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Periodico di informazione

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N. 1 13 Gennaio 2015

I QUADERNI DEL PROGETTO CULTURALE - La Settimana Tutti i Giorni della Diocesi di Livorno - www.lasettimanalivorno.it

Il senso religioso nel percorso del Progetto Culturale diocesano L’impronta di Dio nell’uomo di Nicola Sangiacomo “Oso dire che oggi la questione che dobbiamo maggiormente affrontare non è tanto il problema di Dio, l’esistenza di Dio, la conoscenza di Dio, ma il problema dell’uomo, la conoscenza dell’uomo e il trovare nell’uomo stesso l’impronta che Dio vi ha lasciato per incontrarsi con lui” sono le parole di un vescovo cattolico, datate 1999, che sembrano perfette per presentare il percorso che stiamo facendo nel Progetto Culturale di quest’anno: un cammino alla scoperta dell’identità dell’uomo, osservata da vari punti di vista. Lo facciamo in sintonia con il cammino della Chiesa Italiana in vista del prossimo Convegno Ecclesiale nazionale, che si terrà a Firenze nel prossimo novembre e che avrà come tema “In Gesù Cristo, il nuovo Umanesimo”. Nei mesi scorsi abbiamo affrontato, in ottobre, la questione dal punto di vista del diritto con gli interventi dei professori Francesco Busnelli ed Emanuele Rossi che hanno trattato il tema “Chi è persona secondo la legge ?”; poi, a novembre, abbiamo osservato il profilo etico filosofico dell’essere uomo con gli interventi del professor Stefano Semplici e del dottor Eugenio Porfido; tema dell’incontro era: “La dignità dell’uomo è nella sua natura”. A dicembre siamo entrati nell’ottica pastorale dell’uomo che vive nella famiglia, prima società naturale: il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei

Vescovi, ha portato la sua autorevole testimonianza sul cammino sinodale in corso nella Chiesa universale. Questo mese abbiamo scelto di tornare alle origini dell’umanità per scoprirne l’ispirazione originaria. L’intervento del professor Fiorenzo Facchini, sacerdote e antropologo, ci farà scoprire come, fin dalle origini, l’uomo era caratterizzato da un senso religioso e come questo preceda le religioni strutturate che oggi conosciamo. “L’ homo religiosus - ha scritto Facchini - si lega alle domande che l’uomo pensante non può non porsi sulla vita e sulla morte, alla esperienza simbolica di qualcosa che lo sovrasta e che percepisce in alcune manifestazioni della natura. Oggi, a differenza del passato, la religione ha acquistato la capacità di permeare culture diverse. Le religioni sono trasversali alle culture: si innestano sul senso religioso che è universale”.

Le domande fondamentali dell’uomo (Chi sono? Perchè esisto? perchè c’è il dolore, la morte? Che senso ha lavorare, amare, impegnarsi nel mondo etc.) sono comuni a qualunque uomo e non sono proprie di una religione. Sono interrogativi che caratterizzano l’umanità fin dalle sue origini e devono guidare ancora oggi la riflessione di quanti vogliono dare un contributo al miglioramento del nostro mondo. “Oggi - nota ancora il professor Facchini - sembrano attenuarsi le forme religiose tradizionali ma rimane il senso religioso, magari in forme surrogatorie o di superstizione, per l’insopprimibile bisogno che ne ha l’uomo. Nella crisi dei valori a cui assistiamo c’è spazio per un rilancio del Cristianesimo, la religione che ha affrontato con maggiore organicità i problemi della modernità”. segue a pagina 11 >>


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Quell’insopprimibile desiderio di Dio... Una traccia per seguire la riflessione di mons. Facchini L’uomo non può fare a meno di Dio: cambiano gli scenari, ma il senso religioso resta

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enso religioso e religione non sono la stessa cosa. La religione si innesta sul senso religioso di cui rappresenta uno sviluppo, e comprende atti di culto, riti, norme con cui la comunità , esprime il senso religioso. Le religioni appartengono alla storia, il senso religioso è proprio della natura umana. Le religioni affondano le loro radici nel senso religioso. L’approccio ermeneutico al senso religioso nell’uomo preistorico suggerito da Mircea Eliade e Julien Ries si basa sulla documentazione, diretta o indiretta. Esso fa riferimento al simbolismo, come capacità dell’uomo di cogliere nella natura o in qualche manifestazione della natura il rimando a domande esistenziali, la percezione di qualcosa che sovrasta l’uomo (la volta celeste, un tramonto infuocato, sconvolgimenti della natura...). Si parla di ierofanie,o manifestazioni del sacro nella natura, mentre nelle religioni rivelate si è in presenza di teofanie. La documentazione di comportamenti che rimandano direttamente a un senso religioso è relativamente recente: 100.000 anni fa con le sepolture nella Palestina praticate dall’uomo di Neandertal e da Homo sapiens moderno. Successivamente nel simbolismo dell’arte figurativa del Paleolitico superiore (arte parietale e mobiliare) si possono riconoscere raffigurazioni naturalistiche che evocano un senso religioso legato alla caccia e alla fecondità. Nel Neolitico il culto della dea madre (che continua la esaltazione della maternità delle Veneri aurignaziane), i santuari, le costruzioni megalitiche, i corredi delle sepolture vengono interpretati in relazione con il senso religioso. Alle soglie della storia il senso religioso è ben documentato nel mondo

sumero-babilonese ed egiziano, oltre che nell’Oriente (Cina, India). Le religioni orientali appaiono fortemente impregnate per la loro storia di concezioni filosofiche. Le religioni monoteiste rivelate (Ebraismo, Cristianesimo, Islam), che si sviluppano a partire dall’Ebraismo, rappresentano le forme religiose più organizzate e diffuse in epoca storica. Nelle società semplici il senso religioso si esprime in forme religiose di tipo animistico o nel culto degli antenati, in cui si mescolano pratiche magiche e sciamaniche. L’intensificarsi dei rapporti fra i popoli e la mondializzazione portano a

mons. Facchini insieme a papa Francesco

una evoluzione del senso religioso e delle religioni: si deve fare i conti con la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso, fenomeni del nostro tempo. Oggi sembrano attenuarsi le forme religiose tradizionali, ma rimane il senso religioso, magari in forme surrogatorie o di superstizione o esoteriche o sincretiste (New age) per l’insopprimibile bisogno che ne ha l’uomo. Nella crisi dei valori a cui assistiamo c’è spazio per un rilancio del Cristianesimo, la religione che ha affrontato con maggiore organicità i problemi della modernità.


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Uno scienziato di Dio Chi è mons. FIORENZO FACCHINI

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iorenzo Facchini è nato nel 1929 a Porretta Terme (Bologna). È sacerdote della Diocesi di Bologna, è stato assistente dell’Azione Cattolica e vicario episcopale per l’Università e la Scuola. Attualmente è

consulente ecclesiastico dell’Associazione Medici Cattolici (Sezione di Bologna), dell’Associazione Italiana Docenti Universitari (AIDU), sezione di Bologna e coordinatore per la Pastorale scolastica a livello regionale. Inoltre collabora con la parrocchia di San Biagio di Casalecchio di Reno. Professore ordinario di Antropologia dal 1976 al 2005 nell’Università di Bologna, docente di Paleontologia Umana nella Scuola di specializzazione in Archeologia dal 1985 al 2006, attualmente è professore emerito della stessa università. Membro di varie Società scientifiche italiane e internazionali, tra cui L’Istituto Italiano di Antropologia, l’Accademia delle Scienze di Bologna, l’Accademia di Scienze Naturali del

Kazakhstan, la New York Academy of Sciences. Premio internazionale Fabio Frassetto (2002) dell’Accademia dei Lincei per l’Antropologia. E’ sacerdote dell’Arcidiocesi di Bologna. Nelle sue ricerche si è occupato di accrescimento umano, di polimorfismi genetici, di adattamento umano alle alte quote, di paleoantropologia, di culture preistoriche, di studi su popolazioni del Neolitico e della protostoria. In Asia centrale ha organizzato ricerche sull’adattamento ad alte quote nel Kazakhstan e nel Kirghizistan e sugli effetti della modernizzazione nel Kazakhstan. L’attività scientifica è documentata in circa 400 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali e in vari volumi. dal sito www.fiorenzofacchini.altervista.org

Scienza e Bibbia Un’unica verità raggiunta per vie diverse Non ci sono due verità contrapposte: la verità della Bibbia e la verità della scienza, quasi che l’una renda superflua l’altra. A volte, per esempio, parlando con degli insegnanti o dei catechisti ho avuto l’impressione che si lasciassero guidare come da due verità alternative, una che si impara a scuola e l’altra al catechismo, come si trattasse di verità contrapposte o che si ignorano fra di loro. Se riflettiamo bene queste verità provengono dalla stessa fonte, da Dio che parla attraverso il libro della Bibbia e il libro della natura, per cui non possono esserci contrasti tra questi due messaggi. Essi riportano una verità che proviene dall’unica verità che è Dio stesso che si manifesta attraverso la parola di Dio e gli eventi della natura che noi dobbiamo sapere allora leggere e interpretare. Si tratta di verità complementari e integratesi fra di loro. Molte volte i

contrasti fra le vedute della scienza e della Bibbia vengono da una mancata distinzione degli ambiti conoscitivi e delle metodologie che vengono seguite. Permettete che spenda due parole a questo riguardo. Si fa molta confusione a volte, si confondono sia gli orizzonti conoscitivi sia le metodologie che si seguono in questi ambiti di conoscenza. Nella ricerca dell’uomo ci sono tre ordini di conoscenza o tre approcci. C’è un approccio scientifico, che si basa sulla osservazione empirica cioè sui fatti, su quello che può essere documentato, ecc. C’è un approccio di tipo filosofico, che ragiona su queste cose e ne cerca il significato. C’è un approccio di tipo teologico, che cerca il rapporto della realtà con Dio. Approcci diversi, che utilizzano metodologie diverse, e se vogliamo capire qualche cosa, almeno qualche frammento o luce di verità, dovremmo seguirli tutti e tre, però tenendoli

anche distinti. Se manca questa distinzione si genera confusione. APPENDICE di mons. F. Facchini a «L’EVOLUZIONE DELLA VITA: UNA SFIDA ALLA CREAZIONE? DA DARWIN AI NOSTRI GIORNI» Per approfondire il tema consultare il sito http://fiorenzofacchini.altervista.org/


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L’evoluzione dei viventi e l’ipotesi Dio di mons. Fiorenzo Facchini L’uomo al vertice della creazione? È una questione di carattere religioso. Di certo lo sviluppo della vita e il successo della specie umana dotata di pensiero e libertà restano un mistero, che la sola casualità non spiega: serve una causa trascendente.

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a storia dell’universo registra una crescita di complessità a partire dal Big Bang. Dal­la “zuppa cosmica” (radiazioni, particelle cariche elettricamente) dei primi quattrocentomila anni si formarono atomi, molecole, ag­­gregati di materia che portarono a miliardi di galassie. Anche l’evoluzione della vita sulla Terra è segnata da una crescita di complessità ­a partire dalle forme ancestrali, i procarioti, di 3-4 miliardi di anni fa. La formazione dei primi unicellulari forniti di nucleo 2 miliardi di anni fa è stata un passaggio fondamentale. Lo sviluppo della vita non è stato un cam­mino lineare. Negli ultimi 530 milioni di anni si sono formate le di­verse direzioni evolutive. Molte si sono estinte, altre sembra si siano arrestate a un certo livello e sopravvivono. Fra queste c’è quella degli ominidi che ha portato alla umanità. La complessità non ha le medesime espressioni in tutte le direzio­ni. Le molecole della vita, Dna e Rna, sono alla base dei viventi, ma i contenuti sono assai diversi. Essi possono riguardare la forma, come le funzioni vitali (metabolismo, respirazione, riproduzione, movi­mento, eccetera), le celle esagonali delle api come la struttura del-l’occhio, le società delle formiche come il volo degli uccelli, la em­briogenesi come la cerebralizzazione. Per valutare la complessità occorre fare riferimento a qualche pa­rametro. Teilhard de Chardin ha suggerito per i vertebrati la cere­bralizzazione, che mostra un andamento crescente, anche in relazio­ne alla massa somatica, dai pesci ai mammiferi, in particolare

nei pri­mati e soprattutto nell’uomo. Si delinea una direzione privilegiata della evoluzione. I 30 miliardi di neuroni e il milione di miliardi di sinapsi del cervello umano danno un’idea della sua complessità. Lo scienziatogesuita ha osservato: «Non è semplicemente su due (come si ripete spesso) ma su tre infiniti (almeno) che è costituito spazial­mente il mondo. L’infimo e l’immenso certamente, ma anche l’im­ mensamente complesso» (cfr. Il posto dell’uomo nella natura, 1982, p. 36). Questo immensamente complesso è costituito dal cervello umano. Di fronte al fenomeno della crescita della complessità si possono porre due tipi di domande: quali cause l’hanno determinata? Quale senso o finalità può avere? La prima domanda è di ordine scientifico, pur con qualche implicazione filosofica, la seconda è di ordine filo­sofico. La teoria di Darwin riconosce nelle innovazioni genetiche ca­suali e nella selezione operata dall’ambiente il meccanismo con cui si è accresciuta la complessità della vita. È esclusa qualunque intenzio­ nalità esterna. Alla selezione naturale viene riconosciuta una funzio­ne direttiva. Questo modo di vedere ammette però qualche principio finalistico, sia pure intrinseco alla natura. La relazione tra struttura e funzione, i programmi genetici che si formano e regolano lo sviluppo dell’embrione rispondono a un principio finalistico. Monod non lo negava, ma preferiva parlare di teleonomia. Ayala utilizza il termine di teleologia interna, connessa con la natura. Entrambi escludono qualunque intenzionalità esterna. I programmi si formano, senza che nessuno li abbia pensati. D’altra parte il carattere aleatorio delle mu­ tazioni non comporta di per sé che l’organizzazione della vita avven­ga senza regole o non sia dipendente da proprietà ben definite che consentono le necessarie relazioni a livello

atomico, molecolare, cel­ lulare. La casualità potrebbe riguardare alcuni passaggi e innovazio­ni, ma le modalità evolutive sono tutt’altro che casuali. I geni omeo­tici, regolatori di strutture e funzioni, messi in evidenza dai nuovi stu­di della biologia dello sviluppo, compaiono e ricompaiono in serie evolutive anche molto lontane fileticamente e nel tempo (come in ar­tropodi e vertebrati). Vi sono restrizioni nello sviluppo per cui l’evoluzione sembra canalizzata. Ancora di non facile spiegazione sono le convergenze evolutive di certe forme in serie lontane geograficamen­te e nel tempo. La teoria darwiniana dell’evoluzione viene fortemente criticata da Piattelli Palmarini e Fodor in un loro recente saggio (Gli errori di Darwin, 2010). Molti scienziati ammettono che essa non appare ade­guata e richiede delle integrazioni. La questione deve considerarsi aperta. In ordine alla complessità vi sono poi implicazioni di caratte­re filosofico a partire dall’armonia della natura. La razionalità con cui funziona il sistema della natura fa pensare a una mente superiore o a un logos ordinatore, ha osservato Benedetto XVI. Questa deduzione non è di tipo scientifico, ma è un’argomenta­zione razionale che evidentemente ricollega la realtà a una causalità superiore, identificabile con Dio, e alle sue intenzioni. La questione del fine o significato della creazione non è di ordine scientifico, ma fi­losofico. Ma come può essere inteso il rapporto causale di Dio con l’universo? E gli eventi


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casuali come possono accordarsi con questo modo di vedere? La causalità divina e le cause seconde non possono mettersi sullo stesso piano, non agiscono allo stesso modo. La causa divina, o cau­sa prima, agisce attraverso le cause seconde (proprietà della materia, inanimata e vivente, fattori della natura). Ma la sua azione non va in­ tesa come un agente esterno che si affianca a quelli naturali e guida gli eventi genetici o geologici o li integra nel loro esito. Le novità biologiche si realizzano attraverso le cause seconde, sen­za che si debba pensare a interventi esterni di tipo direttivo. Va rico­nosciuta un’autonomia alle cause seconde, che operano per le loro proprietà o regole o meccanismi, che non conosciamo ancora piena­mente. Non è necessario disturbare la causalità divina per supplire o guidare in modo diretto i cambiamenti della natura, come sostiene la teoria dell’Intelligent Design. Di fatto si realizzano novità di ordine biologico che acquistano senso e rientrano nel piano di Dio. Un esempio potremmo vederlo nella formazione del rift africano una ventina di milioni di anni fa, un evento che è stato molto importante per favorire un ambiente aperto idoneo per il bipedismo e lo sviluppo degli ominidi. Ma non si deve pensare che Dio con la sua azione diretta abbia provocato il solleva­ mento delle montagne del rift e i successivi cambiamenti di ambien­te nelle regioni orientali. Vi sono stati movimenti tettonici connessi con la deriva dei continenti. La causalità divina si può dunque conciliare con i fattori della na­tura che regolano eventi sia di tipo deterministico, sia del tutto ca­suali. Causalità e casualità si possono intrecciare. Vi sono leggi di or­dine fisico, come quelle della tettonica, e quindi eventi di tipo deter­ministico, e vi sono eventi del tutto casuali e non prevedibili, come nella genetica di popolazioni o nella confluenza in uno stesso evento di due serie causali indipendenti. Il caso è incluso nella realtà creata ed entra nel progetto del Creatore, che noi vediamo a posteriori, a differenza di Dio a cui tutto è presente. Sia gli

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eventi casuali sia quel­li di tipo deterministico sono voluti attraverso le cause seconde e pos­sono assumere un significato. Ma se tutto va ricondotto a Dio, sia pu­re attraverso le cause seconde, quale può essere l’intenzione? Quale senso può avere la crescita della complessità? È il problema di una fi­nalità generale che la scienza empirica non è in grado né di afferma­re e neppure negare, perché la questione di un fine generale non en­tra nei suoi orizzonti. Possiamo cercare la risposta guardando ai vari livelli dell’evoluzio­ne

La questione del fine o significatodella creazione non è di ordine scientifico, ma filosofico. Ma come può essere inteso il rapporto causale di Dio con l’universo? E gli eventi casuali come possono accordarsi con questo modo di vedere?

della vita sulla terra e alla loro successione nel tempo. Per 2 mi­liardi di anni era limitata a forme batteriche. A partire dai 2 miliardi sono cambiate le cose, l’ossigeno si è notevolmente accresciuto nel-l’atmosfera, ed è stata possibile una vita aerobica con gli eucarioti. Nel corso di molti milioni di anni si sviluppano le diverse serie evo­lutive in una successione che corrisponde alle classi dei viventi che oggi conosciamo. La vita intelligente è relativamente recente, è degli ultimi 2 milioni di anni. Dal fiorire della vita alla comparsa dell’uomo si ha l’impressione di un movimento ascensionale nella

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direzione dei mammiferi e dei primati per culminare nell’uomo. Essa è caratteriz­zata da una cerebralizzazione crescente. Con l’uomo l’evoluzione si prolunga nella cultura e nella intensificazione dei rapporti sociali (an­ cora Teilhard de Chardin). Riconoscere nell’uomo il senso più alto del movimento evolutivo contrasta radicalmente con la visione del darwinismo che vede nel-l’uomo un evento puramente fortuito, come in qualunque specie. Ma questo unico modo di vedere l’“evento uomo” non soddisfa una let­ tura dello sviluppo della vita nel suo insieme e il successo della spe­cie umana. Con l’uomo si apre la grande avventura di un essere che è fornito di pensiero e di libertà, rivela una trascendenza rispetto all’animale e rimanda a una causa trascendente. Il senso o il fine del-l’evoluzione può essere visto nell’uomo. Se allarghiamo l’orizzonte al versante teologico, in particolare alla Rivelazione, troviamo una conferma di quello che può ricavarsi come suggestione dallo sviluppo evolutivo. Alla base di tutto c’è la creazio­ne, come evento che si prolunga nel tempo attraverso i fattori della natura che il Creatore ha voluto e vuole con le sue caratteristiche e proprietà, compresa quella di trasformarsi ed evolvere. L’evoluzione può essere vista come un prolungamento della crea­ zione culminante nell’uomo che Dio ha voluto a sua immagine e per un rapporto speciale con lui. L’uomo può essere visto al vertice della creazione? È un’afferma­zione di carattere religioso. La creazione non rientra nelle conoscen­ze raggiungibili con la scienza empirica. Il messaggio della Rivelazio­ne è chiaro. In una visione evolutiva la posizione dell’uomo è del tut­to singolare. Egli rappresenta il livello più alto della complessità rag­giunta fra i viventi, è l’unico essere fornito di consapevolezza di sé e capace di farsi coscienza di tutta la realtà, ed è l’unica specie in gra­do di rapportarsi intenzionalmente con l’ambiente e di modificarlo. Da Vita e pensiero del 15 dicembre 2010


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Un uomo senza senso?

«L’uomo è designato a essere l’ascoltatore della parola che ė il mondo. Dev’essere anche colui che risponde. Mediante lui, tutte le cose devono tornare a Dio in forma di risposta». (Romano Guardini) Il V Convegno Ecclesiale Nazionale, in programma a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015, ha il suo logo ufficiale. Più di 200 le opere giunte alla Giuria tecnica che fra tutte ne ha scelte 10, sottoposte poi al voto degli iscritti a Facebook che con il loro “Mi piace” hanno proclamato il vincitore. Anzi, i vincitori. Sono infatti tre gli ideatori e realizzatori del logo: Zeno Pacciani, Francesco Minari e Andrea Tasso della farm creativa Borgoognissantitre, studio professionale di Firenze, meno di 120 anni in tre. Un logo semplice e stilizzato che pone al centro una croce da cui alcune frecce partono e arrivano creando un movimento che la incornicia al centro di un arrivo e di una partenza. Ma quelle frecce rosse sono anche un chiaro rimando alla cupola del Brunelleschi, che rende Firenze riconoscibile in tutto il mondo e al tempo stesso richiama quell’idea di Umanesimo presente nel titolo del convegno: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Il logo verrà utilizzato su tutti canali e i supporti di comunicazione prima, durante e dopo il Convegno.

In preparazione al 5° convegno ecclesiale nazione che si svolgerà nel novembre del 2015 a Firenze, il Comitato preparatorio ha diffuso alcune indicazioni: ne riportiamo alcuni passi in sintonia con l’approfondimento antropologico offerto dall’incontro con il prof. Facchini

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n questa fase di grandi cambiamenti culturali assistiamo non semplicemente al confrontarsi, e a volte al confondersi, di molte prospettive sull’umano, bensì anche al frantumarsi o allo smarrirsi dello sguardo. Il crollo di ideologie totalizzanti lascia il posto a nuove visioni e all’affermarsi di nuovi saperi che pretendono di descrivere e spie-

gare i comportamenti umani tramite automatismi o processi calcolabili. Nel modo di vivere, prima ancora che sul piano teorico, si diffonde la convinzione che non si possa neppure dire cosa significhi essere uomo e donna. Tutto sembra liquefarsi in un “brodo” di equivalenze. Nessun criterio condiviso, per orientare le scelte pubbliche e private, sembra resistere e tutto si riduce all’arbitrio e alle contingenze. Esistono solo situazioni, bisogni ed esperienze nelle quali siamo implicati: schegge di tempo e di vita, spezzoni di relazioni da gestire e da tenere insieme unicamente con la volontà o con la capacità organizzativa del singolo, finché ce la fa. Gli eventi e le relazioni così rischiano di diventare frammenti isolati di


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un’esistenza che sta accanto a quella altrui per caso, per necessità o per convenienza, ma raramente riconoscendo un senso che accomuna, né la bellezza dell’essere insieme. L’individualismo esasperato che ha dominato, nella civiltà occidentale, il tempo dell’espansione economica

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fino a portare alla crisi attuale, antropologica ed etica prima che economica, non solo ha drammaticamente allentato i legami che rinsaldano la collettività e la rendono un popolo con le sue istituzioni, ma ha anche indebolito i nessi che disegnano lo stesso volto umano: lo testimoniano con il linguaggio dell’arte tante

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opere della contemporaneità, dagli uomini senza volto di Magritte alle fisionomie distorte e disfatte di Francis Bacon. Come sarà possibile rigenerare questi legami costitutivi per dar voce al desiderio di riconoscimento, unità e comunione della famiglia umana?

Verso Firenze 2015

Un uomo solo prodotto?

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erdere i legami che ci costituiscono porta a concepire l’uomo come una costruzione indeterminata, affidata esclusivamente alle proprie mani, alle leggi del sistema o alla tecnica. Più timore, però, si ha del futuro, più incerto si fa l’orizzonte, più spasmodica diviene la ricerca di punti di appoggio artificiali, quali garanzie che riducano i rischi del vivere. Si oscilla tra l’inseguire le possibilità aperte dinanzi all’individuo, senza precludersene alcuna, e la rigida definizione di un programma di vita. In ogni caso, si ri-

schia di rimanere centrati su se stessi mentre viene a mancare, o si fa fatica a collocare, l’altro: l’altro con cui ci incontriamo e ci scontriamo, l’altro che costituisce un limite al nostro io, l’altro con le sue esigenze a volte irritanti o il suo interpellarci col volto contratto in un muto grido, come nella famosa opera pittorica di Edvard Munch. La difficoltà a riconoscere il volto dell’altro causa il dissolversi del nostro stesso volto perché solo nella relazione e nel reciproco riconosci-

mento prendono forma i volti. Il volto è il modo in cui l’altro mi si manifesta e in cui io mi manifesto all’altro: «il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo» (Evangelii gaudium 88). Se perdiamo la capacità di correre questo rischio, difficilmente comprendiamo che cosa significhi essere umani.


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La persona al centro dell’agire ecclesiale “Alla ricerca dei semi di verità sparsi nella storia degli uomini”

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l Concilio Vaticano II ha insegnato che «in Cristo» la Chiesa è «come un sacramento, ossia segno e strumento» dell’«unità di tutto il genere umano», perché lo è dell’«intima unione con Dio» (Lumen gentium 1). Ne è scaturita una netta consapevolezza, espressa sinteticamente nell’espressione posta a titolo del cap. VI della Centesimus annus, e che ricorre pure in Redemptor hominis 14, per poi riecheggiare altre volte nei pronunciamenti di san Giovanni Paolo II: «L’uomo è la prima via che la Chiesa percorre nel compimento della sua missione». Ciò significa che le ragioni dell’uomo e la prassi ecclesiale possono e devono incontrarsi. Il dono che Dio ci ha fatto nel Figlio suo apre, difatti, un’esperienza di umanizzazione senza precedenti o paragoni. Grazie a Gesù, Dio rivela le profondità di se stesso svelando al contempo all’uomo chi egli sia veramente (cf. Gaudium et spes 22). Nell’umanità traspare Dio e in Dio l’umanità va trasfigurandosi. La Chiesa italiana ha seguito questa trasparenza luminosa per dare forma alla propria figura e all’azione pastorale, rimanendo fedele all’umanità dentro la sua storia per rimanere fedele al Dio di Gesù Cristo. Il Concilio ha ribadito che «qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero», perciò «l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo» (Gaudium et spes 39). La ricerca dell’umanità nuova che cresce anche nel nostro tempo richiede di affinare l’attitudine del discernimento. Questa umile ricerca della

volontà di Dio nascosta nel paradosso dell’Incarnazione e del Crocifisso Risorto schiude lo sguardo attraverso cui intravedere l’umanità nuova, il divino nell’umano e l’umano nel divino, e, perciò, vorrebbe essere il nostro stile anche dopo le giornate fiorentine. I Santi ci aiutano in questo cammino, perché grazie alla loro luce “vediamo” che Dio non smette di amare, di curare e di attrarre verso il Regno il mondo intero. È questo il «discernimento comunitario» di cui parlava già l’Invito, condotto accanto e, per certi versi, insieme a tutti gli uomini, lasciandoci guidare dallo Spirito di Cristo. «Discernimento comunitario» è un termine ricco di significato per la Chiesa italiana. Indica la volontà di costruirsi come corpo non clericale e ancor meno sacrale, dove ogni battezzato, le famiglie, le diverse aggregazioni ecclesiali sono soggetto responsabile; dove tutti insieme cerchiamo di essere docili all’azione dello Spirito. Significa vedere che lo Spirito Santo risveglia in chi si lascia raggiungere dalla sua grazia l’imma-

gine di Gesù e che, soprattutto, disegna una Chiesa che si lascia seminare nel campo del mondo, accanto ai più piccoli come loro voce e speranza, nell’attesa vigile e fiduciosa dello Sposo. Radicamento orante nella Parola di Dio, letta dentro la Chiesa alla luce della Tradizione e delle nuove domande che la storia ci sollecita; ricerca dei semi di verità sparsi nella storia degli uomini; interpretazione della società e della cultura alla luce della verità di Cristo (che ci rende capaci di riconoscere le conseguenze del peccato nella nostra storia unite alle tracce dell’opera di redenzione); accettazione delle sfide, nella fiduciosa consapevolezza che camminando nella direzione indicata da Gesù potremo affrontarle come occasioni di pienezza, anziché mortificazione, dell’umano: sono questi gli elementi per un discernimento comunitario, affinché ogni comunità cerchi e scopra la bellezza di essere uomini e donne in Gesù, cioè uniti per sempre a Dio.


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Come amici che pregano insieme La giornata ebraico cristiana e la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani “Le chiese sono perciò anzitutto chiamate ad accettare la severa sfida di comunicazione che le raggiunge e le condanna là dove in esse le diversità, che dovevano essere doni per l’unità, sono invece diventate divisioni per le fratture”.

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on queste parole, prese in prestito da monsignor Alberto Ablondi, uno dei fondatori del Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano (Ce.Do.MEI), vorremmo spiegare il significato della Giornata dell’Amicizia Ebraico Cristiana e della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. In un momento storico come quello che stiamo vivendo, specie in questi ultimi giorni, parlare di dialogo diventa sempre più difficile e spesso ci si chiede se veramente serva a qualcosa. Come ogni anno, il mese di Gennaio rappresenta per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso un momento fondamentale di incontro. Dal 18 al 25 Gennaio infatti le chiese cristiane di Livorno, come tutte le chiese del mondo, si ritrovano durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, soffermandosi per pregare insieme per l’unità, per conoscersi meglio ma soprattutto per comprendersi nella diversità e quindi arricchirsi. Tutti i cristiani credono e confessano Gesù Cristo, Signore e Salvatore, vero Dio e vero uomo ma quando si parla di Chiesa, ovvero del modo di intendere la sua natura e struttura, la sua missione e testimonianza, il suo messaggio e il suo modo di essere e vivere nel mondo allora iniziano ad esserci delle diversità, delle divisioni; per questo nasce la Settimana di preghiera, per cercare di arrivare ad un’unità in cui tutte le chiese si possano riconoscere. Quest’anno la Settimana, che avrà come tema: “Dammi un po’ d’acqua

da bere” (Giovanni 4,7), si aprirà, domenica 18 Gennaio alle 11.00 alla Chiesa Valdese con il culto ecumenico e l’Agape comunitaria; nel corso della settimana ci saranno poi altri due appuntamenti, martedì 20 Gennaio alle 18.30 alla chiesa battista (Via del Vecchio Lazzeretto- Villa Corridi), la preghiera ecumenica mentre giovedì 22 Gennaio alle 17.00 i vespri ospiti della chiesa ortodossa romena (alla chiesa della Misericordia in Via Verdi 57). La Settimana si concluderà con la preghiera ecumenica, sabato 24 gennaio alle 19.00 alla Comunità di Sant’Egidio (alla chiesa di San Giovanni- Via della Carraia 2). Diversa invece la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, giunta al suo diciannovesimo anno, che invece intende celebrare un momento di condivisione tra cristiani ed ebrei. Il CeDoMEI quest’anno insieme alle diverse chiese, comunità e alle associazioni presenti a Livorno, ricorderanno questo momento giovedì 15 gennaio alle 17.30 ritrovandosi in preghiera davanti alla Sinagoga; alle 18.15 al Centro Culturale monsignor Alberto Ablondi, ci sarà invece il dialogo a due voci (quella ebraica e quella cristiana) sul tema «Non pro-

“Dammi un po’ d’acqua da bere” è il titolo della settimana di preghiera 2015 nuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo» come recita la Nona Parola dell’ Esodo 20,16: Il tema di quest’anno è il proseguimento dei i temi degli anni precedenti, i quali riprendono le Dieci Parole dell’Alleanza tra Dio e Israele, fondamentali anche per la fede cristiana. Questo momento di condivisione come tiene a sottolineare mons. Mansueto Bianchi, Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo ,vuole essere “un invito al costante approfondimento del dialogo ebraico-cristiano, alla tenace costruzione di percorsi comuni di ricerca spirituale, ed essere al tempo stesso, per la società in cui viviamo, occasione di crescita morale e di feconda opera di pace. L’augurio è che cristiani ed ebrei possano continuare a riconoscersi reciprocamente come «il prossimo» da accogliere nella verità, da accompagnare nel cammino, da sostenere nell’amore. Un augurio che diventa preghiera comune all’Eterno, fonte di vita e di verità per tutti” . Martina Bongini


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27 gennaio a Livorno, il giorno del Voto Montenero sarà proclamata ufficialmente Santuario Mariano

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ra pochi giorni Livorno ricorderà un evento tragico della propria storia: il terremoto del 27 gennaio del 1742 e con esso il Voto fatto a Maria. Per ringraziare la Madonna, per aver salvato i livornesi dal disastroso terremoto che quasi rase al suolo la città, ma che non provocò vittime, infatti fu promesso alla Vergine di offrire ogni anno la cera votiva che alimenta la lampada al Santuario di Montenero, di partecipare alla solenne celebrazione in Cattedrale a ricordo dell’evento e di posticipare l’inizio dei festeggiamenti del carnevale dopo la data del terremoto. Una promessa che anno dopo anno i livornesi hanno ricordato e tramandato ai discendenti e che anche in questo 2015, a distanza di centinaia di anni, si apprestano a rinnovare. L’appuntamento è come ogni volta in piazza Grande, alle 17.30, sotto la loggia nord ovest, sopra la quale spicca il quadro con l’immagine della Madonna, che la tradizione popolare indica come il punto in cui arrivarono le acque del mare, mosse dalla forza del terremoto. Grazie alla collaborazione dei Vigili del Fuoco, sarà apposta intorno all’immagine una corona floreale in omaggio alla Vergine e davanti a lei il Vescovo guiderà il Santo Rosario, alla presenza delle autorità civili e militari. Al termine della preghiera mariana, il popolo di Dio si recherà in processione verso la Cattedrale, dove il vescovo Simone presiederà la solenne concelebrazione eucaristica. Una particolarità di quest’anno sarà l’erezione pubblica della chiesa di Montenero a Santuario. Da sempre conosciuta con questo titolo, in realtà la chiesa che accoglie la sacra icona di Maria di Montenero non aveva finora la qualifica formale di “Santuario”. Per decreto vescovile adesso la chiesa potrà avvalersene ufficialmente e sarà effettivamente Santuario mariano. Chiara Domenici

Un fumetto per spiegare ai più piccoli C’è un fumetto, edito da Pharus Editore Librario a cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Livorno, che prova a presentare, in particolare ai bambini e ragazzi, la storia del Voto che i livornesi fecero alla Madonna di Montenero per dirle Grazie per lo scampato terremoto e maremoto. In 8 pagine ed in modo ironico, ma anche fedele alla storia, si racconta l’evento e la fiducia che un popolo intero, smarrito di fronte al peri-

colo, ha riposto nella sua patrona, madre delle Grazie. Il fumetto è disponibile a € 1,50 in Vescovado in Via del Seminario 61 - Info: pharuseditore@tiscali.it


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Maschio e femmina: la ricchezza di essere complementari 1 Febbraio: L’incontro con la dott.ssa Atzori nella giornata per la vita “Solidali per la vita” è questo il tema della prossima Giornata Nazionale per la Vita, indetta come ogni anno dalla CEI nel primo giorno di Febbraio. “I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli; i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita”. Queste parole, ricordate da Papa Francesco sollecitano un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine. È l’invito a farci servitori di ciò che “è seminato nella debolezza” (1Cor 15,43), dei piccoli e degli anziani, e di ogni uomo e ogni donna, per i quali va riconosciuto e tutelato il diritto primordiale alla vita. In questo anno la Diocesi dedicherà la riflessione alla “questione del gender”; un tema di cui ultimamente si spesso parlare, ma che in molti ancora non conoscono a fondo. Ed in particolare si approfondirà l’aspetto della complementarietà tra maschio e

femmina, una vera e propria ricchezza da cui la società ed in particolare la vita che nasce non possono che trarne beneficio. L’appuntamento, promosso dalla Consulta delle Aggregazioni Laicali, è per le 15.30 al salone “mons. Ablondi”, in via delle galere 35, dov

la dott.ssa Chiara Atzori, medico specialista all’ospedale Luigi Sacco di Milano, guiderà nell’approfondimento del tema. Alle 18.00 poi, nella chiesa della Madonna,il vescovo mons. Giusti presiederà la S. Messa per la vita.

La creazione di Eva (Michelangelo B., cappella sistina, Roma)

<< segue da pagina 1

Il senso religioso nel percorso del Progetto Culturale diocesano L’impronta di Dio nell’uomo Il percorso di riflessione proseguirà nei prossimi mesi quando, il 1 febbraio, è già programmato l’intervento della dottoressa Chiara Atzori, medico specialista, in occasione della Giornata della Vita: spetterà a lei approfondire il tema generale dell’uomo dal punto di vista biologico; e il 10 marzo quando sarà a Livorno Franco Nembrini, rettore di un grande istituto scolastico a Calcinate in provincia di Bergamo, che tratterà l’uomo e la sua educazione portando

la sua originale esperienza sulla questione della proposta educativa. Nel mese di febbraio è anche prevista una riflessione sul tema dell’uomo nella Bibbia nell’ambito del Simposio ecumenico promosso dal Cedomei. Si arriverà così all’ultimo scorcio dell’anno pastorale per il quale sono in preparazione altri appuntamenti, legati alla festa di Santa Giulia, e quindi ispirati al tema dell’umanità testimone fino al martirio per difendere la propria fede; una realtà antica,

ma terribilmente attuale in tante parti del mondo. Con questo intenso programma il Progetto Culturale diocesano intende riscoprire i profili essenziali dell’uomo per ridare vigore a una società che vive una profonda crisi, prima di tutto di valori. Riscoprire nell’uomo l’impronta di Dio, come diceva, nel 1999, l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio. Nicola Sangiacomo


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Verso un nuovo umanesimo

Verso un nuovo umanesimo

PROGETTOCINEFORUM

PROGETTO CULTURALE DIOCESANO

Lunedì 19 Gennaio 2015

LA ROSA BIANCA

(Marc Rothemund – 2006)

Via del Seminario 61 57122 LIVORNO TEL. 0586.276211 diocesi@livorno.chiesacattolica.it

Lunedì 16 Febbraio 2015

PROIBITO RUBARE (Luigi Comencini - 1948)

Lunedì 16 Marzo 2015

IQBAL Iqbal Masih

(Cinzia Th. Torrini - 1998) Lunedì 20 Aprile 2015

LA SETTIMA STANZA Edith Stein (Marta Meszaros -1995)

Lunedì 11 Maggio 2015

I PROMESSI SPOSI (Mario Camerini – 1941)

Vuoi continuare a leggerci? www.lasettimanalivorno.it

Lunedì 8 Giugno 2015

ORDET

(Carl Theodor Dreyer - 1954)

I film saranno proiettati nel salone del Vescovado (Via del Seminario 61 parcheggio interno) presentazione alle 20.30 e inizio proiezione alle 20.45.

Fascicolo a cura di Chiara Domenici. Hanno collaborato Nicola Sangiacomo, Martina Bongini. Impaginazione e grafica a cura di Andrea Macelloni. Stampato il 13 Gennaio 2015 presso la stamperia della Diocesi di Livorno.


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