BERGAMO
QUARESIMA 2014
In copertina Marc Chagall, Gli amanti di Vence
NEL CUORE DEL MONDO RACCOGLIERSI PER LA LODE. NELLA NOTTE CIRCONDANDOSI DI SILENZIO. ESSERE NELLA CITTÀ SENTINELLE CHE APRONO IL LIBRO PER ESSERE DISCEPOLI IN AGGUATO DI UNA PAROLA, DI UN SEGNO. SEGUIRE CRISTO E ABITARE TRA GLI UOMINI. TUTTO LASCIARE PER ACCOGLIERE IL POVERO. TENERE LA PORTA APERTA A COLUI CHE TI CERCA. POTER INTENDERE TUTTI I PECCATI E VIVERE DA FRATELLI. NELLO STRANIERO SENTIRE I TUOI PASSI CHE SI AVVICINANO. CONDIVIDERE IL SAPERE E IL PANE. NELLA DIFFERENZA TENDERE LA TUA MANO VERSO L'ALTRO. INSEGNARE AI BAMBINI CHE IN CIELO DIO SOLAMENTE È GIUDICE. VIVERE SENZA PAURA NELLA CITTÀ ATTRAVERSATA DA VIOLENZA. ABITARE UNA CASA DI PACE. TRADURRE IN PAZIENZA IL DESIDERIO DEL REGNO. COSÌ NELLA DOLCEZZA DELLO SPIRITO IL TUO GIORNO SI LEVA. 3
Credenti e credibili Carissimi, anche quest'anno introduco con piacere il testo preparato dalle ACLI di Bergamo per la prossima Quaresima. Tempo prezioso, da custodire con cura, per vivere, con pienezza, il cuore della vicenda cristiana: la passione, morte e resurrezione di Gesù di Nazareth. Tempo che invita alla conversione. Personale e comunitaria. Per tornare a Cristo Signore. “Convertitevi e credete al Vangelo” sono le parole della predicazione di Gesù che ci consegnano gli evangelisti. Parole che risuonano in passaggi esistenziali, a volte molto particolari, nei quali siamo chiamati a dire, con la vita, la fedeltà al Dio in cui crediamo. Una conversione che chiama in gioco anche il nostro essere Chiesa: invita alla coerenza, alla fedeltà, alla coincidenza tra ciò che si annuncia e ciò che si vive. Per questo, nella sua sapienza, la Chiesa, lungo i tempi, ha indicato alcuni segni che accompagnano l'appello alla conversione: l'imposizione delle ceneri, il digiuno, l'elemosina, la preghiera. Sono segni che devono risvegliare un'attenzione e una consapevolezza attorno alle cose necessarie, all'essenziale della vita e della fede. Soprattutto in tempi come questi, segnati dalla fatica e dalla difficoltà di vita e di lavoro di molte persone. Siamo chiamati a una conversione che rinnovi, nei fatti, in modo autentico, fraterno e solidale, la nostra esistenza. Abbiamo, come credenti, la responsabilità di raccontare e testimoniare con la vita la verità del Vangelo. 4
Credenti e credibili: questo è l'impegno che dovremmo assumere per questo tempo. Gesù nel Vangelo, e i profeti prima di lui, ha denunciato l'esteriorità inutile anzi ipocrita di questi segni se non introducono a qualcosa di più profondo, di più pervasivo, di più radicale. Qualcosa che coinvolga il cuore. La Quaresima, allora, diventa anche tempo di consapevolezza dei nostri limiti, della nostra pretesa di fabbricare un Dio a nostra immagine e somiglianza, di adattare il Vangelo alla nostra misura. Perché tutto questo sia possibile dobbiamo metterci in ascolto della Parola. Cari fratelli e sorelle, secondo il Vangelo, non possiamo essere cristiani se non ci disponiamo ogni giorno, ogni domenica, ad un ascolto della Parola. Un ascolto attento, appassionato, in modo che questa non scivoli via dalle nostre vite. Un ascolto credente che ci porterà a crescere nell'amore. Che per noi ha sempre il profilo e il contorno della croce di Gesù. Mons. Francesco Beschi, +Vescovo
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Questo testo nasce dalla volontà di accompagnare i cristiani durante il periodo di Quaresima. Non vuole sostituire percorsi personali o comunitari di ascolto e di confronto con la Parola: vuole solo essere l’occasione e l’invito - in modo particolare rivolto ai lavoratori e alle famiglie - a ritagliare, nel cammino verso la Pasqua, un tempo di riflessione e di preghiera. L’articolazione del volume è semplice. All’inizio di tutte le settimane è proposto il testo di un ‘‘maestro’’ nella fede che accompagna la riflessione lungo la settimana. Ogni giorno sono presentati due brevi passi biblici presi dalla liturgia eucaristica. Di venerdì, la traccia, simile a quella degli altri giorni, è solo un po’ più abbondante. Dove è condivisa da più persone, questo potrebbe essere lo schema dell’incontro: segno di Croce, recita dell’Inno, lettura dei testi e della meditazione sugli atteggiamenti da custodire, spiritualmente, durante il tempo della Quaresima, preparata appositamente per questo libretto da suor Alicia Vacas, comboniana che vive a Betania , una preghiera della tradizione religiosa cristiana, Padre Nostro e preghiera finale. Il mercoledì delle ceneri e i venerdì di quaresima, per quanti lavorano a Bergamo, vi è la possibilità di partecipare alla preghiera comune che si terrà, presso la Chiesa delle Grazie, dalle 13.30 alle 14.00. Di domenica, sono offerte alcuni brevi meditazioni, per un itinerario spirituale, scritte da don Leone Lussana, Parroco di Torre Boldone, mentre il testo di inizio Quaresima è di don Angelo Casati, presbitero della diocesi di Milano, quello del giorno di Pasqua di Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose. A loro, preziosi e fedeli compagni di strada, va il nostro più sentito ringraziamento. Grazie a Donata Leone Ornago, Antonia Semperboni, Adriana Rottini, Carmen Cremaschi, Giovanna Turmini e a Federica Fenili. Ha coordinato Daniele Rocchetti.
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Recitare o essere?
Pensieri tra Quaresima e Pasqua. Don Angelo Casati
Mi succede - qualcuno la ritiene una mia ossessione - di avere in sospetto ogni parola che, poco o tanto, sembra recitata, ogni atteggiamento che, poco o tanto, sembra studiato. Si recita una parte. A volte mi sorprendo a guardarmi. E mi chiedo: “Stai recitando? Stai celebrando o recitando? Stai pregando o recitando? Stai predicando o recitando? Stai parlando o recitando?”. Nella recita non ci sei. C'è una parte che indossi. Che non è la tua. Gesù incantava Gesù non recitava. Forse per questo o anche per questo, incantava. Era autentico, aderente la vita, non a una parte da recitare. E la gente lo sentiva vero. A differenza di altri. A differenza, per esempio, di una certa frangia - non tutti! - di farisei che “recitavano”:“Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini.Allargano i loro filatteri, allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare rabbì dalla gente” (Mt.23,5-7). Qualcuno, anche nel mondo ecclesiastico, sconcertato dalla calda umanità di Gesu, tende a presentarla come se il Signore stesse recitando, quasi non gli fosse consentito, in quanto Dio, di crescere, di essere stanco, 7
di non sapere, di amare i banchetti, di desiderare la tenerezza di un bacio o il profumo dell'unguento, di provare paura e solitudine. Quasi recitasse, in tutto ciò una parte non sua. Gesù non ha mai recitato. Era. Dominante è il ruolo C'è il pericolo - lo avverto sempre più acutamente e il racconto delle tentazioni di Gesù, all'inizio della Quaresima, lo segnalava - che anche la religione diventi spettacolo, luogo in cui si recita. Strano verbo, questo “recitare”, che abbiamo nel nostro linguaggio religioso legato al pregare! Si “recita” una Ave Maria o un Padre Nostro, si “recita” il rosario. È in agguato la recita. La avverti. A volte è nell'aria. A tradirla è un tono affettato, artefatto, poco naturale, studiato. Aria strana. L'aria di certi raduni ecclesiastici.Volti impassibili, non tradiscono la benché minima emozione. Ci si parla di errori, di cedimenti o di smarrimenti, sono sempre quelli degli altri. L'inquietudine non esiste. Esiste la sicurezza. Si recita la parte di Dio. Mai uno che dica:“Ho peccato”. Lo si dice nella Messa, ma per modo di dire. Nessuno che abbia mai fatto un errore. E che lo riconosca. Domina il ruolo. L'impassibilità del ruolo. Impenetrabili, drappeggiati, diplomatici. E senti la distanza. E come se mancasse gente vera. Non sono i volti che cerchi, quelli che ti incantano fuori le mura, volti che non mascherano le stanchezze e le emozioni, volti che confessano l'inquietudine e la lontananza. Scrive Carlo Maria Martini: “Non di rado mi spavento sentendo o leggendo tante frasi che hanno come soggetto “Dio” e danno l'impressione che noi sappiamo perfettamente ciò che Dio è e ciò che egli opera nella storia, come e perché agisce o in un modo e non in un altro. La Scrittura è 8
assai più reticente e piena di mistero di tanti nostri discorsi pastorali”. Come figli di Dio Comunità alternativa si diventa vivendo il Vangelo, non recitando la parte del “perfetto”. Alternativi diventiamo non mascherandoci dietro il ruolo o dietro il titolo, ma dando trasparenza ai rapporti. Incontrandoci come persone. Come figli di Dio. Questa la più grande dignità che ci è toccata. Non esiste, per un vero credente, altra tanto grande. Essere Papa, essereVescovo, essere prete, non vale l'essere figli di Dio. E, se figli, liberi, e quindi non soffocati, non mascherati, non misurati da titoli e da ruoli. Quando Papa Giovanni, poco dopo la sua elezione, si accorse che l'Osservatore Romano introduceva le sue parole con questa formula di rito: “Come abbiamo potuto raccoglierle dalle auguste labbra di Sua Santità”, chiamò il capo redattore e gli disse: “Lasciate perdere queste sciocchezze e scrivete semplicemente: Il Papa ha detto”. La grande sfida Quale perdita per la società, se la Chiesa, che nel mondo dovrebbe apparire come lo spazio dove risplende la libertà e l'umanità dei rapporti, diventasse luogo di relazioni puramente formali, deboli e fiacche, non sincere e intense. Rischierebbe l'insignificanza.Verrebbe meno alla grande sfida, all'opportunità che oggi le si offre di tessere in una società ampiamente burocratizzata rapporti autentici e profondi. E non sarà che alla Chiesa di oggi, e quindi a ciascuno di noi, Dio chieda meno protagonismo, meno organizzazione, meno recite e più vicinanza, più sincerità? Alla mente ritorna una pagina folgorante 9
dello scrittore Ennio Flaiano, là dove abbozzava un ipotetico ritorno di Gesù sulla terra, un Gesù, infastidito da giornalisti e fotoreporter, come sempre invece vicino ai drammi e alle fatiche dell'esistenza quotidiana: “Un uomo” - scrive - “condusse a Gesù la figlia ammalata e gli disse: “Io non voglio che tu la guarisca, ma che tu la ami”. Gesù baciò quella ragazza e disse: “In verità questo uomo ha chiesto ciò che io posso dare”. Così detto, sparì in una gloria di luce, lasciando le folle a commentare quei miracoli e i giornalisti a descriverli”.
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Mostrati, Signore. A tutti i cercatori del tuo volto, mostrati, Signore; a tutti i pellegrini dell'assoluto, vieni incontro, Signore; con quanti si mettono in cammino e non sanno dove andare cammina, Signore; affiancati e cammina con tutti i disperati sulle strade di Emmaus; e non offenderti se essi non sanno che sei tu ad andare con loro, tu che li rendi inquieti e incendi i loro cuori; non sanno che ti portano dentro: con loro fermati poichÊ si fa sera e la notte è buia e lunga, Signore. Padre David Maria Turoldo
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Una settimana con…
Don Zeno Saltini “È d'uopo che ciascun fedele, ciascun uomo di buona volontà, riesamini con risolutezza degna dei grandi momenti della storia umana, quanto personalmente debba e possa fare come suo contributo all'opera salvifica di Dio, per venire in soccorso di un mondo avviato com'è oggi verso la rovina. È tutto un mondo che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio. Da milioni di uomini si invoca un cambiamento di rotta. Il giustificato timore del tremendo avvenire, che deriverebbe da una colpevole inerzia, vinca ogni titubanza e fissi ogni volontà. Ci vuole poco a capire che se non si fa presto a correre ai ripari siamo alla vigilia di una catastrofe mondiale… la modernità presa nel suo panorama, nonostante i suoi progressi clamorosi, ha tutto l'aspetto di un manicomio criminale. E gran parte della gente buona e onesta ha tutto l'aspetto di un grazioso allevamento di conigli... guai a coloro che credono che essere cristiani significhi anche essere conigli.”
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MERCOLEDI 5 MARZO 2014
Mercoledì delle Ceneri Gl 2,12-18; Sal 50; 2Cor5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18
Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un'assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.
Gioele 2,15-16.18
Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Matteo 6,5-6
Chi è cristiano solo in chiesa è un falso. Deve essere cristiano in chiesa, in teatro, sul lavoro, davanti alla porta di casa quando si presenta un povero, quando paga gli operai, quando educa i figli, quando tratta con i genitori, con le donne, con la moglie, con il prossimo. Sempre cristiano. Don Zeno
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Io abito fuori casa Io abito fuori casa. Raccolgo questa espressione in una tanto casuale quanto amicale conversazione. Che mi riporta in prima battuta a situazioni faticose e spesso drammatiche di persone che una casa non l'hanno o non ce l'hanno più come prima. Sono storie che irrompono anche nei nostri centri di ascolto, nelle strutture di accoglienza, e che parlano di chi sta ai margini, gente che per costrizione o per scelta vive sulla strada; di chi più o meno provvisoriamente abita il garage o una vecchia auto, non trovando migliore rifugio; di chi esce dalla propria casa a testa bassa, ferito da dolorose fratture nei rapporti familiari. Abitare fuori casa: tra lacrime e nostalgie, tra rabbia e rassegnazione, comunque dentro una umiliante diminuzione in umanità. E in dignità. Su un altro versante, non meno penoso, colgo da questa espressione alcuni situazioni che la Chiesa ha presente, mentre ogni anno offre a sé stessa e a tutti il lungo sentiero quaresimale. Non tanto quaranta giorni per perdersi in gesti che ci restano estranei, resi quasi banali dal loro formalismo e che sembrano voler contrastare la nostra libertà, di gente ormai tesa all'uso di persone e di cose a nostro individuale vantaggio o piacere. Quaranta giorni di allenamento per una umanità vera, che si misura con la struttura forte di quell'Uomo che percorre i villaggi della Palestina e alla fine sarà trascinato fin sulle pendici del Gòlgota a dire quello che giova a una vita non persa ma donata. E quindi salvata dalla pochezza e dalla fragilità.A proporre quanto giova alla vera pace, non dipinta o forzata, ma che nasce da una forte interiorità che pervade la vita. 15
Io abito fuori casa. È la triste esperienza a cui tutti siamo esposti, quando l'animo e il cuore sono confusi, perché è saltato il perno che tiene insieme l'arcobaleno delle umane esperienze. Quando la coscienza è inquinata dall'istinto e dall'orgoglio e si scioglie il giusto rapporto con Dio e con i fratelli. Quando la mente è invasa dall'irrompere eccessivo del mondo virtuale, che scolora e rende insensibili alla relazione, al dialogo che tesse i caldi rapporti nella famiglia e nella società. È l'esperienza di quando la vita diventa un deserto, proiettata in paradisi illusori, per dipendenze che si fanno protesi, stampelle ormai obbligate di una esistenza fragile e accartocciata. La Quaresima si propone come tempo favorevole per rientrare da questi scivolosi sentieri, per un ritorno a casa. Abbandonata ogni vergogna per la certezza di essere attesi. La Quaresima ci fa udire i passi della ricerca posta in atto da Dio stesso e che si traduce nell'antico interrogativo: uomo, dove sei? L'uomo, Adamo di sempre, che vagabonda lontano da casa, nascondendo malamente le sue nudità, dopo aver mangiato il frutto che si fa amaro appena assaggiato. L'uomo, testardamente cercato da Dio. Quaresima: tempo di conversione appunto, di misericordiosa e di terapeutica accoglienza. Di nostalgia per la verità sulla vita, da cui inesorabilmente siamo attratti proprio mentre cerchiamo di camuffarla o nasconderla. Verità a volte dura, ma sempre pacificante, perché risponde alle vere attese del cuore dell'uomo. La Quaresima: sveglia da lontananze e torpori; chiama al digiuno dalle cose pur buone, ma che spesso invadono in modo sproporzionato le nostre esistenze; invita a riscoprire il dialogo con il Padre; convoca alla mensa della desiderata fraternità, per ricomporre legami, tentare riconciliazione, costruire complicità solidali. Ed è dolce, e sa di profumo pasquale, ritrovare il caldo di casa, le 16
mura amiche di una esistenza vissuta nella letizia interiore. E di questo percorso la Chiesa è maestra, al seguito del suo Maestro che, per essere esperto in umanità, come Dio solo può esserlo, ben conosce il cammino della restituzione a sé stessi, il percorso verso il monte della vera beatitudine. Lui il samaritano che raccoglie per strada, fascia le ferite, cura le distorsioni e le bastonature della vita, carica sulle sue spalle, porta alla locanda della fraterna amorevolezza, dove essere accolti e rifocillati. E paga per noi. Con la moneta forte del suo amore, fedele fino alla croce. Ci è proposto un sentiero che sfocia nell'alleluja di quel giorno di festa che rende festosa tutta la vita. La Pasqua.
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GIOVEDÌ 6 MARZO 2014 Dt 30,15-20; Sal 20; Lc 9,22-25 Signore, il re gioisce della tua potenza! Quanto esulta per la tua vittoria! Hai esaudito il desiderio del suo cuore, non hai respinto la richiesta delle sue labbra. Gli vieni incontro con larghe benedizioni, gli poni sul capo una corona di oro puro. Vita ti ha chiesto, a lui l'hai concessa, lunghi giorni in eterno, per sempre dinanzi al tuo volto.
Dal Salmo 20
«Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».
Luca 9,22-23
Va bene accogliere i poveri ma così siamo servi del sistema, che produce vittime e chi gliele cura. E meglio battersi in piazza, perché sono frutto di una politica sbagliata. Se non si cambiano le strutture, non cambia niente. Don Zeno
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VENERDĂŒ 7 MARZO 2014 Is 58,1-9a; Sal 50; Mt 9,14-15
INNO Signore, mostrami il tuo volto, sempre te il mio cuore cerca; gli occhi del mio spirito rischiara con la tua gloria. Signore, dammi di ascoltare la tua Parola di salvezza; nel tuo Figlio in cui tu ti compiaci nutri la mia fede. Signore, donaci la grazia, in te speriamo nostro Dio; dona a noi come ad Abramo la benedizione. Signore, vinta è ormai la morte, splende il fulgore della vita, Cristo porta il sole del tuo amore dentro il suo corpo.
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La parola del Signore Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
Dal Salmo 50
Gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».
Matteo 9,14-15
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Per la riflessione personale
SPERANZA: Il Regno di Dio è vicino. Pochi di noi associano spontaneamente il tempo di Quaresima, segnato dall'ascesi, con una buona notizia, con la Buona Notizia di Gesù. Specialmente se questo significa affrontare “l'Avversario” dentro di noi e attorno a noi. All'inizio della Quaresima la Chiesa sempre ci porta nel deserto con Gesù, per affrontare la potenza che si oppone al Vangelo. La buona notizia è che lo facciamo con Gesù. Nessuno dovrebbe affrontare il deserto da solo; nessuno dovrebbe essere lasciato a se stesso e alle proprie risorse in condizioni ostili. Tutti abbiamo conosciuto i “morsi” della tentazione, assaggiato i “sorsi” amari del fallimento; tutti abbiamo dovuto fare i conti con il peso opprimente del peccato. A volte ci siamo chiesti se ci fosse un'uscita dal deserto. Tutti noi abbiamo bisogno di sentire, come Gesù, la voce del Padre che ci riconosce come suoi figli prediletti. Quando sentiamo quella voce, la chiamata al pentimento è chiamata a restare in compagnia di Colui che ci ama. Una chiamata che nutre la speranza e ci mette in comunione con tutti coloro che sentono il peso del peccato del mondo e cercano di vivere la loro condizione di Figli di Dio sulle orme di Gesù. La Parola di Dio durante la Quaresima ci sfida a cambiare mentalità per accettare la logica del Dio-Amante-della Vita, a cambiare i nostri cuori e volgerli verso il Vangelo che preferiamo ignorare, e a cambiare il nostro stile di vita per abbandonare il peccato e abbracciare i valori della sobrietà e della solidarietà. Una prospettiva questa che apre ad orizzonti di speranza e che diventa il compito/impegno di tutta la vita. Gesù non vinse Satana nel deserto, la 21
vittoria finale sulla morte e sul peccato Egli la raggiunse solo sul Golgota. La Quaresima ci ricorda la nostra necessità di ricominciare, affrontando il “nemico” dentro di noi. E la buona notizia è che quando lo facciamo prendiamo la strada che ci conduce al Regno di Dio e su questa strada si intravedono già le prime luci dell'alba, della Risurrezione. Quando Gesù venne fuori dal deserto, egli non lasciò la tentazione dietro le sue spalle una volta per sempre. L'avversario apparirà nuovamente durante il suo ministero, come quando disse a Pietro: «Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini» (Marco 8,33). Gesù impara così, gradualmente e nelle scelte concrete della vita, a pensare secondo la logica di Dio, diventando portavoce non di Satana ma del Padre. Le prove di Gesù ci pongono di fronte ad una sintesi significativa di quelle che devono essere le nostre scelte, di fronte all'attrattiva dei consumi, alla seduzione del guadagno, alla forza dell'ambizione, delle apparenze, della considerazione sociale, che spesso sono gli unici impulsi animatori della nostra civiltà. Come sconfiggere questi richiami ed abbracciare i valori del Regno, in una società che li disprezza? Come imporre una gerarchia di valori ai nostri desideri, se non contemplando, all'inizio di questa Quaresima, Gesù che si volge verso la sorgente da cui scaturisce la sua azione: la Parola di Dio? Quando Egli comincia la sua predicazione dice che è giunto il momento di rendere Dio sovrano della vita e della Storia. Perchè questo accada, dobbiamo pentirci e credere nella buona novella. Quello che Dio fa è una buona notizia. E la buona notizia non è solo il messaggio di Gesù, ma Gesù stesso! Accettando la vita umana con tutte le sue conseguenze, Gesù ci insegna che la nostra vita vale la pena si essere vissuta così com'è, senza pretendere di essere degli angeli o dei super eroi superiori a tutti i limiti della natura umana. L'unica vera vittoria possibile è quella dell'amore sull'odio e del bene sul male. Il nostro cammino quaresimale è così 22
intessuto di speranza! “Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l'audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9)”. (Evangelii Gaudium, 85)
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Dalla tradizione religiosa cristiana Cristo non ha più le mani ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere. Cristo non ha più piedi ha soltanto i nostri piedi per andare oggi agli uomini. Cristo non ha più voce ha soltanto la nostra voce per parlare oggi di sé. Cristo non ha più forze ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora; siamo l’unico messaggio di Dio scritto in opere e parole. Anonimo fiammingo del XIV secolo Padre Nostro Orazione. Signore, noi ti ringraziamo perché ci hai radunati ancora una volta alla tua presenza. Signore, tu ci metti davanti la tua Parola, quella che tu hai ispirato ai profeti: fa' che ci accostiamo a questa Parola con riverenza, attenzione, umiltà. Fa' che non sia da noi sprecata, ma sia accolta in tutto ciò che essa ci dice. Manda il tuo Spirito in noi perché possiamo accoglierla in verità, con semplicità, perché essa trasformi la nostra vita. Amen. 24
SABATO 8 MARZO 2014 Is 58,9b-14; Sal 85; Lc 5,27-32
Se tratterrai il piede dal violare il Sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerabile il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare, allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò montare sulle alture della terra, ti farò gustare l'eredità di Giacobbe, tuo padre, perché la bocca del Signore ha parlato.
Isaia 58,13-14
Dopo questo egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Luca 5,27-28
Il cristianesimo non è un mosaico di tridui e di novene, ma è vita di culto, di società, di lavoro, di famiglia, di carità, di fraternità… La prima opera di apostolato, la più efficace è sempre la carità. Sono le opere che convalidano la dottrina ed a queste ci credono tutti. Don Zeno
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DOMENICA 9 MARZO 2014
I Domenica di Quaresima Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11
Il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.
Genesi 2,7-9
Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Mt 4, 1-11
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Il mondo è sempre stato così, diciamo. Ma se è sempre stato così, non vorrà dire per niente che debba essere sempre così. Il giusto è fermento vivente ed universale della giustizia. Se si moltiplicassero, a folle addirittura, gli assetati di giustizia, il mondo non sarebbe più così, il suo costume sarebbe la sete di giustizia, quindi un radicale cambiamento di rotta. Per moltiplicare gli assetati di giustizia non c’è altra via se non quella di farsi dei loro. O farsi di quelli, od essere condannati da Dio. La giustizia, dunque, è questa: scegliere, o sì, o no. Vie di mezzo non ne esistono, compromessi meno ancora. Il compromesso con l’ingiustizia è ingiustizia. Don Zeno
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Un Dio affamato Alla mensa dell'eternità non deve mancare proprio nulla. Tant'è che il profeta quando vuole mettere in corpo il desiderio di non fermarci solo ai piatti offerti dalla cucina umana, si spreca in esemplificazioni che fanno venire l'acquolina in bocca solo a leggerle: Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. (Isaia 25,6). Quindi per noi che già usiamo dire per intenderci: una vita, un pranzo da Papa (che poi in realtà sappiamo quanto sono sobri), molto di più deve essere interessante e piena una vita da Dio, un pranzo da Dio. E allora possiamo ben capire cosa dev'essere accaduto a Gesù Cristo, Figlio di Dio e quindi abituato a tale vita e mensa, quando si è trovato ad aver fame. Perché il Vangelo di questa prima domenica di quaresima dice proprio così, nella versione secondo Matteo: dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Ci viene da pensare quanto aveva ragione S. Paolo quando scriveva: pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì. E tra queste non va trascurata l'esperienza terribile dello stomaco vuoto. Provare a chiedere anche oggi a una gran quantità di persone nel mondo! E ormai più vicino, anche tra di noi. E noi che a volte abbiamo l'impressione, in una fede fragile e poco esperta del vero volto di Dio, che Egli sia lontano dal nostro faticoso e affaticato vivere, possiamo arrivare a sussumere: Ben gli sta, così comincia a capire che cosa vuol dire abitare la condizione umana, nella sua precarietà e nella sua fragilità. Lo diciamo e a volte lo sen28
tiamo dire attorno, se non fosse che Dio stesso già in partenza si è lasciato coinvolgere nella nostra storia e ha scelto Lui di farsi in tutto simile a noi. Ha azzerato ogni distanza, anche per costringere bellamente noi a non frapporre distanze con Lui, partecipe del nostro vivere in tutte le sue sfaccettature. Ebbe fame. E così sperimentare dal vuoto dello stomaco, richiamo al vuoto dello spirito come spesso accade, la fatica del rapportarsi a Dio in certe situazioni della vita, che rischiano di farci dubitare di Lui e del suo interessamento verso di noi. E' pur vero che ci ha messo e ci mette lo zampino il diavolo, tutt'altro che essere da barzelletta dentro il rapporto tra Dio e gli uomini, ma la sua intromissione non fa che rendere più evidente quanto fa parte della nostra malata struttura umana. Ed è partendo da questa fame che comincia la vera battaglia per capire da che parte stare, che cosa giova alla vita, di chi dobbiamo fidarci, quali sono le parole che non imbrogliano, quale il pane che veramente nutre il nostro desiderio di verità e di vita. Le tentazioni. Che sono il venire a galla nel micro di quanto accade nel macro, nella profondità dell'esistenza personale, nel dinamismo spesso perverso dei rapporti familiari e comunitari, e pure nel gioco delle relazioni tra i popoli. Tentati di sopravvalutare noi stessi e i nostri riferimenti esistenziali, pur essenziali ma sempre parziali.Tentati di 'tentare' Dio con le nostre meschine pretese. Quella soprattutto che Lui debba sostituirsi a noi nelle nostre responsabilità verso noi stessi e verso gli altri, quasi rimandandogli la colpa per i disastri delle nostre colpe, in particolare di omissione verso gli impegni che la storia e la città ci chiedono di prendere su di noi.
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Tentati di onnipotenza al limite del sopravvalutare superbamente le nostre effettive capacità o del misconoscere la pochezza, pur preziosa ma sempre poca, delle nostre umane possibilità; al limite della sopraffazione del prossimo per non rinunciare agli stravaganti obiettivi del nostro orgoglio; al limite della prepotenza nelle nostre relazioni, incapaci di metterci a volte almeno al secondo posto se non proprio all'ultimo di evangelica memoria. Proprio per tutto questo siamo chiamati anche noi al digiuno, fino ad arrivare ad aver fame e trovare, e darci finalmente, la misura del nostro bisogno di Dio e degli altri. Il Vangelo di oggi si chiude con un tocco divino, quasi carezza del Padre sulla vita tentata e affamata: angeli lo servirono. Appunto perché il Signore, che lascia alla tentazione di fare il suo corso, non abbandona nella tentazione e tanto meno vorrebbe permettere che ci cadiamo, se siamo noi del suo stesso parere, ovviamente. E come è fonte di letizia riconoscere gli angeli dall'alto e attorno a noi, mano della tenerezza di Dio, accostarsi con cuore e disponibilità e porsi al servizio del nostro bene! Divenendo a nostra volta angeli che sanno prendersi cura della fame, e più ancora delle fami degli altri, fatti collaboratori della loro gioia, come direbbe l'apostolo. Non standocene appollaiati nell'alto dei nostri cieli, costruiti per estraniarci e disinteressarci, fino a pensare che se va bene a noi va bene a tutti. Che il Signore ci faccia provare un po' la fame, alcune delle fami, con fare pedagogico. Fame, strada di saggezza, di vittoria sulle tentazioni, di sguardo alto e altro sulla vita. Nostra e del prossimo. E del meno prossimo. Indite un digiuno, così nel giorno delle ceneri. Un digiuno salutare. 30
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Una settimana con… Papa Giovanni XXIII Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera. Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore. Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà.Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: Questa è la carezza del Papa. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza.
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LUNEDÌ 10 MARZO 2014
Lv 19,1-2.11-18; Sal 18; Mt 25,31-46
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo’’. Levitico 19,1-2 Dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me. Matteo 25, 40-43.45 “Christianus sum”: la parola antica vuol risuonare oggi con forza nuova. Essa non richiede, come nei primi secoli del cristianesimo, la testimonianza del sangue, ma quella continua della meditata e sofferta fedeltà ai propri ideali, alla propria vocazione cristiana e all'insegnamento della Chiesa. Essa esige da ciascuno la testimonianza della presenza continua e suadente in un mondo troppo preso da preminenti interessi materiali e da ciò che ad essi si riferisce; essa proclama la testimonianza dell'amore generoso e coraggioso quando sembrano dominare i movimenti occulti o aperti dell'egoismo e del calcolo. Papa Giovanni XXIII
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MARTEDÌ 11 MARZO 2014 Is 55,10-11; Sal 33; Mt 6,7-15
Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce.
Dal Salmo 33
Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Matteo 6,7-8
Cristo Gesù è passato dal Calvario: vi è morto; ma è anche risorto. Con questi occhi il cristiano osserva le vicende umane: dolore e morte, calamità e miserie possono gravare sulle sue spalle ma non abbattere il suo spirito. Papa Giovanni XXIII
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MERCOLEDÌ 12 MARZO 2014 Gn 3,1-10; Sal 50; Lc 11,29-32
Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
Dal Salmo 50
Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
Luca 11,29-30.32
Ogni credente, in questo mondo, deve essere una scintilla di luce, un centro di amore, un fermento vivificatore nella massa: e tanto più lo sarà, quanto più, nella intimità di se stesso, vive in comunione con Dio. Papa Giovanni XXIII
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GIOVEDÌ 13 MARZO 2014
Ester 4,17n.p.r.; Sal 137; Mt 7,7-12
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. Non agli dèi, ma a te voglio cantare, mi prostro verso il tuo tempio santo. Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Dal Salmo 137
Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Matteo 7,7-8.12
Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l'uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della chiesa cattolica. Le circostanze odierne, le esigenze degli ultimi cinquant'anni, l'approfondimento dottrinale ci hanno condotto dinanzi a realtà nuove, come dissi nel discorso di apertura del concilio. Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio. Chi è vissuto più a lungo, (...) sa che è giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne le opportunità e guardare lontano.. . Papa Giovanni XXIII
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VENERDĂŒ 14 14 MARZO MARZO 2014 2014 VENERDĂŒ Ezz 18,21-28; E 18,21-28; SSal al 1129; 29; Mtt 55,20-26 ,20-226
IINNO NNO Tu Tu sei, sei, Signore, Signorre, ll'acqua 'acqqua dalla dalla rroccia, occcia,, tu dai del tu ccii disseti disseti d ai ttempi empi d el deserto; deserto; viene viene la la luce luce vera vera che iillumina llumina o gni uuomo. omo. che ogni Immersi nnella ella luce luce Immersi vediamo llaa ttua ua ggloria; loria; vediamo illuminati iin nC risto illuminati Cristo cantiamo un un ccanto anto nnuovo. uovo. cantiamo Le tenebre tenebre d un ttempo empo Le dii un si sono sono d issipate si dissipate ed ora ora siamo siamo lluce uce ed in Cristo in C risto SSalvatore. alvatore. O ttuu cche he dormi, dormi, ssvegliati, vegliati, ridestati dai dai morti; morti; ridestati t'illumina iill SSignore ignore t'illumina che è unto unto dallo dallo Spirito. Spirito. che Con della Con ll'olio 'olio d ella ggioia ioia illumina illumina i tuoi tuoi ffigli, igli, Padre cche he rischiari rischiari o Padre ondo nnel el ttuo uo Cristo. Cristo. ilil m mondo
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La Parola del Signore Forse che io ho piacere della morte del malvagio - oracolo del Signore - o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l'empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.
Ezechiele 18,23-24
Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Matteo 5,23-24
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Per la riflessione personale
PREGARE LA STORIA Lakh-Lakhah Una delle immagini classiche che ancora usiamo per descrivere la vita è quella del "viaggio" dal grembo materno sino alla tomba. L'immagine del viaggio parla del passaggio attraverso tempi e luoghi; esso include le persone che abbiamo incontrato, le “stagioni” che abbiamo avuto, i successi e i fallimenti che abbiamo sperimentato nel mondo. Molte persone aspirano agli stessi obiettivi nella vita, ciononostante il viaggio di ognuno è diverso nei suoi dettagli. Tutti noi dobbiamo fare il nostro viaggio “compito” che nessuno può fare per noi. Nella maggior parte dei viaggi conosciamo la destinazione e il percorso, se non ne fossimo certi, ci basta controllare la mappa. Non è così semplice per il camminoviaggio della nostra vita. Questo perché non si tratta solo di un viaggio, ma di una ricerca che coinvolge tutti gli aspetti e tutto il percorso della nostra vita: ognuno deve scoprire da se stesso i percorsi che lo condurranno a ciò che cerca. Alcune delle strade che prendiamo ci portano a vicoli ciechi e se non vogliamo piantare la nostra tenda su un burrone, dobbiamo essere pronti a ripartire, o a cambiare direzione. Così impariamo che cio' che è veramente importante è andare avanti, come scrisse Robert Stevenson: “Viaggiare con speranza è meglio dell' arrivare, E il vero successo è il cammino stesso.”
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Nel corso della vita, molte persone cambiano direzione per esplorare percorsi sconosciuti. La liturgia di Quaresima ci ricorda l'esperienza di Abramo che cambia drammaticamente il corso della sua vita. Egli è invitato a lasciare il mondo che gli è familiare, il paese e la casa di suo padre, per trovare la sua sicurezza unicamente nella promessa di Dio. Abramo non può vedere la terra o la discendenza che gli sono state promesse, eppure inizia il suo viaggio senza mappe e senza esitazioni. Nomade come è, non possiede nessuna terra, e con sua moglie Sara, sterile, la prospettiva di una futura discendenza sembrerebbe un sogno irraggiungibile. Ma si mette in viaggio fiducioso, nella convinzione che un giorno il suo viaggio porterà a compimento le promesse di Dio. Contemplo con stupore questo abbandono fiducioso e sconvolgente nei beduini Jahalin tra cui abito, mentre affrontano con serenità e resilienza, che a me sa di stoica, i travagli della vita e le “zannate” raspanti, crudeli e impietose dell'occupazione israeliana sulle loro terre e sulle loro vite. Mi meraviglia la loro confidenza assoluta in Allah, la certezza diafana della protezione e provvidenza divina sulle loro vite, sui loro figli e sui loro greggi; la speranza del loro presente e del loro futuro, riposto irrevocabilmente nelle mani dell'Altissimo. ‘Essere tentati' non è semplicemente rischiare di essere sedotti dal male, significa anche essere messi alle strette da una scelta decisiva: o la sicurezza di una vita sistemata o la totale fiducia in Dio, senza neppure sapere, come Abramo, dove vorrà portarci. È quello che la spiritualità ebraica, nella sua ancestrale saggezza, raccoglie con il nome di Lakh-Lakhah: il nostro viaggio esistenziale con Dio, l'abilità di discernere nella storia le tracce della sua presenza e il vuoto della sua assenza; di trovare nel rapporto assiduo e fiducioso con Lui la nostra bussola negli intricati vicoli delle nostre vicende umane, personali, familiari e sociali. Durante il suo viaggio Abramo sperimenta fallimenti e prove; ma non si arresta, radicato nella convinzione che Dio non può venire 41
meno alla sua promessa. Questa stessa convinzione lavora nel cuore di un altro uomo che ha cambiato la direzione della sua vita: Paolo. Egli è persuaso che i disagi che soffre per servire il Vangelo in realtà confluiscono a compiere il piano di Dio. È successo qualcosa “nel viaggio” di Paolo che ha alterato il corso della sua vita. E anche se molti sospettavano la piega che stava prendendo la sua vita, Paolo ha mantenuto questa corsa fino alla sua morte. La morte stessa ha approfondito la sua conoscenza del piano di Dio. Cogliere nella sofferenza e nella morte le tracce del piano di Dio è uno degli aspetti più faticosi e sfidanti del nostro Lakh-Lakhah. Specialmente quando parliamo della nostra sofferenza! Questo è qualcosa che Gesù stesso ha vissuto sulla stessa pelle. Anche Gesù ha cambiato direzione nella sua vita, un cambiamento che ha sconvolto i suoi parenti e i vicini quando lasciò Nazaret per iniziare la sua attività pubblica. Quanto più cresce Gesù nella sua comprensione di Dio e del Suo Regno, più si accende la determinazione delle autorità religiose nel cercare di sbarazzarsi di Lui. Man mano che Gesù si addentra nel suo ministero, diventa sempre più consapevole che svolgere la missione di suo Padre lo porterà faccia a faccia con una morte violenta. Prima di raccontare l'evento della Trasfigurazione, Matteo ci dice come “Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno.”(Mt 16, 21). Matteo ci dice in questo modo che Gesù capisce il suo viaggio e la sua morte come un compimento del piano di Dio. Il Vangelo ci dice che Gesù non ha affrontato la conoscenza della sua morte violenta da solo. Questo tipo di conoscenza paralizzerebbe e schiaccerebbe chiunque! La Trasfigurazione ci dice che Gesù è abilitato a fare quel viaggio a Gerusalemme nell'amore dichiarato dal Padre. La direzione che ha dovuto seguire Gesù gli è costata la vita. L'evento della Trasfigurazione ci mostra che Gesù 42
non è solo “colui che deve soffrire”, ma che è anche e soprattutto “l'amato figlio di Dio”. Queste due definizioni vanno insieme. La sofferenza e la gloria sono evidenti nella sola persona di Gesù. Nella Trasfigurazione, il nome di Gesù è pronunciato con amore: egli è nominato e sostenuto dal Padre, e noi siamo tenuti ad ascoltarlo. Anche i nostri viaggi, i pellegrinaggi delle nostre vite ci mettono talvolta di fronte a decisioni difficili e faticose, che solo potremmo affrontare nella consapevolezza di essere amati e sostenuti. Quando sentiamo il nostro nome pronunciato con amore, allora possiamo affrontare il nostro viaggio verso Gerusalemme. Il potere di questo amore ci dá la forza per affrontare il futuro, proprio come la Sua assenza rende il futuro un paesaggio desolante e minaccioso. Nella morte di Cristo, Dio ha dimostrato gli estremi del suo amore, quell'amore sconfinato che ci accingiamo a celebrare nei misteri pasquali. Un amore che ci aiuta a viaggiare con speranza e ci permette di mantenerci in tensione, perchè possiamo riposarci finalmente nell'Amore che conosce il nostro “nome”. Si tratta allora di partire e ri-partire con Dio in ogni transizione della nostra vita: una cambio di città; inattesi problemi di salute; una nuova relazione; i figli che arrivano, che crescono, che partono; la perdita del lavoro o semplicemente l'impronta degli anni che scorrono sul nostro cuore e sul nostro corpo... partire con Dio e con Lui restare, nella ricerca continua dei segnali luminosi che orientano i nostri passi.
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Dalla tradizione religiosa cristiana Poiché le parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per prenderci e correre il mondo in noi, lascia, o Signore, che di quella lezione di felicità, di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte, alcune scintille ci tocchino, ci mordano, c’investano, ci invadano. Fa’ che da essi penetrati come ‘‘faville nelle stoppie’’ noi corriamo le strade di città accompagnando l’onda delle folle contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia. Perché ne abbiamo veramente abbastanza di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie: essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più. Fa’ esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio. Madeleine Delbrel Padre Nostro Orazione. O Cristo, tu sei con noi, carne della nostra carne. Insegnaci a credere, ad amare, a soffrire come tu, uomo, hai creduto, hai amato, hai sofferto. Cristo, anche tu fosti uomo: ama, perciò, i nostri limiti. Amaci tutti. Non solo i pure e gli attivi, ma anche i rassegnati, gli incostanti, i deboli. Aprici gli occhi, perché sappiamo riconoscerti nella nostra vita. Amen. 44
SABATO 15 MARZO 2014 Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48
Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso. Deuteronomio 26,18-19
Avete inteso che fu detto: ‘‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’’. Ma io vi dico: ‘‘Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?’’
Matteo 5,43-46
La sofferenza indicibile di Gesù: la sua croce, la sua immolazione, la sua morte, per la salvezza del mondo. Il che significa, per noi, che le difficoltà, le amarezze, le croci della vita portano in alto: che su di noi c'è il Cielo aperto; c'é il Cristo raggiante. Papa Giovanni XXIII
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DOMENICA 16 MARZO 2014
II Domenica di Quaresima Gen 12,1-4; Sal 32; 2Tm 1,8b-10; Mt 17,1-9
Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò».
Genesi 12,1-1
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
Matteo 17,4-5
Ringrazio Iddio di questa grazia della povertà di cui feci voto nella mia giovinezza, povertà di spirito, come Prete del Sacro Cuore, e povertà reale; e che mi sorresse a non chiedere mai nulla, né posti, né danari, né favori, mai, né per me, né per i miei parenti o amici. Nell’ora dell’addio, o meglio dell’arrivederci, ancora richiamo a tutti ciò che più vale nella vita: Gesù Cristo benedetto, la sua santa Chiesa, il suo Vangelo, e, nel Vangelo, soprattutto il Pater noster, e nello spirito e nel cuore di Gesù e del Vangelo, la verità e la bontà, la bontà mite e benigna, operosa e paziente, invitta e vittoriosa. Dal Testamento di Papa Giovanni XXIII
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Saliamo sul monte E così questa domenica siamo invitati a salire sul monte, anche solo per assistere all'originale scena narrata dall'evangelista Matteo. Assistiamo, poi vediamo se ne viene qualcosa anche per noi. C'è un salmo stupendo, tra i tanti, che si apre con le parole: alzo gli occhi verso il monte, da dove mi verrà l'aiuto? Quando in quel di Bratto decidemmo di innalzare una croce sul monte Cornetto abbiamo incorniciato in un cartiglio proprio questa espressione biblica, permettendoci però una piccola manomissione: il punto esclamativo in luogo di quello interrogativo. Così che alla fine risultò: alzo gli occhi verso il monte, da dove mi verrà l'aiuto! Consapevoli che proprio dai monti di Dio, che nella Bibbia hanno un posto rilevante, viene la saggezza del cuore e la salvezza. Uno spicchio considerevole di questa storia risiede proprio sul monte della Trasfigurazione, identificato dalla tradizione con il monte Tabor. Perché da lì ci vengono suggestioni forti, al seguito dell'esperienza vissuta da tre apostoli scelti da Gesù per questa meravigliosa camminata. Una chiamata per pochi, e alla fine con l'impegno del segreto, perché non venisse profanato con interpretazioni balenghe il segreto di Gesù Messia. Ma gli apostoli, uomini, per quanto avranno taciuto, desiderosi di esibirsi come i privilegiati custodi di un accadimento unico nel suo genere? Gesù fu trasfigurato. Ecco il nòcciolo dell'evento. Sembrava quasi che non stesse più nella pelle neppure lui dal desiderio di condividere con qualcuno il suo segreto. Lui, il Figlio di Dio, fatto uomo tra gli uomini al punto che i suoi compaesani di Nazareth, al suo presentarsi in sinagoga con la parola del profeta, lo schernirono: ma non è il figlio del falegname? Chi si crede di essere? Uno come gli altri, appunto, segni particolari nessuno, come recita un titolo di film. 47
Sul quel monte si apre al contrario il sigillo che lo qualifica, abitato in tutto e per tutto dalla vita divina, iscritta indelebilmente nella sua persona. Tant'è che proprio al chiudersi della sua esistenza terrena sulla croce sarà un centurione romano a riconoscere: veramente quest'uomo era figlio di Dio! Ma come dire con racconto comprensibile ad orecchie terrestri questo segreto della vita divina che si manifesta e di fronte alla quale Elia dovette coprirsi il volto con il mantello per non essere folgorato e poter così restare in vita? Con categorie bibliche l'evangelista chiosa semplicemente: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Marco, evangelista dei particolari simpatici, aggiungerà la postilla: nessun lavandaio sulla terra potrebbe rendere le vesti così bianche. Quasi un sorrisetto lanciato a questi pur bravi lavoratori e oggi, diremmo, ai pur provetti produttori di detersivi. Come a dire e ammonire: qui non siamo davanti a presenza o opera o invenzione di uomini, ma al luminoso proporsi di Dio. In carne ed ossa, stavolta possiamo proprio dirlo, visto che il proporsi è nell'uomo Cristo Gesù. E gli apostoli, degni rappresentanti non solo degli amici restati in pianura, ma anche di noi, uomini di questo e di tutti i tempi, di fronte a questa meraviglia per gli occhi e per il cuore, manifestano due reazioni in sé contrastanti: la gioia e il timore. Gioia, perché non possono negare quanto vedono e timore perché sono surclassati dal mistero, che la nube ben evidenzia. Dice Pietro di botto: è bello per noi stare qui e propone di starci per sempre sotto le tende, ma racconterà più tardi perché sia scritto: che furono presi da grande timore. Gioia e timore: anche per il passaggio brusco dalla luce che rallegra alla voce che convoca con accento grave: questo è il mio Figlio, ascoltatelo! Vien da pensare, per metterci un po' nei panni trepidanti dei tre 48
apostoli, che siamo tutti disposti a farci compagni di Gesù in alcuni suoi passi, pronti poi a lasciarci assalire dal timore quando ci vuole condurre un po' più in là. Conquista il Gesù grande uomo, il Gesù profeta. Il Gesù rivoluzionario, a seconda delle propensioni o delle ideologie. Il Gesù intrappolato in pianura dal nostro volare basso. Ma il Gesù trasfigurato, con la sua verità su Dio e sull'uomo, prendere o lasciare, porta tanti di noi a prendere le distanze, non collimando la sua parola e il suo stile con i nostri schemi e i nostri pregiudizi, pronti ad abbandonare il suo monte, pur accattivante, e rintanarci sui nostri. Strappando pagine di Vangelo a misura nostra, facendoci esperti in umanità e pure in divinità e divenendo superbi pontefici di ciò che giova all'uomo e alla sua storia. Gesù disceso dal monte e accortosi di questa sfiducia, ribadirà con animo dolente ma anche con rispetto della nostra libertà: volete andarvene anche voi? E dovremo giocarci il passaggio dal cameratismo con il Gesù simpatico alla fede vera nel Gesù trasfigurato, sulla croce e nella gloria. Quello che si racconterà ai tre in un ultimo spazio segreto: il Figlio dell'uomo sarà crocefisso, ma il terzo giorno risorgerà. Ascoltatelo: non perché abbia ricette o abbia tra le mani il manuale delle giovani marmotte, ma perché dà i connotati del vivere e del con-vivere, perché indica il sentiero e apre l'orizzonte, perché solleva dalla fragilità alla compiutezza la vita. Maestro e Salvatore.
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Una settimana con… Annalena Tonelli Se anche Dio non ci fosse, solo l'amore ha un senso, solo l'amore libera l'uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in particolare solo l'amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l'amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla, che noi porgiamo la guancia ancora non ferita allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce perché non sa quello che fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amici, che tutto crediamo, tutto sopportiamo, tutto speriamo... Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta. Ed è allora che la nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione. Ed è allora che la nostra vita diventa felicità anche nella sofferenza, perché noi viviamo nella nostra carne la bellezza del vivere e del morire.
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LUNEDÌ 17 MARZO 2014 Dn 9,4b-10; Sal 78; Lc 6,36-38
Feci la mia preghiera e la mia confessione al Signore, mio Dio: «Signore Dio, grande e tremendo, che sei fedele all'alleanza e benevolo verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! Al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, né seguito quelle leggi che egli ci aveva dato per mezzo dei suoi servi, i profeti».
Daniele 9,4-5.9-10
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Luca 6,36-37
Nulla ci turbi e sempre avanti con Dio. Forse non è facile, anzi può essere una impresa titanica credere così. In molti sensi è un tale buio la fede, questa fede che è prima di tutto dono e grazia e benedizione. Perché io e non tu? Perché io e non lei, non lui, non loro? Eppure la vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell'amore. Annalena Tonelli
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MARTEDI 18 MARZO 2014 Is 1,10.16-20; Sal 49; Mt 23,1-12
Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta. Convoca il cielo dall'alto e la terra per giudicare il suo popolo: «Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l'alleanza offrendo un sacrificio». I cieli annunciano la sua giustizia: è Dio che giudica.
Dal Salmo 49
Non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre’’ nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà, sarà esaltato.
Matteo 23,8-12
Nulla mi importa veramente al di fuori di Dio, al di fuori di Gesù Cristo. I piccoli sì, i sofferenti, io impazzisco, perdo la testa per i brandelli di umanità ferita, più sono feriti, più sono maltrattati, disprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. E questo amore è tenerezza, comprensione, tolleranza, assenza di paura, audacia. In loro io vedo Lui, l'agnello di Dio che patisce nella sua carne i peccati del mondo, che se li carica sulle spalle, che soffre. Annalena Tonelli 53
MERCOLEDÌ 19 MARZO 2014
2 Sam 7,4-5a.12-14a.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18-22; Mt 1,16.18-21.24 opp. Lc 2,41-51a
Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà, perché ho detto: «È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».
Dal Salmo 88
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Luca 2,46-49
“Tu hai fatto del male? Io pagherò al posto tuo” così diceva Gandhi. Così ci ripete Gesù Cristo da duemila anni .Chissà perché noi uomini siamo così sordi. Certo la sua voce è spesso piccola e silenziosa ma poi Lui è nella celletta della nostra anima e non dovrebbe essere così difficile scendere laggiù ed abitare con lui. Parole? No.Verità. Realtà. Certo, per la maggioranza di noi uomini sarà ed è necessario fare silenzio, quiete, chiudere il telefonino, buttare il televisore dalla finestra, decidere una volta per tutte di liberarsi dalla schiavitù di ciò che appare e che è 54
importante agli occhi del mondo ma che non conta assolutamente agli occhi di Dio, perché si tratta di non valori. Ai piedi di Dio noi ritroviamo ogni verità perduta, tutto ciò che era precipitato nel buio diventa luce tutto ciò che era tempesta si acquieta, tutto ciò che sembrava un valore, ma che valore non è appare nella sua veste vera e noi ci risvegliamo alla bellezza di una vita autentica e sincera. Annalena Tonelli
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GIOVEDI 20 MARZO 2014 Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31
Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia.
Geremia 17,5.7
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti’’. Luca 16,22-25.27
La vita mi ha insegnato che la mia fede senza l'amore è inutile, che la mia religione cristiana non ha tanti e poi tanti comandamenti ma ne ha uno solo, che non serve costruire cattedrali o moschee, né cerimonie né pellegrinaggi... che è inutile senza il sacramento della misericordia, perché è nella misericordia che il cielo incontra la terra. Se non amo, Dio muore sulla terra. Annalena Tonelli, 56
VENERDÌ V ENERDÌ 21 21 MARZO MARZO 2014 2014
Gen G en 37,3-4.12-13a.17b-28; 37,3-4.12-13a.17b-28; SSal al 1104; 04; M Mtt 221,33-43.45-46 1,333-43.45-46
INNO INNO In mio In voi voi porrò porrò iill m io SSpirito pirito e vvivrete, ivrete, rritornerete itornerete al al luogo luogo del riposo; riposo; l'ho detto detto e lo lo ffarò: arò: ssono ono il Sig gnore, l'ho Signore, risuscito ilil m io ppopolo opolo Israele. Israaele. risuscito mio S'è l'amico, S'è addormentato addormentato Lazzaro,, l'a amico, ed morte. ed iio o vvado ado a svegliarlo svegliarlo dalla m orte. Lo desterò desterò perché perché anche voi ccrediate rediate Lo cche he iin nm 'è llaa ppienezza ienezza de ella vvita. ita. mee cc'è della Lo Spirito Spirito d io d imo ora iin n vvoi, oi, Lo dii D Dio dimora della morte; nnon on ssiete iete ppiù iù nnel el rregno egno d ella m o r te; corpo è m orto a ca ausaa del del ppeccato, eccato, ilil corpo morto causa ma l'ha l'ha rrisuscitato isuscitato il SSalvatore. alvatore. ma T ogliete vvia ia llaa ppietra ietrra d al ssepolcro, epolcro, Togliete dal vvii m ostrerò llaa gloriaa d io P adre: mostrerò dii m mio Padre: al della al rregno egno d ella lluce uce ttorna orna LLazzaro; azzaro; chi ccrede rede in in me, me, se se m uore aavrà vrà llaa vvita. ita. chi muore
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La Parola del Signore Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate, a lui inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Dal Salmo 104 Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?. Gli risposero: ‘‘Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo’’. E Gesù disse loro: ‘‘Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti’’. Matteo 21,33-35.37-38.40-43 58
Per la riflessione personale
DIGIUNO Da sempre la Quaresima è stato il tempo della penitenza e del digiuno, della conversione e delle rinunce spontanee, più o meno generose. Così è sempre stato e così sarà ancora, ma solo come segno della partecipazione al mistero pasquale di Cristo: questo è il punto determinante, ciò che di fatto deve crescere a ogni Quaresima. Solo a questo punto la Quaresima cesserà di essere stagione della tristezza e afflizione, contribuendo a dare un'idea altrettanto depressa e lacrimosa del cristianesimo e del cristiano, come si menziona nell'Evangeli Gaudium di Papa Francesco. Il tempo quaresimale prepara e allena il credente, semmai, a uscire della cerchia triste e ristretta dei suoi obiettivi, della sua perfezione privata e un po' ambiziosa, per entrare con Cristo in Gerusalemme, a prender parte con lui al mistero della redenzione. Quaresima è anzittutto cogliere la potenza vitale della croce e della morte di Gesù in croce. Poichè in quella croce e attraverso quella morte è giunta a noi la vita, essa è il segno più grande dell'amore. Ed è cosi che la croce acquista un potere liberatorio. “Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale. Recuperiamo e accresciamo il fervore, «la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime […] Possa il mondo del nostro tempo - che cerca ora nell'angoscia, ora nella speranza - ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo’’ (Evangelii Gaudium n.10) 59
La Quaresima, lungo la vita, ha senso nella misura in cui ci converte a questo sentire. Ed è anzittutto conversione da una prospettiva triste e “doloristica” della passione di Gesù alla contemplazione della gloria della croce e della sua energia vitale; da quella pretesa un po' farisaica di perfezione seriosa e ambiziosa, finta e irrealista, alla libertà del proprio nulla, riempito della potenza della grazia e dell'amore di Dio. In questa prospettiva, all'inizio della Quaresima la Chiesa ci proprone la riflessione di Gesù sui tre cardini della vita spirituale: la preghiera, il digiuno e l'elemosina, alle quali siamo invitati a partecipare con generosità ed entusiasmo. Ma prima di parlare di queste, Gesù dà un avviso circa la tentazione di praticare queste opere di pietà al fine di essere visti dalla gente, di essere “pubblicamente pio”, guardando con la coda dell'occhio alla reazione del pubblico. Nella Terra dove abito, la spiritualitá delle diverse tradizioni religiose, dall'ebraismo all'islam, includendo tutte le chiese cristiane di rito orientale, considera il digiuno una parte importante del patrimonio religioso ed un segno inequivocabile di pentimento. Attraverso il mese musulmano di Ramadan, il Mercoledì delle Ceneri o il grande giorno del Yom Kippur, credenti di tutti i tempi in ogni angolo del modo, esprimono con il gesto austero e sincero del digiuno il loro pentimento per i propri peccati e per quelli delle loro comunità, così come il desiderio di raddrizzare cio' che è “storto” e ripartire nella direzione giusta. Si tratta di lasciare alcune cose per dare priorità ad altre. Il digiuno è stato sempre legato al pentimento: altrimenti, esso potrebbe essere ridotto semplicemente a una delle tante “teologie della dieta” che abbondano su certi settimanali. Quale deve essere allora l'oggetto del nostro digiuno? San Giovanni Crisostomo scrisse: “Ti dico che è possibile digiunare senza privarsi dal cibo. È un indovinello? Godendo del cibo pur di allontanarsi dal peccato. In verità ti dico che questo è digiuno ancora più eccellente.” 60
Dunque, prima di tutto, siamo tenuti a digiunare dal peccato. Non ha alcun senso saltare un pasto e passare la serata a demolire il nostro prossimo. Non ha alcun senso rinunciare alla carne e chiudere gli occhi di fronte alle folle di rifugiati e profughi, alle vittime di tutte le ingiustizie e di tutte le guerre, all'angoscia dei disoccupati e degli sfrattati. Non ha alcun senso rinunciare al superfluo, e voltare le spalle a chi non ha il necessario... Nella tradizione della Chiesa, il digiuno è strettamente legato alla preghiera e all'elemosina. In tempi di crisi e di precarietà economica a cui devono far fronte le nostre famiglie e comunità, cosa possiamo offrire agli altri? Nonostante tutto, dovremmo condividere i doni più preziosi che abbiamo ricevuto: l'amore, la compassione, la comprensione, il perdono. A questo serve appunto il “perdono”, per essere donato! A volte diamo tanto, ma non diamo noi stessi. Ci viene chiesto soprattutto di donare noi stessi, sull'esempio di Gesù. Egli ha dato se stesso generosamente:“Colui che non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”, non esitò a condividere con noi il suo tempo, la sua energia, i suoi doni divini ed umani, fino alla donazione più totale ed assoluta: la sua vita, il suo corpo e il suo sangue. Al dono di noi stessi, fare dono anche di tempo, cibo, soldi, beni ... perchè la nostra tensione quaresimale verso l'Altro non resti un puro sforzo ascetico, stoico e intimista, ma raggiunga anche “l'altro” con gesti concreti e creativi di solidarietà, giustizia e restituzione, verso coloro che sono, e restano, i prediletti di Dio: i poveri e gli esclusi di ogni tempo. “Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale: «La conversione spirituale, l'intensità dell'amore a Dio e al prossimo, lo zelo per la giustizia e la pace, il significato evangelico dei poveri e della povertà sono richiesti a tutti»”. (Evangelii Gaudium n. 201) 61
Dalla tradizione religiosa cristiana Ma tu mi hai trovato Pellegrino sulla terra, ogni giorno ti cerco, ma dove trovarti, Signore? Raccogli il tuo sguardo verso il fondo del tuo cuore: sono li che ti cerco. Affamato di giustizia, al mattino spero in te, come placare la mia fame? Accogli l'eucarestia e la mia vita condivisa: il tuo desiderio è la mia speranza. Angosciato dal silenzio, la sera ti invoco, il mio grido, lo senti salire. Impara ad ascoltare, esorcizza la paura: il mio silenzio ti chiama. Attratto dal Padre, appostato ti attendo la notte, GesÚ, verrai presto?
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Io busso alla tua porta e mi pongo in attesa: aprimi, sono impaziente di essere accolto. Pellegrino sulla terra, ogni giorno ti cerco, ma tu mi hai trovato, Signore. Fr. Maurice di Tamiè Padre Nostro Orazione. Padre Santo e Buono, che accompagni la vita dei tuoi figli e provvedi alle loro necessità, liberaci dagli affanni e dalle angosce. Fa' brillare su di noi il tuo volto paterno, sciogli le tensioni che spesso ci travagliano, vinci la nostra ansia e paura del domani. Rendici capaci di imparare in umiltà l'uno dell'altro, cosicché possiamo essere uniti nella comune responsabilità di servire i nostri fratelli. Per Cristo Nostro Signore. Amen.
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SABATO 22 MARZO 2014
Mi 7,14-15.18-20; Sal 102; Lc 15,1-3.11-32 Quale Dio è come te, che toglie l'iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Michea 7,18-19 Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa». Luca 15,17-24 I piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d'acqua nell'oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre. I poveri ci attendono. Annalena Tonelli 64
DOMENICA 23 MARZO 2014
III Domenica di Quaresima Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Romani 5,1-2.5
Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna».
Giovanni 4,13-14
Il nostro compito sulla terra è di far vivere. E la vita non è sicuramente la condanna, lo ius belli, l'accusa, la vendetta, il mettere il dito nella piaga, il rivelare gli sbagli, le colpe degli altri, il tenere nascosta invece la nostra colpa, l'impazienza, l'ira, la gelosia, l'invidia, la mancanza di speranza, la mancanza di fiducia nell'uomo. La vita è sperare sempre, sperare contro ogni speranza, buttarsi alle spalle le nostre miserie, non guardare alle miserie degli altri, credere che Dio c'è e che Lui è un Dio d'amore. Annalena Tonelli
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Il gusto dell'acqua
Durante la grande Veglia pasquale nelle cattedrali è tradizione celebrare il battesimo degli adulti. Nei primi secoli della chiesa in modo generalizzato, oggi da noi per quel gruppo di persone che non sono state battezzate in età infantile. E la quaresima è il tempo privilegiato per rivisitare il cammino catecumenale. Evidenziato in particolare dai testi biblici proposti nelle domeniche di questo anno, con i motivi simbolici ed esistenziali dell'acqua, della luce e della vita nuova, che nella liturgia sono tradotti nei segni dell'acqua, del cero pasquale a cui è accesa la candela battesimale e della veste bianca. Richiamano ed esprimono in modo comprensibile a tutti le valenze sacramentali del battesimo. Siamo dentro un movimentato teatro dalle mille icone e dai mille attori, in un incastro che si muove a zig-zag verso un fuoco di scena in cui si svolge l'originale dialogo che si intesse attorno all'antico pozzo di Giacobbe. Dialoganti casuali: Gesù, che siede stanco nel suo percorrere le strade degli uomini e una donna samaritana che al pozzo va d'abitudine per attingere acqua. Sempre consapevoli che la 'casualità' nei disegni e nelle vie di Dio si imparenta spesso con una provvidenza che forse non vuole apparire in modo provocante. Così alla fin fine potrà sembrare anche in questa occasione, avendo la pazienza di leggere tutto il brano di Vangelo, che stavolta è effettivamente lungo. E che in tante chiese saremo tentati di tagliare a beneficio di chi vuol dilungarsi predicando e di chi non ha sempre molta voglia di ascoltare. Con grave danno, appunto, della bella storia del provvidenziale scherzo che Gesù tira a questa ignara donna. Verrebbe da pensare, in opposto contesto, 66
alla famosa frase del Manzoni a proposito della monaca di Monza: e la sventurata rispose. Qui il rispondere diventa pure una 'trappola', un cacciarsi nel sacco, ma per la salvezza e la pace. Con buona pace delle regole che avrebbero di per sé impedito questo dialogo tra uomo e donna, soli. Comunque il racconto è variegato nei temi che si intersecano, e che possono far pensare alla ricerca di una via di fuga da parte della donna di fronte alla stringente e per certi aspetti costringente parola di Gesù.Vi si innesta la digressione sulle ragioni dei Giudei e dei Samaritani a proposito del luogo in cui rendere culto a Dio; la chiarificazione a cui la donna è chiamata sulla sua situazione giuridica, il suo stato civile diremmo noi; e ancora l'intromissione degli zelanti e poi stupiti apostoli, tornati dalla città con il pane del forno, che si sentono dire che Lui, il Maestro ha ben altro cibo di cui nutrirsi. In più nello stesso racconto, ecco righe di divina poesia sulla drammatica e stupenda realtà umana, lo sguardo portato sul biondeggiare delle messi pronte per la mietitura. Che orienta a riflettere che a volte neppure abbiamo gratitudine per chi ha faticato nel seminare, noi che più spesso cerchiamo di essere tra chi raccoglie. E tra le pieghe di questa considerazione di Gesù l'invito a levare gli occhi, a saper vedere l’entusiasmante panoramica di un mondo che, tra le sue miserie o forse proprio anche per queste, non permette di attardarsi in un inefficace mugugno o nella parzialità della lode dei tempi andati. Ma chiama a rivoltarsi le maniche per prendersi a cuore e la semina e la mietitura dentro il campo del mondo. A noi affidato perché lo possiamo custodire con cura e coltivare con amore. Fatti operai umili e generosi nella vigna del Signore, secondo l'immagine raccolta da Benedetto XVI. Ma, se avete pazientato, ora torniamo in presa diretta al pozzo di Giacobbe, con i suoi due interlocutori. Pozzo che poi è luogo 67
storico e simbolico insieme, perché il Vangelo quando viene proclamato ci rimanda a eventi datati, ma che fungono da laser di lettura e di intervento sulla salute spirituale dell'uomo di ogni tempo. Pozzo predisposto quindi da Colui che questa salute l'ha a cuore per essere luogo di benefico inciampo, in ogni angolo di casa o di città o di vita. Così ognuno, se vuole, trova il pozzo dell'incontro che decide della sua storia e della sua vita. Pozzo presso il quale, prima o dopo, quella Presenza, cercata o fuggita o solo traguardata di lontano, ci si para davanti, senza imporsi ma proponendosi con un fascino che non lascia indifferenti. Quel Gesù lì seduto, quasi con non chalance direbbero i fini, ma ben deciso ad attenderci e a tenderci il dolce tranello che ci convoca ad indagare su di noi, su dove stiamo dirigendo la vita, su quale fondamento la stiamo poggiando, su che cosa stiamo sorseggiando o tracannando per spegnere la nostra sete di speranza e di letizia. Sete carsica a volte, ma ardente, sempre presente e in cerca di freschezza. E attorno a quel pozzo siamo messi allo scoperto, come la donna samaritana con il suo secchio ad attingere continuamente, perché l'acqua sempre si esaurisce, perché la sete sempre ritorna, perché la gola si secca e con essa anche l'animo. E in tutto questo bailamme di Vangelo ecco emergere la provocazione amicale e divina: chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà mai più sete! E noi, ormai agganciati, sentiamo che forse è vero, che abbiamo trovato la sorgente che cercavamo da poco o da tanto, quella che irriga il deserto che è dentro di noi, che ci dà il vero gusto dell'acqua. Quella oltretutto che zampilla per la vita eterna. Eterna non solo dell'eternità del domani, ma eterna già dentro la precarietà e la provvisorietà dell'oggi, che vengono spuntate della loro arma d'angoscia e di paura e caricate di una valenza di speranza e di pace. La samaritana è tornata in città a raccontare di questa speranza e di questa pace, finalmente trovate. 68
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Una settimana con… Pierre Claverie Egli si è battuto per essere vicino a tutti gli uomini, ai credenti di qualunque confessione. Parla di pace a loro non come dato acquisito ma che deve essere costantemente difeso, passando attraverso i diritti delle persone che non devono essere né discriminate né schiavizzate neppure oppresse dalla violenza e dall'inganno. Non c'è pace senza libertà. La privazione della libertà è una delle ferite più profonde che l'uomo possa provare. Il compito dei credenti oggi è la battaglia per il rispetto dei diritti e della libertà là dove essa è negata.
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LUNEDI 24 MARZO 2014
2Re 5,1-15a; Sal 41 e 42; Lc 4,24-30 Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?». Dal Salmo 41 e 42 «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Luca 4,24-28 Ogni persona è amata da Dio così com'è ed è questo amore che ci fa vivere e può trasformare il mondo. Gesù ci salva dalle nostre chiusure e dalle nostre paure e ci spinge a incontrare gli altri. Esso ripete “andate, condividete con tutti ciò che avete ricevuto da Dio attraverso lo Spirito’’. Pierre Claverie
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MARTEDÌ 25 MARZO 2014
Annunciazione del Signore Is 7,10-14; 8,10c; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà». Ebrei 10, 5-7
In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Luca 1,26-33
Gesù si proclama Re di fronte a Pilato che lo condannerà a morte. La forza della vita che abbiamo identificato con l'amore, è l'unica legge del regno di Dio. Le liturgie della Quaresima si aprono sulla lettura evan73
gelica della tentazione di Gesù nel deserto. Lo vediamo respingere tre proposte diaboliche: il potere dei miracoli, il potere religioso e il potere politico. A ogni tentazione Gesù rimette la sua vita nelle mani del Padre decidendo di fare prima di tutto la sua volontà. L'unica guerra che valga la pena di condurre è quella contro tutto ciò che deturpa l'uomo e lo rende schiavo e l'unica arma che faccia sperare in un futuro di Risurrezione è quella dell'amore. Anche noi in questa situazione economica e politica fragile diciamo come Maria ai piedi della croce, Madre coraggiosa e dolorosa, restate in piedi. Quando la violenza si normalizza si dimenticano i principi fondamentali come il rispetto della persona nella sua vita e nella sua integrità fisica e morale. Si cade allora nella degradazione delle coscienze e tutto ciò soffoca la nazione. Il meccanismo della violenza è un insulto a Dio il padrone della vita. Pace e gioia assumono un significato solo nella resistenza concreta e quotidiana alla violenza, alla fatalità, alla rassegnazione e nel dono reale di noi stessi per mantenere la speranza. Pierre Claverie
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MERCOLEDÌ 26 MARZO 2014 Dt 4,1.5-9; Sal 147; Mt 5,17-19
È bello cantare inni al nostro Dio, è dolce innalzare la lode. Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d'Israele; risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome. Grande è il Signore nostro, grande nella sua potenza; la sua sapienza non si può calcolare.
Dal Salmo 147
Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel Regno dei cieli. Matteo 5,17-19
Lotteremo con tutte le nostre forze contro coloro che fabbricano strumenti di morte. Non smetteremo di creare e di impegnarci per far fruttare il dono della vita fra le nostre mani e così facendo offriremo la nostra vita senza paura di esporla nella speranza della Risurrezione. Pierre Claverie 75
GIOVEDÌ 27 MARZO 2014 Ger 7,23-28; Sal 94; Lc 11,14-23
Ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Geremia 7,23-24
Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». «Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il Regno di Dio».
Luca 11,14-15.19-20
Dobbiamo conservare la fiducia e non scoraggiarci, mantenere viva la speranza e non abbandonare la lotta, non far morire l'amore malgrado la disperazione nel cuore, volere la pace e costruirla a passo di formica, non essere conformisti ma liberi nelle catene. Pierre Claverie
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VENERDÌ 28 MARZO 2014 Os 14,2-10; Sal 80; Mc 12,28b-34
INNO Sole tu sei di giustizia, o Cristo, che il nuovo giorno accendi sul mondo, tu dalle tenebre libera i cuori, illumina ora le forze del bene. In questo tempo propizio, o Signore, a penitenza conduci gli spiriti: tutti converti al tuo vero amore quanti conforta la lunga pietà. Di sopportare tu dona, o Signore, la disciplina che monda e distrugge anche le colpe più tristi e mortali per la tua grazia che è sempre più grande. Venuto è il tempo, è questo il tuo giorno in cui riprendon le cose a sperare, e rifiorendo insieme per noi già pregustiamo la gioia di Pasqua. Unico Dio, tre volte Signore, sii adorato da tutte le cose, e noi, rinati dal tuo perdono, già ora il cantico nuovo cantiamo. 77
La parola del Signore Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne».
Osea 14,2.5-8
Si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: ‘‘Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza’’. Il secondo è questo: ‘‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’’. Non c'è altro comandamento più grande di questi». Marco 12,28-31
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Per la riflessione personale
BELLEZZA: Dio guarda il cuore. La liturgia quaresimale ci ricorda la storia del profeta Samuele, incaricato da Dio per scegliere un successore al re Saul. Egli è inviato a Jesse di Betlemme per ungere uno dei suoi otto figli come futuro re. Samuele è impressionato dal primogenito e presume che questo giovane di grande altezza sarà quello scelto da Dio. Ma non sará così. Samuele impara quel giorno una lezione fondamentale: "Dio non vede come vede l'uomo; l'uomo guarda all'apparenza, ma il Signore guarda al cuore". Jesse presenta sette dei suoi figli al profeta; non gli viene neanche in mente che il figlio più giovane potrebbe essere adatto: è solo un ragazzo pastore. Nessuno dei sette risponde alle aspettative, così l'ottavo figlio è chiamato dalle colline. Il Signore in David vede oltre quello che soddisfa l'occhio, per cui il giovane pastore diventa la “scelta eccentrica” di Dio per il futuro re. Nel Vangelo della quarta settimana di Quaresima abbiamo l'esempio di un’altra scelta sconcertante di Dio, che confonde i capi religiosi del suo tempo: un mendicante cieco che diventa teologo! Questo capolavoro narrativo di Giovanni ci descrive come un cieco viene a conoscere la luce in Gesù, sia fisicamente che spiritualmente. “La bellezza è nell'occhio di chi guarda”, dice un proverbio inglese. Lo sguardo compassionevole di Dio rende belle le sue creature, proprio come la Sua Parola rende loro la vita. È il suo uno sguardo che crea, uno sguardo che ama, uno sguardo che sceglie. La storia dell'uomo cieco come la storia di Davide, ci parlano delle scelte sorprendenti di Dio, un Dio che guarda il cuore. Entrambi sono 79
ricordati e celebrati dalla comunità cristiana durante la quaresima, perché ci fanno guardare di là di noi stessi, verso la realtà del divino. Alcune volte nella mia vita, anch'io ho sentito su me stessa lo sguardo innamorato di Dio. Non vi nascondo che mi meraviglia sempre incrociare questo sguardo, uno sguardo che crea la bellezza che contempla, che riporta la vita alla casa della vedova di Naim, che fa sgorgare pentimento e lacrime dalle pieghe più profonde dell'impaurito cuore di Pietro... I vangeli sono pieni di questi sguardi di Cristo che “abbelliscono” amando, scegliendo come amici e prediletti proprio coloro che agli occhi di tutti sarebbero da scartare. Dio ha scelto anche noi, proprio noi, per rendere visibile la sua opera! Agli occhi di molti, compresi noi stessi, potrebbe sembrare una scelta sfortunata. Ma la nostra grandezza va al di là di noi stessi, risiede nel fatto che siamo stati scelti. Permettendo a Dio di lavorare in noi, noi possiamo mantenere vive le sue “scelte eccentriche”! Ho imparato recentemente che anch'io posso guardare con gli occhi di Dio. Qualche giorno fa, mentre facevo vedere ad una amica beduina alcune fotografie delle ultime attività con i bimbi dell'accampamento, il suo sguardo cadde casualmente su alcune foto istantanee del minore dei suoi figli. Si tratta di un bambino ammalato, con gravi malformazioni che fanno spesso girare il viso con curiosità o ripugnanza a quanti lo incrociano. Conoscendo la riservatezza e la dignità propria dei beduini, avevo scattato quelle fotografie di nascosto, raccogliendo alcuni dei momenti più felici della famiglia: sorrisi sdentati, smorfie furbe e gioconde, abbracci e pose buffe. Lo avevo fatto per raccogliere quei momenti belli, pensando soprattutto a quando lui non ci sarà più. Sentii subito la reazione della mamma di fronte a quelle fotografie: due lacrime silenziose solcarono il suo viso e bagnarono il hijab che copre il suo volto. Mi scusai immediatamente con imbarazzo, per aver 80
osato usurpare alcuni momenti della loro intimità. “No - mi dissenon ti scusare. È proprio bello, vero? Mi fa un piacere immenso sapere che tu lo vedi come lo vedo io.” Così, anche questa Quaresima, la Chiesa ci invita ad assumere lo sguardo benevolente e vivificante di Dio, specialmente verso i membri più vulnerabili delle nostre comunità, per trovare in essi, guardati, amati e scelti da Dio, lo stupore di una bellezza a noi sconosciuta!
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Dalla tradizione religiosa cristiana Credo che la preghiera non è tutto, ma che tutto deve cominciare dalla preghiera: perché l’intelligenza umana è troppo corta e la volontà dell’uomo è troppo debole; perché l’uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di se stesso. Credo che Gesù Cristo, donandoci il Padre nostro ci ha voluto insegnare che la preghiera è amore. Credo che la preghiera non ha bisogno di parole, perché l’amore non ha bisogno di parole. Credo che si può pregare tacendo, soffrendo, lavorando, ma il silenzio è preghiera solo se si ama, la sofferenza è preghiera solo se si ama, il lavoro è preghiera solo se si ama. Credo che non sapremo mai con esattezza se la nostra è preghiera o non lo è. Ma esiste una prova infallibile della preghiera: se cresciamo nell’amore, se cresciamo nel distacco dal male, se cresciamo nella fedeltà alla volontà di Dio. Credo che impara a pregare solo chi impara a tacere davanti a Dio. Credo che impara a pregare solo chi impara a resistere al silenzio di Dio. Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore il dono della preghiera, perché chi impara a pregare impara a vivere. Monaco nel mondo 82
Padre nostro Orazione. Accendi in cuore o Dio, il desiderio del cielo e dona una sete ardente di giustizia a tutti noi che siamo radunati nel tuo nome. Aiuta la tua Chiesa ad essere sempre porta aperta a tutta le genti, e nella tua casa lietamente risuoni il canto della tua lode. Per Cristo Nostro Signore. Amen.
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SABATO 29 MARZO 2014 Os 6,1-6; Sal 50; Lc 18,9-14
Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora. Verrà a noi come la pioggia d'autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra.
Osea 6,1-3
Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato.
Luca 18,10-14
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La coesistenza è possibile e reale perchè ci sono uomini che sono stati capaci di uscire dai loro ghetti per incontrare altri uomini. Essi formeranno la trama di una società nuova e pluralistica non solo in Francia ma ovunque ci siano uomini pronti a coabitare con le loro differenze. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani, il sacrosanto Concilio esorta tutti a dimenticare il passato ed a esercitare sinceramente la mutua comprensione. Pierre Claverie
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DOMENICA 30 MARZO 2014
IV Domenica di Quaresima 1Sam 16,1b.4.6-7.10; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41
Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Per questo è detto: «Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
Efesini 5, 8-11.14
Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Giovanni 9,1-5
Oggi ci sono cristiani e musulmani che pregano per la pace. Quanti musulmani ci chiedono di farlo e quanti lo fanno con la sincerità della loro fede. Essi pregano a volte insieme , manifestando in questo modo che la pace passa attraverso il riconoscimento dell'altro e il rispetto del suo rapporto con Dio. Nei tempi in cui la vita e la morte si affrontano, la luce della Risurrezione continua a permanere. Pierre Claverie 86
La luce senza bolletta Non l'abbiamo detto la scorsa domenica, per non dilungare troppo… la predica, ma vi sarete accorti che il buon evangelista Matteo, di diritto sull'ambone evangelico di questo anno, è stato detronizzato dall'intraprendente Giovanni. È lui che ci sta accompagnando in queste domeniche di stampo battesimale. D'altronde, mentre tutti gli anni sono appannaggio uno di Matteo, un altro di Marco, un terzo di Luca, Giovanni sì è trovato maldestramente in panchina. Ed ecco allora che egli quasi a vendicarsi sportivamente, da vero panchinaro di lusso, quando entra in campo non solo va sempre a rete, ma segna pure dei goal da cineteca, come si usa dire. Presenta di quelle pagine con affreschi della vita di Gesù da far morire. Quindi va perdonata e anzi apprezzata la sua intrusione, qua e là nei vari anni liturgici. Ancora una paginata di Vangelo, ma da leggere per intero. Saltando proprio le parentesi che vorrebbero dissanguarlo per via della nostra fretta liturgica, che a volte dà più importanza alle parole umane, pur se ben dette, che alla Parola di Dio. Vangelo narrante, la forma più bella di catechesi, alla portata di tutti, da accogliere con l'animo dei 'piccoli' che soli hanno accesso alla verità. Un racconto oltretutto di estrema eleganza narrativa, con inserzioni e ritorni magistrali, e dal fine percorso psicologico, dentro le pieghe dell'animo di coloro che entrano in scena: Gesù, il cieco, i farisei, i genitori e quant'altri. Verrebbe da dire: un affresco dal bianconero ai più svariati colori per un capolavoro di umanità e di divinità. Un gesto di Gesù, neppure richiesto dal cieco, diretto interessato, 87
a dire la gratuità del dono e la prossimità amorevole. Attuato senza troppi artifici e in assenza di scenografie, ma con una risonanza a cerchi concentrici. Raccolto in quattro verbi scarni: andò, si lavò, tornò, ci vedeva! Perché l'opera di Dio mira all'essenziale. La guarigione del 'cieco nato', si dice comunemente. Ma meglio sarebbe: la guarigione di colui che era nato cieco. A meno che si voglia proprio evidenziare che il cieco nasce ora, allorché viene guarito, si ripresenta alla vita, finalmente; quasi una risurrezione da una esistenza umbratile, visti i limiti in cui era prima rinchiuso. In tempi in cui la malattia era considerata figlia del peccato, come sussumono gli stessi apostoli; in tempi in cui lo svantaggiato era ai margini della società, non si parlava di barriere architettoniche da eliminare, non erano erogati assegni di invalidità. Il cieco, nato! Così titolavano gli stampatori di Vangeli, imbroccando però, forse inconsapevoli, il vero significato del gesto, del segno compiuto da Gesù. Sì, gesto e insieme segno. E del compito che Egli andava scrivendo sulla pagina di vita di uno, ma per una lettura che riguarda la vita di tutti. Questo dicono i cosiddetti 'miracoli'. Ed ecco perché la storia di questo incontro non finisce qui. Perché il Signore Gesù si è fatto conoscere sì come medico di malanni, samaritano di ferite, ma mirando molto più in là: all'umanità intera, bastonata dal male dentro, piagata in ogni piega della vita, monca nel suo stesso senso e orizzonte. Sono venuto perché abbiate vita, una vita vera e compiuta. Vera, perché libera da miopia e presbiopia. Compiuta, perché aperta a uno sguardo largo e alto. Oculisticamente perfetta e quindi luminosa. E ne trae beneficio chi riconosce di essere cieco o cecuziente e quindi bisognoso di guarigione. Oltre ogni presunzione farisaica, che fa esclamare con sufficienza, ed è ancora vangelo di oggi: siamo forse ciechi anche noi? Lo siamo, eccome! Incapaci, al rondò dell'esistenza e della storia, di individuare la stra88
da della salvezza e pure tentennanti nel percorrerla, quando ci è stata indicata o l'abbiamo intravista. Ciechi su Dio e di conseguenza ciechi sull'uomo. Ecco perché la storia del cieco, incontrato e guarito da Gesù, punta più in alto, alla guarigione radicale, come emerge dal serrato dialogo che chiude il racconto: Tu credi nel Figlio dell'Uomo? E chi è, Signore, perché io creda in lui?. Gli dice Gesù:Tu l'hai visto, è colui che ti parla. Ed egli: io credo, Signore. È toccante quel l'hai visto detto proprio ad un cieco. Il quale passa dalla pur meravigliosa novità della fotografia, che già gli era preclusa, alla radiografia, al vedere dentro il segreto di Gesù, detto signore non per cortesia, ma Signore per fede. Guarito e salvato! La luce, ecco il messaggio e il passaggio battesimale di questa domenica. Dedicato a chi si era illuso di poter accendere tutto, oltre la tivù e il frigorifero, con la luce dell'Enel. E a chi, magari un po' brancolando ma con desiderio, è alla ricerca di Colui che gli accenderà e terrà vivo e scoppiettante il braciere della speranza, dell'amore e della vita. Signore, fa' che io veda!
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Una settimana con… Dietrich Bonhoeffer La Chiesa è Chiesa solo se e in quanto esiste per gli altri. Per cominciare, deve donare ogni suo avere agli indigenti. I pastori devono vivere esclusivamente dei contributi volontari della comunità, eventualmente devono esercitare una professione laica. La Chiesa deve collaborare ai doveri profani della vita sociale, non dominando, ma aiutando e servendo. Deve dire agli uomini di tutte le professioni che cosa è una vita con Cristo, che cosa significa ‘‘esserci-per-gli-altri’’. In modo particolare la nostra chiesa dovrà opporsi ai vizi della hybris, dell’adorazione della forza, dell’invidia e dell’illusionismo in quanto radici di tutti i mali. Dovrà parlare di misura, autenticità, fiducia, fedeltà, costanza, pazienza, disciplina, umiltà, sobrietà, modestia. Non dovrà sottovalutare l’importanza e il significato del «modello» umano (che ha origine nell’umanità di Gesù ed è così importante in Paolo!): non per il tramite dei concetti, ma nel «modello» la sua parola troverà risonanza e forza.
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LUNEDÌ 31 MARZO 2014 Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54
Io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Isaia 65,17-19 Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Giovanni 4,49-53 Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo, fare qualcosa di se stessi (un peccatore, un penitente o un santo) in base ad una certa metodica, ma significa essere uomini; Cristo crea in noi non un tipo d’uomo, ma un uomo. Dietrich Bonhoeffer 92
MARTEDÌ 1 APRILE 2014 Ez 47,1-9.12; Sal 45; Gv 5,1-16
Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.
Ezechiele 47,9.12
A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?».
Giovanni 5,2-6
Dio si lascia cacciare fuori del mondo sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo e appunto solo così egli ci sta al fianco e ci aiuta. Qui sta la differenza decisiva rispetto a qualsiasi religione. La religiosità umana rinvia l’uomo nella sua tribolazione alla potenza di Dio nel mondo, Dio è il deus ex machina. La Bibbia rinvia l’uomo all’impotenza e alla sofferenza di Dio, solo il Dio sofferente può aiutare. Dietrich Bonhoeffer 93
MERCOLEDÌ 2 APRILE 2014 Is 49,8-15; Sal 144; Gv 5,17-30
Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza, per far conoscere agli uomini le tue imprese e la splendida gloria del tuo regno.
Dal Salmo 144
In verità vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Giovanni 5,19-20
La liberazione nella sofferenza consiste in questo, che all’uomo è possibile rinunciare totalmente a tenere la propria causa nelle proprie mani, e riporla in quelle di Dio. In questo senso la morte è il coronamento della libertà umana. Comprendere o meno la propria sofferenza come prosecuzione della propria azione, come compimento della libertà, questo determina se l’azione umana sia o non sia un affare di fede.Trovo tutto questo molto importante e molto consolante. Dietrich Bonhoeffer 94
GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 Es 32,7-14; Sal 105; Gv 5,31-47
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto con grande forza e con mano potente? Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo. Esodo 32,11.13.14
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Giovanni 5,36-38
Io credo che in ogni situazione di necessità Dio ci darà tanta forza di resistenza quanta ce ne occorrerà. Ma non ce la dà in anticipo, affinché non facciamo affidamento su noi stessi ma soltanto su di lui. Dietrich Bonhoeffer 95
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Sap 2,1a.12-22; Sal 33; Gv 7,1-2.10.25-30
INNO O Dio che il cielo splendente hai creato, ai giorni donando il fulgore del sole e il mite chiarore lunare alle notti, ascolta la nostra preghiera. Ormai dal mondo fugge la tenebra, rinasce ancora la luce, ritorna limpida e pronta la mente, la gioia dell'agire si ridesta. L'ora è più lieta, il cuore più sereno, l'aria è più dolce e chiara; tutto con voce nuova ammonisce che è tempo di cantare con gioia. Salvaci dall'insidia, dalla tristezza del male preservaci, non esca parola malvagia, l'iniquità non deturpi la vita.
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La Parola del Signore ‘‘Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà’’. Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile.
Sapienza 2,19-22
Intanto alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Giovanni 7,25-27
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Per la riflessione personale
POVERTÀ Come un tempo il massimo dell'amore del Padre si rivelò nel punto più basso della debolezza umana: la croce del Figlio, quasi un ricongiungimento dei due estremi, così anche oggi la divina potenza prende dimora nella povertà di colui che riconosce e accetta fino in fondo non solo l'infermità, ma persino la propria impotenza. Il Dio “potente” che si rivela nella povertà di colui, soprattutto, che si libera dalla pretesa di costruirsi con le proprie mani la propria perfezione perchè ha ampiamente scoperto di non farcela, un liberarsi dalla sottile ambizione di esser bravo agli occhi di Dio e più degno degli altri... Anche il discepolo di Cristo non è esente da queste illusioni tentatrici; anzi, nel suo caso, essa è più sottile e più difficile da scoprire nei suoi camuffamenti e ramificazioni. È la tentazione di confondere la santità, che è un dono, con la perfezione, che è soprattutto conquista, e d'intendere quest'ultima come il frutto improbabile delle proprie fatiche o semplicemente con l'esercizio dei propri ascetismi, come se tutto dipendesse dall'io e l'io stesso fosse creatore e padrone del proprio destino (anche eterno). Invece la Quaresima è il tempo “di essere semplicemente noi stessi”, cio' che siamo, di fronte a Dio; di permettere alla sua grazia di raggiungere i meandri dei nostri giorni e della nostra anima. In quest'ottica, diventa illuminante per noi la dichiarazione appassionata di Marta di Betania quando incontra il Maestro: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Una malattia, quella di Lazzaro, che non è per la morte, ma perchè si conosca la gloria di Dio. È anche detta “teologia del nulla” questo incontro tra l'uomo, 98
cosciente del suo nulla e pure così umile da presentarlo al Signore, e la condiscendenza di Dio, misteriosamente attratto dal nulla della sua creatura, per riempirlo di Sé. È l'agire di Dio così come tanto spesso ci è raccontato nella storia della salvezza: dal nulla del caos, delle origini, investito dalla potenza ordinatrice dello Spirito creatore, al niente di Israele, scelto dal JHWH proprio perchè “il più piccolo tra i popoli della Terra”. È l'agire di Dio nella povertà dalle vedove nullatenenti che offrono cibo a Elia ed Eliseo, donne invitate a raccogliere il poco che hanno, ... fino al vuoto della donna samaritana, ricca di mariti quanto povera d'amore; dalla pesca fallimentare di Pietro che non prende un bel niente, alle giare vuote di vino a Cana; dal pubblicano che riconosce con vergogna il suo niente ed è perdonato, alla Vergine Maria che canta il suo niente riempito dal tutto dell'Onnipotente... È proprio questa esperienza di povertà e affidamento che fa intonare anche a Paolo il suo magnificat: “Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perchè dimori in me la potenza di Cristo..., quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,9-10). È proprio questa liberazione interiore che fa esplodere anche la grazia di Dio, che si rivela nel “piccolo”. Non lo trovi se non sei disposto a chinarti... la nostra impotenza confina con l'onnipotenza di Dio; è proprio presso i tuoi limiti Dio è in attesa di te... Dove non sai più andare avanti, là c'è ‘‘Dio”, e un Dio che finalmente può operare pienamente in un cuore liberato. Un cuore povero... sicuramente un modello di cuore ben lontano da ciò che ci propongono la pubblicità e i vari teleromanzi. Ma il messaggio della Quaresima ci porta ancora oltre. Non basta accogliere la nostra povertà e metterla sotto lo sguardo di Dio. Non basta rinchiudere la povertà in una categoria spirituale che porta alla beatitudine dei santi. Occorre anche e soprattutto, che questa “povertà dell'essere” si incarni in scelte concrete di solidarietà e giustizia; che la consapevolezza della propria povertà ci avvicini a coloro che sperimentano quotidianamente le ristrettezze e 99
i morsi della scarsità e della precarietà. Bisogna che saliamo dunque sulla carovana di coloro che dicono “mi basta” al consumo sfrenato che spersonalizza e snaturalizza, rubandoci l'essenza delle persone e del creato; bisogna riclicare, riparare, riutilizzare, scambiare, barattare... usando la creatività per sradicare la povertà sociale, piaga dei nostri giorni e far crescere il modello di povertà che suggerisce Papa Francesco nella sua enciclica Evangelii Gaudium, una povertà basata nella nostra condizione di figli di Dio, che umanizza e crea comunione e relazioni giuste e solidali: “In questo quadro si comprende la richiesta di Gesù ai suoi discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37), e ciò implica sia la collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incontriamo.” (Evangelii Gaudium n. 188) “... desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro”. (Evangelii Gaudium n. 198)
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Dalla tradizione religiosa cristiana Con la semplicità e l'amore liberami, Signore, dalla pigrizia che si agita, sotto la maschera del fare, e della mollezza che compie ciò che non è stato richiesto, per riuscire a eludere un sacrificio! Ma donami l'umiltà nella quale soltanto è il riposo, e liberami dall' orgoglio che è il fardello più pesante. Penetra tutto il mio cuore, tutta la mia anima, con la semplicità dell'amore. Thomas Merton Padre Nostro Orazione. Signore, tu stai alla porta e bussi: fa' che ti apriamo quando ascoltiamo la tua voce, ma se anche le nostre porte restano chiuse, tu vinci il timore ed entra lo stesso, perché dalla tua Resurrezione abbiamo la pienezza della vita e la tua pace. Amen.
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SABATO 5 APRILE 2014
Ger 11,18-20; Sal 7; Gv 7,40-53
Il Signore me lo ha manifestato e io l'ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l'albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome».
Geremia 11,18-19
All'udire queste parole, alcuni dicevano: «Costui è davvero il profeta. Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: ‘‘Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?’’». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui.
Giovanni 7, 40-44
Dio non è un tappabuchi; Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita; Dio vuole essere riconosciuto nella vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella forza, e non solamente nella sofferenza; nell'agire, e non solamente nel peccato. La ragione di tutto questo sta nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Egli è il centro della vita, e non è affatto "venuto apposta" per rispondere a questioni irrisolte. Dietrich Bonhoeffer
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DOMENICA 6 APRILE 2014
V Domenica di Quaresima Ez 37,12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45
Perciò profetizza e annuncia loro: «Così dice il Signore Dio: ‘‘Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò”».
Ezechiele 37, 12-14
Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Giovanni 11, 1-4
Colui che ama la comunità ideale, o la propria idea di comunità, più della comunità reale, finirà, pur con tutte le migliori intenzioni, per distruggere la comunità. Dietrich Bonhoeffer 103
L'orizzonte della vita Siamo invitati lungo il sentiero quaresimale di quest'anno a riconsiderare il sigillo battesimale che in noi conferma l'immersione nella vita divina e nella storia della comunità cristiana.Tutto questo mentre, da dietro la colorita siepe liturgica, intravvediamo i dialoghi e i gesti di Gesù nei suoi incontri: gli apostoli sul Tabor, la samaritana al pozzo, il cieco sulla via che lo conduce a Gerusalemme Ma deve essere ancora svelata la sorpresa da botto finale che Dio riserva all'umanità: piazzata là dove l'uomo si trova, con trepidazione e paura, a dover gustare il velenoso frutto della morte, dove tutto sembra infrangersi delle speranze e attese, delle buone relazioni intessute, del bene seminato in vita. Con il dubbio che sì, qualcosa resterà per un qualche tempo in memoria, ma che ben presto tutto saprà di polvere, spazzata pur essa dal tempo che scioglie persino il ricordo. E con l'interrogativo che a volte scoraggia: quanto vale allora l'indaffararsi e il prendersi cura di noi, degli altri, del mondo? Morire. L'uomo che per la vita si giocherebbe tutti gli averi si trova a non poter giocare neppure un qualche tempo supplementare dopo una partita che neppure è garantita nei regolamentari novanta minuti. E allora ci lasciamo sorprendere dal cuore dell'elaborato racconto evangelico. Centrato, per quanto riguarda Lazzaro e noi con lui, sul quel grido uscito dall'animo ferito dello stesso Signore Gesù: Lazzaro vieni fuori! Dall'oscurità della tomba, dal lezzo di morte. Ma tutto questo di certo non intende confermarci in quel ricorrente e per certi versi comprensibile modello di fede che vorrebbe strappare al Signore, per noi e per quanti accanto a noi, la pos104
sibilità di essere sollevati per sempre o almeno per un qualche tempo dal dover incappare nella malattia e nella morte. Come se il Signore ci avesse voltato le spalle quando questo avviene e mancasse a un impegno: nessuna copertura assicurativa ha firmato Dio a questo proposito, nel nostro frangente terreno. Neppure l'ha fatto per il Figlio suo che, coinvolto nella nostra condizione umana, s'è dovuto sorbire la sua morte, drammatica e dolorosa innalzato su una croce. La risurrezione di Lazzaro, o meglio il suo essere richiamato in vita con libertà provvisoria, suona per noi una musica diversa, certo non meno significativa, visto che allena l'udito e il cuore a cogliere il motivo dominante della folgorante sinfonia di Gesù: Io sono la risurrezione e la vita. Che si completa in coloro che nella sua melodia si lasciano coinvolgere: chi crede in me ha la vita eterna. Eterna non perché non si debba attraversare il morire, ma perché è dato un nuovo orizzonte, nel quale intravvedere che Dio non ci ha imbrogliato giocando con la vita. Che, anzi, è venuto a toglier l'uomo dall'imbroglio in cui si era cacciato, tirandosi addosso maldestramente il male che lo corrode e con esso la morte, icona suprema e bel leggibile del male che ci abita. Eterna, perché non consente alla morte, che pur si erge baldanzosa, come dicono le danze macabre, falce in pugno, non le consente di avere l'ultima parola. Provatevi, se volete, a ripetere con calma: chi crede in me ha la vita, eterna, appunto con una breve pausa tra vita e eterna.Vi risulterà nella giusta cadenza la solidità della vita, come Dio la garantisce, pur dentro la sua fragilità e la sua provvisorietà. E ricuperiamo il prologo del Vangelo oggi annunciato, con la dilungata attesa di Gesù attorno alla malattia dell'amico e le apparentemente fuorvianti circonvallazioni, quasi a tenere sulla corda gli apostoli. E quel sibillino: Lazzaro non è morto, ma dorme. Subito 105
rivoltato in un manrovescio appioppato agli ingenui: Lazzaro è morto. Che lascia tramortiti i dodici e tra tutti Tommaso che spara con generosità inconsapevole: andiamo anche noi a morire con Lui, con Gesù ovviamente che andava in zona rischiosa. Resta, in questo parlare di sonno, là dove la morte ha colpito, anche l'accenno ai credenti del dopo pasqua che si avvieranno a comprendere in una rilettura più lucida le parole del Maestro. Con aggancio alla misteriosa e provocante affermazione fatta a Cafàrnao e dintorni: chi crede in me ha la vita, chi mangia di questo pane ha la vita eterna. Credenti che penseranno più avanti di chiamare il luogo che accoglie per la sepoltura non mortorio, necròpoli appunto, ma dormitorio, cimitero appunto, coimetérion nella sua lingua originale. Non per questo saranno superati titubanza e sconforto, ma bisognerà pur fare i conti con quanto è accaduto a Betania e soprattutto confermato e reso efficace a Gerusalemme nella Pasqua di Gesù. E di questi sono testimoni singolari le due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria. Che si sentono quasi in dovere di una tiratina d'orecchi all'amico Gesù: Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. Espressione che, se ben notate, fa trasparire una qual serena furbizia, come a dire: siamo convinte che tu vorrai e potrai rifarti, per quel che ti conosciamo. Cospargendo la situazione drammatica di un profumo di fiducia, magari un po' interessata, ma amorevole e convinta: io so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te la concederà. Fino al culmine della professione di fede: Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Brave le donne, bisogna pur ammetterlo: con una marcia in più! Capace di far sgorgare dall'umanità commossa e piangente di Gesù, che fa intravvedere il vero volto di Dio e ne raccoglie la potenza, la voce che percorre il sepolcro: Lazzaro, vieni fuori! Scioglietelo e lasciatelo andare. Dopo aver fatto togliere la pietra che 106
sembrava aver chiuso ogni speranza. Perfino i Giudei, incalliti nelle proprie tradizioni e convinzioni, si apriranno a capire la lungimiranza, non solo immediata, di quel grido e di chi l'ha lanciato. Molti credettero in Lui. L'aveva ben anticipato Gesù: questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio venga glorificato. Questa malattia e tutte le altre, visto che la gloria di Dio è l'uomo vivente, secondo l'autorevole intuizione di Ireneo, vescovo. Noi, i vivi; noi, i viventi siamo la gloria di Dio. La sua gioia.
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Una settimana con… Piccola sorella Magdeleine Ciò che immagino, o vorrei vedere, per la Chiesa, è soprattutto - e questo è il desiderio di molti - che, pur restando la Chiesa di tutti, diventi sempre più la Chiesa dei poveri; che i pastori della Chiesa, senza paura, prendano le parti di coloro che sono oppressi e disprezzati. E, per essere davvero la Chiesa dei poveri, spero che non costruiscano più palazzi vescovili, né si circondino di articoli di lusso, che eliminino tutti quei titoli tipo Reverendo e Reverendissimo, per esprimere sempre meglio le loro funzioni di servizio... Io spero che la Chiesa spalanchi le porte alle altre Chiese, che sia sempre più misericordiosa con i peccatori, e accogliente, come lo era Cristo, con gli increduli e persino con quanti la perseguitano.
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LUNEDI 7 APRILE 2014
Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal 22; Gv 8,1-11
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca.
Dal Salmo 22
Gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
Giovanni 8, 3-7
Come Gesù durante la sua vita umana, fatti tutta a tutti: araba in mezzo agli arabi, nomade in mezzo ai nomadi, operaia in mezzo agli operai, ma prima di tutto umana in mezzo agli esseri umani. Non sentirti obbligata, per salvaguardare la tua dignità religiosa e la tua vita d’intimità con Dio dai pericoli esterni, di innalzare una barriera tra il mondo laico e te. Non ti mettere ai margini della massa umana. Piccola Sorella Magdeleine
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MARTEDI 8 APRILE 2014 Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30
Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita».
Numeri 21,7-8
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». Giovanni 8, 28-29
Vorrei che crediate che ci può essere un'amicizia vera, un'affezione profonda tra esseri che non sono né della stessa religione, né della stessa razza, né dello stesso mezzo... occorre che il vostro amore cresca e si sfumi di squisitezza. L'amore generoso si trova facilmente, ma l'amore delicato e rispettoso di ogni essere è raro. Piccola Sorella Magdeleine
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MERCOLEDI 9 APRILE 2014
Dn 3,14-20.46-50.91-92.95; Cant. Dn 3,52-56; Gv 8,31-42
«Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, degno di lode e di gloria nei secoli. Benedetto il tuo nome glorioso e santo, degno di lode e di gloria nei secoli. Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso, degno di lode e di gloria nei secoli. Benedetto sei tu sul trono del tuo regno, degno di lode e di gloria nei secoli».
Dal Cantico di Daniele
Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”? Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato».
Giovanni 8,33-34
Con quanto amore, rispetto, gioia.. con quanta tenera cura dovremmo ricevere chiunque si presenti a noi, ogni essere umano, chiunque sia, tutti, tutti, tutti... Nel riceverli è Gesù che riceviamo. Dobbiamo costruire qualcosa di nuovo! Qualcosa di nuovo che è antico, che è il cristianesimo autentico dei primi discepoli di Cristo. Dobbiamo, parola per parola, riprendere il Vangelo. Piccola Sorella Magdeleine
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GIOVEDI 10 APRILE 2014 Gen 17,3-9; Sal 104; Gv 8,51-59
Così si è ricordato della sua parola santa, data ad Abramo suo servo. Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza, i suoi eletti con canti di gioia. Ha dato loro le terre delle nazioni e hanno ereditato il frutto della fatica dei popoli, perché osservassero i suoi decreti e custodissero le sue leggi.
Dal Salmo 104
«Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Giovanni 8,53-56
Dio mi ha preso per mano ed io l'ho seguito ciecamente... Sempre, fin dal primo istante, il Signore mi ha dato una fede pazza, quella fede che Lui aveva promesso di ricompensare spostando montagne. Piccola Sorella Magdeleine
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VENERDI V ENERDI 11 11 APRILE APRILE 2014 2014
Ger G er 20,10-13; 20,10-13; SSal al 17 17; 7; G Gvv 110,31-42 0,31-42
IINNO NNO T utti umiliati umiliati iinsieme nsieme ppreghiamo, reghiamo, Tutti eelevi levi ognuno ognuno dal dal ccuore uore iill suo ggrido, rid do, llacrime acrime e ggemiti emiti ssalgano algano aall ggiudice iudice disarmare furore. pper er d isarmare iill ttremendo remenndo fu uroree. clemenza LLaa ttua ua cle emennza aabbiamo bbiamo fferito erito ccol ol nostro nostro om ale, o D io e SSignore, ignore, male, Dio u cche he ppuoi uoi ppiù iù aamore more cche he ira a, maa ttu ira, diffondi ssu u nnoi oi d iffonndi llaa ttua ua iindulgenza. ndulgenza.. Tue T ue ccreature, reature, noi noi ssiamo, iamo, rricorda, icorda,, pper er qquanto uanto ffragili ragili ccanne anne aall vvento: ento: che ttu u ad ad aaltri ltri nnon on cceda eda ll'onore, 'onore, che ssalva alva iill ttuo uo nnome, ome, SSignore ignore IIddio. ddiio. Lava Lava le le colpe colpe che che abbiamo abbiamo commesso, commesso, iin n nnoi oi vvogliamo ogliamo cche he iill bbene e ne m aturi, maturi, ccosì ossì ppossiamo ossiamo aalla lla ffine ine ppiacerti, iacerti, ess sertti aamici mici ancora ancora e per per ssempre. empre. esserti rinità bbenedetta, enedetta, ascolta, ascolta, OT Trinità Unità U nità ssemplice, emplice, qquesto uesto cconcedi: oncedi: cche he pporti orti ffrutto rutto aaii ttuoi uoi ffedeli edeli iill grande grande d ono di di eessere ssere ssobri. obri. dono 1114 14
La Parola del Signore Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.
Geremia 20,12-13
Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?» Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre».
Giovanni 10,31-33.37-38
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Per la riflessione personale
COMUNIONE Mentre scrivo queste righe, le chiese della città di Gerusalemme si preparano per la cacofonia di riti, tradizioni e espressioni liturgiche che modulano le celebrazioni della Settimana per l'unità dei Cristiani. Un avvenimento che ogni anno fa memoria del desiderio più profondo del cuore di Gesù: “che siano tutti una cosa sola”. Nello stesso tempo, si fa memoria della vocazione dei cristiani di Terra Santa, così come è stata espressa dal Sinodo delle Chiese del Medio Oriente: “comunione e testimonianza”. «Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frìgia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti , Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio. Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l'un l'altro: "Che cosa significa questo?"» (Atti degli Apostoli 2, 9-12). Questo universale ritrovarsi di tutte le lingue a Gerusalemme e il loro incontrarsi in Dio non è solo memoria, ma è ancora presente e futuro. Oggi come allora, la Chiesa di Gerusalemme nasce e si sviluppa con vocazione ed apertura universale. Noi siamo e viviamo la memoria viva dell'Incarnazione. Questa non è soltanto avvenuta nel tempo, ma anche in uno spazio. Abitare con vitalità quello spazio è vocazione e servizio alla Chiesa intera. Gerusalemme, in particolare, non può essere solamente vista come il risultato di una lotta fra fazioni opposte. Essa resta il punto 116
di partenza e di arrivo della peregrinazione della fede di ogni credente in Cristo, anzi, di chiunque condivide la fede di Abramo. La natura stessa della Chiesa di Terra Santa ci chiede di essere Chiesa sempre più “estroversa”, direi ospitale, aperta agli altri e all'altro.” Mentre i cristiani si ritrovano nelle chiese per innalzare a Dio la loro supplica corale per l'unità tra i cristiani, le strade delle città, in Israele come altrove, sono prese dalle dimostrazioni pacifiche dei profughi africani, (sudanesi ed eritrei, principalmente, ma anche etiopici, nigeriani, ganesi e altri) protestando contro le leggi che ingiustamente criminalizzano il loro esodo in cerca di libertà e prosperità. E come spesso succede nei mezzi di comunicazione, mentre i riflettori si accendono sugli ultimi battibecchi tra i partiti e si versano fiumi di inchiostro sulle ultime avventure amorose del politico di turno, milioni di rifugiati siriani stentano a sopravvivere ad un inverno eterno. Non si contano più i morti delle guerre in Siria, in Sudan, nella Repubblica Centrafricana, in Egitto; i negoziati di pace tra Israele e Palestina raggiungono l'ennesimo “stand-by” e la speranza agonizza sulle nostre strade, in Medio Oriente come altrove... Eppure, proprio qui, nel nostro oggi, nella nostra storia personale e globale, ci raggiunge il grido di Cristo: “che tutti siano uno!”. In questa quaresima, chiediamo perdono a Dio e alla storia per le nostre divisioni, per l'odio e il sangue versato lungo i secoli. Esprimiamo il nostro dolore e pentimento non solo con le parole o con le lacrime. Facciamolo con gesti di incontro e collaborazione; facciamolo con proposte di impegno comune per la giustizia e la pace in questa Terra e in tutte le terre; facciamolo con la forza della fede e della Parola che ci unisce, con la ricchezza pluricromatica delle nostre tradizioni culturali, teologiche e liturgiche; facciamolo con la certezza della nostra vocazione di cristiani: comunione e testimonianza. 117
“All'interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre! Nel quartiere, nel posto di lavoro, quante guerre per invidie e gelosie, anche tra cristiani! La mondanità spirituale porta alcuni cristiani ad essere in guerra con altri cristiani che si frappongono alla loro ricerca di potere, di prestigio, di piacere o di sicurezza economica. Inoltre, alcuni smettono di vivere un'appartenenza cordiale alla Chiesa per alimentare uno spirito di contesa. Più che appartenere alla Chiesa intera, con la sua ricca varietà, appartengono a questo o quel gruppo che si sente differente o speciale. Il mondo è lacerato dalle guerre e dalla violenza, o ferito da un diffuso individualismo che divide gli esseri umani e li pone l'uno contro l'altro ad inseguire il proprio benessere. In vari Paesi risorgono conflitti e vecchie divisioni che si credevano in parte superate. Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate:«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). È quello che ha chiesto con intensa preghiera Gesù al Padre: «Siano una sola cosa… in noi… perché il mondo creda» (Gv 17,21). (Evangelii Gaudium 98-99)
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Dalla tradizione religiosa cristiana Rendici simili a te attraverso l'amore Signore Dio nostro, aiutaci a mettere tutta la nostra fede in Gesù Cristo tuo Figlio separandoci dai costumi del mondo. Noi siamo chiamati alla speranza: aiutaci a prendere su di noi il tuo giogo leggero, questo dono che ci salva dalla nostra condizione mortale e che fa di noi degli esseri partecipi della tua divinità. Padre santo, aiutaci a compiere le tue parole fino alla morte, perché possiamo vederti faccia a faccia. Noi siamo stranieri sulla terra: che le ferite quotidiane facciano di noi degli imitatori di tuo Figlio, perché egli illumina quelli che lo cercano. Rendici simili a te attraverso l'amore, o Dio tre volte santo che vivi nei secoli dei secoli. San Simeone, il Nuovo Teologo (X secolo) Padre nostro Orazione. Signore cambia questa nostra vita.Tu che puoi guarire anche le ferite più profonde e restituire alla nostra esistenza la bellezza, la dignità, la bontà che le hai impresso come distintivo alla sua origine. Signore, questa Quaresima diventi per noi come una nuova primavera, dove la tua voce mi racconta del tuo amore e della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore. Amen.
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SABATO 12 APRILE 2014
Ez 37,21-28; Cant. Ger 31,10-12b.13; Gv 11,45-56
Verranno e canteranno inni sull'altura di Sion, andranno insieme verso i beni del Signore, verso il grano, il vino e l'olio, i piccoli del gregge e del bestiame. Saranno come un giardino irrigato, non languiranno più. La vergine allora gioirà danzando e insieme i giovani e i vecchi. «Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni». Geremia 31,12-13 Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Giovanni 11,47-50 Noi siamo fatte per mescolarci alla folla, come Gesù sulle strade di Galilea. Accalcato dalla folla, spinto da tutte le parti, manteneva la pace, e intanto accarezzava i bambini, risollevava i poveri peccatori, consolava gli afflitti, guariva i malati. Prima del silenzio del ritiro, c’è il grande comandamento della carità. Di grazia, siate cristiane e umane prima di essere religiose. Piccola Sorella Magdeleine 120
DOMENICA 13 APRILE 2014
Domenica delle Palme Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27.66
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
Isaia 50,6-7
Uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
Matteo 26,14-16
Abbiate lo spirito e il cuore larghi come il mondo, non li restringete fermandovi alle grettezze. Date ad ogni cosa il suo vero valore. Guardate sempre molto in grande, molto in alto, molto in largo! Le cose più piccole possono diventare molto grandi a causa dell'amore. Piccola Sorella Magdeleine
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Il segno dei chiodi
“Mamma, tu mi hai raggiunto la rocca dei filosofi!”. Sprizzava ammirazione il mio professore di lettere quando ricordava sua mamma che, nella saggezza semplice, sapeva scrutare le profondità, meglio dei dotti. M'ha ripreso questo lontano e affettuoso ricordo il giorno che mi sono trovato davanti l'originale disegno di una bimba di quarta elementare che diceva il suo augurio a mamma e papà, in occasione dello scorso Natale. Con tratti ovviamente infantili ma espressivi riproduceva l'immagine di un Bambino deposto su un giaciglio di paglia. Con un evidente particolare però, che aveva fatto sobbalzare maestra e parenti. Il Bambino porta impresso il segno dei chiodi, nelle mani e nei piedi! I segni della crocifissione. Una distrazione, una svista? Invero un po' strano in una scolara modello. “Bimba, tu mi hai raggiunto la rocca, non dico dei filosofi ma la rocca dei teologi !”, mi sono trovato a ripetere, facendo il verso al mio vecchio insegnante. La rocca di coloro che pensano, che scrutano ogni parola del sacro testo, che vorrebbero aiutarci a cogliere le profondità di un Dio nel suo misterioso donarsi all'uomo. Nella semplicità hai raggiunto la rocca. Mi sfiora la brezza evangelica: “Ti ringrazio o Padre, hai tenuto nascoste le cose veramente grandi ai sapienti e agli intelligenti del mondo e le hai rivelate ai piccoli”. Nel disegno un Bambino che porta già l'annuncio della sua ora suprema. Un Gesù che non ci attarda a gustare solo la stupenda commozione di una vita che nasce, ma in contemporanea ci riporta alla drammatica severità di una vita che muore. Che dice, nella 122
sintesi della sua piccolezza ferita, la grandezza di un eterno disegno che lo chiama ad essere inchiodato. A una croce. Inchiodato non tanto al barbaro strumento preparato per lui dall'umana malvagità, quanto all'icona della sua fedeltà e al segno del suo amore immenso. Fedeltà e amore per il Padre e per i fratelli per i quali ha voluto farsi solidale, prendendo casa nel mondo e non disdegnando il soffrire e il morire con loro e per loro. Un Bambino Gesù già crocefisso o quanto meno con i segni della crocifissione già nel bagaglio della vita! Un'intuizione immensa, ambigua soltanto all'apparenza, con una profondità da brivido. Un Bambino Gesù già crocefisso. A dire che l'ora suprema riassume tutte le ore, fin dalla prima. A chiedere, a chi contempla il presepe, di percorrere tutto il sentiero che da lì si diparte, fatti discepoli del Cristo, in ascolto delle sue inaudite parole e in contemplazione dei suoi gesti stupendi. Con il coraggio di traversare con Lui i villaggi dell'accoglienza e quelli del rifiuto e con Lui stare nell'agonia del Getsemani e sostare nel suo consumarsi al Calvario. Perché del Cristo non si può prendere soltanto quello che piace o pare attraente, del suo Vangelo non si può strappar pagine a misura della nostra pigrizia o della nostra intermittente fiducia. Il Cristo è lo stesso nel candore della culla e nel vermiglio della croce. Da prendere in blocco, senza ratei o sconti. Un Bambino Gesù già crocefisso. A sussurrare che nel nome che è dato sta qualcosa di più di un soffio di voce, sta un pensiero eterno, un progetto che viene dall'eternità. Gomitolo che giorno dopo giorno siamo chiamati a srotolare, filo d'oro che guida i passi dell'uomo, sottratto al labirinto di un vagare insensato. Per una vita sensata e completa. Per questo non gioverà la notte del nascere senza la Notte in cui, vegliando, ci sarà svelato il segreto del risorgere, il segreto di una crocifissione e di una morte che ancora e più volge verso la vita. Il 123
segreto di quel Bambino con il segno dei chiodi, catenaccio di morte, che porta in sé la chiave del vivere. Suo e nostro. E che il Vangelo raccoglie nel detto: “Chi pensa a salvare la propria vita, la perde; chi invece è pronto a sacrificare la propria vita, la ritrova in pienezza’’. Per una Pasqua vera. E diffusa nel solco della storia. Non disperderemo questo concentrato di fede, saggezza e salvezza. Per questo riascoltiamo in questa domenica l'entusiasmo dell'osanna all'agitarsi dei rami di palma e d'ulivo e il coro drammatico del crucifige alla imbarazzata richiesta di Pilato. Voci dello stesso popolo. E seguiamo il Signore Gesù dentro i giorni supremi, che raccolgono in sintesi tutto quanto prima accaduto. Giorni i cui si fa ormai stringente il contrasto con coloro che non hanno capito, che non hanno voluto capire. E che per questo lo compreranno per trenta denari per innalzarlo in derisione e condanna. Con l'anticipo, simbolico, nel pane spezzato e nel vino versato, sacramentalmente offerto ai secoli perché si continui a celebrare il segreto di un morire che si fa contemporaneo al morire di ognuno. Vita non persa, ma spesa, vita ritrovata, perché spesa. Per amore. Domenica di Passione o delle Palme. Settimana santa. Giorni sequestrati per l'amore, tratto saliente del volto di Dio.
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Una settimana con… Frère Roger di Taizé Da qualche anno, ritorno sovente a un pensiero di sant’Atanasio, scoperto da uno dei miei giovani fratelli: «Cristo risorto fa della vita dell’uomo una festa continua». Quando questo fratello mi ha esposto per la prima volta queste parole, non ho risposto, ma mi sono detto: questo ‘‘continua’’ ha qualche cosa di esagerato. Oggi penso che sant’Atanasio sapeva perché diceva questo. La nostra esistenza di cristiani consiste nel vivere continuamente il mistero pasquale: piccole morti successive seguite dai segni di una risurrezione. Là è l’origine della nostra festa.
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LUNEDI 14 APRILE 2014 Lunedì Santo Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11
Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo.
Dal Salmo 26
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo.
Giovanni 12,3
Se la preghiera dei cristiani diventasse un discorso tutto celebrale, secolarizzato, al punto da annullare il senso del mistero, della poesia, senza più nessuno spazio possibile per la preghiera del corpo, per l'intuizione, per l'affettività… se la coscienza oppressa dei cristiani rifiutasse una felicità offerta da Colui che, sul monte delle Beatitudini, sette volte dichiara “beati”… se gli uomini dell'emisfero nord, sfiatatati nell'attivismo, non trovassero più quella sorgente a cui attingere lo spirito di festa, una festa ancora viva nel più profondo dell'uomo dei continenti del sud… Se la festa si cancellasse dal corpo di Cristo, la Chiesa, vi sarebbe ancora sulla terra un luogo di comunione per tutta l'umanità? Frère Roger di Taizé
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MARTEDI 15 APRILE 2014
Martedì santo Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33.36-38
Allora io ti renderò grazie al suono dell'arpa, per la tua fedeltà, o mio Dio, a te canterò sulla cetra, o Santo d'Israele. Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato. Allora la mia lingua tutto il giorno mediterà la tua giustizia.
Dal Salmo 70
Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Giovanni 13,31-33
Chiesa, sii terra di semplicità. C'è bisogno di così poco per accogliere. I mezzi più semplici sostengono una comunione. I mezzi forti fanno paura e strappano all'universalità della chiamata del Cristo…se organismi e amministrazioni di Chiesa lasciassero più che mai il loro ministero trasfigurarsi attraverso il fuoco che scaturisce da un cuore pastorale... invece di accumulare, osa condividere. La fede, la fiducia in Dio suppongono di prendere dei rischi. Chiesa, sii terra di condivisione per essere anche terra di pace. Frère Roger di Taizé 129
MERCOLEDI 16 APRILE 2014 Mercoledì Santo Is 50,4-9a; Sal 68; Mt 26,14-25
Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me?
Isaia 50,7-9
«Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Matteo 26,24-25
Da quale segno riconoscere ancora d’aver incontrato il Risorto? Quando le lotte che sperimenti in te per seguirlo, quando le prove e persino il fiume di lacrime interiori che sgorga talvolta in te, quando tutto questo combattimento non ti irrigidisce, ma si trasfigura per divenire una sorgente. In tale sconvolgimento che si compie di dentro, tutto quello che potrebbe devastare l'essere, la solitudine umana, l'impressione di inutilità, tutto quello che altrimenti avrebbe spezzato le fibre dell'anima, tutto ciò non giunge più a bloccare il passaggio, ma apre una via d'uscita dall'angoscia verso la fiducia, dalla rassegnazione verso l'entusiasmo creativo. Frère Roger di Taizé 130
GIOVEDĂŒ 17 APRILE 2014
Cena del Signore Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15
Prologo I miei giorni camminano davanti ai Tuoi e danno loro un senso. Essi Ti hanno strappato alla Tua dimora eterna facendoTi il primogenito dei perduti. Tu ora non sei che un nostro fratello, hai sofferto in Te ogni nostro dolore. Noi ti sentiamo vicino nel Tuo lamento e nel Tuo pianto sulla fossa di Lazzaro. Ora la nostra carne non Ti abbandona; sei un Dio che si consuma in noi. Un Dio che muore. Padre David Maria Turoldo 131
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
1Corinzi 23-26
Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo».
Giovanni 13,3-7
Il cristiano non è né ottimista né pessimista. Egli sa che la storia non è solo una serie di cause e di effetti meccanici che la condannano a un determinismo implacabile. C'è spazio anche per le forze dell'intuizione. Frère Roger di Taizé
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VENERDI 18 APRILE 2014
Venerdi Santo - Passione del Signore Is 52,13-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42 E dunque anche Tu ateo? Fu questa la tua vera Notte, Signore, la tua discesa agl'Inferi avanti che ti accogliesse nel suo ventre la terra. Credere in Lui e dubitare di Lui, dire a tutti che ti ama, e consumarti di amore, e sentire che sei abbandonato. "Padre, Abbà, papà!..." Ora invece appena: "Dio"; sia pure "tuo Dio"! Alla fine, dunque non più padre? O, perfino, che non esista? Ma come poi avresti potuto dire: "Nelle tue mani rimetto lo spirito"? Avresti vinto per un atto di fede senza speranza? Pur perduto dentro l'abisso del Nulla ancora credevi? Resurrezione, non altro è la risposta. Ma Tu non sapevi! Come noi non sappiamo. E compatta ancora sale sul mondo la Notte. Padre David Maria Turoldo
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Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Isaia 53,5
La Parola del Signore Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19, 17-42) La Crocifissione Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino, e in greco. I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: ‘‘Il re dei Giudei’’, ma che egli ha detto: ‘‘Io sono il re dei Giudei’’». Rispose Pilato: «Ciò che ho scritto, ho scritto». La divisione dei vestiti I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: ‘‘Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca’’. Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero proprio così. 134
Gesù e sua madre Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. La morte di Gesù Dopo questo, Gesù sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: ‘‘Ho sete’’. Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: ‘‘Tutto è compiuto!’’ E, chinato il capo, spirò. Il colpo di lancia Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel Sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. La sepoltura Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatea, che era discepolo di 135
Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Parascève dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.
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SABATO 19 APRILE 2014
Sabato Santo - Veglia Pasquale Rm 6,3-11; Sal 117; Mt 28,1-10
A stento il Nulla No, credere a Pasqua non è giusta fede: troppo bello sei a Pasqua! Fede vera è al venerdì santo quando Tu non c'eri lassù! Quando non una eco risponde al tuo alto grido e a stento il Nulla dà forma alla tua assenza. Padre David Maria Turoldo
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Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l'uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato.
Romani 6,5-7
L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l'ho detto». Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Matteo 28,5-7.9-10
Niente è grave, se non perdere l'amore. L'amore é scoprire Dio in un incontro, contemplare Dio anche nel volto dell'uomo e restituire un volto umano all'uomo sfigurato. Può esistere una sola lotta, quella dell'amore. Senza l'amore a che vale la fede, a che vale dare persino alle fiamme il nostro corpo? Nella nostra lotta niente è grave, se non perdere l'amore. Frère Roger di Taizé
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DOMENICA 20 APRILE 2014
Pasqua di Risurrezione At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp 1Cor 5,6-8; Gv 20,1-9 Mio prefazio a Pasqua Io voglio sapere se cantare è ancora possibile se da ricchi canteremo ancora se dipingere è ancora possibile se la bellezza esisterà sempre, se possibile sarà ancora contemplare. Io voglio sapere se la vita è solo meretricio se il vostro vivere è appena una difesa contro la vita degli altri: se qualcuno, almeno qualcuno crede che tutti gli uomini sono una sola umanità. Io voglio sapere se esiste una forza liberatrice: se almeno la chiesa non sia la tomba di Dio, l'ultima sconfitta dell'uomo. Io voglio sapere se la pace è possibile se giustizia è possibile se l'Idea è più forte della forza. 139
Io voglio sapere se Cristo ha ancora un senso chi ha fede ancora in un futuro. Io voglio sapere se Cristo è veramente risorto se la chiesa ha mai creduto che sia veramente risorto. Perché allora è una potenza, schiava come ogni potenza? Perché non batter le strade come una follia di sole, a dire: Cristo è risorto, è risorto? Perché non si libera dalla ragione e non rinuncia alle ricchezze per questa sola ricchezza di gioia? Perché non dà fuoco alle cattedrali, non abbraccia ogni uomo sulla strada chiunque egli sia, per dirgli solo: è risorto! E piangere insieme, piangere di gioia? Perché non fa solo questo e dire che tutto il resto è vano? Ma dirlo con la vita con mani candide e occhi di fanciulli. Come l'angelo dal sepolcro vuoto con la veste bianca di neve nel sole, a dire: «non cercate tra i morti 140
colui che vive!». Mia chiesa amata e infedele, mia amarezza di ogni Domenica, chiesa che vorrei impazzita di gioia perché è veramente risorto. Padre David Maria Turoldo
Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Colossesi 3,1-4
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in 141
un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Giovanni 20,1-9
L'uomo che prega è un uomo che ha un polo, un polo che lo attira fuori di lui verso qualcos'altro, che lo conduce persino al di là di quello che pensa. Quando l'uomo scopre questo polo, questa realtà essenziale, scopre anche che questa realtà è il vero senso della sua vita e allora diventa un uomo traboccante d'amore. Credo che nessuno sia mai arrivato a definire cos'è la preghiera, ma la si può toccare con mano, dopo averla incontrata, nel concreto dell'esperienza della nostra vita. Frère Roger di Taizé
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Obbedisce al cuore
I cristiani sanno esprimere, comunicare cosa festeggiano a Pasqua? Questo è il caso serio. Ogni religione ha delle feste nelle quali i fedeli celebrano eventi o particolari credenze e ha il il diritto di farle conoscere a chi è estraneo a quella determinata fede. Allora, perché i cristiani trovano nella Pasqua il fondamento della loro fede e perché vogliono far conoscere la buona notizia contenuta nella Pasqua? Sono domande legittime e doverose. È l'ansia missionaria, proselitistica che fa parlare i cristiani e li spinge a questo annuncio fuori dalle loro comunità, nonostante le maggiori difficoltà che questo comporta ai nostri giorni? I cristiani vogliono aumentare di numero e incrementare i loro effettivi, aggregare altri uomini e donne impegnati nella stessa avventura?Vogliono far crescere la loro casa, la chiesa? No, e va detto con chiarezza, anche se molti atteggiamenti da parte di gruppi presenti nella chiesa riducono il cristianesimo a propaganda e a militanza, senza mai chiedersi se sono discepoli di Gesù. In verità nei cristiani c'è la convinzione - che non appartiene all'ordine del sapere - che l'uomo Gesù di Nazareth, morto il 7 aprile dell'anno 30 della nostra era, ucciso dal potere religioso di Gerusalemme e per convenienza del potere totalitario imperiale romano a causa del suo messaggio e del suo stile di vita, aveva speso tutta una vita nel servizio di chi incontrava, infondendo speranza e fiducia, vivendo un amore pratico reale e quotidiano verso tutti, amici e nemici, poveri e ricchi, notabili e persone anonime. Quest'uomo è stato richiamato dalla morte a una vita per sempre dal suo Dio di cui era figlio inviato tra gli uomini. Sicché la morte 143
non è più l'ultima parola, non è più la fine, il destino di ogni essere umano perché esiste una realtà che può combatterla fino a vincerla: l'amore. Amore: parola abusata, ma unica parola che gli uomini di ogni tempo e di tutte le culture continuano a usare per dire ciò che è bene e opera il bene, ciò che rende felici, che crea bellezza... La sete più profonda che è in noi è sete di amore, grazie all'amore noi intessiamo legami, viviamo insieme, usciamo dall'isolamento, ci umanizziamo. Sì, ci umanizziamo. Questo il punto su cui tutti dovremmo essere complici sulle strade del mondo: cercare ciò che ci umanizza, affermare ciò che ci umanizza, resistere e combattere ciò che ci disumanizza. Allora, se è vero che i cristiani vogliono comunicare agli altri la gioia che vivono a Pasqua, possono esprimerla solo così: “A te, fratello, sorella in umanità può interessare che la morte può essere vinta dall'amore. Per questo ti comunico non una mia certezza, ma la convinzione che mi sostiene e mi rende capace di fiducia: Gesù è risorto per sempre o, in altri termini, l'amore ha vinto la morte!”. Tuttavia questa non può essere un'affermazione scagliata verso gli altri, non può diventare uno slogan né un elemento di conoscenza gnostica, un'affermazione intellettuale o una bella idea. È invece innanzitutto una prassi che anche i non cristiani possono vivere, vivono già con fatica e sforzo nel duro mestiere di vivere, contro il dilagare della banalità del male. Secondo la tradizione cristiana è veramente Pasqua quando uno incontra l'altro (così un detto apocrifo: “Hai visto un uomo? Hai visto il Signore!”), quando due persone si inchinano l'una verso l'altra (detto dei padri del deserto), quando la solitudine, l'isolamento sono spezzati (san Benedetto visitato nel suo eremo da un monaco il giorno di Pasqua), quando si celebra l'amore presente nelle più diverse storie d'amore, quando si cura un malato, quando si chiama alla propria tavola 144
uno straniero, quando si fa visita a chi è in carcere, quando si dà da mangiare a chi ha fame, quando si abbraccia chi è definito irregolare, marginale, peccatore, quando accade la liberazione di chi si trova nel bisogno e nell'oppressione... Pasqua è il ricominciare nella vita con fede-fiducia, con speranza, impegnandosi solo ad amare e a essere amati. In questi giorni i cattolici sono stimolati in molti modi da papa Francesco all'impegno tra gli uomini: fuggire ogni autoreferenzialità, non sentirsi assediati in sante cittadelle guardando il mondo dall'alto in basso come fosse Sodoma e Gomorra, invece uscire da se stessi, andare, scendere e incontrare gli altri. Si è chiesto perchè Papa Francesco, lo scorso anno, è andato nel carcere minorile di Casal di Marmo a lavare i piedi ad alcuni detenuti: “Perché questo Gesù ci insegna e questo è quello che io faccio, e lo faccio di cuore perché è mio dovere... ma è un dovere che viene dal cuore e io lo amo”. Nell'amore si fanno gesti gratuiti, si desidera mettersi a servizio dell'altro perché l'altro nella sua miseria, nella povertà, nella sua qualità di malfattore perché “non sapeva quello che faceva”, può essere amabile se si assumono lo sguardo e i sentimenti di Gesù. Anche questo atteggiamento semplice - frutto non di strategie pastorali o di di tattiche proselitistiche ma solo dell'obbedienza di un cuore che sa amare - sta nella luce pasquale. La risurrezione è stata un evento del passato, ma o la viviamo noi qui come forza di amore in ogni incontro con l'altro, oppure è semplice scena, folklore religioso. Enzo Bianchi
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I testimoni, biografie e approfondimenti
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Don Zeno Saltini Nono di dodici figli, nacque a Fossoli, una frazione agricola di Carpi, da una famiglia di agricoltori benestanti, il 30 agosto del 1900. A quattordici scelse di interrompere gli studi e iniziò a lavorare nell’azienda agricola di famiglia: ebbe così modo di entrare a contatto con la dura realtà dei braccianti da cui imparò le teorie socialiste. Chiamato alle armi nel 1917, conosce la terribile realtà della guerra. Durante il servizio militare si rese anche conto dell’importanza di una buona istruzione: ebbe a scontrarsi con un commilitone ateo, anarchico e istruito, che vedeva nel cristianesimo e nella Chiesa solo un ostacolo al progresso umano; avrebbe voluto obiettare che il problema stava nell’incoerenza dei fedeli, ma non ne fu capace. Intenzionato a diventare avvocato, si laurea in legge presso l'Università Cattolica di Milano; compresa la sua vocazione al sacerdozio, compì anche gli studi teologici e filosofici al termine dei quali venne ordinato sacerdote. Celebrò la sua prima messa nel duomo di Carpi il 6 gennaio 1931. Venne nominato vice parroco della chiesa di San Giacomo Roncole, frazione di Mirandola, dove fonda l'Opera dei Piccoli Apostoli, dedita all'accoglimento degli orfani di guerra e dei bambini abbandonati. Nel 1947 occupò con i Piccoli Apostoli l'ex campo di concentramento di Fossoli: la comunità iniziò anche ad ammettere delle coppie di sposi disposti ad accogliere come figli i ragazzi senza famiglia. Il 14 febbraio 1948 venne approvato il testo di una Costituzione che verrà firmata sull'altare. L'Opera Piccoli Apostoli diventa così Nomadelfia (la fraternità è legge). La comunità arrivò a superare i 1000 membri. Nonostante il sostegno di tanti benefattori (tra i quali padre Turoldo), per mancanza di fondi Nomadelfia entrò finanziariamente in 147
crisi: anche la cooperativa agricola fondata dai membri della comunità fallì. Anche per questo, il 5 febbraio 1952 il Sant'Uffizio ordinò a don Zeno di lasciare Nomadelfia e di mettersi a disposizione del suo vescovo. I nomadelfi si rifugiarono a Grosseto, dove avevano ricevuto in dono una tenuta agricola: nel 1953 il sacerdote, ottenuta da Pio XII la riduzione pro gratia allo stato laicale, li raggiunse. Nel 1962 la comunità venne eretta a parrocchia e a don Zeno venne permesso di riprendere l'esercizio del sacerdozio. Il 12 agosto 1980 venne ricevuto da papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo con tutta la popolazione di Nomadelfia. È morto il 15 gennaio 1981, colpito da un infarto. Per approfondire Remo Rinaldi, Il profeta di Nomadelfia. Don Zeno Saltini, San Paolo, San Paolo 2008. Fausto Marinetti, Don Zeno, obbedientissimo ribelle, La Meridiana, 2005.
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Papa Giovanni XXIII Angelo Giuseppe Roncalli nasce il 25 novembre 1881 a Sotto il Monte, quartogenito di Giovanni Battista Roncalli e Marianna Mazzola. La difficile situazione economica della famiglia contadina non gli precluse la possibilità di studiare e di seguire la sua precoce inclinazione alla vita religiosa. Infatti, nel 1892 - grazie al sostegno economico del suo parroco, don Francesco Rebuzzini, e di don Giovanni Morlani, proprietario della terra coltivata dai Roncalli - Angelo Giuseppe entrò nel seminario di Bergamo. Nel 1901, ottenuta una borsa di studio, si trasferì a Roma per completare la preparazione nel seminario dell'Apollinare. Tre anni dopo, si laureò in Teologia e fu ordinato sacerdote. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, venne chiamato alle armi. Dal 1925, consacrato vescovo, iniziò una lunga attività diplomatica e apostolica per la Santa Sede. Bulgaria, Turchia e Francia furono le nazioni dove fu chiamato ad operare. Nel 1953, subito dopo la nomina a cardinale, divenne patriarca di Venezia. Cinque anni più tardi, il 28 ottobre 1958, fu eletto papa, con il nome di Giovanni XXIII. Vista la sua tarda età (aveva 77 anni), si pensò a un pontificato di transizione, privo d'iniziative significative, ma le cose non andarono così. Il pontificato di Giovanni XXIII si distinse per la convocazione del Concilio Vaticano II, per un'incessante attività pastorale e apostolica, che gli permise di conquistare il cuore dei fedeli. Nella primavera del 1963 fu insignito del Premio "Balzan" per la pace a testimonianza del suo impegno a favore della pace con la pubblicazione delle Encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi di Cuba nell'autunno del 1962. Il prestigio e l'ammirazione universali si poterono misu149
rare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del Papa morente ed accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa la sera del 3 giugno 1963. Il 3 settembre del 2000 è stato beatificato. Sarà canonizzato, insieme a Giovanni Paolo II, il prossimo 27 aprile. Per approfondire Giuseppe Alberigo, Vita di Papa Giovanni. Biografia di un pontefice, EDB 2013 Alberto Melloni, Papa Giovanni. Un cristiano e il suo Concilio, Einaudi 2009 Loris Capovilla, I miei anni con Papa Giovanni. Conversazione con Ezio Bolis, Rizzoli 2013
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AnnalenaTonelli Nata a Forlì nel 1943, dopo il liceo classico e la laurea in giurisprudenza, e dopo sei anni di servizio ai poveri di uno dei bassifondi della sua città natale, Annalena si sposta in Africa grazie alle attività del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo di Forlì che aveva contribuito a fondare, e che ancora oggi è attivo. Inizialmente lavora come insegnante in una scuola superiore governativa a Wajir, nell'estremo nord-est del Kenya, regione semi desertica dove risiedono popolazioni di origine somala. Le precarie condizioni igienico-sanitarie locali la spingono ad approfondire le sue conoscenze mediche: consegue certificati e diplomi di controllo della tubercolosi in Kenya, di medicina tropicale e comunitaria in Gran Bretagna, di cura della lebbra in Spagna. Già nel 1976 Annalena diviene responsabile di un progetto pilota dell'Organizzazione mondiale della sanità per la cura della tubercolosi nelle popolazioni nomadi: invita i nomadi tubercolotici ad accamparsi per la terapia di fronte al Rehabilitation Centre for disabled, dove essa lavorava insieme ad altre volontarie che nel frattempo le si erano unite nella cura dei poliomelitici, ma che accoglieva anche ciechi, sordomuti, disabili fisici e mentali. Il sistema garantisce lo svolgimento della terapia per i circa sei mesi necessari; quest'ultima è stata poi adottata dall'OMS col nome di DOTS [Directly Observed Therapy Short]. Nel1984, a seguito di lotte politico-tribali intestine, l'esercito del Kenya compie azioni repressive sulle tribù somale intorno a Wajir. Le denunce pubbliche di Annalena aiutano a fermare le uccisioni. Arrestata e portata davanti alla corte marziale, si sente dire che l'essere scampata a due imboscate non era garanzia di sopravvivere anche alla seguente, ed è costretta ad abbandonare il 151
Kenya. Annalena si sposta allora in Somalia, prima a Merca e poi a Borama, nel Somaliland. Qui le sue attività includono un ospedale con 250 posti letto [centro di riferimento di tutta la regione, Etiopia e Gibuti compresi], una scuola di Educazione Speciale per bambini sordi, ciechi e disabili [unica in tutta laSomalia], un programma contro le mutilazioni genitali femminili e infibulazione, cura e prevenzione Aids, assistenza ai fuori casta, orfani, poveri. Nel giugno 2003, Annalena è insignita a Ginevra dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del prestigioso premio Nansen per l'assistenza ai profughi. Il 5 ottobre 2003, nell'ospedale da lei stessa fondato a Borama, in Somalia, Annalena Tonelli è uccisa a colpi d'arma da fuoco da un commando islamico somalo (Al-Itihaad al-Islamiya). Per approfondire Annalena Tonelli, Lettere dal Kenya (1969-1985), EDB 2013. D’Attilia - Zanini, Io sono nessuno. Vita e morte di Annalena Tonelli, San Paolo 2004.
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Pierre-Lucien Claverie Nacque a Bab el Oued l'8 maggio 1938, in una famiglia di pieds-noirs stabilitasi in Algeria da parecchie generazioni. Nel dicembre 1958, entrò nel noviziato domenicano di Lille e, dopo gli studi di filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote il 4 luglio 1965, facendo poi ritorno in Algeria, che nel frattempo aveva conquistato la sua indipendenza. Nominato, nel 1972, direttore del centro diocesano delle Glycines, in Algeri, seppe fare di questo lo strumento privilegiato per lo studio del mondo arabo, ma anche per lo scambio, il dialogo e l'amicizia tra cristianesimo e islam. Il 9 ottobre 1981, nella cattedrale di Algeri, alla presenza di moltissimi amici musulmani, fu ordinato vescovo di Orano, dove rimase per quindici anni, fino alla morte. Il progressivo deterioramento della situazione politica e sociale del paese, che si registrò negli anni successivi, portò Claverie a rendere pubbliche le sue convinzioni e le sue denunce. Entrato nel mirino delle bande mafiose che, dietro lo scudo del fondamentalismo, si contendevano (e si contendono) sanguinosamente il controllo del paese, nove settimane dopo l'assassinio dei sette monaci trappisti del monastero di Nostra Signora dell'Atlante, a Tibhirine, mons. Pierre Claverie morì vittima di una bomba esplosa davanti al vescovato di Orano, la notte del 1° agosto 1996. Il suo autista, Mohamed Bouchikhi, musulmano, morì con lui. Per approfondire Pierre Claverie, Lettere dall’Algeria di Pierre Claverie assassinato per il dialogo con i mussulmani, Edizioni Paoline 1998. Pierre Claverie, Non sapevo il mio nome. Memorie di un religioso anonimo, EDB 2008. 153
Dietrich Bonhoeffer Dietrich Bonhoeffer (4 febbraio 1906 - 9 aprile 1945) fu un pastore luterano, un professore universitario con un dottorato in teologia, un pioniere del movimento ecumenico e una figura centrale nella lotta contro il regime nazista. Nato a Breslavia (Germania) nel 1906, si laureò in teologia a Berlino nel 1927, Bonhoeffer iniziò l’attività di pastore in una chiesa tedesca a Barcellona nel 1928. Nel 1930 andò a studiare a New York presso l’Union Theological Seminary; nel 1931 iniziò ad insegnare alla facoltà teologica di Berlino e fu ordinato pastore. In quel periodo iniziò l’attività nel nascente movimento ecumenico, stabilendo contatti internazionali che in seguito avrebbero avuto grande importanza per il suo impegno nella resistenza. Nel 1931 fu eletto segretario giovanile dell’Unione mondiale per la collaborazione tra le chiese e nel 1933 entrò a far parte del Consiglio cristiano universale “Life and Work” (da cui sarebbe nato in seguito il Consiglio ecumenico delle chiese). Con l’ascesa di Hitler al potere alla fine del gennaio 1933, la Chiesa evangelica tedesca, cui Bonhoeffer apparteneva, entrò in una fase difficile e delicata. Molti protestanti tedeschi accolsero favorevolmente l’avvento del nazismo; in particolare il gruppo dei cosiddetti “cristiano-tedeschi” (Deutsche Christen) si fece portavoce dell’ideologia nazista all’interno della chiesa, giungendo perfino a chiedere l’eliminazione dell’Antico Testamento dalla Bibbia. Nell’estate 1933 costoro, ispirandosi alle leggi ariane dello Stato, proposero un “paragrafo ariano” per la chiesa, secondo il quale veniva impedito ai “non-ariani” di diventare ministri di culto o insegnanti di religione. La disputa che ne seguì provocò una profonda divisione all’interno della chiesa. Bonhoeffer si oppose fermamente al 154
paragrafo ariano, affermando che la sua ratifica avrebbe sottomesso gli insegnamenti cristiani all’ideologia politica: se ai “nonariani” fosse impedito l’accesso al ministero, allora i pastori avrebbero dovuto dimettersi in segno di solidarietà, anche al costo di fondare una nuova chiesa, libera dall’influenza del regime. Nel saggio dell’aprile 1933 “La chiesa davanti al problema degli ebrei”, Bonhoeffer fu il primo ad affrontare il tema del rapporto tra la chiesa e la dittatura nazista, sostenendo con forza che la chiesa aveva il dovere di opporsi all’ingiustizia politica. Quando, nel settembre 1933, il paragrafo ariano fu approvato dal sinodo nazionale della Chiesa evangelica, Bonhoeffer si impegnò per informare e sensibilizzare il movimento ecumenico internazionale sulla gravità della questione. Rifiutò inoltre un posto di pastore a Berlino, per solidarietà con coloro che venivano esclusi dal ministero per ragioni razziali, e decise di trasferirsi in una congregazione di lingua tedesca a Londra. Nel maggio 1934 nacque la cosiddetta Chiesa confessante per opera di una minoranza interna alla Chiesa evangelica tedesca, che adottò la dichiarazione di Barmen in opposizione al nazismo. Nel 1939 Bonhoeffer si avvicinò ad un gruppo di resistenza e cospirazione contro Hitler. La sua attività per aiutare un gruppo di ebrei a fuggire dalla Germania portò alla sua carcerazione nell’aprile 1943. Dopo un fallito attentato contro Hitler il 20 luglio 19 44, Bonhoeffer fu trasferito nella prigione di Berlino, poi nel campo di concentramento di Buchenwald e infine in quello di Flossenbürg, dove fu impiccato insieme ad altri cospiratori. Per approfondire F. Rognon, Bonhoeffer. Un cristiano autentico, Qiqajon, 2013 D. Bonhoeffer, Vita comune, Queriniana, 2003
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Piccola sorella Magdeleine Lunedì 3 giugno 2002, un momento emozionante ha riunito a San Giovanni Laterano prima, e poi alle Tre Fontane per l´Eucarestia, le Piccole Sorelle di Gesù, tanti amici, laici, religiosi e sacerdoti che hanno conosciuto ed amato Piccola Sorella Magdeleine di Gesù. La tappa diocesana del processo di beatificazione di Sorella Magdeleine, una donna del viaggio, profondamente nomade e profondamente radicata in Dio è terminata. Magdeleine (1898-1916) è la donna che ha fondato la fraternità delle Piccole sorelle di Gesù, sulle tracce di fratel Carlo (Charles De Foucauld), tra i nomadi più poveri del Sahara in Algeria: presenza discreta, piena di amore e di dialogo rispettoso nel mondo islamico. Ha percorso le strade del mondo intero con ogni mezzo, a piedi, a cavallo o sul dorso di un asino, su camion civili e militari, in treno, in auto, in aereo, in nave, in barca, in piroga, in carovana… Senza mai essere sola, camminando con Dio, con sorelle e amici, portando Gesù nel cuore e trasmettendo ovunque, soprattutto tra i più poveri ed emarginati, l´amore appassionato che la guidava. Voleva essere una "contemplativa" per le strade del mondo, tra la gente. Sorella Magdeleine nutriva un amore particolare per la gente del viaggio, per coloro che, per motivi di lavoro, di guerra, di etnia, imparavano dalla vita a contare solo su Dio. Amava i nomadi del deserto, i rifugiati, le tribù delle foreste dell´Africa o dell´Amazzonia, i pescatori delle palafitte della Papuasia, o dei villaggi su barca dell´Asia, gli esquimesi dell´Alaska, gli indios, gli aborigeni, i Sinti e i Rom, i circensi, i fieranti e i lunaparchisti. Scrive lei stessa: "Hai un modello unico: Gesù. Non cercarne altri. Come Gesù, durante la sua vita umana, fatta tutta a tutti: araba in mezzo 156
agli arabi, nomade in mezzo ai nomadi, operaia in mezzo agli operai, ...ma prima di tutto umana in mezzo agli esseri umani…". Nel percorrere il mondo intero lasciava sempre che restassero due o tre sorelle nei luoghi visitati, perché fossero presenti in questi mondi come una piccola famiglia tra le altre, come piccolo segno dell´amore di Dio per ogni persona umana: per i baraccati, per gli operai delle grandi città, per i nomadi delle tende e delle carovane, per gli esclusi. Amava ripetere alle sorelle: "Siate delle contemplative, restando molto vicine ai vostri fratelli, mischiandovi alla loro vita, condividendo le loro gioie e le loro sofferenze, facendovi tutte a tutti…una scintilla provoca incendi di boschi in Provenza. Perché non dovrebbe accendere fuochi nel mondo intero? - Siate un sorriso sul mondo, questo è il mio più grande augurio. Se voi foste solo questo: il piccolo raggio di sole, che entra in una camera oscura e gelida per illuminarla e riscaldarla, ciò basterebbe!”. Per approfondire A cura della Fraternità delle Piccole Sorelle di Gesù, Magdeleine di Gesù. Fondatrice delle Piccole Sorelle, Jaca Book 1999. Magdeleine di Gesù, Gesù per le strade. Lettere e scritti spirituali, Piemme 2000. A cura di Francesca de Lellis, Magdeleine di Gesù e le Piccole Sorelle nel mondo dell'Islam, EMI 2006.
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Frère Roger diTaizé Frère Roger Schutz (1915-16 agosto 2005) è una di quelle figure, al pari di Madre Teresa o dell'Abbé Pierre, che ha segnato profondamente la coscienza spirituale e religiosa di un'epoca, ben al di là del mondo dei credenti. E la comunità ecumenica da lui fondata a Taizé (Francia) nel 1940, a soli 25 anni, in una zona ferita dalla guerra, è divenuta nel mondo segno di accoglienza, dialogo e tolleranza. Oggi più di cento monaci, di diverse confessioni cristiane e originari di trenta paese, fanno parte della comunità. I raduni annuali, chiamati "Pellegrinaggi di Speranza" richiamano decine di migliaia di giovani e sono stati una "scuola di silenzio e spiritualità per intere generazioni". I canoni composti a Taizé sono cantati in ogni chiesa. Di origini protestanti, frère Roger è stato uno dei protagonisti del dialogo ecumenico. Per questo suo impegno, frère Roger, nel corso della vita, ha ricevuto numerosi attestati di stima da parte dei Papi. Un rapporto stretto si stabilì con Giovanni XXIII, che invitò frère Roger e Max Thurian a seguire i lavori del Vaticano II come osservatori. Papa Wojtyla, che visitò la comunità nel 1986, disse: «Si passa a Taizé come si passa accanto a una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino». Frère Roger amava questa parola, confiance, non si stancava di ripeterla. In francese, il vocabolo ha varie sfumature e può essere reso, in italiano, sia con «fiducia» che con «affidamento». Ma, nel caso di Taizé, significa forse molto di più: racchiude infatti l’eredità che il fondatore ha lasciato a frère Alois Loeser, indicato ufficialmente alla comunità come successore già nel 1998 e subentratogli il 17 agosto 2005 . Per approfondire Chiron, Il fondatore di Taizè. 1915-2005, San Paolo 2005. Frere Roger, Scegliere di amare. Frere Roger di Taizè 1915-2005, LDC 2007. 158
‘‘Lavorare Insieme’’ Cooperativa Sociale
Sede operativa: via Olimpia 3, Almè (Bg) Tel. 035 543626 Fax 035 544041 E-mail: segreteria@cooplavorareinsieme.it PEC: lavorareinsieme@legalmail.it
Le Origini della Lavorare Insieme Cooperativa Sociale sono da collocarsi a metà degli anni '80, un periodo contraddistinto da significativi cambiamenti nell'ambito delle politiche e dei servizi sociali. Su questa spinta generatrice nel 1985, su iniziativa delle ACLI, dall'ANFFAS, di un gruppo di genitori, supportati dalla Caritas, dall'Enaip, dall'ASL di Villa d'Almè e da un gruppo di volontari si è dato origine al primo servizio diurno per persone disabili aVilla d'Almè. Da allora è stata fatta molta strada, rimanendo fedeli alle nostre radici… Vision Vogliamo Lavorare Insieme, per costruire una comunità che consideri la disabilità e la fragilità non un mondo a parte, ma una parte del mondo. Mission La cooperativa Lavorare Insieme vuole essere una presenza viva e aperta all'interno delle Comunità locali nelle quali opera e abita, con l'intento di costruire legami sociali e relazionali grazie ai quali le persone disabili possano crescere, esprimersi e trovare la propria “Felicità e realizzazione”. Operiamo non solo per dare risposta a bisogni individualizzati delle persone disabili e delle loro famiglie, ma anche per diffondere un Modello Culturale e Sociale di Inclusione delle persone disabili nella società. La Lavorare Insieme progetta, realizza e gestisce servizi socio sanitari, assistenziali ed educativi per persone disabili all'interno dei seguenti ambiti territoriali: Villa d'Almè e Valle Imagna, Bergamo, Dalmine, Isola Bergamasca Bassa Val San Martino. ADERENTE CONSORZIO LA CASCINA
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ACLI Bergamo Via S. Bernardino 70/A BERGAMO Tel. 035 210284 info@aclibergamo.it www.aclibergamo.it
Grafica Ivano Castelli Stampa Tipolitografia Gamba,Verdello