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Imperia Tognacci ricorda Vincenzo Rossi, di Tito Cauchi, pag
by Domenico
IMPERIA TOGNACCI RICORDA VINCENZO ROSSI
di Tito Cauchi
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IMPERIA Tognacci, scrittrice e poetessa di San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena), romana di elezione, traccia un profilo umano e letterario del poeta molisano di Cerro al Volturno (Isernia, 7.6.1924 –6.11.2013), con la monografia Volli, e volli sempre… La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi, prendendo titolo e dedica in prestito da Vittorio Alfieri. Assicuro subito che si tratta di due autori di spessore, ai quali si aggiunge Francesco D’Episcopo, di altrettanto merito, che contribuisce con una postfazione; molto ci sarebbe da aggiungere, ma basti questo per farcelo apprezzare e scoprire.
Vasti sono gli interessi di Vincenzo Rossi, spaziando dalla poesia alla narrativa, dalle traduzioni alla critica, da cui Imperia Tognacci rileva quanto sia importante per il Poeta la “libertà interiore”, la libertà di espressione. L’opera si articola in sette capitoli prendendo in esame, in particolare, le seguenti opere: I giorni dell’anima, che a sua volta riunisce in un solo volume cinque raccolte pubblicate dal 1961 al 1995 (In cantiere, Dove i monti ascoltano, Verdi Terre, Il grido della terra, Tempo e Parola); e la silloge Respiro delle erbe/ Voce delle Rocce pubblicata nel 2001. Basti leggere i titoli delle sue raccolte per comprendere il suggello alla terra natia e disegnare la sua geografia dell’anima, che rispecchia il proprio vissuto, come risulta dalla sua biografia. Il sottoscritto conferisce alla propria riflessione la presente struttura per renderne immediata la visione di insieme.
Tracce biografiche
Vincenzo Rossi, ottavo di dieci figli, come si rivela dalla poesia ‘Atto di nascita’, visse i suoi quasi primi venti anni fra i paesaggi montuosi delle Mainarde, percorrendo sentieri alla vista del Cimarone, del Montemaschio, delle sorgenti del Volturno, assistendo alle albe e ai tramonti mentre era dedito alla pastorizia. Nella solitudine ha avuto modo di contemplare lo spazio lontano, di meditare sull’infinito, sul mistero della vita, in perfetta simbiosi con la natura mantenuta viva nella sua mente. L’isolamento diventa così una condizione indispensabile per ascoltare la voce della natura, la voce sua interiore. Da autodidatta consegue diploma magistrale che gli consente la didattica, nel contempo segue gli studi in Lettere conseguendone la laurea presso l’Università di Salerno. Conclusa la carriera dell’insegnamento fino a ricoprire ruoli dirigenziali, ritorna nei suoi luoghi amati fin dalla giovinezza rimanendovi fino agli ultimi giorni. È stato una guida per giovani poeti e poetesse, senza disdegnare la lettura di poeti noti e poeti sconosciuti dedicandosi con pari impegno.
Imperia Tognacci fa risalire la poetica di Vincenzo Rossi al suo vissuto, come già detto, e cita ampi brani per dimostrare l’intimo rapporto tra la poesia e la vita reale, evidenti nel simbolismo. Rileva quanto le sue opere siano impregnate di memoria; di amore per la terra, per le piante e per gli animali che l’abitano; amore per la donna; il desiderio del ritorno e il viaggio a ritroso che fanno affiorare il Fanciullino, sia pure diverso da quello del Pascoli. Evidenzia il dialogo poetico con
personaggi come Federico Garcia Lorca, Pablo Neruda, a proposito del dolore per la violenza, disapprovando l’aggressività in tutti suoi aspetti. Rapporta la visione del Rossi alle pitture del Monet; perciò possiamo definirlo poeta impressionista (nell’accezione del vago della percezione, quale residuo della memoria). La Nostra avverte nei versi del poeta molisano la presenza del “pastore errante in solitudini meditative e creative”. Rileva la frequenza delle figure retoriche dell’analogia e in particolare della sinestesia stimolando così più sensi percettivi, e giungendo ad emozionare il lettore. “egli è un modello da seguire per ritornare a quei valori di base” di genuina vita.
Amore per la natura
È una conseguenza che Vincenzo Rossi riveste tutta la natura di antropomorfismo, già nel suo vissuto campestre pascolando il gregge in religioso silenzio e nell’ascolto dello scorrere del ruscello, del respiro dell’erba, la vita delle pietre, l’ululare del vento, il fruscio delle foglie, lo scricchiolio dei rametti nella notte. Tutt’uno con la natura secondo una concezione di Charles Baudelaire, l’amore per gli animali, p.es. nella trilogia dei suoi cani Lola, Ercole, Garibaldi. In questo legame con la terra si rivela profetico specialmente considerato ai tempi d’oggi e può essere accostato ad Arthur Rimbaud. Nell’animo del Poeta, il tutto, ancora una volta, senza tempo e senza distinzione di luogo; passato e presente insieme; vita campestre portata nella vita cittadina, sia pure come immagine sbiadita.
Tognacci scrive “L’arte vera, in tutti i tempi, è quella che riesce a fare attraversare il reale con le venature e le pulsioni dell’interiorità del poeta.” E il Rossi con il suo continuo interrogarsi sul senso della vita si colloca all’esistenzialismo, e lo fa con sofferta ricerca poiché l’evento della morte è imprevedibile e sempre in agguato. Perciò riflette senza sosta rimanendo disarmato dinanzi alle tante drammatiche domande che si pone; rimane disincantato del corso della storia e delle illusioni giovanili, e con il passare del tempo sente sempre più vicina la morte, perciò concepisce la vita come un miracolo.
L’avere vissuto la giovinezza in un paesaggio libero, dalla visualità e dal respiro ampio lo conduce ad abbracciare l’intero cosmo, lo fa sentire figlio dell’universo, gli rende l’animo ancor più aperto ad accogliere il mistero, “il suo perdersi negli universi infiniti, che al suo sguardo si svelano quando l’oscurità avvolge la terra, l’espansione cosmologica diventa ricerca escatologica.” (p. 51). Trova consolazione nella speranza che al giudizio universale una nuova alba metterà pace a tutti i popoli. Perciò la sua poesia può definirsi profetica in relazione al rispetto ecologico. Il suo panismo lo conduce ad una religiosità connaturata con i paesaggi in cui ha vissuto; ma diversamente da D’Annunzio e da Pascoli, perché il primo mira all’estetismo identificandosi con la natura; il secondo invece legge la natura in chiave dolorosa per via dell’evento tragico che riguarda il padre.
Amore per la donna
Imperia Tognacci proseguendo nella disamina di Respiro dell’Erba/Voce delle rocce, avverte: “Il leitmotiv della seconda parte del libro, In Veneris umbra, è dunque l’amore per la donna. L’amore percettivo e immediato, direi quasi passionale, che egli prova per la natura e per la terra fecondatrice… e diventa poesia che tutto abbraccia nell’amore.” (p. 58). Questa parte “inizia con quattro preludi” associabili a Tito Caro Lucrezio (De Rerum natura), Ugo Foscolo (Le Grazie/Pallade), Nòsside (due epigrammi), Lope de Vega (L’uccello fuggitivo). Tutto ciò fa concepire l’amore come una unità sentimentale e fisica, verso la donna e verso la terra; la natura, luogo ameno, diventa “principio femminile”. Parimenti l’amore verso la donna è paragonabile alle cromature che vanno dal tenue biancore dell’alba al fuoco acceso del tramonto, e come afferma Orazio Tanelli “Le poesie d’amore di Rossi vanno dall’ideologia stilnovistica alla visione crepuscolare” (p. 60). L’amore diventa l’elemento essenziale per dare senso e sacralità alla vita.
Senza negare i vantaggi del mondo globalizzato e della tecnologia, riconosciuti da Vincenzo Rossi e da Imperia Tognacci (e di molta parte delle persone), entrambi denunciano l’uso smodato e galoppante che sta allontanando l’uomo dalle proprie radici. Il Molisano auspica che almeno non si perdano i valori etici fondamentali che la civiltà contadina e dei lavori umili, ci ha lasciato; e sta a noi ereditarli, senza cedere al malcostume sempre più dilagante, cui stiamo invece cedendo il passo. Sottintendendo una celebre opera di Erich Fromm (“Avere o essere?”) denuncia la società in crisi che, come avverte Gianni Vattimo, subisce un “processo di disumanizzazione”; perfino le parole si svuotano del loro intrinseco significato fino a diventare puro flatus vocis, un po’ come afferma Mario Luzi. Un aspetto su cui l’uomo deve riflettere per ritrovare la sua dimensione umana e, direi, divina. Volli, e volli sempre… La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi, è titolo che rispecchia il carattere tenace del Molisano e ne sintetizza la poetica. Ricordiamo che Imperia Tognacci ha formazione letteraria, ciò spiega i suoi rimandi storici nel corso della sua indagine; è poetessa innamorata della natura e del suo Pascoli che non manca di citare, si sente vicina al poeta Vincenzo Rossi nel condividere la libertà interiore e il fine “che la poesia e l’arte debbano orientare positivamente l’uomo nel magma degli attuali eventi…” (p. 22). Spero di essere stato utile.
Tito Cauchi
Imperia Tognacci, Volli, e volli sempre…, La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi, Genesi Editrice, 2021, Pagg. 88, € 15.
LA PICCOLA STELLA
Bella, bella, bella! Dal suo passeggino la piccola Stella con un bel sorriso guardava la vecchia signora che la salutava. Ed ecco, con gesto gentile, la piccola mano si schiuse e aperte le piccole dita, sorridendo, vi accolse e ne strinse il dito più grande della vecchia signora. E allora fu gioia ad entrambe.
6 ottobre 2021
Mariagina Bonciani
Milano
Un libro da leggere e da regalare, una vera STRENNA NATALIZIA!
“Quello di Defelice è uno stile scorrevole dal tono ironico e sarcastico che rende i fatti descritti ancora più dissacranti e bizzarri. La natura è sempre presente e fa da cornice a tutte le storie mediante la descrizione di paesaggi naturali con alberi e distese verdi…”
Manuela Mazzola
Su Il Pontino nuovo, 1/15 febbraio 2021
Racconti “veramente notevoli”
Sandro Gros-Pietro
Genesi Editrice –via Nuoro 3 –10137 Torino – genesi@genesi.org; http://www.genesi.org – Pagine 210, € 12,00