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N. 2 1 Febbraio 2015

I QUADERNI DEL PROGETTO CULTURALE - La Settimana Tutti i Giorni della Diocesi di Livorno - www.lasettimanalivorno.it

Il meglio per i nostri bambini, il meglio per il nostro futuro La riflessione del Progetto Culturale diocesano continua e dopo aver preso in esame il senso religioso dell’uomo prima della storia e nella storia, con la conferenza del professor Fiorenzo Facchini, spazia adesso sui temi antropologici inerenti la ricchezza della differenza tra uomo e donna. La questione del Genere, o del Gender, come si usa dire vista la sua origine americana, rappresenta un argomento molto dibattuto in questi ultimi anni e la presenza della dottoressa Chiara Atzori, vuole contribuire a spiegarla e a descriverne gli effetti sulla società. Negli ultimi tempi la questione è letteralmente scoppiata, soprattutto da quando è divenuta il cavallo di battaglia delle lobby LGBT (il cui termine è spiegato all’intero di questo fascicolo), ma soprattutto da quando stanno provando a far entrare questa ideologia, perché di vera e propria ideologia si tratta, all’interno dei programmi scolastici, facendola passare per un’educazione dei ragazzi contro il bullismo e l’omofobia. Nel suo viaggio apostolico nelle Filippine il Santo Padre ha spiegato in modo incisivo la sua denuncia della “colonizzazione ideologica”. Questa si ha quando gli imperi colonizzatori impongono delle condizioni cercando di far perdere ai popoli la loro identità. Ogni colonizzazione ideologica si serve dei bisogni di un popolo per imporre, uniformare e sfruttare. Il Papa fa anche un esempio concreto, di grande interesse pure per noi oggi. Racconta che nel 1995, nella sua Diocesi, è stato concesso un prestito per

costruire delle scuole per i poveri, ma a una condizione: “che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini di un certo grado di scuola. Era un libro di scuola, preparato bene didatticamente, dove si insegnava la teoria del gender. (…) Questa è la colonizzazione ideologica – spiega il Santo Padre –: entrano in un popolo con un’idea che non ha niente a che fare col popolo; con gruppi del popolo sì, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuole cambiare una mentalità o una struttura. (…) Prendono il bisogno di un popolo o l’opportunità di entrare e rafforzarsi per mezzo dei bambini”. Questo è quanto, in un certo modo, sta accadendo anche da noi.

ti, ma qui siamo di fronte a un’altra cosa: si vuole colonizzare le menti dei bambini e dei ragazzi con una visione antropologica alquanto discutibile e comunque opinabile, affatto scientifica come alcuni vorrebbero far credere e senza aver prima chiesto e ottenuto l’esplicita autorizzazione dei genitori, responsabili unici dell’educazione dei figli: i figli sono dei genitori, non dello Stato. Non è inutile ricordare che – anche se la maggior parte dei genitori fosse d’accordo – chi non lo fosse ha il diritto di astenere i propri figli da quelle “lezioni”, senza incorrere in nessuna forma, né esplicita né subdola, di ritorsione, come sta invece accadendo in qualche Stato vicino a noi.

Educare al rispetto di tutti è doveroso – ha ricordato anche il card. Angelo Bagnasco nella sua ultima prolusione all’Assemblea della CEI - e la scuola lo ha sempre fatto grazie al buon senso e alla retta coscienza dei docen-

I libri dell’Istituto A.T. Beck, dal titolo accattivante “Educare alla diversità a scuola” e ispirati alla teoria del gender, sono veramente scomparsi dalle scuole italiane? segue a pagina 3 >>


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Chi è Chiara Atzori le sue pubblicazioni in riviste scientifiche, partecipazione come autore e traduttore in testi scientifici prevalentemente di area infettivologica (soprattutto HIV correlata), ma anche bioetica. La dottoressa Atzori è anche docente sia in Italia che all’estero, in corsi per studenti, specializzandi e aggiornamenti per medici di base e specialisti.

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lasse 1964, Chiara Atzori è dirigente medico all’ospedale Luigi Sacco di Milano, specialista in malattie infettive ed ha anche un diploma in medicina tropicale. Numerose sono le sue partecipazioni a convegni seminari e congressi nazionali ed internazionali e numerose

I libri recentemente pubblicati dalla dottoressa sono: “Il binario indifferente. Uomo e donna o GLBTQ?” del 2010 ed. Sugargo e “Adozioni a coppie gay” (Collana saggistica Vol. 64) del 2013, scritto insieme a Massimo Gandolfini. In particolare in questo testo si affronta il tema della cosiddetta “omogenitorialità”, da cui

si vorrebbe derivare il diritto di adottare bambini da parte di coppie gay: il fatto che le coppie eterosessuali lo possano fare e quelle omosessuali no viene presentato come una discriminazione. A sostegno di ciò, l’argomento che viene opposto è l’affermazione che esistono evidenze scientifiche che permettono di affermare che le coppie omosessuali sono parimenti idonee a quelle eterossesuali ai fini dello sviluppo psicofisico e del benessere generale dei bambini. Questo contributo vuole dimostrare invece che queste teorie stanno destrutturando nel suo profondo il connettivo antropologico dell’uomo e che, proprio dal punto di vista scientifico, è fondamentale per un bambino crescere con un papà e con una mamma.

Alcuni passi tratti dal libro della dottoressa Atzori anche assai vigoroso; sta di fatto che l’organizzazione di una abilità tipicamente umana (comunicare attraverso il linguaggio), attuata attraverso la verbalizzazione, prevede una differenziazione tra uomo e donna già prima della nascita, nel modo differente in cui si organizzano i neuroni, come ci confermano le neuroscienze. Sappiamo per esempio che nel maschio vi è una prevalente lateralizzazione del centro del linguaggio a sinistra, laddove nella donna questo è ampiamente rappresentato anche a destra. a sessualizzazione prenatale non è solo un fenomeno del corpo inteso come esteriorità (se si nasce con un pene, si è maschi, con una vagina, femmine). È qualcosa che riguarda anche l’organizzazione neuronale del cervello, in particolare influisce su caratteristiche tipicamente umane come l’organizzazione del centro del linguaggio, sul cui «innatismo» esperti come Noam Chomsky e altri dibattono da un sacco di tempo in modo

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[…] Il dimorfismo maschio-femmina Il dimorfismo, cioè il fatto che esistono due forme differenti del corpo umano, maschile e femminile, è difficile da negare: maschio e femmina sono differenti; tuttavia nel clima scientista emerge la necessità di portare a supporto di questa evidenza una serie di dati «scientifici». Io non lo farò, ma segnalo che oggi esiste un problema: una lapalissiana evidenza non è riconosciuta come tale, se non è scientificamente

«validata» dal nuovo totem scientifico della «letteratura scritta». Maschi e femmine, sono differenti; scientificamente è acclarato che vengono concepiti più i maschi, ma essi sono biologicamente anche più vulnerabili, e qui c’è tutta una serie di evidenze in merito, sulle quali non mi soffermo. Dunque, anche se fa sorridere, «scientificamente» i maschi sono diversi dalle femmine, A è diverso da B; questo è il succo del discorso fino a ora esposto! Facciamo ora un passo avanti, piccolo, ma di logica. Dunque: se A e B sono differenti, A+A e B+B potranno essere uguali ad A+B? Questo per ricorrere a un semplice passaggio logico, quel modo di procedere che oggi viene ad essere smentito nella pretesa di scavalcare la differenza contro ogni ragione e ogni evidenza, pretendendo anche di richiedere che siamo legittimati a farlo «per legge». […] Il gender: intrusione di una visone ideologica nella scienza


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A questo punto affrontiamo il gender, avventura sintetizzabile in questo senso come l’intrusione di una particolare visione politica e filosofica nella scienza e nella legge, a gamba tesa. Questo il vero problema, l’entrata a gamba tesa di una visione ideologica senza che vi sia stata una opportuna preliminare condivisione, un consenso rispetto alle tematiche trattate, sia nel mondo scientifico che nel mondo giuridico e, più in generale, nel mondo sociale. Questa disamina, condivisione e consenso non c’è! E l’imposizione tende ad avvenire da parte di una minoranza, che definirò «gendercrazia», attraverso meccanismi legislativi veicolati da una neolingua disancorata dalla realtà. Cerco di chiarire. Cosa ci dice il gender? Annuncia la dissoluzione del concetto di fisiologia e di norma, pretende che questa non esista, rifiuta il sistema binario che distingue il fisiologico dal patologico, nega che esista una patologia piuttosto che una devianza, intesa non in senso moralistico, piuttosto come l’allontanarsi da un cammino (lo sviluppo fisiologico) in cui riconosciamo un’armonia, un senso, un fine. Il gender pretende una rivoluzione basata sulla decostruzione culturale,

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La creazione di Eva (Michelangelo B., cappella sistina, Roma)

cioè afferma che tutto è cultura, tutto può essere manipolato e qualsiasi scelta è possibile a prescindere dal biologico per l’individuo umano. È un problema molto serio in ambito scientifico accertare se questa posizione deve essere passivamente accettata o se invece se ne può discutere in quanto, forse, non è una prassi prevedibilmente foriera di bene. Perché il gender, radicalmente, afferma il primato del desiderio, non specifi-

ca di quale desiderio, anzi sostiene qualsiasi desiderio e in particolare pretende di fare del desiderio dell’essere umano, inteso come «macchina desiderante», un diritto a prescindere dall’analisi del suo contenuto e delle sue conseguenze. Il libro è scaricabile integralmente sul sito http://www.lamanifpourtous.it/sitehome/wp-content/uploads/2014/06/ Genere-o-Gender-Una-lettura-Scientifica.pdf

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Il meglio per i nostri bambini, il meglio per il nostro futuro L’educazione della gioventù – ha continuato il cardinale - è talmente delicata e preziosa che non ammette ricatti o baratti di nessun tipo e in nessuna sede. Noi Vescovi su questo saremo sempre in prima linea a qualunque costo, così come sul fronte della giustizia, dei poveri e dello stato sociale, che portiamo avanti grazie anche all’otto per mille. Così come sul fronte della famiglia e della vita umana, che il Papa ha riaffermato nel grandioso incontro delle famiglie a Manila: “Siate santuari della vita, proclamando la sacralità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale”.

La teoria del Gender rappresenta un’ideologia che tende a sconvolgere i generi sessuali e con essi le figure di riferimento per i più piccoli (come si può leggere negli approfondimenti offerti anche in questo quaderno); rappresenta una giustificazione al desiderio di un figlio a tutti costi, ma autorizzando le nascite in provetta, non fa altro che generare di fatto nuovi orfani, bambini che non avranno mai mamma e papà, certi, riconoscibili, imitabili. Perché generare nuove sofferenze per appagare il desiderio altrui? C’è da chiedersi quanto, prima di formulare queste teorie, ci si sia messi dalla parte dei più piccoli; quanto,

prima di diffondere questa ideologia, si sia pensato alle conseguenze soprattutto per le nuove generazioni e per il loro futuro. Generazioni per le quali dovremmo agire con il criterio del “magis”, come affermava il cardinal Maria Martini, interrogato proprio su questi temi: dobbiamo usare il criterio del “magis”, del “di più” – diceva -il criterio, che prevede di “assicurare il massimo di condizioni favorevoli concretamente possibili”. Al momento in cui è data la possibilità di scegliere, per i nostri ragazzi, occorre sempre scegliere il meglio, ovvero un papà e una mamma! Chiara Domenici


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COS’E’ LA TEORIA DEL GENERE I rapporti tra uomini e donne di Tony Anatrella a teoria del genere è la nuova ideologia alla quale fanno chiaramente riferimento l’Onu e le sue varie agenzie, in particolare l’Oms, l’Unesco e la Commissione su Popolazione e Sviluppo. Essa è inoltre diventata il quadro di pensiero della Commissione di Bruxelles, del Parlamento europeo e dei vari Paesi membri dell’Unione Europea, ispirando i legislatori di quei Paesi che creano numerosissime leggi concernenti la ridefinizione della coppia, del matrimonio, della filiazione e dei rapporti tra uomini e donne segnatamente in nome del concetto di parità e degli orientamenti sessuali.

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Essa succede all’ideologia marxista, ed è al contempo più oppressiva e più perniciosa poiché si presenta all’insegna della liberazione soggettiva da costrizioni ingiuste, del riconoscimento della libertà di ciascuno e dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Tutti valori sui quali sarebbe difficile esprimere un disaccordo. A questo punto si rende necessario sapere se quei termini rivestano lo stesso significato che già conosciamo o se non servano, invece, a mascherare una concezione diversa che sta per essere imposta alla popolazione senza che i cittadini siano consapevoli di ciò che rappresenta. Che cosa dice la teoria del genere? Questa ideologia pretende che il sesso biologico vada dissociato dalla sua dimensione culturale, ossia dall’identità di genere, che si declina al maschile o al femminile e persino in un genereneutro nel quale si fa rientrare ogni sorta di orientamento sessuale, al fine di meglio affermare l’uguaglianza tra gli uomini e le donne e di promuovere le diverse “identità” sessuali. Dunque il genere maschile o femminile non si iscriverebbe più nella continuità del sesso biologico poiché essa non gli è

intrinseca, ma sarebbe semplicemente la conseguenza di una costruzione culturale e sociale. In nome della bisessualità psichica, si sostiene che l’uomo e la donna hanno ciascuno una parte maschile e una femminile: il sesso biologico dunque non obbliga, né quanto allo sviluppo psicologico né per l’organizzazione della vita sociale. Al sesso maschile e a quello femminile si privilegia l’asessualità o l’unisessualità. Così un politico donna, allieva di Simone de Beauvoir, afferma che «i mestieri non hanno sesso», mentre altri, favorevoli all’organizzazione sociale degli orientamenti sessuali, sostengono che “l’amore” non dipende dall’attrazione tra l’uomo e la donna poiché esistono altre forme di attrazioni sentimentali e sessuali. Tali sofismi appaiono evidenti e sono ripresi con facilità dai media che apprezzano il pensiero ridotto a cliché. Tutto viene messo sullo stesso piano: le singolarità sessuali marginali - che sono sempre esistite - devono essere riconosciute allo stesso titolo della condizione comune e generale dell’attrazione tra uomo e donna. Non è tollerato alcun discernimento, la psicologia maschile si confonde

con quella femminile e si attribuiscono le stesse caratteristiche a tutte le forme di attrazione sentimentale mentre dal punto di vista psicologico non sono in gioco le stesse strutture psichiche. In altre parole, la società non deve più organizzarsi attorno alla differenza sessuale, ma deve riconoscere tutti gli orientamenti sessuali come altrettante possibilità di dare diritto alla plurisessualità degli esseri umani che nel corso dei secoli è stata limitata dall’“eterosessismo”. Bisogna dunque denunciare questa ingiustizia e decostruire tutte le categorie che ci hanno portato a tale oppressione. L’uomo e la donna non esistono, è l’essere umano a dover essere riconosciuto prima ancora della sua particolarità nel corpo sessuato. Sarebbe troppo lungo descrivere le diverse origini di questa corrente di idee partita innanzitutto dai medici che seguono casi di transessualismo, dagli psicanalisti culturalisti americani e dai linguisti che hanno studiato il linguaggio (gender studies) per farne emergere le discriminazioni nei confronti del genere femminile e degli stati intersessuati, per esempio per la concordanza del plurale in cui il maschile prevale sul femminile. Fu rici-


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clata da sociologi canadesi e ripensata in Francia da diversi filosofi prima di essere recuperata, nuovamente negli Stati Uniti, dai movimenti lesbici alle origini del femminismo intransigente e ripresa poi dai movimenti omosessuali. La teoria del Genere tornò in Europa così trasformata. In realtà si tratta di una sistemazione concettuale che non ha nulla a che vedere con la scienza: è a malapena un’opinione. Questo diventa inquietante nella misura in cui la maggior parte dei responsabili politici finisce per aderirvi senza conoscerne i fondamenti e le critiche che sono autoevidenti. I rapporti tra uomini e donne vengono presentati attraverso le categorie di dominante/dominato, della società patriarcale e dell’onniviolenza dell’uomo di cui la donna deve imparare a diffidare. Da moltissimo tempo non siamo più in una società patriarcale ma, come sostiene la Chiesa, dobbiamo continuare a incamminarci verso una società fondata sulla coppia formata da un uomo e una donna impegnati pubblicamente in un’alleanza, segno che devono svilupparsi in questa autenticità. Da parecchi anni questa teoria viene insegnata in Francia all’università e, a partire dall’anno scolastico 2011-2012, sarà insegnata anche al liceo nei programmi di Scienze della

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vita e della terra delle classi prime. In nome di quali principi il Ministero dell’Educazione nazionale ha preso questa decisione e in seguito a quale forma di consultazione? Non lo sa nessuno. Succede sempre così con le ideologie totalitarie, e ora con la teoria del genere. Viene imposta ai cittadini senza che questi se ne rendano conto e si accorgano che decisioni legislative vengono prese in nome di quest’ideologia senza che, a quanto pare, sia esplicitamente spiegato. Ciò è particolarmente significativo in una parità contabile tra uomini e donne - che non significa uguaglianza -, nel matrimonio tra persone dello stesso sesso con l’adozione di bambini in tale contesto, e nelle misure repressive che accompagnano questa corrente di idee che, in nome della non-discriminazione, non può essere rimessa in discussione o in Francia si rischia si essere sanzionati giudi-

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zialmente (legge sull’omofobia). Ma questo vale anche per altri Paesi: è il caso della Germania, dove genitori che hanno rifiutato che i figli partecipassero a lezioni di educazione sessuale ispirate alla teoria del genere sono stati condannati a quarantacinque giorni di detenzione senza condizionale (febbraio 2011). Il falso valore della non-discriminazione impedisce di pensare, valutare, discernere ed esprimere, così come quello della trasparenza che spesso è estranea alla ricerca della verità. Quanto all’egualitarismo che si allontana dal senso dell’uguaglianza, esso lascia intendere che tutte le situazioni si equivalgono, mentre se le persone sono effettivamente uguali in dignità, la loro scelta, il loro stile di vita e la loro situazione non hanno oggettivamente lo stesso valore. Non c’è nulla di discriminatorio nel sottolineare che solo un uomo e una donna formano una coppia, si sposano, vivono insieme, adottano e educano dei bambini nell’interesse del bene comune e in quello del figlio. Sono più capaci di esprimere l’alterità sessuale, la coppia generazionale e la famiglia, cellula base della società. (traduzione di Anna Maria Brogi) Da Avvenire Ottobre 2011

Questione di normalità Le fiabe ed i programmi scolastici secondo la teoria del Gender di Lucia Bellaspiga

«Educare alla diversità a scuola»: tre volumetti prodotti dal Dipartimento per le Pari opportunità (dipende dalla presidenza del Consiglio dei ministri), dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e dall’Istituto Beck. È diretto alle scuole primarie, alle secondarie di primo grado e a quelle di secondo grado. In teoria dunque tre guide intenzionate a sconfiggere bullismo

e discriminazione, garantendo pari diritti a tutti gli studenti. In realtà – a leggerne i contenuti – una serie di assurdità volte a «instillare» (questo il termine usato) nei bambini fin dalla tenera età preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra un padre e una madre... Al loro posto un relativismo che non lascia scampo ad alcun valore. Il tutto mascherato da rispetto per le diversità (quando invece si cerca di omologa-

re tutto, raccomandando persino di appiattire la preferenza nei maschi per il calcio o la Formula 1 rispetto alle femmine) e per diritto alla propria identità (quando viene ne-


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gata anche quella di uomo e donna, trattati come pura astrazione). Ma che uso fare dei tre volumi? Quale il loro effettivo destino? C’è il rischio che la dittatura del gender entri prepotentemente – così come auspicato nel testo – nelle aule dei nostri figli e ne influenzi pesantemente la crescita armonica? «Dal punto di vista puramente tecnico si tratta di materiali didattici che l’ufficio delle Pari opportunità mette a disposizione di insegnanti e studenti – spiega Roberto Pellegatta, preside dell’Istituto professionale statale “Meroni” di Lissone (Milano) –, dunque necessita assolutamente del parere concorde di docenti e genitori, come avviene per i libri di testo e per qualsiasi materiale didattico. Poiché va nelle mani dei ragazzini, esige obbligatoriamente il parere del consiglio di classe e la votazione del collegio». Non tocca al preside proporre tali testi, ma all’insegnante, nella piena libertà di insegnamento prevista dalle norme. «Io sono preside alle superiori – aggiunge – ma mi sono confrontato anche con i colleghi delle medie e delle elementari e a nessuno pare materiale appropriato per la scuola: potrebbe essere adottato solo laddove qualche singolo docente volesse agitare posizioni molto ideologiche e usarlo come strumento di battaglia». L’ufficio delle Pari opportunità, infatti, presenta i tre volumetti come ausilio contro il bullismo e la discriminazione, «ma nei contenuti è evidente la battaglia ideologica. Lascia il tempo che trova e io penso che non valga nemmeno la pena contrastare un’opera-

Al bando quindi tutta la letteratura per bambini, dalle fiabe a Pinocchio, ma anche Bambi o gli Aristogatti… E «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa», cioè che sottintenda anche involontariamente «che l’eterosessualità sia l’orientamento normale»

zione tanto lontana dalla realtà. Ciò che preoccupa invece è che sia stato prodotto spendendo soldi dell’Unione Europea: era lì che bisognava contrastare il progetto».

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utta colpa delle fiabe. «A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa, se è femmina di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse». Così si legge nell’introduzione al volume Educare alla diversità rivolto ai bambini delle elementari. In effetti è vero: sono millenni che gli dei si innamorano delle dee, che i cavalieri combattono per le donzelle, che Cenerentola balla col principe e Biancaneve si risveglia al bacio di un uomo... Siamo tutti cresciuti con queste certezze, e tutto sommato non siamo venuti su male (o non per questo, comunque). Eppure a leggere l’introduzione alle linee guida per «insegnanti rispettosi delle differenze», nonché le schede di lavoro da svolgere con i bambini, tanta omofobia causa confusione mentale tra i piccoli. «Questi sono gli anni in cui i bambini di solito cominciano a formarsi un’idea di se stessi e delle persone che li circondano», dunque occorre «incoraggiare la diversità»: spesso i

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genitori e la scuola sono legati agli «stereotipi» della famiglia formata da un padre uomo e una mamma donna e «come risultato molti bambini trascorrono gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle persone LGBT» (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Ma c’è di peggio, avverte il testo: «Nella nostra società si dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale e la famiglia, la scuola, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano un orientamento eterosessuale»... Errori magari compiuti in buona fede, ma proprio per questo ecco pronte le linee guida che rieducano prima gli insegnanti con una serie di esercizi, per poi crescere i bambini nella consapevolezza che i due generi maschio e femmina sono roba vecchia, così come il concetto di famiglia (al singolare), di madre e padre e via andare.

E I DUE RE VISSERO FELICI E CONTENTI Ecco allora le linee guida per i maestri: attraverso la letteratura, il cinema o invitando ospiti gay o trans, dimostrare ai bambini che ci sono «uomini e donne, così come famiglie, diversi» da quello che viene


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liquidato non come «stereotipo da pubblicità» (a questo è ridotta la famiglia!). Al bando quindi tutta la letteratura per bambini, dalle fiabe a Pinocchio, ma anche Bambi o gli Aristogatti (materiale chiaramente omofobo)? E ancora: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa», cioè che sottintenda anche involontariamente «che l’eterosessualità sia l’orientamento normale»: insomma, vietato insinuare ad esempio che il re torna a casa dalla regina: «Tale punto di vista può tradursi infatti nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà» (gravissimo periglio). Guai poi all’insegnante che si aspetti che gli studenti di sesso maschile siano ad esempio più interessati «alla Formula 1»: la parola d’ordine è appiattire le differenze, uniformare, negare l’evidenza, incoraggiare le femmine a tirare di pallone e i maschi a parlare intanto «di cucina o di shopping». Il maestro è invitato a combattere l’omofobia in modo interdisciplinare, anche nei problemini di aritmetica: «Rosa e i suoi due papà comprano due lattine, se ogni lattina costa 2 euro quanto hanno speso?». Difficile credere che tutto questo non sia uno scherzo. Incredibili poi le domandetipo: «Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini»... Poiché invece la cosa che conta è il rispetto del partner coinvolto nell’atto sessuale (lo ricordiamo, siamo elle elementari!) «potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: i rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Gradatamente il mondo è capovolto. Non è chiaro che fine potrebbero fare a questo punto l’Odissea, con Penelope instancabilmente donna, moglie e madre, o I Promessi Sposi, biecamente tradizionali (con l’aggravante della fede, visto che il testo colpisce spesso la religiosità come causa di atteggiamenti chiusi e retrogradi). «Visione di film e documentari a tematica omosessuale» completano il

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quadro, mentre «cartoncini, pastelli, matite colorate» non servono più agli antichi lavoretti di un tempo (ricordate?) ma per cartelloni del tipo «che cosa fa una famiglia quando ci sono due mamme o due papà?». Per obiettività occorre dire che i passaggi contro il bullismo sono assolutamente condivisibili, ma non si capisce perché solo in tema di omosessualità: e i bimbi presi di mira perché credenti? Derisi perché vanno a Messa e fanno pure il chierichetto? O quelli disabili? Il ministero della Pari opportunità non pensa a delle Linee guida per loro? O non siamo tutti uguali e con pari diritti?

ETERO CIOÈ NON NORMALE Passando alle scuole medie e alle superiori, «coloro che durante questo periodo di sviluppo si accorgono di essere gay, lesbiche o bisessuali» si trovano a sostenere sfide «peculiari del loro orientamento», dunque i loro insegnanti devono attrezzarsi perché non basta «essere gayfriendly», è necessario «essere gayinformed». E su questo modulare l’insegnamento scolastico. La metodica è sempre quella prevista per le elementari: non proporre mai situazioni in cui si presume che un uomo ami una donna, due genitori siano maschio e femmina, il libro o il film presentino come «normale» un rapporto etero anziché come «solo uno dei possibili orientamenti sessuali». E se di nuovo sono ovvie e condivisibili tutte le raccomandazioni contro violenza e bullismo (e ci mancherebbe pure), il resto è un groviglio di attività e concetti del tutto slegati dalla vita reale e da quella scolastica. Gli autori dimenticano che qualsiasi problematica di un alunno – etero o omosessuale che sia – da che mondo è mondo richiede tutta l’esperienza e la capacità introspettiva del docente, mentre qui sembra che esista

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esclusivamente la sensibilità del ragazzo omosessuale: gli altri possono tranquillamente crescere e maturare imparando che i due sessi sono un’astrazione, così come la famiglia e tutto ciò che ne consegue (i figli, il matrimonio), che tutto è relativo. Le attività con i ragazzini delle medie (11-14 anni) vanno da «Famiglie in tv» (oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta, comunque «l’insegnante consiglia Giudice Amy; Modern family; Tutto in famiglia... »); a “Il gioco delle associazioni di parole” («Cosa vi viene in mente quando dico le parole gay, lesbica, bisessuale, trans?», chiede il prof); al “Gioco dei fatti e delle opinioni”: «Uno studente può dire che due uomini che fanno l’amore sono disgustosi – queste le istruzioni –. A quel punto l’insegnante fa notare che questa è un’opinione, un giudizio personale, derivata dal fatto che siamo poco abituati a questo dal cinema e dalla televisione»: «È un fenomeno che per noi non è stato reso normale», nulla più. Va da sé che «milioni di bambini crescono con genitori omosessuali» e sono beatissimi, (se ne desume che nozze gay e adozione di figli sarebbero sacrosanti): «L’impossibilità di sposarsi può avere un impatto sul benessere dei genitori e conseguentemente dei figli», altrimenti felicissimi di avere due papà o due mamme. Per le superiori il tutto si ripete pressoché identico, e questa sì è un’astrazione, che non tiene conto di quanto un 12enne sia diverso da un 18enne: stessi giochi, stesse attività, persino stessi film proposti. Ad esempio “Kràmpack” (regia di Cesc Gay, e non è un gioco di parole): «Nico e Dani sono due ragazzi 16enni che si apprestano a trascorrere le vacanze insieme. È l’estate della perdita della verginità. I due in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca...». Se questa è scuola Da Avvenire febbraio 2014


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11 DOMANDE E RISPOSTE SULL’ATTUALE SITUAZIONE DELLA FAMIGLIA Ideologia gender, omofobia, matrimoni omosessuali 1

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COS’È L’IDEOLOGIA del “GENDER”?

er “teorie di genere” (“Gender Theory”) si intende un complesso di studi ed opere saggistiche prodotte soprattutto nel mondo anglosassone, a partire dagli anni ’60, in diversi ambiti accademici (psicologia, filosofia, sociologia, linguistica..). Queste teorie nascono nell’ambito dei movimenti ideologici femministi per contestare il sistema tradizionale di considerazione sociale della donna, a tratti decisamente discriminatorio. Col tempo però le teorie di genere, che intanto vengono fatte proprie dai movimenti gay, arrivano ad immaginare la società ideale come quella in cui l’eguaglianza tra le persone può essere attuata solamente riconoscendo nel “sesso” una mera convenzione sociale, costruita attraverso l’imposizione di regole e norme esterne, che obbliga le persone a vivere “da maschio” o “da femmina”, come se questi modi di essere avessero un reale fondamento naturale – fondamento che le teorie di genere negano. L’identità sessuale, fondata sulla realtà biologica psicofisica, è sostituita dall’identità di “genere”, concetto aperto che abbandona il dualismo eterosessuale in favore della più vasta ed arbitraria gamma di auto-rappresentazione di sé (cinque i generi principali: maschile, femminile, omosessuale, transessuale, ermafrodita, ma il governo australiano ne ha riconosciuti ufficialmente 23, mentre l’edizione americana di Facebook permette di scegliere il proprio genere tra 56 diverse opzioni); il genere è un dato mutevole, fluido, influenzato, questo sì, dal contesto

ambientale e ancor più dal desiderio sentimentale individuale o dall’emotività passeggera. Nonostante le teorie di genere siano smentite dalla mole di evidenze scientifiche che ci raccontano l’assoluta naturalità di un sistema incardinato sulla complementarietà dei sessi maschile e femminile, fortemente caratterizzati ancor prima della nascita anche quanto al loro svolgersi psico-attitudinale, esse vengono oggi brandite in ambito politico nelle battaglie per i “diritti” e per l’”uguaglianza”: si tratta dunque di una vera e propria nuova ideologia. L’aspetto più grave è che quest’ideologia politica viene oggi propagandata con ogni mezzo mediatico, perché le lobby che la sostengono riescono a far passare il messaggio per cui solo questa impostazione culturale ed antropologica può garantire il rispetto reciproco ed evitare situazioni di discriminazione e violenza: l’ONU e l’UE hanno preso posizioni politiche importanti in favore di quest’opera propagandistica nelle scuole tra le giovani generazioni. Noi crediamo che l’unica vera ingiustizia sia spacciare per vera e indispensabile un’ideologia che nega la realtà antropologica più evidente di tutte: che si nasce maschi e femmine, e che la complementarietà delle doti naturali dei due sessi è una ricchezza straordinaria per l’umanità intera, passaggio obbligato di ogni speranza di progresso. Educare i giovani all’idea di una “identità di genere” nebulosa e indefinita crea una pericolosa instabilità psicologica, che mette in un conflitto assurdo la sessualità corporea e quella psichica naturalmente conseguente. 2

COS’È IL “DDL SCALFAROTTO”, COSÌDDETTO “ANTI-OMOFOBIA”? Il disegno di legge “Scalfarotto” introduce nell’ordinamento italiano i moventi di “omofobia” e “transfobia” come aggravanti di un eventuale atto discriminatorio nei confronti di una persona. Ad oggi simili aggravanti, oltre che per generici “motivi abietti”, esistono solo per i casi in cui la discriminazione sia fondata sulla razza, la religione, l’etnia o la nazionalità della vittima (per scoraggiare quelle violenze che storicamente hanno condotto ai più gravi conflitti interni alla società). Quest’iniziativa presenta due gravi problemi: a) l’equiparazione dell’orientamento omosessuale ai sopracitati dati socio-identitari, che la legge tutela in via specialmente a motivo di una precisa esperienza storica di conflittualità, con cui l’accettazione sociale dell’omosessualità non c’entra nulla; b) l’assenza di una definizione chiara e condivisa di cosa concretizzi un atto di “omofobia” o di “transfobia”. Questa terminologia mediatica è usata oggi per ricomprendere pressoché ogni sorta di atteggiamento, psicologico oltre che materiale, che si mostri in qualche misura reticente a considerare l’orientamento omosessuale come una condizione in sé positiva e costitutiva di per sé di un valore sociale. Da ciò discende il rischio di criminalizzare anche ogni libera opinione che riguardi l’identità della famiglia o i requisiti naturali del matrimonio, così come l’opportunità di permettere a una coppia omosessuale di adottare minori o accedere alla procreazione artificiale. Su questi temi di attualità già


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oggi si sta consolidando un pensiero unico, dominato dal “politicamente corretto”, che mette alla gogna ogni opinione dissenziente, accusandola di propagandare odio e discriminazione (si pensi al caso “Barilla”). Se il disegno di legge “Scalfarotto” fosse approvato, questo clima ideologico ne uscirebbe inevitabilmente rafforzato, ed anzi addirittura incoraggiato, e avremmo un vero e proprio reato d’opinione. In realtà, già oggi il nostro ordinamento, dalla Costituzione fino al Codice Penale, dispone di una ricca gamma di strumenti per affermare la dignità intangibile di ogni persona umana e per difenderne e tutelarne l’integrità fisica e morale. 3 COS’È L’OMOFOBIA? Il termine omofobia è un neologismo inizialmente utilizzato in ambito giornalistico per indicare i casi di violenza nei confronti di persone omosessuali. Il significato di questo termine è stato ampliato, fino ad includere come

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espressione di omofobia anche tutte le forme di pensiero, critica, obiezione o dissenso rispetto alle rivendicazioni delle associazioni LGBT. Ciò fa di questo termine un vero e proprio strumento di repressione nei confronti di chi sostiene un’antropologia differente da quella della teoria Gender, e nei confronti di chi non accetta l’imposizione mediatica, educativa e legislativa di questa ideologia.

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5 COSA SUCCEDEREBBE SE VENISSE APPROVATA LA LEGGE SCALFAROTTO?

Con la Legge Scalfarotto niente più libertà di opinione in materia di famiglia, educazione, diversità: il pensiero unico imposto dalla legge è quello dell’ideologia gender. Il reato di omofobia punirebbe infatti ogni forma di dissenso da suddetta ide4 ologia, imponendola di fatto come pensiero unico imperante in tutti gli MANIF POUR TOUS è CONTRO ambiti della vita sociale, pubblica e GLI OMOSESSUALI? privata. Il passo successivo sarà la No, non siamo contro le persone con demolizione dei vincoli che definiorientamento omosessuali. Rifiutia- scono matrimonio e adozione, e il mo nel modo più assoluto qualsiasi Ddl Scalfarotto in questo senso si violazione della dignità propria di muove preventivamente, sbaraglianogni essere umano, a prescindere do ogni dissenso con il reato d’opida ogni altra specificazione. La no- nione: sarebbe punito penalmente chi stra battaglia non è contro nessuno; dovesse sostenere la non equiparabiè bensì un impegno a favore ed in lità di situazioni oggettivamente e difesa di valori antropologici impre- costitutivamente diverse; sarebbe scindibili che appartengono a tutta la reato persino affermare quanto sansocietà: la famiglia, costituita da un cito dalla stessa Corte Costituzionale uomo e una donna, i diritti dell’in- (sentenza 138 del 2010): «le unioni fanzia e la libertà di espressione. omosessuali non possono essere ri-


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tenute omogenee al matrimonio». Diventerebbe reato sostenere una realtà di fatto, ovvero che la famiglia costituita da un uomo e una donna è un bene insostituibile per la crescita delle persone e per la società intera. Esprimersi a favore della famiglia e difendere il diritto di educare i propri figli secondo i propri valori sarà reato: sarà omofobia. 6 COSA SONO LE “LOBBY LGBT”? Le lobby LGBT (lesbian-gay-bisexual-transexual) sono associazioni, circoli e gruppi di pressione impegnati nel promuovere le rivendicazioni proprie delle teorie di genere applicate alla “cultura gay”. La più importante è l’Associazione Internazionale Lesbiche e Gay (ILGA), una struttura mondiale che riunisce al suo interno numerose altre associazioni su tutti i continenti, il cui ramo europeo è ILGA Europa. Gli obiettivi di tali organizzazioni sono molto lontani dai reali bisogni degli omosessuali, perseguendo invece finalità politiche ed economiche, basate su logiche di potere radicate nell’ideologia gay. Tali organizzazioni sono finanziate da privati, ma anche da organismi pubblici (tra cui l’UE), ricevendo il sostegno di politici che pensano di vedere in esse l’espressione di una maggioranza; in realtà rappresentano un’élite che cerca di influenzare a suo favore le scelte dei governi e dei parlamenti. 7 L’OMOGENITORIALITÀ INFLUENZA LA CRESCITA DEL BAMBINO? L’ambiente di cura dei primi anni di vita ha grandissima influenza sullo sviluppo del bambino. La presenza di una coppia genitoriale uomo-donna è fondamentale per lo sviluppo dell’identità: affinché il bambino possasviluppare una chiara idea di sé, un’identità solida e matura, ha bisogno di potersi identificare nel genitore dello stes-

so sesso e differenziare dal genitore del sesso opposto. Ha bisogno di scoprire attraverso di loro, che sono il suo riferimento primario, il mondo del maschile e il mondo del femminile, in termini di sentimenti, di funzionamento, di atteggiamenti e di ruoli. Se questo processo non può avvenire quotidianamente, perché la coppia genitoriale non costituisce l’immagine della complementarietà maschile e femminile, il bambino avrà difficoltà a sviluppare una chiara idea di chi egli sia, come maschio o come femmina, e ad interiorizzarla nel profondo. La sua identità può rimanere allora frammentata, confusa, fragile, a grave danno di tutta la persona. 8 CHI LO DICE CHE UNA FAMIGLIA DEV’ESSERE COMPOSTA DA UN UOMO E UNA DONNA? Lo dice la nostra natura: l’essere umano tramanda la vita grazie all’unione di un uomo e di una donna all’interno di un legame stabile, creando così una famiglia. L’uomo e la donna sono complementari l’uno all’altra, non solo per le loro caratteristiche anatomiche, ma anche per quelle funzionali ed umorali ed è per questo che solo dalla loro unione può nascere una realtà nuova, caratterizzata dall’unicità: la famiglia. La reciprocità uomo-donna vissuta nell’amore e nella donazione totale di sé all’altro è il fondamento della famiglia, ed è il cammino di una piena e profonda umanizzazione della cultura e della società.

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La famiglia contribuisce alla crescita dell’ampia comunità nella quale cresce, vive ed educa i propri figli nel rispetto, nella responsabilità, nell’onestà, nella libertà e nell’autenticità. Questi importanti compiti fanno della famiglia un’istituzione sociale fondamentale: al suo interno le nuove generazioni vengono accolte e ricevono le risorse necessarie per diventare adulte e affrontare il mondo. Per questo la famiglia è cellula della società; è un bene che non ha uguali, va protetta ed è da promuovere.

10 SE IO E UNA PERSONA DEL MIO STESSO SESSO CI AMIAMO, PERCHÉ NON CI VIENE ACCORDATO IL DIRITTO DI ADOTTARE UN FIGLIO? Perché per crescere un figlio non basta l’amore. Lo dicono gli studi clinici e le ricerche, ma anche l’esperienza: l’amore è la sorgente, ma da solo non basta. In particolare, una coppia dello stesso sesso, anche se legata da forti sentimenti e dotata di adeguate risorse morali e materiali, non può offrire ad un bambino ciò di cui egli ha bisogno per maturare la sua identità, che è invece un processo di assoluta importanza per il benessere di tutta la persona. Non potendo offrire l’immagine vissuta della complementarietà dei sessi e dei ruoli, resterebbe un profondo vuoto nell’identità del piccolo, una fragilità che si ripercuote su tutta la persona.

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PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE PROTEGGERE E PROMUOVERE LA FAMIGLIA?

LE DIFFERENZE FRA MASCHI E FEMMINE SONO INNATE O INDOTTE DALLA CULTURA?

La famiglia come realtà fondata sulla stabile comunione di sentimento e di intenti tra un uomo ed una donna è l’unica forma di unione che permette la pienezza della relazione di chi la compone, la stabilità di vita, che nasce dalla consapevolezza dell’identità del proprio essere uomo o donna.

La differenza tra maschi e femmine è innata. Esiste in tutte le persone sin dal concepimento a livello genetico, nella caratterizzazione di ogni singola cellula con i geni XX per le femmine e XY per i maschi. Questa fondamentale differenza si esprime poi nelle peculiari caratteristiche fisiche, or-


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monali e psicologiche proprie del maschio e della femmina. Le differenze biologiche,psicologiche e relazionali tra il maschio e la femmina esistono a prescindere da qualsiasi influenza sociale o ambientale, come dimostrato. Tuttavia è attraverso di esse che assumono una loro particolare espressione all’interno della personalità del soggetto: l’educazione, le interazioni sociali,l’influenza della cultura e della società hanno un ruolo fondamentale nel riconoscimento, nello sviluppo e nella valorizzazione della bellezza, delladifferenza e della specificità del maschile e del femminile. Dal sito MANIF POUR TOUS ITALIA

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ro Vita Onlus, l’Associazione Italiana Genitori (AGe), l’Associazioni Genitori delle Scuole Cattoliche (AGeSC), il Movimento per la Vita e Giuristi per la Vita, presentano una petizione propositiva al Ministro dell’Istruzione, nonché al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, affinché i nostri figli possano trovare nella scuola, non ideologie destabilizzanti come

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L’Associazione Manif pour tous Italia L’Associazione Manif pour tous Italia nasce in stretto legame con l’omonima realtà francese con lo scopo di mobilitare i cittadini italiani di tutte le confessioni religiose, politiche e culturali e risvegliarne le coscienze in merito alle problematiche riguardanti le recenti leggi su omofobia e transfobia, teoria del gender, matrimoni e adozioni a coppie omosessuali. Il suo scopo è garantire la libertà di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto del bambino ad avere un padre ed una madre.

Una petizione sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole

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l’ideologia gender, ma progetti, corsi e strategie educative che permettano uno sviluppo sano della loro personalità, in armonia con la famiglia e con le istanze etiche, rispettosi di tutti ed in primis della natura umana. È possibile scaricare e firmare la petizione sul sito http://www.notizieprovita.it/petizione-sulleducazioneaffettiva-e-sessuale-nelle-scuole/


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Chi è l’uomo che te ne ricordi? Il simposio interreligioso del 25 e 26 febbraio “L’intento del Simposio è quello di riuscire ad elaborare una “Carta condivisa sull’uomo”, un’impresa molto ardua senza dubbio ma che vale la pena di tentare, per poter costruire insieme qualcosa di bello”.

È

quasi tutto pronto per il Simposio 2015 del Ce.Do.MEI (Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano). Seguendo il tema proposto dal Progetto Culturale diocesano di quest’anno, incentrato sul “Nuovo umanesimo”, anche il Ce.Do.MEI ha voluto contribuire nello studio e nella ricerca, mettendo l’uomo al centro del dialogo ecumenico ed interreligioso.Lo scopo di questo Simposio sarà infatti quello di analizzare e studiare l’uomo dal punto di vista antropologico, cercando di ottenere una visione completa, avvalendosi del contributo di studiosi di altre religioni e confessioni, per poi arri-

vare ad ottenere un quadro definitivo e chiaro su “chi è l’uomo”.Da qui nasce il titolo “Chi è l’uomo che te ne ricordi?”. Il convegno, come tradizione del Ce.Do.MEI, coinvolgerà studiosi, religiosi, insegnanti, ragazzi o semplicemente curiosi, per due giorni consecutivi, il 25 e 26 febbraio prossimi, nei locali del Vescovado e del Centro Culturale monsignor Ablondi. La prima giornata sarà dedicata, nella mattina (inizio previsto intorno alle ore 10.00 nei locali del Vescovado), alla visione dell’uomo nell’Islam (relatore: Prof. Antonio Cuciniello – Università Cattolica Sacro Cuore di Milano) e nel Buddismo (relatore: Monaco Raffaello Longo del Monastero Lama Tzong Khapa di Pomaia, responsabile del dialogo interreligioso per l’Unione Buddista Italiana). Nel pomeriggio (nei locali del centro culturale diocesano) il tema verrà affrontato dal punto di vista cristiano (relatore: Prof. Paolo Ricca – Facol-

tà Valdese di Teologia di Roma) ed ebraico.La seconda giornata invece si aprirà, con un intervento introduttivo sulla questione uomo dal punto di vista antropologico in generale del Prof. Angelo Biscardi (Istituto Teologico Interdiocesano di Camaiore – Lucca) che darà vita poi ad un seminario e ad una riflessione successiva sulle linee guida emerse dai vari interventi.L’intento infatti è quello di riuscire ad elaborare una “Carta condivisa sull’uomo”, un’impresa molto ardua senza dubbio ma che vale la pena di tentare, per poter costruire insieme qualcosa di bello. Martina Bongini

Vuoi continuare a leggerci? www.lasettimanalivorno.it Fascicolo a cura di Chiara Domenici. Hanno collaborato Nicola Sangiacomo, Martina Bongini. Impaginazione e grafica a cura di Andrea Macelloni. Stampato il 30 Gennaio 2015 presso la stamperia della Diocesi di Livorno.


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