L’eucaristia celebrata e vissuta a cura di don Alessandro, prete diocesano
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ockdown 2020. Mi viene chiesto di richiamare alla memoria quel periodo, attraverso un breve resoconto. Viene giusto voglia di tagliare corto. Mi sovvengono al volo tre parole e penso che potrei chiudere la questione così, considerando che sono un prete: “messa quotidiana, gel per le mani e mascherina”. Fine del racconto. Breve e comprensibile a tutti. Pareva infatti essere questa la routine di quei mesi, dove tutto si era fermato e nessuno poteva farci niente. Tutti a casa. Si poteva soltanto provare ad accettare quello che stava avvenendo, cercare un proprio equilibrio. Eventuali variabili di questo stato potevano divenire nuove scocciature. Tipo avete presente, quando suona di continuo il campanello di casa e non vi sembra proprio il momento!? Ecco, così è iniziato tutto. A suonare il
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campanello erano le persone che si riferivano alla Caritas che avevo sotto casa, formalmente chiusa. Chiedevano se fosse aperto, se c’era la possibilità di avere un pacco alimentare, perché non potevano acquistare nulla, avendo in molti casi perso, per le chiusure determinate dalla pandemia, il minimo salario che consentiva loro di portare a casa il necessario. Ricordo quei volti, di mamme e di papà, le loro legittime richieste, semplici e garbate, di generi di prima necessità. Volti rigati talvolta da lacrime, per la paura confidata di non farcela. Ricordo la ferma decisione, in cuor mio, di farmi passare in fretta i malumori, di non negare a nessuno di loro la Provvidenza, che si manifestava continuamente alla nostra Caritas attraverso donazioni, offerte, il pensiero di chi con questi gesti aveva già previsto le difficoltà di molti.