La Settimana n. 6 del 10 febbraio 2013

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IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217

di mons. Alberto Ablondi

Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo

amme, vorrei che guardaste a Lei! Maria è la mamma che Dio ha fatto per sé: Paul Claudel la sente: "Sacramento della tenerezza materna di Dio". La Madonna riassume infatti ogni aspetto della maternità. Ragazze: è stata la fanciulla immacolata, preparata mamma dal primo istante della Sua vita. Mamme: è la donna capace di cercare il figlio sino al tempio e di accompagnarlo sino a proporgli il miracolo. Nonne: è stata la Madre silenziosa ed efficacemente presente nel tumulto del Calvario. "Sorelle" della maternità spirituale: voi incontrate nel Cenacolo, Madre, fra gli Apostoli, di una Chiesa che deve crescere.

Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

Festa della Mamma, 1971- Una Missione d’accoglienza

lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli

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10 febbraio 2013

LE NUOVE POVERTÀ

Quando «giocare» diventa una malattia

Conosciuta nel mondo scientifico anche come «pathological gambling», la ludopatia è un fenomeno in crescita in tutto il mondo occidentale, e il nostro Paese non è da meno. Solo attraverso la collaborazione tra Enti e associazioni si possono trovare soluzioni concrete

Rete territoriale per il gioco d’azzardo patologico DI FABIO

FIGARA

niziare a giocare, scommettendo sulla partita o sul cavallo vincente, oppure provare la sorte alle slot machine installate dentro ricevitorie, tabaccai e bar, per più volte al giorno, finché non diventa una necessità, finché il gioco non diventa compulsivo, ed è difficile tornare indietro: quello che sembrava essere un semplice vizio diventa un “disturbo”, una “malattia”. Ma, pur nascendo e sviluppandosi oggi con dinamiche originali, non è un problema nuovo. «Il fenomeno della cosiddetta “ludopatia” è tutt’altro che recente - spiega Mauro Pini, psicologo del Ser.T. di Livorno e referente del problema per il territorio - sin dall’antichità è esistito il “gioco d’azzardo”. Anche nell’Inferno Dante pone gli “scialacquatori” nel secondo girone del settimo cerchio. Nel corso dei secoli, da condannati in quanto peccatori per il vizio, sono diventati dei malati cronici. Negli Stati Uniti già da decenni la comunità scientifica affronta lo studio sistematico di questa patologia; in Italia abbiamo cominciato negli anni Ottanta, e la delega, non l’obbligo, per i Ser.T. di occuparsi del problema è arrivata intorno al Duemila con prime normative apposite, fino al Decreto “Balduzzi”, che detta regole più precise in merito. Lo stesso nome “ludopatia” è un neologismo che non trova d’accordo tutti gli studiosi del campo, in quanto il “gioco”, (ludum), nel senso più ampio del termine, è un’attività, fisica o mentale, che comporta la nascita di spazi di crescita del singolo individuo: come può quindi diventare una malattia?» Purtroppo è molto difficile, allo stato attuale della ricerca scientifica, poter inquadrare le origini di una tale patologia, le cui cause possono essere molteplici. «Fondamentalmente è un disturbo del controllo degli impulsi, ed è trattata come una dipendenza equivalente alle altre più classiche (tabacco, droga, alcool). Varie scuole di pensiero tendono a studiare le sue origini da un punto

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U.F.: SER.T ASL 6 Servizio Tossicodipendenze Via Tiberio Scali, 11 a Livorno Per appuntamenti dal Lunedì al Venerdì dalle 09.00 alle 13.00 I nuovo ingressi si effettuano due volta a settimana ASSOCIAZIONE SAN BENEDETTO Via dell’Industria, 9 a Livorno Tel 0586-888101 dal Lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 e-mail: info@associazionesanbenedetto.org www.associazionesanbenedetto.org/associazione_san_benedetto_onlus/GAP.html Il programma viene effettuato su invio del Ser.T ASSOCIAZIONE GIOCATORI ANONIMI Via S. Giovanni (presso SVS): tutti i Lunedì e Giovedì dalle 21.00 alle 23.00 Per partecipare alle riunioni telefonare al 334-1530525 http://www.giocatorianonimi.org ASSOCIAZIONE GAMANON Per familiari o amici di giocatori. Riunioni tutti i Lunedì ore 21.0023.00: per partecipare telefonare al 328-0980548 (accesso diretto, previo contatto telefonico) www.gamanonitalia.org FONDAZIONE TOSCANA PER LA PREVENZIONE DELL’USURA Sede di Livorno: presso Misericordia, via Verdi 65 (II Piano), mercoledì, ore 9.00-12.30. Per appuntamento: mercoledì mattina 0586833422 oppure 333-9787218 Accesso diretto www.prevenzioneusuratoscana.it ORTHOS, PROGRAMMA DI PSICOTERAPIA INTENSIVA RESIDENZIALE Il programma, della durata di tre settimane più verifiche successive, viene effettuato su invio del Ser.T. Altri contatti al 393-9502995 www.orthos.biz

di vista genetico dell’individuo, ma non si può certo tralasciare l’ambito sociale che lo circonda.» Oggi infatti varie forme di insicurezza indeboliscono psicologicamente le persone, anzitutto la preoccupazione legata alle difficoltà economiche, a cui si aggiungono spesso problemi in famiglia. E, in una situazione psicologica fragile, è possibile riversare sul gioco illusioni e aspettative impossibili, soprattutto adesso che il fenomeno dei “giochi on-line” è maggiormente diffuso e peggiorativo della situazione: c’è il rischio di un eccesso di “individualismo”, di isolamento della persona. «Purtroppo i danni provocati da chi soffre di

“ludopatia” sono molti, a cominciare dal rapporto con i parenti per arrivare alla perdita del lavoro per dedicarsi al gioco: così facendo viene meno la fonte di sostentamento per sé e per i propri familiari, i quali hanno serie difficoltà a far smettere il congiunto. La mancanza continua di denaro aumenta l’illusione di poter recuperare tutto con una vincita importante, e si continua a

Mauro Pini nel suo studio al SERT. Sotto, la copertina dell’ultimo libro di Pini

giocare nell’attesa di un recupero che puntualmente non arriva. Purtroppo, nel proseguire senza essere opportunamente seguiti, fa sì che molti cadano nel giro degli usurai per ottenere finanziamenti per giocare.» Un pericolo sociale che ha fatto registrare, solo nei giochi a premio, circa 80mila persone a rischio “elevato”, 700mila nella fascia “moderata” e altri due milioni in cui potrebbe nascere la patologia, per un giro d’affari totale che ha permesso allo Stato di avere un incasso oltre gli 80 miliardi di euro nell’ultimo anno. Cifre importanti e ottenibili nell’immediato, tanto da incentivare il gioco, ma che, nel lungo termine, porteranno probabilmente ad avere spese maggiori di quanto incassato per la cura dei malati cronici. «Non si possono comunque fare delle stime certe - continua Pini -

perché solo una parte di queste persone si registra per usufruire dei servizi del Ser.T o delle altre associazioni territoriali per guarire. E di questi che si avvicinano per essere curati, la maggior parte sono segnalati dalle proprie famiglie, dalle associazioni, dai circoli, dai medici curanti o dalle parrocchie che frequentano. Quindi è importante stabilire anzitutto quanta sia la volontà, da parte del “paziente”, di farsi curare.» Sul nostro territorio è stata registrata, nell’ultimo anno, una crescita esponenziale del fenomeno; per affrontarla è attiva una rete importante che vede impegnati enti, associazioni e gruppi. «Il migliore approccio che può proporre il Ser.T. non è certo monodirezionale, ma piuttosto di coordinarsi con una rete di servizi, ad esempio con il gruppo di mutuo aiuto dei “Giocatori Anonimi”, ospitato presso l’SVS dal 2005, con la Fondazione Toscana per la prevenzione dell’usura, con la Misericordia e con la Caritas diocesana, con la quale abbiamo dei progetti in fase di sviluppo. Purtroppo è un problema che non possiamo permetterci assolutamente di sottovalutare.»


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TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

10 febbraio 2013

La parola alle CARITAS PARROCCHIALI

Una buona notizia!

Amichiamoci... e beneficienza

Una comunità unita contro la crisi

facile fare notizia Ènera, con la cronaca con le tragedie e le violenze. Ma la buona notizia è sempre lì, pronta per essere scoperta. Perché spesso la buona notizia si nasconde. Sta lì buona buona, perché non ha bisogno di farsi vedere per raggiungere il suo scopo. Ma tra i titoli di crisi, di disoccupazione in crescita, tra le pagine zeppe di liti tra politici e inutili gossip, è una boccata d’aria la I giovani "buona notizia". Buona notizia è per i sapere che ci sono giovani ancora ragazzi che si impegnano per gli altri e si mettono al servizio della propria chiesa. Ci risiamo...Amichiamoci. Lodato o criticato, appoggiato o no, non si può comunque negare che qualcosa di buono lo riesca a fare. Non è solo riunire più di 500 tra giovani e adulti di diverse religioni,

realtà e parrocchie, ma è anche riuscire, a fine di tutto e attraverso un sano divertimento, a fare un gesto concreto di carità. Da diversi anni il ricavato della manifestazione, tolte le spese e tenuta una piccola cassa per l’anno successivo, serve per portare avanti alcune adozioni a distanza tramite il Centro mondialità sviluppo reciproco. Ma non solo. C’è stato l’anno in cui il ricavato è stato destinato al reparto di cure palliative dell’ospedale di Livorno, quello in cui si è contribuito ai lavori nel campo sportivo della parrocchia di Sant’Agostino. L’edizione 2012 è stata finora quella che è riuscita a donare la somma più grande: 1250 Euro. Come sempre, lo staff ha preso in considerazione diverse alternative prima di arrivare a una decisione che come sempre è guidata dall’idea di pensare sia ai lontani che alla realtà locale livornese. 300 Euro saranno perciò consegnati a Suor Raffaella Spiezio per essere destinati a un progetto in Eritrea che vede coinvolti bambini. Sempre all’Africa sono arrivati altri 250 Euro con le adozioni a distanza tramite il CMSR. I 200 Euro ricavati dalla prima minimaratona di Amichiamoci sono andati invece ai rifugiati politici della Nigeria. La somma più consistente, 500 Euro, è infine servita a sostenere il «Cantiere giovani», una realtà all’interno del «Progetto strada» impegnata nell’aiuto ai giovani in difficoltà, che tra l’altro quest’anno per la prima volta hanno partecipato ad Amichiamoci. Questa sì che è una buona notizia! Giulia Sarti

DI FABIO

FIGARA

nziani soli o con pensioni insufficienti, giovani e famiglie senza lavoro o senza casa: i volontari dei Centri Caritas delle parrocchie livornesi sono in prima fila nell’affrontare l’attuale emergenza sociale ed economica, soprattutto in quartieri "difficili" come quelli limitrofi a piazza della Repubblica. «Inizialmente, a causa della crisi sempre crescente, aiutavamo una novantina di famiglie, italiane e non - spiega Roberta Puddu, referente della Caritas parrocchiale - in seguito, per una migliore gestione delle risorse, abbiamo dovuto regolare il flusso di utenti, cercando di limitare l’accesso, per quanto possibile, ai soli parrocchiani. Oggi abbiamo una sessantina di famiglie, quasi tutte livornesi, spesso con bambini a carico, a cui consegniamo il pacco alimentare due volte al mese, il secondo e il quarto lunedì, dalle ore 16». I contributi alimentari per i pacchi arrivano da Agea e dalla generosità dei parrocchiani. Per iniziare a ricevere il pacco alimentare, è necessario un colloquio con il parroco don Medori, esponendo problemi ed esigenze, e la presentazione del certificato di residenza: in seguito il sacerdote comunica agli operatori della Caritas coloro che possono usufruire del servizio. I pacchi vengono preparati il sabato precedente alla distribuzione, ed ogni volta viene effettuato l’inventario dei

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Il gruppo Caritas di Sant’Andrea assiste una sessantina di famiglie grazie all’aiuto di una comunità parrocchiale unita che, nonostante le difficoltà, si dimostra vicina e generosa tipi e della quantità dei prodotti raccolti per la Caritas (pasta, riso, farina, legumi, caffè, biscotti, pelati e molto altro), una lista da presentare alla comunità parrocchiale per aggiornarla e renderla partecipe delle difficoltà e delle attività caritative. Per ogni quantità sufficiente raggiunta, viene posta un’icona «smile» accanto al prodotto. Se c’è la possibilità, si cerca di andare in soccorso anche delle altre parrocchie del vicariato in difficoltà, come accade qualche volta con S. Giuseppe. Ma non finisce qui. «Data l’emergenza attuale - continua Roberta - ci siamo attivati anche per la consegna del pacco a domicilio. Inoltre, in occasione dell’Anno della Fede, ci siamo proposti di incontrare le famiglie anche al di fuori della distribuzione materiale, per cercare di seguirle, insieme all’aiuto dei sacerdoti, anche sotto il profilo spirituale, proponendo momenti di

preghiera e di riflessione su alcune pagine del Vangelo, informandole anche sulle attività della Parrocchia, per far sì che non si sentano escluse dal resto del popolo parrocchiale. Ritengo che il pacco, per quanto essenziale, sia solo un tramite, e che sia importante poter avere un minimo di relazione con chi ha bisogno, per poter trasmettere loro la parola di Gesù che cerco di vivere». Abbiamo iniziato con cinque o sei famiglie ma, lentamente, superate le diffidenze iniziali, molte altre stanno cominciando a seguirci in questo progetto. Oltre a merende tutti insieme, abbiamo deciso di organizzare delle cene, almeno due o tre volte all’anno, con invito rivolto a tutti i parrocchiani, perché si stringano relazioni sempre più forti. D’altra parte, Caritas e Comunità devono andare di pari passo, in un percorso di crescita e di aiuto

reciproco, altrimenti non si può parlare di Carità: il coinvolgimento di tutti è necessario, soprattutto in questi momenti di estrema difficoltà». Per ogni incontro di catechesi, i volontari festeggiano anche il compleanno di coloro che compiono gli anni nel mese in corso. E non mancano le visite ai malati: per il periodo natalizio gli operatori Caritas hanno coinvolto anche i bambini del catechismo, accompagnandoli a trovare alcuni parrocchiani in degenza presso la Casa di Riposo S. Angela. «Sono fiero di questa comunità - afferma il viceparroco don Guillaume Maenenkuba sempre attenta al prossimo. Molte famiglie fanno addirittura la spesa per altre in difficoltà. Speriamo di poter continuare a gestire una tale situazione e di aiutare molti di loro nel percorso di recupero di una vita migliore».

IL NUOVO PROGETTO CARITAS

Dacci oggi il nostro «PANE QUOTIDIANO» Nato dalla collaborazione tra Caritas diocesana e Parrocchia di S. Lucia, ad Antignano, il nuovo centro svolgerà attività di sostegno alle famiglie in difficoltà a crescente crisi economica, l’aumento Lhadella povertà e del disagio delle famiglie portato la Caritas diocesana e i Centri Ascolto parrocchiali a rinforzare il proprio legame, per una risposta attiva alle sempre più pressanti esigenze territoriali. E così, nei vicini locali di proprietà della parrocchia di S. Lucia (in precedenza adibiti ad abitazione per il parroco e al catechismo) in Piazza del Castello 3, mercoledì 30 gennaio è stato inaugurato il nuovo punto di distribuzione e conservazione di prodotti alimentari di prima necessità, rivolto alle famiglie giunte alla soglia di povertà, che potranno avvicinarsi al servizio attraverso la rete dei Centri Ascolto parrocchiali. "Un progetto - spiega Suor Raffaella Spiezio, Presidente della Fondazione Caritas Onlus di Livorno - che abbiamo potuto realizzare grazie all’aiuto della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno e alla disponibilità di don Gustavo Riveiro, parroco di S. Lucia. La distribuzione avverrà nel piano terra, mentre al piano superiore verranno alloggiati alcuni ragazzi nord-africani, provenienti da Paesi in cui infuriano guerre civili e disordini sociali." Dopo il taglio del

nastro, la benedizione della struttura e la visita dei locali, completamente rinnovati dagli operatori Caritas, si è tenuta una breve conferenza stampa con Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno, con Luciano Barsotti, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, con Enrico Sassano, Direttore della Caritas diocesana, con don Gustavo e con Giorgio Kutufà, Presidente della Provincia di Livorno. "Un esempio di come affrontare l’attuale

emergenza sociale - spiega Mons. Giusti - una prima "opera-segno", in cui la Diocesi lavorerà a stretto contatto con le Parrocchie, i cui operatori conoscono perfettamente le problematiche connesse al territorio." Il servizio si inserisce all’interno del progetto "Goccia a Goccia", una serie di azioni vòlte a rafforzare la rete di solidarietà nel territorio, ad educare le famiglie al valore della solidarietà e a coinvolgere la popolazione sul problema della povertà. "L’obiettivo del progetto - spiega Barsotti - è quello di prevenire la caduta definitiva delle famiglie, attraverso la fornitura di alimenti di prima necessità e l’educazione ad un uso più attento delle proprie risorse. Purtroppo l’attuale situazione economica porta ad un impoverimento costante, a una caduta vertiginosa, in molti casi senza possibilità di risalita. Grazie all’aiuto di enti come la Caritas, e al lavoro costante dei suoi operatori, possiamo riuscire a limitare danni irreparabili in una situazione sociale critica. Stiamo incentivando anche la diffusione del "micro-credito", per far sì che famiglie e piccoli imprenditori non cadano nelle mani degli usurai." Nell’ambito di questo progetto saranno valutate politiche di sostegno ai piccoli esercizi commerciali che aderiranno alla rete, attraverso meccanismi di incentivazione fiscale. "In Argentina ho già affrontato una crisi simile - racconta don Gustavo e ho visto come, nelle difficoltà più estreme, le persone sappiano dedicarsi l’una all’altra. Non ci sono altre vie se non sostenersi a vicenda: solo in questo modo ci si può risollevare. Ho pensato fosse giusto sacrificare alcuni locali della Parrocchia e le attività che vi si svolgevano per un progetto di Carità così importante." f.f.


TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

10 febbraio 2013

Alla parrocchia Nostra Signora di Fatima

NEL GIORNO della Candelora

È TEMPO DI ANNIVERSARIO

La luce della vita

arissimi, C la Parrocchia di nostra Signora di Fatima celebra il 50° anniversario della

La festa dei consacrati e la giornata per la vita riunite in un’unica celebrazione na festa di luce ha illuminato la Cattedrale per dare testimonianza alla vera Luce che è l’origine della vita in tutte le sue manifestazioni. Chi sa riconoscere in Cristo la vera luce risponde con una scelta di vita che a sua volta genera altre vite. I consacrati infatti, nel silenzio e nell’ascolto della Parola possono diventare padri e madri di nuovi credenti, i genitori che riconoscono nella Famiglia di Nazareth il loro modello, generano nuove creature che sono espressione dell’Amore e della benedizione di Dio. Il 2 Febbraio scelta dalla Chiesa come data per celebrare la Vita consacrata ed anche la Giornata della vita che da diversi decenni in tutte le sue realtà, dal concepimento alla morte, viene osteggiata, ha avuto anche nella nostra Diocesi dei significativi momenti vissuti insieme al proprio Pastore. L’assemblea processionalmente all’inizio del rito con le candele accese ha preso posto nella Cattedrale, ricordando Maria e Giuseppe quando presentarono Gesù al Tempio, nell’oggi

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invece è Cristo che nella celebrazione eucaristica diventa pane “nell’attesa che Egli venga e si manifesti nella sua gloria”. Monsignor Giusti nell’omelia, rivolgendosi alle numerose suore e religiosi presenti che hanno consacrato la loro vita, ne ha esaltato la scelta perché la consacrazione non significa solamente attuare l’obbedienza ai Comandamenti, ma vivere i consigli evangelici della povertà, obbedienza e castità, facendo della loro vita un perenne dono a Dio. Rivolgendosi poi alle numerose coppie con figli che come Maria e Giuseppe li hanno consacrati a Dio col Battesimo, ha ricordato come nella nostra società stia dilagando una sorta di coalizione che va contro la vita dal concepimento alla morte. Si può dire che la cultura della morte è quella che regna sovrana in tutti gli strati della società; la Luce di Cristo

che ti fa vedere che la vita è splendida è stata offuscata, resa nebulosa da un individualismo spaventoso che ha fatto volatilizzare miliardi di euro. Non si conosce più ciò che è bene e ciò che è male e se si desertifica la coscienza tutto diventa lecito, anche l’uccisione. La Chiesa deve ritornare ad essere profetica e ad insistere perché si torni a riaffermare la Carta dei diritti dell’uomo che ha nel primo

articolo il diritto alla vita. Dopo l’omelia il Vescovo ha cresimato gli adulti che presto si sposeranno per formare nuove famiglie cristiane. Al termine della celebrazione ha consegnato dei doni alle religiose che festeggiavano i 25, 50 e 60 anni di vita consacrata al Signore e ha impartito quindi una benedizione speciale alle famiglie con i bambini. Monica Cuzzocrea

■ AL CALAMBRONE il convegno regionale dei catechisti

Giovani e Vangelo: un incontro ancora possibile er proseguire un Pconfronto percorso di studio e di già avviato e che ha prodotto il recente documento sull’Iniziazione Cristiana, gli Uffici Catechistici della Toscana hanno organizzato un seminario di studio presso il Centro Regina Mundi al Calambrone . Dopo la celebrazione dei vespri da parte di Mons. Benotto, Arcivescovo di Pisa, Mons. Simone Giusti, vescovo di Livorno e delegato CET per la catechesi, ha aperto il convegno con “Introduzione al seminario: giovani e Vangelo, un incontro ancora possibile”, seguito dal presidente della Cooperativa Anima Giovani e direttore dell’Area Educare LDC, Gigi Cotichella con “Costruire comunità cristiane accoglienti e significative: per un nuovo annuncio della fede ai giovani”. E’ in atto una grande operazione culturale, teologica e pastorale nell’evangelizzazione per superare l’inculturazione della fede, avvenuta in seguito ai cambiamenti della società; il cristiano, oggi è chiamato ad analizzare i problemi, a capire e a trovare umilmente una soluzione, una strada giusta per una concreta conversione delle comunità: un passaggio da semplice comunità a comunità intelligente, educante. La pastorale giovanile è un problema ecclesiale, c’è la necessità

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di un rinnovamento non solo riguardante la metodologia e i percorsi, piuttosto c’è l’esigenza di un lavoro comune, affinché le comunità diventino un luogo di testimonianza fraterna di carità, di giustizia , di speranza, soprattutto di amore. Non è in crisi il Vangelo, ma la pedagogia del Vangelo, serve rinnovamento, serve essere testimoni di amore in Cristo. Come allora attuare questo rinnovamento? Il giorno seguente don Cristiano D’Angelo, responsabile regionale Toscano per la catechesi ha introdotto “Nuova Evangelizzazione, giovani e fede. Orientamenti per una pastorale giovanile nello Spirito del documento degli UCD Toscani” ed ha avviato, assieme a Mons Giusti, i laboratori di studio per l’approfondimento di 3 punti del Documento degli Uffizi Catechistici Diocesani: 1) Quali idee cardine per ripensare l’Iniziazione Cristiana alla luce della questione educativa? 2) Le tappe da rispettare: iniziare alla vita cristiana, dall’appartenenza alla comunità, all’interiorizzazione e decisione per il Vangelo. 3) Quali sono le competenze che un giovane deve avere affinché sia ritenuto adulto? Come creare giovani cristiani? Da un confronto dei 3 gruppi è emerso che è in atto una specie di

Rivoluzione Copernicana riguardo al primo annuncio, c’è la necessità di testimoni che fanno esperienza di Cristo, che costruiscono relazioni con i giovani e con le istituzioni, un testimone che accompagni nella vocazione e stimoli la responsabilità, che sia sguardo di Dio. Nell’evangelizzazione è fondamentale la centralità dell’amore, del desiderio di capire cosa c’è dentro il cuore del cristiano, un’emozione che va dal cuore alla mente, quindi consentire di sperimentare questo amore e stimolare il desiderio. Il giovane che vive il messaggio sia sempre cristiano cittadino e non cittadino cristiano, la cristianità deve essere una scelta responsabile. L’educatore dei giovani ha grandi mezzi per far giungere Cristo nei loro cuori e farlo rimanere per sempre, per fare scoccare la scintilla dell’amore: questi mezzi sono il Vangelo e l’Eucaristia. La comunità educante deve creare occasioni affinché Dio parli, non bisogna prevaricare mai Cristo! Ci sono, tuttavia, delle criticità, non sarà molto semplice applicare concretamente i nuovi orientamenti se non cambiamo l’offerta. Alla domanda di una catechista che si chiede come mai i genitori vogliono solo i sacramenti, viene risposto: “i genitori chiedono quello che noi abbiamo dato fino ad

oggi!”. Ecco che non bisogna rassegnarsi e accettare il cambiamento, cercando di diversificare gli incontri dei gruppi da lezioni scolastiche, dare dei segni ai ragazzi, una sorta di riti di passaggio da un percorso all’altro, prendendo spunto dall’Agesci e dall’AC e riconoscere questi passaggi. E la catechesi deve cambiare. Non deve essere una brutta copia della scuola, ma segnale di Cristo, esperienza della gioia in Cristo. Per quanto riguarda l’accompagnamento dei ragazzi, l’educatore degli animatori è una figura essenziale, che, assieme alla comunità educante, deve fare nascere nei giovani lo stupore e deve essere formato. Il Convegno è terminato e con la proposta educativa del vescovo Giusti, gli interventi di don Fabio Menicagli, resposabile dell’Ufficio catechistico della diocesi di Livorno, e di Gigi Cotichella. Mons. Giusti ha sottolineato la meta dell’Iniziazione Cristiana: la professione di fede. Una meta a cui la comunità può arrivare attraverso itinerari, attraverso l’attenzione al gruppo e al singolo: itinerari cristologici, educazione alla carità, testimonianza attraverso il sevizio parrocchiale. Quali contenuti? Vangelo, lezionario, Confermazione, ispirandosi al Catechismo dei giovani “Io ho scelto voi”. Per arrivare dove? Ad un atteggiamento che

l’adolescente manifesta pubblicamente , ad essere liberi di essere cristiani, di essere dono di sé, di vivere la Chiesa. Solo così il giovane raggiungerà questi obiettivi: gratitudine, disponibilità, realizzazione. Quindi il giovane si aspetta tanto dall’educatore, si aspetta un sogno da condividere e da realizzare: l’aspirazione alla santità, la realizzazione di un’epica. Don Fabio Menicagli ha parlato dell’ Agesci, spiegandone brevemente l’organizzazione, i passaggi ( scoperta, competenza, responsabilità per donarla all’altro), la verticalità (in ogni gruppo ci sono varie età), l’obiettivo del clan: comunità+servizio+strada . Responsabilità dell’Uccicio catechistico sarà, inoltre, la formazione di assistenti formati per aiutare i capi nell’Iniziazione cristiana, per camminare tutti insieme come Chiesa. Gigi Cotichella ha concluso con degli aneddoti simpatici , per stimolare ad investire nella proposta formativa e ha presentato la sua Cooperativa Anima Giovani, offrendo aiuto per chi ne avesse bisogno. Il messaggio di tutti è chiaro: bisogna avere coraggio di cambiare per offrire un sogno…un coraggio che passi attraverso il cuore e la mente, il coraggio che scaturisce da Dio che è amore. Monica Calvaruso

sua fondazione. Il suo territorio è stato tagliato da quello che era il territorio della Parrocchia di S. Matteo. Nel libro “Che si fabbrichi una chiesa” si legge:«Il territorio della futura chiesa si ricaverà dalla rimodulazione dei confini delle Parrocchie di S: Jacopo e di Salviano, cosa che permetterà alla popolazione della zona nord di frequentare più agevolmente le sacre funzioni e renderà meno gravoso il lavoro dei Parroci (storia della Chiesa di S. Matteo, cap 1, gli antefatti...)». Anche nella Bolla di fondazione della Parrocchia di Nostra Signora di Fatima emergono le stesse motivazioni pastorali. Possiamo dire che dalla fondazione della Parrocchia di S. Matteo 1781 e quella di Nostra Signora di Fatima 1962, la storia socio-culturale e religiosa di Livorno in 231 anni (+ 50 anni dal Concilio fanno 281) sia molto cambiata. Una nuova sfida si apre alla evangelizzazione dei territori parrocchiali. Il beato Giovanni Paolo II così definisce la Nuova Evangelizzazione: «L’Evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio, opera comune dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani». Come arriva il Concilio alle parrocchie? Un aspetto non secondario di questa dottrina da evangelizzare è la mariologia del Concilio che è stata riposta nuovamente in stretta relazione col mistero della Chiesa (cap. VIII Lumen Gentium). La mariologia arrivata fino a noi ancora risente di una visione di Maria laterale alla Chiesa, devozionale e spesso non più di una materna protezione e di un ideale femminile un po’ mitico. La dimensione sponsale della Chiesa che rifulge in Maria come primizia della Chiesa, o come la chiama papa Benedetto XVI “Chiesa nascente”, è decisiva per rendere possibile la nuova evangelizzazione. Mi sembra che ripartire con Maria dalla parrocchia “madre” verso la parrocchia “figlia” sia un’occasione per riscoprire o proporre la forza vitale di una Traditio che chiami i fedeli alla sponsalità, cioè la piena comunione con lo sposo Cristo, come Maria sotto la croce, perchè di nuovo possa manifestarsi la maternità della Chiesa, e la Chiesa torni ad essere amata e stimata come vera madre: “Donna ecco tuo figlio”. Un caro saluto, don Giorgio. CALENDARIO CELEBRAZIONI PER LA CHIUSURA DELL’ANNO 50° DI FONDAZIONE * Dal 4 al 8 febbraio don Giorgio con un piccolo gruppo di pellegrini sarà a Fatima per la consegna e benedizione nel Santuario della nuova statua della Madonna di Fatima destinata alla Parrocchia di Corea. * Domenica 10 febbraio pranzo parrocchiale. * 13 FEBBRAIO MERCOLEDÍ DELLE CENERI DIGIUNO E ASTINENZA. ORE 18.00 S. Messa e imposizione delle ceneri. * DOMENICA 17 FEBBRAIO ORE 15,30 A PARTIRE DALLA PARROCCHIA DI S. MATTEO SI SVOLGERÀ LA PROCESSIONE CON LA PRESENZA del VESCOVO SIMONE. Nella chiesa di S. Matteo: Saluto del Parroco di S. Matteo, Breve introduzione di don Giorgio, Saluto del Vescovo. Saluto a Maria e partenza. Durante l’itinerario Canto del Rosario con soste per i misteri e le esecuzioni della Banda. (Itinerario processione: Via Provinciale Pisana, via Martellini, via Mastacchi, via Gobetti, via Coltellini, via Fratelli Cervi.). Nella chiesa di Nostra Signora di Fatima Celebrazione dei Vespri della beata Vergine Maria, dopo la lettura omelia del Vescovo, quindi incensazione della statua al Magnificat e intronizzazione della statua di Nostra Signora di Fatima nella sua edicola, onclusione dei vespri e congedo. *Da lunedì 18 a domenica 24 ottavario di preghiera, alle ore 17.30 S. Rosario e S. Messa. Con l’aiuto di Maria entriamo nella S. Quaresima. *GIOVEDÍ 21 Liturgia penitenziale ORE 18.00 Non c’è la s. Messa. * DOMENICA 24 Ritiro parrocchiale a partire dalle ore 16.00. "Rapporto tra Maria e la Chiesa secondo la Cost. Lumen Gentium del Con. Vat. II". Relatore don Piotr Kownacki.


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TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

10 febbraio 2013

Agenda del VESCOVO

VENERDÌ 8 FEBBRAIO 9.30 incontro con i vicari foranei in vescovado 12.00 visita all’avvisatore marittimo del porto 19.00 in seminario, Lectio Divina con i seminaristi e i giovani SABATO 9 FEBBRAIO 9.30 incontro con l’economo diocesano e i consigli affari economici delle parrocchie della diocesi DOMENICA 10 FEBBRAIO 11.30 S. Messa e cresime al Santuario di Montenero 17.30 S.Messa e incontro con un gruppo di famiglie

Diocesi informa

LUNEDÌ 11 FEBBRAIO 16.00 nell’ambito delle iniziative per la Settimana per la vita, alla cappella dell’ospedale, S. Messa in occasione della Festa della Madonna di Lourdes, per la giornata del malato 18.30 nell’ambito della visita pastorale al III vicariato, incontro con i catechisti alla parrocchia della Seton 21.00 nell’ambito della visita pastorale al III vicariato, incontro con il consiglio pastorale e il consiglio affari economici della parrocchia della Seton

BREVI DALLA DIOCESI

Concerto GIOVEDÌ 7 FEBBRAIO 2013 ALLE 21.00 3° Concerto della VI Stagione di Musica da Camera al TEATRO CRAL ENI di LIVORNO.

Ritiro Fides SABATO 9 FEBBRAIO ALLE 8.30 Ritiro con don Ivano Costa all’Istituto S. Caterina (Viale Italia 181). Il ritiro inizierà alle 9.00 e finirà intorno alle 13.00

MARTEDÌ 12 FEBBRAIO Nella mattina, udienze clero, in vescovado 11.00 incontro con i vicari episcopali in vescovado 18.00 S. Messa alla chiesa di S.Agostino 18.30 nell’ambito della visita pastorale al III vicariato, incontro con i catechisti della parrocchia di S.Agostino

Celebrazione in suffragio della famiglia Scarpelli LUNEDÌ 11 FEBBRAIO ALLE 18.00 Alla Parrocchia di S. Andrea sarà celebrata una Celebrazione Eucaristica in suffragio della famiglia Scarpelli, in occasione del dodicesimo anno della rinascita a nuova vita del mai dimenticato diacono Franco, di sua moglie Marisa e del loro figlio Roberto

MERCOLEDÌ 13 FEBBRAIO 9.00 Mercoledì delle Ceneri- S. Messa in cattedrale 20.30 processione penitenziale e S. Messa per le Ceneri al V vicariato alla chiesa di S. Leopoldo a Vada

Festa dei Sette Santi Fondatori

GIOVEDÌ 14 FEBBRAIO 9.30 alla parrocchia della SS.ma Trinità, ritiro del clero 21.00 presentazione al consiglio pastorale parrocchiale e al consiglio affari economici del nuovo parroco di SS. Cosma e Damiano a Nugola

VENERDÌ 15 FEBBRAIO ALLE 21.15 SABATO 16 FEBBRAIO ALLE 16.00 In occasione della festa dei Sette Santi fondatori la parrocchia a loro intitolata e il terzo vicariato organizzano in occasione del 50° del concilio vaticano II una conferenza dal titolo: “CONCILIO VATICANO II: “EVENTO” DA CUI NON SI TORNA INDIETRO!”. Relatore sarà don Ordesio Bellini.

VENERDÌ 15 FEBBRAIO Nella mattina, visita alla Valle Benedetta 17.30 alla sala consiliare della Provincia, nell’ambito delle iniziative per la Settimana per la vita, incontro dal titolo "Quale famiglia oggi" (vd. Locandina pag. VIII) SABATO 16 FEBBRAIO 8.00 pellegrinaggio mensile diocesano a Montenero e a seguire S. Messa 10.30 alla Camera di Commercio, tavola rotonda "Agiamo contro la povertà: la vecchia, la nuova" 18.00 in vescovado, S. Messa per le giovani coppie DOMENICA 17 FEBBRAIO 10.30 S. Messa e visita alla comunità eucaristica alla chiesa di N.S. del Rosario 15.30 processione mariana per il 50° della parrocchia di Nostra Signora di Fatima (partenza dalla chiesa di San Matteo)

Parrocchia San Giovanni Bosco UNA CENA PER LA “RONDA DELLA CARITÀ”

GIORNATA DI BENEFICIENZA ITALO INDIANA

er ringraziamento di tutti gli anni di servizio e di PGiovanni assistenza ai poveri, don Luciano Musi, parroco di S. Bosco, giovedì 31 gennaio (giorno dedicato proprio al Santo fondatore dei Salesiani) ha offerto una cena, presso i locali della parrocchia, a tutti i volontari della Ronda della Carità. Un momento per ritrovarsi, per confrontarsi e per trascorrere una piacevole serata. f.f. ervono i preparativi per la "Giornata di beneficenza”, orF ganizzato dall’Associazione La Funicolare e la Congregazione delle Piccole Figlie di San Giovanni Gualberto,

Libri da LEGGERE

di Mo.C.

Girardo A. a cura di - I Documenti Del Concilio Vaticano I. Nuova edizione- Ed Paoline, pp. 816, Euro 10,00. In occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, celebratosi l’11 ottobre scorso, e per celebrare l’Anno della Fede in corso, è stata pubblicata in una nuova edizione in brossura, la raccolta di tutti i documenti pubblicati dal Concilio Vaticano II. Si tratta di un testo completo, agevole, tascabile ed economico, arricchito da un copioso indice analitico (quasi 200 pagine) pensato per lo studio e la consultazione e lo studio. Uno strumento pensato per gli “addetti ai lavori” e per tutti coloro che desiderano conoscere questo evento fondamentale della Chiesa contemporanea attraverso la traccia scritta che ha prodotto.

L’appuntamento è per domenica 10 febbraio 2013, a partire dalle 12 in una delle ville Storiche di Montenero Villa Mayer in via Giovanni XXIII 40, con il programma elencato sotto. La kermesse si pone l’obiettivo di raccogliere fondi da devolvere ai bambini indiani bisognosi ospiti nelle strutture della Congregazione Piccole Figlie di San Giovanni Gualberto. La manifestazione - ha l’obiettivo dì creare un momento di aggregazione per uno scopo benefico. Al pranzo potranno partecipare un massimo di ottanta persone e il costo sarà di venti euro per ogni persona adulta (bevande incluse), tutto il ricavato sarà devoluto per la beneficenza. Ultimo giorno per la prenotazione del pranzo 8/2/2013 PROGRAMMA 12.00 Incontro con l’artista Beatrice De Laurentiis 12.15 Conosciamo la cultura Indiana 12.30 Aperitivo nei giardini della Villa 12.45 Pranzo di Beneficienza (prenotazione obbligatoria) 15.00 Visita Guidata alla Villa 15.30 Esibizione degli allievi della Maestra Mary Gibilaro


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LA SETTIMANA DI LIVORNO .....

Interculturazione ed evangelizzazione Prosegue la lettura della Lettera pastorale del Vescovo per l’Anno della Fede

B5. LA INCULTURAZIONE COME CHIAVE PER RIORGANIZZARE LA ICR Utilizziamo il termine "inculturazione" come ormai è usato dalla Chiesa a partire da Catechesi Tradendae (1979, n. 53). L’espressione si deve unire con evangelizzazione. L’azione missionaria si configura come Evangelizzazione della cultura e inculturazione della fede. Dobbiamo quindi collocare l’annuncio dentro le radici culturali proprie del ragazzo. Questa dimensione è propria della missione ed è al cuore della nuova evangelizzazione. In riferimento alla ICR si deve intendere inculturazione il continuo rapporto tra messaggio e costruzione della personalità della persona, in modo che il seme della Parola cada nel terreno buono della autocostruzione della vita. Quando questa attenzione viene meno il messaggio rischia di essere compreso come dimensione separata dalla vita. In buona sostanza non è adatto un itinerario o un’azione pastorale che non si faccia carico di sostenere e accompagnare la fatica delle nuove generazioni ad accettare il messaggio. La prassi attuale generalmente affida la conversione, la trasformazione cristiana della vita, alla responsabilità dei soli ragazzi. Il segno evidente è quello di continuare a concludere il tempo della ICR in età precedente alla capacità di decidere per la propria vita. B6. LA RIFLESSIONE CATECHETICA HA INDIVIDUATO DIVERSI MODELLI PER REALIZZARE UNA INCULTURAZIONE ADEGUATA DEL MESSAGGIO DELLA FEDE Oltre il modello delle età psico-sociali (adeguare il messaggio alla capacità di comprensione dello stesso), abbiamo avuto soprattutto in Italia il modello centrato sulla formazione degli atteggiamenti umani attraverso cui favorire l’adesione al messaggio . Probabilmente l’itinerario catechistico dentro un processo iniziatico deve tener conto anche di due altre vie di inculturazione della proposta cristiana. Da una parte deve riferirsi alle tappe evolutive della dimensione religiosa in modo da evangelizzare adeguatamente l’apertura al trascendente già presente nel ragazzo. Dall’altra riferire la proposta cristiana sempre ai compiti di crescita e di vita degli stessi. Questa si realizza in quattro passaggi: narrarsi la vita; comprendere se stessi; confrontarsi con la narrazione evangelica; convertire, guarire, riprogettare e integrare l’esperienza personale. Utilizzando il linguaggio della tradizione ecclesiale si tratta di organizzare l’IC dei ragazzi come pedagogia della "receptio" e non solo della traditio.

C ) UNA PROPOSTA DI ITINERARIO NELLA LINEA DELLA "RECEPTIO" Tenendo in conto le analisi e le riflessioni finora portate avanti è possibile offrire indicazioni generali per la riformulazione di un itinerario complessivo di IC con i ragazzi. Alla base riprendiamo l’opzione di fondo già espressa: ripensare in prospettiva educativa l’IC. C1. SCOPI DA RAGGIUNGERE Quali sono gli obiettivi pastorali da raggiungere con il ripensamento dell’itinerario formativo? - In primo luogo il bisogno di mantenere aperta la via principale dell’ingresso nella comunità cristiana come tradizionalmente è stata proposta. È un obiettivo di mantenimento della trasmissione della fede e, quindi, di socializzazione religiosa (secondaria). - Un secondo obiettivo è sottolineato dalla teologia liturgica che, giustamente, rivendica lo stretto rapporto tra significato proprio dei singoli sacramenti della IC e modello formativo. Si chiede correttamente di dare ragione dell’ordine originale: battesimo-cresima-eucaristia. - Una terza preoccupazioneobiettivo sottolinea che occorre rimodellare l’itinerario in modo che appaia più evidente la soggettività della Chiesa locale. Della parrocchia, in primo luogo, e, poi, dei nuovi diversi e complementari luoghi di iniziazione (nuovi grembi). In verità, questa necessità nasce dalla percezione che, senza un serio coinvolgimento del mondo degli adulti, sarà sempre più difficile ottenere l’adesione delle nuove generazioni. Diverse in proposito sono le soluzione proposte: dalle diverse forme di catechesi familiare, al modello di catechesi comunitaria, alla catechesi intergenerazionale.

V

- Una quarta preoccupazione segna la riflessione e la sperimentazione in vista di un nuovo o rinnovato modello. Da più parti si segnala la necessità di una nuova catechesi (attività catechistica) più incisiva, interiorizzante, personalizzata, iniziatica e di tipo catecumenale. In questi termini ciascuno tende a mettere la sua propria convinzione. Itinerario di tipo catecumenale significherà: più biblico o storico-salvifico, più kerigmatico, più significativo, più legato alla totalità della vita cristiana (liturgia e carità), integrale nei contenuti della fede, ecc. Rispondere a questi compiti non è facile. Implica un serio discernimento. In modo particolare chiede riflessione il desiderio di ripristinare l’ordine dei sacramenti. Se questo desiderio portasse alla decisione di collocare la celebrazione della prima Eucaristia in età consona alle riflessioni qui proposte e,

quindi in età della piena adolescenza, si avrebbe un pieno consenso. Se, invece, ragioni di natura pastorale e la difficoltà a superare il ruolo di "passaggio di vita" proprio della tradizione italiana, portasse a terminare tutta la ICR in età precedente, nella prima preadolescenza o alla fine della fanciullezza (11-12 anni) occorrerebbe riflettere bene sulle sperimentazioni in atto le quali evidenziano la scomparsa subito dopo la tappa sacramentale finale, dei ragazzi e la fine di un percorso formativo. Anticipare o unire le tappe sacramentali solamente non è sufficiente anzi aggrava la situazione con il ridursi degli anni d’incontro della Comunità Cristiana con i ragazzi. Per rispetto alla tradizione "di popolo" e alla natura della ICR è preferibile mantenere la formula della cresima, come confermazione, successiva alla celebrazione eucaristica.

La lettera PASTORALE

LA LETTERA PASTORALE/6....

10 febbraio 2013


VI

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LA SETTIMANA DI LIVORNO

10 febbraio 2013

L’ASSOCIAZIONE I BALUARDI

A scuola di... Internet

i è conclusa a Quercianella la due SBaluardi giorni organizzata dall’associazione ‘’I ’’, (con la collaborazione dei sacerdoti Salesiani don Gino, don Marco, don Tarcisio), che aveva come scopo quello d’insegnare, ad una quindicina di ragazzi e ragazze di età compresa fra i 13 e 16 anni, il corretto utilizzo di internet e di tutti le eventuali insidie che il mondo del web può nascondere se non si è più che avveduti nel corretto uso della rete. Anche il sapersi relazionare all’interno delle proprie famiglie, con l’apertura al dialogo fra figli e genitori ed una maggiore capacità nel saper leggere dentro di se, riuscendo a dominare le proprie emozioni, ha fatto parte del corso. Non solo lezioni in aula, ma anche momenti di preghiera assieme ai sacerdoti del Sacro Cuore, hanno caratterizzato la due giorni. Soddisfatti gli organizzatori di questo primo corso sperimentale (Renato Di Giuseppe, Massimo Cenerini, Giancarlo Cauteruccio e Camillo Palermo), sia per la partecipazione che per l’attenzione dimostrata dai frequentatori il corso, esperimento che a breve sarà esteso all’interno delle scuole cittadine, per coinvolgere il maggior numero di ragazzi. Un’iniziativa che, come in poche altre occasioni, pone al centro della società i ragazzi, di solito considerati strumenti e mai protagonisti della vita frenetica dei nostri giorni: dalla pubblicità, al mondo di internet, dalla moda e da tutto ciò che ad essi si rivolge, solo per "adoperarli’’ in maniera scientifica, finalizzata esclusivamente al mantenimento della società consumistica che, riempiendo occhi ed orecchie di suoni ed immagini, riesce in realtà a svuotare di contenuti gli animi ed i cervelli di quei giovani che ad essa ciecamente si affidano. Roberto Olivato

a tavola INSIEME Ebrei e Cristiani a neonata associazione dell’Amicizia e Lappuntamento Ebraico-Cristiana di Livorno, si è data nel salone vicino alla Sinagoga per un incontro che è andato fuori dagli schemi ordinari delle conferenze e delle preghiere, per vivere un momento di serena convivialità. Davanti a delle “penne all’orata”, al “baccalà in umido”e dolcetti squisiti, naturalmente tutto preparato seguendo le prescrizioni Kasherut, i convitati hanno potuto gustare e quindi approfondire le tradizioni ebraiche del cibo che hanno nella Bibbia il loro fondamento. Il Dr. Leone Kaim Maestro della Comunità ebraica ha ricordato infatti come l’ebreo ogni volta che si mette a tavola prima di iniziare il pranzo, dopo essersi obbligatoriamente lavato le mani, rivolge una preghiera di benedizione al Signore cui segue l’assaggio di un boccone di pane intinto nel sale. Il pane ha un ruolo essenziale in quanto, come esprime la sua radice lachà che significa combattimento, l’uomo quotidianamente si affatica e combatte per conquistarsi il pane. Anche il vino che nel giorno del sabato precede il pranzo, ed è segno di benedizione, ha origine dal Genesi ed è stato introdotto da Noè come segno di gioia purché bevuto con moderazione. A chiusura del pasto viene sempre innalzato un canto di ringraziamento a Dio perché nella Torah leggiamo: “mangerai, ti sazierai, ringrazierai Dio”. Già con questi brevi cenni emerge uno stretto rapporto tra cibo e sacro e a dimostrazione di questo vi è il fatto che chiunque partecipi ad un pranzo ebraico deve rigorosamente coprire la testa con la Kippà perché mangiare è un atto sacro della vita e della cultura ebraica. Mo.C.

Il funerale del piccolo DI SALVIANO

Nell’amore Angelo vive L

a Diocesi ha aperto le porte del Duomo per dare l’ultimo saluto al piccolo “Angelo” Di fronte alla morte non è mai facile trovare le parole giuste, figurarsi quando si parla di un bambino di nove anni. Eppure con la fede, anche davanti a un dolore così inspiegabile, è possibile un’altra prospettiva: quella dell’amore. In quest’ottica, ha spiegato mons. Giusti, «Angelo vive, è vivo nel cuore, perché nell’Amore tutto vive!». Di questo amore è stato sicuramente esempio la folla di persone accorsa in Duomo, per dare l’ultimo saluto ad Angelo e fare forza alla famiglia. Il Vescovo ha iniziato la sua omelia, leggendo una lettera di un padre che aveva perso il figlio, «il giorno più doloroso della sua vita: non c’è più da piangere, nessuna lacrima da versare». Alla profonda sofferenza di questo padre, mons. Giusti ha contrapposto la beata situazione del figlio, il quale risiedendo ormai nella dimensione dell’Eternità, domanda al padre «di non piangere più, non piangere più, perché io vivo al cospetto della luce di Dio nell’attesa di rincontrarti in questa bellissima casa». Anche le parole della poetessa Alda Merini sono state citate nell’omelia: «Quando muore un bambino il cielo piange lacrime amare, il mondo per un istante cessa di girare, il sole e la luna sono in lutto, e tutto sembra tremendamente brutto». Il Vescovo ha continuato sottolineando il comprensibile disappunto umano di fronte a una tragedia del genere, «è innaturale, dovrebbero essere i figli ad accompagnare i genitori al trapasso, non viceversa», ma ha aggiunto anche che «la morte non è creatura di Dio. È la nostra nemica. Di fronte al suo mistero bisogna riflettere» senza dimenticare che «l’Amore è l’ultima parola e non la morte, da cui Dio ci ha salvato». Un esplicito pensiero è stato diretto ai genitori, ai quali certamente mancherà «la voce di Angelo, la sua mano calda. Ma nell’Amore è ancora qui, e ci dice: carissimi, parlatemi come prima, chiamatemi come prima, sono qui accanto a voi, il Signore Gesù nella comunione dei Santi ci permette di essere vicini». L’ultimo riferimento è stato, invece, a Maria, la Madre Addolorata, la quale comprende benissimo che cosa vuol dire perdere un figlio e «ci è accanto e ci dice che tutto vive nell’Amore e che presto riabbracceremo Angelo». Anche don Raffaello Schiavone, parroco dell’Unità Pastorale dei Tre Arcangeli (tra cui c’è la parrocchia di San Martino a Salviano), ha voluto portare il saluto della sua comunità al piccolo Angelo, al quale si è rivolto direttamente, ammettendo di «non riuscire a parlarti come a un bambino», e «ti chiedo perdono se non ti abbiamo dato le attenzioni che meritavi», infine ha concluso: «Cercavi la luce…l’hai trovata! Adesso devi essere l’angelo che consola i tuoi genitori, dimostrando che la vita ha un senso anche quando sembra non averlo. Aiuta anche noi a stare vicini a coloro che hanno bisogno e sostienici affinché possiamo un giorno abbracciare il Cristo Risorto che abbiamo celebrato quest’oggi. Grazie Angelo per quello che sei stato per noi». Mauro Donateo

A sostegno della famiglia urante la celebrazione sono state raccolD ti 1550 euro che sono stati donati alla famiglia del piccolo Angelo. Chiunque volesse contribuire ad aiutare la famiglia può farlo attraverso il conto corrente della mamma Simona Truglio: CC 2805,74 IBAN IT 13 P 01030 13910 000000280574.

Il saluto della parrocchia

Adesso sii messaggero di consolazione conclusione di questa celebrazione, vorrei espriA mere a nome della comunità pastorale de “I Tre Arcangeli” di cui la famiglia di Angelo fa parte, la vicinanza e l’affetto verso chi è stato colpito da questo grande lutto, e la gratitudine al Vescovo e alle Autorità per avere consentito che la Chiesa diocesana e l’intera cittadinanza fossero coinvolte in questo abbraccio ad Angelo e ai suoi cari. Ma vorrei anche rivolgermi direttamente a questo nostro fratello prematuramente scomparso, nella consapevolezza che egli è qui, vivo, e ci ascolta. Carissimo Angelo, siamo arrivati al momento dell’estremo saluto, dell’adDio, che significa che a Dio ti affidiamo, nella certezza che in Lui tutti ci ritroveremo. Vorrei parlarti come si fa con un bambino, ma non mi riesce: la mia fede mi dice che, attraverso questo parto traumatico che è la morte, in un attimo sei stato generato alla piena maturità della vita. So che sei vivo, presente in Gesù Risorto, ma anche qui presso di noi, soprattutto accanto ai tuoi genitori, ai tuoi fratelli, a quanti ti hanno voluto e continuano a volerti bene. So anche che ci guardi con gli occhi di Dio e per questo ci perdoni se non ti abbiamo offerto, finchè eri su questa terra, quell’attenzione che oggi ci ha spinto, in tanti, qui, a darti l’ultimo saluto.

Tra qualche istante l’acqua e l’incenso avvolgeranno il tuo corpo: l’acqua benedetta sarà un piccolo segno di quell’oceano di tenerezza del Padre celeste che ti accoglie in una vita senza fine e che simbolicamente già vediamo, nel mare che è alle tue spalle, nella foto davanti all’altare. L’incenso avrà il profumo delle nostre preghiere e sarà segno dell’amore di quel Gesù che ha dato la vita per noi, che ora ti prende per mano, e che al suo ritorno risusciterà anche questo tuo corpo, una volta trasfigurato. Carissimo Angelo, tu hai cercato la luce e misteriosamente, in un modo che ci lascia senza parole, attraverso questa tragica morte, hai trovato la Luce vera. Aiutaci a consumarci perché impariamo a farci vicini a quanti, trascurati ed emarginati, spesso non avvertono il calore della nostra

amicizia. Ora, abbiamo bisogno che tu sia per ciascuno di noi, soprattutto per i tuoi cari, un vero angelo, un messaggero di consolazione, che trova le parole giuste per parlare al nostro cuore, che sa illuminarci e custodirci, perché riscopriamo quella fede che ci assicura che la vita ha un senso anche quando non riusciamo a capirlo e se, come dice un salmo, dobbiamo passare per il fuoco e per l’acqua, attraverso le prove e le sofferenze che la vita ci presenta, sostenuti da te, un giorno anche noi potremo finalmente trovare quel sollievo, quella comunione e quella pace nel Signore Risorto che in questa celebrazione abbiamo cominciato a gustare. Grazie Angelo, per quello che sei stato e per quanto riuscirai a fare per noi. A-rivederci! don Raffaello Schiavone

LINEA di Pensiero di Luca Lischi

Silenzio e lacrime i fronte ad un lutto e per di più alla perdita di un bambino occorrono silenzio e lacrime. D Angelo è morto prematuramente e tante parole dette e scritte sono state più pesanti di macigni. E’ più facile parlare che sostare e fare silenzio e quindi pensare. Pensare che la vita è un bene da salvaguardare e da amare in ogni momento, dal concepimento alla nascita e fino alla morte. Angelo e il silenzio straziante, unito ai volti in lacrime di tante persone che si sono strette intorno a lui e alla sua famiglia per l’ultimo saluto terreno in Duomo, ci hanno fatto pensare. Prima di parlare occorre meditare, stare chini, raccolti ad ascoltare il silenzio che parla. Che non parla mai a vanvera, perché cerca la Verità, il Dio che ama sempre, oltre la morte, quel Dio che apre le sue braccia verso la luce di una nuova vita. Angelo vive e ci parla, in silenzio.


TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

10 febbraio 2013

Speciale Comunione e Liberazione APPROFONDIMENTO SUL CONCILIO

VII

L’INCONTRO INTRODUTTIVO

La fede non è un prodotto «fai da te»

Tutti i cristiani sono chiamati ad una missione: la salvezza del mondo

La lectio magistralis di monsignor Luigi Negri arcivescovo di Ferrara sulla Gaudium et Spes

inizio 50 anni fa. Il Concilio nasce da un grande desiderio di rinnovamento (che non significa negazione del passato, bensì inserimento in esso, con modifiche e novità) e dalla necessità di aprire un proficuo confronto con la cultura e con il mondo contemporanei. Già negli anni ’30 Romano Guardini aveva detto: “La Chiesa deve rinascere nelle anime”, cioè senza una conversione dell’io la Chiesa non si rende incontrabile. Nell’Anno della fede ci domandiamo, con Dostoevskij:”Può l’uomo moderno credere veramente a Cristo, figlio di Dio?”. Ai nostri giorni la fede non è più qualcosa di scontato – come dice il Papa – e tutti i tentativi per cercare di trasmetterla alle nuove generazioni sembra non siano serviti. Come superare allora la frattura tra vita e fede? Ha detto Don Carron al recente Sinodo dei Vescovi: “Il nostro alleato è il cuore, che è fatto per l’infinito”: solo un testimone con una vita cambiata può avere una forza di attrazione tale da trasmettere la fede. E’ impressionante che la Chiesa si in «La Chiesa metta discussione. Dio si è non si fa mostrato, ha parlato, ma come da sé, a saperlo? la fa Dio» fare Possiamo solo far vedere quello che Dio ha suscitato intorno a noi. Infatti la Chiesa non comincia con un fare nostro, ma con il fare di Dio (Von Balthasar: “La Chiesa non si fa da sé, la fa Dio”). Gli apostoli non hanno voluto fare una Chiesa: hanno pregato e aspettato, perché erano coscienti che è Dio il primo agente. E noi che ruolo abbiamo? Il nostro contributo si inserisce nell’iniziativa di Dio. Solo il precedere di Dio rende possibile in nostro cooperare, altrimenti il nostro impegno si riduce ad un attivismo, anziché proporre all’uomo un fatto di vita. Il decreto Ad gentes ha questa premessa: “La Chiesa si sforza di portare il Vangelo a tutti gli uomini ed è così che si genera la Chiesa stessa, la cui missione è quella di salvare l’umanità”. C’è dunque un piano di salvezza, in cui il primo missionario è Gesù. Nella Pentecoste lo Spirito Santo discende per sempre sugli apostoli, che da quel momento cominciano a predicare: Dio aveva scelto quei pochi, perché raggiungessero altri uomini. La Chiesa sotto l’influsso dello Spirito Santo, continua questa missione, fino al martirio (o comunque fino a rinunciare a se

a Gaudium et Spes: un momento di cordiale partecipazione alla vita degli uomini»: Questa potrebbe essere la sintesi della Lectio Magistralis che Sua Eccellenza Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, ha tenuto presso l’Auditorium del Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di Livorno. «Quando si chiuse il Concilio Vaticano II cominciò una grande frenesia di rinnovamento», ha così introdotto Riccardo Lucchesi, responsabile di Comunione Liberazione di Livorno, di fronte ad una platea numerosa e attenta che ha visto anche la partecipazione del sindaco Alessandro Cosmi e dell’assessore Walter Nebbiai ed il saluto del vescovo di Livorno Sua Eccellenza Mons. S. Giusti. «Oggi sappiamo - ha proseguito - che questo rinnovamento si chiama conversione». Come ogni gesto caratterizzante l’esperienza di CL è iniziato con l’ascolto di alcuni canti - bellissimo quello portoghese intitolato Aconteceu “Accadde” - ed una preghiera per il bambino scomparso nell’incidente del mattino e che ha visto tutta la città unità nel dolore ai familiari. Per poter individuare una chiave di lettura di un avvenimento passato occorre che questo sia presente oggi - ha esordito Mons. Negri vivendo l’esperienza autentica della fede si ritrovano i passi significativi del popolo e della sua storia. In Porta Fidei Benedetto XVI afferma che la fede è l’incontro con Cristo non una riduzione moralistica, psicologica o sentimentale, né tanto meno un appiattirsi sulle conseguenze culturali, sociali, politiche ecc. E’ proprio questo presupposto che ha indotto il Santo Padre ad indire l’anno della fede - ha proseguito il vescovo - il recupero dell’esperienza della fede come entusiasmo che non dipende dalla nostra volontà. La fede è un evento che accade e che chiede la conversione dell’intelligenza e del cuore. Qual è stato l’atteggiamento dei Padri Conciliari - si è chiesto Mons. Negri quello di offrire all’uomo di oggi la testimonianza che “non può esserci compimento della propria umanità prescindendo da Gesù Cristo”: Qui est Veritas, si chiedeva Agostino, un uomo presente. Perché questo accada

a Gaudium et spes è uno dei LVaticano principali documenti del Concilio II, cui Giovanni XXIII dà

«L

occorrono due cose fondamentali - ha proseguito. La prima è che Cristo, presente oggi, non finisce nel “libro” (il cristianesimo come religione del libro), ma vive nel popolo: Cristo presente, 2000 anni fa, fisicamente, oggi sacramentalmente ma altrettanto realmente nella Chiesa. Cristo è nel suo popolo e c’è una fisicità di questo popolo ed una storicità. “Una cosa che si incomincia a vedere con gli occhi” (Leone XIII). La seconda questione è che Cristo investe tutta quanta l’esistenza: Totale. Per queste ragioni occorre operare due correzioni: 1. La fede non è un prodotto della

nostra sensibilità: la religione fai da te. Una fede che si sente non esiste, per questo occorre che l’orizzonte del nostro cuore e della nostra intelligenza sia determinato totalmente da questo evento. 2. La fede non è una ispirazione culturale sociale e politica: si può essere zelanti, ma lo zelantismo non esprime la totalità della fede, non è un impegno moralistico. A questo punto Mons. Negri ha tracciato quelle che sono le dimensioni educative dell’incontro con Cristo, ossia: Cultura, Carità e Missione. La fede non può non diventare cultura perché altrimenti non sarebbe

pienamente pensata, accolta e vissuta (Giovanni Paolo II). La fede come capacità di giudizio culturale è ciò che impedisce alla scienza, alla politica e alla cultura stessa di trasformarsi in idoli. In questo senso - ha osservato il prelato - la cultura non può non essere religiosa, perché in essa l’uomo sente il Mistero almeno in senso oscurale. La Carità: Deus Caritas est. La regola della vita di oggi è il “possesso” cioè la riduzione dell’altro ha immediata soddisfazione la cui conseguenza è stata la distruzione della famiglia. Infatti essa era il luogo della gratuità cioè del dono di sé.

Educare alla carità - al non possesso - riguarda anche la società intera perché essa indica una possibile modalità di soluzione possibile dei problemi sociali economici e politici (Deus Caritas est). Ed infine quando la vita comincia ad essere una umanità nuova, essa ruota non più intorno a sé ma a Cristo e si comunica al mondo (missione). Cosa significa allora - ha concluso Mons. Negri il recupero della Gaudium et Spes? Si tratta di un momento di cordialità alla partecipazione alla vita degli uomini. Non fuori dal mondo ma dentro il mondo. Questa cordialità richiede una fede forte nella propria identità. Se c’è una identità forte allora si è presenti: La Gaudium et Spes ci dice che la fede non è un presupposto ma una introduzione alla fede stessa. L’anno della fede è l’anno dell’approfondimento della fede stessa, dove Cristo si incontra nella Chiesa ed invita alla testimonianza nella vita. A cura di Andrea Capaccioli

Scambio di battute tra il sindaco Cosimi e monsignor Negri

I fondamenti per una nuova società LA SPERANZA È LA FEDE l termine dell’intervento di Mons Negri si è svolto un breve dialogo in un clima di grande cordialità. Il Sindaco Cosimi ha ringraziato per la partecipazione al lutto per la morte di un bambino e che - ha sottolineato - tutta la città ha partecipato e accompagnato e questo accompagnare lenisce il dolore. “Ho molto apprezzato e imparato qualcosa – ha detto Cosimi circa l’interevento di Mons. Negri - in un momento in cui l’abbandono delle ideologie ci rende tutti più liberi ma, senza una libertà reale dalla povertà rischiamo di fare una discussione mancante di concretezza della quale però si ha tutti bisogno”. E ha proseguito osservando che il percorso evidenziato da Mons. Negri è l’utilizzo della Gaudium et Spes in parallelo alla Spes Salvi facti sumus di Benedetto XVI. C’è un punto comune chiarissimo ha mostrato Cosimi - sulla giustizia, le libertà fondamentali e la scienza. Nell’enciclica la traduzione è molto semplice: La Speranza è la fede. Il Concilio secondo il Sindaco - si era spinto molto avanti e mettendo insieme la Gaudium et Spes e il decreto Ad Gentes si capisce che siamo di fronte ad una fase importantissima, perché il decreto non si rivolge semplicemente alle nazioni, ma alle nazioni intese come popoli e per questo occorre rigenerare una cultura che non sia più esclusivista ma inclusiva. E ha auspicato il proseguimento di questo dialogo sulla base di

A

quello cominciato a Monaco diversi anni fa tra l’allora Cardinal J. Ratzinger e il grande filosofo laico J. Habermas. In quell’occasione l’incontro fra un laico e un cristiano produsse un dialogo costruttivo sulle questioni inerenti la giustizia distributiva come fondamento etico. ALLA BASE STA IL DIALOGO “Ho apprezzato moltissimo la serie di osservazioni contenute nell’intervento del sindaco - ha risposto Mons. Negri - credo sinceramente che due cose siano implicate nel Suo intervento: la società deve essere certamente cambiata e non può essere cambiata secondo un progetto ideologico esclusivo, le soluzioni non sono esclusive,devono essere il frutto di una intensa capacità di confronto, di dialogo, di collaborazione. Quindi il vero problema è, come i cristiani e gli uomini di buona volontà possono contribuire in maniera decisamente identificata e aperta alla costruzione di una società di cui nessuno sa, a priori, la fisionomia che dovrà avere o che potrà avere, ma che avrà la fisionomia dei contributi, come dire, vissuti con profonda fedeltà alla propria identità e con profonda apertura”. Secondo il prelato un’identità forte è capace di incontrare, di conoscere e di valorizzare. In questo senso la seconda osservazione come contrappunto, è che in questi anni si sono mostrate tutte le condizioni per un salto positivo. È il dialogo fra cristiani non

clericali e laici non laicisti. Cioè fra coloro che hanno preso sul serio la fine dell’ideologie, non come qualche cosa di carismatico, ma come qualche cosa di storico. C’è un’apertura, c’è una ripresa, diceva Habermas, una ripresa del senso della problematicità dell’uomo. Ecco c’è bisogno che la gente si incontri a livello del proprio impegno, dell’impegno con la propria umanità e della risposta che Cristo dà alla propria umanità. Ed è una risposta che apre, che include. San Tommaso diceva che la verità non è esclusiva, la verità è inclusiva. Mentre la verità ideologica è esclusiva, perché è soltanto nella negazione del nemico che l’ideologia si rafforza. La verità, ma non solo la verità cristiana, anche quella verità fondamentale che è intuita e praticata dalla coscienza umana che usa la ragione, come dice il Papa non in modo chiuso, analitico, ma in modo aperto. “Se c’è questo, secondo me - ha così concluso Negri - può nascere una società che non sarà né egemonicamente cristiana né egemonicamente ideologica, ma il frutto della capacità di dare ciascuno il proprio contributo e di creare insieme qualche cosa che nessuno possiede definitivamente nella propria posizione ma che viene costruita dal confronto fra le varie posizioni. Hanno collaborato per Comunione Liberazione: Andrea Capaccioli, Antonluca Moschetti, Luciana Marras, Annamaria Lucchesi, Riccardo Lucchesi

stessi), inserendosi nell’ambiente socio-culturale di popoli e gruppi umani. Le Chiese particolari (quelle amministrate dai Vescovi), come pure i movimenti, devono essere in totale unità con la Chiesa universale. Tutti i cristiani sono chiamati a questa missione, alla salvezza del mondo: certamente bisogna curare particolarmente la preparazione dei sacerdoti e dei catechisti, ma i laici devono testimoniare l’uomo nuovo nella società, nella cultura, nella politica, ecc., senza arrossire dello scandalo della croce (il vero scandalo è allontanare l’uomo da Dio!), fino al dono di sé. R.L.


VIII

TOSCANA OGGI 10 febbraio 2013

LA SETTIMANA DI LIVORNO


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