2013letterapastoralered

Page 1

MONSIGNOR SIMONE GIUSTI

L E T T E R A PA S TO R A L E

Nell’Anno della Fede Settembre 2013

Il primo Annuncio C’è necessità di persone che con tutti i propri limiti e sovente affatto migliori di altri, insegnino l’Amore, insegnino l’essenziale ovvero Dio, cuore e cielo di ogni uomo


ANNO DELLA FEDE E PRIMO ANNUNCIO

LETTERA PER L’ANNO PASTORALE 2013-­‐2014

1


Carissimi,

“Annunciare Gesù vero volto di Dio”, “Dare alla luce cristiani nuovi”, “Se Cristo non fosse risorto vana è la vostra fede”, ed ora “Il Primo Annuncio”: già dai titoli dei documenti diocesani di questi ultimi anni emerge chiaramente l’accentuazione della dimensione missionaria nella pastorale della nostra Chiesa Locale. Su questa strada stiamo camminando gradualmente, con costanza e di tanti frutti già donatici dal Signore, lo ringraziamo. In questo nuovo testo riprenderemo il “filo rosso” dei nostri documenti diocesani a volte richiamandoli anche esplicitamente. Vuole essere il nostro, un cammino paziente ma sempre più convergente verso la maternità e fecondità della Chiesa, verso la sua capacità, ancora oggi, di generare cristiani. Nell’ultimo documento abbiamo riflettuto non poco appunto sull’Iniziazione Cristiana quale grande atto materno della Chiesa. La Chiesa, abbiamo detto nel nostro Progetto Educativo Diocesano del 2011, genera educando alla risposta al dono della fede ricevuto nel battesimo ma come possono credere se non c’è chi lo annuncia, ci ricorda l’Apostolo? Nel territorio della diocesi di Livorno vivono molto adulti, giovani e ragazzi non ancora battezzati, tanti hanno sentito solo vagamente parlare di Gesù Cristo e della sua Chiesa, forse a scuola o dai mass media, ma mai hanno avuto il dono di incontrarLo. Vi posso testimoniare per esperienza personale, che quando un Livornese, ma penso ogni uomo, riesce a potersi avvicinare a Gesù è preso da stupore e da un grande entusiasmo, esso poi subito si trasforma in spontanea gioia. Quante volte ho visto questo nei tanti incontri avuti in diocesi o in tanti colloqui durante i pellegrinaggi estivi. La gioia è frutto della Grazia ci ricorda 2


S. Giovanni, condividiamo la Gioia che ci anima e ci sostiene. 1. Livorno oggi, tra tradizione cristiana e secolarizzazione Livorno oggi conserva ancora larghe tracce di tradizione cristiana, ma è segnata anche chiaramente da un processo di secolarizzazione. Si diffonde così, e spesso convive con segni di tradizione cristiana, una concezione della vita, da cui è escluso ogni riferimento al Trascendente. Ciò dipende da molteplici influssi culturali, quali: il razionalismo, che assolutizza la ragione a scapito della fede; lo scientismo, secondo cui ha senso parlare solo di ciò che si può sperimentare; il relativismo, che radicalizza la libertà individuale e l’autonomia incondizionata dell’uomo nel darsi un proprio sistema di significati; il materialismo consumista, che esalta l’avere e il benessere materiale e che porta a negare la vocazione trascendente dell’uomo. In questo contesto si diffonde l’indifferenza religiosa. L’irrilevanza attribuita alla fede è dovuta anche al fatto che la formazione cristiana della maggior parte dei giovani e degli adulti si conclude nella prima adolescenza: essi, perciò, conservano un' immagine infantile di Dio e della religione cristiana, con scarsa incidenza nella loro vita. A questi processi si aggiunge il soggettivismo, che induce molti cristiani a selezionare in maniera arbitraria i contenuti della fede e della morale cristiana, a relativizzare l’appartenenza ecclesiale e a vivere l’esperienza religiosa in forma individualistica. La religione, di conseguenza, viene relegata nella sfera del privato, con la conseguente relativizzazione dei contenuti storici e dottrinali del messaggio cristiano e dei modelli di comportamento che ne derivano. Ridotta a fatto meramente individuale, la religione perde gradualmente rilevanza anche nella vita dei 3


singoli. Su tutto ciò incide anche il crescente pluralismo culturale e la pervasività della comunicazione multimediale, fenomeno del quale si devono cogliere anche le provocazioni positive e le opportunità per un nuovo annuncio del Vangelo e una piena umanizzazione della società, nonché esigenze di comunicazione e trasparenza. Per questo si parla di emergenza educativa, senza però ignorare i tanti segni di speranza e le numerose esperienze positive in atto nelle nostre comunità."La formazione integrale è resa difficile anche dalla separazione tra le dimensioni costitutive della persona: la razionalità e I 'affettività, la corporeità e la spiritualità, la conoscenza e l’emozione. La cultura odierna tende a relegare gli affetti e le relazioni in un orizzonte dominato dall’impulso momentaneo; prevale lo stimolo emotivo sull’esigenza della riflessione. In questo contesto culturale la relazione educativa richiede la reciproca fecondazione tra sfera razionale e mondo affettivo, tra intelligenza e sensibilità, tra mente e cuore ed esige l’esercizio critico della ragione.1 Ora ci chiediamo: in questo contesto la Chiesa che è in Livorno come deve annunciare il Vangelo e educare la vita di fede? L’evangelizzazione inizia fuori degli ambienti parrocchiali ed ecclesiali, ma deve trovare in essi una scuola di verità ed un «laboratorio›› spirituale di idee, azioni e relazioni; questo a ogni età e in specie con i ragazzi, i giovani e gli adulti. 2. “Un nuovo secolo, un nuovo millennio si aprono nella luce di Cristo. Non tutti però vedono questa luce. Noi abbiamo il compito stupendo ed esigente di esserne il «riflesso».

1 Educare alla vita buona del Vangelo, 9-­‐13

4


È il mysterium lunae così caro alla contemplazione dei Padri, i quali indicavano con tale immagine la dipendenza della Chiesa da Cristo, Sole di cui essa riflette la luce.38 Era un modo per esprimere quanto Cristo stesso dice, presentandosi come « luce del mondo » (Gv 8,12) e chiedendo insieme ai suoi discepoli di essere « la luce del mondo » (Mt 5,14). È un compito, questo, che ci fa trepidare, se guardiamo alla debolezza che ci rende tanto spesso opachi e pieni di ombre. Ma è compito possibile, se esponendoci alla luce di Cristo, sappiamo aprirci alla grazia che ci rende uomini nuovi.“ 2 “Andiamo avanti con speranza! (..) Ora il Cristo contemplato e amato ci invita ancora una volta a metterci in cammino: « Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19). “3Ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un «nuovo programma». Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste. È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace.”4 2 Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte n°54 3 Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte n°58 4 Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte n°29

5


3. L’evangelizzazione non è mai compiuta per sempre Sempre la vicenda umana è caratterizzata da grazia e peccato, caduta e redenzione. Solo i poveri sanno accogliere il Vangelo. Per saper accogliere la misericordia di Cristo e convertirsi occorre essere consapevoli del proprio stato di miseria e voler essere accolti e perdonati. Sin tanto che la persona pensa che può “ salvarsi “ da sola e considera Cristo e il suo Vangelo al più un bell’accessorio della propria vita ma non l’essenziale della propria esistenza, difficilmente ci sarà spazio per l’evangelizzazione. L'uomo moderno sembra davvero convinto di essere padrone del suo destino. Oggi c'è un nuovo modo di porre e di vivere il problema della salvezza terrena. All'uomo di oggi arride una nuova speranza terrena. Da teocentrica la visione dell'uomo diventa geocentrica e antropocentrica: si è operato un radicale spostamento di interessi un'autentica rivoluzione copernicana nell'universo spirituale dell'uomo. Egli non appare più ai propri occhi come pellegrino che percorre frettolosamente la valle di lacrime di questo mondo, tutto teso verso la terra promessa dell'aldilà. Egli diventa sempre più un sedentario. Alla mobile tenda ha sostituito la solida casa di pietra. Le uniche frontiere che conosce sono quelle terrestri e temporali. Alla speranza teologale ha sostituito una speranza umana e terrena. Una nuova missione e una nuova azione danno un senso nuovo alla sua vita: quello della conquista graduale e inarrestabile del mondo. La fedeltà alla terra e la preoccupazione della costruzione della città terrena hanno avuto ragione sulle speranze e sulle preoccupazioni escatologiche. Una nuova fiducia nell'uomo sta alla base di questa lotta gigantesca. L'uomo non attende più la salvezza dall'esterno, ma se la costruisce 6


con le sue stesse mani. Ma la morte rimane e demolisce tutte le certezze secolaristiche e rompe un cielo limitato solo all’immanenza. Un lamento sommesso si ode: io volevo, io voglio vivere e amare. C’è bisogno di sentinelle del mattino, di uomini e donne che indichino con la loro vita qual’è la strada per essere oltre la morte. C’è necessità di persone che con tutti i propri limiti e sovente affatto migliori di altri, però insegnino l’Amore, insegnino l’essenziale ovveroDio, cuore e cielo di ogni uomo. 4. Il Primo annuncio Come ritrovare il coraggio di annunciare il vangelo di Dio? (1Ts 2,2). Oggi non sono opposizioni esteriori e dichiarate a impedirlo, almeno nel nostro Paese, ma subdole emarginazioni culturali e la tendenza all’asservimento ad «idoli mondani››. Noi cristiani siamo chiamati ad annunciare non una serie di verità astratte o una morale o una filosofia di vita, ma una Persona: Gesù Cristo, crocifisso e risorto. È questo il cuore del messaggio cristiano, come ci insegnano i Vangeli e le prime comunità cristiane. In un contesto obiettivamente missionario come il nostro occorre riportare al centro di tutte le comunità parrocchiali e delle aggregazioni laicali, il primo annuncio della fede. «C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede. È compito della Chiesa in quanto tale e ricade su ogni cristiano, discepolo e quindi testimone di Cristo» Oggi come ieri, l’evangelizzazione avviene solo quando la persona cerca e fa esperienza della presenza amorevole di Cristo. La finalità da raggiungere, nel primo passo del Vangelo, è anzitutto nell'ordine del rapporto personale di fiducia e di amore verso Dio. Dai testi del Nuovo Testamento risulta che già allora c'era una solida e netta consapevolezza di questa finalità dell'annuncio evangelico. Nella preghiera 7


sacerdotale di Gesù si trova la seguente lapidaria formulazione, che sembra essere appunto il programma della prima evangelizzazione: Questa è la vita eterna: che conoscono te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo (Gv 17,3). Annotiamo subito, per prevenire fraintendimenti, che questo «conoscere», nel senso biblico, significa: vivere un rapporto personale con Dio, un rapporto di fiducia e di amore. È quindi molto vicino a «credere in Dio» o «affidarsi a Dio». Nel testo citato è anche chiaramente affermato, che la vita eterna dell'uomo dipende dall'accettazione e dalla pratica di questo rapporto con l'unico vero Dio e con Colui che Egli ha inviato, Gesù Cristo. Per dare maggiore concretezza a questa finalità che si vuole raggiungere con la testimonianza evangelica a livello del rapporto personale con l'unico vero Dio, si potrebbe anche dire che il non cristiano, come primo passo sulla via del Vangelo, è sollecitato a entrare nella prospettiva del primo comandamento. Due testi biblici lo illustrano molto chiaramente. Il primo è il noto testo secondo la splendida formulazione del Deuteronomio: Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le tue forze» (Dt 6,4-­‐5). Come secondo riferimento vale l'indicazione di Gesù a un fariseo, dottore della Legge, che lo interrogava sul comandamento più importante (Mt 22,34-­‐40; cfr. Mc 12,28-­‐ 34; Lc 10,25-­‐28). Che cosa significa effettivamente l'espressione «credere in Dio»? Quando il cristianesimo parla di «fede in Dio», o di «fede nell'unico vero Dio», esso sostiene che non è sufficiente la sola affermazione intellettuale che Dio esiste. Non è soltanto il fatto di sostenere o di pensare, con più o meno certezza, che Dio esiste. Il compito primario per l'uomo credente (senza il quale d'altronde difficilmente potrebbe 8


chiamarsi «uomo di fede» o «credente») consiste nel vivere un rapporto di fiducia, ossia di fede in Dio, in vista della salvezza o della vita eterna. Il fatto di giungere alla fede in Dio non avviene automaticamente o prevalentemente dallo studio delle definizioni dogmatiche. La conoscenza intellettuale solitamente non genera quella fede in Dio, tramite la quale una persona umana si impegna in un rapporto di fiducia e di amore verso Dio. I n ultima analisi è un dono di Dio. Il problema centrale è il credere in Dio, nel senso di vivere un rapporto personale con il Dio personale, un rapporto di assoluta fiducia e di amore. Siamo nell'ordine dell'alleanza, che è l'ordine dell'amore e della ragionevole fiducia.5 Tuttavia la fede in Dio, il fatto di affidarsi a Dio, non va inteso come una specie di atteggiamento puramente volitivo, emotivo o sentimentale, senza che nell'esperienza stessa vi siano alcune indicazioni che sembrano sostenere e motivare tale fiducia. Certamente è soprattutto nell'esperienza con Gesù di Nazareth che i primi cristiani hanno trovato questa motivazione principale per credere in Dio, quale si è rivelato in Gesù Cristo. D'altra parte il fatto di avere fiducia in Dio va anche di pari passo con una determinata idea di Dio. Tale atteggiamento di assoluta fiducia in Dio è inseparabilmente legato a determinate verità e quindi a contenuti dogmatici, che sorreggono la fiducia in Lui.6 «Il primo annuncio si può quindi descrivere sinteticamente così: ha per oggetto il Cristo crocifisso, morto e risorto, in cui 5 A. VERGOTE, Modernité et Christianisme. Interrogations critiques

réciproques, Paris, Cerf, 1999, p. 188 6 Joseph Gevaert “ La proposta del Vangelo a chi non conosce il Cristo “ LdC 2001 pg 82

9


si compie la piena e autentica liberazione 7 dal male, dal peccato e dalla morte; ha per obiettivo la scelta fondamentale di aderire a Cristo e alla sua Chiesa; quanto alle modalità deve essere proposto con la testimonianza della vita e con la parola e attraverso tutti i canali espressivi adeguati, nel contesto della cultura dei popoli e della vita delle persone» 8. 5. Il primo annuncio oggi è una dimensione che deve attraversare ogni proposta pastorale, anche di quelle rivolte ai credenti e ai praticanti: «Di primo annuncio vanno innervate tutte le azioni pastorali» 9. In Italia la forma del Primo annuncio assume la consapevolezza che si tratta spesso di un rinnovato annuncio (Secondo annuncio) a persone che già in vari modi, per tradizione o per forme culturali, hanno conosciuto Gesù e il suo messaggio ma non hanno maturato una decisione personale. È necessario aiutare le comunità cristiane locali, cominciando dalle parrocchie, a strutturare in modo più missionario le proprie azioni e la propria presenza dentro il tessuto sociale. Questo è il frutto più chiaro che ci si attende dalla nuova evangelizzazione. In una società in cui con sempre maggior fatica gli uomini e le donne sentono parlare di Dio, e ancor più faticano ad intercettare luoghi ed esperienze che li aprono ad un simile messaggio, emerge il bisogno delle nostre comunità di formulare, con rispetto ma senza paura, una proposta autentica anche in forma di rinnovata apologetica, vivendo con serenità forme di affermazione pubblica della loro fede. 7 Direttorio Generale per la catechesi, 61-­‐62 8 CEI “Questa è la nostra fede”, n°6

9 CEI “Il Volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia”,

n°6.

10


Assunto a pieno titolo nel lavoro di riprogettazione in atto degli itinerari di introduzione alla fede, il primo annuncio si dirige ai non credenti, a quelli che, di fatto, vivono nell’indifferenza religiosa. Capita sempre più spesso però che le persone che accedono alla catechesi necessitano di vivere ancora una vera conversione. Perciò, sarà utile che le comunità cristiane dedichino maggiore attenzione a immaginare dei luoghi e degli strumenti di primo annuncio, sia dentro i confini delle nostre pratiche abituali di educazione alla fede, che fuori da esse, dentro la vita quotidiana delle persone. È questo il modo con cui la nuova evangelizzazione stimola gli itinerari abituali di educazione alla fede, accentuando il loro carattere kerigmatico, cioè di annuncio, il loro appello alla conversione. Non mancano neppure nella nostra diocesi (si pensi all’esperienza delle “Sentinelle del mattino” o al “Progetto strada” forme di primo annuncio). È invece ancora da immaginare in molte sue declinazioni un primo annuncio che si collochi al livello della vita quotidiana, che miri ai legami di prossimità (nel quartiere, dentro il mondo del lavoro, aprendo un dialogo e un confronto con le problematiche locali, collocandosi tra le iniziative culturali del luogo). La nuova evangelizzazione è un invito alle comunità cristiane perché pongano maggiormente la loro fiducia nello Spirito che le guida, sappiano vincere le paure che provano, per riuscire a vedere con lucidità i luoghi e i sentieri attraverso i quali porre la questione di Dio al centro della vita degli uomini di oggi. Una seria pastorale di primo annuncio e la presenza del catecumenato sono una singolare opportunità per il rinnovamento delle comunità cristiane› .

6. Il primo annuncio come metodo In primo luogo è necessario testimoniare l’amore di Dio con 11


l’attenzione alle persone e con le opere in favore delle persone: “Mettere la persona al centro costituisce una chiave preziosa per rinnovare in senso missionario la pastorale e superare il rischio del ripiegamento, che può colpire le nostre comunità”. 10 Occorre che i cristiani praticanti si facciano prossimi di chi non crede e non “pratica”; occorre uscire dal tempio e andare incontro alle persone che la vita mette sul nostro cammino; occorre stare in mezzo alla gente e, prima di tutto, in mezzo agli ultimi; non per conquistare, ma per condividere e per proporre. “La fede si trasmette, per così dire, nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma.”11 Proposta fatta da adulti ad adulti il primo annuncio mette in conto la libertà della persona di aderire o meno al messaggio, non per questo il cristiano diminuirà la stima ed il rispetto per l’interlocutore. Il tempo degli adulti è prezioso; il primo annuncio sa rispettare, comprendere e valorizzare i tempi ed i ritmi della vita adulta, specie di chi non ha alle spalle un vissuto ecclesiale o semplicemente si vuole accostare ad una proposta prendendosi tutto il tempo per la necessaria riflessione. Ritorna qui subito la necessità di curare la formazione di cristiani adulti nella fede, capaci di incontrare i non credenti là dove questi vivono, di stabilire con loro rapporti di amicizia e di dialogo e di comunicare loro la propria esperienza di fede, di porre domande che provochino la ricerca. “La fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione soggettiva, ma nasce da un ascolto ed è destinata a pronunciarsi e a diventare annuncio. Infatti, come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno 10 Nota CEI dopo Verona, 19 e 22 11 Enciclica “Lumen Fidei” n° 37

12


parlare senza qualcuno che lo annunci? (Rm 10,14).“12 7. Evangelizzare si deve ma come si può ? L'evangelizzazione, lo sappiamo é un processo complesso la quale esige per prima cosa la stima dei cristiani e della Chiesa, " La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola" (cfr Atti 4,32a), “e la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.” (cfr At.6,7) Quando una persona è stimata è anche ascoltata, quando una comunità è bella è anche desiderata. È evidente quindi che il primo momento dell'evangelizzazione è l'accoglienza, la stima, la disponibilità verso l'altro. Questo esige di fatto umiltà e stima dell'altro e delle sue posizioni o situazioni. Non c'è spazio per il giudizio ne per la presunzione. Linguaggio tipico e da tutti comprensibile è quindi la carità (cfr 1 Cor.13, 1ss). E se si accoglie e si ascolta, si crea una relazione che porta abitualmente al dialogo, conosco e sono conosciuto. Nell'essere conosciuti può darsi che nasca un reciproco interesse alla vita dell'altro e di ciò che la rende unica e bella. Questa bellezza e originalità per un cristiano è Gesù, cuore e centro della sua spiritualità. Il narrare la Presenza che abita la propria vita potrà forse condurre l'altro a desiderare di saperne di più o addirittura a voler provare a conoscerLo. Potrà nascere la domanda dei Greci a Filippo: "vogliamo vedere Gesù" ed allora occorrerà che il cristiano e la sua comunità ove vive sappiamo dire: vieni e vedi. Questo vedere lo condurrà alle Scritture, alla liturgia, alla comunione che sempre il Signore dona alle sue povere e fragili comunità. Il mistero avvolgerà il neofita e se 12 Enciclica “Lumen Fidei“ n 22

13


l'incontro con Cristo sarà autentico e profondo si darà il dono della conversione e l'inizio di un cammino (Catecumenato) verso il battesimo e il pieno inserimento nel mistico corpo di Cristo, la Chiesa. Pre-­‐evangelizzazione, promozione umana, primo annuncio, Catecumenato, battesimo, eucarestia, cresima, condurranno la persona all'incontro pieno con Gesù Cristo e la sua comunità ( la Chiesa) e a divenire anch'egli testimone di ciò che ha visto, toccato, udito. Vi annuncio Cristo perché la mia gioia sia piena. 8. ALCUNI NODI DELL’EVANGELIZZAZIONE L'evangelizzazione è impegno primario di ogni cristiano e di ogni comunità ma affinché ognuno viva la gioia dell'annuncio è necessario che il suo cuore batta con il cuore di Gesù e senta con lui la passione perché ogni suo figlio lo incontri e amandolo abbia la vita in abbondanza. Se non si è animati da una forte spiritualità cristocentrica ci si perderà negli atti di pietà ma non si avrà pietà per coloro che non conoscono ancora Cristo. Occorre quindi come abbiamo scritto nel nostro Progetto Educativo Diocesano, mettere al centro della pastorale la spiritualità convinti che in ultima analisi esse coincidono. Ma tutto questo è necessario ma non sufficiente, occorre con coraggio affrontare e sciogliere dei nodi che di fatto legano le comunità cristiane ad uno stile pastorale di un tempo che non esiste più. Prendiamo atto e alecramente sciogliamo i nodi che avviluppano l'evangelizzazione, la Madonna che scioglie i nodi, ci aiuterà in questa opera.

Questioni sulle quali sarà necessario un discernimento comunitario:

14


1. Il primo problema pratico, pastorale, è di studiare linee di strategia per mettere in movimento questa pesante macchina delle comunità, delle strutture esistenti e delle pratiche abituali, che riflettono ancora in gran parte la situazione della società cristiana. Queste realtà hanno un’enorme forza di inerzia e quindi ci vuole una spinta ben calcolata per mettere in moto alcuni fattori che poi potranno trascinare il resto.

2. Il secondo è il rapporto tra pastorale cosiddetta "ordinaria" e pastorale di primo annuncio. Se è vero che la parrocchia rimane centrale, se alla parrocchia si richiede non l'estinzione, ma la "conversione" in senso missionario, ci si deve allora coerentemente domandare: quali sono le condizioni di possibilità perché la comunità parrocchiale svolga effettivamente una pastorale di primo annuncio?

3. Un terzo nodo va individuato nel rapporto pastori-­‐ laici. Perché si effettui una decisa e innovativa "conversione della pastorale", è necessario che i pastori ridiventino innanzitutto pescatori di uomini, ma è anche indispensabile che i laici siano disposti ad assumersi dei ministeri con fisionomia missionaria in tutti i campi della pastorale13. Concretamente questo significa rivedere la formazione dei pastori e dei fedeli laici; significa anche reimpostare il rapporto tra pastorale ordinaria e "pastorale d'ambiente"; inoltre occorre rimettere a punto il rapporto tra parrocchia e movimenti. “Non solo nel campo dell’evangelizzazione in generale, ma anche in quello specifico del nuovo o rinnovato primo annuncio del Vangelo le aggregazioni laicali possono offrire 13

CVMC 62

15


un rilevante servizio, con la testimonianza personale e comunitaria della fede, come pure con iniziative e attività mirate ad annunciare a tutti il mistero di Cristo, per poterlo davvero manifestare, parlandone come si deve (cfr Col 4,3-­‐ 4). È soprattutto nei vari ambienti di vita che i laici delle associazioni, movimenti e gruppi possono raggiungere quanti sono in attesa dell’annuncio cristiano, nella convinzione che il lievito della Pasqua non è un bene loro esclusivo, ma deve «fermentare tutta la pasta» (1Cor 5,6): della vita e degli affetti, del lavoro e del tempo libero, dell’attività politica, economica, sociale e culturale. Una vasta e capillare opera di nuova evangelizzazione richiederà che i rapporti tra parrocchie e nuove realtà ecclesiali siano impostati non secondo schemi di logiche alternative, ma piuttosto secondo la cultura della comunione, che genera quella “pastorale integrata” o pastorale d’insieme, in cui il vescovo non ha solo un compito di coordinamento e di integrazione, ma di vera guida.”14

4. Come quarto nodo, bisognerebbe esaminare in che modo si possono aiutare i genitori ad avere quella competenza di fare bene il primo annuncio cristiano ai propri figli. È stato sottolineato giustamente, che per la trasmissione della fede oggi, in Italia come in altri paesi, quelli che da adulti praticano la fede cristiana, lo devono quasi tutti ai genitori, a ciò che hanno ricevuto nell'ambito familiare. È un dato fondamentale da tenere presente. L'ostacolo maggiore da vincere è la mentalità della delega: scaricare questo inderogabile compito sul sacerdote, sulla suora, sulla catechista. Come possiamo fare noi, a livello pratico, 14

Vedasi n° 22 Nota CEI, “QUESTA È LA NOSTRA FEDE” ANNO 2005.

16


per togliere questa mentalità della delega, incominciando dai genitori che frequentano la chiesa?

5. Un grande problema, il quinto nodo, è quello dei genitori che mandano i figli al catechismo, mentre personalmente non frequentano la Chiesa. Come possiamo incontrarli e come possiamo parlare loro di questa problematica di una fede che dovrebbero praticare anche loro, se vogliono che i figli imparino qualcosa della fede cristiana? Ci ricorda la Nota CEI sul primo annuncio: “l’attesa e la nascita dei figli e soprattutto la richiesta del battesimo per i propri piccoli costituiscono una preziosa opportunità per proporre ai genitori un percorso che li aiuti a rinnovare le loro promesse battesimali con una fede più solida e matura. Anche la richiesta di catechesi e degli altri sacramenti per i figli non si può limitare ad un atto formale, ma deve favorire l’offerta ai genitori di cammini di riscoperta della fede per verificare e consolidare il fondamento di ogni vita cristiana, che è e resta la Pasqua del Signore.” 15

6a. Un sesto problema pratico si situa piuttosto a livello del catechismo parrocchiale. Il problema è il seguente: come possiamo mettere in evidenza questa struttura basilare del primo annuncio, del kerygma cristiano nella catechesi parrocchiale ai fanciulli e ai ragazzi. Per formulare adeguatamente il problema bisogna tenere presente il fatto che tra i bambini che vengono mandati alla prima catechesi, ne abbiamo molti che sono praticamente a livello zero di esperienza cristiana, cioè che non hanno avuto quasi nessun contatto con la fede cristiana. Altri sono a un discreto livello di conoscenza e vivono da tempo l'esperienza della fede cristiana. Possiamo 15

n° 23 Nota CEI, “QUESTA È LA NOSTRA FEDE” ANNO 2005

17


dividerli in diversi gruppi? Dobbiamo dare una formula unica? Come risolvere questi problemi?

6b. Il primo annuncio agli adolescenti e ai ricomincianti Due categorie di persone costituiscono un’ottima occasione per fare entrare una generosa attenzione al primo annuncio della fede: gli adolescenti che si appropriano la fede proposta o ricevuta; giovani e adulti che intendono riallacciare con la fede abbandonata o totalmente trascurata. Per gli adolescenti il problema della scelta (appropriazione) personale della fede, solitamente nel mondo d'oggi non trova sufficiente sostegno nel debole primo annuncio ricevuto in famiglia e richiede una nuova ricapitolazione del primo annuncio, formulato però a livello della loro attuale maturità e comprensione umana, e tenendo conto dei maggiori ostacoli che esso incontra nel mondo attuale. Questa decisiva tematica interpella la pastorale giovanile tutta e in particolare quella scolastica. Come sostenere la pastorale scolastica e in essa la parrocchia studentesca “Beato Stenone”; quale corretta interazione con gli insegnanti di religione cattolica?

6c. Lo stesso vale per coloro che riprendono il contatto con la fede cristiana (fidanzati) che hanno conosciuto soltanto a livello del fanciullo. Per loro è indispensabile una forte ricapitolazione del primo annuncio della fede a livello dell'adulto, ovvero abbandonare ovunque i così detti Corsi per Fidanzati e avviare per essi dei veri e propri percorsi di evangelizzazione. “Tra le tante occasioni per il primo annuncio, alcune sono particolarmente significative. La preparazione al matrimonio e alla famiglia deve partire da una rinnovata presentazione del Vangelo dell’amore, che 18


trova in Cristo, crocifisso e risorto, la sorgente, il modello, la misura e la garanzia dell’amore cristiano tra i coniugi.” 16

6d. Forse anche per tutti gli adulti che frequentano la Chiesa, ad intervalli di anni, nelle predicazioni domenicali o in altri contesti, bisognerà procedere ad una efficace ricapitolazione del primo annuncio della fede. 17 Come riuscire a raggiungere questa meta ad esempio con i Centri di Ascolto della Parola di Dio?

7. Una settimana questione riguarda la realizzazione dell’Atrio dei Gentili. “Come primo passo dell’evangelizzazione, suggeriva papa Benedetto XVI, dobbiamo cercare di tenere desta la ricerca su Dio; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde. Mi viene qui in mente la parola che Gesù cita dal profeta Isaia, che cioè il tempio dovrebbe essere una casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56, 7; Mc 11, 17). Egli pensava al cosiddetto cortile dei gentili, che sgomberò da affari esteriori perché ci fosse lo spazio libero per i gentili che lì volevano pregare l’unico Dio, anche se non potevano prendere parte al mistero, al cui servizio era riservato l’interno del tempio. Spazio di preghiera per tutti i popoli – si pensava con ciò a persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano; che sono scontente con i loro dèi, riti, miti; che desiderano il Puro e il Grande, anche se Dio rimane per loro il “Dio ignoto” (cfr At 17, 23). Essi dovevano poter pregare il Dio 16 n° 23 Nota CEI, “QUESTA È LA NOSTRA FEDE” ANNO 2005

17Libera rielaborazione dell’intervento di Don Joseph Geavert in

Seminario “ Il primo annuncio “ -­‐ Quaderni della Segreteria CEI n°3 maggio 2003.

19


ignoto e così tuttavia essere in relazione con il Dio vero, anche se in mezzo ad oscurità di vario genere. Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili” dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto.” 18

8. Le situazioni di difficoltà delle famiglie “Vanno poi accostate con delicata premura pastorale le situazioni di difficoltà delle famiglie, dovute a malattie o ad altre sofferenze, comprese quelle derivanti dalla mancanza della pace familiare o dalla rottura del vincolo coniugale: soprattutto a persone ai margini della vita di fede vanno donate parole e gesti che esprimano condivisione cristiana e aiutino a radicare la sofferenza nel mistero della croce di Cristo.”19 In questa ottica come promuovere sempre più la pastorale familiare ed in particolare l’esperienza avviata con i separati e divorziati? Quale organico legame fra pastorale familiare e Caritas?

9. Un primo annuncio ai nuovi popoli arrivati, senza proselitismo “Ma non si potrà non tenere conto anche della grande occasione di evangelizzazione offerta dal fenomeno delle 18 BENEDETTO XVI, 21 dicembre 2009. Cfr anche CONFERENZA

EPISCOPALE ITALIANA COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, “LETTERA AI CERCATORI DI DIO “. 19 n° 23 Nota CEI, “QUESTA È LA NOSTRA FEDE” ANNO 2005

20


migrazioni di tante persone di altre religioni: non possiamo non preoccuparci di come far giungere anche ad essi la buona notizia che ogni uomo è uno «per il quale Cristo è morto» (Rm 14,15).” 20 Dall’accoglienza alla proposta, questo il nuovo impegno verso i popoli che abitano sempre più la nostra terra livornese.

10. Le situazioni informali Altre occasioni da valorizzare sono quelle collegate al tempo libero e alle situazioni informali, nei quali soprattutto i giovani, tramontato il tempo delle contrapposizioni ideologiche, appaiono sorprendentemente più aperti al Vangelo, se esso viene offerto in un contesto di vera simpatia e di accoglienza amichevole, da una comunità cristiana coraggiosa nel proporre la sua fede e al contempo capace di intessere relazioni significative nell’oratorio, “sulla soglia” e anche per strada. In tali circostanze i giovani stessi, adeguatamente formati e motivati, possono divenire i più efficaci evangelizzatori dei propri coetanei. 21 Si pone la necessità di ripensare e riformulare in termini nuovi il “progetto strada” che profeticamente Mons. Ablondi, avviò. La Vergine delle Grazie, stella dell’evangelizzazione, alla quale la storia di fede della nostra Diocesi, è così congiunta, interceda per noi.

✠ Simone Vescovo 8 settembre 2013, Natività di Maria. 20 n° 23 Nota CEI, “QUESTA È LA NOSTRA FEDE” ANNO 2005 21 idem come sopra

21


22


DIOCESI DI LIVORNO Noi cristiani siamo chiamati ad annunciare non una serie di verità astratte o una morale o una loso a di vita, ma una Persona: Gesù Cristo, croci�isso e risorto. È questo il cuore del messaggio cristiano, come ci insegnano i Vangeli e le prime comunità cristiane. In un contesto obiettivamente missionario come il nostro, occorre riportare al centro di tutte le comunità parrocchiali e delle aggregazioni laicali, il primo annuncio della fede. Oggi come ieri, l’evangelizzazione avviene solo quando la persona cerca e fa esperienza della presenza amorevole di Cristo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.