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Lavoro IL Immagini dal

Rivista digitale e non della CGIL del Trentino

anno 1

Sono passati due anni dall’indizione della gara

numero 1

gennaio 2011

d’appalto per il servizio di pulizie delle strutture sanitarie trentine. Una partita da 12 milioni di euro, bloccata nelle aule dei tribunali da una serie infinita di ricorsi e controricorsi. Nel frattempo le lavoratrici si sono viste tagliare le retribuzioni e il servizio comincia a fare acqua. Cosa succede nel mondo degli appalti pubblici di servizi?


Lavoro a ribasso Rivista digitale e non della Cgil del Trentino ANNO 1 - NUMERO 1 GENNAIO 2011 DIRETTORE RESPONSABILE:

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’appalto per le pulizie delle strutture del sistema sanitario trentino rappresenta una partita da 12 milioni di euro, che mette in gioco circa 500 posti di lavoro. Non una bazzecola: si capisce, quindi, perché il suo rinnovo costituisce una delle questioni più spinose che ha coinvolto l’APSS (Azienda provinciale per i Servizi Sanitari) in questi ultimi anni. Il servizio è attualmente gestito in regime di proroga da un’ATI (associazione temporanea di impresa) con capofila Dussmann Service. L’appalto riguarda tutte le unità ospedaliere del Trentino, a partire dall’Ospedale S. Chiara di Trento, con un totale di oltre 530 occupati: scaduto alla fine del 2008, per il suo rinnovo si è aperto un capitolo infinito di scontri tra imprese, APSS, Provincia e sindacati. Capitolo non ancora chiuso. Nel gennaio del 2009 la gara d’appalto è stata vinta da Manutencoop Facility Management S.p.A. in ATI con Pulinet Servizi S.r.l., la cooperativa sociale Alisei e il Consorzio Lavoro Amibiente, che ha offerto un ribasso del 12,63%, battendo le offerte di Dussmann (-6%) e Markas (-2,7%). Per l’aggiudicazione dell’appalto dovevano concorrere per 50 punti il prezzo e per altri 50 gli elementi qualitativi e tecnici dell’offerta, secondo i canoni dell’offerta economicamente più vantaggiosa


La lunga storia del rinnovo dell’appalto per le pulizie nelle unità ospedaliere trentine (vedi l’intervista a Michele Cozzio). L’offerta di Manutencoop ha creato serie preoccupazioni tra i lavoratori e i sindacati: la base d’asta, infatti, non era stata ipotizzata a tavolino, ma sulla base delle spese realmente sostenute dall’Azienda sanitaria nel corso del 2008. Una riduzione di oltre il 12% si traduce quindi in una diminuzione di circa 8.000 ore di lavoro rispetto a quanto necessario per garantire il completo servizio: un taglio di 60 posti di lavoro. In un settore come quello delle pulizie, dove sono molto risicati i margini di risparmio attraverso innovazioni tecnologiche e organizzative, è sulla voce del costo del lavoro che si possono produrre risparmi: l’offerta al ribasso, quindi, anche questa volta ricadrà sulle spalle degli attuali dipendenti e inevitabilmente sulla qualità del servizio. Ma la partita non si è chiusa nei primi mesi del 2009. L’Azienda sanitaria si è riservata 60 giorni per confermare l’aggiudicazione, istituendo una commissione di valutazione della congruità dell’offerta. Nel frattempo, però, Markas ha presentato ricorso al TAR, chiedendo l’annullamento della gara per vizi di forma: APSS e Manutencoop si sono costituite in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. Si è aperto un lungo iter giudiziario, che ha avuto un’ulteriore sviluppo il 30 settembre, con il pronunciamento del TAR. Il ricorso di Markas è stato accolto (vedi “L’appalto finisce in tribunale” link interno all’articolo): ovviamente Manutencoop, inizialmente vincitrice della gara d’appalto, ha presentato a sua volta ricorso al Consiglio di Stato per contestare le decisioni del TAR. I sindacati, in attesa che si concluda la vicenda nei suoi aspetti giuridici, hanno avviato una serie di iniziative per aprire un tavolo, prima con Manutencoop, ora con Markas. L’obiettivo è quello di discutere i punti critici del capitolato e della futura ge-

stione del servizio. Il 3 marzo 2010 si era svolto il primo incontro tra Manutencoop e rappresentanti sindacali. L’azienda si era dimostrata disponibile a ragionare sui 5 punti proposti dai sindacati come piattaforma: - mantenimento livelli occupazionali (compresi i contratti a termine, circa 50), per garantire la qualità del servizio; - mantenimento orari e turnazione attuali; - conferma delle attuali sedi di lavoro dei dipendenti; - mantenimento del contratto in essere (vedi “Accordo integrativo alla Dussmann”); - progetti formativi e qualifiche corrispondenti rispetto alle nuove mansioni: il nuovo capitolato prevede, per i dipendenti del settore pulimento, nuove mansioni prima affidate agli operatori sociosanitari). Le stesse condizioni sono state poste anche a Markas, ammesso e non concesso sia questa la definitiva vincitrice di una gara d’appalto sfuggita di mano. 3


L’appalto finisce in tribunale

Le tappe di una vicenda non ancora conclusa 26 novembre 2008- con deliberazione del Direttore generale, l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari ha indetto una procedura aperta per l’affidamento per sei anni –prorogabile per altri tre– del servizio di sanificazione ambientale delle strutture ospedaliere e territoriali. L’importo complessivo è pari a 12.730.000 euro: per l’aggiudicazione della gara viene scelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. 12 gennaio 2010- con verbale di gara

la commessa è aggiudicata provvisoriamente all’A.T.I. con capofila Manutencoop, la cui offerta ha raggiunto 83,60 punti, contro i 83,54 di Markas e i 81,46 di Dussmann.

11 marzo 2010- Markas notifica il ricorso al TAR per impugnare il provvedimento di aggiudicazione provvisoria, chiedendo l’annullamento dell’appalto. L’Azienda sanitaria, Manutencoop e Dussmann si costituiscono in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

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14 aprile 2010- Manutencoop notifica un ricorso al TAR chiedendo l’esclusione di Markas dalla gara.

19 maggio 2010-

con ricorso per motivi aggiunti, Markas a sua volta chiede l’esclusione dalla gara di Manutencoop.

30 settembre 2010- il TAR di Trento

si pronuncia accogliendo il ricorso di Markas sul punto che riguarda l’insussistenza di alcuni requisiti delle imprese che costituiscono il ragruppamento. Il TAR ha ricordato che la giurisprudenza amministrativa è concorde nel considerare obbligatorio il possesso dei requisiti di capacità tecnica ed economica da parte di ciascun impresa che partecipa al raggruppamento temporaneo, “non essendo sufficiente il possesso di tali requisiti unicamente da parte di una sola delle imprese riunite”. Ha disposto quindi l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria.


Accordo integrativo alla Dussmann: la pericolosa disdetta di un contratto storico Intervista a Ezio Casagranda, segretario provinciale della FILCAMS- CGIL del Trentino

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entre Dussmann, Markas e Manutencoop si danno battaglia nelle aule dei tribunali, la gestione del servizio di pulizie dell’Azienda sanitaria prosegue: e la storia infinita del rinnovo dell’appalto ha iniziato a produrre le prime conseguenze dirette per le lavoratrici e i lavoratori del settore. Con una lettera datata 30 giugno 2010, Dussmann Service ha formalizzato ai sindacati la disdetta del contratto integrativo firmato nel 2004, con decorrenza 1 gennaio 2011. “Tale accordo non può più essere considerato idoneo a continuare a produrre i suoi effetti, essendone venuti meno presupposti e condizioni”, recita la lettera. Nella carta intestata compare pomposamente lo slogan aziendale, “Dal 1971 al vostro servizio”. “Con questa mossa, unilaterale e ingiustificata, la Dussmann si è garantita di punto in bianco un aumento dei profitti: infatti ad oggi, in regime di proroga, sono ancora in vigore gli stanziamenti previsti dalla precedente gara d’appalto. Al servizio di chi è, questa Dussmann?”, si chiede ironicamente il segretario provinciale della FILCAMSCGIL del Trentino, Ezio Casagranda. Come è nato il contratto integrativo con la Dussmann Service? “La vertenza nasce nel 2004, con la semplice richiesta di applicare la previdenza in-

tegrativa e di garantire le tre settimane di ferie nel periodo estivo. A fronte del diniego dell’azienda, si è deciso di alzare il tiro e di elaborare una piattaforma per la contrattazione integrativa, toccando anche questioni salariali”. Come hanno risposto i lavoratori? “Il settore delle pulizie non ha una storia di organizzazione sindacale: sono lavoratrici precarie, ricattabili, con una presenza massiccia di stranieri. Ma in quell’occasione, dopo le prime difficoltà, abbiamo riscontrato una grande partecipazione e disponibilità alla lotta. Abbiamo organizzato due giornate di sciopero, una cosa mai vista. In seguito, abbiamo escogitato modalità originali di lotta, come il prolungamento ad oltranza delle assemblee sindacali”. Quando si sblocca la trattativa? “Nel novembre del 2004 l’azienda cede: il 23 novembre, presso la sede di Assindustria, firmiamo l’accordo integrativo che, oltre a questioni normative, prevede premi salariali per tutte le lavoratrici. Un esempio unico in tutta Italia, una conquista storica per delle lavoratrici poco abituate ad ottenere vittorie, sul posto di lavoro”. Ora però la Dussmann vuole fare un passo indietro... “L’azienda pone un diktat politico, affermando con i fatti che gli appalti si fanno al massimo ribasso, tagliando lo stipendio 5


e annullando i diritti di chi, con il proprio lavoro, garantisce concretamente il servizio. Questa mossa, peraltro, è formalmente inammissibile: è vero che l’integrativo scadeva col 31 dicembre 2007, ma “salvo ulteriore accordo, quanto concordato per il 2007 continuerà a valere anche per gli anni successivi” (vedi punto 14 dell’Accordo). La Dussmann sembra dire, con inaccettabile arroganza, che gli accordi e le firme sono pezzi di carta privi di valore, superabili in modo unilaterale e arbitrario alla prima necessità”. Alla fine di ottobre le lavoratrici e i lavoratori delle pulizie dell’Ospedale s. Chiara di Trento si sono riuniti in assemblea. Hanno denunciato, oltre alla carenza di organico, la situazione deficitaria nelle attrezzature e l’aumento dei carichi di lavoro. Scrivono nel volantino distribuito ai cittadini: “L’impressione è che siamo davanti ad un’azienda che ha deciso di tirare i remi in barca, di non investire sul personale ed in qualità, limitandosi a gestire l’esistente”. Tutto questo, ovviamente, a scapito della qualità del servizio e del lavoro dei dipendenti. “L’attesa sentenza del Tar del 30 settembre o

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le continue proroghe dell’appalto non possono giustificare la scelta di aumentare sia ritmi di lavoro che la mancata sostituzione del personale dimesso”.

Senza l’integrativo, salari da fame La disdetta dell’accordo integrativo da parte di Dussmann Service va a colpire duramente le lavoratrici di un settore, quello delle pulizie, che già prevede retribuzioni molto basse. Esistono due livelli contrattuali: al secondo si accede dopo 6 mesi di lavoro continuativo. Un terzo livello riguarda solo le addette alla sanificazione di sale operatorie, pronto soccorso, terapia intensiva... Nelle pulizie gli scatti di anzianità scattano ogni 4 anni di lavoro nel settore, che si perdono se si permane oltre 2 anni in settori diversi. Un’addetta impiegata a 20 ore settimanali percepisce una retribuzione base netta di poco superiore ai 550 euro. La quasi totalità delle lavoratrici sono occupate meno di 25 ore settimanali.


Appalti pubblici di servizi, non solo massimo ribasso

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Intervista a Michele Cozzio, avvocato e docente alla Facoltà di Giurisprudenza

egli appalti pubblici di servizi le procedure per la selezione dei fornitori sono disciplinate in parte da norme comunitarie (direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE del 31 marzo 2004), in parte da norme nazionali (decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, cd. Codice dei contratti pubblici) e regionali o, come nel caso della Provincia autonoma di Trento, provinciali (legge provinciale 19 luglio 1990 n. 23, sulla Disciplina dell’attività contrattuale della Provincia). La scelta di quali regole applicare varia in relazione alla tipologia della stazione appaltante (se amministrazione statale o locale ecc.) nonché all’oggetto e al valore dell’appalto. Abbiamo chiesto a Michele Cozzio, avvocato e docente a contratto presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, di chiarire alcuni aspetti riguardanti le procedure di affidamento e selezione. Quali sono i criteri utilizzati per la selezione delle offerte? La selezione delle offerte avviene applicando due criteri alternativi: quello del prezzo più basso (alias massimo ribasso) o quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il primo criterio, quello del prezzo più basso, porta a selezionare le offerte sulla base del mero raffronto economico. Con il secondo criterio, invece, la selezione è operata sulla base di numerosi parametri (incluso quello del prezzo), che fanno riferimento, ad esempio, agli aspetti tecnici, alla qualità, alle caratteristiche ambientali, estetiche e funzionali del bene/servizio, all’assistenza, al

contenimento dei consumi energetici e ambientali ecc., insomma parametri tali da permettere una valutazione complessiva delle offerte. Non a caso le imprese che si aggiudicano gli appalti con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa spesso sono quelle che non hanno presentato le offerte con i maggiori ribassi. Chi decide il criterio di selezione e i parametri di valutazione delle offerte? Spetta alle stazioni appaltanti decidere, discrezionalmente, quale dei due criteri adottare. I tentativi, che pur non sono mancati, di ridurre tale discrezionalità, soprattutto limitando le ipotesi di utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (si paventavano rischi di cattiva amministrazione), hanno incontrato solidi ostacoli in sede europea: sia nelle disposizioni delle direttive, sia nei pronunciamenti della Corte di giustizia. Fin dagli anni ’80, infatti, i giudici comunitari hanno dichiarato, interpretando le norme europee, che la selezione delle offerte può avvenire indifferentemente sulla base

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del massimo ribasso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con ciò negando la legittimità di norme nazionali vincolanti. Al riguardo il legislatore nazionale ha precisato che la scelta fra i due criteri si basa su “quello più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto” (art. 81, co. 2, Codice appalti). Le caratteristiche dell’oggetto del contratto e la valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza costituiscono dunque i solo parametri di riferimento per la discrezionalità delle stazioni appaltanti. Sempre su impulso della Comunità europea è stata ‘liberalizzata’ la scelta dei parametri in base ai quali operare la selezione delle offerte economicamente più vantaggiose: si è passati da un elenco tassativo di quattro elementi (prezzo, valore tecnico ed estetico, tempo di esecuzione, costi di utilizzo e manutenzione) alla facoltà, per le stazioni appaltanti, di stabilire ulteriori parametri, anche non aventi natura strettamente economica o comunque tali da non attribuire all’amministrazione un vantaggio econo-

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mico diretto (ad esempio parametri di natura ambientale o sociale). Tale discrezionalità, per altro, è attenuata dall’esigenza che i parametri adottati: i. siano collegati all’oggetto dell’appalto, ii. non permettano margini di scelta incondizionati, iii. siano espressamente menzionati nel capitolato o nel bando di gara (dovendo risultare conoscibili prima dell’avvio della selezione). Si tratta, in altri termini, di cautele che, pur arginando la discrezionalità delle stazioni appaltanti, lasciano sufficiente libertà (nella scelta dei parametri) per l’individuazione del giusto equilibrio tra prezzo e qualità delle offerte, e al contempo garantiscono il rispetto dei principi che regolano il mercato degli appalti pubblici (par condicio, trasparenza, non discriminazione, economicità e tutela della concorrenza ecc.). Potrebbe elencare alcuni vantaggi e svantaggi derivanti dall’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa? Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, contrapponendosi ai rigidi automatismi del massimo ribasso, conferisce maggior elasticità al confronto concorrenziale e lo rende particolarmente adeguato ogni qual volta l’appalto non abbia ad oggetto opere o servizi di semplice realizzazione. Nel campo dei servizi alla persona, ad esempio, questo criterio sembra particolarmente adatto, posto che le stazioni appaltanti possono valorizzare elementi differenti da quello economico, come la propensione all’affidamento fiduciario (da parte dei destinatari dei servizi), l’apporto motivazionale degli operatori, la gestione operata con modalità non finalizzate esclusivamente a fini di lucro ecc. Le procedure di selezione basate sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa favoriscono indubbiamente la competitività delle imprese, le quali si confrontano sui vantaggi complessivi delle rispettive offerte e dunque (anche) sulle soluzioni migliorative e innovative in grado di esprimere. In


questo modo, inoltre, le stazioni appaltanti sono nella condizione ottimale per orientare la produzione delle imprese in aderenza a criteri di tipo ambiente e sociale ecc. La discrezionalità nell’individuazione dei parametri di selezione delle offerte può avere anche effetti negativi laddove venga utilizzata per favorire, in modo discriminatorio, determinate imprese rispetto ad altre. In tal senso è indubbio che la maggiore libertà di azione deve fondarsi su una più netta responsabilizzazione delle stazioni appaltanti e sull’osservanza delle cautele predisposte dal legislatore a garanzia della par condicio fra le imprese e della trasparenza delle procedure. L’offerta economicamente più vantaggiosa è la soluzione ai ribassi eccessivi del mercato degli appalti pubblici? Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non rappresenta la panacea al problema dei ribassi eccessivi, le cui cause rinviano soprattutto a dinamiche di contesto oggi enfatizzate da alcuni fenomeni rilevanti, fra di loro interagenti: il persistere della crisi economica, l’intensificarsi delle dinamiche concorrenziali su scala locale e globale, l’obsolescenza dei sistemi di regolamentazione, lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie. Per altro è indubbio che una scelta più accurata dei criteri di selezione delle offerte, tale da favorire soprattutto le procedure basate sull’offerta economicamente più vantaggiosa piuttosto che sul massimo ribasso, (se del caso assegnando agli aspetti tecnico-qualitativi un valore ponderale anche superiore a quello economico), costituisca un correttivo al fenomeno dei ribassi eccessivi. Per rilevarlo è sufficiente una scorsa ai dati pubblicati dall’Autorità di vigilanza sull’andamento del mercato degli appalti pubblici nel 2009, dai quali emerge che, nelle procedure di selezione basate sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, i valori medi dei ribassi di aggiudicazione sono inferiori rispetto a quelli raggiunti nelle procedure con il criterio esclusivo del massimo

ribasso (- 3,1 % negli appalti di forniture, - 3,4 % negli appalti di servizi)(1). Attualmente le stazioni appaltanti possono scegliere discrezionalmente fra l’uno o l’altro dei criteri di selezione. Tale discrezionalità va mantenuta (pena il rischio di non conformità alla disciplina comunitaria e nazionale) e va orientata preferibilmente verso il massimo ribasso per i servizi di semplice realizzazione e verso l’offerta economicamente più vantaggiosa per ogni altro intervento. In questa direzione stanno muovendo le soluzioni predisposte in alcune realtà provinciali e regionali. È il caso, ad esempio, dell’atto di indirizzo sottoscritto (novembre 2010) dalla Provincia autonoma di Trento, dal Consorzio dei Comuni e dalle maggiori organizzazioni imprenditoriali del territorio con l’obiettivo di contenere il ricorso all’aggiudicazione con il massimo ribasso negli appalti di forniture e servizi. Già nelle premesse dell’atto viene sostenuto che “il ricorso al massimo ribasso deve costituire un’eccezione e deve essere pertanto debitamente motivato nel bando di gara”. Analoga è la soluzione formulata dal legislatore del Friuli Venezia Giulia nell’ambito della legge regionale del 4 giugno 2009 n. 11 con la quale si dispone che determinati incarichi “sono affidati preferibilmente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. La norma, oggetto di ricorso del Governo davanti alla Corte costituzionale, è stata dichiarata legittima (sentenza 221/2010) nella parte in cui menziona la sua preferenza per l’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa senza però escludere il potere discrezionale delle stazioni appaltanti di ricorrere al criterio alternativo del massimo ribasso “ove ritenuto motivatamente più adeguato”. (1)

Fonte: Relazione annuale dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, presentata il 22 giugno 2010 alla Camera dei Deputati, 46 e ss. Il dato riguarda i soli appalti di servizi e forniture superiori di importo superiore a 150mila euro (per gli appalti di importo inferiore il dato non è disponibile).

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Contratto di appalto e clausole sociali

Le conseguenze delle gare d’appalto sui lavoratori delle imprese coinvolte

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al punto di vista delle tutele in materia di lavoro, tramite l’attività di decentramento produttivo è possibile prevedere stipulazioni di contratti d’appalto fra un impresa ed un’altra che ne acquisisce la gestione: si tratta di un contratto, in virtù del quale un appaltatore si obbliga a fornire “con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio”, così recita l’art. 1655 cod. civ., l’opera o servizio già prodotti all’interno (es. contratti di appalto per servizi di pulizia, facchinaggio, trasporto, ecc…). Infatti, l’appalto è il contratto con cui costui assume l’obbligazione di compiere in favore di un’altra (committente o appaltante) un’opera o un servizio verso un corrispettivo in denaro. L’art. 29 del D.lgs. 276 del 2003 (Riforma

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di Alberto Mattei (1)

Biagi) conferma i due requisiti fondamentali previsti dalla disciplina del codice civile per l’individuazione del contratto d’appalto genuino, vale a dire: 1) l’organizzazione dei mezzi necessari per l’esecuzione dell’appalto da parte dell’appaltatore; 2) l’assunzione del rischio d’impresa da parte di quest’ultimo. Tale norma introduce, tuttavia, un’ulteriore specificazione in merito al primo requisito per cui l’organizzazione dei mezzi può anche risultare dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, in relazione all’opera o al servizio appaltato. L’appalto può, quindi, ritenersi lecito, anche quando non sia necessario l’utilizzo di macchinari o attrezzature per lo svolgimento dell’attività appaltata, essendo sufficiente


l’organizzazione e la direzione del personale da parte dell’appaltatore purché quest’ultimo, in ogni caso, si assuma il correlativo rischio d’impresa. Con particolare riguardo alla materia della retribuzione, allo stato attuale, i lavoratori dell’impresa appaltatrice hanno diritto a vedersi applicato il rispettivo contratto collettivo, ma non ad altro. Se, per esempio, l’impresa appaltatrice è insolvente nei confronti dei lavoratori, costoro possono rivolgersi contro l’appaltante, il quale ne è responsabile in via solidale assieme con il debitore naturale, che è l’appaltatore. Questo è un aspetto di particolare importanza della garanzie patrimoniali a favore dei lavoratori, allontanando la possibilità che, per colpa della scarsa solidità o affidabilità dei datori di lavoro impegnati nel mondo spesso complesso degli appalti, i lavoratori possano vedere sacrificati i loro diritti. Con riguardo al ruolo della contrattazione collettiva, accade di frequente che il contratto collettivo preveda clausole di garanzia di un trattamento minimo (variamente parametrato: contratto collettivo di pertinenza dell’impresa appaltatrice, del settore merce-

ologico di appartenenza della stessa o del contratto di pertinenza dell’impresa appaltante) a beneficio dei lavoratori impiegati negli appalti. Il contratto collettivo, in tal modo, prefigura le “clausole sociali”, ossia clausole che pongono in capo all’appaltante l’obbligo di inserire nel contratto di appalto un’apposita clausola con la quale le imprese appaltatrici si obbligano a loro volta a rispettare il trattamento convenuto a beneficio dei loro dipendenti. Se il contratto collettivo è rispettato, nel contratto d’appalto è sovente inserita un’apposita clausola a favore di terzi, ai sensi dell’art. 1441 c.c., a beneficio dei dipendenti dell’appaltatore; questi ultimi vanteranno così il diritto soggettivo al trattamento previsto dal contratto collettivo richiamato . Nello specifico dell’Atto di indirizzo della Provincia Autonoma di Trento, il Consorzio dei Comuni Trentini e le Parti Sociali concernente “la definizione di criteri volti a contenere il ricorso all’aggiudicazione al massimo ribasso negli appalti di servizi”, firmato a Trento il 4 novembre u.s., al punto 5 si valorizza che, al fine di tutelare i livelli occupazionali nel territorio del trentino, la sicurezza e la qualità del servizio reso agli utenti ed al fine di evitare una concorrenza sleale fra le imprese, i capitolati dovranno prevedere che l’appaltatore, il concessionario e il subappaltatore di servizi di pubblica utilità siano tenuti ad applicare al personale impiegato nell’appalto le condizioni economico normative non inferiori a quelle previste nel contratto collettivo nazionale individuato fra i contratti collettivi nazionali e rispetti accordi integrativi territoriali, ove esistenti, applicabili per il rispettivo settore di attività, che sia stato stipulato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale e che sia stato applicato in via prevalente sul territorio provinciale. (1)

Dottorando di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei – Indirizzo: Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Trento; sito web: www.albertomattei.it

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Lavoro Lavoro al ribasso

La lunga storia del rinnovo dell’appalto per le pulizie nelle unità ospedaliere trentine

L’appalto finisce in tribunale

Le tappe di una vicenda non ancora conclusa

Accordo integrativo alla Dussmann:

la pericolosa disdetta di un contratto storico

Intervista a Ezio Casagranda, segretario provinciale della FILCAMS- CGIL del Trentino

Appalti pubblici di servizi, non solo massimo ribasso Intervista a Michele Cozzio, avvocato e

docente alla Facoltà di Giurisprudenza

Contratto di appalto e clausole sociali

Le conseguenze delle gare d’appalto sui lavoratori delle imprese coinvolte

Fotografie

Le fotografie di questo numero di IL sono di Michele Viganò, 27 anni. Sono state scattate nel dicembre 2010 nelle corsie di un ospedale trentino. mic.viga@gmail.com


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