Q15 libro

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BERGAMO

QUARESIMA 2015


In copertina Matthias Grunevald, Crocifissione (particolare) sul retro Resurrezione (particolare)


NEL CUORE DEL MONDO RACCOGLIERSI PER LA LODE. NELLA NOTTE CIRCONDANDOSI DI SILENZIO. ESSERE NELLA CITTÀ SENTINELLE CHE APRONO IL LIBRO PER ESSERE DISCEPOLI IN AGGUATO DI UNA PAROLA, DI UN SEGNO. SEGUIRE CRISTO E ABITARE TRA GLI UOMINI. TUTTO LASCIARE PER ACCOGLIERE IL POVERO. TENERE LA PORTA APERTA A COLUI CHE TI CERCA. POTER INTENDERE TUTTI I PECCATI E VIVERE DA FRATELLI. NELLO STRANIERO SENTIRE I TUOI PASSI CHE SI AVVICINANO. CONDIVIDERE IL SAPERE E IL PANE. NELLA DIFFERENZA TENDERE LA TUA MANO VERSO L'ALTRO. INSEGNARE AI BAMBINI CHE IN CIELO DIO SOLAMENTE È GIUDICE. VIVERE SENZA PAURA NELLA CITTÀ ATTRAVERSATA DA VIOLENZA. ABITARE UNA CASA DI PACE. TRADURRE IN PAZIENZA IL DESIDERIO DEL REGNO. COSÌ NELLA DOLCEZZA DELLO SPIRITO IL TUO GIORNO SI LEVA.

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Annunciatori della Misericordia di Dio Introduco di nuovo con piacere questo fascicolo preparato dalle ACLI di Bergamo per la prossima Quaresima. È uno strumento utile, diffuso in particolare nei luoghi di lavoro e nelle comunità, per vivere, con intensità, il periodo che abbiamo davanti durante il quale il Signore rivolge a ciascuno di noi e alle comunità l'invito “Convertiti e credi al Vangelo” per iniziare sul serio una vita nuova, segnata decisamente dall'amore. La preghiera, il digiuno e l'elemosina, sono gli esercizi spirituali che contrassegnano questo itinerario, il cui spirito ci è stato ricordato dalle parole stesse di Gesù. La manifestazione dell'amore di Dio avviene attraverso il suo radicale avvicinamento, la sua totale condivisione di una condizione umana segnata dal peccato e da una radicale povertà. Dio diventa povero per arricchirci: è il suo stile e deve essere lo stile della Chiesa e di ogni cristiano. Non basta aiutare, bisogna avvicinarsi, accogliersi, accompagnarsi. La tentazione alla quale siamo esposti e in cui spesso cadiamo è quella di pensare che lo stile di Gesù possa essere sostituito dalla ricchezza dei mezzi di cui disponiamo e dalla generosità intelligente con cui li utilizziamo, senza mettere in gioco noi stessi, senza farci coinvolgere personalmente e senza provocare altrettanta fraternità, prossimità nella vita degli altri, perché ciò divenga 'costume comunitario', cammino di chiesa. Ce lo ha ricordato papa Francesco: “Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle”. Davanti alle miserie dell'uomo e del mondo, il Papa ci invita ad aprire gli occhi e a farci annunciatori della misericordia di Dio, 4


della sua vicinanza, della sua amicizia e nello stesso tempo ci affida il compito di diventare misericordiosi, di farci vicini, di manifestare un'amicizia che riscatta e apre alla speranza. I gesti di solidarietà devono diventare espressione e insieme nutrimento di una mentalità risvegliata alle dimensioni della giustizia, della solidarietà, della bellezza che ne scaturisce, e di modi di vivere che quotidianamente realizzino questi orizzonti di speranza autentica. Si tratta non solo di rinunciare e di mettere a disposizione risorse economiche, di tempo, di competenze, ma di rinnovare i gesti quotidiani di aiuto vicendevole, di attenzione e accoglienza reciproca, proprio cominciando dalle nostre famiglie, dagli anziani e malati, dai piccoli e i poveri, dagli emarginati e i disprezzati. Non possiamo delegare a gesti eccezionali, seppur bellissimi, la costruzione di una comunità in cui ciascuno possa veramente ritrovarsi, cominciando da coloro che più concretamente rischiano di essere “scartati e dimenticati”. Si tratta di una conversione a stili e scelte di vita e non solo di un gesto nobile, ma isolato. In particolare per noi cristiani la conversione ad una carità veramente evangelica a dimensione personale e comunitaria è espressione dell'autenticità della fede in Cristo Gesù e nutre questa fede. Non possiamo pensare ad una fede separata dalla carità e neppure ad una carità separata dalla fede. Allora la nostra gioia sarà grande, non per obiettivi e risultati raggiunti, ma perché i nostri cuori e le nostre esistenze potranno assaporare la bellezza della vita buona secondo il Vangelo di Gesù, offerta ad ogni persona umana e all'intera umanità resa veramente più fraterna ed ospitale. Mons. Francesco Beschi, +Vescovo

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Questo testo nasce dalla volontà di accompagnare i cristiani durante il periodo di Quaresima. Non vuole sostituire percorsi personali o comunitari di ascolto e di confronto con la Parola: vuole solo essere l'occasione e l'invito - in modo particolare rivolto ai lavoratori - a ritagliare, nel cammino verso la Pasqua, un tempo di riflessione e di preghiera. L'articolazione del volume è semplice. All'inizio di tutte le settimane è proposto il testo di un “maestro” nella fede che accompagna la riflessione lungo la settimana. Ogni giorno sono presentati due brevi passi biblici presi dalla liturgia eucaristica. Di venerdì, la traccia, simile a quella degli altri giorni, è solo un po' più abbondante. Dove è condivisa da più persone, questo potrebbe essere lo schema dell'incontro: segno di Croce, recita dell'Inno, lettura dei testi e della meditazione preparata appositamente per questo libretto da Il mercoledì delle ceneri e i venerdì di quaresima, per quanti lavorano a Bergamo, vi è la possibilità di partecipare alla preghiera comune che si terrà, presso la Chiesa delle Grazie, dalle 13.30 alle 14.00. Di domenica, sono offerte alcune brevi meditazioni di rilettura della Parola del giorno da parte di don Cristiano Re, Direttore dell’Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Bergamo mentre il testo di inizio Quaresima è di Luigino Bruni, economista, quello del Mercoledi delle Ceneri di don Tonino Bello e per il giorno di Pasqua di mons. Pierangelo Sequeri. Durante i venerdi di quaresima viene offerto un itinerario spirituale attorno ad alcune parole chiave della vicenda umana scritto dai coniugi Maria Grazia e Umberto Bovani. Con i loro tre figli vivono dal 1998 al Santuario di S.Antonio a Boves (Cuneo). Lì hanno dato vita ad un Centro di spiritualità domestica ispirandosi alla spiritualità e alla pedagogia ignaziana (per info: www.santantonioboves.it). Entrambi insegnanti (lui di Lettere, lei di Disegno e storia dell’arte), sono referenti dei Gesuiti d’Italia per la famiglia. A tutti loro va il nostro più sentito ringraziamento. Grazie a Carmen Cremaschi, Federica Fenili, Carlo Fusari, Daniele Villa. Un grazie particolare ad Antonia Semperboni. Ha coordinato Daniele Rocchetti 6


Luigino Bruni

Tre parole per ripartire. In tempo di Quaresima La Quaresima ha anche una natura civile, che ci si svela subito se leggiamo le sue "parole" alla luce di questa fase cruciale della nostra vita pubblica. Parole che si articolano e vanno a formare un vero e proprio messaggio di cambiamento di rotta, di conversione. La prima parola è pentimento, una parola estranea alla nostra cultura, eppure fondamentale per poter ricominciare davvero dopo ogni crisi personale e collettiva. Dopo aver fatto errori, soprattutto se gravi e collettivi, per poter ripartire spediti nel viaggio c'è bisogno, prima, di pentirsi, perché se manca la coscienza di aver sbagliato, non si riesce a ritrovare la strada per riprendere il cammino. La prima espressione di ogni pentimento è provare dolore, rincrescimento e rammarico per aver fatto cose non buone, che hanno procurato del male a se stessi e soprattutto agli altri. Di cose non buone, e gravi, ne abbiamo viste tante in questi anni di crisi, e ne stiamo vedendo ancora troppe. Ma non si vedono né intravedono pentimenti nei leader della finanza speculativa, nella cultura del top management di grandi 7


aziende e banche, né in grossa parte della nostra classe politica. Senza pentimenti civili, accompagnati come in tutti i pentimenti veri da qualche gesto, non avremo la forza di ripartire. Per questi errori e peccati civili ed economici, i (necessarissimi) processi nelle aule dei tribunali non possono esaurire i riti di pentimento, scuse e magari di riconciliazione. Quando un manager di una grande banca o azienda commette dei reati, c'è bisogno di qualcosa di più della sentenza dei tribunali (quando arriva): ci sarebbe bisogno che queste istituzioni che hanno tradito fiducia e speranze di azionisti e dell'intero Paese sapessero pentirsi, chiedere scusa e perdono alla gente. La riparazione e la restituzione del codice civile e penale sono troppo povere per questi reati che feriscono i codici simbolici ed etici delle comunità. La seconda parola è umiltà. Una virtù fondamentale per la buona vita, una parola totalmente fuori corso in una cultura che premia gli "io" ipertrofici, e non ha più occhi per apprezzare la virtù dell'umiltà. Umiltà viene da terra, da quell'humus che è radice ad un tempo di umiltà (humilitas) e di uomo (homo), una ricchezza semantica che si ritrova anche nella lingua ebraica, dove uomo e terra sono chiamati adam e adamah. L'umiltà è una delle parole fondanti l'umano, perché ci dice che le cose grandi nella vita sono tali perché piccole, perché sono un di meno, un diminuire, perché sono polvere e terra. Questo antico legame umiltà-uomo-terra ci ricorda che l'umiltà è virtù quando nasce dall'aver toccato polvere, terra,

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cenere: si diventa veramente umili, e veramente uomini, quando si cade, si sente la terra e la polvere, e poi ci si rialza. È questa l'umiltà di Giobbe, ma anche quella di chi lavora e conosce la terra, quella di chi, di fronte a una montagna o a un sasso, fa l'esperienza della propria infinita piccolezza, e da quel contatto con la terra riscopre anche la propria dignità infinita. Non ci si umilia da soli (questo è narcisismo), ma sono gli altri, la vita, la terra e la povere a umiliarci, e poi possono farci ricominciare migliori il cammino. I fallimenti, individuali, economici, politici, di questi anni possono diventare un'occasione per migliorare, ma occorre, prima, voler fare l'esperienza dell'umiltà, che è del tutto assente da tutti i programmi, le promesse e soprattutto dai toni di questi tristi e tesi giorni pre-elettorali. La terza parola è digiuno. Il nostro secolo ha l'ossessione delle diete, ma non conosce più il digiuno, perché il digiuno non è faccenda di calorie o di dimagrimenti, ma ha a che fare con un altro cardine della buona vita: la temperanza. Il digiuno è educazione dei desideri, delle passioni, del cuore, dello spirito, dell'intelligenza. Il digiuno e la temperanza per essere apprezzati e poi coltivati hanno bisogno di persone capaci di vedere dei valori in cose che si chiamano limite, moderazione, sobrietà. In realtà se guardiamo bene la nostra gente, oltre gli spettacoli televisivi, ci accorgiamo che sono sempre più le persone che vivono vite temperate, che attribuiscono valore al limite (nell'uso delle risorse, del tempo, del lavoro, dei pro-

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fitti, nel consumo), che moderano i propri bisogni, che li arricchiscono diminuendoli. Ne incontro tanti, e ogni giorno di più, ma non se ne parla nella sfera pubblica, perché non fanno audience e si ritiene che non portino voti. La civiltà che ci ha preceduto era scandita dai digiuni, perché l'asprezza della vita era sostenibile solo educando passioni, intelligenza e volontà: la povertà può diventare, ed è diventata, vita buona e degna solo se accompagnata dai digiuni, che moltiplicano il valore del poco cibo e della festa dei poveri. È anche la mancanza della "cultura della Quaresima" che sta decretando da noi la "morte del carnevale" (e il boom di Halloween, che è il suo opposto), che è stato davvero sentito e vissuto finché lo precedevano e attendevano i digiuni di cibo e di festa. Il digiuno, infine, alimenta e rafforza, non riduce, la voglia di vivere, la generatività della vita: non a caso la grande filosofia greca aveva indicato in Penia (indigenza, mancanza) il genitore di Eros. Ogni creatività, dall'arte alla famiglia all'impresa, richiede il desiderio di ciò che non si ha o non si è ancora. La radice di ogni vera crisi è lo spegnersi del desiderio del non ancora.

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Una settimana con… Monsignor Oscar

Romero

Sarebbe bello che chi ha qualcosa distribuisse, e dividesse come fratello, come compagno di mendicità del povero. Tu sei un mendicante. Anche io sono un mendicante; perché ciò che possiedo Dio me lo ha prestato. Nell'ora della morte dovrò restituirlo tutto. Questo è quello che predica la Chiesa: che Dio ha dato a tutti perché tutti avessimo potuto fare del mondo, creato da Dio per la felicità di tutti, un'anteprima del regno dei cieli. E noi cristiani che viviamo la speranza di questo cielo, viviamo sperando di potercelo guadagnare, compiendo la giustizia e l'amore su questa terra.

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MERCOLEDI 18 FEBBRAIO 2015 Mercoledì delle Ceneri Gl 2,12-18; Sal 50; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Aspergimi con rami d'issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Dal Salmo 50

State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Matteo 6,1-2 Questa è la chiesa che voglio. Una chiesa che non conta sui privilegi ed il valore delle cose terrene. Una chiesa sempre più slegata dalle cose terrene, umane, per poterle giudicare con maggior libertà dalla sua prospettiva che è quella del Vangelo, dalla sua povertà. Monsignor Oscar Romero 14


Dalla testa ai piedi Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi. Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno da mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala. Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la chiesa affida alla cenere e all'acqua, più che alle parole. Non c'è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”. È difficile, per esempio, sottrarsi all'urto di quella cenere. Benchè leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un'autentica martellata quel richiamo all'unica cosa che conta:“Convertiti e credi al Vangelo”. Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d'ulivo benedetti nell'ultima domenica delle palme. Se no, le allusioni all'impegno per la pace, all'accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione. Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti 15


terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato. Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell'acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l'abbiamo “udita con gli occhi”, pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benchè articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l'offertorio di un piede, il lavarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio. Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate. Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell'attesa di Cristo? “Una tantum” per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni! Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua. La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnere l'ardore, mettiamoci alla ricerca dell'acqua da versare sui piedi degli altri. Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa. Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi. don Tonino Bello 16


GIOVEDI 19 FEBBRAIO 2015 Dt 30,15-20; Sal 1; Lc 9,22-25

Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Deuteronomio 30,15-16

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?» Luca 9,23-25 La parola resta. E questa è la grande consolazione di chi predica. La mia voce scomparirà, ma la mia parola, che è Cristo, resterà nei cuori di quanti lo avranno voluto accogliere. Monsignor Oscar Romero

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VENERDI 20 FEBBRAIO 2015 Is 58,1-9a; Sal 50; Mt 9,14-15

INNO Sempre cantiam al rifiorir del giorno, onnipotente Dio, le Tue lodi: sei fonte di bontà, Tu, sommo bene, e misericordioso nel perdono. Con cuore aperto e colmo di fiducia, dinanzi a Te, Signore, ci prostriamo: allora l'umiltà diviene luce, la via alla Verità a noi dischiude. Nel nostro nulla solo in Te speriamo, in Te la vita è nella sua pienezza: la doni a noi per sempre nel Tuo Figlio, che nel Suo grande amore S'è immolato. Rifioriranno in Lui tutte le cose, nel giorno della luce e della gloria; verrà quel giorno, lo celebreremo, un canto nuovo allora canteremo.

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La parola del Signore È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Isaia 58,5.7-8

Gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno». Matteo 9,14-15

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Per la riflessione personale

Il percorso che qui proponiamo si articola in sei riflessioni. Il tema affrontato è quello della relazione con l'altro, inteso come altro da noi, che può essere il compagno di vita, lo sposo, l'amico o colui che neanche conosciamo ma che per le diverse situazioni che la vita ci pone di fronte, troviamo sulla nostra strada. Forse ricordiamo che il filosofo francese J.P. Sartre definì l'altro come il suo inferno. Noi crediamo, non per teoria ma perché la vita insegna, che l'altro può essere l'inferno se non cogliamo l'opportunità che l'altro ci porge. Una opportunità che possiamo liberamente cogliere o rifiutare. A volte è scelta scomoda, difficile, forse anche un po' contro la nostra disposizione naturale, ma se la nostra volontà, sostenuta dalla Grazia, riesce a spuntarla nella lotta contro le nostre resistenze e chiusure, l'altro ci può aprire a degli orizzonti inediti e sorprendenti. Provare per credere…verrebbe da dire. Buone riflessioni.

Al principio Con quale modalità ci avviciniamo all'altro? Distrattamente o consapevoli dell'importanza di entrare in relazione con una presenza che ci interpella? Spesso le nostre relazioni sono come compromesse dall'incapacità a disporsi positivamente verso l'altro e questo determina insofferenza, incapacità di ascolto e chiusura. La disposizione verso l'altro non nasce dal nulla, va costruita attraverso una positiva vigilanza facendo memoria, sempre e continua20


mente, di quanto nella vita le relazioni con l'altro sono costitutive della mia identità e quindi esperienze irrinunciabili. Ogni relazione ha un proprio principio e un proprio fondamento che la determina, il problema sta nel riconoscerli e nel ricordarseli continuamente. Senza questo riferimento non può esserci né movimento, né crescita, né evoluzione positiva della nostra vita. Ricordarci che esistiamo come soggetti in relazione grazie a scelte inscritte dentro delle relazioni, accadimenti, situazioni relazionali che la vita ci ha presentato, vuol dire svolgere un'azione illuminante nella linea della memoria, cioè nella linea di non disperdere una storia che permane nella sua preziosità almeno fino a quando siamo capaci di ricordarla. Disporci quindi positivamente verso l'altro vuol dire fare memoria di quei sentimenti che ci hanno accompagnati nel principio e che ora possono essere fondamento della nostra storia. Pensiamo quante volte ci troviamo in questo vicolo cieco: ci sembra impossibile trovare con l'altro (qualunque altro sia) un accordo, un'alleanza, spesso anche su questioni molto importanti che riguardano scelte lavorative, educative, esistenziali. Se insieme all'altro, dentro la relazione che progressivamente abbiamo costruito a piccoli passi, riusciamo a mantenere viva la consapevolezza di ciò che ci ha determinato, il principio e il fondamento che ci ha permesso di sceglierci nella relazione, tutto diventa più facile. Fare memoria della nostra storia è un atto creativo perché ci fa intravedere che l'oggi ha senso solo se sappiamo viverlo attraverso ciò che l'ha determinato. Dovremmo ogni tanto fare questo esercizio d'immaginazione: cosa rimane se togliamo tutto ciò che non è essenziale? Proviamo a metterci alla prova dovendo tenere solo due, tre cose, non di più. Forse, osiamo immaginare, rimane l'esperienza stessa delle relazioni nella sua più radicale verità. 21


Per riuscire a fare questo è importante darci dei tempi e delle modalità affinché l'essenziale, l'irrinunciabile, il principio e il fondamento non siano sottratti alla nostra consapevolezza. Crediamo che la nostra storia di vita si giochi in buona parte sulla qualità delle nostre relazioni. Serve lasciarsi attraversare da relazioni essenziali, gratuite e liberanti, che facciano germogliare concrete rappresentazioni di una pratica dell'amore possibile, praticabile, credibile. Relazioni semplici e vere che dicano una sola cosa: che contemplare la bellezza dell'incontro con l'altro è possibile e che la vita è il luogo nel quale tale evento può e deve accadere.

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Dalla tradizione religiosa cristiana. Un nuovo giorno di vita ci è offerto, possiamo seguirti, Signore, dove oggi sarai. Nei sogni di pace, nel cuore degli uomini, nelle forme di bellezza, nei cuori assetati di te. Nella dimora segreta del cuore, nella voce intima che indica la via. Negli alberi, nel vento, nell'acqua perenne, nella terra, nella luce, nella roccia inflessibile. Nella luce del giorno, nella vita ardente, nel lavoro intenso, nella calma delle soste. Nell'incontro dell'amico, nelle domande di amore, nei cuori che si spogliano di sé. In questa casa che è tua, educa le nostre mani in opere giuste, nutri di verità la nostra parola. In questa casa che è tua, apri i nostri occhi alla bellezza, le nostre orecchie alla sapienza. Aiuta il cuore ad amarti di più, a sentire in te, pellegrino senza frontiere, la nostra vera terra.

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Padre Nostro Orazione. Signore noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare la tua Parola, in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa' tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella tua Parola letta ma non accolta, meditata ma non amata, pregata ma non custodita, contemplata ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua Parola sarà rinnovamento dell'alleanza e comunione con te e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen

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SABATO 21 FEBBRAIO 2015 Is 58,9b-14; Sal 85; Lc 5,27-32

Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini; tieni unito il mio cuore, perché tema il tuo nome. Ti loderò, Signore, mio Dio, con tutto il cuore e darò gloria al tuo nome per sempre, perché grande con me è la tua misericordia: hai liberato la mia vita dal profondo degli inferi. Dal Salmo 85

Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Luca 5,29-32 Fratelli, non valutiamo la chiesa per quantità della gente, né valutiamola per edifici materiali. Ciò che importa siete voi, le persone, i cuori, la grazia di Dio che ridà la verità e la vita di Dio. Non valutatevi per la moltitudine, ma per la sincerità del cuore con cui seguite questa verità e questa grazia del nostro Divino Redentore. Monsignor Oscar Romero

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DOMENICA 22 FEBBRAIO 2015 I Domenica di Quaresima Gen 9,8-15; Sal 24; 1Pt 3,18-22; Mc 1,12-15

Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza; io spero in te tutto il giorno. Ricòrdati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre. I peccati della mia giovinezza e le mie ribellioni, non li ricordare: ricòrdati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. Dal Salmo 24

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Marco 1,12-15 La Chiesa predica la sua liberazione come l'abbiamo studiata oggi nella Sacra Bibbia. Una liberazione che mette, al di sopra di tutto, il rispetto alla dignità della persona, la salvezza del bene comune della gente e la trascendenza che guarda innanzitutto a Dio e solo da Dio ricava la sua speranza e la sua forza. Monsignor Oscar Romero

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Trasformare in giardino persino il deserto Lo spirito ci prende per mano e ci porta dentro allo spazio del deserto perché nei nostri cuori diventino vere le potenti parole di Dio. Perché prendendo posto nelle file dei piccoli uomini che hanno sempre bisogno di convertirsi alla loro vera umanità possiamo ritrovarci spalla a spalla con Gesù… Anche lui con un passo lento, al nostro passo. Anche lui figlio come noi, condotto nel tempo che è fatto anche della prova, nella solitudine dei tramonti della nostra storia. Anche lui nel luogo del fraintendimento e dei possibili sbagli. Come era accaduto al popolo, come era accaduto ai padri, ai profeti, agli uomini del prima e del poi. Senza sconti, senza scavalcare la fila, senza fare il raccomandato, senza gli amici degli amici, uomo fino in fondo. Per questo la sua parola non è come quella degli scribi. Eh, sì! Perché la parola ha bisogno di carne, di portare la passione sulla pelle, per dire con forza che esiste un'alternativa. Non è scontato servire Dio. Non è l'unica possibilità. Non è scritto una volta per tutte cosa significhi servirlo. E se persino lui sente il fascino, se anche lui deve scegliere, allora nessun uomo, nessuna comunità può sentirsi esente dallo specchio della tentazione. È un paradigma la vicenda della tentazione nel deserto perché non è dato annunciare la prossimità di Dio (il regno di Dio è vicino) se non dopo 27


l'esperienza tutta umana dell'aver attraversato il deserto della prova. Come ogni figlio anche Il Figlio è chiamato a verificare ciò che c'era nel suo cuore. Anche il figlio è sedotto da chi porta distante dallo stile di Dio. Anche lui tentato di fare come se Dio non fosse. E la tentazione non è dei 40 giorni soltanto, la tentazione è silenziosa e potente compagno di viaggio di tutta una vita: tentato dal potere, lui che era venuto per servire; tentato dal successo che fa seguito ai segni compiuti; tentato di abbassare il tiro della sua proposta quanto gli verrà rimproverato che il suo è un linguaggio duro lontano dai facili consensi; tentato di costringere gli uomini a credergli; tentato dalla fuga quando il morso dell'abbandono, del tradimento e del fallimento stringono tanto da soffocare l'esistenza. Chi vuol essere figlio affidato alle mani del Padre deve continuamente ridirselo, continuamente dare credito al vangelo in un cammino che passo passo, incontro dopo incontro, gli restituisce quello sguardo dentro al quale Dio si è ritrovato il giorno del suo sogno su di lui. Entrando nel deserto con il Figlio impariamo a stare a contatto con le bestie selvatiche. Le fiere ci sono, non vengono annientate, ma chi è figlio impara a starci accanto. Senza fuggire, con addosso la promessa che il male riconosciuto e dominato può trasformare in giardino persino il deserto. Trasformare un luogo dove a regnare non è più la paura. È l'esperienza del deserto che ti permette di misurarti con la storia, quella che è, non ricercando improbabili tempi e luoghi protetti ma i luoghi e i tempi veri, quelli dove sei chiamato a vivere tu, quelli che hanno la 28


faccia e i racconti delle persone che sono con te, quelli che la vita consegna al tuo cammino, quelli che ti chiedono di abitare un tempo laico, percorrendo le strade di una regione che non ha i confini delle sicure regole prestabilite, di chi la pensa come te e per questo ti dà sempre ragione. E proprio quando tutto sembra smentire il regno di Dio che si fa vicino al luogo, proprio allora il Figlio osa annunciare che il tempo è compiuto e Dio si è avvicinato a te. La presenza e la vicinanza di Dio viene annunciata da chi avendo imparato la libertà di stare in ogni luogo e con tutti sceglie di stare nelle contraddizioni della storia, rinunciando a tane e a nidi di sicurezza. Troppa storia criticata dalla comunità cristiana, ma anche troppa storia non assunta dalla comunità cristiana. Marco riporta un verbo che è tutto un programma per il figlio di Dio come per i suoi discepoli: stare.

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Una settimana con… Chiara Lubich T'ho trovato in tanti luoghi, Signore! T'ho sentito palpitare nel silenzio altissimo d'una chiesetta alpina, nella penombra del tabernacolo di una cattedrale vuota, nel respiro unanime d'una folla che ti ama e riempie le arcate della tua chiesa di canti e d'amore. T'ho trovato nella gioia, ti ho parlato al di là del firmamento stellato, mentre a sera, in silenzio, tornando dal lavoro a casa. Ti cerco e spesso ti trovo. Ma dove sempre ti trovo è nel dolore. Un dolore un qualsiasi dolore è come il suono della campanella che chiama la sposa di Dio alla preghiera. Quando l'ombra della croce appare, l'anima si raccoglie nel tabernacolo del suo intimo e scordando il tintinnio della campana ti «vede» e ti parla. Sei Tu che mi vieni a visitare. Sono io che ti rispondo: «Eccomi Signore, te voglio, te ho voluto». E in quest'incontro l'anima non sente il dolore, ma è come inebriata del tuo amore: soffusa di te, impregnata di te: io in te, tu in me, affinché siamo uno.

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LUNEDI 23 FEBBRAIO 2015 Lv 19,1-2.11-18; Sal 18; Mt 25,31-46

Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore. Levitico 19,17-18

Il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?’’ E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”. Matteo, 25,34-37.40 Misericordia: accogliere l'altro così come è, non come vorremmo che fosse, con un carattere diverso, con le nostre stesse idee politiche, le nostre convinzioni religiose, e senza quei difetti o quei modi di fare che tanto ci urtano. No, occorre dilatare il cuore e renderlo capace di accogliere tutti nella loro diversità, nei loro limiti e miserie. Chiara Lubich 32


MARTEDI 24 FEBBRAIO 2015 Is 55,10-11; Sal 33; Mt 6,7-15

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. Isaia, 55,10-11

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Matteo 6,9-13 Ogni prossimo, che incontriamo nella giornata, amiamolo così. Immaginiamo di essere nella sua situazione e trattiamolo come vorremmo esser trattati noi al posto suo. E così con tutti senza discriminazione alcuna fra simpatico e antipatico, fra giovane e anziano, fra amico e nemico, fra compatriota e straniero, fra bello e brutto... Il Vangelo intende tutti. Una giornata così spesa vale una vita. E alla sera non riconosceremo più noi stessi. Una gioia mai provata ci inonderà. Una forza ci investirà. Dio sarà con noi, perché è con coloro che amano. Chiara Lubich 33


MERCOLEDI 25 FEBBRAIO 2015 Gn 3,1-10; Sal 50; Lc 11,29-32

Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va' a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Giona 3,1-5.10

Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione». Luca 11,29-30 Dio non ci chiede di essere perfetti lavoratori, o perfetti predicatori, o perfette persone di preghiera, ma perfetti nell'amore. Chiara Lubich

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GIOVEDI 26 FEBBRAIO 2015 Ester 4,17n.p.r.; Sal 137; Mt 7,7-12

Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da' a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Ester 4,17r

Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Matteo 7,7-11 È venerdì santo ogni giorno. Guardando il telegiornale, davanti al susseguirsi di uccisioni e attentati, in quelle immagini di violenza disumane, nel grido di quelle sofferenze, risuona il grido di abbandono che Gesù ha lanciato al Padre sulla croce. È un grido che non è rimasto senza risposta. Gesù non è rimasto nel baratro di quell'infinita sofferenza, ma, con uno sforzo immane e inimmaginabile si è riabbandonato al Padre, superando quell'immenso dolore ed ha riportato così gli uomini in seno al Padre e nel reciproco abbraccio. Chiara Lubich

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VENERDI 27 FEBBRAIO 2015 Ez 18,21-28; Sal 129; Mt 5,20-26

INNO Rinati dalla luce figli del giorno Signore a te veniamo nel mattino la tua parola dissipa le ombre e libera dal male il nostro spirito. O Padre della gloria Dio vivente la tua luce splenda ai nostri occhi da' a noi l'ereditĂ da te promessa in Cristo figlio tuo primogenito. Nel giorno in cui creasti Adamo dal fango l'hai ricreato in Cristo sulla croce noi contempliamo l'albero di vita ormai non piĂš vietato dal tuo angelo. Onore e gloria a te o Padre del cielo per mezzo di GesĂš il salvatore nel dono di ogni luce il santo Spirito che vive eternamente per i secoli.

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La parola del Signore Spera l'anima mia, attendo la sua parola. L'anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all'aurora. Più che le sentinelle l'aurora, Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione. Dal Salmo 129

Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: «Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna». Matteo 5,20-22

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Per la riflessione personale

Il plurale Il tempo storico che viviamo ci dà questa opportunità: pensare le questioni fondamentali della vita ripartendo dalle radici, non dando nulla per scontato o acquisito in modo definitivo. Oggi le cose non sono acquisiti perché qualcuno garantisce per esse. Le verità passano attraverso delle esperienze, magari anche negative, ma comunque esperienze che su molte cose autorizzano una competenza. Noi crediamo che l'idea di vivere in forma plurale arricchisca la nostra vita. E questa crediamo che sia una verità che molti sperimentano nella loro vita. Un'esperienza, un'idea che in realtà parte da una semplice constatazione: non siamo soli al mondo, non c'è solo l'io individuale, siamo un plurale e anche molto variegato. Crediamo che questa “elementare constatazione” può dare identità, perché l'identità più vera e profonda dell'uno è resa più piena ed esclusiva dalla presenza dell'altro. La pluralità non è un dato accessorio della vita ma un elemento costitutivo e tutto è generato da una consapevolezza: quella di prendere atto di una presenza che ci educa alla prossimità. L'essere individui in forma plurale va contemplato. Con colma, in tempi propizi, con atti semplici che dicano una presa di coscienza. Nulla accade nella fretta e nella disattenzione. Se facciamo questo sforzo, perché sia chiaro in gioco c'è anche e soprattutto la nostra volontà, allora prendere atto che la nostra vita si gioca in buona parte sulla qualità delle nostre relazioni con l'altro ci può condurre 38


a prospettive assolutamente inedite e importanti per la nostra vita, aprendoci ad uno sguardo che dilata i confini, conducendoci oltre il nostro individualismo che causa, come ben sappiamo, gran parte dei nostri malanni. L'identità plurale è all'origine della vita stessa e ci piace pensarlo come uno spazio ampio, fluido e complesso di alto valore umano e insieme spirituale. Dentro questo spazio ci è dato di guardare alla verità di noi stessi ma anche di avvicinarci al mistero di un Dio che si racconta nella discrezione attenta di una relazione fatta di silenzi, sguardi, operosità. L'esperienza spirituale d'altra parte consiste proprio nel fare esperienza di una relazione dove il trascendente si rende comprensibile ed evidente nell'umanità di una complessa relazione di vicinanza e di intimità. Quella di un Padre in relazione al Figlio e quella di un Figlio in relazione con il Padre. La vita spirituale assume un orientamento e un senso proprio quando moltiplichiamo la nostra capacità di percepirci dentro un' umanità che non si esaurisce nel singolare. Una consapevolezza questa che è da alimentare continuamente soprattutto in relazione ad un tempo che muta. Ma per fare questo dobbiamo trovare delle opportunità, nella vita civile così come in quella ecclesiale, per poter testimoniare il valore della pluralità, cioè il valore inscritto in un'intimità relazionale assolutamente possibile da spendere nella vita, ridando valore e bellezza alla normalità della vita umana.

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Dalla tradizione religiosa universale. Tutto sfuma nel tempo, e tutto passa: i gusti, i segni, i simboli e la paura che ci induce a fare. Tutto si fa nel tempo, e con il tempo tutto si disfa. Unico rimane il colloquio dell'anima con Dio. Non ha spessore e quasi non ha senso, non ha legami e quasi non s'avverte, ma per me è l'Universo, se per simbolo e per parole, e segno, e simulacro ha l'amore per Dio. Preghiera Sufi

Padre nostro Orazione. Signore nostro Dio, con la morte e resurrezione del tuo Figlio, un'alba nuova si leva all'orizzonte degli uomini e può giungere il giorno atteso. Allora la morte sarà vinta e la speranza sgorgherà dal cuore; allora la vita, più forte di ogni sofferenza, potrà sbocciare e i nostri volti saranno trasfigurati dalla gioia della tua presenza. Noi ti rendiamo grazie, Signore nostro Dio, per la vita che sarà. Amen.

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SABATO 28 FEBBRAIO 2015 Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48

Siano stabili le mie vie nel custodire i tuoi decreti. Non dovrò allora vergognarmi, se avrò considerato tutti i tuoi comandi. Ti loderò con cuore sincero, quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi. Voglio osservare i tuoi decreti: non abbandonarmi mai. Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Osservando la tua parola. Dal Salmo 118

Avete inteso che fu detto: «Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico». Ma io vi dico: «amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?». Matteo 5,43-44.47 Perciò, mi raccomando a voi, perché i giovani sono sempre i più generosi. Forse hanno pochi soldi, ma molte idee e altrettanta generosità. E sono pronti a dare anche la vita per le idee grandi. Andate avanti, carissimi giovani, con piena sicurezza. Andate avanti con perseveranza. Con le vostre azioni illuminate e con la vostra fede splendete dinanzi all'umanità che trascina spesso la propria esistenza nella mediocrità e nel non senso, e dimostrate come ogni disunità si può evitare ed ogni unità costruire. Dite a chiare note che quest'ideale non è un'utopia. Che anzi solo chi ha grandi ideali fa la storia. Chiara Lubich

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DOMENICA 1 MARZO 2015 II Domenica di Quaresima Gen 22,1-2.9a.10-13.15-18; Sal 115; Rm 8,31b-34 Mc 9,2-10

L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». Genesi 22,15-18

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». Marco 9,2-4.7 Quando si parla d'amore, Signore, forse gli uomini pensano ad una cosa sempre uguale. Ma quanto è vario l’amore! Ricordo che quando t'ho incontrato non mi preoccupavo d'amarti. Forse perché eri Tu che mi hai incontrato e Tu stesso pensavi a riempire il mio cuore. Ricordo che alle volte ero tutta fiamma, anche se il fardello della mia umanità mi dava 43


noia e avevo l'impressione di trascinare il peso. Allora, giĂ d'allora per grazia tua, capivo un po' chi ero io e chi Tu, vedendo quella fiamma come un dono tuo. Poi mi hai indicato una via per trovarti. ÂŤSotto la croce, sotto ogni croce - mi dicevi - ci sono io. Abbracciala e mi troveraiÂť. Me l'hai detto molte volte e non ricordo le argomentazioni che adducevi. So che mi hai convinta. Chiara Lubich

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Condotti sul monte Dopo la sosta nel deserto, quella sul monte. Se nel deserto si è entrati presi per mano dallo spirito, sul monte si è condotti (li condusse) dallo stesso Signore Gesù. Gesù decide di condurre Pietro, Giacomo e Giovanni lì. Tappa obbligata per la comprensione del cammino che fa essere figli e discepoli. La sosta non è il tempio e neppure la sinagoga. La sosta è sul monte alto: un luogo non ufficiale, un luogo dove sono ammessi e riconosciuti linguaggi diversi, un luogo dove la realtà può essere letta da un altro punto di vita e si è messi in grado di vedere e ascoltare ciò che altrimenti sarebbe impossibile. Luogo altro, il monte, luoghi altri quelli verso i quali siamo condotti anche oggi, ancora oggi. Sul monte Gesù è in mezzo, tra legge e profezia; il cammino del figlio Gesù ha avuto bisogno anch'esso di esser illuminato da ciò di cui il popolo disponeva, la legge e i profeti, appunto. E ancora una volta il figlio di Dio entra nel cammino del popolo nutrendosi di ciò che aveva alimentato i passi dei suoi fratelli nel difficile passaggio verso la libertà. Cammino umanissimo il suo, limitato, bisognoso di chiarificazioni, di attingere continuamente al sogno e alla promessa che le cose di tutti i giorni sembrano offuscare. Si è condotti sul monte per “intravedere” di più di un'esperienza di superficiale solidarietà con la vita. Sul monte non si è condotti per apprendere un nuovo comportamento né tantomeno per ricevere istruzioni su 45


ciò che ci attenderà. Sul monte Gesù conduce i discepoli per essere fisicamente coinvolti nella sua stessa esperienza… Persino con il loro corpo, cioè con tutta la loro persona. Non si muove un passo, infatti, dietro di lui se non per una passione che abita in ogni cuore, una passione che lascia segni nella tua carne e permette di intuire i tracciati delle proprie scelte. Breve l'evento sul monte; quanto accade li non può essere trattenuto. Il monte restituisce al quotidiano, dove si rimane soli con lui, la capacità di assumere in prima persona quel cammino di verità che l'esperienza della passione chiederà di intraprendere. Per la fedeltà alla passione che abita il suo cuore Gesù scopre sul monte ciò che lo attende. Da Mosè e da Elia apprende la fedeltà che non viene mai meno. Caro il prezzo di questa fedeltà. Se il Figlio sul monte apprende cosa tocca a lui, non diverso sarà per i figli. Dal monte infatti si portano nel cuore una domanda: cosa toccherà a noi? E non è dato parlarne se non dopo essersi personalmente confrontati con ciò che chiederà a noi di esprimere la fedeltà che non si può vendere. Non prima. Mai prima. L'unica cosa che si può fare è chiedersi cosa significhi, qui, ora, per me, per noi, risuscitare dai morti. Fatto di Chiesa questo interrogarsi reciprocamente. Fatto troppo presto dimenticato, ripiegati come siamo su altri registri che nulla hanno a che spartire con l'esperienza del monte. Si esprime la comune appartenenza alla Chiesa quando ci si ritrova a individuare inediti sentieri di fedeltà alla storia sull'esempio di quanto appreso sul monte. Potranno parlare dell'esperienza di luce lì goduta solo quando con 46


la propria carne avranno percepito cosa significa aver dato credito al sogno di risurrezione perseguito da Gesù e da tanti altri insieme a lui. Non si dà trasfigurazione della storia se non per aver acconsentito a un coinvolgimento della fede come un qualcosa che ha bruciato non solo le labbra (Isaia 6,6) ma la tua stessa vita, la continuità della stessa relazione con Dio fino a sentirne addirittura la lontananza e l'assenza. Come Abramo. Come il Figlio. Non a caso ripetiamo con il salmista: ho creduto anche quando dicevo: sono troppo infelice. Un corpo di carne narra la trasformazione della storia, non già uno dei tanti progetti elaborati ai nostri tavoli o certezze sbandierate da un cristianesimo di maniera. La possibilità di cambiare il corso della storia dipende proprio da quanto lasciamo che la carne parli della passione che attraversava il cuore. E ancora più eloquente questo, quando la carne traspare in tutta la sua povertà e nudità. Ci accorgiamo che lo splendido e faticoso tempo che stiamo vivendo è senz'altro una rinnovata occasione per lasciarci condurre sul monte e lasciar affiorare la domanda che vale il prezzo di una esistenza: cosa toccherà a me? Cosa toccherà a noi?

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Una settimana con… Don Oreste Benzi Soprattutto le masse giovanili non le avremo mai più con noi, se non ci mettiamo con loro per rivoluzionare il mondo e far spazio dentro. Ma il vento è favorevole, perché il cuore dei giovani, ve lo dico, oggi batte per Cristo. Però ci vuole chi senta quel battito, chi li organizzi e li porti avanti in una maniera meravigliosa.

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LUNEDI 2 MARZO 2015 Dn 9,4b-10; Sal 78; Lc 6,36-38

Aiutaci, o Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome; liberaci e perdona i nostri peccati a motivo del tuo nome. Perché le genti dovrebbero dire: «Dov'è il loro Dio?». Si conosca tra le genti, sotto i nostri occhi, la vendetta per il sangue versato dei tuoi servi. Giunga fino a te il gemito dei prigionieri; con la grandezza del tuo braccio salva i condannati a morte. E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo, ti renderemo grazie per sempre; di generazione in generazione narreremo la tua lode. Dal Salmo 78

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio. Luca 6,36-38 Sappiate essere sregolati, sappiate correre come le lucciole nei campi: siate liberi. Vedrete che finalmente chi incontrerete gioirà, crederà e benedirà Dio. Proclamate la vostra sete di unità in questo mondo che è divorato dall'assenteismo, dalla negazione. Abbiate questa fantasia perché la storia si vive nella concretezza dei fatti. Don Oreste Benzi 50


MARTEDI 3 MARZO 2015 Is 1,10.16-20; Sal 49; Mt 23,1-12

Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova». Isaia 1,16-17

Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente». Matteo 23,1-7 La gioia di una presenza. Stava in piedi, in fondo alla chiesa.Teneva gli occhi fissi verso il tabernacolo. Un prete gli chiese «Che cosa fai?». «Io lo guardo e Lui mi guarda». Si tratta della preghiera della semplicità. Non ci sono più le parole.Tutta la persona é permeata dalla presenza.Tutta la vita esprime questa presenza. Don Oreste Benzi 51


MERCOLEDI 4 MARZO 2015 Ger 18,18-20; Sal 30; Mt 20,17-28

Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira. Geremia 18,19-20

Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Matteo 20,20-23 La condizione che Dio pone per perdonare i nostri peccati è che prima noi perdoniamo al nostro prossimo il male che ci è stato fatto. Sarà proprio la fiducia e l'amore che tu dai, la fraternità che tu doni gratuitamente amando per primo... che travolgerà tutto e porterà i cieli nuovi, la nuova terra. Don Oreste Benzi 52


GIOVEDI 5 MARZO 2015 Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31

Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Dal Salmo 1

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti’’. Luca 16,22-25 L'uomo ormai conosce tutto, sa di tutto, vede tutto, ma non sa il perché! L'uomo non é il perché di se stesso. Se l'uomo non risponde a questo "perché", presto o tardi si distruggerà. Non può infatti vivere se non trova il perché del vivere e del morire. Cercando il perché si deve morire, si scopre il motivo del perché occorre vivere. Don Oresti Benzi 53


VENERDI 6 MARZO 2015 Gen 37,3-4.12-13a 17b-28; Sal 104; Mt 21,33-43.45-46

INNO Ascolta Signore del mondo la terra che geme in silenzio la chiesa che sempre fedele ti prega nel mezzo del giorno. Tu sai il mistero del tempo e quando finisce la storia, risveglia l'attesa dei cuori, fedeli all'oggi di Dio. Completa ogni nostro lavoro dĂ senso a ogni esistenza bellezza diffondi sul mondo Autore di tutto il creato.

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La parola del Signore Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi, stirpe di Abramo, suo servo, figli di Giacobbe, suo eletto. È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Dal Salmo 104

Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Matteo 21,42-43

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Per la riflessione personale

Il desiderio di amare Ogni relazione vera è una relazione d'amore. Per questo motivo nella vita intrecciamo un'infinità di relazioni, certo solo alcune profonde e significative, ma nella giusta proporzione ogni relazione è una ricerca nella direzione dell'amore. Chi di noi non desidera amare? Come un richiamo che alberga nel profondo di noi, il desiderio di amare conosce esclusivamente le regole illogiche del cuore. Il problema sta nel mettere nella pratica della vita ordinaria le aspettative e le attese che l'amore porta normalmente con sé. Il desiderio d'amore è inscritto in noi come bisogno ma nonostante questo va continuamente scelto. Senza l'opzione della scelta, che liberamente ci è affidata, il desiderio d'amore non è amministrabile perché l'amore ha un prezzo e questo si quantifica nella nostra volontà di fare, per scelta, qualche passo indietro per consentire la creazione di uno spazio dentro il quale si possa incontrare l'altro. Uno spazio dove è possibile vivere una vicinanza, una prossimità che dia volto reale e praticabile al desiderio d'amore. “Essere innamorati è uno stato, amare è un atto. Si subisce uno stato ma si decide un atto” diceva il buon De Rougemont ed è proprio così perché è la presenza dell'altro che trasforma il bisogno in desiderio, facendo diventare esperienza vissuta un qualcosa che altrimenti potrebbe rimanere solo in una dimensione funzionale. Il desiderio d'amore ci apre quindi ad una forma di conoscenza di 56


noi stessi orientata a dirci per quello che siamo. In questo senso il desiderio d'amore è un atto rivelativo perché smaschera, tira fuori e dice verità su di noi che in altra modalità sarebbe impossibile smascherare. Il desiderio d'amore ci muove anche verso la passione. Pensiamo l'ambivalenza di questo termine. Per un verso richiama l'ardore, la forza, la vita, un qualcosa di profondo, di intimo e di incontrollabile. Ma per un altro aspetto richiama la sofferenza, il dolore, la privazione. Il punto di contatto tra le due prospettive (di fatto complementari come ben ci insegna la letteratura amorosa di ogni tempo dal mito di Amore e Psiche a quello di Tristano e Isotta fino all'amore di Fermina e Florentino nel romanzo di Marquez) sta nella condizione di passività alla quale ci richiama l'azione dell'amore. Il desiderio dell'amore in buona parte si subisce e a questo bisogna “rassegnarsi” perché l'amore ci precede e precedendoci è chiaro che dobbiamo anche subirlo, perché viene prima di noi e sopravvivrà a noi. Il desiderio d'amore quindi ci ricorda che ciò che ci abita va comunque scelto tanto quanto va cercato e che la passione che riconosciamo in noi è buona nella misura in cui ci apre alla donazione, alla disponibilità e alla gratuità.

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Dalla tradizione religiosa universale. È il mio Dio, è vivo il mio redentore, la mia roccia, la mia sorte nel tempo dell'angoscia, la mia insegna e il mio rifugio, il calice che ho in sorte nel giorno in cui invoco. Nella sua mano affido il mio spirito, quando dormo e quando mi sveglio, non solo lo spirito ma anche il mio corpo: il Signore è con me, non ho timore. Preghiera dalla liturgia ebraica Padre nostro Orazione. Padre celeste, insegnaci a camminare alla tua presenza tranquillamente e senza imbarazzo; aiutaci a non dimenticare mai che da quando hai inviato il tuo figlio Gesù a percorrere la nostra terra e a piantare la sua tenda tra noi,Tu ci permetti di essere suoi discepoli e sue discepole e ci inviti a seguirlo per la via che ha percorso. Non è una via facile ma Tu ci hai promesso di darci energie, coraggio, perseveranza. Amen.

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SABATO 7 MARZO 2015 Mi 7,14-15.18-20; Sal 102; Lc 15,1-3.11-32 Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza. Dal Salmo 102

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Luca 15,11-12.14.17-20 Egli ci conosce perché ci ama. Il suo amore non viene mai meno. Noi vediamo solo limiti in noi mentre Dio vede in noi le cose preziose. Don Oresti Benzi

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DOMENICA 8 MARZO 2015 III Domenica di Quaresima Es 20,1-17; Sal 18; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25

Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. 1Corinzi 1,22-25

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Giovanni 2,18-22

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Il luogo di Dio Dopo la sosta nel deserto e quella sul monte, i nostri passi sono mossi verso il tempio. Qui incontriamo il volto di Gesù che non è affatto tenero. Siamo poco abituati a questo Gesù indignato. Un comportamento, il suo, non certo causato da sbalzo di umore o dalla pazienza che si perde, come magari può accadere a ciascuno di noi. La reazione è causata dall'altissimo rischio di ieri e di sempre che il rapporto con Dio sia ridotto a mercato. Che Dio diventi una realtà in vendita, concesso o ceduto alle mani del miglior offerente; e di conseguenza che egli diventi inaccessibile per chi non dispone di un serio budget. Vivere il rapporto con Dio in questi termini significa non essere stati capaci di comprendere il segno che è Gesù, un segno povero, ma ugualmente potente nella trasparenza del messaggio. È il segno di un Dio che offre alleanza nella prossimità, che ristabilisce comunione. E tutto questo non per questioni di merito, o di tornaconti devoti, ma nell'ordine del dono, del rimetterci in prima persona e non solo per conto terzi. Siamo messi di fronte al grande sogno di Dio: quello di ristabilire una comunione che è andata corrompendosi, un'alleanza incrinata. E Dio lo fa attraverso l'unico verbo che egli 61


sa coniugare, quello del dono. “Ha tanto amato il mondo da dare…”. Al linguaggio di Dio non appartengono parole come vendere e comprare, ma una parola ben diversa: donare. La nostra esperienza di persone piccole e povere, continuamente ci dice quanto sia impari stare di fronte ad uno che dona e che chiede soltanto che questo dono venga accolto e non anzitutto ricambiato e divenga così il dono da fare, il diventare dono. E ci sta così stretta questa esperienza che tutta la storia degli uomini non ha fatto altro che pensare il modo per poter pareggiare i conti. Ed ecco allora che la casa del Padre, segno per eccellenza della gratuità di Dio, dove tu non sei accolto per le tue capacità, i tuoi meriti, le tue benemerenze o titoli, ma perché sei amato, si riduce ad uno scambio di cose. Hai fatto questi gesti, hai detto queste parole, hai dato questa offerta, hai adempiuto il precetto, importa poco se tutto ciò era senz'anima, hai assolto il tuo debito con Dio, hai comprato Dio. Ci da sempre una sensazione di sicurezza restare dentro al piccolo gioco dell'essere convinti che dando qualcosa si ha qualcosa d'altro in cambio. Meccanismo giusto per qualche pezzo della nostra vita ma non certamente per tutto, per le cose importanti. E smettiamola anche di ripeterci che queste cose noi le sappiamo già, se poi continuamente, nelle cose di tutti i giorni poi ci caschiamo. Quel Dio desideroso di comunione, di alleanza, di essere il Dio con noi, diventa una presenza da tirare fuori all'occor62


renza. Perciò può starsene rinchiuso in un luogo in cui so di poterlo incontrare. Il tempio è una struttura perenne nella storia di ogni popolo che permette di dividere lo spazio ma anche la società in due parti: quello sacro e quello profano e quello sacro, ovviamente, in quanto destinato al rapporto con Dio, vale più di ogni altro. I conti tornano solo fino a quando Gesù viene a sostituire il tempio con il suo corpo. Al tempio sostituisce l'uomo. Ecco la novità, ecco qual è il luogo di Dio. Non c'è uno spazio sacro accanto a quello profano.Da qui l'indignazione di Gesù, contro quell'idea di voler fissare Dio e le cose di Dio ad un prezzo, quello stabilito dai gestori del tempio. La fede non è riducibile esclusivamente al santuario, e se è vero che il dio della religione necessita di un tempio e di un culto, il Padre, per essere tale, ha bisogno di figli che gli assomiglino. L'essere somiglianti al suo amore è l'unico culto che il Padre chiede. Ecco la Parola di oggi: non esiste un luogo o un tempo che possa trattenere e circoscrivere la presenza di Dio. Il tempio nel quale ci raduniamo per la preghiera ci ricorda sempre questa volontà da parte di Dio di abitare in mezzo a noi. È un segno e come tale rimanda e indica una realtà altra da cui non distogliere mai lo sguardo: la nostra carne. Così ha scelto di porre la sua tenda fra le nostre case. Ha assunto la nostra condizione di uomini e la nostra carne è diventata il suo tempio.

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Una settimana con… Etty Hillesum Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l'oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani - ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch'esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: (…) tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi.

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LUNEDI 9 MARZO 2015 2Re 5,1-15a; Sal 41 e 42; Lc 4,24-30

L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?». Questo io ricordo e l'anima mia si strugge: avanzavo tra la folla, la precedevo fino alla casa di Dio, fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. Dal Salmo 42

In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Luca 4,24-26.29-30 Hai cercato Dio dappertutto, in ogni cuore umano che ti si è aperto....e dappertutto hai trovato un pezzetto di lui. Non hai mai rinunciato a questo, potevi essere così impaziente nelle cose piccole, ma in quelle grandi eri così paziente, così infinitamente paziente. Etty Hillesum 66


MARTEDI 10 MARZO 2015 Dn 3,25.34-43; Sal 24; Mt 18,21-35

Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Daniele 3,34-36

Il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?” Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello. Matteo 18,32-35 È proprio l'unica possibilità che abbiamo, non vedo alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in sé stesso ciò per cui ritiene di dovere distruggere gli altri. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza avere prima fatto la nostra parte dentro di noi. Dobbiamo cercare in noi stessi e non altrove. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale. Etty Hillesum

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MERCOLEDI 11 MARZO 2015 Dt 4,1.5-9; Sal 147; Mt 5,17-19

Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. Deuteronomio 4,1.9

Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Matteo 5,17-18 Vorrei tanto potere trasmettere ai tempi futuri tutta l'umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie esperienze quotidiane. L'unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di preparare fin d'ora noi stessi. In qualche modo mi sento leggera, senz'alcuna amarezza e con tanta forza e amore.Vorrei tanto vivere per aiutare e preparare questi tempi nuovi: verranno di certo, non sento forse che stanno crescendo in me, ogni giorno? Etty Hillesum

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GIOVEDI 12 MARZO 2015 Ger 7,23-28; Sal 94; Lc 11,14-23

Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Nella sua mano sono gli abissi della terra sono sue le vette dei monti. Suo è il mare, è lui che l'ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra. È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! Dal Salmo 94

Se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Luca 11,16-20 Basta che esista una sola persona degna di essere chiamata tale da poter credere negli uomini, nell’umanità. È un problema attuale: il grande odio per i tedeschi che ci avvelena l’animo. Ed ecco che improvvisamente è spuntato il pensiero liberatorio, simile a un esitante giovanissimo stelo in un deserto d’erbacce: se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero. Etty Hillesum 69


VENERDI 13 MARZO 2015 Os 14,2-10; Sal 80; Mc 12,28b-34

INNO Di fuoco il cielo si tinge e l'aurora va risvegliando la terra assopita: danza sul mondo la luce, l'oscura insidia dilegui. Svaniscano i foschi fantasmi notturni, ogni impuro pensiero si dissolva; la colpa, che striscia nell'ombra, fugga percossa dai raggi del sole. Oh! Presto sorga l'alba lucente che porrĂ fine alla storia: noi l'attendiamo in preghiera, mentre il mattino risuona di canti! A te, Padre, sia gloria e all'unico tuo Figlio con lo Spirito santo nei secoli infiniti.

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La parola del Signore Ascolta, popolo mio: contro di te voglio testimoniare. Israele, se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto salire dal paese d'Egitto: apri la tua bocca, la voglio riempire. Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti! Dal Salmo 80

Si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è altro comandamento più grande di questi». Marco 12,28-31

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Per la riflessione personale

Sulla fedeltà Non è facile parlare di fedeltà, ce ne rendiamo conto. Pochi vogliono sentirne parlare. È un tema decisamente impopolare e sarebbe interessare approfondire le ragioni che stanno dietro questa difficoltà. Al richiamo dell'amore tutti rispondiamo positivamente, mentre la sola parola fedeltà spesso crea imbarazzo, diffidenza e anche qualche perplessità. Potremmo dire che a proposito della fedeltà tutti siamo contrariati tra un desiderio di stabilità e insieme una paura del legame, del vincolo indissolubile… E questo non solo verso le persone. I dati statistici ci dicono qualcosa che fa pensare: su dieci matrimoni o unioni che falliscono otto hanno come causa il venir meno della fedeltà. Questo dato, che può essere interpretato in diverse direzioni, rende comunque evidente che la fedeltà, al di là di qualsiasi buon proposito, è un elemento costitutivo della vita e sostanzia le nostre relazioni. Perché la fedeltà viene messa alla prova non solo verso l'amato o l'amata ma anche nelle molteplici relazioni che contraddistinguono la nostra vita, pensiamo le relazioni amicali. Quante volte siamo infedeli verso le persone che sono più vicine a noi per scelta. Crediamo che la fedeltà non sia iscritta naturalmente in noi (almeno non in tutti allo stesso modo) bisogna lavorarci sopra, costruirla spesso con fatica e anche con un tempo sufficientemente ampio. È proprio questo impegno che la fedeltà rivendica, e che spesso è ignorato o trascurato, che determina problemi e situazioni pesanti nelle nostre relazioni. 72


La prima cosa concreta da fare per operare a favore della fedeltà è andare oltre l'idea che bastano buoni propositi, valori morali acquisiti per tradizione o buone raccomandazioni (nel senso di consigli…) per essere fedeli. In realtà la fedeltà è opera di memoria, cioè opera di difesa e di custodia di ciò che ha generato un evento, un incontro, una scelta, una storia d'amore, un'amicizia. Quindi riguarda direttamente un vissuto, una storia, perché qualsiasi azione di convincimento fuori dalla verità della vita è inutile. Fedeltà e memoria sono strettamente legate insieme. Possiamo perdere il senso del “da dove veniamo”? Sicuramente no. Possiamo perdere la consapevolezza della nostra storia personale e le ragioni profonde che ci definiscono nella nostra identità? Senza fedeltà alla storia che ci ha generato non sappiamo cosa e come scegliere e quindi, di conseguenza, ogni scelta a favore della fedeltà è precaria. Per scegliere dobbiamo sapere a cosa rimanere fedeli nella memoria di quello che siamo. Possiamo forse dire che la fedeltà si pone sul piano opposto alla fuga; la fedeltà è un rimanere per osare ed andare fino in fondo e poter così comprendere le ragioni di una scelta attraverso la sua esclusività, perché l'avventura della vita sta tutta lì: non fuggire ma osare su una responsabilità assunta e promessa. La fedeltà permette una scelta esclusiva che proprio nella sua selettività ci obbliga a capire cosa vogliamo veramente e quindi per cosa siamo disposti a giocarci fino in fondo. La fedeltà è nella linea della crescita perché ciò che fa la differenza, ben lo sappiamo, è ciò che non svanisce nell'arco di un'emozione ma al contrario ciò che si radica nella profondità della nostra chiara ed illuminante consapevolezza.

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Dalla tradizione religiosa cristiana. Coltiva e custodisci la tenerezza, che sempre sa cogliere la fragilità di ciò che esiste e svela la sorprendente freschezza della vita. Coltiva e custodisci il coraggio di fare col poco che hai, estraendo con pazienza, anche dai tuoi fiori più amari, cera e miele. Coltiva e custodisci lo Spirito, la quiete, la forza e il cammino indicato dal balzo del cuore. Coltiva e custodisci l'amore dentro la casa, oltre la prigionia delle cose. Sia immutabile e forte, vegliata e curata la tua sorgente profonda. Coltiva e custodisci la fiducia, quando il dolore ti rende indifeso come un innamorato. La tua vita resti una benedizione anche nei momenti in cui non puoi benedire. Fraternità Romena

Padre Nostro. Orazione. Signore, noi sappiamo che tu non ci abbandoni, ma la paura è che siamo noi ad abbandonarti, siamo noi che rompiamo con facilità i ponti con la tua parola. Intervieni a restituire il linguaggio degli uomini con semplicità purezza e fiducia: il rispetto della parola, la distinzione tra la tua e le nostre parole, l'umiltà di dire in carità quello che si pensa e poi il coraggio di confessare tutti i nostri errori. Amen.

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SABATO 14 MARZO 2015 Os 6,1-6; Sal 50; Lc 18,9-14

Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti. Osea 6,4-6

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Luca 18,9-11.13-14 Una volta che si comincia a camminare con Dio, si continua semplicemente a camminare e la vita diventa un'unica, lunga passeggiata. Etty Hillesum 76


DOMENICA 15 MARZO 2015 IV Domenica di Quaresima 2Cr 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre, perché là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, allegre canzoni, i nostri oppressori: «Cantateci canti di Sion!». Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Dal Salmo 136

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Giovanni 3,16-17 Un barlume di eternità filtra sempre più nelle mie piccole azioni e percezioni quotidiane. Io non sono sola nella mia stanchezza, malattia, tristezza, o paura, ma sono insieme con milioni di persone, di tanti secoli. La forza autentica, primaria, consiste in ciò, che se anche all'ultimo si sente che la vita è bella e ricca di significato, che si è realizzato tutto quanto in noi stessi e che la vita era buona Ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all'ultimo respiro: allora il mio successore non dovrà più ricominciare tutto da capo, e con tanta fatica. Non è anche questa un'azione per i posteri? Etty Hillesum 77


Capaci di uno sguardo I passi del nostro cammino incrociano un compagno di viaggio, Nicodemo, insieme al quale veniamo invitati a fare nostra una sapienza altra, un diverso modo di vivere le cose. Nel cuore della notte, nel buio, al maestro Nicodemo il maestro Gesù dice quello che nessun manuale di teologia aveva mai contenuto, lo costringe ad uscire dalla sua abitudine di pensare a Dio come oggetto di studio e motivo di ricerca. No, dice Gesù, l'amore di Dio comprende tutta la vita dell'uomo, compresa la tragedia di una vita spezzata: bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Il maestro Nicodemo fatica a capire il maestro Gesù. Come è possibile? Non è possibile! Noi sappiamo… replica Nicodemo a Gesù. Da che mondo è mondo le cose non vanno così. Non rientra nell'ordine delle cose che Dio abbia amato il mondo così tanto da dare il suo Figlio unigenito. Eppure si, proprio nel cuore di un dramma, Dio offre nuove opportunità, regala il non scontato. Non si rassegna, questo Dio, alla piega che prende la storia, non si scoraggia di fronte al no dell'uomo dentro al suo esilio, qualunque esso sia. E così anche lo spazio dell'amarezza può diventare il luogo in cui comprendere l'essere cari al Signore, tempo in cui avvertire un diverso modo di prendersi cura. E in questo rovesciato disegno di Dio persino un re pagano diviene lo strumento attraverso il quale Israele può tornare nella terra del dono di Dio. Impedimenti umani che diventano canali per gustare nuova vita; croci divenute alberi di vita. Ecco la 78


sapienza della croce che oggi ci è chiesto di vivere. Quale la tenebra da riconoscere e da attraversare? Quale morte come singoli e come comunità siamo chiamati ad assumere perché possiamo assaporare il gusto di una nuova vita? Ci guardiamo in giro anche di questi giorni e ci sembra impossibile credere a ciò che vediamo soprattutto quando porta i segni di una solenne smentita delle cose che abbiamo sempre ritenuto importanti, forse troppo chiare per essere messe in discussione. Forse anche Israele pensava così quando gli era chiesto di credere che si sarebbe salvato grazie ad un serpente di bronzo: credere che Dio si riveli proprio attraverso ciò che immediatamente suona come la sua negazione. Dio consegna un tesoro che non ha paura di essere contenuto in vasi di creta quali possono essere gli uomini di tutti i tempi. Anzi, proprio quando il vaso di creta si rompe il tesoro appare in tutto il suo splendore. Splendido e disarmate il paradosso cristiano. La fede è lo sguardo che salva dice Simone Weil. La fede libera da una visione delle cose senza orizzonti, gretta, angusta, avvelenata. A salvarci non è uno sguardo che progetta la sua vita in funzione di una storia di equilibri di potere, nel piccolo delle nostre relazioni come nelle dinamiche dei grandi sistemi, ma quello di chi mette la sua vita a disposizione perché altri vivano. Vide che era cosa buona… Dio ha tanto amato da dare… Abbiamo bisogno di uomini e donne capaci di questo sguardo, uomini e donne che amino tutto ciò che sta nel loro sguardo. Il non distogliere lo sguardo da una situazione che immediatamente sa di drammatico, è ciò che ci permette di diventare sentinelle di una nuova aurora. Come insegnano le donne durante la passione: le prime a gustare l'annuncio della Pasqua.

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Una settimana con… Don Lorenzo Milani Ora io sedevo davanti ai miei ragazzi nella duplice veste di maestro e di sacerdote e loro mi guardavano sdegnati e appassionati. Un sacerdote che ingiuria un carcerato ha sempre torto.Tanto più se ingiuria chi è in carcere per un ideale. Non avevo bisogno di far notare queste cose ai miei ragazzi. Le avevano già intuite. E avevano anche intuito che ero ormai impegnato a dar loro una lezione di vita. Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all'ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande «I care». È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. «Me ne importa, mi sta a cuore». È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego».

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LUNEDI 16 MARZO 2015 Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia. Dal Salmo 29

Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Vive. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Giovanni 4,46-51 Ho badato ad accettare in silenzio perché volevo pagare i miei debiti con Dio, quelli che voi non conoscete. E Dio invece mi ha indebitato ancora di più: mi ha fatto accogliere dai poveri, mi ha avvolto nel loro affetto: mi ha dato una famiglia grande, misericordiosa, legata a me da tenerissimi e insieme elevatissimi legami. Don Lorenzo Milani 82


MARTEDI 17 MARZO 2015 Ez 47,1-9.12; Sal 45; Gv 5,1-16

Dio è per noi rifugio e fortezza, aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, se vacillano i monti nel fondo del mare. Fremano, si gonfino le sue acque, si scuotano i monti per i suoi flutti. Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, la più santa delle dimore dell'Altissimo. Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare. Dio la soccorre allo spuntare dell'alba. Dal Salmo 45

Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all'istante quell'uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all'uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Giovanni 5,8-11 Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. Don Lorenzo Milani 83


MERCOLEDI 18 MARZO 2015 Is 49,8-15; Sal 144; Gv 5,17-30

Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Isaia 49,13-15

In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l'ora - ed è questa - in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. Giovanni 5,24-27 Il mastro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. Don Lorenzo Milani

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GIOVEDI 19 MARZO 2015 S. Giuseppe Sposo della B.V. Maria 2Sam 7,4-5a.12-14a.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22 Mt 1,16.18-21.24 opp Lc 2,41-51

Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà, perché ho detto: «È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà». «Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo. Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono». Dal Salmo 88

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Matteo 1,16-18 Occorre avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono sovrani, per cui l'obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni; che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto. Don Lorenzo Milani

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VENERDI 20 MARZO 2015 Sap 2,1a.12-22; Sal 33; Gv 7,1-2.10.25-30

INNO Signore della vita che vieni a noi dall'alto tu guidi i nostri passi dall'ombra al tuo splendore. Stranieri nel deserto Chiamati a un'altra terra Gli sguardi noi fissiamo Al giorno che tu sai. A te noi ci affidiamo In questo nostro errare Un giorno noi vedremo Il volto che cerchiamo. Davanti a noi appari O nube luminosa I nostri passi guida Al santo tuo tempio Lo Spirito in noi preghi GesĂš Signore nostro PerchĂŠ ti diamo lode Nei secoli infiniti.

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La parola del Signore Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. Dal Salmo 33

Intanto alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Giovanni 7,25-29

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Per la riflessione personale

Discernere Oggi il discernimento vive un tempo di grande interesse, non solo perché Papa Francesco non perde occasione per ricordare che la sua vita spirituale affonda le sue radici nella pratica del discernimento, ma anche perché si è intuito che tutti, indistintamente, anche oltre una prospettiva di fede, pratichiamo il discernimento, e questo per la semplice ragione che volontariamente o involontariamente tutti siamo chiamati nella vita a scegliere. Il discernimento è una pratica pedagogica perché ci educa ad avvertire per risvegliare la coscienza, a conoscere per mettere tutto di noi (intelligenza, intuito, pensiero, fantasia) a servizio di una percezione profonda e personale della realtà, a trattenere o respingere per sperimentare che la nostra vita sta all'interno di un regime di libertà e di misura e che le cose cambiano se noi contribuiamo al cambiamento. Dentro questa prospettiva generale ci interessa però evidenziare che non esiste discernimento senza una relazione che ponga l'altro al centro. Il discernimento infatti è parte, essenza, espressione di un evento relazionale. È parte perché le persone spesso si relazionano dopo che si sono scelte. È essenza perché dentro le relazioni maturano delle scelte che danno valore alle relazioni stesse. È espressione perché insieme ad altri si affrontano delle scelte. In questa linea, per capire meglio il legame che intercorre tra discernimento e relazioni potremmo dire che il discernimento ci educa a vivere le relazioni nella loro sostanza più vera e profonda. Una sostanza che è fatta di libertà e insieme di misura. 88


Discerno per accedere ad una condizione di libertà, per esempio non scegliendo ciò che tutti scelgono ma valutando appunto cosa va bene per me, per noi. Perché il discernimento è una pratica che va contro il rischio della omologazione. Discerno proprio perché sono libero e mi voglio o ci vogliamo mantenere in quella condizione di essere liberi di diventare noi stessi. Il discernimento è nella linea di custodire una condizione di libertà. Ma discerno anche per acquisire le giuste distanze, mettendo a fuoco le cose, le persone… Il discorso della misura è nella linea della differenziazione. Solo nella giusta misura attraverso la quale percepisco le cose allora mi è dato di comprenderle. E il discernimento è una pratica che ci aiuta a calarci nella verità delle cose, appunto paradossalmente distanziandocene. Dalle cose, ma soprattutto dalle persone, bisogna assumere le giuste distanze: non troppo vicini, non troppo lontani. Troppo vicini le relazioni perdono i propri contorni, si sgranano, si confondono. Troppo lontani non c'è più relazione perché non si sentono più né il respiro e né le parole dell'altro. Il discernimento è nella linea della differenziazione, ma la differenziazione è nella prospettiva della misura che dobbiamo imparare ad assumere rispetto alle cose e alle relazioni. Il discernimento è una pratica che ci fa sperimentare l'importanza dell'altro, perché in definitiva è sempre l'altro che siamo chiamati a cercare e quindi a scegliere.

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Dalla tradizione religiosa universale. Degnati di tenermi alla tua porta come tuo servo vigile e attento; mandami come messaggero per il Regno a invitare tutti alle tue nozze. Non permettere che io affondi nelle sabbie mobili della noia, non lasciarmi intristire nell'egoismo, in pareti strette, senza cielo aperto. Svegliami, se m'addormento nel dubbio e sotto la coltre della distrazione; cercami, se mi perdo nelle molte strade tra grattacieli e inutili cose. Non permettere che io pieghi il mio cuore all'onda violenta dei molti: tienimi alta la testa, orgoglioso di essere tuo servo. Preghiera induista

Padre nostro Orazione. O Dio onnipotente e Santo, volgi su di noi il tuo volto di luce. Preservaci dalla falsa pietĂ , dalla religione senza cuore, dal cancro dell'ipocrisia. Non ci capiti mai di lasciarci tentare e di fare cose per essere ammirati dagli uomini. La nostra pietĂ sia fondata su una fede forte e vera, su una profonda esperienza del tuo mistero buono, sull'amore appassionato per te e per il prossimo. Rendici generosi verso i piĂš poveri, liberaci di fronte al denaro e ai beni di questo mondo, felici di condividere quanto possediamo. Facci dono della preghiera sincera e profonda, che ci introduce nella tua santa realtĂ e ci fa percepire i tuoi stessi desideri. Amen.

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SABATO 21 MARZO 2015 Ger 11,18-20; Sal 7; Gv 7,40-53

Sorgi, Signore, nella tua ira, àlzati contro la furia dei miei avversari, svégliati, mio Dio, emetti un giudizio! L'assemblea dei popoli ti circonda: ritorna dall'alto a dominarla! Il Signore giudica i popoli. Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia, secondo l'innocenza che è in me. Renderò grazie al Signore per la sua giustizia e canterò il nome di Dio, l'Altissimo. Dal Salmo 7

All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Giovanni 7,40-46 Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, non è vero che non ho debiti verso di voi. L'ho scritto per dar forza al discorso! Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto. Don Lorenzo Milani 91


DOMENICA 22 MARZO 2015 V Domenica di Quaresima Ger 31,31-34; Sal 50; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33

Verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Geremia 31,31-33

Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». Giovanni 12,23-25 Con la parola alla gente non gli si fa nulla. Sul piano divino ci vuole la grazia e sul piano umano ci vuole l’esempio. Don Lorenzo Milani

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Per entrare nella Pasqua Con l'avvicinarsi della Pasqua, Gesù si preoccupa di introdurci nel senso di questa festa, quasi senta il rischio permanente e trasversale ad ogni generazione di credenti, di non cogliere il messaggio profondo che sta dentro. Era accaduto anche a quei greci che erano saliti a Gerusalemme che nella loro sincerità e schiettezza, avevano chiesto di voler vedere il Signore. Domanda sincera ma superficiale la loro, legata a un Signore che da poco era entrato osannato dalla folla nella città santa e che aveva compiuto segni prodigiosi come quello di Lazzaro. Tutti, davanti a cose del genere sentirebbero nascere la tensione e il desiderio di voler vedere il Signore. E non si smette mai di volere che il nostro Signore esibisca segni di potenza che mettano apposto le cose, che ci facciano capire una volta per tutte chi sta sopra e chi sta sotto, che ci indichi dove e come stare una volta per tutte. Accade soprattutto quando la realtà sembra smentire il senso, la plausibilità e l'opportunità della fede. In fondo tanti di noi tornano spesso e volentieri alla nostalgia di un cristianesimo di potenza, di prestanza. Sarebbe più facile un cristianesimo dell'evidenza e del riconoscimento piuttosto che quello del nascondimento del seme che muore perché abbondante fiorisca la vita. Ma il volto di Gesù che oggi la Parola ci consegna non è più quello dei segni prodigiosi, ma quello di colui che pur essendo Figlio imparò l'obbedienza da ciò che patì. Volto scono93


sciuto, inatteso; immagine ultima del paradosso cristiano. Ed eccoci ancora al cuore della vicenda di Dio che si giova dentro a quella dell'uomo. Storie di rifiuti e accoglienze, rincorse verso slanci di promesse e paure che chiudono occhi e stomaci. Si ritorna alla ricerca della forma e della sostanza della carne fedele. “Il cristiano è, costitutivamente, senza visione”. La fede è promessa che sostiene il cammino umanamente incerto. È solo la fede che permette di tenere dentro al nostro cuore, alla nostra testa e alle nostre mani il Figlio di Dio nell'uomo Gesù, il Risorto nel Crocifisso, la grande bellezza nella croce… il chicco di grano che deve morire. Per vedere davvero il Figlio di Dio nell'uomo Gesù bisogna essere disposti alla paura dell'annientamento, allo spavento del silenzio e del buio, persino alla disumanizzazione alla quale il dolore può condurre. Questo è ciò che è chiesto alla vita provata dell'uomo e questo è il passaggio da cogliere e attraversare per accogliere il Dio della mescolanza umana, il Dio del senza confine tra spirito e carne, tra storia ed eternità; non il prevaricare, non il rivendicare, non il costringere o sopraffare. Ecco ciò che ha a che fare con l'amore infinito. Lì si vede Dio; quando sarà innalzato. Lì e così lo si testimonia… e chissà quando lo apprenderemo come comunità cristiana? E noi ci ritroviamo così ammaestrati da Gesù circa la capacità di divenire consapevoli, come singoli e come comunità di credenti, circa i tempi e i modi in cui si attuerà la nostra consegna, la nostra disponibilità a dare la vita, anche se non senza turbamenti, paure e tentazioni, proprio come il Figlio, proprio da figli. Sì, perché la via per vedere Dio è quella di diventare seme che porta 94


frutto proprio nella misura in cui accetta di essere sepolto nella terra e morire. Per celebrare la Pasqua non c'è altra strada se non quella di nascondersi come lui, scendendo e rivivendo la parabola del chicco. Dio si manifesta là dove c'è la condivisione di una vita cha passa attraverso il dono di sé. “Dove sono io là sarà anche il mio servitore” (Gv 12,26). In una mangiatoia, in un chicco di grano che muore, in un pane spezzato, in un catino d'acqua versata, in un perdono condiviso, in un'amicizia offerta per sempre anche al traditore, in una tomba abitata per condividere la sorte dei fratelli. Per entrare nella Pasqua bisogna prima entrare nell’economia del gratuito; se si arriva a comprendere che il limite, la fragilità, la debolezza e anche la morte, sono uno dei linguaggi attraverso i quali si esprime la vita.

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Una settimana con… Sorella Maria di Campello Siamo semplicemente un cenobio fraterno, una famiglia cristiana, ossia donne che viviamo insieme come sorelle e, francescanamente, per necessità, quanto per amore: quasi tutte orfane e senza appoggio nella vita... Noi non desideriamo né guidare ritiri, né dare insegnamenti, né prestarci a qualsiasi discussione religiosa, né offrire modo a ecclesiastici di tenere conferenze presso di noi.Vivendo in semplicità di cuore e di fede offriamo all'ospite di ciò che abbiamo; la partecipazione alla preghiera, se così desidera, la mensa comune, la pace di questo luogo solitario... Né accogliendo crediamo di "far del bene"; vogliamo bene; ed è perciò che accogliamo sempre.

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LUNEDI 23 MARZO 2015 Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal 22; Gv 8,1-11

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Dal Salmo 22

«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più». Giovanni 8.3-5.7-11 Io sono riconoscente e in venerazione per la Chiesa della mia nascita e della mia famiglia, ma la chiesa del mio cuore è l'invisibile chiesa che sale alle stelle. Che non è divisa da diversità di culti, ma è formata da tutti i cercatori della verità Amare di più esige comunione totale. Un solo pane con i fratelli che cercano Crima anche con il fratello israelita, o pagano, che crede, spera, ama. Sorella Maria di Campello 98


MARTEDI 24 MARZO 2015 Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30

Io dico: mio Dio, non rapirmi a metà dei miei giorni; i tuoi anni durano di generazione in generazione. In principio tu hai fondato la terra, i cieli sono opera delle tue mani. Essi periranno, tu rimani; si logorano tutti come un vestito, come un abito tu li muterai ed essi svaniranno. Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non hanno fine. I figli dei tuoi servi avranno una dimora, la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza. Dal Salmo 101

Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Giovanni 8,21.25-27 Ogni credenza o professione religiosa d'ogni fratello m'ispira rispetto e interessamento, non in se stessa, ma perché è del fratello... Del tenermi lontana o vicina ai fratelli di diversa credenza non mi sono mai preoccupata. A me preoccupa solo il debito di amore che ho verso ogni fratello. Sorella Maria di Campello 99


MERCOLEDI 25 MARZO 2015 Annunciazione del Signore Is 7,10-14; 8,10c; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38

Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Isaia 7,10-14

Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. Luca 1,26-31 Noi preghiamo per i lontani, noi cerchiamo di renderli presenti fra noi, di penetrare col cuore nella loro vita.Vogliamo seguire con la preghiera i viandanti di terra, del mare e del cielo! Vogliamo accostarci riverenti agli oppressi, ai tormentati, agli stanchi, ai soli, cercando di crescere nella consapevolezza e nella venerazione del peso di ogni vita. Vogliamo aiutare quanto Dio ce ne dà grazia, con la vigilanza del cuore, con la preghiera incessante, con l’amore che non si stanca mai... E vogliamo partecipare alla gioia dei nostri cari, che è nostra, alla gioia di tutti; vogliamo ottenere un raggio di gioia e di speranza, e la salute e la pace. Sorella Maria di Campello

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GIOVEDI 26 MARZO 2015 Gen 17,3-9; Sal 104; Gv 8,51-59

«Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re.» Genesi 17,4-6

Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Giovanni 8,54-56 Da ogni parte gli uomini si agitano e sono impazienti. Di fronte a questa generale urgenza gli attivisti predicano azioni energiche. Pensiamo che sia ancor più pressante la necessità di sedersi, insieme se possibile, a lungo in silenzio. Se il mondo deve essere rinnovato dall'effusione dello Spirito la sola cosa necessaria è fare silenzio e ascoltarsi. Sorella Maria di Campello

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VENERDI 27 MARZO 2015 Ger 20,10-13; Sal 17; Gv 10,31-42

INNO Volgiti a noi Signore siamo ciechi sulla tua strada aprici gli occhi, dona la luce noi vedremo i tuoi prodigi. Donaci un cuore aperto ad accogliere il grido dell'uomo e nel sospiro d'ogni creatura scopriremo la preghiera. Porta i nostri passi dietro a te attraverso il deserto guidaci sempre come hai promesso troveremo la salvezza. Guarda a chi è provato e vien meno nel lungo cammino quando la notte tutto ricopre svela il volto che cerchiamo. Fa' che le nostre labbra diano lode al tuo Nome di gloria Dio vivente tre volte santo tu ci attiri al regno eterno.

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La parola del Signore Con l'uomo buono tu sei buono, con l'uomo integro tu sei integro, con l'uomo puro tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare. Perché tu salvi il popolo dei poveri, ma abbassi gli occhi dei superbi. Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre. Dal Salmo 17

Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Giovanni 10,31-33

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Per la riflessione personale

Dare alimento Nutrire l'altro di noi stessi forse può sembrare una prospettiva che compromette la nostra individualità eppure la vita a fianco dell'altro (forse spesso senza neanche averne consapevolezza) è un continuo donare noi stessi come nutrimento alla relazione. Senza questo atto donativo la relazione prima o poi tende ad inaridirsi e appassire perché è proprio questo movimento intimo, profondo, provocato dalla richiesta dell'altro di nutrirsi della nostra vita che fa la differenza. Senza questa reciproca appartenenza la relazione non esiste. La conoscenza empatica dell'altro ci è data da questa libera volontà, assunta per scelta, di diventare reciprocamente uno alimento dell'altro. Se proviamo un attimo a fermarci sul senso e sul valore intimo ed esclusivo di questa prospettiva ci può cogliere una seppur lieve vertigine. Ma non dobbiamo intimorirci questo accade normalmente in una relazione importante, se di relazione importante si tratta. Il mangiare d'altra parte nella sua sola valenza reale, è il presupposto di ogni esistenza e potremmo dire di ogni relazione. Mangiare ci porta radicalmente alla nostra esistenza primaria. Un atto, un'azione che va oltre la semplice dimensione reale nella sostanza (nutrimento… per tenersi in vita) per caricarsi di una valenza simbolica nella sostanzialità dell'essere (alimentare la vita…per vivere la vita). Il nutrire il corpo così come nutrire la relazione è sempre comunque nella linea di andare oltre l'aspetto puramente materiale, oltre il semplice soddisfacimento di un bisogno. 104


Quando il nutrimento si finalizza alla sola logica del consumare siamo destinati ad andare fuori strada. Quando si coniuga il dare da mangiare nella prospettiva della relazione con l'altro, quando c'è di mezzo concretamente un volto, allora lì si comprende fino in fondo la posta in gioco. Una sfida tra la vita e la morte, tra opportunità di ritrovarsi e possibilità di perdersi. Spesso pensiamo questa prospettiva di dare alimento alla relazione come una peculiarità della genitorialità. Ma questa idea è parziale. Se non impariamo ogni giorno nelle situazioni più diverse ad alimentare continuamente le nostre relazioni dove attingiamo per dare nutrimento ai nostri figli reali e potenziali? Esattamente ciò che accade a Sara e Abramo nel banchetto di Mamre. Dove attingono alimento Sara e Abramo per dare accoglienza e trovare così compimento al loro desiderio di avere un figlio? Di quale esperienza è impregnata quell'ospitalità? Il senso della loro ospitalità nasce esclusivamente da loro, dalla loro vita, dal loro aver sperimentato ripetutamente che la vita senza alimentare le relazioni è una vita parziale, povera e priva di futuro.

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Dalla tradizione religiosa universale. Manda il tuo Spirito sui giovani e sui vecchi, sugli uomini e sulle donne, a nord e a sud, ad est e a ovest. Infondi il tuo fuoco nel cuore, nella bocca, negli occhi, nelle manie nelle parole di ogni uomo e donna. Manda il tuo Spirito su coloro che credono, su coloro che dubitano, su coloro che amano, su coloro che sono soli. Manda il tuo Alito su coloro che costruiscono il futuro su coloro che mantengono i valori, su coloro che difendono la vita, su coloro che creano bellezza. Manda il tuo Spirito sulle case, sulle cittĂ , sul mondo, sugli uomini e sulle donne di buona volontĂ . Qui e ora, su di noi, manda il tuo Spirito perchĂŠ resti per sempre con noi.Amen. Preghiera dall'Argentina.

Padre nostro Orazione. Ti preghiamo: passa davanti a noi per guidarci, cammina al nostro fianco per accompagnarci, sii sopra di noi per proteggerci, rimani dietro di noi per dirigerci, sii sotto di noi per portarci, dimora con noi per amarci. Amen

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SABATO 28 MARZO 2015 Ez 37,21-28; Cant. Ger 31,10-12b.13; Gv 11,45-56

Ascoltate, genti, la parola del Signore, annunciatela alle isole più lontane e dite: «Chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore il suo gregge». Perché il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui. Dal Cantico di Geremia 31,10-11

«Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Giovanni 11,48-53 Più che rivoluzionare bisogna essere “rivoluzionati”. Non vi sarà riforma della Chiesa, del mondo, se ciascuno non darà l'umile necessario contributo della riforma di sé. Sorella Maria di Campello

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DOMENICA 29 MARZO 2015 Domenica delle Palme Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47

Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Filippesi 2,8-11

Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Marco 14,3-5 L'olio c'insegna a voler essere per nostri fratelli luce, alimento, conforto, medicina. Un esempio, di sincerità, di ordine, di coraggio... è una luce. Un piccolo dono, un servizio reso volentieri, una gioia insomma procurata a qualcuno accresce la sua vita, proprio come accresce vita l'alimento. Una buona parola detta a chi è nell'ira calma come la goccia d'olio che fa smettere di stridere l'ordigno arrugginito. Sorella Maria di Campello 108


La narrazione di una Passione che attraversa i cuori Questa fine era iniziata molto prima. Era iniziato tutto quando, in maniera ostinata, GesÚ aveva scelto di restituire a chiunque la voglia di vivere; quando aveva ridato speranza a chi era stato tradito dalla disperazione; quando aveva aperto varchi di luce per quelli che si erano abituati al buio. Era iniziato quando aveva dato diritto di parola e di passi condivisi alle donne; quando aveva riconosciuto possibile, bella e preziosa la fede dei pagani; quando non ci aveva pensato neppure un minuto ad avere a che fare con gli impuri; quando davanti all'evidenza di un adulterio non aveva urlato la condanna ma che ciascuno guardasse alle proprie di tenebre prima di puntare il dito su quelle altrui; quando aveva svelato la sua identità di Messia a una donnaccia e per giunta scismatica. A tutti costoro non solo aveva offerto una possibilità di riscatto ma aveva addirittura annunciato che erano i prediletti dal Padre e che non gli mancava nulla rispetto ai figli della promessa. Nel regno del Padre suo, infatti, avrebbe trovato casa anche per il ladrone dell'ultima ora. Era iniziato quando aveva rinunciato il padrone davanti una folla affamata che volentieri l'avrebbe fatto re; era iniziato quando aveva rinunciato ad essere un Messia di forza e di spettacolare evidenza come Israele se lo aspettava; era iniziato quando aveva chiesto il silenzio dopo i miracoli, silenzio sino al momento giusto, quello dopo il passaggio della passione‌ 109


amore e morte come lati della stessa medaglia. E come volete che finisse una storia simile? Non poteva andare diversamente, lo sapeva anche Gesù. L'aveva detto anche ai suoi chiedendogli di non sfuggire davanti a questa prospettiva, l'unica che può davvero parlare di un Dio che non umilia e non chiede. Senza mai tirarsi indietro, sino a Giuda, anche lui intitolato amico da Gesù. Da quando aveva narrato di Dio come di un Padre che non si dà pena finché l'ultimo dei suoi figli non sia stato tornato a casa, non sia rientrato, magari trasandato e alla sera tardi dentro alla comunione offerta e non necessariamente ricambiata. Lo sapeva che non poteva andare in altro modo. E per poter raccontare sino in fino un Dio così erano necessari i tratti della totalità del dono di se assieme a quelli del dono per tutti e ancora assieme a quelli della ostinatezza che ti rende libero e deciso tanto da far si che neppure il turbamento o l'angoscia della incomprensione abbiano la meglio. Ecco, la passione di Gesù prima che essere il racconto di eventi che ne segnano la fine fisica è narrazione di una passione che sempre ha attraversato il suo cuore. La lezione della passione è compresa da una donna. Una donna, in un ambito quotidiano e laico qual è la casa, attorno alla tavola della cena, in un clima che sa di complotto, compie verso Gesù gesti liberi da sguardi pettegoli, calcoli e pregiudizi, gesti che sanno raccogliere l'intera esistenza del Maestro. Quella donna ci dice ciò che lei ha capito dell'uomo Gesù, iniziatore di una economia che va oltre i limiti e i controllati calcoli umani. Quel profumo la donna lo versa nel segno della passione che fa dono assoluto, universale, eterno, come quello che Gesù ha fatto spezzando il vaso prezioso della sua vita senza trattenerla. 110


Noi che ogni anno rimeditiamo la sua passione vogliamo davvero provare a pensare la vita come la pensava lui, credere come credeva lui e sentiamo che queste non sono affatto parole scontate, già dette e quindi sapute, anche a noi piace di piÚ contare, il non disdegnare il potere per quanto sacro, avere la sensazione di poter essere un po padroni o comandanti sulla vita e sulla speranza altrui. In nome di una legge appunto, non di un vangelo. Questo stile di Chiesa non ha niente a che spartire con il Cristo appassionato di altro‌

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Una settimana con… Charles De Foucauld Non cercavo più i segni miracolosi o mitici della presenza di Dio. Non volevo più ragionare su di Lui, volevo conoscerlo. Cercavo il Dio di tutti i sette giorni della settimana, non il Dio della domenica. Non è stato difficile trovarlo, no! Non è stato difficile perché Lui era già là ad attendermi. E l'ho trovato. Sento la sua Presenza. La sento nella storia. La sento nel silenzio. La godo nella speranza. L'afferro nell'amore. Mi è così vicina. Mi conforta. Mi rimprovera. È il cuscino della mia intimità. Il mio tutto. 113


LUNEDI 30 MARZO 2015 Lunedì Santo Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11

«Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre». Isaia 42,6-7

Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Giovanni 12,3-5.7-8 Come non c'è fiore uguale ad altro fiore, una stella uguale ad un'altra stella, così non c'è uomo uguale ad un altro uomo. Ed essendo la preghiera il rapporto di questo uomo con Dio, tale rapporto è diverso per ciascun uomo. Non c'è quindi una preghiera uguale ad un'altra preghiera. È una parola che varia sempre, fosse anche ripetuta all'infinito con le stesse sillabe e con lo stesso tono di voce. Ciò che varia è lo spirito del Signore che l'anima; e questo non si ripete mai, è sempre nuovo. Charles De Foucauld 114


MARTEDI 31 MARZO 2015 Martedì santo Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33.36-38

In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Dal Salmo 70

Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire». Giovanni 13,31-33 Fin quando senti un contrasto tra il tuo lavoro e la tua preghiera vuol dire che non sei ancora arrivato alla contemplazione. Perché Dio non è detto che si rivela mentre sei in ginocchio, Dio può rivelarsi mentre guidi la macchina, Dio può rivelarsi mentre stai riposando o stai giocando. Se la vita contemplativa fosse solo possibile dietro le mura di un convento o nel silenzio del deserto, dovremmo, per essere giusti, dare un piccolo convento ad ogni madre di famiglia e il lusso di un po' di deserto ad un povero manovale che è obbligato a vivere nel chiasso di una città per guadagnarsi duramente il pane. Charles De Foucauld 115


MERCOLEDI 1 APRILE 2015 Mercoledì Santo Is 50,4-9; Sal 68; Mt 26,14-25

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Isaia 50,4-5

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà». Matteo 26,20-23 Avere veramente la fede, la fede che ispira tutte le azioni.Quella fede nel soprannaturale che dappertutto ci fa vedere soltanto lui, che toglie al mondo la maschera e mostra Dio in tutte le cose, che fa scomparire ogni impossibilità, che rende prive di senso parole come inquietudine, pericolo, timore, che fa camminare nella vita come un bambino attaccato alla mano della mamma. Charles De Foucauld

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GIOVEDI 2 APRILE 2015 Cena del Signore Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d'Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d'Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne». Esodo 12,3.11-12.14

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». Giovanni 13,12-15 Dio non ha fretta nel fare le cose; e il tempo è suo e non mio. Ed io, piccola creatura, uomo, sono stato chiamato da essere trasformato in Dio per partecipazione. E ciò che mi trasforma è la carità, che Dio ha infuso nel mio essere. L'amore mi trasforma lentamente in Dio. E il peccato, è proprio qui: resistere a questa trasformazione, saper e poter dire di no all'amore. Charles De Foucauld

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VENERDI 3 APRILE 2015 Passione del Signore Is 52,13-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42

INCANTESIMO DI VENERDI SANTO Eppure io sento una certezza legarmi a questo legno superstite; sento ognuno portato da questa condanna d’esistere. Anch’ Egli è dovuto tornare fra noi dal regno di morte in questo impetuoso sgorgare di sangue. E furono anzi le nostre mani, le nostre labbra, che ne hanno consumato il cadavere, a ridarGli la vita: egli ormai non può più morire. Certezza che lega perfino le pietre al loro essenziale istinto: potere d’una magìa che erompe da noi mentre un reticolato di pensieri ci esilia … (da Vivi di noi) di David Maria Turoldo 118


Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. Ebrei 4,15-16

Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», Giovanni 18,1-8

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SABATO 4 APRILE 2015 Sabato Santo - Veglia Pasquale Rm 6, 3-11; Sal 117; Mc 16, 1-7

Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto"» Marco 16, 5-7

Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato 120


una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Paolo 6, 3-11

Dio fa di me suo figlio Altro è fare una stella altro è fare un figlio. Altro è fare un fiore altro è fare un figlio. Altro è fare una libellula altro è fare un figlio. Un figlio che abbia la stessa vita sua e sia eterno, la stessa libertà e sia felice, la stessa comunicabilità e sia come lui Amore. Figlio di Dio fino al giorno della vera nascita, quando pronuncerò con perfetta coscienza "Padre mio"... e...entrare nella sua casa a titolo di figlio, non di un quadro che decora la parete; a titolo di figlio, non di un vaso di fiori; a titolo di figlio, non di un animale ignaro o assente perché incapace della conoscenza del Padre. Dio si serve del cosmo e della storia per fare l'ambiente divino della mia nascita a suo figlio. Charles De Foucauld

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Mons. Pierangelo Sequeri IMPARARE A VOLARE SOPRA GLI ABISSI DELLA STORIA «Il tragico post moderno non è più traumatico. È solo scivoloso» Quanto si deve sprofondare, prima di toccare il fondo? E poi, c’è un fondo? Il tragico post-moderno non sembra più neppure traumatico. È scivoloso. Incominciamo ad abituarci, come fossero fanghi terapeutici. («A qualcuno piace così, che male c’è?». Straordinaria apologia della libertà di inquinamento della mente collettiva. Rigorosa battaglia contro il fumo passivo, però, s’intende. Non siamo mica degli irresponsabili). Il dosato e graduale prelievo di anima al quale siamo scientificamente sottoposti, pidocchiando sulle ore di vita che abbiamo o che ci rimangono da vivere, rende il tragico - una volta drammaticamente umano, almeno etologicamente ed ecologicamente assimilabile. Le nostre più piccole frustrazioni morali sono accudite e prevenute, fin dalla più tenera infanzia: è stupido farsi sensi di colpa.Traumatico è fallire il sex-appeal del girovita. Poi la leonessa sbrana il cerbiatto - fra noi umani! - e noi guardiamo con l’occhio acquoso, come se non ci fosse un nesso. «Quello che avrete fatto al più piccolo dei vostri fratelli l’avrete fatto a me». Ecco fatto. Ecco la misura dell’altezza e dello sprofondo, in cui si mette il Figlio. Ecco la misura in cui noi siamo, non un centimetro di meno. Una volta - si fa per dire quando Dio era di tutti, e proprietà di nessuno, era più facile 122


percepire la vastità di questa appassionata alleanza del Figlio con tutti i figli che devono venire al mondo. Di questa irremovibile custodia di Dio, l’inconscio del legame sociale si nutriva, credenti e non credenti inclusi. Non fa eccezione di persona, Dio. Ma ora 'Dio' si è fatto, nel nostro debole pensiero, leggero e vago. 'Dio' è arrogantemente invitato a declinare le generalità, e assegnato di volta in volta a una razza, a una cultura, a un partito, a una cosca. Considerato di parte, messo da parte. L’acqua dello sprofondo ci è arrivata al mento.A noi adulti. Perché i cuccioli sono già sotto, tengono il respiro finché possono. Ma più sono piccoli, e meno ne hanno. La partita dell’umano non è più di squadra: il modello è uno contro tutti, ciascuno per sé. Chi ce la fa, ce la fa. Tutte le mosse sono buone. Passione dell’umano involgarita e irriconoscibile nei luoghi della politica. Tema irriso e incerto nei luoghi del sapere. Dobbiamo imparare a volare, e a solcare gli abissi, altro che storie. Il Figlio, nel suo slancio possente verso l’alto, si tuffa a morte nello sprofondo. Fino agli inferi degli inferi, dove stanno coloro che ci sono scivolati di mano sotto le acque. Nella morte di Gesù le vibrazioni della divina generazione hanno solcato ogni ferita, ogni perdutezza, in cerca della più piccola traccia di vita, avvilita dalla nostra indifferenza e separata dal suo riscatto. Il Figlio la risospinge ora verso l’alto, la restituisce teneramente e possentemente alla sua alta destinazione. In questo sommovimento, ci porta ostinatamente sopra le acque e ci restituisce alle passioni migliori della nostra storia. Ma dove sono tutti?

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DOMENICA 5 APRILE 2015 Pasqua di Risurrezione At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp 1Cor 5,6-8; Gv 20,1-9

Voi chiedete cos'è la risurrezione dei morti? io non lo so voi chiedete quando è la risurrezione dei morti? io non lo so voi chiedete c'è una risurrezione dei morti? io non lo so Io so soltanto quello che voi non chiedete: la risurrezione di coloro che amano Io so soltanto a che cosa Egli ci chiama: alla risurrezione qui e ora. Kurt Mani, poeta evangelico

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Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Atti degli Apostoli 10,37-43

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo 125


corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. Giovanni 20,1-9

Il pensare che le cose del mondo, come quelle degli astri, siano in mano a Dio - quindi in buone mani - , oltre ad essere la pura verità, è cosa che dovrebbe fare immenso piacere a chi ci tiene che le cose vadano bene. Dovrebbe essere fonte di fede serena, di speranza gioiosa e soprattutto di pace profonda. Che cosa posso temere, se il tutto è guidato e sorretto da Dio? Charles De Foucauld

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Mons. Pierangelo Sequeri

Non è come le altre, questa Pasqua. Non è come le altre, questa Pasqua. Se ci eravamo troppo assuefatti al simbolo, l'ora impone di riprendere contatto con la realtà. L'impensabile del tradimento, la coscienza dell'abbandono, il silenzio dell'innocente, sono veri. Il Risorto è vero. Se ce ne siamo dimenticati, egli mostra ai suoi, ben visibili, le ferite dell'Uomo. Il loro riscatto è vero, perché il Crocifisso le ha realmente portate. In tre giorni, tutto l'orrore e tutto l'amore possibile sono realmente accaduti. E quei tre giorni accadono anche ora: e fino all'ultimo giorno della storia. È la pura verità. A ogni tramonto del sole, proprio tra coloro che dividono lo stesso pane, Qualcuno è tradito. Ogni sera, tra il Figlio e il grembo che l'ha concepito, una lama apre il cuore. Eppure, ogni volta, il terzo giorno, accadono miracoli. Il pane della fraternità riscatta l'avvilimento dell'amore orribilmente violato nell'intimo; i figli dell'abbandono vengono strappati all'indifferenza della bestia mai sazia; nuovi legami oppongono l'ostinazione della loro fedeltà all'irrisione di coloro che si vendono anche l'anima. Sono migliaia e migliaia gli uomini e le donne che lasciano le loro cose e si mettono in cammino, il terzo giorno. 127


Indirizzati dall'Angelo di Pasqua, percorrono sentieri per lo più ignoti alle potenze mondane, portando a destinazione tutta la cura e tutto il perdono che servono. Hanno parole chiare, gesti fermi. E lo sguardo limpido, che sostiene l'incertezza e scioglie la paura. Se tra loro ci sono samaritani, pubblicani, cananei, o qualcuno che in una vita precedente fu zoppo e lebbroso, non te ne accorgi. Non è gente che si sta a crogiolare nella tradizione dei padri, per lucrarne semplice rendita di posizione o privilegio di casta. Non è gente che si limita a celebrare la paludata nostalgia di un caro ricordo. È gente che sa di essere preceduta dal Risorto. Il luogo di ricongiungimento è la stessa città in cui il Signore è stato Crocifisso. E da quel momento, ogni città è quella buona: è di lì che si ricomincia. Queste cose sono vere. Queste cose sono accadute e accadono. Nei tre giorni immensi in cui accadono, l'intera storia del mondo dentro la religione e fuori dalla religione - fronteggia il tema del suo giudizio e l'argomento del suo riscatto. L'umanesimo dell'Occidente e lo spirito del Cristianesimo non si dividano su questo. Contro il tradimento del Crocifisso si battano insieme. E non si avvilisca il popolo del terzo giorno, che ci tiene in vita. Questa Pasqua non è come le altre. È una chiamata alla realtà. La croce è vera. Il suo disincanto ci trafigge tutti, il suo riscatto è un crogiolo di passioni pure. Per tutti. La pietra del sepolcro non è un simbolo, e mai come oggi ci è sembrata pesante. Ma il gesto del Risorto, che svuota i sepolcri, non è mai stato più vero. Non dimentichiamo nulla dei tre giorni. E riapriamo il cuore alla purezza incandescente del terzo giorno. La radice greca di 'puro' è il nome del fuoco. Se volete vedere in un 128


sol colpo d'occhio l'intero racconto che va dal sangue versato di tutte le passioni del mondo fino alla purezza dell'amore che lo deve riscattare - com'è vero Dio - passando attraverso il fuoco, sostate davanti alla incredibile risurrezione di Matthias Grßnewald. L'immagine del Risorto passa attraverso tutti i colori del sangue e del fuoco, e si fa incandescente verso l'alto. Dentro l'orifiamma dell'aureola che accende l'ottavo cielo, quello che ancora non c'era, il Cristo sorride agli uomini e alle donne del terzo giorno.

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I testimoni, biografie e approfondimenti

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Monsignor Oscar Romero Oscar Romero nasce a Ciudad Barrios di El Salvador il 15 marzo 1917 da una famiglia modesta. Avviato all'età di 12 anni come apprendista presso un falegname, a 13 entra nel seminario minore di S. Miguel e poi, nel 1937, nel seminario maggiore di San Salvador, retto dai Gesuiti. All'età di 20 anni fa il suo ingresso all'Università Gregoriana a Roma dove si laurea in teologia nel 1943, un anno dopo essere stato ordinato Sacerdote. Rientrato in patria si dedica con passione all'attività pastorale come parroco e diviene presto direttore del seminario interdiocesano di San Salvador. In seguito avrà incarichi importanti come segretario della Conferenza Episcopale dell'America Centrale e di Panama. Il 24 maggio 1967 è nominato Vescovo di Tombee e solo tre anni dopo Vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di San Salvador. Nel febbraio del '77 è Vescovo dell'arcidiocesi, proprio quando nel paese infierisce la repressione sociale e politica. Sono, ormai, quotidiani gli omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico, i massacri compiuti da organizzazioni paramilitari di destra, protetti e sostenuti dal sistema politico. È il periodo in cui il generale Carlos H. Romero è proclamato vincitore, grazie a brogli elettorali, delle elezioni presidenziali. La nomina del nuovo Vescovo non desta preoccupazione: monsignor Romero appare come un conservatore e un uomo di studi, non impegnato socialmente e politicamente, ma una grande Fede di pastore non può ignorare i fatti tragici e sanguinosi che interessano la gente. Romero infatti apre un'inchiesta sul delitto del gesuita Rutilio Grande da parte dei sicari del regime e ordina la chiusura di scuole e collegi per tre 131


giorni consecutivi. Istituisce una commissione permanente in difesa dei diritti umani e nelle sue omelie, ascoltate da moltissimi parrocchiani e trasmesse dalla radio della diocesi, mette sotto accusa il potere politico e giuridico di El Salvador. Una certa Chiesa si impaurisce, allontanandosi da Romero e dipingendolo come un incitatore della lotta di classe e del socialismo. In realtà Romero non invitava alla lotta armata, ma, piuttosto, alla riflessione, alla presa di coscienza dei propri diritti e all'azione mediata, mai gonfia d'odio. Dal 1977 al 1980 si alternano i regimi ma non cessano i massacri: il 24 marzo 1980 Oscar Romero, proprio nel momento in cui sta elevando il Calice nell'Eucarestia viene assassinato. Da quel giorno la gente lo chiama, lo prega e lo invoca come San Romero d'America. La profezia di Romero si è realizzata: “Se mi uccideranno - aveva detto - risorgerò nel popolo salvadoregno”.

Per approfondire Oscar Arnulfo Romero, La violenza dell’amore. Le parole di un vescovo che muore per il suo popolo, Città Nuova, 2005 Oscar Arnulfo Romero, Diario, La Meridiana, 1990 Roberto Morozzo della Rocca, Primero dios. Vita di Oscar Romero, Mondadori, 2005

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Chiara Lubich Chiara Lubich nasce a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli. La madre è fervente cattolica, il padre socialista. Poco più che ventenne, insegna alle scuole elementari e inizia gli studi di filosofia all'Università di Venezia, spinta da un'appassionata ricerca della Verità. Durante la seconda guerra mondiale, sul crollo di ogni cosa, Chiara comprende che solo Dio resta: la sua vita si trasforma. Il 7 dicembre 1943 è la data viene considerata come l'inizio del Movimento dei Focolari. Questa sua esperienza è subito condivisa da un primo gruppo di giovani. Il 13 maggio 1944 Trento è colpita da uno dei più violenti bombardamenti. Anche casa Lubich è colpita. Mentre i familiari sfollano in montagna, Chiara decide di rimanere a Trento per non abbandonare quanto stava per nascere. Poco dopo, trova un appartamento che condivide con le sue prime compagne. Nei rifugi antiaerei portano con loro solo il Vangelo. Quelle parole si illuminano di una luce nuova. Chiara e le sue prime compagne avvertono la spinta a tradurle immediatamente in vita: condividono con i poveri tutto ciò che hanno. In piena guerra, sperimentano l’attuarsi delle promesse evangeliche: “date e vi sarà dato, chiedete e otterrete”. Di qui la convinzione che nel Vangelo vissuto ci sia la soluzione di ogni problema individuale e sociale. Dopo pochi mesi in 500 fra giovani, operai, professionisti, famiglie e religiosi, sono coinvolti in una comunione spontanea di beni materiali e spirituali, modellata sullo stile della comunità dei primi cristiani. Il vescovo di Trento, Carlo De Ferrari, afferma:“Qui c’è il dito di Dio” e dà la sua prima approvazione. Da quel piccolo gruppo, nasce e si diffonde un movimen133


to di rinnovamento spirituale e sociale chiamato Movimento dei Focolari.Via via Chiara da vita a diramazioni “specializzate”, che si rivelano strumenti per portare l’unità nei vari strati della società: per le nuove generazioni, le famiglie, per agire nel sociale, e nella Chiesa. Nel campo del dialogo ecumenico e interreligioso è molto importante l'opera di Chiara, che stabilisce rapporti personali e ricevette l’incoraggiamento dei leaders delle diverse Chiese. Nel 1996 Chiara riceve il Premio Unesco per l’Educazione alla Pace e nel 1998 il Premio europeo dei Diritti dell’Uomo. Inoltre le vengono conferite cittadinanze onorarie da molte città, come Buenos Aires, Roma, Firenze,Torino, Milano. Il 14 marzo si spegne serenamente nella sua abitazione a Rocca di Papa all’età di 88 anni. Al suo funerale nella Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, tra le migliaia di persone, ci sono numerose personalità politiche di vari partiti, rappresentanti delle diverse religioni e delle diverse Chiese e di Movimenti cattolici. Papa Benedetto XVI, in un telegramma, ha espressioni di gratitudine per "le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso di lei e per la testimonianza della sua esistenza spesa in ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo".

Per approfondire Chiara Lubich, La forza della comunione, San Paolo Edizioni, 2014 Jim Gallagher, Chiara Lubich. Dialogo e profezia, San Paolo Edizioni, 2014 Sabina Caligiani, Dove un giorno regnava la foresta. In Africa sulle orme di Chiara Lubich, Paoline Editoriale Libri, 2014

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Don Oreste Benzi Don Oreste Benzi è stato un presbitero italiano, fondatore della “Comunità Papa Giovanni XXIII”. Nasce in un paesino della provincia di Forlì, da una povera famiglia di operai, settimo di nove figli. Viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1949 e il 5 luglio dello stesso anno viene nominato cappellano della parrocchia di San Nicolò a Rimini. Nell'ottobre 1950 viene chiamato in seminario a Rimini quale insegnante e nominato vice-assistente della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) di Rimini. È in questo periodo che matura in lui la convinzione dell'importanza di essere presenti ai giovani adolescenti, periodo nel quale si formano i metri di misura definitivi dei valori di vita. Nel 1968, con un gruppo di giovani e con alcuni altri sacerdoti ha dato vita al primo soggiorno estivo per ragazzi disabili. Il soggiorno non è rimasto un episodio isolato e a questo, e alla vita insieme ai disabili sviluppatasi subito dopo, si fa risalire la nascita dell' Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Oreste Benzi muore il 2 novembre 2007 all'età di 82 anni. Con il suo carisma, il suo sorriso e il suo coerente impegno è stato uno degli uomini di Dio più amati, rispettati e seguiti del nostro tempo. In tantissimi hanno invocato per lui subito la Santità. Per approfondire Don Oreste Benzi, Attirati da Gesù. La preghiera continua, Sempre Comunicazione, 2012 Don Oreste Benzi, Ho scoperto perché Dio sta zitto, Mondadori, 2002 Francesco Zanotti, Don Oreste Benzi dalla A alla Z, Ancora, 2008 135


Etty Hillesum Nata nel 1914 in Olanda da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad Auschwitz nel novembre del 1943. Ragazza brillante, con la passione della letteratura e della filosofia, quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico. Durante gli ultimi due anni della sua vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1942. L’incontro con uno psicologo ebreo tedesco, Spier, si rivela ben più di un terapeuta: egli la guida in un percorso di realizzazione umana e spirituale. L’aiuta a conoscere e ad amare la Bibbia, le insegna a pregare, le fa conoscere S. Agostino ed altri autori fondamentali della tradizione cristiana: sarà per Etty un mediatore fra lei e Dio. Etty matura una sensibilità religiosa che da’ ai suoi scritti una grande dimensione spirituale. Nel 1942 sceglie di non sottrarsi al destino del suo popolo e nella prima grande retata ad Amsterdam si avvia al campo di sterminio con gli altri ebrei prigionieri: è infatti convinta che l’unico modo per render giustizia alla vita sia quello di non abbandonare delle persone in pericolo e di usare la propria forza interiore per portare luce nella vita altrui. Per approfondire Etty Hillesum, Diario 1941-1943 - Milano, Adelphi, 2012. A cura di C. Passanti, Lettere 1942-1943, Milano, Adelphi, 2009. A cura di Cristiana Dobner, Etty Hillesum. Pagine mistiche, Milano, Àncora, 2007. 136


Don Lorenzo Milani Lorenzo Milani, questo il suo nome completo, nasce a Firenze il 27 maggio del 1923, secondo dei tre figli di Albano Milani e Alice Weiss. Sposati civilmente i coniugi Milani, per difendersi dalle leggi razziali e dalla persecuzione contro gli ebrei, si sposano anche in chiesa e di seguito battezzano i figli. Rampollo di una ricca famiglia fiorentina di scienziati e cattedratici, il giovane Lorenzo conosce bene il valore della cultura. Nella lettura del Vangelo scopre la rivelazione di una fede pura, essenziale. Nel 1947 viene ordinato sacerdote. Dopo un breve incarico a Montespertoli, viene nominato cappellano nella parrocchia di S. Donato Calenzano, alle porte di Firenze. Si trova ad operare in una realtà rurale arretratissima. Don Milani si convince che sia dovere della Chiesa occuparsi dell’istruzione dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli. Maestro, dunque, prima ancora che prete: è l’intuizione di Don Milani: partire dalla scuola. In Italia gli analfabeti sono 5 milioni, il 13% della popolazione italiana. Don Milani decide di partire dalla lettura dei giornali in classe, analizzando i temi dell’attualità e soffermandosi a lungo sui termini difficili.“Con la scuola non li potrò far cristiani ma li potrò far uomini”: egli e’ convinto che solo la cultura possa aiutare i contadini a superare la loro rassegnazione e che l’uso della parola equivalga a ricchezza e libertà. La Chiesa inizia a guardare con diffidenza a questo prete anomalo e pieno di entusiasmo, che essa considera una risorsa ma anche una minaccia per le gerarchia ecclesiastica. È il 1948; per l’Italia un momento di scontro violentissimo; cattolici e comunisti si fronteggiano con grande asprezza. Emarginato dalla Chiesa, inizia ad avvicinarsi alle 137


posizioni del sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Nel 1958 esce il primo libro di Don Milani, “Esperienze pastorali”.Viene mandato in una sorta di “confino” a Barbiana, una piccola località sui monti del Mugello, mascherando la punizione con una promozione: diventa parroco di una cappella sperduta tra i boschi: 124 abitanti in tutto, un angolo sperduto molto lontano dall’Italia del boom economico. A Barbiana non c'è la strada, non c'è la luce, non c'è l'acqua; vicino alla parrocchia vivono solo una manciata di famiglie sparse tra i monti. A Barbiana Don Milani fa la sua esperienza più forte; costruisce dal nulla e nel nulla la sua scuola. Per convincere i genitori a mandarvi i propri figli il parroco utilizza ogni mezzo, persino lo sciopero della fame. Quella di Barbiana è una scuola all’avanguardia; si studiano le lingue straniere, l’inglese, il francese, il tedesco e persino l’arabo. Si organizzano viaggio di studi e lavoro all’estero. Nella scuola di Don Milani si studia dodici ore al giorno, 365 giorni l’anno. La vita entra nella scuola, in continuazione. Il motto della scuola di Don Milani è “I care”, ovvero mi riguarda, mi sta a cuore, mi prendo cura: il contrario esatto del mussoliniano me ne frego. Nel febbraio del 1965 Don Milani legge sul quotidiano La Nazione la lettera di un gruppo di cappellani militari in congedo che criticano aspramente la renitenza alla leva. Don Milani non accetta il fatto che i cappellani predichino ai soldati l’obbedienza agli ordini dei superiori, proprio quegli ordini che spesso finiscono per portare enormi sofferenze per la popolazione civile. Decide così di rispondere, e lo fa a modo suo. La lettera di risposta ai cappellani militari viene pubblicata dalla rivista Rinascita; il priore afferma che l’obbedienza non è più una virtù e reclama il diritto all’obiezione di coscienza. È una professione di nonviolenza, e per giustificare la scelta pacifista l’autore ripercorre le guerre degli ultimi anni e si appella a due capisaldi: il Vangelo e la Costituzione italiana. Il processo Il messaggio non passa inosservato, e a Barbia138


na arrivano critiche, intimidazioni e persino minacce di morte. Nel 1967 Don Lorenzo Milani scuote la Chiesa e tutta la società italiana con un altro libro: Lettera a una professoressa, scritto insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana. Il libro denuncia l’arretratezza e la disuguaglianza presenti nella scuola italiana che, scoraggiando i più deboli e spingendo avanti i più forti, sembra essere ispirata da un principio classista e non di solidarietà; un atto d’accusa verso l’intero sistema scolastico. A soli 44 anni, dunque, il 26 giugno del 1967, Lorenzo Milani si spegne. Così come aveva chiesto, viene seppellito nel piccolo cimitero di Barbiana con i paramenti sacri e gli scarponi da montagna. Le ultime parole del suo testamento sono ancora una volta per i suoi ragazzi:“Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”.

Per approfondire Milani Lorenzo, Esperienza Pastoriali, Libreria Editrice Fiorentina, 2007. Milani Lorenzo, Lettera ad una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1996. Milani Lorenzo, L'obbedienza non è più una virtù, 2011. A cura di Gesualdi Michele, Lettere di don Lorenzo Milani. Priore di Barbiana, San Paolo Edizioni, 2007.

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Sorella Maria di Campello Nata nel 1875 a Torino, Valeria Paola Pignetti, fondatrice della comunità dell'Eremo di Campello, dotata di grande forza interiore entra nel 1901 nell'istituto delle Francescane Missionarie di Maria. Terminata la prima guerra mondiale, durante la quale aveva assistito i feriti, lasciò con il permesso dei superiori l’istituto, in cerca di "un più largo respiro". Dopo tre anni, essa diede vita nei pressi di Campello sul Clitumno, in Umbria, a una delle esperienze più limpide di vita evangelica del XX secolo, dapprima nel Rifugio San Francesco, e dal 1926 nell’Eremo francescano, sopra le fonti del Clitumno. Restaurato questo antico eremo, sorella Maria vi visse fino alla morte, assieme ad alcune compagne, con un programma fatto soltanto di preghiera, lavoro e accoglienza degli ospiti, in una tensione via via crescente alla comunione con ogni creatura. Sorella Maria ebbe rapporti epistolari con Gandhi,Albert Schweitzer, Friedrich Heiler, Primo Mazzolari, Evelyn Underhill, Giovanni Vannucci e molti altri. A motivo della sua amicizia con Ernesto Buonaiuti, e poiché presto erano entrate a far parte della sua comunità alcune sorelle non appartenenti alla chiesa cattolica, essa fu a lungo osteggiata dall’autorità ecclesiastica, e dovette rinunciare per quasi trent’anni alla celebrazione della messa nell’Eremo di Campello. Quando si profilò la fine dell'interdetto, Maria, secondo le sue stesse parole, era ormai oltre, prossima a quella comunione cosmica cui aveva a lungo anelato, e che poté raggiungere nel 1961, all’insegna di una grande pace interiore.

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Per approfondire Suor Maria di Campello, Albert Schweitzer, Senza varcare la soglia, Fraternità di Romena Onlus, 2007 Suor Maria di Campello, Giovanni M. Vannucci, Il canto dell’allodola. Lettere scelte (1947-1961), Qiqajon, 2006 A cura di Roberto Morozzo della Rocca, Maria di Campello. Un’amicizia francescana, Morcelliana, 2013

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Charles De Foucauld Charles de Foucauld (Fratel Carlo di Gesù) nasce a Strasburgo in Francia, il 15 settembre 1858. Un pellegrinaggio in Terra Santa gli rivela la sua vocazione: seguire ed imitare Gesù nella vita di Nazareth. Vive 7 anni alla Trappa, poi ad Akbès in Siria. In seguito vive solo, nella preghiera, nell’adorazione, in una grande povertà, presso le Clarisse di Nazareth. Ordinato sacerdote a 43 anni, si reca nel deserto algerino del Sahara, prima a Beni Abbès, poi con i Tuaregs dell’Hoggar. Vive una vita di preghiera, meditando continuamente la Sacra Scrittura, e di adorazione, nell’incessante desiderio di essere, per ogni persona il « fratello universale », viva immagine dell’Amore di Gesù. Il I° dicembre 1916 viene ucciso da una banda di predoni di passaggio. Il suo sogno è sempre stato quello di condividere la sua vocazione con altri: dopo aver scritto diverse regole di vita religiosa, ha pensato che questa «Vita di Nazareth» potesse essere vissuta da tutti ed ovunque. Oggi la «famiglia spirituale di Charles de Foucauld» comprende diverse associazioni di fedeli, comunità religiose ed istituti secolari di laici o sacerdoti sparsi nel mondo intero. Per approfondire Charles de Foucauld, Opere spirituali. Antologia, San Paolo Edizioni, 2014 Charles de Foucauld, Meditazioni sulla passione del Signore, San Paolo Edizioni, 2013 Annie di Gesù, Charles de Foucauld, Qiqajon, 1998

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Acli Service Bergamo s.r.l. opera sull'intero territorio provinciale fornendo i seguenti servizi: Servizio Dichiarazione di successione e riunioni d'usufrutto: è rivolto agli eredi, per legge o per testamento, obbligati a presentare la dichiarazione di Successione entro un anno dalla data del decesso. Servizio Contratti di locazione: riguarda tutti i proprietari di un immobile in affitto o che deve essere affittato Servizio Contabilità partite IVA: interessa i professionisti in regime dei minimi, ex minimi o con contabilità semplificata. Inoltre svolgiamo da sempre le seguenti attività: · Modello 730 e Modello UNICO · Modello 770 semplificato · Imposte sugli immobili (IMU e TASI) · Pratiche INPS: RED e INVCIV · Consulenze fiscali e contenzioso tributario · DSU (nuovo ISEE)

Il centralino unico: 035/0064064 La mail: bergamo@acliservice.acli.it LE NOSTRE SEDI Bergamo (sede principale) - via L. Querena 11 Albino - via Mazzini 43 Almé - via Roma 12 Bariano - via Misericordia 5 Clusone - viale Gusmini 19 Lovere - via Roma 1 Romano di Lombardia - via Mottini 18/26 Seriate - via Venezian 46/b Terno D'Isola – Piazza Sette Martiri 11 Treviglio - via Dalmazia 2

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