Verso il Natale. La veglia e l’attesa. AVVENTO 2012
Bergamo
ACLI Bergamo Via S. Bernardino 70/A BERGAMO Tel. 035 210284 info@aclibergamo.it www.aclibergamo.it
Grafica Ivano Castelli Stampa Tipolitografia Gamba, Verdello
In copertina Icaro, di Henry Matisse
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Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni, figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni tu che ci ami: nessuno è in comunione col fratello se prima non è con te, Signore. Noi siamo tutti lontani, smarriti, né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo. Vieni, Signore. Vieni sempre, Signore. Padre David Maria Turoldo
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Presentazione
Questo testo è nato dalla volontà di accompagnare i cristiani durante il periodo dell’Avvento. Non vuole sostituire percorsi personali o comunitari di ascolto e di confronto con la Parola: vuole solo essere l’occasione e l’invito - in modo particolare rivolto ai lavoratori - a ritagliare, nel cammino verso il Natale, un tempo di riflessione e di preghiera. L’articolazione del volume è semplice. Ogni giorno sono presentati il santo e due brevi passi biblici tratti dalla liturgia eucaristica. Inoltre, è suggerita la lettura di un brano che può aiutare la meditazione ed è proposta una preghiera per la tavola da fare, prima del pasto, con tutta la famiglia. Nei giorni di venerdì, per la riflessione personale, è presentata una riflessione di Janique Perrin, Pastora della Comunità Cristiana Evangelica di Bergamo. Nei giorni di domenica vengono offerti dei brevi testi di commento ai Vangeli del giorno curati da don Michele Falabretti, fino a poco tempo fa Direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’Età Evolutiva della Diocesi e da poco nominato, dalla Conferenza episcopale italiana, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, Sem Galimberti ha curato il commento artistico di quattro opere. A loro e a don Davide Rota vanno i nostri più sinceri ringraziamenti. Hanno lavorato attorno a questo libro Maria Teresa Cavalli, Federica Fenili e Martina Mismara. Ha coordinato Daniele Rocchetti.
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Rosa Gelsomino, Presidente Acli Provinciale
L’attesa colma di speranza, per un mondo giusto. Ci accingiamo a vivere il tempo dell’Avvento, il tempo dell’attesa alimentato dalla speranza della venuta di Cristo nella nostra storia, il tempo colmo di speranza nell’attesa del Giusto. Le rivelazioni di questi ultimi mesi dicono di uno svilimento dell’impegno per il bene comune e svelano comportamenti eticamente discutibili, che mettono ancora una volta a dura prova la convinzione di vivere in un mondo governato da giustizia, etica e virtù. Tali avvenimenti credo conducano molti di noi a chiedersi cosa significhi ancora sperare e quale significato attribuire alla giustizia nel governo del mondo. Ho cercato delle risposte nella vita di chi ha vissuto situazioni oggettivamente disperanti; ho pensato che se avessi trovato in loro sentimenti e gesti di speranza e di giustizia, che ragione avremmo noi ora per disperare? Ho riletto “La notte” di Elie Wiesel. Vi si narra: “mio padre era sdraiato nel suo recinto, e altri cinque malati con lui. Io gli ero seduto accanto, vegliandolo, ma non osando più credere che avrebbe potuto sfuggire alla morte. E tuttavia facevo di tutto per dargli delle speranze… mi disse il responsabile del blocco - ascoltami bene, piccolo; non dimenticare che sei in un campo di concentramento. Qui ognuno deve lottare per se stesso e non pensare agli altri. Neanche al proprio padre…ognuno vive e muore per sé, solo. Ti do un consiglio: non dare più la tua razione di pane e di zuppa al tuo vecchio padre. Tu non puoi fare più nulla per lui e così invece ti stai ammazzando. Tu al contrario dovresti
ricevere la sua razione - … Lo ascoltai senza interromperlo. Aveva ragione, pensai nell’intimo di me stesso, senza che osassi confessarmelo……potresti avere due razioni di pane, due razioni di zuppa…….una frazione di secondo solamente, ma mi sentii colpevole. Corsi a cercare un po’ di zuppa e la diedi a mio padre, ma a lui non andava molto: non desiderava che dell’acqua”. Quel ragazzo, neppure nelle brutture della vita e nel momento in cui lo spirito di sopravvivenza può sopraffare un uomo ed offuscarne la mente, perse il senso di ciò che fosse giusto - se non per una frazione di secondo - e sempre antepose il bisogno del padre, la cui vita era al termine, al proprio. Ed ancora si legge che quando gli uomini furono liberati e rilasciati dal campo, non vi fu altro pensiero che accaparrarsi il pane; “non pensavamo che a quello, né alla vendetta, né ai parenti: solo al pane”. Cosa ha abitato l’attesa di quel momento, l’attesa della liberazione? Certamente la speranza d’essere uomini liberi, nella convinzione che la vendetta non fosse la via maestra ma che lo fosse la giustizia, quale prezzo del pane. Quell’attesa era abitata dalla compassione, dalla condivisione del dolore e dalla ricerca del bene superiore per la vita dell’altro prima ancora che del proprio. Mi sono chiesta: se davvero in situazioni così estreme come quelle descritte da Wiesel un uomo ridotto al nulla riesce a fare appello dentro di sé a ciò che è giusto e a pensare al bene di un altro uomo, cosa davvero servirà a questo tempo e a questo Paese per riscoprire il senso della giustizia, della ricerca del bene per l’altro, per evitare di cadere ancora più in basso a
cagione dello scarso rispetto delle “cose di tutti” cui siamo arrivati? Cosa ci serve per ripartire, affidandoci alla speranza che il buono e il giusto ancora esiste e che merita solo d’essere scoperto e continuamente ricordato? Elie Wiesel chiude il suo racconto ricordando il momento della liberazione, la lotta tra la vita e la morte nei giorni seguenti alla liberazione, il suo desiderio di vedersi allo specchio, raccogliendo tutte le forze per arrivarci. “Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più”. Stiamo raccogliendo le nostre forze, come società, come comunità, per guardarci con coraggio a quello specchio che ci permetterà di dire che così non può continuare, che il crinale preso non è per il bene di tutti e di ciascuno ma solo di pochi e dei più furbi, a volte neppure dei più intelligenti? La speranza che alimenta la venuta di Cristo nella storia ci porta a credere che ne avremo la forza. Credo però che a poco servirà alimentare tale speranza se, elaborato il lutto per il periodo di brutture, trascureremo di coltivare la memoria dello sguardo di una società ferita dall’ingiustizia e dal male procurato a molti per l’ingordigia di chi ha scelto e continua a scegliere di soddisfare unicamente il pro-prio bisogno. A molto servirà alimentare quella speranza se testimonieremo che Cristo benedice chi crede nell’uomo che ricerca il bene comune sopra ogni bene e che è capace di gesti di giustizia in nome di quel bene.
L'avvicinarsi del Natale e il senso del presente Piero Stefani Una volta era frequente tenere i diari nei quali, a fine giornata, si trascrivevano avvenimenti e sensazioni delle ore precedenti. Per farlo occorrevano ritmi lenti, pause, riflessioni. Il bisogno di fissare i ricordi contrastava lo scorrere del tempo; la grafia si contrapponeva all’affievolirsi della capacità di richiamare alla mente quanto è stato. Quel che è scritto resta, l’altro si dissolve e vola. Possiamo ancora leggere righe vergate molti decenni fa, ci è invece precluso di ascoltare le parole dei protagonisti. Tuttavia non si scriveva per questo. Lo scopo, più o meno confessato, era di comprendere un poco se stessi mentre si avvertiva di essere inseriti dentro lo srotolarsi del tempo. Cogliersi attraverso quanto abbiamo compiuto o in virtù di quel che ci è capitato significa, in realtà, avvertire che il tempo costituisce il nostro stesso fluire. Quando si contano i giorni che ci separano da quel che è stato o da quanto sarà non si fanno pure enumerazioni: ci occupiamo, piuttosto, della nostra memoria, dei nostri timori, delle nostre speranze. Il calendario è metro di misura, non l’oggetto contato. Una mattina del maggio 1945 Liana Millu, uscita da pochi giorni dal campo di concentramento di Malchow nel Meclemburgo (ma prima era stata nell’abisso di Auschwitz-Birkenau), trovò in una fattoria abbandonata un Tagebuch (diario) intonso e, accanto, un mozzicone di matita. Da lì fino al primo di settembre, il giorno in cui avrebbe varcato il confine italiano, riempì, mentre viveva tra campi di raccolta e ospedali, tutte la pagine a sua disposizione. Ricordando quella esperienza suprema, lei stessa dichiarò più volte di essere entrata nel Lager atea e di 5
esserne uscita agnostica, ossia di trovarsi ormai in una posizione incapace di rispondere con un sì o con un no al mistero dell’esistenza. Nelle pagine del Tagebuch la sua non identificazione con la tradizione religiosa degli avi, consentiva a lei, ebrea, di scandire il tempo riferendosi alla feste cristiane: «Tra venti settimane è Natale. Mi viene in mente tutta la contabilità del tempo che tenevo nel Lager, i 180 giorni a Natale, i 70 dalla battaglia d’inverno, le dieci settimane a Pasqua. Se al mondo non ci fosse altro di buono, c’è questo scorrere del tempo. L’unica cosa sicura del mondo». Ci si avverte immersi nella temporalità, ma non ce ne si sente travolti. In effetti, solo se si sosta sul proprio presente si può cogliere il tempo non come un mostro che ci divora, ma come una realtà buona senza la quale non saremmo. Accettare se stessi e accogliere la temporalità sono due atti tra loro intimamente legati. La dilagante incapacità odierna di rappacificarsi con il proprio invecchiare è segno incontrovertibile di una società alienata e alienante. Oggi tutto sembra rivolto a esaltare il presente. L’egemonia del carpe diem pare non avere smentite. Si tratta di un’illusione. L’atteggiamento è infatti espressione di una visione della temporalità astratta e puntiforme. Per essa occorre vivere nell’ora, tentando invano di isolarla dal prima e dal dopo. Ci si comporta così, perché il trascorrere del tempo è giudicato una macchina triturante. Tutti sanno in cuor loro quanto sia vano cercare di riempire quel che non si può trattenere: non è possibile raccogliere l’acqua versandola in un setaccio. Si può vivere in pienezza il presente solo se lo si accetta come un passaggio. Di contro, la sfida disperata del carpe diem sta nello sforzo di vivere il presente come un tutto perennemente insidiato dalla precarietà. La contraddizione
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insita nella definizione indica la consapevole sfiducia nella vita propria di chi ha imboccato questa strada: il tutto è ricondotto a un granello di sabbia. Per vivere il senso del presente occorre prestare attenzione a quanto è appena stato, evitando di cancellarlo a colpi di spugna. Per farlo non è necessario scrivere diari; è obbligo invece vivere il distendersi del tempo in modo meno discontinuo ed atomico e prendere le distanze dalla propensione di assumere la temporalità come un puro succedersi di momenti reciprocamente immemori. È necessario perciò far propria la convinzione che lo scorrere del tempo, oltre a essere certo e ineluttabile, è anche una realtà buona. Chiedere al Signore di insegnarci a contare i nostri giorni per avere un cuore saggio (Sal 90,12) equivale a domandargli di essere in grado di compiere una imitatio Dei. Il Dio creatore iniziò a valutare buono quanto da lui compiuto quando i giorni cominciarono a succedersi l’uno all’altro: «Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno» (Gen 1,13). Così risuona negli orecchi la traduzione a noi familiare; ma nulla, in base all’originale, impedisce di tradurre: «Dio vide che è cosa buona». Quando i giorni cominciarono a fluire uno dopo l’altro, Dio sigillò nel suo presente la bontà di quanto aveva compiuto. Se così si potesse dire, anche lui, a fine giornata, scrisse una specie di diario. La primigenia bontà dell’essere creato fa tutt’uno con il dire di sì allo scorrere del tempo. Se si è prigionieri di un parametro quantitativo il presente è nulla: quando lo si misura è già passato. Nessuna realtà ci fornisce reti capaci di trattenerlo. È impossibile dire «ora» in modo davvero sincronico. Quando lo pronunciamo, l’«adesso» è già trascorso. Afferrato in maniera qualitativa, il presente è, invece, l’unico punto in cui ci é consentito accogliere il succedersi dei
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giorni. Il presente è il luogo da cui si può giudicare buona un’esistenza temporale. Agostino definì il tempo un distendersi dell’animo dispiegatosi attraverso la memoria, l’attenzione e l’attesa; senza il termine centrale gli altri due non sarebbero: memoria e attesa sono tali solo se consapevoli. Il presente è la coscienza dello scorrere del tempo, il suo senso più profondo sta nel dichiarare buono questo fluire.
Domenica 2 Dicembre 2012 I DOMENICA DI AVVENTO C Ger 33,14-16; Salmo 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36 SANTO DEL GIORNO Santa Bibiana, matrona romana. Bibiana è una martire del IV secolo. Non si hanno su di lei notizie storiche sicure, una tradizione afferma che fu vittima della persecuzione dell'Imperatore Giuliano. Nel V secolo Papa Simplicio le dedicò la chiesa sull'Esquilino. In passato la sua venerazione è stata particolarmente viva.
Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d'Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore nostra giustizia. Geremia 33,14-16
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando comince8
ranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo". Luca 21, 25-28.34-36
PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore Gesù, oggi hai preparato per noi un pasto che ci aiuta a crescere nel dono della fraternità, a riempire di gioia l'esistenza. Fa' che il pane che mangiamo insieme ci renda pronti al perdono, alla carità, alla vita fraterna. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
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I segni buoni del tempo Va male, si dice. C'è crisi: chi non l'ha detto almeno una volta nelle ultime settimane? E quando va male, quando vivo male, anche quando dormo male, finiscono per propormi le solite cose: sonniferi o pasticche. Allora succede che va un po' meno male, che vivo un po' meno male, magari riesco anche a dormire. Poi arriva il momento di svegliarsi; e quanto sono dolorosi i risvegli, perché la realtà non è affatto cambiata, il mondo è ancora lì che mi aspetta come l'avevo lasciato, la vita mi presenta il conto e non si è risolta da sola. A volte qualcuno si arrabbia: ‘‘non si può andare avanti così, bisogna fare qualcosa!’’ E si guarda attorno sperando che arrivi qualcuno con la soluzione in tasca, soprattutto qualcuno che mi tiri fuori dall'incertezza e mi dica - una volta per tutte - cosa devo fare. A condizione che dica quello che ci si vuol sentir dire, che sia rassicurante, che si prenda - lui - le responsabilità che noi non vogliamo nemmeno vedere. Così, se andrà male, sappiamo con chi dobbiamo prendercela. Nel cielo delle nostre vite, ci sono sempre dei segni. Occorre ancora alzare gli occhi per vederli, per scoprirli, per interpretarli. Non c'è bisogno di essere degli astrologi, perché nessun indovino ci saprà dire il domani della nostra storia. A qualcuno piace pensare che questi segni debbano essere necessariamente catastrofici: forse oggi sarà persino contento che nel vangelo Gesù parli di segni così apocalittici. Vi leggerà le metafore di un mondo che non è più “come una volta”. Forse ci fa bene, all'inizio di questo Avvento, tornare alle parole del 10
discorso di apertura del Concilio Vaticano II pronunciate da papa Giovanni XXIII: “Spesso infatti avviene, come abbiamo sperimentato nell'adempiere il quotidiano ministero apostolico, che, non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa. A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l'umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l'opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa.” Avvento: “alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. È il vangelo della prima domenica a ripetere l'invito di imparare a comprendere i segni buoni che il tempo, ogni
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tempo, ci offre per comprendere. Che non è un'operazione solo di intelligenza, ma è anzitutto del cuore perché richiede la disponibilità a far risuonare in se stessi la parola dell'altro. Soltanto così possiamo essere protesi nell'attesa di ciò che accadrà, di ciò che accade, di ciò che ci chiama a scoprire le possibilità di vita che ciascuno può trovare: il Signore che viene, si avvicina alle nostre esistenze per la nostra liberazione; perché in uno stile di vita nuovo possiamo scoprire che non c'è crisi o fatica capace di oscurare il sogno di un'umanità nuova e di una storia diversa. Allora l'invito del Vangelo non è una pia esortazione: è venuto il momento di dire basta ai nostri eccessi. Talvolta la mancanza è bene accoglierla: è il segno che bisogna cambiare, perché a consumare troppo non si desidera più. Che la sobrietà, magari imposta, di questi giorni ci aiuti a conoscere altri soli, altre lune, altre stelle. Allora il tempo di Avvento sarà una specie di “basso continuo”, un fondamento a partire dal quale si sviluppa una melodia, un canto che non è completo: non esiste, senza la base su cui si appoggia. Basterà guardare i soli che non finiscono di sorgere sui nostri incontri, sui nostri amori sempre da inventare. Basta volerlo ancora per vedere la tenerezza a portata di mano.
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IL SILENZIO DELLE COSE
Natura morta
Giorgio Morandi, Pinacoteca di Brera,Milano
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Pochi elementi appaiono sulla scena: un bastone cilindrico e un manichino a mezzo busto; dietro questo, seminascosto, un parallelepipedo bianco e sulla destra una bottiglia del medesimo colore. Sulla parete di fondo una sorta di porta murata, contornata da stipiti solo disegnati, delimita lo spazio intorno alla bottiglia. Tutto qui. La poesia della composizione sta proprio nella sua essenzialità che sfida la banalità del quotidiano per accompagnarci in riflessioni metafisiche cariche di atmosfere. Giorgio Morandi offre alla composizione un respiro di severo rigore morale, ma non di moralismo. Per raggiungere lo scopo utilizza una gamma di colori spenti che vanno dall'ocra al marrone, al bianco calcinato. Colori di terra e di luce. Colori capaci di ribadire una quieta e scandita presenza, senza imporsi in modo violento, senza caricare di soverchie aspettative la nostra attenzione. Neppure è chiaro che cosa leghi tra loro gli elementi della composizione, visto che la scena si svolge su un terreno che non è quello della concretezza quotidiana. Eppure quegli oggetti qualunque dialogano tra loro e vogliono parlare all'osservatore, come hanno parlato all'autore. Morandi nel suo studio di Bologna conservava come reliquie gli oggetti, permettendo alla polvere di depositarsi sulle superfici come nei quadri di Evaristo Baschenis, il memento mori degli strumenti musicali. Ogni oggetto che ci circonda ha un suo linguaggio che troppo spesso si limita ad esprimere la sua funzione: un bicchiere serve per bere, una penna per scrivere, un libro per essere letto. Troppo facile. L'arte ci ha insegnato a leggere gli elementi di una composizione nei loro profondi significati nuovi, nelle metafore, nelle trasposizioni
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di senso, nei collegamenti, nei pensieri che costituiscono un valore aggiunto all'opera. La natura morta di Morandi ci invita al silenzio e alla meditazione. Nella temperie storica di un dinamismo vorticoso, quello del rombante futurismo, la metafisica morandiana si deposita nel tempo e nello spazio con un desiderio di quiete che invita a riflettere. Contrasta con il rumore, con la dinamica apparentemente inarrestabile del traffico metropolitano, con i nostri desideri di ubiquità, essere in un posto e desiderare contemporaneamente di essere in un altro. Ciò non significa navigare contro corrente rispetto alla modernità o all'innovazione tecnologica. Significa semplicemente che lo spazio del pensiero permette di raggiungere un'oasi di quiete su cui si deposita un velo che genera una distanza dagli eventi e dalle cose. Gli oggetti, in trasparenza, emergono pian piano e ci aiutano a fare ordine e chiarezza. E il filo del gomitolo si dipana, il flusso del pensiero scorre, il senso della riflessione si carica di rimandi e di ricordi, la vita riprende il suo ciclo con mutato atteggiamento. Si dice che Morandi abbia dipinto sempre le stesse bottiglie, gli stessi barattoli, lo stesso angolo di Grizzane, il paese del bolognese in cui andava in vacanza. Non certamente perché amasse particolarmente quegli elementi e quei tratti di paesaggio. Una sensibilità pudica e schiva permette di ritornare spesso sugli oggetti arcinoti, per riscoprirne di volta in volta i significati, per muovere lo sguardo dalla superficie alla profondità, per ritrovare se stessi anche nella monotonia del quotidiano.
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Lunedì 3 Dicembre 2012 Is 2,1-5; Salmo 121; Mt 8,5-11
SANTO DEL GIORNO San Francesco Saverio, apostolo delle Indie, patrono delle Missioni. Francesco Saverio nacque nel 1506 da una famiglia basca di nobili origini. Studiò a Parigi e insegnò per breve tempo Filosofia, ma ben presto emerse in lui il desiderio di una vita missionaria accanto a Ignazio di Loyola e ad altri. Nel 1542 giunse a Goa, capitale delle Indie, proseguendo poi sempre più verso Oriente e raggiungendo infine il Giappone. L'intensissima attività di missionario e apostolo del Vangelo lo logorò portandolo alla morte all'età di soli quarantasei anni.
Quale gioia, quando mi dissero: "Andremo alla casa del Signore!". Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! Gerusalemme è costruita come città unita e compatta. È là che salgono le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge d'Israele, per lodare il nome del Signore. Dal Salmo 121
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: "Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente". Gli disse: "Verrò e lo guarirò". Ma il centurione rispose: "Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una paro16
la e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa". Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: "In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! " Matteo 8, 5-11
Entriamo nel tempo dell'avvento, il tempo della memoria, dell'invocazione e dell'attesa della venuta del Signore, la quale fa parte integrante del mistero cristiano perché il giorno del Signore è stato annunciato da tutti i profeti e Gesù più volte ha parlato della sua venuta nella gloria quale Figlio dell'Uomo, per porre fine a questo mondo e inaugurare un cielo nuovo e una terra nuova. Enzo Bianchi PREGHIERA PER LA TAVOLA O Signore, dacci un cuore aperto per condividere il pane e l'amicizia. Fa' che l'essenzialità del nostro pasto ci faccia capire il valore del tuo sostegno. Ogni gesto da noi compiuto promuova vita nuova. Amen.
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Martedì 4 Dicembre 2012 Is 11,1-10; Salmo 71; Lc 10,21-22
SANTO DEL GIORNO Santa Barbara, martire. Santa Barbara nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di barbara, cioè straniera, non romana. Tra il 286 e il 287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'Imperatore Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l'ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella Cattedrale di Rieti.
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con 18
giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Isaia 11,1-4
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: "Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Luca 10,21-22
"Alzatevi e levate il capo", sono i due verbi dell'Avvento, sono le due luci che ci devono accompagnare nel nostro cammino che ci prepara al Natale. Coraggio, allora, fratelli, Alzatevi e levate il capo, muovetevi, fate qualcosa, il mondo cambierà, anzi sta cambiando, non ve ne accorgete? Non li vedete i segni dei tempi di cui parla Gesù nel Vangelo? Gli alberi di fico mettono già le prime foglie e sul nostro cielo il rosso di sera non si è ancora scolorito. Mi viene da pensare che anche in cielo oggi comincia l'Avvento, il periodo dell'attesa. Don Tonino Bello PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, nel pane moltiplicato hai donato fiducia al folle. Sostieni quanti oggi attendono il necessario per vivere. Amen.
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Mercoledì 5 Dicembre 2012 Is 25,6-10; Salmo 22; Mt 15,29-37
SANTO DEL GIORNO Beato Narciso Putz, sacerdote dell'Arcidiocesi di Poznan. Nacque in Polonia a Sierakow il 28 ottobre 1877; durante l'occupazione della Polonia cadde vittima dei nazisti. Per la sua perseveranza nella fede fu messo in carcere nel campo di concentramento tedesco di Dachau dove morì tra atroci supplizi il 5 dicembre 1942. Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 lo elevò agli onori degli altari con altre 107 vittime della medesima persecuzione.
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l'ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte". Isaia 25, 6-10
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Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: "Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino". E i discepoli gli dissero: "Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?". Gesù domandò loro: "Quanti pani avete?". Dissero: "Sette, e pochi pesciolini". Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. Matteo 15, 32-37
Preferisco dire che vivo: mi sembra più semplice e più ricco perché la vita comprende la preghiera, e forse la preghiera comprende la vita ed è la vita stessa. Adriana Zarri PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore Dio, che doni vita a quanto hai creato, attorno a questa mensa nasca uno scambio fraterno, cresca il nostro affetto e maturi l'amicizia fra tutti. Amen.
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Giovedì 6 Dicembre 2012 Is 26,1-6; Salmo 117; Mt 7,21.24-27
SANTO DEL GIORNO San Nicola da Bari, Vescovo di Mira. Al Vescovo Nicola è tributata una venerazione assai estesa sia in Occidente sia in Oriente. A partire dal VI secolo il suo culto si diffuse da Costantinopoli verso la Chiesa slava e quella russa. In Occidente gli sono dedicati migliaia di edifici di culto. Visse in Asia Minore e fu Vescovo di Mira, succedendo allo zio Nicola che lo aveva ordinato sacerdote. Secondo la tradizione, patì una dura persecuzione sotto Galerio e morì intorno al 350, all'età di sessantacinque anni. Durante le invasioni turche le sue reliquie furono poste in salvo da un gruppo di armati baresi e trasportate, nel 1087, nella città pugliese.
Aprite le porte: entri una nazione giusta, che si mantiene fedele. La sua volontà è salda; tu le assicurerai la pace, pace perché in te confida. Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna. Isaia 26,2-4
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo 22
saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”. Matteo 7,21.24-27
Signore, abbiamo impiegato mille anni per conoscerti, altri mille anni li abbiamo impiegati per capirti. O Signore, fa' che i prossimi mille anni siano impiegati per seguirti. Seguirti nella pace, seguirti nella reciproca comprensione, seguirti nell'amore. Anonimo PREGHIERA PER LA TAVOLA Tu o Dio, ricolmi di consolazione e speranza noi tuoi servi e amici. Benedici questi doni che hai fatto giungere sulla nostra mensa, donaci pace e il gusto di una fraternità sempre nuova. Amen.
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Venerdì 7 Dicembre 2012 Is 29,17-24; Salmo 26; Mt 9,27-31
SANTO DEL GIORNO Sant'Ambrogio, Vescovo di Milano e Dottore della Chiesa. Ambrogio è una delle maggiori figure dell'antichità cristiana. Nacque a Treviri, in Gallia, intorno al 339 da famiglia romana cristiana. Istruito nelle antiche discipline forensi, fu inviato a Milano in qualità di funzionario imperiale. Governatore delle province del Nord Italia, fu acclamato Vescovo di Milano il 7 dicembre 374 dalla popolazione cristiana. Fu un protagonista fondamentale nella Chiesa del suo tempo: teologo, liturgo influente consigliere di imperatori, seppe sempre affermare con forza l'autonomia della sfera spirituale della Chiesa rispetto alla sfera politica. Ebbe parte determinante nella conversione di Sant'Agostino. Morì nel 397.
Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Dal Salmo 26
Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi!". Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: "Credete che io possa fare questo?". 24
Gli risposero: "Sì, o Signore!". Allora toccò loro gli occhi e disse: "Avvenga per voi secondo la vostra fede". E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: "Badate che nessuno lo sappia!". Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Matteo 9,27-31
PREGHIERA PER LA TAVOLA Tu o Dio, ricolmi di consolazione e speranza noi tuoi servi e amici. Benedici questi doni che hai fatto giungere sulla nostra mensa, donaci pace e il gusto di una fraternità sempre nuova. Amen.
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Bellezza Quattro settimane, quattro temi e la ricerca di una crescita personale, di una rinnovata consapevolezza dell'attesa. Iniziamo con la bellezza della vita come dono, della creazione e di molte opere umane. La questione della memoria ci riporterà verso il tempo, la storia e l'importanza del ricordo. La sobrietà aggiungerà alla memoria la dimensione del ritmo e della scansione del tempo. Ci avvicineremo a Natale con una riflessione sulla pazienza che genera resistenza, passeremo dal piano spirituale al piano etico e lasceremo che ambedue si intreccino per portare frutto nel “qui e ora” delle nostre esistenze. La bellezza viene spesso associata all'apparenza. Come se caratteristiche visibili potessero contenere tutta la bellezza. La nostra lingua ci fornisce uno spunto quando parla di una “bella persona”. Bella in questa espressione non significa per forza carina, di apparenza piacevole, ma accenna piuttosto a qualità morali, a una disposizione generosa, a una personalità aperta, trasparente. Tutti possiamo essere o diventare belli in questo senso. La bellezza interiore si coltiva nel corso della nostra esistenza. Essa si collega alle nostre esperienze, ai nostri incontri, alla nostra formazione, alla nostra cultura. E alla nostra spiritualità. Infatti approfondire le proprie radici spirituali e religiose o scoprirne altre appartiene allo stesso desiderio di bellezza, non nel senso estetico ma nel senso di una trasparenza, di un'illuminazione, di un cammino di crescita.
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Perché parlare di bellezza interiore? Perché privilegiare l'idea della bellezza? Perché la nostra bellezza può rispecchiare la bellezza che abbiamo ricevuto e che abbiamo di fronte a noi tutti i giorni. Infatti la bellezza miracolosa della creazione è dono gratuito di Dio alle sue creature e potremmo interpretare l'invito del Signore in Genesi 1, 28: “Siate fecondi, diventate numerosi, popolate la terra. Governatela e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su tutti gli animali che si muovono sulla terra” come un invito a cercare la bellezza interiore, cioè a vivere come parte della creazione buona e bella. Il perno di qualsiasi discorso cristiano sulla bellezza risiede nell'essere creature di Dio. Quando dimentica il dono e usa la bellezza come arma o come vantaggio rispetto ad altri l'essere umano perde il contatto con la creazione di cui è solo una parte. Il tentativo di appropriarsi della bellezza allontana da Dio. Infatti come può la creatura creata a immagine di Dio pensare di sostituirsi all'azione creatrice del creatore? La bellezza è di Dio e noi ne siamo solo un riflesso. I criteri della bellezza ci sfuggono perché appartengono a Dio. Dio guarda alla creazione e la valuta “buona”, una bontà che è anche bellezza. Il fatto che sia solo il creatore a valutare la sua creazione ci preserva dalla tentazione di impadronirci della sua bellezza. E se la bellezza appartiene a Dio come progetto creatore per ciascuno di noi allora essa impedisce la bruttezza e la malvagità. Invece se siamo noi a valutare la bellezza ci esponiamo subito al pericolo della forza distruttrice della bruttezza. Il mondo buono diventa immediata-
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mente anche malvagio se a reggerlo è l'essere umano. La creazione buona garantisce all'umanità una opzione preferenziale per la bellezza, cioè un'esistenza e una storia messe sotto il segno della pienezza della vita e della sconfitta di ogni forza di morte. Il Dio della Bibbia sceglie di plasmare una creazione buona e bella, siamo stati noi a mettere sullo stesso livello questa bellezza senza concorrenza e il male distruttore. Siamo stati noi a immaginare che vita e morte fossero contrari esatti. Dio invece ha sempre scelto solo la via della vita. Prima che Israele entri nella terra promessa Dio ammonisce Mosè e lo rende attento alla tentazione del male che minaccia il suo progetto di vita per il popolo fuggiasco. Dio dice: “Vedi, io metto oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io ti comando oggi di amare il Signore, il tuo Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue prescrizioni, affinché tu viva e ti moltiplichi, (…) scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza, amando il Signore, il tuo Dio, ubbidendo alla sua voce e tenendoti stretto a lui, poiché egli è la tua vita e colui che prolunga i tuoi giorni. Così tu potrai abitare sul suolo che il Signore giurò di dare ai tuoi padri Abraamo, Isacco e Giacobbe” (Deuteronomio 30, 15-20 estratti). Scegliere la vita, ecco la bellezza che Dio ci promette. La bellezza acquisisce così un significato non più estetico ma spirituale ed etico: Dio ci regala la bellezza, tocca alle creature adoperarla come incredibile opportunità di trasformazione e di rinnovamento della vita.
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Sabato 8 Dicembre 2012 Gen 3,9-15.20; Salmo 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38
SANTO DEL GIORNO Immacolata Concezione. La solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria ha una lunga storia. Una festa della Concezione di Maria nel grembo di Sant'Anna sembra essere giunta in Europa dall'Oriente nell'XI secolo, ad opera di crociati inglesi. Alla sua diffusione contribuirono i francescani, grazie all'apporto teologico di Duns Scoto. L'8 dicembre 1854 Pio IX definì formalmente il dogma della Concezione Immacolata della Vergine.
Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d'Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Dal Salmo 97
Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te". A queste parole ella fu molto turbata
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e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei. Luca 1, 26-38
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L'Avvento pone in questione la disponibilità ad aprirsi a un Altro, che il linguaggio delle profezie annuncia come il dono promesso da Dio all'uomo. È punto cruciale, questo, oggi: ciò che rende spesso impossibile la fede è l'autosufficienza, l'incapacità a guardare oltre se stessi, l'indisponibilità a ridiscutere l'affermazione che siamo noi stessi al centro della vita e della storia. Chi proclama il venire di un Altro nella storia degli uomini, interpella a questo livello di profondità l'interlocutore d'oggi immerso in un clima culturale e di costume che fa riferimento ai problemi sopra evocati. L'anno liturgico si snoda, a partire dall'Avvento, in continua dialettica con il problema della fede: conduce a interrogarsi sulla possibilità e sul senso del vivere in maniera autenticamente religiosa. Porta cioè alle questioni decisive che originano poi la possibilità di una vita cristiana. Carlo Maria Martini
PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, ti ringraziamo per la gioia di essere riuniti attorno a questa tavola. Non permettere che in nessuna famiglia manchi il tuo amore. Amen.
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Domenica 9 Dicembre 2012 II Domenica di Avvento C Bar 5,1-9; Salmo 125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6 SANTO DEL GIORNO San Juan Diego Cuauhtlatoatzin. Nel dicembre 1531 la Madonna apparve a Guadalupe, nei pressi di Città del Messico ad un indio azteco, di nome Cuauhtlatoatzin; egli fu tra i primi a ricevere dai missionari francescani il battesimo con il quale gli fu imposto il nuovo nome di Juan Diego. Con lui venne battezzata anche la moglie Malintzin, che prese a sua volta il nome di Maria Lucia. Rimasto vedovo, orientò tutta la sua vita a Dio. Dopo le apparizioni della Santa Vergine sulla collina del Tepeyac visse santamente per diciassette anni nei pressi della cappella eretta in onore della Vergine di Guadalupe. Giovanni Paolo II nel 1990 lo ha dichiarato beato, per proclamarlo successivamente santo nel 2002. L'apparizione, il 9 dicembre 1531, della "Morenita" all'indio Juan Diego, a Guadalupe, in Messico, è un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana.
Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell'Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: "Pace di giustizia" e "Gloria di pietà". Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura e guarda 32
verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Baruc 5,1-7 Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! Luca 3, 1-6
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PREGHIERA PER LA TAVOLA Dio di Abramo, di Israele e di David, tu concedi a noi il cibo ogni giorno: fa' che sappiamo condividerlo in giustizia e spirito di ringraziamento, perché è tua la terra e tutto ciò che essa contiene. Per Cristo nostro unico Signore. Amen.
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La città che ci aspetta Cosa sono diventate le nostre città? Grandi scatole dove qualcuno apre vetrine che possano portarci via dalla fatica quotidiana: guarda di qui, compra di là; qualche passo per prendere un po' d'aria e dimenticare almeno per un po'. Persi nelle vicende personali, eterni adolescenti ripiegati su se stessi, rischiamo di viverle come quegli spazi di gioco per i bambini che ci sono nei centri commerciali. Sembrano essere dei recinti dove si cerca lo svago di qualche pallina colorata, in attesa che qualcuno torni a prenderci. Ma qualcuno verrà a prenderci? C'è qualcuno che è davvero interessato alla nostra salvezza, alla nostra gioia? A Gerusalemme Baruc cerca di portare motivi di esultanza: deponi le vesti del lutto! Sì, qualcuno che è interessato a noi c'è: è il Signore che viene. È già venuto, e il suo passaggio nelle nostre vite fu un raggio di luce. Da allora la tenebra, non è più tenebra, il suo giorno non conosce la notte. Verrà di nuovo, l'ha promesso, nell'ora che egli stesso fisserà. Asciugherà tutte le lacrime, porrà fine alla sofferenza, alla violenza, all'ingiustizia: sarà felicità per tutti. Conoscerlo, attenderlo e preparare la sua venuta è sorgente della nostra gioia, motivo di veglie e preghiere. Però bisogna uscire, anche se sembra strano. Strano perché non si direbbe che fuori dalla città possa arrivare, quasi “a piombo”, una parola calata dall'alto capace di tanto. Non siamo più abituati all'idea che dall'alto ci possa raggiungere la parola buona, quella giusta, decisiva. Ci sembra 35
inaccettabile: preferiremmo girare come al (super)mercato per osservare prima la merce, confrontarla con altre offerte, rigirarcela tra le mani e sentire quell'ebrezza di chi può dire: ho scelto io, l'ho fatto da solo. E invece ai margini della città, lontano, nel deserto, compare il profeta. Tra le rocce e le sabbie ardenti, Giovanni prepara il suo grido affinché la Parola venga. Ed è una Parola leggera, priva di espressioni inutili: nulla la può intaccare, perché viene dal cuore. Quando tra le dune soffia lo scirocco, bisogna far passare il vento della fornace; soltanto dopo si può lasciare la terra del fuoco e raggiungere quella degli uomini. Fra le pietraie resteranno solo i nomadi a sopravvivere nell'aridità. Giunge il tempo di ascoltare la voce del profeta: preparate la via, il Messia è alle porte! A sorpresa si raduna una folla. Stanca di stare chiusa nei suoi recinti. Stanca di quattro palline colorate di cui anche un bambino piccolo, a un certo punto, sente la noia. Il profeta non parla come tutti gli altri. Non racconta storie per far divertire i grandi, i potenti e la gente. Non si mette a discutere: parla! E quando lo fa disturba, sorprende. Se fossero esistiti i forum e i social network, possiamo immaginare le reazioni: qualcuno si sarà stupito, qualcuno si sarà scandalizzato, qualcuno l'avrà preso per un folle. Eppure quando il profeta si lascia invadere dalla follia divina – quella che non ha niente a che vedere con la follia umana – si assume dei rischi, ci mette la faccia fino al punto da mettere a repentaglio la sua reputazione, la sua parola, persino la pelle (e infatti finirà che Giovanni, la pelle, ce la rimette davvero). È a questo prezzo, quello di rischiare la 36
vita, che si accetta di andare molto lontano perché la verità venga detta al cospetto di tutti, davanti ai grandi di questo mondo. Ma quando si accetta il rischio, ci si rende conto che davvero dall'alto scende la Parola che salva: salva la mia libertà e la rende capace di un'offerta senza limiti, salva la disperazione che qualche volta può prendere chi mi sta accanto, salva il vuoto che sembra un baratro capace di inghiottire le città e il mondo. Il deserto resta sempre un luogo affascinante, dove tutto sembra possibile. Soprattutto, quando si ha il coraggio di raggiungerlo, appare come un luogo dove non si è soli: ci si ritrova in molti, riuniti dallo stesso desiderio. Quello di poter abitare una città che ancora non si vede, una città dove lo spazio sia accessibile a tutti, dove la dignità di ciascuno trova casa, dove le relazioni si spendono sino a formare una rete di comunità. Ci sembrerà anche di non poter mai abitare un posto così. Eppure i cristiani, nella memoria della venuta di Gesù, sanno che questa città esiste e verso di essa fin da ora possiamo camminare. Finché restiamo nelle nostre città, rischiamo di sentirci soli; nel silenzio, nel deserto che questi giorni di avvento ci invitano a trovare, scopriamo di essere insieme e di poter coltivare il sogno che pur non appartenendo a questo mondo, è questa la città che ci aspetta per poterci davvero sentire a casa.
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LA CAREZZA DEL SOLE
Morning sun (Sole di mattina)
Edward Hopper, Columbus Museum of Art, Ohio, 1952
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Nelle opere di Edward Hopper si profilano ponti, strade, fabbriche, distributori di benzina, ferrovie, vecchie dimore, quartieri di piccoli centri della grande provincia americana negli anni cinquanta del secolo scorso. Con acuta misura degli spazi e delle strutture compositive, con una intensa sensibilità delle atmosfere, delle luci e delle ombre, il pittore si manifesta come uno dei più cinematografici artisti del realismo dopo la seconda guerra mondiale. Uno stupore metafisico si accompagna al silenzio degli ambienti deserti e se la figura umana vi compare è sempre per meglio sottolineare l'assenza, la solitudine, il vuoto che la circonda. Come nell'opera intitolata “Sole di mattina”. Qui una figura di donna indifesa sta di fronte ad un'ampia finestra spalancata su una porzione di cielo azzurro e sui tetti di un edificio in mattoni rossi, dalle numerose finestre e comignoli. Il paesaggio esterno si intuisce come uno spazio periferico di una realtà cittadina. Lo spazio interno è quello di una stanza d'albergo oppure di un vano abitativo all'ennesimo piano di un grattacielo di vetro e cemento. La donna siede sopra un letto disfatto e guarda nel vano della finestra. Una sottoveste rosa ricopre il suo fragile corpo che si offre al sole della prima mattina. Il sole è fuori ma la luce colpisce il letto e la parete di fondo, delineando un quadrato azzurro. Il sole invade anche il volto della donna che appare contratto ma anche in totale beatitudine, dentro il proprio silenzio e nella solitudine dei suoi pensieri. Il quadro è una sorta di annunciazione laica. È il sole angelo che preannuncia alla donna la pienezza della nuova giornata carica di eventi, consuetudinari o straordinari. Seppure sopraffatta dal ritmo della società moderna, la donna è immersa in una atmosfera apparentemente tranquilla che nasconde,
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però, malinconie e solitudini. Viene subito alla mente la famosa lirica di Salvatore Quasimodo nella temperie essenziale della ricerca ermetica: “Ognuno sta solo sul cuore della terra / trafitto da un raggio di sole / ed è subito sera”. Ma nell'opera di Hopper il raggio di sole non “trafigge” ma accarezza, sfiora con mano leggera la fragile figura e la concretezza degli oggetti. Di fronte al silenzio e all'incomunicabilità, sorge un nuovo sole che dà speranza perché segno di vita. Interno ed esterno si toccano. La finestra è spalancata, la luce invade la stanza. Natura ed artificio si accompagnano nel cammino dell'uomo. Nell'inestricabile groviglio di piani diversi, di punti di vista diversi, di diverse realtà oggettive, la natura costituisce un punto fermo. Ma non è un bene immutabile, una risorsa infinita. È compito dell'uomo agire con creatività nell'equilibrio naturale. La limitatezza di una stanza è metafora del limite della vita umana che si contrappone alla grandezza della terra. Ma è compito di ciascuno contribuire alla felicità di tutti, meta ultima del destino dell'uomo.
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Lunedì 10 Dicembre 2012 Is 35,1-10; Salmo 84; Lc 5,17-26
SANTO DEL GIORNO San Gregorio III, Papa. Originario della Siria, da giovane si recò a Roma. Dopo la morte di Gregorio II fu eletto papa. La sua opera si concentrò principalmente agli stessi grandi problemi dei quali aveva dovuto occuparsi il suo immediato predecessore, cioè la lotta contro l'iconoclastia, la conversione della Germania e la difesa del patrimonio di San Pietro. Fu stimato da tutti per le sue virtú e per la sua grande scienza. Il Liber Pontificalis osserva che egli “amava la povertà, riscattava gli schiavi, nutriva le vedove e gli orfani, era molto favorevole alla vita religiosa”. Accolse con grande ospitalità molti artisti orientali che fuggivano dalle persecuzioni iconoclaste. Morì, secondo alcuni, il 27, secondo altri, il 28 novembre 741.
Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Isaia 35,1-2
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, 41
attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: "Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati". Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: "Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?". Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: "Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire "Ti sono perdonati i tuoi peccati", oppure dire "Àlzati e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua". Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Luca 5,18-25
L’annuncio di Natale è contraddistinto dall’apparire della luce, ma essa è nella notte. Come nel prologo del Vangelo di Giovanni, la luce rifulge nelle tenebre: alla luce non spetta l’ultima parola. Piero Stefani
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PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, noi ti ringraziamo per questo pasto in cui tu ristori le nostre forze e ci riunisci nella gioia e nella pace fraterna e concedici di discernere sempre ogni tuo dono. Amen.
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MartedĂŹ 11 Dicembre 2012 Is 40,1-11; Salmo 95; Mt 18,12-14
SANTO DEL GIORNO San Damaso I, Papa. Questo importante personaggio della Chiesa antica nacque all'inizio del IV secolo e succedette a papa Liberio sulla cattedra di Pietro in un momento di forti contrasti nella Chiesa di Roma. Dovette fronteggiare diverse eresie e divenne un fermo sostenitore della fede ortodossa nicena. Fu protagonista anche nel gestire i difficili rapporti ecclesiastici tra Oriente e Occidente. Al suo nome sono collegate particolarmente la riscoperta delle catacombe e lo sviluppo del culto dei martiri caduti nelle grandi persecuzioni.
Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle cittĂ di Giuda: "Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sĂŠ il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri". Isaia 40,9-11
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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda”. Matteo 18,12-14
La povertà evangelica è soprattutto il distacco, non solo dal denaro, ma dal potere, dall'ambizione, da tutto. E quando mi si chiede qual è la massima evangelica che più mi interessa io dico sempre che è dove si dice “chi perde la propria vita la troverà”; quella è veramente la povertà, l'essere liberi da tutto, a cominciare da noi stessi. Adriana Zarri PREGHIERA PER LA TAVOLA Sii benedetto, Dio nostro Padre, che doni a noi il pane quotidiano, che vesti i gigli dei campi e dai il cibo agli uccelli dell'aria. Concedici ora di consumare questo pasto fraterno con gratitudine, gioia e semplicità di cuore. Per Cristo nostro Signore. Amen.
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Mercoledì 12 Dicembre 2012 Is 40,25-31; Salmo 102; Mt 11,28-30
SANTO DEL GIORNO Santa Giovanna Francesca di Chantal. Il nome e la figura di questa Santa sono legati a San Francesco di Sales, il grande predicatore e direttore di anime del XVII secolo. Nata a Digione nel 1572 da una nobile famiglia, ricevette l'educazione riservata alle giovani aristocratiche del suo tempo. Sposa e madre di sei figli, rimase vedova a soli ventinove anni, dicandosi da allora alla cura dei figli e dei poveri. L'incontro con Francesco di Sales dette una svolta alla sua vita, conducendola alla fondazione di un nuovo tipo di famiglia religiosa femminile, la Confraternita della Visitazione di Maria. Le “Visitandine” ebbero una rapida diffusione: alla morte della fondatrice possedevano oltre settanta sedi.
Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza. Il Signore compie cose giuste, difende i diritti di tutti gli oppressi. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere. Ma l'amore del Signore è da sempre, per sempre su quelli che lo temono, e la 46
sua giustizia per i figli dei figli, per quelli che custodiscono la sua alleanza e ricordano i suoi precetti per osservarli. Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in tutti i luoghi del suo dominio. Benedici il Signore, anima mia. Dal Salmo 102
In quel tempo, rispondendo Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero". Matteo 11,28-30
Buon Natale, amico mio: non avere paura. La speranza è stata seminata in te. Un giorno fiorirà. Anzi, uno stelo è già fiorito. E se ti guardi attorno, puoi vedere che anche nel cuore del tuo fratello, gelido come il tuo, è spuntato un ramoscello turgido di attese. E in tutto il mondo, sopra la coltre di ghiaccio, si sono rizzati arboscelli carichi di gemme. E una foresta di speranze che sfida i venti densi di tempeste, e, pur incurvandosi ancora, resiste sotto le bufere portatrici di morte. Non avere paura, amico mio. Il Natale ti porta un lieto annunzio: Dio è sceso su questo mondo disperato. E sai che nome ha preso? Emmanuele, che vuol dire: Dio con noi. Coraggio, verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si 47
placheranno, e una primavera senza tramonto regnerĂ nel tuo giardino, dove Dio, nel pomeriggio, verrĂ a passeggiare con te. Don Tonino Bello PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, ti ringraziamo perchĂŠ ci chiami a godere di quanto hai creato. Benedici il nostro pasto e donaci di sentirti insieme a noi, ora e sempre. Amen.
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Giovedì 13 Dicembre 2012 Is 41,13-20; Salmo 144; Mt 11,11-15
SANTO DEL GIORNO Santa Lucia. Una devozione fervida e largamente diffusa in tutto il mondo cristiano accompagna Lucia, santa siciliana vissuta nel IV secolo. Il racconto del suo martirio narra che, dopo un pellegrinaggio sulla tomba di Sant'Agata e in seguito alla visione della Santa, Lucia decise di votare la sua vita e i suoi beni al servizio del Signore e dei poveri. Consegnata ai giudici dal fidanzato inferocito, fu sottoposta alle torture più crudeli e morì predicando la Buona Novella al popolo e ai suoi persecutori
Io sono il Signore, tuo Dio, che ti tengo per la destra e ti dico: "Non temere, io ti vengo in aiuto". Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva d'Israele; io vengo in tuo aiuto - oracolo del Signore, tuo redentore è il Santo d'Israele. I miseri e i poveri cercano acqua, ma non c'è; la loro lingua è riarsa per la sete. Io, il Signore, risponderò loro, io, Dio d'Israele, non li abbandonerò. Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d'acqua, la terra arida in zona di sorgenti. Isaia 41,13-14.17-18
Gesù disse alla folla: “In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il 49
Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell'Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti! Matteo 11,11-15
Signore, insegnaci a consumare l'attesa, per trarne l'alba che ci attende. Signore, insegnaci a chiamarti Padre Nostro: una preghiera che ha il gusto del pane. Una preghiera che sia la nostra dimora. Pierre Emmanuel PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore onnipotente, Re del mondo, che hai sfamato il tuo popolo con il pane del cielo, benedici noi che ora prendiamo questo cibo, frutto del nostro lavoro e fa' che lo condividiamo con chi è nel bisogno. Per questo ti preghiamo. Amen.
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Venerdì 14 Dicembre 2012 Is 48,17-19; Salmo 1; Mt 11,16-19
SANTO DEL GIORNO San Giovanni della Croce, sacerdote e Dottore della Chiesa. L'avventura spirituale di Giovanni della Croce è strettamente legata a quella di Teresa d'Àvila, la grande riformatrice della vita carmelitana. Nato nel 1542 da nobile casata approdò, dopo una tormentata ricerca spirituale, alla famiglia carmelitana. La sua ansia riformatrice fu causa di durissime pene fisiche e morali, e di vere e proprie persecuzioni. Fu grande autore spirituale: è suo il tema della “notte oscura” dei sensi e dello spirito. Morì a Ubeda (Andalusia) nel 1591.
Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Dal Salmo 1
In quel tempo, Gesù disse: "A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!". È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e 51
dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: "Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori". Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie". Matteo 11,16-19
PREGHIERA PER LA TAVOLA Sii con noi, Signore Dio, durante questo pasto che consumiamo rendendoti grazie. Mantienici vigilanti sulla povertà, sobri nell'uso delle tue creature, gioiosi in questo incontrarci a tavola. Tu sei il Cristo, l'unico nostro Signore. Amen.
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Memoria Tutta la storia della relazione di Dio con gli esseri umani è messa sotto il segno della memoria. Sopra ogni cosa il credente teme di essere dimenticato da Dio, di essere improvvisamente privato della sua benedizione, di cadere in malora nell'indifferenza più totale. Dio non dimentica. Invece noi sì, dimentichiamo molto anche perché, come diceva il filosofo francese Paul Ricoeur, se la nostra memoria non avesse limiti diventeremmo pazzi per il peso di tutti i ricordi della nostra storia. Il paradosso del computer è proprio questo: avere una memoria talmente vasta che non rischia quasi mai di essere piena. La possiamo riempire in modo compulsivo, la possiamo ingrassare come un'oca, essa non reagisce, accumula senza protestare con tutta la freddezza della sua virtualità. Né la memoria di Dio né la nostra possiedono questa infinita flessibilità. La memoria caratterizza la nostra storia, ne permette la trasmissione, crea uno spazio dove la sofferenza irriducibile dell'esistenza può essere accolta. Un'espressione biblica contiene in sé la quintessenza della sofferenza umana: fino a quando? E' la percezione di una sofferenza che non finisce che costringe l'essere umano a dubitare della memoria di Dio. Nel tempo che viviamo e percepiamo sembra che non ci sia più traccia della misericordia del Signore. Abbandonato e solo, torturato o disoccupato, l'essere umano grida il suo dolore:
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Fino a quando, o Signore, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando avrò l'ansia nell'anima e l'affanno nel cuore tutto il giorno? Fino a quando s'innalzerà il nemico su di me? Guarda, rispondimi, o Signore, mio Dio! Illumina i miei occhi perché io non m'addormenti del sonno della morte, affinché il mio nemico non dica: «L'ho vinto!» e non esultino i miei avversari se io vacillo. Quanto a me, io confido nella tua bontà; il mio cuore gioirà per la tua salvezza; io canterò al Signore perché m'ha fatto del bene. Questo salmo (12 nella numerazione greca, 13 in quella ebraica) evoca l'ansia dell'essere abbandonati da Dio, cioè la paura ineffabile di essere stati dimenticati e definitivamente tagliati fuori dalla creazione buona e bella. La memoria viene intesa qui nel suo senso più forte, quello della possibile rottura della relazione e del ritmo vitale che il dialogo benevolo aveva creato. Se la memoria viene a mancare, è la vita stessa che vacilla. Per questa ragione la fede cristiana accenna a un altro tempo, un tempo che non sia più solo legato alla storia e quindi alla memoria. Fino a quando? Non lo sappiamo ma
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con l'avvento di Cristo si apre uno spiraglio verso un tempo nuovo, liberato dalla schiavitù della cronologia. Gesù stesso incarna la dimensione escatologica del tempo nuovo. Anche se la domanda del salmista, fino a quando, rimane senza una risposta precisa nella nostra storia, la venuta del Figlio di Dio ha già indicato un'altra realtà temporale, una realtà legata a un'opportunità, a un istante eccezionale, a una scintilla di grazia, a un segno indelebile sulla linea del tempo. Non è un caso se il testo biblico che parla più chiaramente dell'irrompere di questi tempi nuovi si trova all'inizio del vangelo di Marco: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio si è avvicinato; ravvedetevi e credete al vangelo” (Marco 1, 15). Fino a quando? Fino ad adesso perché, con Cristo, il regno di Dio ha già bussato alla nostra porta e ci ha già portati verso questa realtà totalmente nuova. Con la venuta di Cristo Dio dà retta all'essere umano: ha ascoltato fino al suo ultimo gemito di sofferenza. Con Cristo la memoria di Dio si trasforma in una speranza straordinaria. Con Cristo la memoria dell'essere umano viene tutta attratta dalla festa e dall'attesa del mondo e del cielo nuovo. Quando l'ultima sera Gesù dice ai suoi discepoli “Fate questo in memoria di me”, parla sia della sua storia trascorsa nel mondo sia del suo ritorno per la nostra liberazione. Il tempo della sofferenza ha i giorni contati tra risurrezione e parusia. Fino a quando? Siate dunque pazienti fino alla venuta del Signore (Giacomo 5, 7).
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Sabato 15 Dicembre 2012 Sir 48,1-4.9-11; Salmo 79; Mt 17,10-13
SANTO DEL GIORNO San Valeriano, Vescovo in Africa e martire. Valeriano era il pastore di Abbenza, città dell'Africa proconsolare, oggi Tunisia. Morì a ottant'anni durante la persecuzione dell'ariano Genserico, nel 460 circa, dopo essersi rifiutato di consegnare gli oggetti sacri della sua chiesa.
Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell'uomo che per te hai reso forte. Sia la tua mano sull'uomo della tua destra, sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte. Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa' che ritorniamo, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Dal Salmo 79
Nel discendere dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: "Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?". Ed egli rispose: "Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro". Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni 56
il Battista. Matteo 17,10-13
L'anno cristiano comincia con l'Avvento, il tempo dell'attesa. Perché? Per rivelare a noi stessi l'aspirazione che ci abita e approfondirla: il desiderio di assoluto, verso il quale ciascuno tende con tutto il suo essere, corpo, anima, intelligenza; la sete d'amore che arde in ciascuno di noi. Frère Aloise di Taizè PREGHIERA PER LA TAVOLA Sii con noi, Signore Dio, durante questo che pasto che consumiamo rendendoti grazie. Mantienici vigilanti sulla povertà, sobri nell'uso delle tue creature, gioiosi in questo incontrarci a tavola. Tu sei il Cristo, l'unico nostro Signore. Amen.
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Domenica 16 Dicembre 2012 III Domenica di Avvento C Sof 3,14-17; Cant. Is 12,2-6; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18 SANTO DEL GIORNO Sant'Albina, martire. Albina, originaria di Cesarea in Palestina, sarebbe stata fatta decapitare da Decio, offeso dal suo rifiuto di abiura. Il suo corpo, abbandonato su un'imbarcazione e approdato in Campania a Scauri (presso Formia), sarebbe stato trasportato a Gaeta e qui seppellito accanto a quello di Sant'Erasmo.Questa leggenda, che utilizza elementi comuni a molte passiones, discende e si confonde soprattutto con quella di Santa Reparata, ugualmente, originaria di Cesarea.
Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. Filippesi 4,4-7
Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?". Rispondeva loro: "Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto". Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: "Maestro, che cosa dobbiamo fare?". Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di più di quanto vi è 58
stato fissato". Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi, che cosa dobbiamo fare?". Rispose loro: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe". Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile". Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Luca 3,10-18
Dire “Dio è amore” significa annunciarci nuovamente che Dio ci ama. Tu sei amato da Dio. Questa certezza dovrebbe fondare la tua esistenza e aprirti all'amore la cui sorgente la ricevi in Dio. Semplice, disarmante e disarmata nella sua essenzialità, questa lettera arriva direttamente al cuore. Non è parola consolatoria. È evangelo, buona notizia che ti sollecita a una scelta, che ti chiede di verificare il tuo vissuto e di rendere ragione dell'amore ricevuto. Attende una risposta. Lidia Maggi PREGHIERA PER LA TAVOLA O Padre, che concedi il pane ai tuoi figli e cose buone a quanti le domandano, ricevi il nostro ringraziamento e la nostra lode e donaci il tuo Spirito santo, perché senza di lui noi periamo e torniamo al nulla. Per Cristo nostro unico Signore. Amen. 59
Il deserto a cui bisogna tornare Nel deserto tutto sembra più facile. Lo sguardo si perde su un orizzonte senza confini. Nel deserto si è disposti a tutto: anche la fatica più grande va accettata, se si vuole sopravvivere. Perché il deserto riporta all'essenziale e aiuta a capire che cosa vale davvero per la vita di ogni giorno. Lo sguardo si purifica, le cose per cui abbiamo lottato fino a poco tempo prima, ci appaiono in tutta la loro piccolezza e inutilità. Che cosa dobbiamo fare?, chiedono a Giovanni. La domanda, posta lì in quel luogo, davanti al profeta, nasce spontanea e sincera. Quando torneranno nella città, ne sentiranno tutto il peso e la fatica. Non esigere di più? Accontentarsi della propria paga? Non maltrattare gli altri? Belle, le parole del deserto. Ma dentro la città, come si fa? Sarà davvero possibile metterle in pratica? Le risposte di Giovanni appaiono facili e subito persuasive. Nel deserto, magari. Ma ciò che sembrava facile da capire, a casa diventa difficilissimo da praticare. Alle opere buone che erano state suggerite, si oppongono in fretta i se e i ma. Se non metto i miei piedi sulla testa degli altri, se non allargo i gomiti pretendendo uno spazio più grande del necessario, se non faccio il furbo tentando di pensare a me stesso, qualcuno mi passerà avanti; qualcuno farà le stesse cose a me. Forse che il deserto è un'illusione? Forse era meglio starsene a casa? Meglio evitare la meditazione solitaria e i suoi facili inganni? Al contrario: a quel deserto bisogna avere il coraggio di tornare. Perché quello è il luogo dove lo Spirito soffia e parla al cuore. È lui, lo Spirito, che mette il fuoco nel mondo, non per distruggerlo, ma per abbracciarlo, donando all'uomo la forza
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del cuore. Qualche volta bisogna saper bruciare ciò che è inutile, perché è nel crogiolo della brace incandescente che l'oro ritrova la sua purezza. È lui, lo Spirito, che dirà: è il mio Figlio! E ci mostrerà la strada una volta per tutte: colui che avrebbe potuto vivere come il più riverito dei signori di questo mondo, sta per venire in vesti che nessuno poteva immaginare. Nemmeno Giovanni osa pensare che venga nei panni del più dolce dei bambini: un aspetto di fragilità e di normalità che sembra contrastare con la descrizione che ci viene consegnata nelle parole del cugino che il vangelo registra. Tiene in mano la pala per pulire. Un'immagine che ha accompagnato generazioni e generazioni di cristiani, e forse abita ancora un po' la nostra mente e il nostro cuore. Scopriremo che la pala non è un bastone da brandire o calare sulla schiena dei peccatori. Impareremo un po' alla volta che la dolcezza delle parole di Gesù schiude i cuori al senso più profondo dell'esistenza, apre gli occhi su orizzonti che ci portiamo dentro da sempre, ma che fatichiamo ad accettare. Sì, anche la dolcezza può essere capace di pulire e separare: quando contiene la verità delle cose è capace di mostrare gli errori e le fragilità delle nostre scelte. Ma per dire questa verità Gesù deciderà di non percorrere le strade di un giudizio che uccide: preferirà mostrare la bellezza di una vita che si decide nella libertà e nell'amore. La sua dedizione all'uomo, al mondo e alla storia sarà capace di bruciare le nostre code di paglia con un fuoco inestinguibile. Il fuoco dell'amore che animerà ogni parola e ogni gesto di Gesù. E non sarà più facile: proprio questa dedizione e quello che noi chiameremmo “basso profilo”, saranno la ragione che porteranno Gesù ad essere rifiutato e condannato. Questa è la domenica della gioia. Perché ci viene ricordato che nessun gesto d'amore, pur sofferto e cercato, cadrà a terra senza portare frutto. Le sfortune se ne vanno: il Signore 61
danzerà per te, per ogni uomo come nei giorni di festa grande. L'invito ci raggiunge e si rivolge anche a noi. Per quanto difficili possano apparirci i tempi che stiamo vivendo: non ci accadrà nulla di male, alla fine della nostra fede. Anche quando le nostre sofferenze sono incomprensibili, Dio ci invita a non disperare mai. Il Signore viene, ci aspetta, al di là della morte, della malattia, della catastrofe. Per rimanere sempre il Dio della speranza. Trent'anni fa, Carlo Carretto parlava del “deserto dentro la città”. In questo spazio, che l'Avvento ci invita a trovare, scopriamo che l'asprezza può riguardare solo quelli che si illudono, e si affidano ad una giustizia che potrebbe venire dalla legge, e non dallo Spirito. Perché se avremo il cuore capace di ripetere al Signore la domanda fatta a Giovanni cosa dobbiamo fare? - nessuno resterà senza istruzione.
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LA MATERIA DELL'ARTE
Rosso plastica
Alberto Burri, Palazzo Albizzini, CittĂ di Castello,1962.
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Al termine della seconda guerra mondiale, gli artisti europei entrano in crisi creativa. Come è possibile occuparsi di arte dopo i regimi nazisti e fascisti, dopo la tragedia del sanguinoso conflitto, dopo i campi di sterminio, dopo la bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki? La creatività sembra aver perso la sua forma certa. L'immagine dell'uomo ne esce frantumata e il pensiero oscilla tra l'angoscia e il nichilismo. L'arte del secondo dopoguerra si definisce nella formula dell' “informale” che consiste in superfici grezze senza figura, muri graffiati e lacerazioni, avvento di nuovi materiali extrapittorici. L'arte diventa materia, la materia si presenta sofferente come l'anima dell'artista. “C'è più poesia in una crepa di muro che non nella Venere di Milo” recita un paradosso di quel tempo. L'arte nuova prende i suoi elementi dalla natura più umile: sacchi, legni, ferri, plastiche, catrami, muffe, combustioni. Nei materiali poveri sta la fisionomia del dramma. Al ritorno in Italia, dopo la prigionia americana, Alberto Burri cuce le lacerazioni dei sacchi in trame e orditi carichi di drammatici segni, come ferite che fanno fatica a rimarginarsi. Ed è subito scandalo che finisce anche sui banchi del parlamento italiano, dopo l'acquisto di un'opera di Burri da parte della Galleria d'Arte Moderna di Roma. Poi la materia si evolve ed acquista una sua personale valenza: è essa stessa opera d'arte. L'uso del fuoco che brucia la materia plastica genera un
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visivo fatto di crateri, di laghi ghiacciati, di pieghe della terra, di buchi neri, di galassie magmatiche. Le tele diventano sudari di passione, lacerazioni, strappi e squarci. Il corrugarsi della plastica diventa piega di paesaggio, collina lunare, colore e fonte di luce. Il rosso è il colore del sangue. Il nero è opaca assenza di luce. Il compito dell'arte è anche quello della consolazione. Cerca di alleviare il dolore o la pena con espressioni di solidarietà e incoraggiamento. Da una ferita può scaturire anche la bellezza. L'arte cuce le ferite. Le sofferenze, le torture patite da cui si rinnova il dolore, trovano nell'espressione artistica una forma di sublimazione. La crisi dell'immagine e della forma si tramuta in nuova ricerca e spinge la creatività su nuovi sentieri. Soltanto nel tormento dell'esistere si prende coscienza dell'importanza dell'essere. Anche al di fuori dei facili ottimismi o delle formulazioni razionali, al di fuori di ogni geometria prestabilita, c'è spazio per uno sguardo positivo all'esistenza. Per giungere a questo risultato, bisogna spogliarsi dell'abito calligrafico, distillare i significati delle cose note, accrescere i simboli per interpretare la natura e il sentimento, esprimere un nuovo mondo ed una nuova condizione di vita.
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Lunedì 17 Dicembre 2012 Novena di Natale Gen 49,2.8-10; Salmo 71; Mt 1,1-17 SANTO DEL GIORNO San Giovanni de Matha. Provenzale, docente di teologia a Parigi, prete a quarant'anni, Giovanni de Matha lasciò la cattedra, per diventare sacerdote. Secondo la tradizione agiografica, durante la celebrazione della prima messa gli sarebbe apparso un angelo che gli avrebbe ispirato la fondazione di un ordine religioso destinato al riscatto degli schiavi cristiani in mano ai mori. Giovanni di Matha fondò un nuovo e originale progetto di vita religiosa, con aspetti profondamente evangelici, unendo il culto della Trinità all'opera di liberazione dalla schiavitù. L'Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi venne approvato da Papa Innocenzo III nel 1198. In seguito al Concilio Vaticano II, l'Ordine Trinitario ha iniziato un forte processo di rinnovamento aggiornandosi al mutare dei tempi nei confronti delle nuove forme di schiavitù quali prostituzione, alcolismo, tossicodipendenza e definendo la Santissima Trinità fonte inesauribile della carità che si traduce nel servizio della redenzione e misericordia.
Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato. Benedetto il Signore, Dio d'Israele: egli solo compie meraviglie. E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen. Dal Salmo 71
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Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, (…), Iesse generò il re Davide. (…) Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici. Matteo 1,1-2.6.16-17
Vigilare significa esercitare l'intelligenza, la riflessione, il pensiero sui tempi che si vivono, per non essere sorpresi dalle catastrofi che si preparano nascostamente nell'oggi nella storia, nella chiesa, nelle relazioni famigliari e personali. Il credente è chiamato a pensare e conoscere l'oggi a partire dalla venuta del Signore e dalle sue dimensioni di impensato e di ignoto. La venuta del Signore non impegna solo a vigilare sui tempo, ma anche sulle verità del proprio cuore. Luciano Manicardi PREGHIERA PER LA TAVOLA Ti rendiamo grazie, Signore Dio, perché ora ci doni i beni della terra per la nostra gioia. Non privarci mai del cibo e della tua Parola. E mantienici riconoscenti per tutti i benefici che riceviamo da te. Per Cristo nostro unico Signore. Amen. 67
Martedì 18 Dicembre 2012 Novena di Natale Ger 23,5-8; Salmo 71; Mt 1,20-23 SANTO DEL GIORNO San Graziano, Vescovo. Tutto ciò che sappiamo su Graziano risale all' Historia Francorum scritta da San Gregorio nel VI secolo. Questi riferisce che attorno alla metà del III secolo San Dionigi di Parigi partì da Roma, assieme ad altri sei missionari per portare il Vangelo nelle Gallie. Graziano era uno di questi. Una tradizione più antica, che però non ha riscontri, sostiene che i sette missionari furono mandati da San Pietro stesso. Graziano si fermò nella Gallia lugdunense e predicò la fede cristiana a Tours per circa cinquant'anni, fondando la Diocesi di Tours. Inizialmente incontrò una grande ostilità da parte degli abitanti di Tours, tanto da essere costretto a celebrare i riti nelle catacombe. Quando morì fu sepolto in un cimitero cristiano nelle vicinanze di Tours. Gregorio riferisce: ‘‘in ipsius vici cimiterio, qui erat christianorum’’. Un secolo dopo, Martino di Tours, che fu il terzo Vescovo di Tours, traslò le sue spoglie nella chiesa, costruita dal secondo Vescovo San Lidorico, sulla quale venne poi costruita la Cattedrale di Tours, inizialmente dedicata a San Maurizio e dal 1357 dedicata a Graziano e soprannominata ''La Gatianne''.
O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l'oppressore. Dal Salmo 71 68
In quel tempo, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Matteo 1,20-23
In questi giorni di Avvento occorre dunque porsi delle domande: noi cristiani non ci comportiamo forse come se Dio fosse restato alle nostre spalle, come se trovassimo Dio solo nel bambino nato a Betlemme? Sappiamo cercare Dio nel nostro futuro avendo nel cuore l'urgenza della venuta di Cristo, come sentinelle impazienti dell'alba? Enzo Bianchi PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore Dio nostro, noi ti ringraziamo per questo cibo che tu ci hai concesso oggi nel tuo amore. Fa' che sappiamo procurare del pane a quelli che hanno fame e siamo capaci di destare fame in quelli che hanno del pane. Per Cristo nostro unico Signore. Amen. 69
Mercoledì 19 Dicembre 2012 Novena di Natale Gdc 13,2-7.24-25a; Salmo 70; Lc 1,5-25 SANTO DEL GIORNO Sant'Anastasio, Papa. Edificò a Roma la basilica Crescenziana, individuata, oggi, in San Sisto Vecchio. Combatté con energia il donatismo nelle provincie settentrionali dell'Africa, ratificando le decisioni del Concilio di Toledo del 400. Questo Pontefice è conosciuto specialmente per la controversia origenista. Nel 399 gli amici di San Gerolamo si adoperarono per ottenere da lui una formale condanna dell'origenismo.Sollecitato anche da lettere e dagli ambasciatori di Teofilo, Vescovo di Alessandria, a far partecipare anche l'Occidente a questa lotta, condannò le proposizioni presentategli. Fu in ottimi rapporti con Paolino, poi Vescovo di Nola. Della copiosa corrispondenza, che Anastasio dal Laterano indirizzò a personalità di vari paesi, sono rimaste poche lettere. Dopo un pontificato breve (399401) e molto attivo, Anastasio morì il 19 dicembre 401.
In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Dal Salmo 70
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisa70
betta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso. Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Luca 1,5-13
Dio stesso non è un'evidenza. È piuttosto una luce che dà speranza a chi non ne ha, conferisce significato ad esistenze apparentemente inutili, dischiude futuro a chi sembra destinato a non averne. Paolo Ricca PREGHIERA PER LA TAVOLA A te, Dio, vero amico degli uomini, noi tuoi servi, ricolmi dell'abbondanza delle tue benedizioni rendiamo grazie. Donaci ora la tua gioia e la tua pace perché questa nostra comunione fraterna sia un segno della comunione che vivremo al banchetto del tuo Regno. Tua è la potenza e tua è la gloria nei secoli dei secoli. Amen. 71
Giovedì 20 Dicembre 2012 Novena di Natale Is 7,10-14; Salmo 23; Lc 1,26-38 SANTO DEL GIORNO San Liberato, martire. Proveniente da un elenco del Martirologio Geronimiano, il nome di San Liberato martire, fu inserito nel Martirologio Romano composto nel secolo XVI dal grande storico cardinale Cesare Baronio. Egli è invece un autentico martire di Roma, il suo nome era più propriamente Liberale, in latino Liberalis, tradotto poi erroneamente in Liberatis. Egli fu sepolto nel cimitero di Via Salaria Vecchia, dove riposavano anche i due martiri Giovanni e Festo. Gli Itinerari del secolo VII, che riportavano per i fedeli pellegrini le basiliche e le catacombe aventi tombe di martiri, riportano che San Liberato fosse sepolto nel sottosuolo della basilica dedicata al martire Giovanni. Egli era un console, che discendeva da nobile famiglia. Si innamorò di Cristo, rinunziando alla carriera, alla politica, agli agi della nobiltà per seguire la nuova via dell'amore fraterno e della fede in Dio. Venne arrestato e condannato a morte, sotto il regno di Claudio il Gotico (269270).
Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoroso in battaglia. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. Dal Salmo 23 72
Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te". A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (…) Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei. Luca 1,26-38
Nella nascita di Gesù contempliamo lo svelarsi di un mistero: la venuta di Dio libera, gratuita e portatrice di buone notizie al cammino dell'uomo, mossa unicamente dalla sua passione d'amore, dalla dedizione incondizionata all'uomo fino a morirne. Giancarlo Bruni PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, i nostri cuori sperano in te. Tu ci dai da mangiare a suo tempo: apri la tua mano generosa e colma ogni vivente dei doni della tua bontà. Noi ti ringraziamo e ti benediciamo, ora e per sempre. Amen. 73
Venerdì 21 Dicembre 2012 Novena di Natale Ct 2,8-14 opp. Sof 3,14-17; Salmo 32; Lc 1,39-45 SANTO DEL GIORNO S. Pietro Canisio. Nato in Olanda, a Nimega, nel 1521, studente di letteratura a Colonia, Pietro entrò nella Compagnia di Gesù. Svolse un'intensa attività dottrinale negli anni in cui si andava affermando la Riforma Protestante. Partecipò al Concilio di Trento come teologo e consigliere del Papa e fu autore di due catechismi, rispettivamente per adulti e per giovani, che ebbero enorme diffusione. Morì nel 1597.
Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: "Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia". Sofonia 3,14-17
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed 74
esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". Luca 1,39-45
PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore Dio nostro, tu sei il vero nutrimento di tutto l'universo. Benedici noi che ora prendiamo questo pasto: concedici di consumarlo con spirito e condivisione e comunione rendendo gloria e grazie a te. Per Cristo nostro Signore. Amen.
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Pazienza e resistenza Ancora una volta sono i salmi a nutrire la nostra meditazione. Sta in silenzio davanti al Signore e aspettalo (Salmo 37, 1). Le due azioni alle quali questo versetto del Salmo 37 sembrano agli antipodi dell'attualità. Sembrano gesti inutili per un tempo di crisi, parole meditative in un contesto di emergenza. Ma appunto, in un momento grave come quello che stiamo attraversando non bastano la volontà, le idee o le decisioni. Ci vuole una scintilla, una certezza insensata che un cambiamento di rotta è possibile. Come il popolo d'Israele, prigioniero dei suoi occupanti, siamo prigionieri della nostra situazione economica. La prigionia, reale o simbolica, costringe al confinamento, allo stallo, alla morte. Eppure il popolo d'Israele trova nella profondità della sua fedeltà a Dio un cammino di sopravvivenza. È questa via stretta, impegnativa e controcorrente, che i credenti di tutte le generazioni ci insegnano ancora oggi. Sta in silenzio davanti al Signore, e aspettalo. Un insegnamento e un comandamento. Ma un insegnamento e un comandamento controcorrente! Come possiamo coniugare lo stare in silenzio e l'aspettare con l'agitazione senza sosta del mondo attuale? È questa la sfida: vivere la nostra fede nel mondo in uno spirito sovversivo, cioè credere nonostante il mondo e il suo ritmo sfrenato, credere nonostante gli inganni della comunicazione permanente. Il silenzio non esiste nella nostra quotidianità. Forse chi abita in campagna o in montagna si ferma a volte ad ascoltare il vero silenzio, questo non rumore quasi assordante
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che avvolge la realtà e la natura. Il silenzio mi mette di fronte alla vita creata e mi invita a prendere coscienza del mio essere al mondo, sola nel senso di unica. Nel silenzio ciascuno/a può percepire l'importanza della sua presenza sulla terra; è come se il silenzio offrisse la possibilità a ognuno/a di noi di sentirsi un progetto di Dio, unico, specifico, speciale. Il silenzio ha quindi un valore esistenziale oltre che spirituale. Il silenzio rivela la mia presenza come uno stare al mondo, unita e nello stesso tempo radicalmente separata da esso. Una certa angoscia può scaturire da questa esperienza così come però la consapevolezza di un'individualità attiva, possibile, parte di un piano più ampio. Il salmo, preghiera per eccellenza, invita a stare in silenzio e ad aspettare. Ma la preghiera è comunicazione e relazione, e queste due posture sono intimamente legate alla presenza dell'Altro, di Dio, dell'ineffabile. Sono i tempi di Dio, non i nostri. Sono i suoi piani, non i nostri. È la sua volontà, non la nostra. Ecco perché è urgente aspettare Dio, perché Dio si fa aspettare, si fa desiderare, si rivela a poco a poco e solo in questo gesto creativo lento e profondo noi possiamo decifrare la strada che ci viene indicata. Ignorare l'attesa significa vivere senza Dio. I tempi di Dio, oltre a non essere i nostri, sono anche sovversivi nel senso stretto della parola. Controcorrente, essi spiazzano il ritmo della nostra postmodernità. Il silenzio disturba fortemente il brusio incessante, i pettegolezzi e i luoghi comuni della vita pubblica quotidiana. Basti ricordare il peso e l'efficacia di alcune manifestazioni pacifiche
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silenziose. Aspettare suscita la stessa sorpresa. L'attesa incarna un atteggiamento sovversivo nel tempo dell'immediatezza. Nessun atteggiamento può essere più efficace per esprimere la propria diversità d'opinione, il proprio dissenso rispetto ai ritmi disumani del mondo. Stare in silenzio davanti al Signore e aspettarlo non è l'ultima soluzione cui ricorrere quando la quotidianità ci ha massacrati, ma è un invito saggio e un comandamento spirituale che stanno alle origini della nostra esistenza, e che Dio, il creatore, ci regala affinché possiamo respirare l'armonia, aspirare a un mondo giusto ed essere ispirati da Lui. Aspettare sembra un atteggiamento passivo, sembra il contrario dell'azione, sembra vano e inutile. Ma aspettare il Signore significa anche aspettare la sua giustizia. Tra oggi e la giustizia c'è il mio aspettare, un tempo donato, spoglio davanti a me per dare corpo ai miei progetti e ai progetti comuni di una nazione o di una comunità. Questo spazio di risonanza, questo tempo che tende verso il regno di Dio e ne annuncia la venuta, lo chiamo speranza. Per me la speranza è il regalo più straordinario che Dio ci offre. Ed è proprio perché la speranza si invita al tavolo dell'attesa che le parole del Salmo 37 possono diventare fonti di azione e di responsabilità. Il silenzio e l'attesa davanti al Signore nutrono la nostra missione come cittadini e come cristiani/e impegnati per la pace e per l'unità. Non ci lascia-mo traviare, la giustizia viene e, quando arriverà, lo sapremo prima di tutti.
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Sabato 22 Dicembre 2012 Novena di Natale 1Sam 1,24-28; Cant. 1Sam 2,1.4-8; Lc 1,46-55 SANTO DEL GIORNO Santa Francesca Saverio Cabrini, fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Francesca nacque nel 1850 da una famiglia numerosa e poverissima a Sant'Angelo Lodigiano in Lombardia. Di salute malferma, non venne ammessa in convento. Si dedicò alla cura e all'educazione di bambini orfani, giungendo a fondare un istituto religioso posto sotto il Patronato di San Francesco Saverio. Si dedicò, in seguito, all'assistenza degli italiani che a migliaia partivano per le Americhe, privi di ogni sostegno materiale e spirituale. Per questo divenne la patrona dei migranti. Morì a Chicago, nel 1917 ed il suo corpo venne traslato a New York alla ''Mother Cabrini High School'', vicino ai suoi “figli”.
“Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore". E si prostrarono là davanti al Signore. 1Samuele 1,27-28
Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 79
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre". Luca 1,46-55
Saper aspettare…Esserci, semplicemente, gratuitamente. Mettersi in ginocchio per riconoscere, anche con il corpo, che Dio agisce in tutt'altro modo rispetto a quanto immaginiamo. Aprire le mani, in segno d'accoglienza. La risposta di Dio ci sorprenderà sempre. Preparandoci al Natele, l'Avvento ci prepara ad accoglierlo. Frère Aloise di Taizè PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, Pastore buono, noi ti ringraziamo per averci preparato una tavola anche in questo giorno: fa' ora traboccare di gioia il nostro cuore e mostraci il dono dell'amicizia e della vita fraterna che discende da te e come profumo ci inebria. Amen.
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Domenica 23 Dicembre 2012 IV Domenica di Avvento C Mi 5,1-4a; Salmo 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45 SANTO DEL GIORNO San Giovanni da Kety, sacerdote. Giovanni Canzio nacque a Malec, sobborgo della cittadina di Kety (Polonia) nel 1390. La sua vicenda si snoda tra gli studi filosofici e teologici, di cui fu altissimo cultore, e la carità verso i poveri, ai quali consacrava tutte le risorse che riusciva a raccogliere. Predicatore e maestro, seppe conservare con mite limpidezza l'insegnamento cattolico in un momento di gravi controversie e deviazioni dottrinali.
E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d'Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace! Michea 5,1-4a
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella
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casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo .Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". Luca 1,39-45
PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, tu stai alla porta e bussi: fa' che ascoltiamo la tua voce e ti apriamo. Tu starai con noi e noi con te, e ci infonderai gioia nel cuore. Tu sei il Cristo, l'unico nostro Signore. Amen.
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La tenerezza di Dio Il popolo camminava nella notte senza guida e senza luci, andando fuori strada come un gregge senza pastore. All'improvviso, il cielo si è squarciato e la terra dà il suo frutto. Un bambino, un figlio d'uomo che è anche il Figlio di Dio. Il suo nome è: Gesù Salvatore. Sono accorsi alcuni pastori: per loro, la notte non esisteva più. Hanno trovato un neonato, avvolto in fasce, deposto su una mangiatoia. Gli angeli di Dio erano festanti e cantavano gloria. La tenerezza di Dio ha il volto del Padre. Quello plasmato nello stesso tempo di bontà e fermezza. La tenerezza di Dio è una forza, capace di fare di noi degli uomini abitati dalla forza, e segnati anche – nello stesso tempo – dalla fragilità di tutto ciò che è umano. La tenerezza di Dio ha il volto segnato dalla sofferenza che tormenta il cuore dell'uomo e dalla paura che a volte lo mette a terra, in ginocchio come per implorare il soccorso del cielo. La tenerezza di Dio non ha più il fulmine in mano, perché ha assunto il volto dell'uomo. E tutto questo è un nuovo inizio, anche se fra due giorni lo spread sarà ai soliti livelli e le borse non ci annunceranno l'uscita definitiva dal tunnel. È un nuovo inizio, perché noi possiamo essere nuovi. Era mezzanotte quando la tenerezza di Dio entrava nella nostra storia. Forse non era mezzanotte sull'orologio. Ma era il momento, è il momento, in cui finisce un giorno e ne comincia un altro. I grandi dell'epoca non lo sapevano, come non lo sanno mai i grandi di ogni epoca. Impegnati a fare progetti sul 83
mondo, a contare, calcolare, censire. Dio non c'era nel registro dell'imperatore di Roma. Era mezzanotte, e lui – l'imperatore – non lo sapeva. Loro non lo sapevano. Qualcun altro, però sì: quelli che avevano un cuore di bambino, quelli sempre in attesa, sempre svegli. Ad una mangiatoia, culla fra cielo e terra, Dio si offriva alla fame degli uomini. Oggi è mezzanotte. Per gli uomini di buona volontà. Se Dio si fa bambino e in qualche modo anche lui si mette in adorazione dell'umanità (e che adorazione: un giorno salirà sulla croce…), allora in mezzo a noi oggi è possibile tutto. Basta che lo vogliamo: tutto può cambiare, tutto può realizzarsi anzitutto dentro di noi. Forse oggi ci staremo chiedendo se siamo stati all'altezza di questa festa e di un annuncio così grande. Qualche regalo l'avremo fatto per convenienza, altri li avremo fatti per dire e dimostrare qualcosa. Siamo stati fedeli ai legami profondi che ci legano e ai quali oggi siamo richiamati? Lo sentiamo tutti che questo giorno di festa ha un rilievo assolutamente decisivo per tutta la nostra vita. Perché oggi riusciamo a dire a chi e come siamo legati; perché oggi riusciamo a dire – almeno a noi stessi – se è mezzanotte nella nostra vita, se vogliamo girare pagina. Ma per fare questo, arrivati in fondo all'anno, sentiamo che le cose da cambiare non sono quelle che stanno fuori di noi, ma quelle che stanno dentro. Abbiamo bisogno di tornare alle due persone che mettiamo al centro dei nostri presepi: Maria e Giuseppe. Anche loro saranno arrivati a quella notte pieni di stanchezza: non erano riusciti nemmeno a preparare una casa, un posto pieno di luci e di cose buone. I loro tempi erano quelli dell'attesa del bambino,
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i tempi di Roma avevano scombussolato tutti i piani. Ma se la notizia della nascita di Gesù è quasi laconica, come se volesse raccontarci di nuovo che saremo sempre impreparati a una venuta così grande, il resto è l'esplosione delle danze e dei cuori. Angeli, pastori, saggi che si muovono da lontano. E alla fine il cuore di una mamma che custodisce con stupore e gioia quando accade. Abbiamo ascoltato un annuncio. Abbiamo bisogno di intraprendere quel cammino che solo ci permette di accostarci a Gesù. Con nel cuore un grande senso di riconoscenza. Grazie a lui, la prima volta, tutto è cominciato. Era il giorno della creazione, quando il Padre faceva l'uomo e il mondo tenendo negli occhi la figura del Figlio. Grazie a lui, a Gesù, tutto è ridiventato possibile: nessuno sarà escluso dalla possibilità di una vita di salvezza, libera dagli egoismi umani. E ora proprio lui è qui e ci offre la possibilità di ricominciare, come il primo giorno. Meglio del primo giorno: perché se abbiamo perduto l'innocenza originale, ora però siamo rivestiti della sua gloria.
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UNA FIABA VISIVA
The lovers
Marc Chagall,Collezione privata, 1930
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Marc Chagall è pittore fiabesco. La sua pittura è favola, narrazione, racconto gioioso o drammatico, esplicito ed enigmatico allo stesso tempo. Della favola russa e popolare Chagall conosce l'origine, la struttura, il significato, la funzione. La trama della rappresentazione è in rapporto con la morale, la cultura, il costume e il sentimento del popolo. Chagall con la sua opera d'artista, e Propp con il suo lavoro di scienziato, dimostrano la stessa cosa: la favola non è una tradizione che si trasmette per inerzia, ma l'espressione viva della creatività del popolo. L'amore fa parte di questa vitalità popolare, così come il sogno. Nell'immagine gli amanti stanno seduti a contemplare il plenilunio. Si abbracciano davanti a tanta immensità. Seduti sulla panchina fuori dalla casetta di legno nello sthetl ebraico, nel fazzoletto verde di un minuscolo giardino chiuso da una staccionata, gli amanti si abbandonano al sentimento. Il blu della notte li avvolge in un silenzio carico di presagi. Da una piccola porta laterale emerge la figura di un animale domestico che la metamorfosi ha dotato di sembianze umane. In cielo la luna rotonda e luminosa fa comparire un angelo che vola sopra il villaggio. L'angelo della protezione, l'angelo dell'annuncio. Nella tradizione gli angeli portano benedizione e conforto agli eletti. Portano messaggi in merito alle profezie. Prediligono le nascite, promettono lunghe discendenze. Invitano all'ottimismo di un mondo più pacifico e giusto. Il Talmud ebraico prescrive che ogni
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pio israelita, prima di addormentarsi, deve pregare Michele che sta alla sua destra, Gabriele alla sinistra, Uriel davanti al letto e Raffaele dietro la testiera. Davanti, sopra la testa, la presenza protettrice di Dio. Per i due innamorati tutto è possibile. Ogni evento ha i tratti della magia, ogni pensiero vola come l'angelo nello spazio infinito. Scompigliata la successione ordinaria, razionale degli spazi e dei piani, non sorprende che nell'opera di Chagall tutto vada contro il senso comune, come nei sogni. La realtà è composta da elementi conosciuti ma l'invisibile è la parte migliore, tutta da scoprire. I buoni sentimenti costituiscono la chiave per entrare in un mondo diverso a cui l'uomo contemporaneo può aspirare. Ragione e sentimento viaggiano insieme, proprio come la favola onirica e i racconti della realtà.
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Lunedì 24 Dicembre 2012 Novena di Natale 2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Salmo 88; Lc 1,67-79 SANTO DEL GIORNO San Delfino, Vescovo. Dopo Orientale, Delfino è il primo vescovo di Bordeaux attestato con certezza. Fu amico intimo del vecchio vescovo Febadio di Agen ed ebbe una corrispondenza regola-re con Ambrogio di Milano. Sotto il suo episcopato la cristianizzazione della diocesi di Bordeaux fece progressi importanti come dimostra il fatto che a partire dall'anno 400, le iscrizioni ed i monumenti portano quasi tutti formule e simboli cristiani. Nel 404 Delfino era già considerato un santo protettore, come provano i seguenti versi di Paolino: "Ambrosius Latio, Vincentius exstat Hiberis, Gallia Martinum, Delphinum Aquitania sumpsit". Questi versi attestano anche il prestigio di cui godeva il vescovo di Bordeaux. Morì tra il 401 e il 403.
Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà, perché ho detto: "È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà". "Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo. Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono". I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell'assemblea dei santi. Dal Salmo 88
Zaccaria fu colmato di Spirito Santo e profetò
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dicendo: “Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Luca 1,67-79
Donami un cuore puro - che io possa vederti, e un cuore umile - che io possa sentirti, e un cuore amante - che io possa servirti, e un cuore di fede - che io possa dimorare in te. Dag Hammarsskjöld
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PREGHIERA PER LA TAVOLA Guarda con bontà, o Padre, questa famiglia che attende con fede il Natale del Signore. La venuta di Gesù riscaldi il nostro cuore, ci sostenga nelle fatiche di ogni giorno, doni vera fraternità a tutti noi. Amen.
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Martedì 25 Dicembre 2012 Natale del Signore Is 9,1-6; Salmo 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. Tito 2,11-14
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto 92
nell'alloggio. C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia". E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama". Luca 2,1-14
PREGHIERA PER LA TAVOLA Signore, fonte di luce, che hai mandato tuo Figlio ad illuminare ogni uomo, benedici e questi tuoi doni e concedici di camminare con gioia nella luce della tua presenza. Amen.
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Sobrietà Viviamo in un'epoca in cui parole come austerità e crescita danzano davanti ai nostri occhi. Ci vengono riproposte senza sosta come se si trattasse di meccanismi teorici totalmente autonomi e indipendenti dal nostro comportamento e dalla nostra volontà. Si può sicuramente imporre l'austerità, si può anche decretare la repressione fiscale, si può implorare la crescita, si può insomma usare strumenti più o meno collaudati per cercare di ammaestrare l'economia. Ma tutto questo non può non tener conto di un elemento fondamentale: lo stato d'animo di chi vive nel sistema economico e di conseguenza lo fa vivere. La crisi economica è intimamente collegata a una crisi morale e a un crollo di sistemi di valori che si sono tramandati di generazione in generazione fino ai nostri giorni senza essere rimessi seriamente in discussione. Non vorrei giudicare; l'intelligenza del genere umano, la sua capacità di ripartire e di ricostruire mi fanno pensare che anche la crisi attuale giungerà a una svolta. Cerco solo di interpretare i segni del cambiamento e di tornare a trarre ispirazione dal cuore della Scrittura. Un testo biblico affronta in modo straordinario la questione della crisi e del suo superamento. E' il testo della manna al capitolo 16 del libro dell'Esodo. Questo racconto ci regala tre insegnamenti fondamentali per la nostra vita di fede: il primo ha a che vedere con la giustizia, il secondo con la sobrietà e il terzo con la festa. La manna simboleggia il mistero della mano di Dio per eccellenza. Infatti “manna” è solo una specie di traslitterazione 94
di una frase ebraica, man hu, che significa “che cos'è?”. L'autore del testo non poteva essere più generico: la manna è la cosa, forse la roba, che Dio dà al popolo d'Israele che brontola nel deserto. Ma il dono della manna non vuol dire solo sussistenza alimentare. Il dono della manna è una prima codificazione di giustizia o di equità tra uomini e donne di questa strana combriccola in cammino verso una terra sconosciuta. Certo con la manna Dio nutre tutti ma lo fa in modo perfettamente uguale, proporzionale. Non c'è chi ha tanto e chi ha poco, non si tratta di un regime di benessere in cui tutti possono mangiare, ma dove c'è chi mangia delizie e chi mangia pasta, riso e patate. Nella giustizia di Dio ogni membro del popolo riceve la stessa razione. Giustizia è anche uguaglianza, ogni essere umano è stato creato a immagine del Signore, ogni vita ha la stessa dignità. Spesso le nostre società democratiche postmoderne hanno adattato questa idea dell'uguaglianza: qualcuno è sempre “più uguale” del suo vicino. Il dono della manna rimette ordine nel disordine delle nostre nazioni alla deriva dove solo una fetta sottilissima approfitta di un'economia esageratamente sregolata. Il secondo insegnamento è centrale e riguarda la sobrietà. L'uguaglianza di fronte alle risorse e di fronte alla sopravvivenza non può essere mantenuta solo dall'uomo. Dio lo asseconda e gli impone un certo ritmo e quantità ben definite. Con questo sistema di distribuzione organizzata sparisce lo spreco e neanche il consumatore più furbo riesce a fare scorte. Le scorte nascoste vanno a male!. Invece quando Dio gestisce le scorte e raddoppia le razioni, tutto funziona e il cibo si mantiene perfettamente. Nessuno ruba la porzione del
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debole, nessuno riesce ad accumulare di nascosto o addirittura a mandare in un luogo più sicuro le scorte illegittime. Ciascuno è invitato alla sobrietà del consumo, al risparmio, alla riconoscenza per questa provvidenza straordinaria. L'elemento più stravagante di questo racconto paradigmatico riguarda il terzo insegnamento. Dove porta tutta questa storia lenta di distribuzione equa del cibo e di invito a una maggiore sobrietà? Uno potrebbe immaginare che siamo alle radici degli ordini mendicanti del medioevo o del puritanesimo inglese. Ma si sbaglia. La giustizia e la sobrietà sono la preparazione alla festa, anzi la festa non è possibile se prima non ci sono questi insegnamenti sull'economia di Dio. Nel racconto della manna tutto è orientato verso il settimo giorno e annuncia già il quarto comandamento. Nella festa del settimo giorno il popolo d'Israele ritrova il ritmo della creazione e lo segue per vivere. Ma a preparare la festa non sono gesta magnifiche di Dio o miracoli completamente fuori dagli schemi. E' la sobrietà che porta alla festa, la moderazione, la distribuzione equa. Festa non fa rima con eccesso o trasgressione. La festa sboccia come un fiore dopo un periodo di ascesi, di sobrietà e di attesa. La festa del settimo giorno non è ancora il banchetto straripante della fine dei tempi ma vi accenna. Gli eccessi umani o del mondo non riescono a competere con l'eccesso di Dio, sarebbe come affermare che il consumo compulsivo della nostra società corrisponde alla grazia del Signore. La festa apre la porta di una realtà rinnovata in cui nessuna moneta ha valore perché l'eccesso d'amore di Dio è semplicemente gratuito.
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Torniamo sulla strada di Betlemme Enzo Bianchi Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo. Questa esortazione della Lettera agli Ebrei che fa riferimento alla vicenda di Abramo che a Mamre accolse tre pellegrini stranieri rivelatisi poi messaggeri di Dio ci offre una chiave di lettura del Natale e del suo senso nella nostra società oggi. Cosa sapevano gli abitanti di Betlemme di quella coppia in viaggio che cercava un riparo perché la donna incinta potesse partorire? Ne avessero sospettata l’identità, le avrebbero aperto le porte della loro casa, oppure si sarebbero limitati a tollerare che occupasse per un po’ una stalla in disuso? I pastori dei dintorni gente emarginata nella società e nella comunità religiosa perché inadempienti agli obblighi cultuali e legali mossi dalla spontanea solidarietà verso chi è costretto a pernottare all’aperto, decisero almeno di andare a vedere: e sappiamo tutti che, una volta che il nostro sguardo incrocia quello di una persona nel bisogno, ci è molto più difficile non prendercene cura... E quei tre sapienti di un’altra terra e di un’altra religione, cosa sapevano di quel bambino figlio di poveri? Cercavano un re, un inviato da Dio e trovano una famiglia di emigranti... eppure non esitano a colmarla di doni regali. E quei due anziani al tempio di Gerusalemme, come potevano riconoscere in un primogenito, figlio di una famiglia anonima, riscattato con due tortore, offerta dei poveri, il Messia, l’atteso per secoli da tutto il popolo? Anche loro si limitano a prendere il piccolo tra le braccia, a tesserne le lodi, a immaginarne il futuro, come siamo portati a fare con qualsiasi neonato. Davvero un’apparizione nascosta, discreta, quotidiana, quella del figlio di Dio in mezzo alla sua famiglia, l’umanità intera: una presenza ordinaria che dice qualcosa in più solo a chi è disposto all’accoglienza.
Quest’anno molti vivono un Natale più difficile del solito, non solo in quei luoghi dove la vita è sempre faticosa o dove testimoniare la propria fede è sovente a rischio fino alla persecuzione, ma anche nel nostro paese, con sempre più persone in ristrettezze economiche. Questo dato si interseca con una sorta di ambivalenza legata alle festività natalizie: da un lato siamo quasi naturalmente più disposti ad atteggiamenti di benevolenza verso il prossimo, di bontà, di riconciliazione; d’altro canto tendiamo a vivere questi sentimenti tra noi, all’interno della ristretta cerchia degli intimi. Ambivalenza che rende ancor più pesante la solitudine e la sofferenza di chi non ha persone care attorno a cui stringersi, di chi le ha perse, di chi le ha lasciate lontano nella speranza di preparare un futuro migliore per loro... Sì, a Natale ci sentiamo tutti più buoni, ma verso chi vogliamo noi, verso chi decidiamo che sia destinatario del nostro affetto. E in tempo di difficoltà economiche la tentazione è quella di rinchiuderci ancora di più nei nostri piccoli nidi rassicuranti. Solidarietà e accoglienza paiono a prima vista più difficili nelle stagioni dure, nei momenti di difficoltà, soprattutto per chi non le ha assunte come proprio habitus nei giorni più propizi. E invece la storia, anche quella sacra legata alla nascita di Gesù, ci insegna che proprio i poveri, i nomadi, i viandanti, gli emarginati, gli stranieri sono le persone più capaci di accoglienza, di apertura all’altro, di condivisione del poco di cui dispongono. E basta conoscerli, parlare con loro, lasciarsi accogliere da loro per sentirli narrare le meraviglie degli incontri gratuiti che hanno avuto: sono storie di ordinaria straordinarietà, vicende di rapporti nati nell’emergenza e divenuti amicizie solide, avventure di un momento burrascoso trasformatesi in storie di amore
fedele. Forse questo Natale potrebbe insegnarci qualcosa in merito: nello straniero che abita a pochi isolati da noi e che incontriamo per strada, nel senzatetto che si rifugia tra i suoi cartoni, nei nuovi poveri in coda per un pasto caldo, nell’anziano che fatica a riscaldare la sua stanza c’è un essere umano portatore di vita e di speranza, ci sono un cuore, un corpo e una mente che desiderano comunione, c’è una presenza dell’assenza lacerante della persona amata. Chi può dire cosa troviamo se ci accostiamo all’altro senza pregiudizi e paure, se gli apriamo la porta del nostro cuore, se gli restituiamo quella dignità che è suo diritto inalienabile? Chi di noi ha guardato, dico guardato, negli occhi un volto e si è sentito estraneo, soprattutto quando quel volto presenta i segni della sofferenza? Non lo si dimentichi: Dio si è mostrato in Gesù con tratti umanissimi perché ciò che era straordinario in Gesù non era nulla di religioso ma solo umano, umanissimo. Sì, Dio ha sembianze così umane che rischia di passare inosservato: per riconoscere l’altro in verità, l’unico sguardo lungimirante resta quello dell’accoglienza, oggi come a Betlemme duemila anni fa.