimo patto. Qualora si facesse una grande riforma in senso federale occorrerebbe rafforzare entrambi i livelli, sia il livello alto che il livello basso. Va considerato, in ordine all’opportunità da molti sostenuta di una svolta federale, che, nei casi in cui permanga la spinta all’accentramento, si mortificherebbero ulteriormente le libertà della periferia, non si incrementerebbero le responsabilità, ma
nei casi in cui si decentri in modo eccessivo il rischio sarebbe quello dello sgretolamento, del blocco istituzionale e sociale. Il dibattito quindi non deve consistere in “federalismo sì, federalismo no”, ma in “quale federalismo?” Con l’accortezza di non svuotare il centro, bensì di rafforzare il centro, altrimenti perderemmo tutti, federalisti convinti e non. Un altro problema da considerare è quello delle funzioni. In un modello federalista cosa fa lo Stato? Cosa fanno le Regioni, le Province, i Comuni? La Lega Nord persegue un modello federale di tipo spagnolo-catalano, altri partiti, specialmente quelli che si rifanno al centro-sinistra, puntano su un modello di tipo tedesco. Occorre tuttavia considerare che il modello federale della Germania ha tenuto perché la nazione ha una forte identità. L’Italia, al contrario, è il Paese dei campanili. Partiamo da noi allora, dai nostri limiti e dalle nostre risorse per porre mano a un federalismo con basi solide. Innanzitutto va recuperata la volontà di costruire insieme la casa comune, che presuppone la decisione di ri-conoscersi e di ri-legittimarsi reciprocamente da parte delle parti politiche, la sola chiave che può rimettere in marcia un Paese che da troppo tempo è bloccato. •
I 150 anni dell’Unità d’Italia sono un occasione per ridirci i grandi valori dell’Unità attraverso le differenze
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Circoli Circolo di Nembro
Formazione politica
I
l percorso di formazione ed educazione alla politica organizzato dal Circolo di Nembro si è concluso il 13 giugno. L’iniziativa è nata essenzialmente come tentativo di accostare i giovani alla politica, offrendo loro strumenti di riflessione e momenti di confronto visto che gli spazi nei quali è possibile dibattere di politica si sono notevolmente ridotti. Per questo abbiamo messo a disposizione i nostri ambienti per incontri volti a far riacquistare il gusto della politica riportandola ad essere arte del buon governo. Il corso ha visto la partecipazione, un pò discontinua invero, di 25 iscritti, la metà dei partecipanti era under 30, mentre gli altri avevano
un’età compresa tra i 30 ed i 45 anni. È stata proposta la trattazione di argomenti quali “I fondamenti della democrazia”, ad opera del prof. Giangabriele Vertova, e “Democrazia e Costituzione” ad opera del prof. Franco Pizzolato. Sono stati inoltre organizzati incontri con giovani già inseriti nella gestione della cosa pubblica, come Damiano Fustinoni, consigliere comunale di Ponteranica, di area PD, e Daniele Zucchinali, presidente provinciale di Giovane Italia (le scelte dei relatori sono state fatte in modo da garantire un’informazione con voci di varia provenienza). Importanti sono risultate queste ultime testimonianze, in quanto, se
da una parte hanno evidenziato la difficoltà di un giovane ad entrare operativamente nelle stanze dei bottoni, dall’altra hanno certificato anche la soddisfazione di chi ritiene così di contribuire al bene comune. Il corso si è chiuso con un incontro al quale sono intervenuti il sindaco di Nembro, Eugenio Cavagnis, ed il consigliere provinciale, Franco Cornolti, che si sono espressi, oltre che sul loro iter politico, in particolare sulle difficoltà legate alla gestione degli Enti Locali, stante l’attuale situazione economica. C’è stato anche un invito finale ai partecipanti: “C’è spazio per tutti e servono forze fresche ...” L’intenzione del circolo è quella di poter riprendere questa esperienza verso fine settembre. Cogliamo anche l’occasione per ringraziare Attilio Burti per la sua preziosa collaborazione. •
Circolo di Bonate Sotto
Il bene comune, questo sconosciuto?
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ella primavera scorsa il nostro circolo Acli in collaborazione con la parrocchia ha proposto alla comunità due serate sul tema: “Il bene comune”. Nel primo incontro, l’assemblea dei presenti ha elaborato un alfabeto condiviso, proprio nel nome del bene comune possibile. Ci ha coadiuvato in questo la sig. Emanuela Plebani, formatrice, la quale ci ha aiutato a “tirar fuori” sulla base delle nostre idee e dalla nostra esperienza che cosa è per noi il bene comune. Abbiamo poi analizzato le due parole, Bene e Comune. A) Il bene, è l’obiettivo, tutto ciò che serve per far star bene l’uomo, l’umanità intera. B) comune, è un aggettivo, è qualcosa che appartiene a più persone, è ciò che ciascuno compie insieme ad altri e a favore degli altri. Mentre si
desidera che il bene sia diffuso, partecipato, la parola comune indica lo stile con il quale raggiungerlo. Il secondo incontro ha visto come relatore Mons. Lino Casati, delegato per la formazione del clero della diocesi di Bergamo, il quale ci ha introdotti al tema: “La vocazione dei laici al bene comune”. La relazione è stata densa e significativa, ne riportiamo qui solo alcune battute. Il compito dell’uomo, che è in cammino alla ricerca del bene comune è quello di coltivare un sogno con le persone che gli stanno accanto, anche se diverse da sé, diverse per età, cultura, etnia, religione, il sogno che faccia emergere la dimensione relazionale. È la dimensione insita in ogni essere umano che ci fa dire che ogni cosa che abbiamo realizzato, anche con i nostri sforzi, i nostri sacrifici, in
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fondo l’abbiamo ricevuto, perché tutto ci è stato donato. Il bene comune è un insieme di valori da riscoprire con gli altri. Come? Attraverso la mediazione che è sempre ricerca faticosa, che tuttavia rende possibile l’incontro vero con l’altro, diverso da me, ma con i miei stessi diritti e doveri. Attraverso l’ascolto reciproco, le persone si mettono in gioco nella ricerca e nella condivisione dei valori in cui ognuno crede. Oggi il bene comune si deve sempre più basare sulla qualità dei rapporti, esso è essenzialmente un modo di essere più che un modo di fare, un processo, una tensione continua e mai completamente raggiunta verso quel bene a cui ogni essere umano aspira. •
Circoli di Almenno e Prezzate
Per la legalità, contro le mafie Un presidio di Libera ad Almenno
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Tarcisio Plebani
utto è cominciato da un’intuizione di Pierantonio. Si è accorto che in molte situazioni di ingiustizia, oppressione e sfruttamento in varie parti del mondo (e non solo in Italia) erano implicate le mafie. Nel frattempo una mia studentessa si è appassionata a questo tema e ha proposto: “perché durante l’estate non andiamo in Sicilia a fare un campo di lavoro nei terreni confiscati alla mafie?” Così con un gruppo di ragazzi, anche di Almenno, siamo scesi l’anno scorso a Corleone, in Sicilia, e quest’estate in Calabria, la terra della ‘ndrangheta. Abbiamo poi cercato di continuare ad approfondire, invitando persone in prima linea nella lotta alla mafia: il giudice Nobili, l’attore Giulio Cavalli, Nando Dalla Chiesa. Con le cene della legalità (a base di prodotti dei terreni confiscati alla mafie) si sono coinvolte persone e associazioni. Infine insieme ad altri gruppi di paesi vicini, tra cui il circolo ACLI di Prezzate, si è deciso di dare vita, in Valle Imagna e nell’Isola, con sede ad Almenno, a un Presidio di Libera, l’associazione fondata da don Ciotti che in tutta Italia lavora per la legalità. Il Presidio è stato intitolato a Gaetano Giordano (commerciante
ucciso dalla mafia per essersi opposto al “pizzo” e sepolto nel cimitero di Almè-Villa) e alla giovanissima testimone di giustizia Rita Atria. L’obiettivo è di tenere viva nel territorio l’attenzione al tema della legalità. Non sembri un problema lontano e che riguarda altri: i rifiuti tossici sepolti illegalmente dalla mafia a Desio provenivano anche da industrie bergamasche; negli scavi di grandi opere pubbliche in Lombardia, imprese della mafia si accaparrano appalti; attentati e omicidi sospetti avvengono nella nostra terra. Ma quello che più ci preoccupa è la cultura del successo e della ricchezza ad ogni costo, calpestando leggi, dignità e diritti delle persone: un modo di pensare che prende un po’ tutti. A volte questo succede anche molto in alto, e costituisce un esempio pericoloso. A tutto questo vogliamo ribellarci, coinvolgendo singoli, gruppi, istituzioni in un impegno continuativo per una cultura del vivere civile libera da sopraffazioni e violenze. Nella settimana dall’8 al 12 novembre con una serie di iniziative è stato presentato il Presidio per tener desta la memoria e l’impegno. Il presidio intende realizzare iniziative che ogni singolo gruppo non
potrebbe realizzare da solo: •• progetti formativi che vadano al di là dell’intervento del personaggio di spicco, ma che si innestano nei tessuti formativi del territorio (scuole, oratori, …) e vadano a toccare temi della quotidianità da rileggere e trasformare seconde le logiche della legalità in vista di una maggiore giustizia; tra le altre è emersa la proposta di una “scuola di legalità”, coinvolgendo gruppi e associazioni che abitualmente fanno altro, ma che possono essere sensibili al tema; •• iniziative simboliche di coinvolgimento popolare di maggior impatto sulla generalità dei cittadini; •• osservatorio e monitoraggio continuo sulle situazioni locali che lasciano intravedere infiltrazioni o consolidamento della presenza mafiosa; •• prese di posizione politiche e sollecitazione a soggetti delle comunità locali per scelte che siano coerenti con orientamenti di legalità e di giustizia; •• collaborazione con le amministrazioni comunali per mantenere alta la vigilanza e combattere comportamenti e abitudini che possono favorire la illegalità. •
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Circoli
Circolo ACLI di Pedrengo
La saggezza della sobrietà
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Paolo Ghisleni
ll’Oratorio di Pedrengo si sono tenuti lo scorso 1825 ottobre e 8 novembre gli incontri «La saggezza della sobrietà» organizzati dal Circolo ACLI di Pedrengo e coordinati da Giampietro Forlani, membro della Comunità di Ricerca “Culture, religioni, diritti, nonviolenza” presso l’Università di Bergamo. La prima serata, con il Direttore della rivista «Valori» Andrea Di Stefano, si è incentrata sulla possibilità di realizzare un mercato economicamente e socialmente sostenibile. Di Stefano ha dichiarato: «In questi anni si è affermata un’economia fortemente sperequata, con un divario sempre più consistente tra ricchi e poveri. Oggi ci troviamo di fronte a una crisi strutturale, una crisi del sistema capitalistico così come lo abbiamo conosciuto che non è più in grado di sostenersi: non riusciamo più a consumare tutto ciò che viene prodotto. La nostra economia non è più al servizio della perso-
na, ma è dominata dalla finanza, andata fuori controllo perché non è stato fatto nulla per darle regole. Divengono necessarie trasformazioni cominciando dallo stile di vita praticato e da una presa di coscienza dell’attivarsi nel cambiare il nostro modo di vivere partendo dalle comunità locali. Bisogna prestare attenzione a non cadere nel consumismo: prima di essere acquirenti di beni o di servizi siamo cittadini con diritti e doveri, altrimenti diventiamo numeri del sistema. È fondamentale poi che vengano fatte scelte a livello politico che siano orientate alla riduzione delle disuguaglianze sociali. Innanzitutto iniziando ad operare una redistribuzione della ricchezza tassando meno il lavoro e di più le rendite da capitale. Poi bisogna affrontare la questione dei capitali portati all’estero applicando ad esempio un prelievo su chi ha profitti con capitali depositati nei cosiddetti paradisi fiscali, come avviene già in molti Paesi europei. Occorro-
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no una gestione migliore della spesa pubblica e maggiore equità. Infine, si potrebbe utilizzare lo strumento della leva fiscale per favorire i prodotti che durano di più o che sprecano meno» ha spiegato. Nella seconda serata, con il Redattore di «Missione Oggi» Fausto Piazza, è stato introdotto il concetto di sobrietà. «Il sistema consumistico non è l’unica economia possibile: esistono modelli alternativi. Non possiamo continuare a fare ciò che ci ha portato all’attuale situazione di crisi economica: bisogna valorizzare i beni comuni, indispensabili per la vita di tutti» - ha affermato. Nella terza serata è stato possibile ascoltare la testimonianza di Rossano e Giovanna Maffeo della Campagna Bilanci di Giustizia. Hanno dichiarato: «Abbiamo deciso di cercare di ridurre i consumi, evitando gli sprechi, senza comprare beni che non ci servono e di scegliere di acquistare i prodotti che sono realizzati secondo criteri di giustizia. Non è un sacrificio: liberarsi di ciò che non ci serve è come liberarsi di zavorre che ci tolgono tempo che può essere dedicato all’ospitalità e alle relazioni sociali». •
Notizie dal CAF ACLI
Ecco alcune delle principali novità in campo fiscale
I
Fabio Ferretti
l Governo ha presentato il proprio piano “salva-Italia” che passa ora all’esame del parlamento. Tutte le misure sono ancora ipotetiche e solo la discussione alle Camere ci dirà quale sarà la manovra effettiva prevista per il risanamento economico del Paese. La prima risposta positiva dei mercati è comunque un chiaro segno di quanto la manovra fosse attesa e necessaria. Vediamo in breve alcune delle linee di intervento ipotizzate dall’attuale Governo Tecnico. Ragionando ancora su proposte, non riteniamo corretto entrare nel merito di misure che potrebbero subire importanti stravolgimenti. Tuttavia il pacchetto allo studio sembra privilegiare decisamente un equilibrio tra tutte le ipotesi di risparmio e maggior gettito fiscale che si erano rincorse negli ultimi tempi. Molto clamore si è già sollevato per la tanto attesa riforma delle pensioni, sulla quale è verosimile che si concentreranno le maggiori critiche delle parti sociali: passaggio al sistema contributivo per tutti e innalzamento, con incentivi, dell’età pensionabile i principali provvedimenti. A livello fiscale, si è scelto di non appesantire ulteriormente l’IRPEF per non far pagare la manovra solo “ai soliti noti”, cioè coloro che i redditi li hanno sempre dichiarati regolarmente. Solo un ritocco per l’addizionale regionale che andrà a finanziare il sistema sanitario delle Regioni. Manca una vera e propria tassa patrimoniale, invocata da molti, ma ci sono alcune maggiorazioni tese a colpire più i patrimoni che i redditi da lavoro: reintroduzione dell’ICI prima casa con contemporanea rivalutazione delle rendite catastali, prelievo aggiuntivo sui bolli per prodotti finanziari, supertasse sui beni di lusso, aumento del
2% dell’IVA a partire dal 1° settembre 2012. Previste alcune riduzioni dei costi della politica, ma forse non quelle più attese soprattutto dal punto di vista simbolico: cancellate le authority dell’acqua e del nucleare appena costituitesi e tagli alle Province (abolizione delle Giunte e limitazione del numero dei Consiglieri), primo passo verso la loro definitiva soppressione. Non solo tagli e maggiori imposte, però. Al via anche incentivi alle aziende, sottoforma di sgravi fiscali, per stimolare la crescita dell’occupazione, soprattutto di donne e giovani. Riesumato anche il tema delle liberalizzazioni, tanto caro all’allora Ministro Bersani: in questo caso sono previste per la vendita dei farmaci, i trasporti e gli orari di apertura degli esercizi commerciali. Nei mesi scorsi erano già state introdotte in modo definitivo alcune novità in campo fiscale. Vediamole brevemente. Rivalutazione del valore dei terreni edificabili Sono stati riaperti i termini per la rivalutazione dei terreni edificabili, operazione possibile sui soli terreni posseduti al 1° luglio 2011. Il nuovo valore deve essere necessariamente attribuito da un tecnico abilitato (iscritto agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili) che procede alla redazione della perizia giurata entro il 30 giugno 2012. Il titolare del terreno deve poi procedere al versamento dell’imposta sostitutiva del 4% sempre entro il 30 giugno 2012. Qual è il vantaggio? In caso di vendita del terreno, l’importo rivalutato e indicato nella perizia diventa la base
di partenza per il calcolo delle plusvalenza tassabile. Trattandosi di un importo più elevato, si riduce conseguentemente l’importo della plusvalenza e, quindi, delle tasse da versare. Detrazione del 36% per spese relative a interventi di recupero edilizio delle abitazioni La procedura per poter godere delle detrazioni, previste anche per tutto il 2012, è stata resa più snella a partire dai lavori iniziati il 14 maggio 2011. Questi gli adempimenti non più necessari: non deve essere più inviata la comunicazione preventiva della data di inizio dei lavori al Centro operativo di Pescara; nelle fatture non deve essere più indicato il costo della manodopera. Dal 17 settembre 2011, in caso di vendita di immobile oggetto dell’intervento edilizio, è previsto che la detrazione resti in capo al venditore, a meno che nell’atto di vendita venga espressamente e chiaramente prevista una soluzione diversa. Detrazione del 55% per interventi di riqualificazione energetica Salvo proroghe dei termini, per poter godere della detrazione è necessario che le spese siano state sostenute entro il 31 dicembre 2011. Si ricorda che vige sempre l’obbligo della comunicazione telematica all’ENEA entro 90 gg dalla fine lavori. Detrazioni di imposta per carichi di famiglia e per tipologia di reddito La comunicazione delle detrazioni di imposta al proprio datore di lavoro o all’ente pensionistico è ora obbligatoria solo nel caso in cui risulti modificata la situazione comunicata in precedenza.
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Notizie dal Patronato ACLI
Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici (Decreto Legge 201/2011) Ilario Sabbadini In questo breve articolo, vogliamo offrire in pillole le maggiori novità in campo previdenziale contenute nella manovra del governo Monti, sapendo bene che il decreto potrebbe essere modificato dal Parlamento. Abolizione delle finestre e prorata Contributivo Per le pensioni che maturano dal 1 gennaio 2012, salvo specifiche deroghe, sono abolite le finestre di uscita e, in linea generale, sono assorbite nel requisito previsto per il diritto. Allo stesso modo per le anzianità maturate dal 1/2012 la quota di pensione è calcolata col metodo contributivo. Salvaguardia diritto acquisito Ci pare importante poi tranquillizzare chi matura i requisiti di età e di contribuzione per il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità entro il 2011, può accedere al pensionamento secondo la previgente normativa e secondo le finestre prima previste. Nessuna penalizzazione. Nuovi Requisiti per la pensione di vecchiaia Donne lavoratrici dipendenti (AGO e forme sostitutive) Prevedendo l’incremento per la speranza di vita la progressione va così rideterminata: •• Nel 2012 - 62 anni •• Nel 2013 - 62 anni e 3 mesi •• Nel 2014 - 63 anni e 9 mesi •• Nel 2016 - 65 anni e 7 mesi (i 4 mesi in più sono da confermare) •• Nel 2018 - 66 anni e 7 mesi Donne lavoratrici autonome e iscritte alla Gest. Sep.: prevedendo l’incremento per la speranza di vita la progressione va così rideterminata: •• Nel 2012 63 anni e 6 mesi •• Nel 2013 63 anni e 9 mesi •• Nel 2014 64 anni e 9 mesi •• Nel 2016 66 anni e 1 mese (i 4 mesi in più sono da confermare) •• Nel 2018 66 anni e 7 mesi Uomini (AGO, forme sostitutive ed esclusive) e lavoratrici del pubblico impiego
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•• Nel 2012 - 66 anni •• Nel 2013 - 66 anni e 3 mesi •• Nel 2016 - 66 anni e 7 mesi (i 4 mesi in più sono da confermare) •• Nel 2018 - 66 anni e 7 mesi I requisiti per la pensione anticipata Il diritto alla pensione anticipata rispetto alle età prima indicate matura, solo per chi perfeziona il requisito dal 1 gennaio 2012 alle seguenti condizioni: Donne Prevedendo l’incremento della speranza di vita le condizioni vanno così rideterminate: •• Dal 2012 - 41 anni e 1 mese •• Dal 2013 - 41 anni e 5 mesi (3 mesi speranza di vita) •• Dal 2014 - 41 anni e 6 mesi Uomini Prevedendo l’incremento della speranza di vita le condizioni vanno così rideterminate: •• Dal 2012 42 anni e 1 mese •• Dal 2013 42 anni e 5 mesi (3 mesi speranza di vita) •• Dal 2014 42 anni e 6 mesi Riduzione della pensione per chi accede al pensionamento prima dei 62 anni Chi ottenga la pensione anticipata ad un’età inferiore a 62 anni sconterà una riduzione pari al 2% per ogni anno mancante a 62. Nel caso in cui gli anni mancanti non siano interi la percentuale deve essere calcolata a mese (la riduzione è pari a 0,166 per ogni mese mancante). La riduzione opera sulla quota di pensione relativa all’anzianità maturata fino al 2011. Torneremo ancora da queste pagine ad analizzare per intero le novità in materia previdenziale, ricordando che gli sportelli del nostro Patronato rimangono a disposizione per qualsiasi chiarimento.