7 minute read

Giovanni Canali

Editoriale

L’allevamento come arte

di GIOVANNI CANALI

L’ allevamento degli animali ha molti aspetti. Il primo aspetto è quello legato ad esigenze materiali, per ottenere: carne, latte, uova, lana, cuoio; inoltre il lavoro, principalmente il traino o la soma, molto usati una volta ed ancora oggi, specialmente se pensiamo alle slitte trainate dai cani o dromedari e cammelli in località desertiche ecc. Un secondo aspetto è quello della compagnia, che può essere anche terapeutica: si parla molto dei pet. Poi, un terzo è quello militare: un tempo era ben nota l’importanza della cavalleria, mentre oggi si usano altri animali, come ad esempio cani, piccioni e delfini. Pure la polizia usa i cani e dunque potremmo vedervi un quarto scopo. Un quinto è quello sportivo, come l’utilizzo del cavallo in diversi sport: trotto, galoppo, salto ad ostacoli ed altro. Inoltre, ci sono sport ove l’animale è protagonista e l’uomo solo allenatore, come le gare di agilità e lavoro dei cani. Un sesto aspetto attiene ad utilizzi in campo medico e di assistenza, come i cani di accompagnamento ai non vedenti, o l’utilizzo di cavie, da molti osteggiato. Un settimo può attenere alla caccia, ove si usano cani, falchi ed altri animali, ed anche per la pesca con i cormorani. La caccia è da molti osteggiata, tuttavia ha avuto ed ha rilievo. Un ottavo aspetto potrebbe essere l’impiego degli animali in giochi circensi, anche questo da taluno criticato. È evidente che non si possa certo dire che l’allevamento degli animali possa essere stato di scarso rilievo nella civiltà umana! Anzi, senza animali allevati avremmo avuto ed avremmo limiti enormi. Non ho dimenticato due aspetti a noi vicinissimi, ho solo inteso lasciarli per ultimi. Gli aspetti che ci riguardano da vicino sono: l’allevamento destinato a tutelare una specie dall’estinzione e quello amatoriale sportivo, il nostro allevamento. L’allevamento per salvare specie a rischio è un’esigenza recente, purtroppo resa necessaria da ben note situazioni legate alla caccia eccessiva ed alla distruzione dell’habitat. Il nostro allevamento di uccelli domestici ha aspetti diversi che in parte si intersecano con quelli precedentemente indicati; specialmente, come dicevo, la protezione delle specie dall’estinzione. Non a caso diciamo che “allevare è proteggere”. Allevare è anche una compagnia ed una soddisfazione che può ricondursi all’uso dei pet. Inoltre, l’allevamento consente osservazioni di carattere scientifico non possibili in natura. C’è anche il lato competitivo e quindi, almeno in parte, sportivo nelle gare di bellezza e di canto. Quest’ultimo aspetto comporta la selezione con finalità estetiche, che ritengo abbiano qualcosa a che fare con l’arte. Si può quindi, secondo me, parlare di allevamento con finalità estetiche e quindi artistiche. Già nell’introduzione del mio testo “I colori nel Canarino” segnalo questa possibile visione. In quella sede considero che l’allevatore che persegue finalità estetiche deve però attenersi alle regole dell’allevamento, regole che comportano conoscenze di carattere almeno tecnico, ma talora anche scientifico. L’esempio che faccio è che, se il pittore può dare libero sfogo alla sua fantasia dipingendo anche cose astratte non realizzabili, l’architetto, anche quando progetta con finalità artistiche, non può prescindere dalle regole della scienza delle costruzioni. Potrei aggiungere che gli zootecnici delle razze da reddito sono un po’ come gli “ingegneri dell’allevamento” e gli allevatori che perseguono finalità estetiche come degli “architetti-artisti dell’allevamento”. Nel nostro campo non esiste solo la canaricoltura di colore ma anche quella di forma e posizione, sia con piumaggi lisci che arricciati, nonché il canto. Senza dimenticare l’allevamento di altre specie, ove si seguono linee selettive analoghe. Ora, è mio parere che un allevatore di canarini da canto sia in qualche modo assimilabile ad un musicista, poiché il canto comporta suoni elaborati e gradevolissimi. La canaricoltura da canto comporta accuratissime selezioni ed anche istruzioni con maestri cantori. Prevale la selezione: non a caso il compianto prof. Zingoni sosteneva che il canto fosse la quinta essenza della selezione. Poi abbiamo le specializzazioni sulla forma e posizione lisci ed arricciati, che secondo me hanno somiglianze con la scultura. Mentre la linea selettiva del colore ha attinenza con la pittura, come ho in parte anticipato. Ricordo una frase di una guida esperta di opere d’arte che, di fronte ad un affresco che rappresentava anche uccelli, disse che essi erano le creature più adatte a lodare Dio, poiché sono le sole ad essere belle, che sanno volare

Editoriale

e sanno cantare. Non so se fosse frase sua, originale, ma certo l’ho recepita e penso che sia bello conoscerla per noi allevatori amatoriali. Bisogna distinguere fra bellezza naturale e bellezza conseguita dall’uomo, ancorché utilizzando materiali forniti dalla natura. Un blocco di marmo può essere bello di per sé ma una scultura è cosa ben diversa. Ora, non starò ad approfondire certe disquisizioni filosofiche, se la statua sia stata plasmata oppure se sia stato tolto il superfluo che la nascondeva. Certo, la statua è opera dell’uomo, quindi opera d’arte; il marmo, di per sé, è naturale e, quindi, una bellezza della natura. Pure bellezze naturali sono i paesaggi, a meno che non sia intervenuta la mano dell’uomo a modificarli; bellezze naturali sono le farfalle, come pure i fiori; però, se i fiori sono coltivati e si sono differenziati dalla forma selvatica, grazie alla perizia del floricoltore, allora sono anche e prevalentemente bellezze opera dell’uomo, quindi secondo me con valenza artistica. La stessa cosa per gli animali selezionati: sono sì materiale vivente fornito dalla natura, ma anche dovuti all’abilità dell’uomo che li ha selezionati. Possiamo pensare ai pesci rossi e naturalmente agli uccelli. Ora ci possiamo chiedere se piante ed animali selezionati possono essere considerati opere d’arte viventi. Io direi di sì o, quantomeno, potremmo dire che hanno anche una valenza artistica. Per precisare meglio il concetto, riporto una frase che ho sentito per radio mentre stavo dal barbiere e che mi ha colpito, tanto che ricordo l’episodio. Un personaggio, in effetti veramente brillantissimo, disse in tono scherzoso che si considerava un’opera d’arte, poiché ingenerava emozioni. È indubbiamente vero che l’opera d’arte debba ingenerare emozioni, ma anche una bellezza naturale può farlo. L’opera d’arte deve avere una caratteristica che non ha la bellezza naturale: deve essere opera dell’uomo. Ebbene, un uomo non può essere considerato opera d’arte, poiché i matrimoni dei suoi genitori, dei suoi nonni, dei suoi bisnonni… non sono stati organizzati da un selezionatore con delle finalità, ma sono dipesi in parte dal caso e dalle attrazioni degli antenati. Un animale o una pianta invece possono, secondo la mia ottica, essere considerati opera d’arte vivente, quando hanno alle spalle una selezione gestita. Ora, mi si potrebbe chiedere una definizione di opera d’arte e di bellezza; ebbene, mi astengo. Occorrerebbero diversi volumi e poi sarebbero opinioni discutibili. Di definizioni ne sono state date tante e diverse nei secoli, per l’arte: dall’imitazione della natura alla spiritualità. Anche la bellezza è difficilissima da definire ed opinabile come concetto. Mi limito a dire che, in ottica personale, nell’arte do importanza all’emozione ingenerata, non all’imitazione pura e semplice della natura. Inoltre, attribuisco decisamente maggior valore alla forma piuttosto che al contenuto. I contenuti sono ampiamente prevalenti in tutti i campi, ma non credo in quello artistico. Un concetto saggio espresso in modo pedante non ha nulla a che fare con l’arte, mentre un discorso assurdo e surreale potrebbe avere rilevanza artistica se espresso in modo piacevole e fantasioso. Questo però non mi impedisce di apprezzare moltissimo i contenuti che possono essere di notevolissimo supporto. Il suddetto pensiero sulla forma, tuttavia, non è trasferibile agli animali selezionati con finalità artistiche. In un mio articolo di taglio filosofico (Sulla filosofia dell’allevamento, I. O. n°4 - aprile 2008) attinente all’allevamento ed alle forme allevate, ho espresso il concetto di “critica della ragione funzionale”. Vale a dire che non ritengo valide le selezioni che vanno contro la funzionalità dell’animale allevato. Cito, ad esempio, razze di cani e gatti con canne nasali così corte da rendere difficile la respirazione, ma di esempi ce ne sarebbero molti altri. Ciò che non è funzionale cade inevitabilmente nel bislacco, quindi non mi pare che lo si possa considerare bello e neppure artistico, se l’arte è anche la ricerca del bello, almeno secondo alcuni. Inoltre, è soprattutto il rispetto per gli animali esseri senzienti, ed anche per le piante, che non deve essere dimenticato. Un animale che soffrisse per deformità selezionate potrebbe ingenerare pena, non tanto emozione positiva. Ora si potrebbe aprire un discorso sui limiti della selezione, ma direi che sarebbe troppo vasto in questa sede, e parzialmente fuori tema.

This article is from: