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Cardarelli, Mazzoleni, Rossi e l’estate del ’96, di Giuseppe Leone, pag

CARDARELLI, LORENZO MAZZOLENI, ANTONIO ROSSI E L’ESTATE DEL ’96

di Giuseppe Leone

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VIVO da diverso tempo a Lecco, dove ho insegnato per parecchi anni, e conosco o almeno penso di conoscere, oltre alle abitudini e le usanze dei suoi abitanti, anche il corso delle stagioni, il suo clima, il territorio, le sue strade, il paesaggio.

Tuttavia, non so se ciò possa bastare per sentirsi lecchesi. Forse sì, forse no. Ma, da quando, tra i miei ricordi, hanno cominciato a circolare immagini che non mi rimandano in qualche modo solo al mio paese d’origine, ma anche a questa amena cittadina lombarda, allora sì, sento che qualcosa mi possa riguardare.

Un ricordo su tutti, l’estate del ’96, particolarmente calda, tra fine luglio e primi d’agosto, non solo per l’alta temperatura di quei giorni, ma per due eventi che, a distanza di qualchegiorno l’uno dall’altro, hanno fatto passare la cittadina lariana da uno stato di frustrazione e di dolore a un sentimento di gioia e di vittoria.

Immagini che mi ritornano soprattutto, ora, in questa Distesa estate, / stagione dei densi climi, come la magnificava un tempo il poeta Vincenzo Cardarelli, quarto, nel ‘900, dopo Ungaretti, Montale, Saba, ma secondo a nessuno; e anche grazie a un mio articolo, scritto in quei giorni a commento di quelle due storiche imprese, che ho ritrovato ritagliato da un mensile locale in un cassetto della mia scrivania.

Un articolo dove mi chiedevo non senza stupore il segreto di quelle affermazioni dei due giovani lecchesi, entrambi appena sotto i trent’anni: Lorenzo Mazzoleni, alpinista, morto sul K2, dopo aver conquistato le sue vette, il 29 luglio; e Antonio Rossi, canoista, medaglia d’oro alle olimpiadi di Atlanta, il 3 agosto.

Né, meno esposta alla meraviglia, la risposta, nella quale affermavo che in comune i due giovani avevano di essere di Lecco; che, tutti e due condividevano l’aspirazione a superare le difficoltà dell’acqua e delle cime; nonché, la concezione dello sport come superamento della natura e di se stessi, mai degli altri.

E da qui, l’esortazione che ne seguiva alla città: di ricordarli sempre assieme, “perché le loro imprese sono nate da un solo cuore e da un solo sentire e sarebbe ingiusto, ricordando uno, dimenticare l’altro; e perché uguali sono stati pure i loro destini: se Antonio ha vinto, Lorenzo non ha perso. Se non è sceso dalla montagna è perché volle

salire più in alto, con la sua anima”.

Non è che l’essenziale di quell’articolo che scrissi allora con vera commozione, in una Lecco frastornata, alle prese con un lutto da elaborare e un inno da innalzare al vincitore, in uno stato d’animo, quale espresse Rabelais pensando al suo “Gargantua”, padre il giorno stesso in cui perderà la moglie e non sa se piangere per la sua scomparsa o gioire per la nascita del sospirato erede. Ecco che cosa, oggi, più che i lunghi anni di permanenza, mi tiene legato a Lecco: è questa sua recente dimensione in cui l’hanno catapultata le imprese dei due giovani, facendola entrare nel flusso di una storia più generale e più universale: quella che non isola ma abbraccia, che non divide ma rende simili; quella, insomma, che dà a ciascun uomo cittadinanza planetaria e a ciascun popolo civiltà e decoro.

Giuseppe Leone

Nelle foto: Lorenzo Mazzoleni, alpinista, morto sul K2, dopo aver conquistato le sue cime, il 29 luglio 1996, e Antonio Rossi, canoista, vincitore di due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Atlanta, 3 e 4 agosto 1996.

ATAHUALPA YUPANQUI

La peau tannée de l’Indio des Andes est crevassée comme la terre du Pérou aucun lama n’y trouve plus de l’herbe quand desséchée elle mettra à nu ses os ils essaieront à force d’y verser toutes leurs larmes de réparer l’irréparable mais l’Indio est parti loin de ces terres loin des mines loin du soleil chercher du repos au Machu Picchu les anciens se souviennent des chansons du poète qui chantait pour les sans-voix un cheval blanc perdu s’écrasant dans un ravin un jour de brume les hommes aux dos courbés et qui tutoyait la lune des sons stridents déchiraient sa guitare sa voix était ferme jamais tremblante quand il serrait le poing demandant de la justice il maudissait l’inégalité le calvaire des hommes épinglait la misère le travail qui leur vole leur temps et pleure qu’ils n’ont plus d’yeux pour la beauté de leur terre

Irène Clara

Francia

BELLA BANDIERA TRICOLORE

Bella bandiera tricolore, adornata al centro dallo stemma dei Savoia, bella bandiera italica, che stesa alla finestra un tempo festeggiavi gli eventi di una alfin costituita Italia con la guida e sotto l’egida sabauda, bella bandiera tricolore italica ora ridotta quasi ad un lenzuolo che copre disuguali gruppi di seguaci in lotta fra di sé e che più non riesci a riunire sotto unico stemma, bella bandiera tricolore italica… rimpiango te e con te rimpiango quanto per poco tempo tu rappresentasti: Patria, unità, onestà e democrazia.

18 agosto 2022

Mariagina Bonciani

Milano

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