Anno pastorale 2015 16 web

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VOCE per la COMUNITA’ misericordiosi come il Pad re Gv 20,21

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ PARROCCHIE DI BOTTICINO - Ottobre 2015

NOTIZIARIO PASTORALE INIZIO ANNO PASTORALE 2015-2016


RECAPITO DEI SACERDOTI E ISTITUTI

Licini don Raffaele, parroco cell. 3283108944 e-mail parrocchia: info@parrocchiebotticino.it sito web: www.parrocchiebotticino.it Segreteria Unità Pastorale tel. 0302692094 - fax 0302193343 Loda don Bruno, tel. 0302199768 Bonetta don Giacomo, tel. 3474763332 Pietro Oprandi, diacono tel. 0302199881 Scuola Parrocchiale don Orione tel.0302691141 Suore Operaie abitazione villaggio 0302693689

All’inizio del nuovo anno pastorale il Notiziario per le famiglie delle tre Parrocchie di Botticino. E’ un notiziario-documento perchè non si limita a dare notizie, ma presenta pagine di formazione nei vari ambiti della pastorale e del cammino della Chiesa universale, diocesana e parrocchiale.

BATTESIMI BOTTICINO MATTINA e SERA lunedì 7 e martedì 8 dicembre 2015 sabato 9 e domenica 10 gennaio 2016 SAN GALLO domenica 25 ottobre 2015 I genitori che intendono chiedere il Battesimo per i figli sono invitati a contattare, per tempo, per accordarsi sulla preparazione e sulla data della celebrazione, il parroco personalmente o tel.3283108944

sito web delle parrocchie di Botticino:

www.parrocchiebotticino.it

PRESENTAZIONE

Viene riportato il testo completo della Bolla di Papa Francesco dell’Anno Santo della Misericordia . Gli argomenti vengono presentati con un linguaggio comprensibile a tutti e servono per essere aggiornati e istruiti nelle cose che riguardano il nostro essere Chiesa. Non va letto tutto d’un fiato, ma gustato e meditato pagina per pagina. E poi le pagine riguardanti la caritas, le missioni, l’oratorio, la scuola don Orione, attività di volontariato, ricreative e sportive. LUNEDI’

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI” PARROCCHIE DI BOTTICINO

CASA RIPOSO ore 16,45 MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00 SERA PARROCCHIALE ore 20,00

MARTEDI’

ORARI S.MESSE da ottobre 2015

Festive del sabato e vigilia festivita’ SERA VILLAGGIO ore 16,00 MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30 SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 18,45

MATTINA SAN NICOLA ore 18,00 SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 17,30

MERCOLEDI’

MATTINA MOLVINA ore 17,00

(fino al 28 novembre poi è alle ore 1,00 in chiesa)

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 18,30

Festive della domenica e festivita’ SERA PARROCCHIALE ore 8,00 MATTINA PARROCCHIALE ore 9,30 SAN GALLO PARROCCHIALE ore 10,00 SERA PARROCCHIALE ore 10,45 MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 18,45

GIOVEDI’

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 MATTINA S.NICOLA ore 18,00 SERA PARROCCHIALE ore 20,00 (fino al 29 ottobre è alle ore 17,00 al cimitero)

VENERDI’

SAN GALLO TRINITA’ ore 17,30 MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00 (fino al 30 ottobre è alle ore 18,00 al cimitero)

SERA PARROCCHIALE ore 18,30

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all’inizio di un nuovo anno pastorale

Settembre/ottobre: tempo di inizi, di vendemmia, raccolta e festa... tempo di progetti e di nuova semina... Due documenti del Papa quest’anno ci faranno da “guida”: “Misericordiae Vultus” e “Laudato Si”. Siamo invitati a cantare la Misericordia di Dio che prende volto in Gesù, a riconoscerla in tutto il Creato e ad unirci alla lode gioiosa di tutta la creazione. Ma ancora più profonda è la gioia che siamo chiamati a vivere e “sperimentare” sulla nostra pelle in questo anno speciale: far passare la nostra vita “attraverso Cristo che è la Porta” della Grazia di Dio sull’umanità! Papa Francesco nello scorso aprile ci “stupiva” e stupiva tutto il mondo con la proclamazione solenne di un “Anno Santo della Misericordia”! Si aprirà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia... Successivamente, si aprirà la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica nella Cattedrale di ogni singola Diocesi si aprirà per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia. Ogni Chiesa particolare, quindi, sarà direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale. Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa. Ci dice nella sua Bolla di Indizione: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dell’Amore di Dio verso tutti i credenti.” Questo tempo che stiamo vivendo è uno di quei “momenti” a cui il Papa si riferisce. Momento di “crisi mondiale” già definito così da Giovanni Paolo II e poi da Benedetto XVI come “crisi dei valori umani, crisi del primato di Dio sulla Vita” ed ora anche Papa Francesco ci ricorda questa profonda crisi dell’umanità perché ha perso il suo “centro”. Però ci stimola a tenere fisso lo sguardo sulla Misericordia, centro dell’agire di Dio! Non solo con l’Anno Santo della Misericordia, ma anche con un parola autorevole sulla dimensione sociale che

ogni credente è chiamato a vivere: “Laudato Si”. Una Enciclica “superficialmente” definita sull’ecologia, ma quello che Papa Francesco richiama è: «Un’ecologia integrale fatta dai semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo, che porta ogni uomo a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune. Per il cristiano l’ecologia e i suoi compiti hanno significato e valore innanzitutto “spirituale”. La spiritualità cristiana non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda. La spiritualità ci schiude al bello, dandoci uno sguardo contemplativo, ammirato e grato del creato. Sguardo liberatore da ogni tentazione consumistica: prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico. Ci fa liberi e fedeli nell’amore. La natura è piena di parole d’amore, che solo un vedere contemplativo sa leggere». Misericordia e Creato, veri pilastri di una vita bella e dignitosa! L’uomo è il vertice del creato ma se non ha l’animo del Creatore, se non diventa capace di misericordia allora attraversa la vita come un “conquistatore”! Ma non si può conquistare o strappare ciò che ci è donato per amore. Chi legge la vita con altri parametri o criteri rischia davvero di gettare addosso all’umanità pesi che sono infernali da portare... che è la deriva del consumo e dello “scarto” a cui stiamo assistendo. Forse che Papa Francesco ci sta chiedendo di ricominciare da capo ad Evangelizzare la nostra cultura, la nostra società, la nostra comunità, la nostra famiglia, la nostra vita? Raccogliamo volentieri questo invito! Vivremo l’anno della Misericordia con l’invito a partecipare alle numerose iniziative che costituiscono già cammino pastorale ordinario delle nostre parrocchie di Botticino, ma in modo straordinario. Le parabole evangeliche della misericordia così come le opere di misericordia corporale e spirituale, ci permetteranno di vivere questo anno di grazia negli ambienti di vita, quindi al di fuori dell’ambito strttamente liturgico. Buon anno pastorale! don Raffaele 3


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Papa Francesco / Documenti

Questo testo offre uno strumento di supporto per una lettura dell’Enciclica, aiutando a coglierne lo sviluppo d’insieme e a individuarne le linee di fondo.

Uno sguardo d’insieme «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» (160). Questo interrogativo è al cuore della Laudato si’, l’attesa Enciclica sulla cura della casa comune di Papa Francesco. Che prosegue: «Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione in maniera parziale», e questo conduce a interrogarsi sul senso dell’esistenza e sui valori alla base della vita sociale: «Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi?»: se non ci poniamo queste domande di fondo – dice il Pontefice – «non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti». L’Enciclica prende il nome dall’invocazione di san Francesco, «Laudato si’, mi’ Signore», che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, la nostra casa comune, «è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (1). Noi stessi «siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora» (2). Ora, questa terra, maltrattata e saccheggiata si lamenta e i suoi gemiti si uniscono a quelli di tutti gli abbandonati del mondo. Papa Francesco invita ad ascoltarli, sollecitando tutti e ciascuno – singoli, famiglie, collettività locali, nazioni e comunità internazionale – a una «conversione

“Laudato si’”, una “mappa” per la lettura dell’Enciclica ecologica», secondo l’espressione di san Giovanni Paolo II, cioè a «cambiare rotta», assumendo la bellezza e la responsabilità di un impegno per la «cura della casa comune». Allo stesso tempo Papa Francesco riconosce che «Si avverte una crescente sensibilità riguardo all’ambiente e alla cura della natura, e matura una sincera e dolorosa preoccupazione per ciò che sta accadendo al nostro pianeta» (19), legittimando uno sguardo di speranza che punteggia l’intera Enciclica e manda a tutti un messaggio chiaro e pieno di speranza: «L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (13); «l’essere umano è ancora capace di intervenire positivamente» (58); «non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi» (205). Papa Francesco si rivolge certo ai fedeli cattolici, riprendendo le parole di san Giovanni Paolo II: «i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede» (64), ma si propone «specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune» (3): il dialogo percorre tutto il testo, e nel cap. 5 diven-

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ta lo strumento per affrontare e risolvere i problemi. Fin dall’inizio Papa Francesco ricorda che anche «altre Chiese e Comunità cristiane – come pure altre religioni – hanno sviluppato una profonda preoccupazione e una preziosa riflessione» sul tema dell’ecologia (7). Anzi, ne assume esplicitamente il contributo, a partire da quello del «caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo» (7), ampiamente citato ai nn. 8-9. A più riprese, poi, il Pontefice ringrazia i protagonisti di questo impegno – tanto singoli quanto associazioni o istituzioni –, riconoscendo che «la riflessione di innumerevoli scienziati, filosofi, teologi e organizzazioni sociali [ha] arricchito il pensiero della Chiesa su tali questioni» (7) e invita tutti a riconoscere «la ricchezza che le religioni possono offrire per un’ecologia integrale e per il pieno sviluppo del genere umano» (62). L’itinerario dell’Enciclica è tracciato nel n. 15 e si snoda in sei capitoli. Si passa da un ascolto della situazione a partire dalle migliori acquisizioni scientifiche oggi disponibili (cap. 1), al confronto con la Bibbia e la tradizione giudeo-cristiana (cap. 2), individuando la radice dei problemi (cap. 3) nella tecnocrazia e in un eccessivo ripiegamento autoreferenziale dell’essere umano. La proposta dell’Enciclica (cap. 4) è quella di una «ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali» (137), inscindibilmente legate con la questione ambientale. In questa prospettiva, Papa Francesco propone (cap. 5) di avviare a ogni livello della vita sociale, economica e politica un dialogo onesto, che strutturi processi decisionali trasparenti, e ricorda (cap. 6) che nessun progetto può essere efficace se non è animato da una coscienza formata e responsabile, suggerendo spunti per crescere in questa direzione a livello educativo, spirituale, ecclesiale, politico e teologico. Il testo termina con due preghiere, una offerta alla condivisione con tutti coloro che credono in «un Dio creatore onnipotente» (246), e l’altra proposta a coloro che professano la fede in Gesù Cristo, ritmata dal ritornello «Laudato si’», con cui l’Enciclica si apre e si chiude. Il testo è attraversato da alcuni assi tematici, affrontati da una varietà di prospettive diverse, che gli conferiscono una forte unitarietà: «l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita» (16).

Capitolo primo Quello che sta accadendo alla nostra casa Il capitolo assume le più recenti acquisizioni scientifiche in materia ambientale come modo per ascoltare il grido della creazione, «trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare» (19). Si affrontano così «vari aspetti dell’attuale crisi ecologica» (15). I mutamenti climatici: «I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità» (25). Se «Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti» (23), l’impatto più pesante della sua alterazione ricade sui più poveri, ma molti «che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi» (26): «la mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile» (25). La questione dell’acqua: il Pontefice afferma a chiare lettere che «l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani». Privare i poveri dell’accesso all’acqua significa negare «il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità» (30). La tutela della biodiversità: «Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre» (33). Non sono solo eventuali “risorse” sfruttabili, ma hanno un valore in sé stesse. In

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parrocchie, Chiesa in cammino, per una nuova evangelizza- chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino -

Capitolo secondo Il Vangelo della creazione Per affrontare le problematiche illustrate nel capitolo precedente, Papa Francesco rilegge i racconti della Bibbia, offre una visione complessiva che viene dalla tradizione ebraico-cristiana e articola la «tremenda responsabilità» (90) dell’essere umano nei confronti del creato, l’intimo legame tra tutte le creature e il fatto che «l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti» (95). Nella Bibbia, «il Dio che libera e salva è lo stesso che ha creato l’universo» questa prospettiva «sono lodevoli e a volte ammirevoli e «in Lui affetto e forza si coniugano» (73). Centrale è il gli sforzi di scienziati e tecnici che cercano di risolvere racconto della creazione per riflettere sul rapporto tra i problemi creati dall’essere umano», ma l’intervento l’essere umano e le altre creature e su come il peccato umano, quando si pone a servizio della finanza e del rompa l’equilibrio di tutta la creazione nel suo insieme: consumismo, «fa sì che la terra in cui viviamo diventi «Questi racconti suggeriscono che l’esistenza umana meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia» (34). si basa su tre relazioni fondamentali strettamente Il debito ecologico: nel quadro di un’etica delle rela- connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo zioni internazionali, l’Enciclica indica come esista «un e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre vero “debito ecologico”» (51), soprattutto del Nord nei relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche confronti del Sud del mondo. Di fronte ai mutamenti dentro di noi. Questa rottura è il peccato» (66). climatici vi sono «responsabilità diversificate» (52), e Per questo, anche se «qualche volta i cristiani hanquelle dei Paesi sviluppati sono maggiori. no interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi Nella consapevolezza delle profonde divergenze dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere rispetto a queste problematiche, Papa Francesco si creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare mostra profondamente colpito dalla «debolezza delle la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle alreazioni» di fronte ai drammi di tante persone e popo- tre creature» (67). All’essere umano spetta la responlazioni. Nonostante non manchino esempi positivi (58), sabilità di «“coltivare e custodire” il giardino del monsegnala «un certo intorpidimento e una spensierata do (cfr Gen 2,15)» (67), sapendo che «lo scopo finale irresponsabilità» (59). Mancano una cultura adeguata delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avan(53) e la disponibilità a cambiare stili di vita, produzione zano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta e consumo (59), mentre urge «creare un sistema nor- comune, che è Dio» (83). mativo che [...] assicuri la protezione degli ecosistemi» Che l’essere umano non sia il padrone dell’univer(53). so, «non significa equiparare tutti gli esseri viventi e toglier[gli] quel valore peculiare» che lo caratterizza; e «nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità» (90). In questa prospettiva, «Ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura “è contrario alla dignità umana”» (92), ma «Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani» (91). Serve la consapevolezza di una comunione universa6

le: «creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, […] che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile» (89). Conclude il capitolo il cuore della rivelazione cristiana: «Gesù terreno» con la «sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo» è «risorto e glorioso, presente in tutto il creato con la sua signoria universale» (100).

Capitolo terzo La radice umana della crisi ecologica

escluda l’essere umano, è indispensabile integrare il valore del lavoro» (124), così come «Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società» (128). La seconda riguarda i limiti del progresso scientiQuesto capitolo presenta un’analisi della situazione fico, con chiaro riferimento agli OGM (132-136), che attuale, «in modo da coglierne non solo i sintomi ma sono «una questione di carattere complesso» (135). anche le cause più profonde» (15), in un dialogo con la Sebbene «in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto filosofia e le scienze umane. una crescita economica che ha contribuito a risolvere Un primo fulcro del capitolo sono le riflessioni alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà sulla tecnologia: ne viene riconosciuto con gratitudi- che non devono essere minimizzate» (134), a partire ne l’apporto al miglioramento delle condizioni di vita dalla «concentrazione di terre produttive nelle mani di (102-103), tuttavia essa dà «a coloro che detengono pochi» (134). Papa Francesco pensa in particolare ai la conoscenza e soprattutto il potere economico per piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla biodiversità, sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del alla rete di ecosistemi. È quindi necessario «un dibattigenere umano e del mondo intero» (104). Sono pro- to scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in prio le logiche di dominio tecnocratico che portano a grado di considerare tutta l’informazione disponibile distruggere la natura e a sfruttare le persone e le po- e di chiamare le cose con il loro nome» a partire da polazioni più deboli. «Il paradigma tecnocratico tende «linee di ricerca autonoma e interdisciplinare» (135). ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica» (109), impedendo di riconoscere che «Il mercato da solo [...] non garantisce lo sviluppo uma- Capitolo quarto no integrale e l’inclusione sociale» (109). Un’ecologia integrale Alla radice si diagnostica nell’epoca moderna un eccesso di antropocentrismo (116): l’essere umano Il cuore della proposta dell’Enciclica è l’ecologia innon riconosce più la propria giusta posizione rispetto tegrale come nuovo paradigma di giustizia; un’ecologia al mondo e assume una posizione autoreferenziale, «che integri il posto specifico che l’essere umano occupa centrata esclusivamente su di sé e sul proprio potere. in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo cirNe deriva una logica «usa e getta» che giustifica ogni conda» (15). Infatti, non possiamo «considerare la natura tipo di scarto, ambientale o umano che sia, che tratta come qualcosa separato da noi o come una mera cornice l’altro e la natura come semplice oggetto e conduce a della nostra vita» (139). Questo vale per quanto viviamo una miriade di forme di dominio. È la logica che porta nei diversi campi: nell’economia e nella politica, nelle dia sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ri- verse culture, in particolar modo in quelle più minacciate, durre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del e persino in ogni momento della nostra vita quotidiana. mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri La prospettiva integrale mette in gioco anche una ecoumani, il commercio di pelli di animali in via di estinlogia delle istituzioni: «Se tutto è in relazione, anche lo stazione e di “diamanti insanguinati”. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico to di salute delle istituzioni di una società comporta cone dello scarto dei nascituri perché non corrispondono seguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica proai progetti dei genitori. (123) voca danni ambientali”» (142). In questa luce l’Enciclica affronta due problemi cruCon molti esempi concreti, Papa Francesco non fa che ciali per il mondo di oggi. Innanzitutto il lavoro: «In ribadire il proprio pensiero: c’è un legame tra questioni qualunque impostazione di ecologia integrale, che non 7


- chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino ambientali e questioni sociali e umane che non può mai essere spezzato. Così «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa» (141), in quanto «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (139). Questa ecologia integrale «è inseparabile dalla nozione di bene comune»(156), da intendersi però in maniera concreta: nel contesto di oggi, in cui «si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali», impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solidali sulla base di «una opzione preferenziale per i più poveri» (158). È questo anche il modo migliore per lasciare un mondo sostenibile alle prossime generazioni, non a proclami, ma attraverso un impegno di cura per i poveri di oggi, come già aveva sottolineato Benedetto XVI: «oltre alla leale solidarietà intergenerazionale, occorre reiterare l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intragenerazionale» (162). L’ecologia integrale investe anche la vita quotidiana, a cui l’Enciclica riserva un’attenzione specifica in particolare in ambiente urbano. L’essere umano ha una grande capacità di adattamento ed «è ammirevole la creatività e la generosità di persone e gruppi che sono capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente, [...] imparando ad orientare la loro esistenza in mezzo al disordine e alla precarietà» (148). Ciononostante, uno sviluppo autentico presuppone un miglioramento integrale nella qualità della vita umana: spazi pubblici, abitazioni, trasporti, ecc. (150-154). Anche «il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio» (155).

Capitolo quinto Alcune linee di orientamento e di azione

Capitolo sesto Educazione e spiritualità ecologica

Questo capitolo affronta la domanda su che cosa possiamo e dobbiamo fare. Le analisi non possono bastare: ci vogliono proposte «di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale» (15), e «che ci aiutino ad uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando» (163). Per Papa Francesco è imprescindibile che la costruzione di cammini concreti non venga affrontata in modo ideologico, superficiale o riduzionista. Per questo è indispensabile il dialogo, termine presente nel titolo di ogni sezione di questo capitolo: «Ci sono discussioni, su questioni relative all’ambiente, nelle quali è difficile raggiungere un consenso. […] la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma [io] invito ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» (188). Su questa base Papa Francesco non teme di formulare un giudizio severo sulle dinamiche internazionali recenti: «i Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci» (166). E si chiede «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?» (57). Servono invece, come i Pontefici hanno ripetuto più volte a partire dalla Pacem in terris, forme e strumenti efficaci di governance globale (175): «abbiamo bisogno di un accordo sui regimi di governance per tutta la gamma dei cosiddetti beni comuni globali» (174), visto che «“la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”» (190, che riprende le parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa). Sempre in questo capitolo, Papa Francesco insiste sullo sviluppo di processi decisionali onesti e trasparenti, per poter «discernere» quali politiche e iniziative imprenditoriali potranno portare «ad un vero sviluppo integrale» (185). In particolare, lo studio dell’impatto ambientale di un nuovo progetto «richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito» (182). Particolarmente incisivo è l’appello rivolto a chi ricopre incarichi politici, affinché si sottragga «alla logica efficientista e “immediatista”» (181) oggi dominante: «se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilità» (181).

Il capitolo finale va al cuore della conversione ecologica a cui l’Enciclica invita. Le radici della crisi culturale agiscono in profondità e non è facile ridisegnare abitudini e comportamenti. L’educazione e la formazione restano sfide centrali: «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo» (15); sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis «la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi» (213). La partenza è «puntare su un altro stile di vita» (203208), che apre anche la possibilità di «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale» (206). È ciò che accade quando le scelte dei consumatori riescono a «modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione» (206). Non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti fino a «spegnere le luci inutili» (211): «Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo» (230). Tutto ciò sarà più semplice a partire da uno sguardo contemplativo che viene dalla fede: «Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri. Inoltre, facendo crescere le capacità peculiari che Dio ha dato a ciascun credente, la conversione ecologica lo conduce a sviluppare la sua creatività e il suo entusiasmo» (220). Ritorna la linea proposta nell’Evangelii Gaudium: «La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante» (223), così come «La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita» (223); in questo modo diventa possibile «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti» (229). I santi ci accompagnano in questo cammino. San Francesco, più volte citato, è «l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia» (10), modello di come «sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore (10). Ma l’enciclica ricorda anche san Benedetto, santa Teresa di Lisieux e il beato Charles de Foucauld. Dopo la Laudato si’, l’esame di coscienza, lo strumento che la Chiesa ha sempre raccomandato per orientare la propria vita alla luce della relazione con il Signore, dovrà includere una nuova dimensione, considerando non solo come si è vissuta la comunione con Dio, con gli altri e con se stessi, ma anche con tutte le creature e la natura.

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Battesimo BotticinoSera 5 luglio 2015

Battesimi S.Gallo 26 settembre 2015

Battesimi Sera 26 settembre 2015

Battesimi Mattina 27 settembre 2015

Battesimi Botticino Sera 27 settembre 2015 9


PAPA FRANCESCO ANGELUS Piazza San Pietro Domenica, 6 settembre 2015

APPELLO “Cari fratelli e sorelle, la Misericordia di Dio viene riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricordato l’anniversario della morte. Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura. Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi....”

Documento 9 luglio 2015

Il fenomeno migratorio e le comunità cristiane della Lombardia Le Caritas delle Diocesi lombarde riflettono su immigrazione, rifugiati e impegno della Chiesa a favore degli ultimi. E lanciano un appello «affinché le parrocchie mettano a disposizione spazi adeguati per una accoglienza diffusa sul territorio. Presenze di poche unità nelle nostre comunità parrocchiali favoriscono un approccio più sereno da parte della popolazione, una convivenza più accettata e sostenuta dal volontariato»

Non illudiamoci Il flusso migratorio che ci sta mettendo in affanno non si arresterà facilmente. Finché permarranno le iniquità all’origine di ogni male sociale (cfr. Evangelii Gaudium 202), finché la comunità internazionale non affronterà il cancro del terrorismo islamico che si sta impossessando di intere aree del mondo, finché continuerà il forzato allontanamento di intere popolazioni causato dall’accaparramento delle terre (landgrabbing) e dai cambiamenti climatici, l’Europa sarà oggetto di una pressione continua. Non basta ipotizzare blocchi navali, muri di confine, affondamento di barconi, campi profughi. Al massimo queste proposte potranno avere effetti elettorali. Ma non condurranno a soluzioni stabili o ad una saggia gestione del problema. La questione riguarda la politica internazionale, ha implicazioni commerciali e finanziarie, necessita di progetti di cooperazione per l’emancipazione dei popoli in via di sviluppo, la lotta alla corruzione, così che nessuno debba scappare dalla propria terra. Processi che nessun Paese da solo sarà mai in grado di sostenere.

No alle chiusure pregiudiziali Sul piano nazionale denunciamo deficit organizzativi che conducono ad operare costantemente in una prospettiva emergenziale nella quale spesso gli Enti locali finiscono per essere solo esecutori. La tempistica della burocrazia per il rilascio dei titoli di soggiorno è insopportabile. Così come la debolezza dei meccanismi di rimpatrio per chi non ha i requisiti per rimanere in Italia. Auspichiamo anche procedure di controllo più rigorose rispetto agli Enti cui viene affidata la gestione di strutture di 10

accoglienza. Come Caritas, con tutti i soggetti che lavorano con noi, non tolleriamo la disonestà e il cinismo di imprenditori senza scrupoli che oltre a truffare lo Stato e i bisognosi mettono in cattiva luce coloro che operano anche a proprie spese e nel rispetto della legalità. Inoltre denunciamo quegli atteggiamenti di strumentale chiusura di alcuni pubblici amministratori che rifiutano l’equa distribuzione territoriale dei richiedenti asilo. Così depotenziano anche la richiesta del nostro Paese per l’altrettanto equa distribuzione dei richiedenti asilo a livello europeo. Lo Stato può fare comunque di più ampliando i posti di accoglienza del sistema Sprar, unitamente ad una visione di integrazione di più ampio respiro.

Perché la Chiesa si occupa di questo problema? La nostra fede nel Dio incarnato ci impedisce distinzioni tra gli esseri umani. Se un primato va riconosciuto, questo riguarda chi più è sofferente e meno tutelato. Trattare le persone con dignità e rispetto è inoltre la via per garantire pacifica convivenza. In molti territori della nostra Regione la presenza di un’alta percentuale di immigrati non è causa di reale insicurezza per i cittadini grazie - soprattutto - allo stile della Chiesa che con i suoi interventi concreti ha soccorso questi “nuovi venuti”, stemperato le tensioni senza dimenticarsi dei poveri che da sempre abitano le nostre comunità.

Che cosa stiamo facendo? Le Caritas di Lombardia, insieme ad altre collegate, stanno gestendo più di 2 mila tra profughi e richiedenti asilo, e migliaia di altri stranieri regolarmente presenti ma ancora privi di una dimora adeguata. Oltre ad offrire vitto e alloggio - magari in regime di contratto con l’ente pubblico - propongono percorsi di alfabetizzazione, formazione e orientamento al lavoro, sostegno e tutela giuridica, supporto scolastico e animazione del tempo libero a favore dei minori spesso con i costi a nostro carico.

Una denuncia e un appello Non ci è possibile tacere rispetto alle fuorvianti campagne mediatiche che soffiano sul fuoco della paura e che tolgono lucidità all’opinione pubblica. Denunciamo l’immoralità di una certa retorica politica che paventando “invasioni”, definendo ogni profugo come “clandestino” finisce per autorizzare il cittadino a non sentirsi corresponsabile nell’accoglienza. Le Caritas della Lombardia, sostenute dai propri Vescovi, fanno appello affinché le parrocchie mettano a disposizione spazi adeguati per una accoglienza diffusa sul territorio. Presenze di poche unità nelle nostre comunità parrocchiali favoriscono un approccio più sereno da parte della popolazione, una convivenza più accettata e sostenuta dal volontariato. Sarà compito delle Caritas di ciascuna Diocesi adoperarsi affinché le parrocchie ospitanti vengano sollevate da oneri burocratici, amministrativi e da ogni eccessiva responsabilità di accompagnamento sociale. 11

Vescovo Luciano Convegno del Clero martedì 2 settembre.

“L’invito è a contribuire per quello che evidentemente è possibile nelle singole parrocchie, a trovare degli spazi per i profughi, in modo che la presenza sul territorio sia diffusa, non siano raccolti insieme ma siano diffusi sul territorio per un impatto più dolce con il territorio e anche per una integrazione più grande. Per questo la Caritas si mette a disposizione, per tutti gli aspetti che riguardano poi la gestione della presenza di questi profughi o immigrati nelle parrocchie” Un invito, che ha fatto seguito a quello lanciato dalla Conferenza Episcopale Lombarda e della Delegazione Caritas Regione Lombardia (9 luglio 2015), a cui hanno dato ulteriore vigore le parole di Papa Francesco (Angelus, 6 settembre 2015), e che ha provocato da subito un sussulto di umanità e responsabilità, sollecitando le comunità parrocchiali della Diocesi di Brescia a lasciarsi interpellare dall’accoglienza dei richiedenti asilo.


- Accoglienza profughi

Michelangelo, Giudizio universale, la resurrezione dei giusti

Matteo 25,31ss Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi»....

Comunità capaci di accogliere ?!?

Il Vangelo non fa sconti, basta rileggere il brano di Mt 25, 31-46. Il Papa è stato chiaro e concreto: "Ogni parrocchia, convento e santuario accolga una famiglia". Il vescovo Monari ha fatto sua una sollecitazione già espressa dalle Caritas lombarde: "Chi può, anche a Brescia, accolga", e ha così dato autorevolezza a ciò che alcune comunità parrocchiali avevano già immaginato di fare. Insomma, la misura della tragedia umanitaria che vede la migrazione da Paesi in guerra di quasi centinaia di migliaia di persone in Europa non può lasciare i cristiani nel ruolo di semplici spettatori. Accogliere è oggi per un cristiano un dovere morale. È vivere in concreto e non a parole un'opera di misericordia corporale: "Ero forestiero e mi avete ospitato". È mettere in campo quella fantasia e passione per il Vangelo che permea la vita quotidiana. Così i bresciani hanno cominciato a muoversi. Le nostre parrocchie hanno iniziato a informarsi, a guardarsi intorno, a uscire dalla reticenza e dalla paura che un tema spinoso come questo non fosse affrontabile poiché foriero, forse, d'inevitabili polemiche e confronti anche interni alle comunità cristiane. I tempi e le esigenze pratiche e di legge che renderanno concreta l'accoglienza dei richiedenti asilo non saranno per tutti così immediati, ma il processo è iniziato e questo è ciò che più conta, anche se, a chi compete, bisognerà ricordare che si dovrà anche fare presto. Quel che però è importante sottolineare è anche ciò che questa emergenza storica può introdurre nel nostro approccio pastorale. Oggi siamo chiamati ad accogliere e forse non siamo pronti a farlo. Cosa ci è mancato per formare delle comunità cristiane pronte a essere ospitali e accoglienti? Il tema è pastorale e insieme culturale. Quali segni in questi anni abbiamo espresso, quali attenzioni catechistiche e spirituali abbiamo seminato per formare dei cristiani con il cuore aperto e disponibile all’altro, al lontano, al diverso da noi? Come le comunità si sono attrezzate a vivere la traduzione del Vangelo nella società oggi? Quanti Consigli pastorali, commissioni, collaboratori sono maturi per assumere con responsabilità questa e altre sfide che la storia presenta alla vita di una parrocchia? Come sanno progettare e portare avanti questi impegni? E quanto si è investito su questo percorso? Davanti a questi profughi sarà certo importante il numero di quanti risponderanno all’appello, ma sarà altresì significativo capire come questa carità renderà più mature le nostre parrocchie.

Michelangelo, Giudizio universale, inferno 12

Tutti i numeri della risposta delle parrocchie bresciane Mons. Monari ha chiamato ("trovare degli spazi per i profughi") e le comunità bresciane hanno cominciato a rispondere. A 15 giorni dall'appello rivolto ai sacerdoti sono giunte al Vescovo le prime disponibilità all'accoglienza. È stata la Caritas a fare il punto sulle disponibilità. Oltre alla risposta positiva data dal parroco di Botticino ancora prima dell’appello del Vescovo, 42 parroci hanno chiamato la Caritas per raccogliere informazioni sulle modalità di attivazione e gestione dell'esperienza di microaccoglienza. "Non tutta questa mobilitazione - ricordano in Caritas - potrà tradursi in effettiva ospitalità". Occorre verificare la necessità di adempiere ad oneri per la messa a norma degli appartamenti e coinvolgere nel discernimento il consiglio pastorale parrocchiale, così da valutare anche l’aspetto pastorale dell’accoglienza. Azioni, queste, che vedono impegnati in questi giorni gli operatori della Caritas. Pronte all’accoglienza sono le parrocchie della Badia e del Violino (disponibilità per sei persone), di quella di Quinzano (disponibilità per una famiglia) e di Darfo (cinque disponibilità). A queste si aggiungono un’unità abitativa che la Caritas Diocesana utilizza per interventi di housing sociale, sette posti a Motella-Borgo San Giacomo e due accoglienze presso la Piccola Casa della Carità. “Complessivamente - conferma la Caritas - sono 24 le disponibilità e cinque le situazioni di micro-accoglienza”. Due parrocchie sono alle prese con gli oneri per la messa a norma degli appartamenti disponibili. Nove, invece, quelle che hanno dichiarato una disponibilità di alloggi e stanno attivando il consiglio pastorale. Dieci, poi, sono le parrocchie che hanno già condiviso con il consiglio pastorale la disponibilità a dar vita a forme di micro-accoglienza nella propria comunità e stanno cercando le idonee soluzioni alloggiative. 17 parrocchie, nonostante la disponibilità, non hanno strutture idonee all’accoglienza. “Va segnalato - conclude la Caritas - che le parrocchie manifestano disponibilità all’accoglienza di famiglie e di donne, poco rappresentate nei flussi dei richiedenti asilo”.

Si scrive apertura si legge carità Le risposte all'appello che il vescovo di Brescia ha lanciato alle parrocchie della diocesi. Prima il Papa, poi i vescovi e poi ancora il Papa. Non si può certo dire che sacerdoti, religiosi, monasteri, santuari e parrocchie non abbiano ricevuto in queste ultime settimane messaggi diretti per l'accoglienza dei profughi ormai sparsi, non senza polemiche e chiusure, in mezza Europa. Uno fra i primi vescovi italiani a rilanciare, a livello locale, gli inviti e gli appelli di Papa Francesco all'accoglienza, è stato proprio mons. Monari che si è rivolto ai suoi preti, alle parrocchie. Le risposte, stanno cominciando ad arrivare. Come tanti sindaci, è facile immaginare che ci siano in queste ore anche tanti parroci alle prese con le resistenze e le preoccupazioni delle comunità. Richiamo al Vangelo. Mons. Monari, vescovo di Brescia, ha saputo toccare i tasti giusti e non sono poche le parrocchie della diocesi che si sono lasciate interpellare e che stanno verificando se sia possibile rispondere a quell'appello, che poi è anche quello che ogni giorno papa Francesco rivolge alla Chiesa. Dopotutto le parole del nostro Vescovo non sono altro che un richiamo a ciò che il Vangelo ci indica, perché la carità è uno degli aspetti fondamentali della nostra fede. L’ultima ondata di arrivi, così come altre tante emergenze che si sono succedute nel tempo, sono un modo con cui il Signore mette alla prova il nostro essere cristiani. L'esperienza dell'accoglienza funziona e serve per ravvivare la carità, la misericordia e rendere vivo il Vangelo nelle nostre comunità. Se il lavoro di accoglienza viene impostato in modo serio aiuta a crescere anche la comunità che si apre e contribuisce all'abbattimento di tanti pregiudizi. E poi quando il bisogno bussa, chi si dice cristiano non può aspettare più di tanto, non ha bisogno di particolari parole per rispondere positivamente. Certo non bisogna sottovalutare l'impegno che un'accoglienza richiede, che è qualcosa in più dell'offrire un pranzo e garantire un letto. Quelli che ospitiamo sono uomini e donne che chiedono un minimo di vicinanza. La loro presenza, però, ci aiuta a crescere nella carità e nella nostra capacità di mettere in campo concreti percorsi di integrazione. 13


Sottovoce Un invito... profetico Al di là dei risultati che saprà produrre l'appello che il Vescovo ha rivolto alle parrocchie perché, laddove possibile, aprano le porte al profughi, un primo obiettivo l'ha già raggiunto. Le parole di mons. Monari, raccolte a livello locale da un numero sempre più ampio di sacerdoti e di consigli pastorali, hanno avuto il merito di portare tante comunità a confrontarsi con modalità meno emotive con un problema che esiste e che non può essere eluso o affrontato sulla base di pregiudizi. La parrocchia, rispetto al Comune, ha (dovrebbe avere) il vantaggio di avere, nell'assunzione di alcune scelte, soltanto un termine di riferimento: il Vangelo. Sacerdoti e fedeli, che pure non sono sprovveduti e che sanno guardare in modo corretto ai problemi da affrontare. Non devono fare i conti con equilibri politici, con sensibilità da non offendere. Non hanno bisogno di agire sottotraccia per non turbare l'ambiente. Facendo parte di un territorio, la parrocchia, comunità di persone, ha però il dovere di sensibilizzarlo su un tema tanto delicato.

Botticino Accogliere, conoscere, integrare.

Prima ancora che il vescovo monsignor Luciano Monari rivolgesse ai parroci della Diocesi di Brescia l’invito a dare ospitalità al profughi che arrivano da paesi dilaniati dalla guerra, don Raffaele, parroco a Botticino aveva già messo a disposizione il sottotetto abitabile che sta sopra alla sua abitazione in canonica, per poter ospitare quattro profughi. I quattro ospiti, tre giunti dal Ghana e uno dalla Nigeria, sono arrivati a Botticino il 2 settembre. Per loro è l’inizio di una nuova vita. Il parroco don Raffaele Licini hanno accolto e condiviso una proposta giunta dalla locale amministrazione comunale, una di quelle che nel Bresciano hanno aderito al progetto di accoglienza diffusa lanciato dall'Associazione Comuni bresciani e che ha incontrato più di una difficoltà nell'essere attuato. I richiedenti asilo che sono stati accolti a Botticino sono seguiti da una cooperativa. La mattinata è scandita dalle lezioni, per lo studio della lingua italiana, conoscenza del posto e altre occasioni d'incontro. Durante il pomeriggio, come nei giorni di festa, si sono resi disponibili per dare una mano, creando occasioni di incontro e di conoscenza con la comunità locale, via privilegiata per vincere resistenze e pregiudizi.

Badia Chi è qui ha bisogno di essere guardato

Alla Badia sono pronti. Attendono solo i profughi che verranno collocati nella casa adiacente alla chiesetta della Madonna della Strada nella zona Mandolossa. La struttura abitativa, dotata di tre camere e tre bagni, ha ospitato gli ultimi due direttori della pastorale sociale, don Ruggero Zani e don Mario Benedini. Prima di addentrarsi nel progetto di accoglienza voluto fortemente dal parroco don Raffaele Donneschi, è bene ricordare la storia di questa piccola chiesa costruita nel 1963 come chiesa di periferia, sfruttando la baracca degli operai utilizzata per la costruzione della chiesa di Sant’Anna, e abitata all’inizio da don Giambattista Rossi, prete operaio. Successivamente gli abitanti del quartiere si rimboccarono le maniche per dotare il sacerdote di turno anche di una casa nella quale vivere. In questo luogo di periferia, segnato purtroppo anche dal disagio legato allo sfruttamento della prostituzione, le parrocchie del Violino e della Badia hanno deciso di collocare un seme di speranza. Nelle due comunità si respira un’aria positiva e solo qualche malcontento, ma neanche troppo marcato, per la scelta dei consigli pastorali che hanno approvato l’idea del parroco.

Stocchetta No che rivelano altri sfaldamenti

Tra i parroci che hanno risposto all’appello del Vescovo c’è anche padre Mario Toffari che, oltre a essere direttore dell’Ufficio per i migranti, è anche parroco nella comunità della Stocchetta, nella parte nord della città. Non avendo spazi fisici in canonica da mettere a disposizione di mons. Monari (le stanze disponibili sono occupate da un missionario cingalese, da un missionario africano, da un missionario messicano), il sacerdote scalabriniano aveva pensato di chiedere disponibilità alla comunità, visti anche i cartelli “affittasi” che campeggiano su tanti immobili. Vista la scarsità di risposte e la sostanziale indisponibilità a mettere a disposizione appartamenti in cui alloggiare i profughi, padre Toffari che, provocatoriamente, cambiato tono al suo appello. “Affittatemi appartamenti in cui possano trasferirsi i sacerdoti della parrocchia - è stato il messaggio lanciato - così che la canonica possa ospitare i profughi”. Qual è stata la risposta a questo singolare appello? “Qualche riscontro a questa proposta che è ovviamente provocatoria - afferma il parroco - l’abbiamo avuta e qualche appartamento per i sacerdoti è saltato fuori”. 14

L’ospitalità fonda la nostra civiltà I

l dovere di ospitalità è l’albero maestro della civiltà occidentale, e l’abc dell’umanità buona. Nel mondo greco il forestiero era portatore di una presenza divina. Sono molti i miti dove gli dèi assumono le sembianze di stranieri di passaggio. L’Odissea è anche un grande insegnamento sul valore dell’ospitalità (Nausicaa, Circe, …) e sulla gravità della sua profanazione (Polifemo, Antinoo). L’ospitalità era regolata nell’antichità da veri e propri riti sacri, espressione della reciprocità di doni. L’ospite ospitante era tenuto al primo gesto di accoglienza e, nel congedarlo, consegnava un "regalo d’addio" all’ospite ospitato, il quale dal canto suo doveva essere discreto e soprattutto riconoscente. L’ospitalità è un rapporto (ed è bello che in italiano ci sia un’unica parola, ospite, per dire colui che ospita e colui che è ospitato). Al forestiero che si accoglieva a casa non veniva chiesto né il nome né l’identità, perché era sufficiente trovarsi di fronte a uno straniero in condizione di bisogno affinché scattasse la grammatica dell’ospitalità. La reciprocità delle relazioni d’accoglienza era alla base delle alleanze tra persone e comunità, che componevano la grammatica fondamentale della convivenza pacifica tra i popoli. La guerra di Troia, l’icona mitica di tutte le guerre, nacque da una violazione dell’ospitalità (da parte di Paride). La civiltà romana continuò a riconoscere la sacralità dell’ospitalità, che veniva anche regolata giuridicamente. La Bibbia, poi, è un continuo canto al valore assoluto dell’ospitalità e dell’accoglienza dei forestieri, che, non di rado, vengono chiamati "angeli". Il primo grande peccato di Sodoma fu rinnegare l’ospitalità a due degli uomini che erano stati ospiti di Abramo e Sara alle Querce di Mamre (Genesi, 18-19), e uno degli episodi biblici più raccapriccianti è una profanazione dell’ospitalità - lo stupro omicida dei beniaminiti di Gabaa (Libro dei Giudici, 19). Il cristianesimo raccolse queste tradizioni sull’ospitalità, e le interpretò come una declinazione del comandamento dell’agape ed espressione diretta della predilezione di Gesù per gli ultimi e i poveri: “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). In quelle culture antiche, dove vigeva ancora la "legge del taglione", dove non era riconosciuto quasi nessuno dei diritti dell’uomo che l’Occidente ha conquistato e proclamato in questi ultimi secoli, l’ospitalità fu scelta come prima pietra di civiltà dalla quale è poi fiorita la nostra. In un mondo molto più insicuro, indigente e violento del nostro, quegli antichi uomini capirono che l’obbligo di ospitalità è essenziale per uscire dalla barbarie. I popoli barbari e incivili sono quelli che non conoscono e non riconoscono l’ospite. Polifemo è l’immagine perfetta dell’inciviltà e della disumanità perché divora i suoi ospiti invece di accoglierli.

L’ospitalità è la prima parola civile perché dove non si pratica l’ospitalità si pratica la guerra, e si impedisce lo shalom, cioè la pace e il benessere. Smettiamo allora di essere civili, umani e intelligenti quando interrompiamo la pratica antichissima dell’ospitalità. E se l’ospitalità è il primo passo per entrare nel territorio della civiltà, la sua negazione diventa automaticamente il primo passo per tornare indietro verso il mondo dove regnano solo la forza fisica e la legge del più forte. I popoli saggi sapevano che l’ospitalità conviene a tutti, anche se individualmente costa a ciascuno. Per questo occorre proteggerla e parlarne molto bene, se vogliamo che resista nei tempi degli alti costi. La reciprocità dell’ospitalità non è un contratto, perché non c’è equivalenza fra il dare e il ricevere, e soprattutto perché il mio essere accogliente oggi non genera nessuna garanzia di trovare accoglienza domani quando ne avrò bisogno. Non esiste un contratto di assicurazione per la non accoglienza domani di chi è stato accogliente oggi. Per questo l’ospitalità è un bene comune, e quindi fragile. Come tutti i beni comuni viene distrutto se non è sostenuto da una intelligenza collettiva più grande degli interessi individuali e di parte. Ma come tutti i beni comuni, una volta distrutto il bene non c’è più per nessuno ed è quasi impossibile ricostruirlo. L’Europa è nata dall’incontro tra umanesimo giudaicocristiano e quello greco e romano fondati sull’ospitalità. Ma in Occidente è sempre rimasta viva anche l’anima beniaminita e polifemica, dominante per lunghi periodi, sempre bui. È l’anima che vede gli ospiti solo come minacce o prede. Oggi questo spirito buio, incivile e non-intelligente sta riaffiorando, ed è urgente esercitare il prezioso esercizio del discernimento degli spiriti. Evitando, ad esempio, di credere a chi ci racconta che Polifemo ha divorato i compagni di Ulisse perché sarebbero stati in troppi a bordo e la nave poteva affondare nel ritorno verso Itaca, o che i beniaminiti volevano incontrare gli ospiti di Lot solo per controllarne i documenti. Il riconoscimento del valore e del diritto dell’ospitalità viene prima di tutte le politiche e le tecniche per gestirla e renderla sostenibile. L’ospitalità è uno spirito, uno spirito buono. Quando non c’è si vede, si sente. Gli spiriti vanno conosciuti, riconosciuti e chiamati per nome, e quelli cattivi vanno semplicemente cacciati via. Nella casa degli umani se non c’è posto per l’altro non c’è posto neanche per me. Sta scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo" (Lettera agli Ebrei).

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Il nostro problema è l'ISIS o il “diavolo”? Omelia per la festa patronale di San Nicola da Tolentino, Botticino Mattina 10 Settembre 2015, don Oreste Ferrari, sacerdote orionino di Botticino

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i solito a me piace guardare alla storia, alla vita dei personaggi, specialmente i santi, per poterne trarre degli insegnamenti per la nostra vita, il nostro oggi. Siamo qui a fare la festa a San Nicola. La nostra festa non può ridursi a una messa in più, una processione e poi una bella cena, un po' di musica e a mezzanotte tutto è finito e ritorna come prima. San Nicola si rivolta nella tomba. Guardate al grande quadro qui davanti: lo vedete mentre slega la catena che lega una donna al diavolo. San Nicola è considerato patrono delle anime del purgatorio perché con la sua predicazione è riuscito ad evitare che molte persone andassero all'inferno, lotta contro il male nel nome del suo amore per Dio. Inoltre noi di Botticino lo veneriamo perché ci ha salvati dalla peste. Io allora mi sono chiesto cosa è la peste oggi, quel male contagioso che rovina la nostra vita e ci porta pian piano alla morte e da cui abbiamo bisogno di essere liberati? Mi sono guardato attorno, ho guardato alla storia di questo ultimo anno e mi sono detto che il grande problema di cui tutti parlano è la situazione delle guerre in Medio Oriente e in Africa, che causa terrorismo anche qui in Europa e un'onda inarrestabile di profughi verso il nostro continente. Lo so che questo è un tema molto delicato che suscita tante controversie e contrarietà tra la gente, è un problema che si presta a lotte in nome della politica, che tocca i sentimenti di ciascuno. A me non piace fare polemica e ancora meno politica, non so fare discorsi né di destra né di sinistra né di centro. D'altronde siamo in Chiesa e ritengo che il pro-

blema debba essere analizzato, almeno qui, solo dal punto di vista spirituale e cristiano, perché sto parlando a voi che siete gente di fede e siete venuti qui a pregare. Da quando sono rientrato in Italia, un anno e mezzo fa, ho ascoltato tutti i discorsi e ci ho capito poco, o forse niente del tutto. Mi sembra che abbiano tutti ragione. È vero, questa gente deve essere aiutata; è vero, l'aiuto migliore sarebbe risolvere i problemi nel loro luogo di origine; è vero, c'è tanta gente che muore; è vero, abbiamo già tanti problemi noi; è vero, ci vorrebbe un intervento militare; è vero, toccherebbe ad altre nazioni combattere, noi stiamo già facendo tanto. Si potrebbe andare avanti per ore ripetendo tutte le frasi che si sentono in questi giorni, ed è tutto è vero. Ma io mi dico e dov'è la fede in tutto questo? Cosa farebbe Cristo in tutto questo? Davanti a tutto questo grande problema io, perdonatemi il mio cadere in temi poco di moda, io dico questa è la peste di oggi, questo è il lavoro del diavolo. Non sto parlando di quell'essere con le corna, la coda a punta, le gambe da caprea che ci raffiguriamo, parlo di chi vuole rovinare il Regno di Dio, vuole rovinare la nostra vita, la nostra pace, la nostra fede perché ci odia, perché odia Dio. Questa è la peste che ammorba il mondo oggi, ma gli appestati non sono i profughi che arrivano, o almeno non solo loro. Appestati siamo tutti noi. La peste è la nostra paura che ci blocca e non ci fa ragionare, la peste è la divisione che si è creata tra di noi e sta rovinando tutti i livelli di società, la peste è la sfiducia che da qualche tempo serpeggia nelle nostre famiglie, la peste è il pessimismo che ci va vedere l'aspetto negativo di tutte le cose e ci toglie la serenità e la capacità di vedere il bello, la peste è lo scoraggiamento che ci toglie la voglia di reagire e cercare delle soluzioni, questa è la peste. Noi ne diamo colpa ai profughi ma il problema è molto più profondo. Questa è la peste, questa è opera del diavolo. Il diavolo è furbo, è perfido e non lo si combatte con la forza, è più forte di noi e quando noi usiamo la forza, la violenza, l'odio usiamo le sue armi, lui ha già vinto quale che sia il risultato della nostra azione. Il demonio lo si vince solo con l'amore, con la forza di Dio perché Dio è amore e nient'altro che amore.

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Potremmo creare barriere impenetrabili e far sì che nessun profugo entri nel nostro paese, e dire “ora siamo liberi”, ma è il diavolo che ha vinto. A lui non interessa che un milione di persone muoiano in mare, anzi ne è contento, ma ci mette poco a suscitarne altri dieci milioni. Potremmo mandare un esercito invincibile che distrugga tutti i terroristi e fanatici l'Isis, Al Qaeda e anche, se volete, tutti i paesi del Medio Oriente, ma a vincere sarebbe ancora il diavolo; quanto ci metterebbe a suscitare altri gruppi altrove? Sono decine di anni che combattiamo per buttare giù un dittatore e l'altro, e subito coloro che ci hanno aiutato diventano peggio del precedente. Abbiamo fatto così in Afghanistan, in Iran, in Iraq, in Siria, in Libia e guardate dove ci troviamo ora. Dove vince la violenza vince il diavolo e a perderci siamo noi che ci chiamiamo vincitori. Papa Francesco ha capito questo e da tempo sta predicando amore, accoglienza, perdono. Ha cominciato con le comunità religiose, con le parrocchie, con le famiglie; ora si è allargato al mondo intero. Tutti lo acclamano, riconoscono il suo operare, ma quanti veramente lo seguono? Allora ha lanciato una guerra, la guerra dell'amore. Ha lanciato l'anno della misericordia. Lui vuole che dall'8 dicembre prossimo ci diamo da fare a diventare “Misericordiosi come il padre nostro in cielo è misericordioso”. Vuole che facciamo nostri i sentimenti di Cristo che da ricco che era si è spogliato, ha preso la condizione di servo e si è lasciato portare sulla croce. Vuole che prendiamo sul serio l'invito di Cristo che ci dice: “Chi vuol seguire me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Vedete: tutte le frasi che abbiamo detto all'inizio e che io ho detto sono tutte vere; tutte peccano in un aspetto: mettono al centro dell'interesse l'io e dimenticano Dio. Allora sparisce l'amore (che per sua natura è un uscire dall'io per andare incontro all'altro) e a vincere è il diavolo. Come aprirci all'altro se non abbiamo soldi neanche per noi stessi, se non abbiamo lavoro neanche per i nostri figli, se ci rovinano la nostra cultura ecc? Mi chiedo: che cultura? Chi tra voi qui presenti ha qualche anno più di me lo dica: la nostra società del dopoguerra non era forse basata sulla solidarietà, sulla famiglia, sulla cooperazione, sul sacrificio? Ed ora se le nostre famiglie sono spezzate, se fratelli litigano per un pezzo di eredità, se genitori e figli non si parlano per anni per una qualsiasi ragione, se tra vicini ci si parla solo tramite avvocati perché si litiga per mezzo metro di terra o per il cane che abbaia di notte, se ai nostri figli non viene più insegnato il valore del sacrificio, della rinuncia, se la gente non sente più il bisogno di cooperare per il bene della comunità, del paese, della parrocchia, chi ha cambiato la nostra cultura: l'Isis? O magari la ricchezza, la televisione, internet, la politica? Il Papa ha puntato chiaramente il dito sulla peste del mondo moderno che lui chiama l'auto-referenzialità, il mettere se stessi al centro, la propria comodità e successo come metro per le scelte da fare. Abbiamo sostituito la Trinità di amore del Padre, Figlio e Spirito Santo con l'intoccabile trinità di Io, me e mio. Siamo qui a celebrare la festa di San Nicola, e San Nicola ci manda questo messaggio. La peste da cui dobbiamo liberarci è quella dell'indifferenza, dell'egoismo, della paura. Noi non riusciremo a risolvere le crisi mondiali, non riusci-

Buonviaggio di Claudio Simeone con Abderrahim El Hadiri regia Claudio Simeone luci Elena Guitti collaborazione Biro, Dolores Dandolo, Tiziana Gardoni, Elisa Comparoni produzione Cicogne teatro arte musica Il piccolo Tarek cammina nel deserto, tiene in mano un grande sacco e guarda a terra. “Quando nella sabbia vedi le conchiglie - gli hanno detto - allora vuol dire che sei arrivato al mare”. E lui cerca le conchiglie nella sabbia del deserto perché, arrivato al mare, potrà imbarcarsi, raggiungere la grande città italiana e giocare a calcio nella squadra del cuore. Non a caso indossa già la maglietta col numero nove e le scarpette sportive rosse, originali, non quelle taroccate che si trovano al mercato del paese. Conosciamo questo bambino attraverso le parole di un pescatore di Porto Palo, uno dei tanti che in mare, sempre più frequentemente, raccoglie esseri umani, spesso doloranti e sfiniti, talvolta senza vita. Lui ci racconta di un viaggio incredibile dal Mali al Mediterraneo a piedi, in treno, o stipato in un groviglio di gambe, sacchi e bidoni d’acqua, su un vecchio camion o su un barcone fatiscente. Ci accostiamo così a un’avventura coinvolgente e straordinaria in cui i pericoli possono essere superati solo in virtù di un grande sogno da seguire.

SABATO 7 NOVEMBRE TEATRO ORATORIO BOTTICINO MATTINA remo a portare la pace al mondo, ma possiamo portare la pace ai nostri cuori, alle nostre famiglie al nostro paese se ci lasciamo coinvolgere dalla dinamica della misericordia di Dio. Amare e sentirsi amati, sempre e con tutti e non lasciare spazio alle tentazioni del diavolo che farà di tutto per scoraggiarci.

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Chi sono i 4 profughi ospitati in canonica?

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a agosto 2015, la cooperativa K-pax, grazie all’appartamento messo a disposizione dalla Parrocchia di Botticino e alla collaborazione del Comune, ha potuto accogliere 4 richiedenti asilo (3 ragazzi del Ghana ed uno della Nigeria) nel paese, dove si sono stabiliti in attesa che lo Stato Italiano decida se accettare o meno la loro richiesta di asilo politico. In media le autorità competenti ci mettono circa un anno per decidere. Questo è il tempo che trascorre dalla presentazione della domanda alla notifica della decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Durante questo periodo la cooperativa, ente gestore del progetto di accoglienza a Botticino, cerca di fornire ai richiedenti tutti gli strumenti che consentano di vivere in Italia da cittadini liberi e membri attivi di una comunità: organizza corsi di Italiano, attività di volontariato, corsi di formazione, inserimenti lavorativi e, soprattutto, accoglie questi giovani e insegna loro come vivere in Italia. La situazione nei paesi di origine può essere drammatica, questi ragazzi spesso fuggono da guerre e persecuzioni, inseguendo una speranza di libertà e di pace. Non vorrei in questa sede raccontarvi le loro storie personali, spesso difficili, quanto piuttosto descrivere in poche righe la situazione sociale della Nigeria, stato di provenienza di uno dei ragazzi ospitati dalla Parrocchia di Botticino, in modo da far capire meglio il tipo di società da cui vengono questi ragazzi.

Foster, Isaak, Francis e Peter ospitati in canonica a Botticino Sera La Nigeria è oggi una repubblica federale; il potere esecutivo è detenuto dal presidente. Dopo l’indipendenza raggiunta nel 1960, per anni in Nigeria c’è stato praticamente un colpo di stato dietro l’altro. Si sono alternati soprattutto presidenti provenienti dall’esercito, che hanno guidato governi molto corrotti. Negli ultimi vent’anni ci sono stati tantissimi episodi di violenza che hanno coinvolto gruppi di nigeriani di etnie o religioni diverse. Il più famoso gruppo terroristico del paese viene chiamato Boko Haram (in una lingua locale il nome significa: “l’educazione occidentale è proibita”). La diffusione di Boko Haram è stata facilitata in alcune zone settentrionali della Nigeria da un intenso malcontento nei confronti dello stile di vita occidentale. Inoltre, a partire dal 2009, l’esercito e le forze di sicurezza nigeriane hanno condotto una serie di violente repressioni, massacri, esecuzioni e arresti senza processo nei confronti di moltissimi civili accusati di collaborare con i terroristi. Gli abusi hanno diminuito la fiducia della popolazione locale nelle forze di sicurezza e nel governo centrale, facilitando l’arruolamento di molti giovani a Boko Haram. Di recente Boko Haram ha dimostrato di essere in grado di condurre operazioni militari sempre più grosse e impegnative, e di saper gestire attacchi suicidi, rapimenti e rapine, oltre che i saccheggi a cui il gruppo era già abituato. Ora Boko Haram controlla un territorio che ha una superficie corrispondente all’incirca a quella del Belgio, nel nordest del paese. Decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case a causa delle violenze di Boko Haram.

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I problemi della Nigeria non si riducono solo alle organizzazioni terroristiche nel nord del paese, esistono diversi altri motivi di tensione, a partire dai grossi squilibri economici all'interno della popolazione: basti pensare che un capo operaio guadagna l'equivalente di 100 euro al mese. Ed è un capo operaio, quindi lo stipendio medio è anche più basso. La ricchezza appartiene a meno del 20% della popolazione. Il restante 80% vive nella fame, spesso senza né luce né acqua dentro le loro case. Tutto questo nonostante il fatto che la Nigeria sia ricchissima di giacimenti di petrolio, soprattutto nel sud del paese. Il problema è che i soldi derivati dallo sfruttamento dei pozzi petroliferi sono nelle mano dei pochissimi che controllano tutto il paese; la maggior parte della gente vive con niente. Le attività di estrazione sono in alcune delle zone più povere del paese, con la gente che subisce le angherie di bande di pirati che sopravvivono rubando petrolio dagli oleodotti. Lo stato di certo non è una fonte di sicurezza. In Nigeria il 68% dei 55mila detenuti nelle prigioni è in attesa di giudizio e, secondo diverse organizzazioni internazionali, subisce abusi e torture da parte delle forze dell’ordine. Questa è la situazione di fronte alla quale tanti giovani nigeriani decidono di fuggire e di cercare rifugio in Europa. Stefano Cittadini Operatore K-pax responsabile per i ragazzi inseriti a Botticino

CONVENZIONE PARROCCHIA E COOPERATIVA impegno economico L’intervento di accoglienza dei profughi, presso la canonica di Botticino Sera, è regolato da una convenzione di servizio, fra parrocchia e cooperativa. Dal punto di vista economico la parrocchia non avendo la gestione diretta degli ospiti, non riceve la retta giornaliera destinata per ogni profugo, ma riceve dalla cooperativa un compenso per l’utilizzo locali e il pagamento delle utenze. Attraverso le attività parrocchiali, in particolare di volontariato, i profughi potranno essere accolti per favorire la loro integrazione.

COOPERATIVA SOCIALE K-PAX ONLUS La Cooperativa K-Pax, costituita nel 2008 si appoggia su due sedi operative a Breno e a Brescia. K-Pax nasce da una sfida di un gruppo di operatori e ospiti di strutture di prima e seconda accoglienza. Entro un’esperienza maturata in progetti di assistenza a richiedenti asilo, rifugiati e adulti (anche con minori) in difficoltà, gli operatori si sono consociati in una realtà caratterizzata da una pragmatica operativa e da valori condivisi di solidarietà sociale e cosmopolita. La mission della Cooperativa è sostenere soggetti singoli e nuclei familiari in difficoltà socio-economica e relazionale, attraverso differenti azioni trasversali sviluppate sinergicamente dagli Enti e dai servizi del territorio. Gli interventi sviluppati si pongono la finalità di prevenire percorsi di emarginazione sociale, promuovendo l’integrazione di soggetti in condizione di fragilità sociale: immigrati (con particolare riguardo ai beneficiari di protezione internazionale), donne sole e con minori, famiglie povere. Le attività promosse dalla Cooperativa riguardano: Promozione dell’housing sociale per categorie deboli: gestione appartamenti residenziali e/o di emergenza sociale e di ogni altra tipologia di servizio volta all’assistenza, educazione, animazione, riabilitazione fisica e sociale, nonché allo sviluppo delle autonomie di soggetti in stato di disagio psico-sociale o socio abitativo; Attività di promozione dell’integrazione sociale e culturale dei cittadini stranieri, dei rifugiati e dei soggetti emarginati attraverso corsi di lingua italiana, percorsi di accompagnamento sociale, sostegno all’inserimento lavorativo e abitativo; Attività di formazione, prevenzione e consulenza rivolte al proprio interno o a operatori dei servizi sanitari, sociali, assistenziali, educativi, ad utenti dei servizi socio-sanitari, educativi ed altri soggetti che abbiano interesse per tali servizi; Iniziative e servizi di accoglienza, di assistenza, comunità di convivenza e simili nelle forme e nei modi ritenuti utili al raggiungimento del benessere sociale; Attività di sensibilizzazione ed animazione delle comunità locali entro cui opera, al fine di renderle più consapevoli e disponibili all’attenzione ed all’accoglienza delle persone in stato di bisogno. Dal 2014 è fra gli enti gestori del progetto SPRAR “Brescia Articolo 2”. Negli ultimi anni, la cooperativa ha preso in gestione diversi appartamenti nella città di Brescia e nei paesi limitrofi, nell’ottica di un’integrazione maggiore fra i richiedenti asilo e la comunità in cui si inseriscono. 19


Caritas Italiana

DOSSIER

BALCANI E MEDITERRANEO settembre 2015 SITUAZIONE GENERALE

INTRODUZIONE Il presente Dossier vuole contribuire alla conoscenza di un fenomeno dai tratti molto complessi che negli ultimi mesi ha assunto una dimensione globale. Le immagini delle traversate lungo il Mediterraneo e attraverso i confini terrestri dell’Europa appaiono come un monito agli stati affinché la sofferenza di milioni di persone che fuggono dalle guerre sia una responsabilità di tutti. Papa Francesco ci ricorda che “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”. La morte di migliaia di persone è l’emblema del fallimento di un Europa che per tanto tempo si è definita solidale, ma che all’improvviso si scopre chiusa e divisa davanti all’incessante richiesta dei profughi. “La sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio”. Molti sono stati i gesti di solidarietà portati avanti da alcuni governi e da tanti cittadini che hanno restituito dignità a chi in questo momento è più fragile. La parola accoglienza sembra non fare più paura soprattutto dopo le parole del Santo Padre che ha invitato ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ad ospitare una famiglia.

Sono numeri preoccupanti quelli forniti dall’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) relativi agli arrivi attraverso il Mediterraneo: nei primi otto mesi del 2015, sono 351mila i migranti che hanno intrapreso la via del mare per cercare una vita diversa (gli arrivi nello stesso periodo del 2014 erano stati 219mila). E’ drammatico il dato relativo alle vittime: 2.643 persone sono morte da gennaio. L’OIM stima in 235.000 i migranti arrivati in Grecia e in 115mila quelli approdati in Italia. Più di 2.000 sono arrivati in Spagna e un centinaio a Malta. Agosto è stato il secondo mese con più morti dell’anno, 638, superato solo dal mese di aprile quando erano stati 1.265. Le nazionalità più comuni tra i migranti che attraversano il Mediterraneo sono eritrea, nigeriana, somala, sudanese e siriana. Gli eritrei dominano tra gli arrivi in

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Italia e i siriani tra quelli sulle isole greche. In tutto il 2014 erano stati 3.500 i migranti morti o dispersi nel Mediterraneo, secondo i dati forniti dall’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani. La “rotta dei Balcani“, che inizia dalla frontiera marittima tra Turchia e Grecia e porta rifugiati e migranti lungo Macedonia e Serbia fino in Ungheria, è leggermente meno mortale di quella che dalla Libia attraversa il Mediterraneo ma è comunque piena di pericoli e ostacoli. Dal gennaio 2014, 123 rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono annegati nel tentativo di attraversare il mar Egeo e 24 sono rimasti uccisi lungo le ferrovie. Più della metà di tutte le persone che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015 è sbarcata in Grecia, un paese che ha un sesto della popolazione italiana. Quasi la metà di tutte le richieste d’asilo presentate nell’Unione Europea nello stesso periodo sono state fatte in Germania. Nonostante negli ultimi mesi gran parte del dibattito pubblico italiano sia stato dedicato ai temi dell’immigrazione e alle accuse all’Europa di mancanza di solidarietà, in pochi hanno notato come l’Italia non sia il paese maggiormente coinvolto nelle tratte dell’immigrazione: in Italia, nel 2015, sono arrivati poco più di 100mila migranti, uno ogni 600 abitanti. Nello stesso periodo, in Grecia, ne sono arrivati 205mila: cioè uno ogni 53 abitanti. È la Grecia, quindi, ad aver sopportato il peso più grande degli sbarchi e con un gran distacco rispetto all’Italia, che rimane comunque il secondo paese. Quest’anno, nella sola settimana fra il 10 e il 16 agosto, sono sbarcati in Grecia 20mila migranti, un quarto di tutte le persone sbarcate nel paese nell’intero 2014. Nei primi otto mesi, i 150mila migranti hanno portato al collasso lo scarno sistema di accoglienza presente sulle isole greche, la principale destinazione dei migranti che arrivano in questo paese. Nell’isola di Kos la situazione è così grave che più di mille migranti sono stati rinchiusi nello stadio. Ci sono stati scontri e violenze quando i pochi poliziotti presenti (impreparati a questo tipo di situazioni) hanno cercato di controllare l’enorme massa di persone presenti sull’isola, per circa l’80 per cento siriani in fuga dalla guerra. Fatte le dovute proporzioni – i 205mila migranti e gli undici milioni di abitanti della Grecia – è come se quest’anno in Italia fossero sbarcate più di un milione di persone, un numero pari alla popolazione di Napoli. Gestire gli sbarchi e l’accoglienza è solo una parte del problema dell’immigrazione.

La gran parte dei migranti non vuole fermarsi in Grecia o in Italia, e prosegue il suo viaggio spesso con la complicità delle autorità locali. La situazione è diventata drammaticamente visibile negli ultimi giorni, quando migliaia di persone sono rimaste bloccate al confine tra Macedonia e Grecia in attesa dell’apertura della frontiera, e soprattutto in occasione della morte di più di settanta migranti nella stiva di un camion a sud di Vienna. La rotta dei Balcani occidentali comincia con lo sbarco nelle isole greche – come Kos – con imbarcazioni di fortuna partite dalle coste della Turchia. I migranti si muovono poi verso il confine settentrionale della Grecia con la Macedonia, dove nelle ultime settimane la chiusura della frontiera da parte del governo macedone ha provocato scontri e incidenti con la polizia locale. Da qui, sui treni, gli autobus o pagando per ottenere passaggi a bordo dei camion, i migranti raggiungono la Serbia e infine l’Ungheria, il primo paese membro dell’Unione Europea che incontrano dopo aver lasciato la Grecia. Lungo la rotta balcanica, dunque, si sono creati dei punti di particolare sovraffollamento dei profughi: sono in generale i posti di confine (confine greco-macedone a Gevgelija, confine macedone-serbo a Tabanovce, confine serbo-ungherese nei pressi di Kanjiza) nei quali i profughi aspettano qualche giorno, finché non arriva il momento giusto per sconfinare. E ci sono poi anche alcune cittadine o città, lungo il percorso, caratterizzate dal sovraffollamento, perché sono quelle in cui si 21


trovano le principali stazioni degli autobus o dei treni (in Serbia sono: Presevo al Sud, Belgrado al centro e Subotica al nord). Dunque, in tutti questi luoghi si sta verificando un grave sovraffollamento di profughi, che sostano vari giorni in attesa del momento giusto per sconfinare o per prendere un autobus/un treno verso la destinazione successiva. Una situazione di particolare preoccupazione si sta verificando a Belgrado e a Kanjiza (entrambe in Serbia), perché essendo queste le ultime due tappe prima del confine ungherese i profughi subiscono un rallentamento ancora maggiore nel loro percorso (l’Ungheria rende appunto difficile l’ingresso) e quindi migliaia di persone aspettano per molti giorni un autobus a Belgrado o il momento dello sconfinamento a Kanjiza. Una volta arrivati in Ungheria molti migranti si fermano e fanno richiesta d’asilo – l’Ungheria è uno dei paesi europei con il più alto numero di rifugiati pro-capite – ma un numero sempre maggiore di persone sfrutta l’assenza di posti di confine previsti dagli accordi di Schengen per proseguire il viaggio verso l’Austria, la Svezia e soprattutto la Germania. Passau, nella Germania sud-orientale al confine con l’Austria, è uno dei principali punti di arrivo di questo viaggio. I tedeschi la chiamano la “Lampedusa della Germania” e il Guardian ha raccontato che è una piccola e sonnolenta cittadina dove capita spesso che al mattino gli abitanti si sveglino ritrovandosi nel giardino di casa decine

di siriani assetati appena scesi dai camion dei trafficanti. Il camion in cui la polizia austriaca ha trovato 71 migranti morti asfissiati lo scorso 27 agosto era probabilmente diretto a Passau. In linea generale è necessario tenere presente che tutti questi paesi dell’area balcanica si sono trovati totalmente impreparati ad affrontare un fenomeno migratorio di questa portata. Prima di oggi i flussi migratori in questi paesi, ad eccezione della Grecia, erano irrilevanti, principalmente di transito verso il Nord Europa. Non esistono dunque politiche sul tema, così le istituzioni nazionali e locali spesso non sanno cosa fare. E non esistono nemmeno strutture di accoglienza di alcun tipo, per cui i profughi si sistemano in luoghi totalmente inadatti (parchi, campi, fabbriche abbandonate). L’emergenza è così grande che nelle cittadine come Presevo e Kanjiza ci sono giorni in cui il numero dei profughi supera quello dei residenti. Al momento attuale, per quanto il governo ungherese stia provando a dare una risposta militare sempre più dura a questa ondata di ingressi, non ci sono segnalazioni di spostamenti dei migranti verso altri confini. Infatti, anche qualora un migrante venisse respinto alla frontiera ungherese, verrebbe semplicemente rimandato in Serbia e da lì dunque potrebbe riprovare a sconfinare in un altro momento. Una volta raggiunto il nord della Serbia non c’è nei fatti nessuna convenienza per i profughi a muoversi verso altri paesi confinanti (es. Croazia, Romania, Bosnia Erzegovina) perché nessuno di questi è nell’area Schengen. Spostandosi verso quei paesi, i migranti non risolverebbero minimamente il loro problema perché dovrebbero comunque attraversare almeno un’altra frontiera prima di entrare nell’area Schengen (ad es. quella austriaca, slovena o ungherese). L’impressione dunque è che i profughi non cambieranno rotta, ma anzi cercheranno sempre di più di fare pressione sul confine serbo-ungherese per facilitare l’ingresso nell’area Schengen. Di risposta, è prevedibile aspettarsi un ulteriore irrigidimento del governo ungherese e un aumento della militarizzazione del confine, causando un ulteriore sovraffollamento e aggravamento delle condizioni nelle zone di Belgrado e di Kanjiza nelle prossime settimane, perché dalla Macedonia continua incessante l’afflusso di profughi ma è rallentato il loro flusso verso nord. In base alle informazioni finora disponibili, l’evoluzione più probabile della situazione sembra dunque essere: - Rimarrà sempre molto alto il numero di profu22

ghi che utilizzano la rotta balcanica. Non è al momento ipotizzabile una riduzione del numero di persone che attraversano questa rotta, anzi la possibilità più reale è l’aumento del numero dei profughi. - La rotta balcanica resterà molto utilizzata ancora per molto tempo, sicuramente ancora per molte settimane e mesi. Questo comporterà un aggravamento delle condizioni dei profughi perché l’inverno si avvicina, così l’aumento delle piogge e l’abbassamento delle temperature renderanno il viaggio e le soste sempre più difficili e pericolose. - L’emergenza collegata all’accoglienza nei luoghi di confine e delle stazioni di autobus/treni continuerà come tale, dal momento che non si vedono significativi interventi statali in tempi rapidi a risolvere la questione. Al momento sembra che l’interesse prevalente dei governi coinvolti (greco, macedone, serbo) non sia quello di provvedere a investire denaro e tempo per una sistemazione adeguata dei profughi, ma quello di far passare quanto più velocemente i profughi lungo il territorio statale fino al confine successivo. - C’è il rischio di un aumento di fenomeni di intolleranza verso i migranti, perchè gruppi di estremisti e alcuni partiti politici stanno iniziando a fomentare nei cittadini la paura verso queste persone (sono per la gran parte musulmani che attraversano territorio a maggioranza ortodossa, e spesso si sente che FOCUS - I migranti hanno cominciato a percorrere la rotvengono descritti dalla popolazione locale ta dei Balcani occidentali in maniera massiccia a partire dal con qualifiche tipo “terroristi” o “talebani”). 2012. All’epoca, erano soprattutto di origine balcanica perché in quell’anno fu introdotto un sistema che permetteva agli abitanti di Serbia, Bosnia, Albania, Montenegro e Macedonia di entrare nell’Unione Europea senza bisogno di ottenere un visto. Da allora il flusso è aumentato notevolmente: dai seimila migranti che si stima abbiano percorso la rotta nel 2012 ai quarantamila dell’anno scorso, fino ad arrivare ai più di centomila dei primi sei mesi del 2015. Nel frattempo la composizione di chi affronta la rotta dei Balcani è cambiata. La maggior parte dei migranti oggi arriva dal Medio Oriente, in particolare dalla Siria e dall’Afghanistan, oppure dall’Africa orientale, soprattutto dalla Somalia. Alcuni paesi interessati dalla “rotta dei Balcani” stanno cercando di porre dei rimedi piuttosto duri per contrastare il flusso di migranti. La Bulgaria sta ampliando un muro di recinzione già esistente al confine con la Turchia, mentre l’Ungheria ha cominciato a costruirne uno nel luglio del 2015 nei pressi del confine con la Serbia. Per i regolamenti europei un migrante può fare richiesta d’asilo soltanto nel primo paese dell’Unione in cui mette piede (come previsto dal Regolamento di Dublino). Per questo motivo italiani e greci, ma anche francesi e austriaci, spesso lasciano passare i migranti, senza registrarli, in modo che non ci siano prove su qual è stato il primo paese europeo in cui sono entrati. Alle richieste di aiuto da parte dei paesi dell’Europa meridionale molto spesso si sente rispondere che il costo per gestire i richiedenti asilo è molto superiore a quello relativo alla prima fase dell’accoglienza. Il paese europeo più coinvolto in questa “seconda fase” dell’accoglienza è la Germania. Proprio questa settimana il governo tedesco ha annunciato una revisione al rialzo della stima delle richieste d’asilo che dovrà esaminare entro la fine del 2015: già oggi sono 400mila e prima della fine dell’anno saranno tra le 750 e le 800mila, un dato in crescita del 32 per cento rispetto al 2014. Questo enorme numero di richieste d’asilo ha prodotto diverse reazioni xenofobe, in particolare nella Germania orientale dove si sono verificati diversi episodi di intolleranza violenta. Ma in generale la Germania rimane un paese piuttosto accogliente per i rifugiati, più ospitale del Regno Unito o degli altri paesi dell’Europa orientale, come ha scritto l’Economist. 23


“Semplicemente GRAZIE” “Grazie” è una semplice parola che vuole esprimere ciò che una persona ha nel cuore. Per poter raggiungere tutti personalmente Sr. Gemma Bonini con penso che il “Notiziario” sia lo strumento più adatto. Quando mi è la sorella sr. Roberta defunta stato chiesto dai miei superiori circa due anni fa di venire a Botticino nel 2013 nella Comunità Sant’ Arcangelo, per prestare un servizio nell’Unità Pastorale, mi sembrava tutto un po’ strano ritornare al mio paese di nascita. Ora… eccomi qui per esprimere a ciascuno un “Grazie” di vero cuore per la ricchezza che ho ricevuto incontrando varie realtà della nostra Unità Pastorale. Il servizio come ministro straordinario della comunione mi ha fatto incontrare la realtà della sofferenza, avvicinando ogni domenica dopo la celebrazione eucaristica, tante persone anziane e ammalate. L’altra realtà la presenza come volontaria nel gruppo “Mai senza l’altro” incontrandoci ogni due settimane nell’ambiente dell’oratorio, cercando di essere vicina e accogliere con amore queste persone che hanno più bisogno perché più deboli, e incontrando pure le loro famiglie con problemi vari. Anche l’altro servizio come volontaria accompagnatrice il venerdì pomeriggio con la “croce Valverde”, realtà tanto preziosa per le famiglie, presente nel nostro paese. Incontrare catechisti e catechiste nell’incontro con i ragazzi nelle varie classi durante l’anno e nelle domeniche quando c’era l’ICFR. Animare i centri di ascolto nei tempi forti di Avvento e Quaresima pregando insieme e arricchirci condividendo la Parola di Dio creando tra noi un buon rapporto di fraternità, famigliarità e amicizia. La presenza nel coro “S.M.Assunta” mi ha fatto ricordare i tempi della mia gioventù quando pure allora come oggi potevo donare la voce per rendere più vive e armoniose le celebrazioni eucaristiche nella nostra comunità. Con tutti i coristi si è creato un buon rapporto di fraternità e amicizia. Adesso, in questo ultimo periodo, avevamo iniziato un bel servizio nelle visite di benedizione alle famiglie; ho avuto insieme agli animatori pastorali delle belle esperienze nelle famiglie che abbiamo incontrato, con momenti di preghiera insieme e di condivisione. Ora lascio continuare a chi verrà perché sono stata chiamata dai miei superiori a continuare il mio percorso di vita consacrata in un’altra realtà, nella comunità che abbiamo in Inghilterra con i fratelli emigranti. Ringrazio il Parroco don Raffaele per avermi dato l’opportunità in questi anni di svolgere questi servizi nella nostra Unità Pastorale. Saluto gli altri sacerdoti che svolgono qui il loro ministero: don Bruno, don Costante, don Giacomo e Pietro il nostro diacono permanente. Un grazie a tutti per questo pezzo di strada percorSaluto a suor Gemma, Botticino Sera so insieme, e permettetemi un grazie particolare a 20 settembre 2015 sr. M.Regina e sr. Giuliana con le quali ho condiviso la vita fraterna nella comunità Sant’Arcangelo, e al Signore per questi anni di vita consacrata che mi ha donato. Siamo ancora nell’anno della vita consacrata indetto da papa Francesco, prego perché da Botticino possa nascere qualche vocazione alla vita sacerdotale e consacrata. Spero di non aver dimenticato nessuno, auguro a tutti un buon cammino e un “Grazie” ancora di vero cuore per quanto mi avete donato. Un arrivederci qualche volta qui, perché Botticino è sempre il paese dove sono nata, cresciuta, educata e formata nella realtà della comunità parrocchiale e poi il nostro Santo Tadini è qui e così pure la casa madre. Un abbraccio e un arrivederci a tutti da sr. Gemma Bonini 24

Chi siamo, da dove veniamo, cosa dovremmo fare e realizzare, come e dove andremo a finire...? Riflessioni sulla famiglia Chi siamo, da dove veniamo, cosa dovremmo fare e realizzare, come e dove andremo a finire...? Interrogativi tanto filosofici quanto pratici. Le risposte che diamo danno forma alla nostra vita. Chi 'crede' dice che, attraverso cause seconde, veniamo comunque da Dio, e che Dio ci ha progettato e ci modella per qualche cosa di bello. Come ogni artista o progettista anche Dio sarebbe contento solo se la sua opera realizzasse appieno la sua idea e rivelasse la sua capacità. C'è un piccolo problema: noi nelle sue mani non siamo inerti, ma possiamo ostacolarne l'abilità e rovinargli l'opera, come anche possiamo lasciarci fare. E' questo il punto: collaboriamo liberamente, ma da soli non realizzeremmo mai il disegno pensato e programmato. Dobbiamo ricorrere a Lui, e anche chiedergli di essere bravi e malleabili per il completamento dell'opera. Siamo in tanti, viviamo in società, e quindi i tanti progetti e disegni che siamo vanno combinati. Anche qui, per la riuscita di una perfetta combinazione, bisogna stare alla visione dell'architetto. Quel non essere inerti, di cui sopra dicevamo, entra in gioco pure a questo livello. Prendiamo la Famiglia, tanto per stare in tema con le riflessioni che si stanno facendo nella nostra Chiesa (=noi come popolo in cammino) in questo anno. E' chiarissimamente sotto attacco. E non necessariamente solo da fuori. Noi stessi, con debole identità cristiana, siamo facilmente in balia di forze centrifughe di ribellione, di stoltezza, di conformismo con l'aria che tira. Come individui rischiamo di lasciarci portare da idee storte, da desideri capricciosi, dal “mio” diritto, dal “mio” interesse, da quello che mi piace. E per la famiglia, per la sua coesione e solidità, questo sentire è l'inizio della fine.

La famiglia è una delle opere di Dio. Bellissima! Fa stare in piedi il mondo. Ma solo se si realizza nel modo che è stata concepita. Alla base il Matrimonio, “che conduce nel cuore del disegno di Dio, che è un disegno di alleanza col suo popolo, con tutti noi, un disegno di comunione” (catechesi di papa Francesco). Da Genesi 1,27; 2,24 ricaviamo che “l'immagine di Dio è la coppia matrimoniale: l'uomo e la donna; non soltanto l'uomo, non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa è l'immagine di Dio: l'amore, l'alleanza di Dio con noi è rappresentata in quell'alleanza fra l'uomo e la donna. E questo è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell'unione coniugale l'uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità della comunione di vita definitiva” (idem). Se a qualcuno viene in mente un'altra “società” (uomo-uomo/donna-donna) non chiamiamola famiglia. Se anche quest'altra “società” decidesse di includere un bambino o una bambina il risultato sarebbe un artificio, cioè una cosa non naturale, una delle tante che l'uomo riesce a s-combinare. Gli effetti? Basterebbe non nasconderceli. Lasciamo perdere certe scoperte! Siano pure “gli altri” a farsi i cavoli loro, ma non cadiamo noi nella trappola di certe opere false che il tempo, speriamo non solo l'eternità, svergognerà. Noi rispettiamo tutti, perché il nostro Dio fa piovere e splendere il sole su tutti senza entrare a gamba tesa nelle vicende degli umani. Ma poi, visto che abbiamo ricevuto una certa luce, camminiamoci. Il resto non fa per noi. Se lo godano gli altri, se gli piace. Lasciarsi cesellare e rifinire dall'autore, secondo il suo disegno originale, dovrebbe essere il massimo per la sua opera. E pensiamo ai figli, che di un buon papà e di una mamma non possono fare a meno. Solo nella famiglia possono trovare l'ambiente perfetto per la loro crescita fisica, psicologica, intellettuale e spirituale. “E' una cosa bellissima la vita matrimoniale e dobbiamo custodirla sempre, custodire i figli” (idem). Bravo, papa! don Isidoro Apostoli salesiano missionario in Etiopia 25


Ottobre Missionario Giornata Missionaria Mondiale 2015 “Dalla parte dei poveri” non è solamente un invito a ‘schierarsi’ a favore di una categoria generale di persone, di cui magari sentiamo sempre parlare, ma senza ‘incontrarli’ veramente… E’ invece il modo di agire di Cristo stesso, che emerge dall’ascolto del Vangelo, perché il Signore non si è mai posto ‘contro’ qualcuno, ma a fianco di tutti, camminando insieme a coloro che incontrava, poveri, malati nel corpo e nello spirito, uomini e donne in ricerca, delusi dalla vita… A ciascuno di essi Gesù ha offerto uno sguardo nuovo, lo sguardo della sua Misericordia, capace di guarire ogni vita! In ogni anno liturgico noi celebriamo il “Mistero di Cristo” che non è un ‘segreto da svelare’ ma un dono da approfondire sempre meglio, cioè la lieta notizia di un Dio che è Padre ed ama talmente l’umanità da offrire nel Figlio la vita e la salvezza ad ogni uomo e donna della storia. Ma l’anno 2015-2016 sarà davvero particolare per le nostre comunità, dato che nel 50° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, Papa Francesco ha voluto offrire alla Chiesa tutta un Anno Santo della Misericordia, perché “la Chiesa possa rendere più visibile la sua Missione”, cioè l’impegno (che era già proposto da Papa Giovanni XXIII quando volle indire il Concilio!) di vivere “usando la medicina della misericordia, piuttosto che imbracciare le armi del rigore”! Ecco allora l’invito ad iniziare l’anno pastorale con il mese dedicato alla missione, e a continuarlo impegnandoci sempre con forza ad essere “popolo di Misericordia”, cioè uomini e donne che sanno farsi compagni di viaggio di qualunque fratello e sorella, poveri come loro, ma uniti per accogliere il dono dell’Amore che libera il cuore. Solo con questa libertà potremo incarnare lo “stile dell’inclusione” e non più quello dell’esclusione dell’altro, potremo essere noi stessi ‘storia di salvezza’ per chi ci incontra! Vivere “dalla parte dei poveri” non sarà dunque solo uno sforzo della nostra volontà umana, ma la normale conseguenza di un cuore convertito dall’amore, di un cuore che ha ‘conosciuto’ e sperimentato che Cristo, il Vivente, è ‘dalla parte’ di ciascuno di noi! Vale la pena ricordare che nel 1926, l’Opera della Propagazione della Fede, su suggerimento del Circolo missionario del Seminario di Sassari, propose a Papa Pio XI di indire una giornata annuale in favore dell’attività missionaria della Chiesa universale. La richiesta venne accolta con favore e l’anno successivo (1927) fu celebrata la prima “Giornata Missionaria Mondiale per la propagazione della fede”, stabilendo che ciò avvenisse ogni penultima domenica di ottobre, tradizionalmente riconosciuto come mese missionario per eccellenza. In questo giorno i fedeli di tutti i continenti sono chiamati ad aprire il loro cuore alle esigenze spirituali della missione e ad impegnarsi con gesti concreti di solidarietà a sostegno di tutte le giovani Chiese. Vengono così sostenuti con le offerte della Giornata, progetti per consolidare la Chiesa mediante l’aiuto ai catechisti, ai seminari con la formazione del clero locale, e all’assistenza socio-sanitaria dell’infanzia. 26

Un caro saluto Come saprete il Mali, dove mi trovo ormai da quasi due anni, è un Paese in cui la popolazione è ad alta maggioranza musulmana . e abbraccio In questo periodo, nella nostra diocesi di Mopti, abbiamo vissuto due grandi avvenimenti : il giubileo d’oro con l’ordinazione di 5 nuovi sacerdoti, e la tradizionale festa dal Mali. annuale dell’ l’Aid Al Adha chiamata qui, come in tutta

l’Africa occidentale, “Tabaski”. Questi avvenimenti hanno fatto sì che i cristiani, i musulmani e gli animisti, si riunissero per preparare e celebrare insieme, nella pace, questi eventi. Il Mali infatti, come in tanti altri paese dell’Africa vive momenti forti di tensione per attacchi continui di jihadisti o gruppi similari che destabilizzano il Paese nonostante i tanti accordi di pace. L’occasione del giubileo d’oro della nostra diocesi di Mopti, a cui siamo giunti dopo una lunga preparazione spirituale, è stato un momento forte di conversione, di richiesta di perdono e di ringraziamento al Signore per il dono della fede, per i tanti benefici ricevuti e per rilanciare l’impegno missionario per la diffusione del Regno di Dio. È stata una festa celebrata e preparata non solo dai cristiani e ma anche dai musulmani - nostri fratelli in umanità – sempre molto grati per quanto la chiesa riesce ad operare in campo sociale e per la promozione umana della popolazione: scuole, ospedali e attività caritative; di promozione in favore dei più poveri, la riconciliazione e la pace nel Paese. È stato molto bello e motivo di gioia vivere questa forte collaborazione, sia nell’organizzare che nel celebrare la festa, tra cristiani e musulmani. L’Aid Al Adha è una festa musulmana molto popolare e ricorda la sottomissione di Abramo a Dio che gli aveva chiesto il sacrificio del figlio Ismaele. Dio vedendo la sua sottomissione, gli inviò un agnello da sacrificare al posto del figlio; per questo Abramo fu ritenuto dai musulmani il modello del credente (musulmano infatti vuol dire sottomesso a Dio). In questa occasione tutto il paese è in festa; le famiglie i cui membri sono sparsi in tutto il paese per motivi di lavoro si ricongiungono e la festività dura tre giorni. La gente si veste con i vestiti più belli e nuovi per recarsi alla moschea a pregare e poi si riunisce in famiglia per sgozzare l’agnello o montone che viene condiviso non solo tra i familiari ma anche tra amici. Anche noi Suore abbiamo avuto la gioia di condividere questa festa con i nostri collaboratori musulmani che ci hanno fatto gustare parte del loro agnello sacrificato. Queste festività hanno rafforzato e rafforzano sempre di più i legami di amicizia e di fraternità tra cristiani e musulmani e testimoniano al mondo che è possibile vivere insieme da fratelli in umanità, anche se di religione diversa, per collaborare alla costruzione di un mondo più fraterno e solidale. È con questi fratelli musulmani che anch’io cerco di coltivare un rapporto di amicizia, di accoglienza, di collaborazione per costruire insieme, nel nostro quartiere-villaggio, una società attenta e aperta ai più poveri per offrire loro la possibilità di una promozione umana. Ricordatemi nella vostra preghiera perché sia capace di offrire sempre la mia collaborazione per costruire comunione e pace con tutti i nostri fratelli in umanità. Con affetto vostra sr Erminia Corsi di formazione Nuovi stili di Animazione Corso per animatrici e animatori missionari Missione: fare, ma prima di tutto essere. Riscoperta della missione partendo dalla Sacra Scrittura. Nuovi stili di vita - Missione e mondialità Per un nuovo stile di vita sempre più in sintonia con il Vangelo Nuovi stili di viaggio - Estate in missione Per giovani dai 18 ai 35 anni informazioni: http://www.cmdbrescia.it/files/upload/Corsi_2015_.pdf 27


Visita alle famiglie delle tre parrocchie di Botticino

Misericordiae Vultus

PER UNA CHIESA IN USCITA

In occasione del 25° di Sacerdozio di don Oreste Ferrari, celebrato a Botticino Mattina all’inizio di luglio 2015, riportiamo questa poesia a lui dedicata. Tradotto dal testo antico della Bibbia la chiamata di Samuele

LA VOCASSIU DE ORESTE L’era nòt! L’era not fonda, e on temporal töt rabius èl fàa pisà la gronda. Sà sintia a mügià la al èn mès a ste baraonda ma par de sèntèr n’à us, ona us che ciama. Sbate pèr aria la prèponta e core da la me mama: M’het ciamat? So che! E Bigia töta straolta la m’ha respont: che fet èn pe? Turna a dormèr! Nüsü i t’ha ciamat. Vo in dèl lètt on po pèrplèss, ma ulte ma pirle…… sènte turna arghü che ciama ma l’è miga la me mama. Èn mès a ste gran rumur, èn mès al vènt de tramontana, go sintit la tò us signur. Sbate pèr aria la prèponta , salte ‘m pe mès èndormet, e t’ha responde töt contet: serchèt me? So pronto!! con affetto e gratitudine Avelino Busi , poeta da S.Gal 28

“Nell’impostazione pastorale delle parrocchie di Botticino è fondamentale l’impegno dell’essere -una Chiesa in uscita- ,cercando di trovare concretamente modalità per entrare nel tessuto della vita delle persone”. Queste parole sono state pubblicate nel Notiziario della Comunità prima della Pasqua del 2015 e riprese poi in una lettera del Parroco don Raffaele Licini che consegniamo alle famiglie che incontriamo nelle visite domiciliari. L’iniziativa è stata un’attenzione di Don Raffaele con lo scopo di essere una occasione e una opportunità di conoscenza, di vicinanza, di ascolto reciproco nel rispetto e nella discrezione da parte della comunità alle famiglie. La risposta da parte delle suore e di un gruppo di laici sensibili non si è fatta attendere e con generosità è stato avviato questo cammino, che appena iniziato rivela una grande ricchezza sia da parte delle famiglie che dimostrano accoglienza e desiderio di sentirsi partecipi della grande famiglia dell’Unità Pastorale delle tre parrocchie e sia da parte degli operatori pastorali che sperimentano la gioia di un annuncio evangelico in un contesto di concretezza domestica e nella vita quotidiana. La novità dell’inziativa è far scoprire il valore della famiglia come “chiesa domestica”, che è parte importante di una “chiesa missionaria” che va incontro alle gente, che fa strada insieme nell’unità e nella comunione con il Pastore delle nostre comunità. Lo stile degli operatori è nel segno dell’umiltà e della discrezione, fatta di ascolto delle situazioni, delle proposte, e accogliendo suggerimenti per una pastorale di qualità evangelica, attenta alle persone. A che punto siamo? Dopo questo buon inizio intrapreso da alcuni mesi, ma sarà un progetto che continuerà nel tempo, senza fretta e senza presunzioni personali. Nel tempo darà i suoi frutti. Affidiamo alla preghiera di tutti e alla intercessione di Sant’Arcangelo, Patrono della nostra Unità Pastorale e Patrono dei Parroci della nostra Diocesi di benedire e fecondare questo progetto con la sua assistenza e consolazione. sr. Mariaregina

BOLLA DI INDIZIONE DEL GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA

Ghislaine Howard «Il figliol prodigo»

“Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale; e dobbiamo fare questo cammino. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo specialmente per i confessori! Tanta misericordia! Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e volto vivo della misericordia del Padre. Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia. Sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ricevere misericordia, perché siamo peccatori, potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e ad ogni donna del nostro tempo. Non dimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre. Non ci stanchiamo di chiedere perdono. Affidiamo fin d’ora questo Anno alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul nostro cammino: il nostro cammino penitenziale, il nostro cammino con il cuore aperto, durante un anno, per ricevere l’indulgenza di Dio, per ricevere la misericordia di Dio. 29


FRANCESCO

VESCOVO  DI  ROMA SERVO  DEI  SERVI  DI  DIO A  QUANTI  LEGGERANNO QUESTA  LETTERA GRAZIA,  MISERICORDIA  E  PACE 1. Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, « ricco di misericordia » (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come « Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà » (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella « pienezza del tempo » (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona[1] rivela la misericordia di Dio. 2. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato. 3. Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti. L’Anno Santo si aprirà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sarà sempre più grande di ogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona. Nella festa dell’Immacolata Concezione avrò la gioia di aprire la Porta Santa. Sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza. La domenica successiva, la Terza di Avvento, si aprirà la Porta Santa nella Cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano. Successivamente, si aprirà la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica stabilisco che in ogni Chiesa particolare, nella Cattedrale che è la Chiesa Madre per tutti i fedeli, oppure nella Concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia. A scelta dell’Ordinario, essa potrà essere aperta anche nei Santuari, mete di tanti pellegrini, che in questi luoghi sacri spesso sono toccati nel cuore dalla grazia e trovano la via della conversione. Ogni Chiesa particolare, quindi, sarà direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale. Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa. 4. Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione 30

IL LOGO DEL GIUBILEO DELLA MISERICORDIA Misericordiosi come il Padre Il logo e il motto offrono insieme una sintesi felice dell’Anno giubilare. Nel motto Misericordiosi come il Padre (tratto dal Vangelo di Luca, 6,36) si propone di vivere la misericordia sull’esempio del Padre che chiede di non giudicare e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono senza misura (cfr. Lc 6,37-38). Il logo – opera del gesuita Padre Marko I. Rupnik – si presenta come una piccola summa teologica del tema della misericordia. Mostra, infatti, il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito, recuperando un’immagine molto cara alla Chiesa antica, perché indica l’amore di Cristo che porta a compimento il mistero della sua incarnazione con la redenzione. Il disegno è realizzato in modo tale da far emergere che il Buon Pastore tocca in profondità la carne dell’uomo, e lo fa con amore tale da cambiargli la vita. Un particolare, inoltre, non può sfuggire: il Buon Pastore con estrema misericordia carica su di sé l’umanità, ma i suoi occhi si confondono con quelli dell’uomo. Cristo vede con l’occhio di Adamo e questi con l’occhio di Cristo. Ogni uomo scopre così in Cristo, nuovo Adamo, la propria umanità e il futuro che lo attende, contemplando nel Suo sguardo l’amore del Padre. La scena si colloca all’interno della mandorla, anch’essa figura cara all’iconografia antica e medioevale che richiama la compresenza delle due nature, divina e umana, in Cristo. I tre ovali concentrici, di colore progressivamente più chiaro verso l’esterno, suggeriscono il movimento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. D’altra parte, la profondità del colore più scuro suggerisce anche l’imperscrutabilità dell’amore del Padre che tutto perdona.

del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre. Tornano alla mente le parole cariche di significato che san Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio per indicare il sentiero da seguire: « Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore … La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati ».[2] Sullo stesso orizzonte, si poneva anche il beato Paolo VI, che si esprimeva così a conclusione del Concilio: « Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano 31


moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette … Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità ».[3] Con questi sentimenti di gratitudine per quanto la Chiesa ha ricevuto e di responsabilità per il compito che ci attende, attraverseremo la Porta Santa con piena fiducia di essere accompagnati dalla forza del Signore Risorto che continua a sostenere il nostro pellegrinaggio. Lo Spirito Santo che conduce i passi dei credenti per cooperare all’opera di salvezza operata da Cristo, sia guida e sostegno del Popolo di Dio per aiutarlo a contemplare il volto della misericordia.[4] 5. L’Anno giubilare si concluderà nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo, il 20 novembre 2016. In quel giorno, chiudendo la Porta Santa avremo anzitutto sentimenti di gratitudine e di ringraziamento verso la SS. Trinità per averci concesso questo tempo straordinario di grazia. Affideremo la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo, perché effonda la sua misericordia come la rugiada del mattino per una feconda storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro. Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi. 6. « È proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza ».[5] Le parole di san Tommaso d’Aquino mostrano quanto la misericordia divina non sia affatto un segno di debolezza, ma piuttosto la qualità dell’onnipotenza di Dio. È per questo che la liturgia, in una delle collette più antiche, fa pregare dicendo: « O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono ».[6] Dio sarà per sempre nella storia dell’umanità come Colui che è presente, vicino, provvidente, santo e misericordioso. “Paziente e misericordioso” è il binomio che ricorre spesso nell’Antico Testamento per descrivere la natura di Dio. Il suo essere misericordioso trova riscontro concreto in tante azioni della storia della salvezza dove la sua bontà prevale sulla punizione e la distruzione. I Salmi, in modo particolare, fanno emergere questa grandezza dell’agire divino: « Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia » (103,3-4). In modo ancora più esplicito, un altro Salmo attesta i segni concreti della misericordia: « Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi » (146,7-9). E da ultimo, ecco altre espressioni del Salmista: « [Il Signore] risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. … Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi » (147,3.6). Insomma, la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono.

Prima della Passione Gesù ha pregato con questo Salmo della misericordia. Lo attesta l’evangelista Matteo quando dice che « dopo aver cantato l’inno » (26,30), Gesù con i discepoli uscirono verso il monte degli ulivi. Mentre Egli istituiva l’Eucaristia, quale memoriale perenne di Lui e della sua Pasqua, poneva simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesù viveva la sua passione e morte, cosciente del grande mistero di amore che si sarebbe compiuto sulla croce. Sapere che Gesù stesso ha pregato con questo Salmo, lo rende per noi cristiani ancora più importante e ci impegna ad assumerne il ritornello nella nostra quotidiana preghiera di lode: “Eterna è la sua misericordia”. 8. Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. « Dio è amore » (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione. Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro (cfr Mt 9,36). In forza di questo amore compassionevole guarì i malati che gli venivano presentati (cfr Mt 14,14), e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle (cfr Mt 15,37). Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero. Quando incontrò la vedova di Naim che portava il suo unico figlio al sepolcro, provò grande compassione per quel dolore immenso della madre in pianto, e le riconsegnò il figlio risuscitandolo dalla morte (cfr Lc 7,15). Dopo aver liberato l’indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: « Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te » (Mc 5,19). Anche la vocazione di Matteo è inserita nell’orizzonte della misericordia. Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici. San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo.[7] Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto. 9. Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia. Conosciamo queste parabole, tre in particolare: quelle della pecora smarrita e della moneta perduta, e quella del padre e i due figli (cfr Lc 15,1-32). In queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona. In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono.

7. “Eterna è la sua misericordia”: è il ritornello che viene riportato ad ogni versetto del Salmo 136 mentre si narra la storia della rivelazione di Dio. In forza della misericordia, tutte le vicende dell’antico testamento sono cariche di un profondo valore salvifico. La misericordia rende la storia di Dio con Israele una storia di salvezza. Ripetere continuamente: “Eterna è la sua misericordia”, come fa il Salmo, sembra voler spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero eterno dell’amore. È come se si volesse dire che non solo nella storia, ma per l’eternità l’uomo sarà sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre. Non è un caso che il popolo di Israele abbia voluto inserire questo Salmo, il “Grande hallel” come viene chiamato, nelle feste liturgiche più importanti. 32

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Da un’altra parabola, inoltre, ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cristiano. Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesù rispose: « Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette » (Mt 18,22), e raccontò la parabola del “servo spietato”. Costui, chiamato dal padrone a restituire una grande somma, lo supplica in ginocchio e il padrone gli condona il debito. Ma subito dopo incontra un altro servo come lui che gli era debitore di pochi centesimi, il quale lo supplica in ginocchio di avere pietà, ma lui si rifiuta e lo fa imprigionare. Allora il padrone, venuto a conoscenza del fatto, si adira molto e richiamato quel servo gli dice: « Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? » (Mt 18,33). E Gesù concluse: « Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello » (Mt 18,35). La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesù afferma che la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: « Non tramonti il sole sopra la vostra ira » (Ef 4,26). E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: « Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » (Mt 5,7) è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo. Come si nota, la misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri. 10. L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa « vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia ».[8] Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che que-

sta è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza. 11. Non possiamo dimenticare il grande insegnamento che san Giovanni Paolo II ha offerto con la sua seconda Enciclica Dives in misericordia, che all’epoca giunse inaspettata e colse molti di sorpresa per il tema che veniva affrontato. Due espressioni in particolare desidero ricordare. Anzitutto, il santo Papa rilevava la dimenticanza del tema della misericordia nella cultura dei nostri giorni: « La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (cfr Gen 1,28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia … Ed è per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio ».[9] Inoltre, san Giovanni Paolo II così motivava l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo: « Essa è dettata dall’amore verso l’uomo, verso tutto ciò che è umano e che, secondo l’intuizione di gran parte dei contemporanei, è minacciato da un pericolo immenso. Il mistero di Cristo … mi obbliga a proclamare la misericordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo. Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo ».[10] Tale suo insegnamento è più che mai attuale e merita di essere ripreso in questo Anno Santo. Accogliamo nuovamente le sue parole: « La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice ».[11] 12. La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre. La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia. 13. Vogliamo vivere questo Anno Giubilare alla luce della parola del Signore: Misericordiosi come il Padre. L’evangelista riporta l’insegnamento di Gesù che dice: « Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso » (Lc 6,36). È un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace. L’imperativo di Gesù è rivolto a quanti ascoltano la sua voce (cfr Lc 6,27). Per essere capaci di misericordia, quindi, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio. Ciò significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta. In questo modo è possibile contemplare la misericordia di Dio e assumerlo come proprio stile di vita.

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14. Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata. Anche per raggiungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio. Esso sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi. Il Signore Gesù indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui è possibile raggiungere questa meta: « Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio » (Lc 6,37-38). Dice anzitutto di non giudicare e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’intimo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio. Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimità. Misericordiosi come il Padre, dunque, è il “motto” dell’Anno Santo. Nella misericordia abbiamo la prova di come Dio ama. Egli dà tutto se stesso, per sempre, gratuitamente, e senza nulla chiedere in cambio. Viene in nostro aiuto quando lo invochiamo. È bello che la preghiera quotidiana della Chiesa inizi con queste parole: « O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto » (Sal 70,2). L’aiuto che invochiamo è già il primo passo della misericordia di Dio verso di noi. Egli viene a salvarci dalla condizione di debolezza in cui viviamo. E il suo aiuto consiste nel farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza. Giorno per giorno, toccati dalla sua compassione, possiamo anche noi diventare compassionevoli verso tutti. 15. In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo. È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero 36

(cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “più piccoli” è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: « Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore ».[12] 16. Nel Vangelo di Luca troviamo un altro aspetto importante per vivere con fede il Giubileo. Racconta l’evangelista che Gesù, un sabato, ritornò a Nazaret e, come era solito fare, entrò nella Sinagoga. Lo chiamarono a leggere la Scrittura e commentarla. Il passo era quello del profeta Isaia dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di misericordia del Signore » (61,1-2). “Un anno di misericordia”: è questo quanto viene annunciato dal Signore e che noi desideriamo vivere. Questo Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati. La predicazione di Gesù si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani è chiamata ad offrire. Ci accompagnino le parole dell’Apostolo: « Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia » (Rm 12,8). 17. La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio. Quante pagine della Sacra Scrittura possono essere meditate nelle settimane della Quaresima per riscoprire il volto misericordioso del Padre! Con le parole del profeta Michea possiamo anche noi ripetere: Tu, o Signore, sei un Dio che toglie l’iniquità e perdona il peccato, che non serbi per sempre la tua ira, ma ti compiaci di usare misericordia. Tu, Signore, ritornerai a noi e avrai pietà del tuo popolo. Calpesterai le nostre colpe e getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati (cfr 7,18-19). Le pagine del profeta Isaia potranno essere meditate più concretamente in questo tempo di preghiera, digiuno e carità: « Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere

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le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono » (58,6-11). L’iniziativa “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel venerdì e sabato che precedono la IV domenica di Quaresima, è da incrementare nelle Diocesi. Tante persone si stanno riavvicinando al sacramento della Riconciliazione e tra questi molti giovani, che in tale esperienza ritrovano spesso il cammino per ritornare al Signore, per vivere un momento di intensa preghiera e riscoprire il senso della propria vita. Poniamo di nuovo al centro con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia. Sarà per ogni penitente fonte di vera pace interiore. Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si improvvisa confessori. Lo si diventa quando, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. Non dimentichiamo mai che essere confessori significa partecipare della stessa missione di Gesù ed essere segno concreto della continuità di un amore divino che perdona e che salva. Ognuno di noi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo per il perdono dei peccati, di questo siamo responsabili. Nessuno di noi è padrone del Sacramento, ma un fedele servitore del perdono di Dio. Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia per averlo ritrovato. Non si stancheranno di andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire, per spiegargli che il suo giudizio severo è ingiusto, e non ha senso dinanzi alla misericordia del Padre che non ha confini. Non porranno domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discorso preparato dal figlio prodigo, perché sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono. Insomma, i confessori sono chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia. 18. Nella Quaresima di questo Anno Santo ho l’intenzione di inviare i Missionari della Misericordia. Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede. Saranno sacerdoti a cui darò l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattutto, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono. Saranno dei missionari della misericordia perché si faranno artefici presso tutti di un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo. Si lasceranno condurre nella loro missione dalle parole dell’Apostolo: « Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti » (Rm 11,32). Tutti infatti, nessuno escluso, sono chiamati a cogliere l’appello alla misericordia. I missionari vivano questa chiamata sapendo di poter fissare lo sguardo su Gesù, « sommo sacerdote misericordioso e degno di fede » (Eb 2,17). Chiedo ai confratelli Vescovi di invitare e di accogliere questi Missionari, perché siano anzitutto predicatori convincenti della misericordia. Si organizzino nelle Diocesi delle “missioni al popolo”, in modo che questi Missionari siano annunciatori della gioia del perdono. Si chieda loro di celebrare il sacramento della Riconciliazione per il popolo, perché il tempo di grazia donato nell’Anno Giubilare permetta a tanti figli lontani di ritrovare il cammino verso la casa paterna. I Pastori, specialmente durante il tempo forte della Quaresima, siano solleciti nel richiamare i fedeli ad accostarsi « al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia » (Eb 4,16). 19. La parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente. Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta 38

di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire. Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Corruptio optimi pessima, diceva con ragione san Gregorio Magno, per indicare che nessuno può sentirsi immune da questa tentazione. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza. Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia. 20. Non sarà inutile in questo contesto richiamare al rapporto tra giustizia e misericordia. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore. La giustizia è un concetto fondamentale per la società civile quando, normalmente, si fa riferimento a un ordine giuridico attraverso il quale si applica la legge. Per giustizia si intende anche che a ciascuno deve essere dato ciò che gli è dovuto. Nella Bibbia, molte volte si fa riferimento alla giustizia divina e a Dio come giudice. La si intende di solito come l’osservanza integrale della Legge e il comportamento di ogni buon israelita conforme ai comandamenti dati da Dio. Questa visione, tuttavia, ha portato non poche volte a cadere nel legalismo, mistificando il senso originario e oscurando il valore profondo che la giustizia possiede. Per superare la prospettiva legalista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia è concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volontà di Dio. Da parte sua, Gesù parla più volte dell’importanza della fede, piuttosto che dell’osservanza della legge. È in questo senso che dobbiamo comprendere le sue parole quando, trovandosi a tavola con Matteo e altri pubblicani e peccatori, dice ai farisei che lo contestavano: « Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Mt 9,13). Davanti alla visione di una giustizia come mera osservanza della legge, che giudica dividendo le persone in giusti e peccatori, Gesù punta a mostrare il grande dono della misericordia che ricerca i peccatori per offrire loro il perdono e la salvezza. Si comprende perché, a causa di questa sua visione così liberatrice e fonte di rinnovamento, Gesù sia stato rifiutato dai farisei e dai dottori della legge. Questi per essere fedeli alla legge ponevano solo pesi sulle spalle delle persone, vanificando però la misericordia del Padre. Il richiamo all’osservanza della legge non può ostacolare l’attenzione per le necessità che toccano la dignità delle persone. Il richiamo che Gesù fa al testo del profeta Osea – « voglio l’amore e non il sacrificio » (6,6) – è molto significativo in proposito. Gesù afferma che d’ora in avanti la regola di vita dei suoi discepoli dovrà essere quella che prevede il primato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La misericordia, ancora una volta, viene rivelata come dimensione fondamentale della missione di Gesù. Essa è una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermavano al rispetto formale della legge. Gesù, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia. 39


Anche l’apostolo Paolo ha fatto un percorso simile. Prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco, la sua vita era dedicata a perseguire in maniera irreprensibile la giustizia della legge (cfr Fil 3,6). La conversione a Cristo lo portò a ribaltare la sua visione, a tal punto che nella Lettera ai Galati afferma: « Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge » (2,16). La sua comprensione della giustizia cambia radicalmente. Paolo ora pone al primo posto la fede e non più la legge. Non è l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione porta la salvezza con la misericordia che giustifica. La giustizia di Dio diventa adesso la liberazione per quanti sono oppressi dalla schiavitù del peccato e di tutte le sue conseguenze. La giustizia di Dio è il suo perdono (cfr Sal 51,11-16). 21. La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere. L’esperienza del profeta Osea ci viene in aiuto per mostrarci il superamento della giustizia nella direzione della misericordia. L’epoca di questo profeta è tra le più drammatiche della storia del popolo ebraico. Il Regno è vicino alla distruzione; il popolo non è rimasto fedele all’alleanza, si è allontanato da Dio e ha perso la fede dei Padri. Secondo una logica umana, è giusto che Dio pensi di rifiutare il popolo infedele: non ha osservato il patto stipulato e quindi merita la dovuta pena, cioè l’esilio. Le parole del profeta lo attestano: « Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi » (Os 11,5). Eppure, dopo questa reazione che si richiama alla giustizia, il profeta modifica radicalmente il suo linguaggio e rivela il vero volto di Dio: « Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira » (11,8-9). Sant’Agostino, quasi a commentare le parole del profeta dice: « È più facile che Dio trattenga l’ira più che la misericordia ».[13] È proprio così. L’ira di Dio dura un istante, mentre la sua misericordia dura in eterno. Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono. Ciò non significa svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del perdono. Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia. Dobbiamo prestare molta attenzione a quanto scrive Paolo per non cadere nello stesso errore che l’Apostolo rimproverava ai Giudei suoi contemporanei: « Ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede » (Rm 10,3-4). Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo. La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova.

22. Il Giubileo porta con sé anche il riferimento all’indulgenza. Nell’Anno Santo della Misericordia essa acquista un rilievo particolare. Il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini. Nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, Dio rende evidente questo suo amore che giunge fino a distruggere il peccato degli uomini. Lasciarsi riconciliare con Dio è possibile attraverso il mistero pasquale e la mediazione della Chiesa. Dio quindi è sempre disponibile al perdono e non si stanca mai di offrirlo in maniera sempre nuova e inaspettata. Noi tutti, tuttavia, facciamo esperienza del peccato. Sappiamo di essere chiamati alla perfezione (cfr Mt 5,48), ma sentiamo forte il peso del peccato. Mentre percepiamo la potenza della grazia che ci trasforma, sperimentiamo anche la forza del peccato che ci condiziona. Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità, a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato. La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che è dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero è incalcolabile (cfr Ap 7,4). La loro santità viene in aiuto alla nostra fragilità, e così la Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santità di altri. Vivere dunque l’indulgenza nell’Anno Santo significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perché il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l’amore di Dio. Viviamo intensamente il Giubileo chiedendo al Padre il perdono dei peccati e l’estensione della sua indulgenza misericordiosa. 23. La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio. Israele per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchezza incommensurabile da offrire all’intera umanità. Come abbiamo visto, le pagine dell’Antico Testamento sono intrise di misericordia, perché narrano le opere che il Signore ha compiuto a favore del suo popolo nei momenti più difficili della sua storia. L’Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia nella loro quotidiana debolezza. Anch’essi credono che nessuno può limitare la misericordia divina perché le sue porte sono sempre aperte. Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione. 24. Il pensiero ora si volge alla Madre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore. Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria è stata da sempre preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha custodito nel suo cuore la divina misericordia in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesù. Il suo canto di lode, sulla soglia della casa di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende « di generazione in generazione » (Lc 1,50). Anche noi eravamo presenti in quelle parole profetiche della Vergine Maria. Questo ci sarà di conforto e di sostegno mentre attraverseremo la Porta Santa per sperimentare i frutti della misericordia divina. Presso la croce, Maria insieme a Giovanni, il discepolo dell’amore, è testimone delle parole di perdono che escono dalle labbra di Gesù. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove può arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a lei

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la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù. La nostra preghiera si estenda anche ai tanti Santi e Beati che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita. In particolare il pensiero è rivolto alla grande apostola della misericordia, santa Faustina Kowalska. Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondità della divina misericordia, interceda per noi e ci ottenga di vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore. 25. Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita. La Chiesa sente in maniera forte l’urgenza di annunciare la misericordia di Dio. La sua vita è autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Essa sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo. La Chiesa è chiamata per prima ad essere testimone veritiera della misericordia professandola e vivendola come il centro della Rivelazione di Gesù Cristo. Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia. Questa fonte non potrà mai esaurirsi, per quanti siano quelli che vi si accostano. Ogni volta che ognuno ne avrà bisogno, potrà accedere ad essa, perché la misericordia di Dio è senza fine. Tanto è imperscrutabile la profondità del mistero che racchiude, tanto è inesauribile la ricchezza che da essa proviene. In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: « Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre » (Sal 25,6). Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 aprile, Vigilia della II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, dell’Anno del Signore 2015, terzo di pontificato. Franciscus [1] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 4. [2] Discorso di apertura del Conc. Ecum. Vat. II, Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre 1962, 2-3. [3] Allocuzione nell’ultima sessione pubblica, 7 dicembre 1965. [4] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 16; Cost. past. Gaudium et spes, 15. [5] Tommaso D’aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, a. 4. [6] XXVI Domenica del Tempo Ordinario. Questa colletta appare già, nell’VIII secolo, tra i testi eucologici del Sacramentario Gelasiano (1198). [7] Cfr Om. 21: CCL 122, 149-151. [8] Esort. ap. Evangelii gaudium, 24. [9] N. 2. [10] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dives in misericordia,15. [11] Ibid., 13. [12] Parole di luce e di amore, 57. [13] Enarr. in Ps. 76, 11.

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FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERA Philadelphia, Sabato, 26 settembre 2015

Difendiamo la famiglia, lì si gioca il nostro futuro Curiamo, difendiamo la famiglia perché lì si gioca il nostro futuro. Così il Papa alla grande festa delle famiglie nel Meeting Mondiale di Philadelphia e nella Veglia di preghiera. Per Francesco la famiglia è fabbrica di speranza, di vita e di resurrezione perché voluta da Dio. “Senza la cura di bambini e nonni” – dice – non c’è forza e memoria. Migliaia le persone presenti che hanno acclamato il Pontefice lungo tutto il tragitto che lo ha portato dal Seminario San Carlo Borromeo fino al grande palco del Benjamin Franklin Parkway. Una festa dello spirito immersa nella musica, colori, balli e testimonianze. Il calore, l’amore, la gioia delle famiglie di tutto il mondo si sono riflessi nella commozione e nei sorrisi del Papa che ha ascoltato e pregato anche attraverso la vita di uomini e donne guidati dalla fede.

Cari fratelli e sorelle, care famiglie! Grazie a coloro che hanno dato testimonianza. Grazie a coloro che ci hanno rallegrato con l’arte, con la bellezza, che la via per arrivare a Dio. La bellezza ci porta a Dio. E una testimonianza vera ci porta a Dio perché Dio è anche la verità. E’ la bellezza ed è la verità. E una testimonianza data come servizio è buona, ci rende buoni, perché Dio è bontà. Ci porta a Dio. Tutto ciò che è buono, vero e bello ci porta a Dio. Perché Dio è buono, Dio è bello, Dio è verità. Grazie a tutti. A quelli che ci hanno dato un messaggio qui e alla vostra presenza, che pure è una testimonianza. Una vera testimonianza che vale la pena la vita in famiglia. Che una società cresce forte, cresce buona, cresce bella e cresce vera se si edifica sulla base della famiglia.

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FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERA Philadelphia, Sabato, 26 settembre 2015

Una volta, un bambino mi ha chiesto – voi sapete che i bambini chiedono cose difficili – mi ha chiesto: “Padre, che cosa faceva Dio prima di creare il mondo?”. Vi assicuro che ho fatto fatica a rispondere. E gli ho detto quello che dico adesso a voi: prima di creare il mondo Dio amava, perché Dio è amore; ma era tale l’amore che aveva in sé stesso, l’amore tra il Padre e il Figlio, nello Spirito Santo, era così grande, così traboccante – questo non so se è molto teologico, ma potete capirlo – era così grande che non poteva essere egoista; doveva uscire da sé stesso per avere qualcuno da amare fuori di sé. E allora Dio ha creato il mondo. Allora Dio ha creato questa meraviglia in cui viviamo; e che, dato che siamo un po’ stupidi, stiamo distruggendo. Ma la cosa più bella che ha fatto Dio – dice la Bibbia – è la famiglia. Ha creato l’uomo e la donna. E ha affidato loro tutto. Ha consegnato loro il mondo: “Crescete, moltiplicatevi, coltivate la terra, fatela produrre, fatela crescere”. Tutto l’amore che ha realizzato in questa creazione meravigliosa l’ha affidato a una famiglia. Torniamo un po’ indietro. Tutto l’amore che Dio ha in sé, tutta la bellezza che Dio ha in sé, tutta la verità che Dio ha in sé, la consegna alla famiglia. E una famiglia è veramente famiglia quando è capace di aprire le braccia e accogliere tutto questo amore. Certamente il paradiso terrestre non sta più qui, la vita ha i suoi problemi, gli uomini, per l’astuzia del demonio, hanno imparato a dividersi. E tutto quell’amore che Dio ci ha dato, quasi si perde. E in poco tempo, al primo crimine, al primo fratricidio. Un fratello uccide l’altro

fratello: la guerra. L’amore, la bellezza e la verità di Dio, e la distruzione della guerra. E tra queste due posizioni camminiamo noi oggi. Sta a noi scegliere, sta a noi decidere la strada da seguire. Ma torniamo indietro. Quando l’uomo e sua moglie hanno sbagliato e si sono allontanati da Dio, Dio non li ha lasciati soli. Tanto era l’amore. Tanto era l’amore che ha incominciato a camminare con l’umanità, ha incominciato a camminare con il suo popolo, finché giunse il momento maturo e diede il segno più grande del suo amore: il suo Figlio. E suo Figlio dove lo ha mandato? In un palazzo? In una città? A fare un’impresa? L’ha mandato in una famiglia. Dio è entrato nel mondo in una famiglia. E ha potuto farlo perché quella famiglia era una famiglia che aveva il cuore aperto all’amore, aveva le porta aperte. Pensiamo a Maria ragazza. Non poteva crederci: “Come può accadere questo?”. E quando le spiegarono, obbedì. Pensiamo a Giuseppe, pieno di aspettative di formare una famiglia, e si trova con questa sorpresa che non capisce. Accetta, obbedisce. E nell’obbedienza d’amore di questa donna, Maria, e di quest’uomo, Giuseppe, si forma una famiglia in cui viene Dio. Dio bussa sempre alle porte dei cuori. Gli piace farlo. Gli viene da dentro. Ma sapete quello che gli piace di più? Bussare alle porte delle famiglie. E trovare le famiglie unite, trovare le famiglie che si vogliono bene, trovare le famiglie che fanno crescere i figli e li educano, e che li portano avanti, e che creano una società di bontà, di verità e di bellezza.

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FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERA Philadelphia, Sabato, 26 settembre 2015 Siamo alla festa delle famiglie. La famiglia ha la carta di cittadinanza divina. E’ chiaro? La carta di cittadinanza che ha la famiglia l’ha data Dio perché nel suo seno crescessero sempre più la verità, l’amore e la bellezza. Certo, qualcuno di voi mi può dire: “Padre, Lei parla così perché non è sposato. In famiglia ci sono difficoltà. Nelle famiglie discutiamo. Nelle famiglie a volte volano i piatti. Nelle famiglie i figli fanno venire il mal di testa. Non parliamo delle suocere…”. Nelle famiglie sempre, sempre c’è la croce. Sempre. Perché l’amore di Dio, il Figlio di Dio ci ha aperto anche questa via. Ma nelle famiglie, dopo la croce, c’è anche la risurrezione, perché il Figlio di Dio ci ha aperto questa via. Per questo la famiglia è – scusate il termine – una fabbrica di speranza, di speranza di vita e di risurrezione, perché è Dio che ha aperto questa via. E i figli, i figli fanno da fare. Noi come figli abbiamo dato da fare. A volte, a casa, vedo alcuni dei miei collaboratori che vengono a lavorare con le occhiaie. Hanno un bimbo di un mese, due mesi. E gli domando: “Non hai dormito?” - “No, ha pianto tutta notte”. In famiglia ci sono le difficoltà. Ma queste difficoltà si superano con l’amore. L’odio non supera nessuna difficoltà. La divisione dei cuori non supera nessuna difficoltà. Solo l’amore è capace di superare la difficoltà. L’amore è festa, l’amore è gioia, l’amore è andare avanti. E non voglio continuare a parlare perché si fa troppo tardi, ma vorrei sottolineare due piccoli punti sulla famiglia, sui quali vorrei che si avesse una cura speciale; non solo vorrei, dobbiamo avere una cura speciale: i bambini e i nonni. I bambini e i giovani sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza. I nonni sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno dato la fede, ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore, non so se più grande, ma direi più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e un popolo che

non sa prendersi cura dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti. Dunque, la famiglia è bella, ma costa, dà problemi. Nella famiglia a volte ci sono ostilità. Il marito litiga con la moglie, o si guardano male, o i figli con il padre… Vi do un consiglio: non finite mai la giornata senza fare pace in famiglia. In una famiglia non si può finire la giornata in guerra. Dio vi benedica. Dio vi dia le forze, Dio vi dia il coraggio per andare avanti. Prendiamoci cura della famiglia. Difendiamo la famiglia perché lì si gioca il nostro futuro. Grazie! Dio vi benedica e pregate per me. Per favore.

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FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERA Philadelphia, Sabato, 26 settembre 2015 E così da tempi immemorabili, nel profondo del cuore, ascoltiamo quelle parole che toccano fortemente la nostra interiorità: non è bene che tu sia solo. La famiglia è il grande dono, il gran regalo di questo “Dio Voglio ringraziare prima di tutto le famiglie che han- con noi” che non ha voluto abbandonarci alla solitudino avuto il coraggio di condividere con noi la loro vita. ne di vivere senza nessuno, senza sfide, senza dimora. Grazie per la vostra testimonianza! E’ sempre un regalo poter ascoltare le famiglie condividere le loro espeDio non sogna solamente, ma cerca di fare tutto rienze di vita; tocca il cuore. Sentiamo che ci parlano di “con noi”. Il sogno di Dio continua a realizzarsi nei sogni cose veramente personali e uniche, ma che in una certa di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro misura ci riguardano tutti. Ascoltando le loro esperien- vita una famiglia. ze possiamo sentirci coinvolti, interpretati come coniugi, come genitori, come figli, fratelli, nonni. Mentre le Per questo la famiglia è il simbolo vivo del progetto ascoltavo pensavo a quanto è importante condividere d’amore che un giorno il Padre ha sognato. Voler forla vita delle nostre case e aiutarci a crescere in questo mare una famiglia è avere il coraggio di far parte del compito bello e impegnativo di “essere famiglia”. sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui queEssere con voi mi fa pensare ad uno dei misteri sta storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta più belli del cristianesimo. Dio non ha voluto venire solo, che nessuno si senta superfluo o senza un posto. al mondo se non mediante una famiglia. Dio non ha voluto avvicinarsi all’umanità se non per mezzo di una Noi cristiani ammiriamo la bellezza e ogni momencasa. Dio non ha voluto per sé un altro nome che “Em- to familiare come il luogo dove, in modo graduale, manuel” (cfr Mt 1,23), è il Dio con noi. E questo è stato impariamo il significato e il valore delle relazioni umafin dall’inizio il suo sogno, la sua ricerca, la sua lotta ne. Impariamo che amare qualcuno non è soltanto un instancabile per dirci: “Io sono il Dio con voi, il Dio per sentimento potente, è una decisione, un giudizio, una voi”. E’ il Dio che fin dal principio della creazione disse: promessa (cfr E. Fromm, L’arte di amare). Impariamo a «Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18) e noi pos- spenderci per qualcuno e che ne vale la pena. siamo proseguire dicendo: non è bene che la donna sia sola, non è bene che il bambino, l’anziano, il giovane, Gesù non è stato uno “scapolone”, tutto il contrasiano soli; non è bene. Per questo, l’uomo lascerà suo rio. Egli ha sposato la Chiesa, l’ha fatta suo popolo. Si è padre e sua madre, si unirà a sua moglie e i due saran- speso per quelli che ama dando tutto sé stesso perché no una sola carne (cfr Gen 2,24). I due saranno una la sua sposa, la Chiesa, potesse sempre sperimentare sola dimora, una famiglia. che Lui è il Dio con noi, con il suo popolo, con la sua famiglia. Non possiamo comprendere Cristo senza la sua Chiesa, come non possiamo comprendere la Chiesa senza il suo sposo, Cristo Gesù, che si è donato per amore e ci ha mostrato che vale la pena farlo. Cari fratelli e sorelle, Care famiglie!

Spendersi per amore, non è di per sé una cosa facile. Come è stato per il Maestro, ci sono momenti in cui questo “spendersi” passa attraverso situazioni di croce. Momenti in cui sembra che tutto diventi difficile. Penso a tanti genitori, tante famiglia a cui manca il lavoro, o hanno un lavoro senza diritti che diventa un vero calvario. Quanto sacrificio per procurarsi il pane quotidiano. Ovviamente, questi genitori, quando tornano a casa non possono dare il meglio di sé ai loro figli per la stanchezza che si portano addosso. 46

FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERA Philadelphia, Sabato, 26 settembre 2015 Penso a tante famiglie che non hanno un tetto sotto cui ripararsi, o vivono in situazioni di affollamento; che non possiedono il minimo per poter stabilire legami di intimità, di sicurezza, di protezione di fronte a tanti tipi di avversità. Penso a tante famiglie che non possono accedere ai servizi sanitari di base. Che davanti a problemi di salute, specialmente dei bambini o degli anziani, dipendono da un sistema che non li tratta con serietà trascurando il dolore e sottoponendo queste famiglie a grandi sacrifici per poter rispondere ai propri problemi sanitari. Non possiamo pensare a una società sana che non dia spazio concreto alla vita familiare. Non possiamo pensare al futuro di una società che non trovi una legislazione capace di difendere e assicurare le condizioni minime e necessarie perché le famiglie, specialmente quelle che stanno incominciando, possano svilupparsi. Quanti problemi si risolveranno se le nostre società proteggeranno il nucleo familiare e assicureranno che esso, in particolare quello dei giovani sposi, abbia la possibilità di un lavoro dignitoso, un’abitazione sicura, un servizio sanitario che accompagni la crescita della famiglia in tutte le fasi della vita. Il sogno di Dio continua irrevocabile, continua intatto e ci invita a lavorare, ad impegnarci in favore di una società pro familia. Una società dove “il pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo” continui ad essere offerto in ogni casa alimentando la speranza dei suoi figli.

cano di non fare dei conflitti l’ultima parola, ma un’opportunità. Opportunità per chiedere aiuto, opportunità per chiedersi in che cosa dobbiamo migliorare, opportunità per scoprire il Dio-con-noi che mai ci abbandona. Questo è un grande lascito che possiamo dare ai nostri figli, un ottimo insegnamento: noi sbagliamo, sì; abbiamo problemi, sì; però sappiamo che queste cose non sono la realtà definitiva. Sappiamo che gli errori, i problemi, i conflitti sono un’opportunità per avvicinarsi agli altri, a Dio. Questa sera siamo radunatI per pregare, per farlo in famiglia, per fare delle nostre famiglie il volto sorridente della Chiesa. Per incontrarci con il Dio che non ha voluto altra forma per venire al mondo che non fosse per mezzo di una famiglia. Per incontrarci con il Dio con noi, il Dio che sta sempre in mezzo a noi.

Aiutiamoci affinché questo “spendersi per amore” continui ad essere possibile. Aiutiamoci gli uni gli altri, nei momenti di difficoltà, ad alleviare il peso. Facciamo in modo di essere gli uni sostegno degli altri, le famiglie sostegno di altre famiglie. Non esistono famiglie perfette e questo non ci deve scoraggiare. Al contrario, l’amore si impara, l’amore si vive, l’amore cresce “lavorandolo” secondo le circostanze della vita che ogni famiglia concreta attraversa. L’amore nasce e si sviluppa sempre tra luci e ombre. L’amore è possibile in uomini e donne concreti che cer47


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QUATTRO EVENTI E UN UNICO ATTORE: L’AMORE DI DIO ABITA E TRASFORMA L’AMORE UMANO Incontro mondiale delle famiglie – Sinodo ordinario – Firenze 2015 – Anno della Misericordia tari: la persona, la famiglia e la Chiesa. Ancora una volta il mirabile piano di Dio su ogni essere umano e la sua esistenza per noi hanno bisogno di annuncio rinnovato, testimonianza viva e forza educativa. Nel segno sacramentale del corpo di ogni persona, creato come maschio e come femmina, si trovano le tracce dell’immagine di Dio, come chiamata alla comunione piena e alla fecondità generosa. Le confusioni dei nostri giorni e il modo dispersivo di vivere rendono necessario riascoltare l’annuncio evangelico sul matrimonio, sulla famiglia e sull’accoglienza delle molteplici fragilità umane. Come non ascoltare ancora una volta le sapienti parole di San Giovanni Paolo II nella sua prima Lettera Enciclica, progamma del suo pontificato e vero patrimonio per l’umanità: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non L’amore è la nostra missione s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”(RH, 10). L’Incontro Mondiale delle famiglie a Philadelphia (dal 22 al 27 settembre) è un evento di carattere universale, ospitato dalla Chiesa locale nord americana e promosLa vocazione so dalla Santa Sede attraverso il Pontificio Consiglio per e la missione della famiglia la Famiglia. Come si capisce dal titolo, il tema scelto è di carattere fondativo e si staglia in tre ambiti complemenDal 4 al 25 ottobre, a Roma, verrà celebrato il tanto

Ci troviamo costantemente immersi in un flusso di Grazia sovrabbondante, che però nei mesi compresi tra settembre e dicembre 2015 si esprimerà in eventi eccezionali per la vita della Chiesa, nonché per ogni persona attenta alla ricerca del vero bene nella giustizia e nella pace. Per accenno li voglio presentare, così da offrire quasi una bussola per orientarsi tra le molte proposte, un faro per non perdersi nella complessità quotidiana, un calendario così da sapersi preparare al meglio. Il tema generale che lega tutti gli eventi è l’annuncio rinnovato e la testimonianza fedele dell’amore di Dio, espresso in sovrabbondanza in Gesù, capace di trasformare e dare pienezza all’amore umano, il quale trova la sua cifra più significativa nell’incontro tra un uomo e una donna nel matrimonio.

atteso Sinodo Ordinario per la famiglia, che, facendo tesoro di tutto il lavoro della precedente Assise dell’ottobre 2014, cercherà di ridire e rinvigorire nella Chiesa la vita coniugale, familiare e comunitaria. Il titolo anche qui è già molto evocativo e vuole immergersi alle sorgenti dell’umanità così come l’ha voluta il

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Creatore e come l’ha redenta Gesù Salvatore. E’ chiaro che trattare della vocazione e missione della famiglia oggi, significa anche guardare all’identità e allo scopo di vita di ciascuno, ma soprattutto dell’intera Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato con autorevolezza che la famiglia fondata sul sacramento del matrimonio ha un rapporto strettissimo con l’intero corpo ecclesiale, tanto da qualificarla come “chiesa domestica”. Il tenore del Sinodo voluto da Papa Francesco sarà rilevante nelle decisioni pastorali, attento all’ascolto di ogni situazione di fragilità e soprattutto desideroso di far incontrare l’amore coniugale, familiare, con il Vangelo di Gesù. In quest’ultimo anno ci sono state molte riflessioni, provacazioni e stimoli di testimonianza: ora è il momento della preghiera di sostegno ai Padri sinodali e poi della paziente messa in opera delle sapienti indicazioni che verranno fornite a tutta la Chiesa universale.

In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo Il Convegno ecclesiale di Firenze 2015, posto come di consueto a metà del decennio del cammino della Chiesa italiana, intende affrontare direttamente il cuore delle sfide odierne all’umanità: il significato e il valore della vita umana, nella sua radicale impronta relazionale e nella imprescindibile differenza (uomo – donna). Nella cultura contemporanea, in cui la Chiesa è chiamata a vivere e a diffondere il Vangelo del Risorto, sono apparsi numerosi modi di intendere la persona umana, sia nella comprensione del significato del suo essere più profondo, che nel modo di interpretare l’esistenza per se stessi e con gli altri. Firenze 2015 non sarà l’ennesimo Convegno per gli addetti ai lavori, come antropologi o teologi, ma verrà vissuto partendo dalle situazioni concrete di testimonianza, per approfondire poi come si possa rinnovare l’annuncio dell’uomo nuovo in Cristo. La traccia preparatoria ha sintetizzato in cinque verbi (cinque azioni evangeliche) il cammino da compiere da parte di ogni fedele e dell’intera Chiesa italiana: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. L’auspicio è che si riesca a raccogliere la ricchezza che sicuramente uscirà da questo Convegno e ad immetterla nel circuito della pastorale locale, ordinaria, nonché nella vita della singole famiglie.

Dio Buon pastore che ha cura di ogni pecorella, rincorrendo con passione soprattutto quelle più sole, lontane e ferite. In Gesù la misericordia e la tenerezza di Dio si sono stabilite per sempre sulla terra, dentro “Retrouvaille” propone weekend ogni essere per coniugi che vivono un momenumano, per to di difficoltà, di grave crisi, che confortare le pensano alla separazione o sono già separati ma desiderano ritrovare tante fragise stessi e una relazione di coppia lità e donare chiara e stabile. la gioia della Per info: info@retrouvaille.it e www. retrouvaille.it. vita eterna. Tutti abbiamo bisogno del perdono amante e appassionato, dell’abbraccio incondizionato e non giudicante, di lasciarci andare ad un pianto ristoratore per gustare il sorriso di Dio nella vita di santità. In famiglia, però, sembra sia oggi ancor più urgente lasciare spazio alla misericordia divina, capace di convertire i cuori più duri, di fasciare quelli feriti e di indirizzare quelli smarriti. C’è tanto bisogno di perdono in famiglia... Vi lascio un augurio: che la porta di ogni casa, per la Grazia di Dio e la nostra umile disponibilità, possa diventare la porta giubilare casalinga, per uscire in pace e rientrare gioiosi. don Giorgio Comini

numero verde da numero fisso 800-123958 da cellulare 3462225896

segretariato diocesano pastorale familiare

Il Giubileo della misericordia Papa Francesco col suo stile semplice e rivoluzionario ha indetto un anno giubilare per far sperimentare di più e meglio a tutti la grandezza del cuore di Dio, per noi espressa in maniera sovrabbondante nel dono d’amore del Figlio Gesù Cristo. Dall’ 8 dicembre 2015 al 27 novembre 2016 scorrerà l’anno della misericordia, del perdono sanante di 49


Le sempre nuove realtà Scuola don Orione che ci interpellano hanno SCUOLA PRIMARIA portato la scuola Don Orione ad aprirsi sempre più alle E SECONDARIA esigenze del territorio DI PRIMO GRADO e soprattutto alla sfida paritarie più importante che è quella della formazione e via Don Orione 1 dell’educazione rivolta ai Botticino Sera ragazzi e non solo. La trentennale esperienza nell’ambito educativo si è sempre ispirata alla linea pedagogica dell’accoglienza e della famigliarità che ci rende attenti a tutti e a ciascuno, con particolare attenzione al rispetto delle regole. Parrocchie di Botticino La scuola attiva progetti curricolari e extra curricolari di ampliamento dell’offerta formativa curando in particolare l’aspetto linguistico con il potenziamento della lingua inglese, utilizzo del metodo CLIL, intervento di docenti madrelingua. Offre inoltre corsi di lingua spagnola/tedesca e di storia della lingua italiana con riferimento alle origini latine. La scuola promuove lo sviluppo delle competenze sociali e civiche attraverso progetti di cittadinanza attiva, di educazione all’affettività a partire dalle emozioni e di musicoterapia. A disposizione di genitori, alunni e docenti uno sportello d’ascolto; incontri di formazione per le famiglie e aggiornamento sistematico per gli insegnanti su disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e bisogni educativi speciali (BES). La scuola garantisce i servizi di assistenza prescuola, mensa e doposcuola con insegnanti e personale educativo specializzato, l’apertura estiva fino al 30 giugno e il comodato gratuito dei libri di testo. Nel corso dell’anno momenti di spiritualità, mostre, spettacoli e a gennaio le giornate sulla neve. Sono attivi corsi pomeridiani di pianoforte, chitarra e danza e attività motorie serali per adulti. Quanto costa? don Orione Meno di quanto pensiate! LE FAMIGLIE POSSONO ACCEDERE A : Via Don Orione, 1, 25082 Botticino Sera (BS) PER INFO E ISCRIZIONI - DOTE SCUOLA REGIONE SEGRETERIA SCUOLA LOMBARDIA( quota variabile Via Don Orione, 1 25082 Botticino Sera in base alla dichiarazione ISEE) (BS) 0302691141 Fax: 030.269.23.32 - CONTRIBUTO DIOCESI DI (lun-ven 7,45-13,00 BRESCIA email: sc.media.donorione@botticino.it - DETRAZIONE FISCALE sito web:scuoladonorionebotticino. DALLA DICHIARAZIONE blogspot.com scuoladonorionebotticino. DEI REDDITI PARI A 400,00 € blogspot.com - CONTRIBUTO FONDAZIONE FOLONARI Una scelta di principio dunque, non tanto di disponibilità economica!!!!!!

Giovani: sole o tempesta del domani”

LA SCUOLA, LE PARROCCHIE E L’ACLI ORGANIZZANO UNA SERIE DI INCONTRI DI FORMAZIONE PER I GENITORI, DOPO L’INCONTRO CON PROF. EUSEBI SULLA FAMIGLIA. SEGUIRANNO INCONTRI CON LA POLIZIA DI STATO, SUI SOCIAL NETWORK, CYBER BULLISMO. 50

UNA SCUOLA “ATTENTA” AI DSA VA BENE PER TUTTI …

Quando hanno diagnosticato la dislessia a mio figlio non posso dire che sia stato un fulmine a ciel sereno, perchè dopo tre anni di inferno avere una diagnosi era, per assurdo, una boccata di ossigeno. Finalmente tutte le difficoltà che mio figlio aveva nel leggere, scrivere e contare avevano un senso. Ricordo di aver pensato a come curarlo, per poi ben presto comprendere che non era una malattia, ma una caratteristica come gli occhi azzurri o la pelle scura... e perciò nulla da curare. Da ottimista quale sono ho subito pensato che ora la sua vita scolastica sarebbe cambiata, in meglio ovviamente. Mio figlio è sempre stato un bambino dolcissimo, fin da molto piccolo interessato a tutto, vivace ma educato, ubbidiente, un bimbo che ovunque andavamo riceveva complimenti, e io con lui, per come lo educavo. Prima della diagnosi il riscontro scolastico era sempre stato disastroso: S. non presta attenzione, non è collaborativo, non partecipa alle attività se non sollecitato, si distrae e disturba, esegue i compiti solo se aiutato da un adulto o dai compagni. Insomma mi veniva descritto un bambino completamente diverso dal S. che era a casa in famiglia e in tutte le altre situazioni non scolastiche. Come dicevo, dopo la diagnosi avvenuta alla fine della 3° elementare, mi sono sentita fiduciosa che a partire dall’anno successivo le cose sarebbero cambiate: le maestre ora sapevano e lo avrebbero sicuramente aiutato a stare bene, a raggiungere gli obiettivi e, cosa importantissima, ad essere felice anche sul suo banco di scuola. Non fu così... nulla cambiò. Se i primi anni di scuola di mio figlio mi erano sembrati allucinanti, niente erano in confronto a ciò che venne dopo la diagnosi. Si continuava a essere valutato come lo svogliato, disattento, troppo vivace e, quel che peggio, con grandi difficoltà a raggiungere gli obiettivi. E così, in questo stato di cose pratico ed emotivo, abbiamo finito le elemen-

tari per proseguire con le Medie nello stesso istituto privato che avevo scelto dopo la 1° elementare statale . Ogni essere umano è un individuo a se stante, con le sue caratteristiche e le sue peculiarità. Nella scuola trovavo una forte tendenza a standardizzare, omologare, massificare ...per dirla in altre parole: una totale mancanza di rispetto dell’individuo in quanto tale, e mio figlio tutto era tranne che facile da inserire in uno standard. Al termine della 2° media eravamo esausti, demoralizzati e tanto, ma tanto arrabbiati per dover impiegare le nostre energie nel vano tentativo di far rispettare le sue caratteristiche, invece di investirle in metodi di studio appropriati che potessero dare i frutti sperati. Io non sapevo come, ma sapevo che volevo che le cose cambiassero.Volevo che venissero rispettati i suoi diritti e non potevo rassegnarmi che dopo 7 anni di scuola nessuno fosse stato in grado se non di comprenderlo, almeno di aiutarlo nonostante la tanto agognata legge 170/2010 sulla Dislessia. Volevo competenza e giustizia, ma cercavo sensibilità, umiltà, correttezza, rispetto. E nella speranza di trovarle avevo un’unica strada : quella di cambiargli scuola un’altra volta ancora. Così è stato : abbiamo cambiato scuola in 3° media, con gli esami alle porte e la seconda lingua straniera diversa da quella che aveva studiato per due anni... In molti mi hanno detto che era una pazzia, ma io sono rimasta ancorata al fatto che se si vuole che sia diverso è necessario cambiare. Il primo colloquio con la Preside prof.sa Busi della Scuola Don Orione mi ha fatto venire in mente questa frase di Louis Lavell e: ““Il maggior bene che possiamo fare agli altri non è comunicare loro la nostra ricchezza, ma rivelare la loro.” Era evidente la sua passione per la scuola, traspariva forte il suo piacere di stare con il ragazzi, il suo aver a cuore il benessere dei suoi studenti... La sua non è una professione fine a se stessa, ma una vocazione. Ha saputo infondermi una tranquillità tale che mi ha immediatamente convinta a iscrivere mio figlio alla Don Orione per la 3° media. Lui era entusiasta, nulla poteva sembragli peggio di come era stato fino a quel momento, e così è arrivato settembre e lui si è subito inserito nel nuovo contesto scolastico nel migliore dei modi, accolto benevolmente dai nuovi insegnanti e dai nuovi compagni. Oggi ho solo un grande rammarico: quello di non aver conosciuto la Don Orione fin dalle elementari, perchè sono assolutamente certa che il percorso scolastico di mio fi-

glio sarebbe stato non solo più RISULTATI INSERIMENTO SCOLASTICO produttivo ma decisamente SCUOLA SUPERIORE A.S. 2014/15 più sereno. Attenzione al singolo alunno ai suoi bisogni formatiLa preside Busi coordina con vi, sempre però con un occhio a garantire la qualità competenza e umanità un dell’apprendimento: ecco l’impegno della nostra scuola. gruppo di insegnati attente e Il ministero dell’Istruzione ci chiede di monitorare i risultati dei nostri alunni per capire in quale realtà scolastica disponibili che hanno avuto la si inseriscono dopo la scuola media e con quali risultati. capacità di mettersi in discus- Ecco il resoconto dello scorso anno. sione e di affrontare le difficol- Alunni licenziati 17; ammessi alla classe successiva 14; tà di mio figlio non solo con non ammessi 3.Quali indirizzi di studio sono stati scelti : professionalità ma anche con cuore. Attenti al Piano Didattico Personalizzato (PDP) previsto per legge, si sono prodigati per capire come aiutarlo a tirare fuori le sue abilità e gestire al meglio le sue difficoltà. Non posso non sottolineare che durante tutto l’anno scolarie per i dsa. stico non è MAI stato necessario un incon- A mio parere lo scopo degli insegnanti é tro con la professoressa Sanzeni di Italiano e semplicemente affiancare la famiglia per la professoressa Testa di tecnologia che han- aiutare a crescere un futuro cittadino nel rino sempre applicato i mezzi dispensativi e spetto di quel bambino e di quella famiglia . compensativi al meglio. Allo stesso modo la Gli insegnanti non hanno nessuna giustificaProf. Bertoletti di matematica, una materia zione a non aiutare chi è in difficoltà, non è scoglio per mio figlio, che ha saputo gestire una gara a chi sa più cose ... la vita NON È verifiche e interrogazioni in modo superbo, UNA GARA! avendo cura di fornirci prestampati con re- La Don Orione non ha mai tentato di farsi gole e riassunti che ci hanno permesso di scudo di simili giustificazioni, ma al contraottimizzare anche lo studio a casa oltre che rio si è prodigata per far emergere le pecula comprensione dei concetti. liarità di mio figlio. La mia gratitudine va anche alla professo- Io non so se e quanto questo mio figlio reressa Duina di Inglese eTedesco (altre mate- sterà nel cuore dei suoi insegnanti, ma so rie scoglio per mio figlio e per tutti i DSA), per certo quanto questi insegnanti staranno che sin da subito mi ha chiesto di “aiutarla nel cuore a noi. a capire come poter aiutare S.” ...quanta Grazie Preside Busi e professori tutti... aveumiltà, dedizione e impegno ci ha messo te fatto la differenza. per far si che S. ottenesse i migliori risultati Gabriella Stroppa possibili nelle sue materie. Doveroso da parte mia spendere due parole ancora sulla Preside Busi, che tiene le classi di Storia, Geografia e Cittadinanza: ha il dono dell’insegnamento... può insegnare qualsiasi cosa, anche ad insegnare. La Don Orione non è una scuola, è LA Scuola. E’ ciò che ho sempre creduto che dovesse essere una scuola : al servizio degli studenti, con cura per il singolo, per ogni singolo con le sue peculiarità. I miei 8 anni di esperienza come mamma di un dsa grave mi consentono di poter affermare senza limiti di errore che una scuola che sa come gestire i dsa è una scuola dove i ragazzi normodotati imparano e studiano con metodi ottimali, perchè semplificando la didattica si risparmia tempo e fatica a vantaggio del rendimento. Ma non è vero il contrario... e ci sono ancora troppe scuole che mirano a standardizzare e che , se sono tollerabili per i normodotati, sono delete51


ANNIVERSARI DI MATRIMONIO 2015 Anniversari di matrimonio, croce e delizia: c’è chi li eviterebbe, chi invece non sa farne a meno. E in effetti, sono la celebrazione dell’amore,. Perché non ricordarli degnamente? Il Matrimonio Voi siete sbocciati insieme e insieme starete per sempre. Insieme, quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni. Insieme nella silenziosa memoria di Dio. Vi sia spazio nella vostra unità e tra voi danzino i venti dei cieli. Amatevi l’un l’altra, ma non fatene una prigione d’amore. Riempitevi a vicenda le coppe ma non bevete da una coppa sola. Cantate e danzate insieme e siate gioiosi ma ognuno di voi sia solo come son sole le corde del liuto sebbene vibrino di una musica uguale. Datevi il cuore ma l’uno non sia rifugio all’altra perchè soltanto la mano della Vita può contenere i vostri cuori. E state insieme, ma non troppo vicini poichè le colonne del tempio sono distanziate e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.

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PREGHIERA DI BENEDIZIONE

uardali, o Signore, con occhio di predilezione e come li guidasti tra le gioie e le prove della vita, ravviva in loro la grazia del patto nuziale, accresci l’amore e l’armonia dello spirito, perché, con la corona dei figli, amici e conoscenti, che oggi li festeggia, godano sempre della tua benedizione. Per Cristo nostro Signore. Così sia.

N

oi ti lodiamo e ti benediciamo, o Dio, creatore e Signore dell’universo, che in principio hai formato l’uomo e la donna e li hai uniti in comunione di vita e di amore; ti rendiamo grazie, perché hai unito questi sposi nel vincolo santo a immagine dell’unione di Cristo con la Chiesa.

Nelle domeniche 13 e 20 settembre, 92 coppie, delle tre parrocchie di Botticino, hanno celebrato presso la Basilica-Santuario S.Arcangelo Tadini la S.Messa ricordando l’anniversario di Matrimonio. Una bella e sentita celebrazione piena di emozioni, con foto finale e aperitivo per tutti presso l’oratorio. La festa è continuata con il pranzo condiviso comunitario o a livello familiare.

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enedetto sei tu, o Padre, perché ci hai benignamente assistiti nelle vicende liete e tristi della vita; aiutaci con la tua grazia a rimanere sempre fedeli nel reciproco amore, per essere buoni testimoni del patto di alleanza in Cristo Signore. Così sia. l Signore che ha ispirato i vostri propositi e vi ha condotto fino a questo giorno, vi confermi nella sua grazia, e aiuti la vostra debolezza con la forza del suo amore, vi custodisca in tutti i giorni della vostra vita: sia vostro aiuto nella prosperità, conforto nel dolore e colmi la vostra casa delle sue benedizioni. Per Cristo nostro Signore. Così sia.

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domenica 13 settembre 2015

domenica 20 settembre 2015 52

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LAVORI IN CORSO

RELAZIONE TECNICA CAMPANILE SERA CENNI STORICI La costruzione della torre campanaria di Botticino Sera risale alla fine del XV secolo, con un innalzamento successivo avvenuto nel corso del XIX secolo. Tra gli interventi in epoca recente, si registra la reintonacatura delle superfici esterne, eseguita alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso.

Botticino Mattina - Come era stato annunciato nel notiziario di Pasqua, si è provveduto all’intervento urgente alla parte del tetto (in cemento) della cononica a confine con il teatro che versava in cattive condizioni causa forti infiltrazioni di acqua, dovute a sconnessione del manto di copertura, rottura di tegole e marciscenza dei canali di raccolta, e predisposizione per eventuali alloggi. Purtroppo non sono mancate le sorprese. Dopo una verifica sul posto da parte dei tecnici il parroco ha ritenuto giusto, considerato il cantiere già in opera, intervenire anche sul lato nord del tetto del teatro (ex chiesa) che anch’esso versava in pessime condizioni, oltre a una sistemazione generare di tutta la copertura e la messa in sicurezza di tutta la struttura. I costi così sono lievitati.

- E’ stato necessario sostituire la caldaia dell’oratorio (detto nuovo ). Le Acli che usano parte di questo hanno contribuito all’acquisto. - Ogni anno si spendeva tanto, nonostante il contributo di generosi, per il noleggio del tendone per le feste. Si è presentata l’occasione di acquistare la struttura portante a prezzo di favore e si è provveduto al rifacimento del telo. Il costo verrà ammortizzato nel corso di qualche anno. - Per quanto riguarda l’intervento di sistemazione messa a norma della parte ricreativa dell’oratorio (campo calcio, campi da gioco, spazio bambini, recinzioni, spogliatoi...) nonostante la richiesta sempre più pressante di parecchie famiglie e della Dumper, siamo ancora in una fase di stallo. Attendiamo consigli e disponibilità!

San Gallo -Ancora deve essere sistemata la chiesa parrocchiale per il danno avuto con il terremoto del novembre 2004. Si è in possesso del Decreto che obbliga a intervenire per le opere di consolidamento statico. Si è concluso lo studio, il progetto e superate alcune difficoltà di ordine tecnico/burocratico. Quindi prima o poi, meglio il prima possibile, bisogna che la comunità di S.Gallo prenda in considerazione la necessità di realizzare l’intervento soprattutto per mettere in sicurezza la chiesa. E’ stato affidato al tecnico il preparare ogni cosa perchè, a breve, la comunità di S.Gallo verrà convocata a un’assemblea dove verrà illustrato il progetto e cercate insieme le modalità - portando a conoscenza di quanto già si sta facendo - per far fronte all’impegno economico. 54

Botticino Sera Alla fine dell’agosto 2013, durante un forte temporale, dalle pareti del campanile si staccavano alcune parti di intonaco cadendo sulla strada (via Valverde), sul tetto del teatro Tadini e sulla piazzetta adiacente. Per fortuna in quel momento nessuno si trovava in prossimità dei luoghi interessati dai distacchi. Nei giorni seguenti, visto che il fatto si ripeteva, veniva tempestivamente informata la Sovrintendenza dei Beni storici, artistici e paesaggistici di Brescia, comunicando la necessità di intervenire urgentemente. Mediante l’utilizzo di una piattaforma si saliva per verificare le pareti e per rimuovere l’intonaco in fase di distacco. Dopo ulteriori verifiche, indagini particolari, approfondimenti e valutazioni fatte da tecnici, Curia e Sovrintendenza si è giunti alla conclusione che l’intervento deve essere fatto su tutto il campanile perché tutte le pareti necessitano di intervento urgente. Ci si chiede: con tutti i problemi economici della parrocchia perché questo intervento? Consapevoli della grave situazione di crisi economica in cui versa il paese, il Consiglio per gli affari economici della Parrocchia, nell’ultimo incontro di lunedì 16 marzo ha ritenuto l’intervento sul campanile indilazionabile e necessario per la sicurezza di persone e cose e pertanto ha deciso di attivare questo intervento nonostante i problemi economici in cui versa la parrocchia. Si confida nella generosa adesione dell’iniziativa e nella comprensione della situazione.

CARATTERI ARCHITETTONICI, MATERIALI, STRATIFICAZIONI L’architettura del campanile è semplice , caratterizzata da fronti lineari intonacati e cordelline marcapiano in pietra. Esiste una netta differenza di carattere fra la parte superiore (ottocentesca) maggiormente configurata e articolata da marcapiani e la parte inferiore (corrispondente all’antico campanile), priva di articolazioni e connotata da semplici e piccole feritoie. Buona parte della superficie è rivestita da un intonaco relativamente recente, finito con tinteggiatura gialla, che ne riduce la leggibilità stratigrafica e nasconde la qualità della muratura medioevale in pietra. FORME DI DEGRADO Lo stato di conservazione dell’intonaco recente tinteggiato di colore giallo è precario, con estese lacune e disgregazioni. Nella parte basamentale, l’intonaco, di natura cementizia, presenta anche fenomeni di degrado da umidità di risalita. Il fronte nord è coperto da depositi e formazioni di licheni. FINALITÀ E DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Le tracce stratigrafiche emerse rivelano che il campanile medioevale era costituito da muratura di pietrame a vista mentre l’innalzamento ottocentesco è in muratura di pietra con mattoni, per la quale era già previsto in origine un intonaco. L’intervento è orientato al restauro conservativo delle superfici. Tuttavia, la presenza di componenti cementizie e materiali incompatibili nell’intonaco più recente fa propendere per una rimozione accurata e controllata di questo strato superficiale, peraltro in stato di degrado avanzato per distacco e disgregazione, che possa riportare alla luce l’intonaco antico. Di questo strato, anche i tratti erosi, benché degradati, sono adesi al supporto, pure necessitando di puntuali azioni di restauro e consolidamento. L’esito finale di questo intervento mira a conservare la percezione del carattere stratificato del campanile e del legame temporale che la parte inferiore più antica ha con la ex chiesa, che rappresenta il nucleo originario di questo luogo. Contemporaneamente si intende restituire alla parte superiore degradata un sufficiente grado di integrità e dignità formale, rispettando il diverso carattere delle due parti della torre ma senza operare cesure nette tra esse con trattamenti troppo differenziati. L’intervento sarà eseguito con rimozione e senza integrazione di intonaco nella parte bassa del campanile e con integrazione graduale nell’innalzamento ottocentesco, in modo da restituire decoro anche alla zona sommitale della cella ed al cornicione.

Il costo dell’intervento del campanile di Sera è di € 70.850,00. Come fare per coprire questa spesa? Da dopo Pasqua è partita l’iniziativa: “UNA PIETRA PER IL CAMPANILE”. E’ esposto in chiesa il disegno del campanile, suddiviso in pietre (1417), del valore ciascuna di € 50,00. La somma del valore di tutte le pietre è di € 70.850,00, cifra necessaria che permetterà il far fronte alla spesa complessiva. Ogni persona, famiglia o gruppo potrà dare il corrispettivo di una o più pietre. Il contributo si può versare in sacrestia, in segreteria o al parroco, in modo anonimo o nominale. Verrà redatta una targa con segnato, per chi lo desidera, il nome di chi aderisce, anche ricordando un defunto, un anniversario, una nascita… In ogni caso saranno colorate una o più pietre sul modello a seconda dell’importo donato. Per le Ditte è possibile scegliere la forma “offerte deducibili”. Al 30 settembre 2015 sono state offerte 148 pietre (€ 7.430,00)... ne mancano ancora 1269! 55


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ogliamo rendere nota l’attività che svolgiamo all’interno della comunità di Botticino. Siamo un gruppo di volontariato a favore dei disabili che opera all’interno dell’oratorio di Botticino. I nostri scopi sono la sensibilizzazione al problema della disabilità attraverso una presenza attiva sul territorio, azione di sostegno alle famiglie dei disabili, e attività con i disabili stessi. Abbiamo per questo incontri di preparazione dell’attività, incontri con persone qualificate che ci aiutano a migliorare, scambi costanti con le famiglie che coinvolgiamo attraverso feste che sono diventate ormai una tradizione sentita e, a scadenza bisettimanale, ci incontriamo con i disabili e ce ne prendiamo cura, con laboratori, attività ludiche, uscite sul territorio, ma soprattutto cercando di creare con loro un ambiente sereno e accogliente. Abbiamo lavorato per portare in paese un lavoro teatrale sul tema della disabilità, che vuole essere oltre ad una serata di divertimento un momento di sensibilizzazione verso le persone diversamente abili. VI ASPETTIAMO Il gruppo “Mai senza l’altro”

Auguri per i 101 anni di Domenica Facchini

A due anni dalla inaugurazione

CONCERTO d’organo

con il maestro STEFANO RATTINI

DOMENICA 25 OTTOBRE 2015 ore 21,00 CHIESA PARROCCHIALE DI BOTTICINO MATTINA

PARROCCHIALE BOTTICINO MATTINA

Organo a trasmissione meccanica costruito da Angelo Ghidinelli, Vittorio Facchetti e Giovanni Battista Bianchetti nel 1891-1895, con riutilizzo parziale di materiale fonico appartenente al precedente strumento Gaetano Antonio Callido (forse del 1796). Restaurato dalla CasaOrganaria Romain Legros nel 2013. Disposizione fonica Campanelli Principale 16 B. Terzamano Principale 16 S. Fagotto B. Principale 8 B. Trombe 8 S. Principale 8 S. Corno inglese S. Ottava B. Violoncello B. Ottava S. Corno da caccia S. Decimaquinta Viola ad arco B. Decimanona Violino ad arco S. Vigesimaseconda Flutta S. Vigesimasesta e nona Ottavino S. Trigesimaterza e sesta Dulciana B. Contrabbassi con ottava Flauto caminé Timballi a’ pedali Cornetta tre voci Tromboni 8 a pedali Flauto in ottava B. Voce umana Tastiera di 58 tasti con prima ottava cromatica. Pedaliera parallela concava di 19 pedali. Divisione B./S.: Si-Do. Accessori: Unione tasto-pedale; Fagotto; Tromba;Ripieno; Terzamano; Combinazione libera alla lombarda.

STEFANO RATTINI, organista titolare della Cattedrale di Trento, ha posto al centro dei propri interessi l’im-

provvisazione e la divulgazione della musica. Diplomato con il massimo dei voti e lode in Organo e Composizione Organistica nella classe di G. Parodi, si è successivamente laureato cum laude in “Organo Antico” sotto la guida di F. M. Recchia. Si è perfezionato poi con S. Innocenti, C. Stembridge, A. Zanon, F. Caporali, G. Kaunzinger, W. Porter, J. Essl e L. Mallié. Docente di Improvvisazione organistica ai Conservatori di Bergamo, Mantova e Trento, all’Istituto di Musica Sacra di Trento e presso i corsi annuali dell’AIOC, ha insegnato la materia al PIAMS di Milano. È titolare per concorso della cattedra di Musica presso l’Istituto “Aldeno-Mattarello” di Trento. Ha tenuto molti concerti in Italia e all’estero, suonando anche in festival internazionali e collaborando con direttori e solisti di chiara fama. Ha registrato per RAI e inciso per diverse case discografiche. Ha costituito l’Ensemble En Chamade di ottoni e organo; suona inoltre in duo con il figlio Bruno, anch’egli organista. Si è occupato della critica musicale per il quotidiano “L’Adige”e ha fatto parte della giuria al Concorso Organistico Nazionale “San Guido d’Aquesana”. Ha ideato a Trento la “Scuola d’Ascolto della Musica Organistica”, volta alla formazione critica del pubblico attraverso nuove modalità. È presidente dell’Associazione Organistica Renato Lunelli, membro della Commissione Organi della Diocesi di Trento e della Commissione Artistica del Festival di Musica Sacra di Trento e Bolzano.

A CHE PUNTO SIAMO RIGUARDO AL DEBITO “RESTAURO DELL’ORGANO” E ALL’INIZIATIVA “ADOTTIAMO LE CANNE DELL’ORGANO”?

Il costo dell’intervento di restauro radicale dell’organo della parrocchiale di Mattina è stato di € 95.146,00. Grazie al contributo della CEI (fondi 8X1000) di € 26.430,00, della Fondazione Comunità Bresciana di € 15.000,00 e di un privato di € 1.000,00, per un totale di € 42.430,00, in totale alla Parrocchia di Botticino Mattina è venuto a costare € 52.716,00. Il Consiglio per gli Affari Economici della Parrocchia ha proposto l’iniziativa “Adottiamo le canne dell’organo”. Le canne dell’organo sono 1146. Dividendo la spesa rimanente per il numero di canne, ogni canna può essere adottata con € 46,00 con l’impegno di redigereuna pergamena con segnato il nome di quanti hanno contribuito, anche ricordando un defunto, un anniversario, una nascita... A CHE PUNTO SIAMO? Al 30 settembre 2015 sono state adottate 753 canne ... ne rimangono ancora 393! In occasione del concerto del 25 ottobre, a due anni dall’inaugurazione, viene rilanciata l’iniziativa per l’adozione, confidando nella generosità, gia dimostrata, dei parrocchiani di Botticino Mattina. 56

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PARROCCHIE DI BOTTICINO

ORATORIO BOTTICINO MATTINA

Ritorna l’Oratorio Aperto

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on la gita organizzata sabato 19 settembre dal gruppo genitori facenti parte il progetto “Oratorio Aperto”, che ha visto come meta la chiesetta di San Faustino, e che ha chiamato a partecipare un gruppo di circa 40 persone tra genitori e bambini, si può definire aperto il secondo anno del progetto. Questa iniziativa, organizzata da alcuni genitori di Botticino Mattina con l’aiuto del parroco don Raffaele e dell’animatore Pietro Fostini, è un vero e proprio servizio per la comunità intera, con la finalità di rendere l’oratorio del paese di Botticino Mattina più vivo, conosciuto, amato e “aperto”, non solo come porte, a conoscere gli altri e accoglierli. La calendarizzazione dei giorni e degli orari dedicati a tale progetto non è stata ancora definita e concordata, per la mancanza di persone adulte che con la loro disponibilità si mettono in gioco per il bene della comunità e dell’oratorio stesso. Il progetto si occupa di animazione, laboratori creativi e gioco per i piccoli, oltre a garantire il servizio al bar interno. Per tutti coloro che vogliono avere maggiori informazioni, che vogliono dare la loro disponibilità o che intendono dare delle idee nuove per animare di più l’oratorio, sono disponibili i seguenti contatti: Simona: 328 0186940 Monica: 339 3979956 Per partecipare al progetto non c’è bisogno di alcuna iscrizione e nemmeno di un pagamento; il servizio e gratuito, fatto per amore della parrocchia e della comunità! 58

Progetto: “Giovani Insieme”

Dopo la partecipazione di 48 parrocchie della diocesi di Brescia al progetto per l’anno 2014/15, tra le quali anche le Parrocchie di Botticino, continua anche per il 2015/16 il progetto Giovani Insieme. Le Parrocchie di Botticino hanno due animatori Pietro e Marco che svolgeranno 625 ore annuali (settembre 2015-settembre 2016) con il compito di accogliere e animare attività educative e ricreative all’interno dei nostri oratori. Il contributo loro assegnato viene corrisposto in parte dalle parrocchie e in parte dalla Regione Lombardia.

USO BOTTICINO Eccoci! Siamo all’inizio di una nuova stagione calcistica. Prima di tutto un ringraziamento a mister Fabio per l’impegno che ha profuso nel far crescere i bambini in questi anni che è stato con noi; salutiamo i bambini del 2005 (e ringraziamo i genitori) che continueranno la loro crescita calcistica altrove. Anche quest’anno i nostri bambini parteciperanno al campionato ANSPI nelle categorie Miniscarabocchio per i bambini del 2007 allenati da Luca e Marco e Scarabocchio per i bambini del 2006 allenati da Stefano, Massimiliano e Guido. Ci sono sempre le due squadre di adulti, una all’Oratorio di Sera che partecipa al campionato C.S.I. e i Dumper a quello di Mattina che partecipano al campionato ANSPI, ed infine i bambini dell’asilo che seguiti dalla prof. Vincenza sono attesi numerosi in Oratorio per svolgere la loro attività di minicalcio. Ricordiamo che se ci fossero bambini del 2006-2007 interessati a giocare a calcio possono sempre rivolgersi in Oratorio per qualsiasi informazione. U.S.O. BOTTICINO

Dumper Oratorio Botticino RICOMINCIAMO ... Venerdì 2 Ottobre è iniziata la stagione della Dumper Botticino, impegnata anche per questo anno nel campionato di calcio Anspi amatori a 7 . Si ricomincia dopo l’intensa finale provinciale della scorsa annata, combattuta fino all’ultimo secondo dei tempi supplementari ma purtroppo persa ai calci di rigore contro l’Idro ! Si ricomincia dopo aver organizzato il quarto torneo estivo, cercando per quanto nelle nostre possibilità di dare una mano sia all’Oratorio di Botticino Mattina sia al Gruppo Alpini Botticino Mattina . Si ricomincia accettando ben volentieri la richiesta di aiuto di un nostro vecchio tesserato, cercando di supportarlo per permettere a ragazzi meno fortunati di svolgere attività sportiva . Si ricomincia con qualcuno che va (e che ringraziamo per quanto dato) e con qualcuno che arriva, ricordando a tutti che le porte del nostro caro e vecchio polveroso campo sono e rimarranno sempre aperte per chi ha voglia di passare anche solo qualche ora in compagnia. Buona stagione cara vecchia Dumper, ricominciamo ! 59


«Tutti a tavola, non di solo pane vivrò», è stato un invito gioioso a riflettere sulle vere necessità del nostro essere. Il messaggio principale che si è cercato di far arrivare ai ragazzi è stato quello di considerare nutrimento dell’uomo non solo le cose materiali, ma le relazioni, la condivisione, la Parola di Dio, che sono il vero nutrimento della nostra esistenza: «il miglior cibo che dia la giusta spinta per vivere, sei tu Signore e chi mi hai posto accanto per crescere». Allo stesso tempo si è posto l’accento sul fatto che questo cambiamento di prospettiva circa i beni e il bene di cui disponiamo ci porta a farci a nostra volta nutrimento per l’altro attraverso una vita di comunità ricca e sincera: «ogni fetta della vita ha un gusto speciale, condividila con l’altro e saprai che vale». È necessario cioè farsi prossimo di chi incontriamo al fine di gustare e far gustare pienamente i doni che Dio ci ha dato. La vita stessa è dono e, in quanto tale, l’inno è stato un energetico incitamento a gustarla a pieno, vivendo fino in fondo ogni suo momento: «parlami ancora perché viva ogni istante, parlami ancora dell’amore più grande, io so che di non solo pane vivrò». Ehi, Che cosa fai. Dai vieni qua non puoi più aspettare.

il miglior cibo che dia la giusta spinta per vivere (Tuttiatavola) Sei tu Signore e chi mi hai posto accanto per crescere (Tutti atavola) Parlami ancora perché io viva ogni istante; Parlami ancora dell’Amore più grande Io so che di non solo pane vivrò Sai quanta energia per affrontar la strada che hai davanti Ma coraggio avrai imparerai da Lui a donare tutto Di ogni tua parola e di ogni singolo sguardo Ne ho già fame e voglio farne il pieno ogni giorno il sale della terra siamo e diamo sapore migliore sapore perciò Vivrò, Non di solo pane ma di ogni parola d’amore Ogni gesto fraterno di gioia darà alla tua vita un nuovo sapore Gusta la vita, accetta la sfida, spenditi in ogni suo istante È questo il messaggio di Dio, il più importante Salta in alto, con le braccia in cielo con lo sguardo sempre verso il suo Vangelo Il ritmo del cuore è il tempo migliore per vivere il suo Vangelo Sarà la tua voce potente strumento, che ridona al mondo colore Per questo gridiamo a chiunque l’invito più bello a nutrirsi d’amore (Tuttiatavola) il miglior cibo ......... Lo griderò con gli occhi e il cuore e la mente perciò… TUTTIATAVOLA

GREST

Ehi, dai resta qui, aiutami bisogna preparare! Ehi, guarda chi c’è chi è accanto a te non perderlo di vista mai Lui crede in te ti insegnerà la cosa più importante. Ogni fetta della vita ha un gusto speciale, condividila con l’altro e saprai che vale Apri le tue porte che là fuori c’è il mondo che ormai è quasi pronto … (Tuttiatavola)

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di incredibili panorami moazzafiato. “E’ BELLO STARE Abbiamo cantato con molto trasporto l’allegro e coinvolgente “Jesus Christ Val Daon” e la struggente malinconica e riflesCON TE: TUTTA LA VITA inno siva “Non è la fine”. Le serate sono state allietate da piacevoli proposte e dalla visione di 2 film collegati alle emozioni: “Basta guardare il cielo” A RITMO DI EMOZIONI” sull’amicizia e “Sognando Beckam” sul progetto di vita personale.

...33 ragazzi/e del 2001 hanno deciso di vivere l’esperienza formativa, avventurosa ed entusiasmante del campo estivo delle tre parrocchie, in val Daone dal 12 al 19 luglio. A partire dalla Parola di Dio, incarnata nella persona di Gesù, si sono confrontati con le emozioni ed i sentimenti che fanno battere a 1000 il cuore: MERAVIGLIA, TRISTEZZA, PAURA, RABBIA, GIOIA e GRATITUDINE. Divisi in 5 gruppi, hanno inventato dei nomi suggestivi e motti originali (Emoction, Allegri lassativi, Astuti, Impuri e PopoFieri) ed hanno dormito tutti al piano superiore nelle 6 camere (Meravigliosi, Tristi, Paurosi per i maschi – Rabbiose, Gioiose, Grate per le femmine). Il gruppo si è mostrato allegro e disponibile, coeso ed unito, accogliente e curioso di vivere una proposta privilegiata per la propria crescita di fede e maturazione personale. Fin dal mattino, insieme in cerchio, svolgevamo il risveglio muscolare, ascoltavamo il vangelo collegato all’emozione del giorno, e poi via... Quest’anno il tempo ci ha sorriso ed abbiamo svolto numerose e varie attività: tornei di pallavolo e roverino, percorsi di coraggio e fiducia con ostacoli, giochi di abilità con la palla, tiro alla fune, lo scivolo d’acqua sotto alla cascata e la veglia serale attorno al fuoco. La gita in Val di Fumo ha regalato l’emozione di spettacolari e creativi tuffi carpiati dal ponte in legno verso le acque gelide del torrente. La gita alla Malga Gelo è stata molto impegnativa per il notevole dislivello altimetrico, ma oltre alla fatica ha regalato la visione

Anche durante il temporale (durato un solo pomeriggio) il morale si è mantenuto alto grazie agli intarttenimenti divertenti e spensierati: togli la seggiolina, mordi la mela di Adamo ed Eva, chi ride per primo perde (con la variante dell’acqua in bocca). I cuochi Mara, Mirella, Elisabetta e Gigi hanno deliziato la vivace brigata con pranzi, merende e cene ricche e golose, lasciando a bocca aperta non solo i ragazzi ma anche gli animatori. Beppe, Alessandro ed Elisa hanno avuto modo di capire e conoscere meglio questo gruppo affiatato ed hanno invitato i ragazzi a proseguire quasta fantastica avventura anche con le varie attività formative che verranno proposte durante l’anno all’oratorio di Sera, Mattina e San Gallo. L’ultima sera abbiamo riso e pianto tirando fuori tutto quello che abbiamo vissuto in questi 3 anni, non è stato un funerale ma la condivisione sincera e spontanea di cio che sentivamo dentro. Poi...abbiamo spento le luci della casa, ci siamo avviati a piedi lungo il ponte e contemplando le stelle e con gioia abbiamo intonato... “...VORREI CHE FOSSE OGGI, IL CAMPO GIA’ DOMANI PER INIZIARE PER STRAVOLGERE TUTTI I MIEI PIANI, IL CAMPO SARA’ IL M IGLIORE E IO SARO’ IL MIGLIORE, COME IN UN BEL FILM CHE LASCIA TUTTI SENZA PAROLE...” Grazie ragazzi. 1 abbraccio Il CapoCampo - Andrea Quarenghi

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sulle tracce della BELLEZZA rubata Nella settimana dal 20 luglio al 26 luglio sono stati protagonisti dell’avventura del campeggio i ragazzi che avevano appena concluso le classi di 1° e 2° media. Accompagnati dall’educatore Michele e dagli animatori Pietro, Simone, Sara, Laura e Francesca i ragazzi hanno vissuto una settimana indimenticabile fin dal primo giorno. Infatti durante la prima gita fuori porta della settimana, effettuata lunedì 21, i ragazzi e gli animatori sono stati sorpresi da un forte temporale che ha dato loro il “battesimo del fuoco”, inzuppandoli di acqua. Nonostante ciò, i partecipanti a questo percorso di vita comunitaria non si sono persi d’animo e hanno continuato a vivere la settimana al massimo dell’entusiasmo. I vari momenti si sono susseguiti e intersecati in una armonia quasi famigliare, dove i ragazzi hanno vissuto momenti di gioia e di tristezza, di malinconia e di gratitudine, di spensieratezza e di ascolto, incorniciati nella bellissima valle di Daone, e con questa cornice è stato sviluppato il tema della bellezza non

intesa come attrazione fisica, ma bellezza di vivere con Gesù (è bello con te), sviluppando i temi di: Gesù uomo nuovo (novità), amico (amicizia), Gesù uomo libero (libertà che ci rende felici), Gesù il figlio (fratellanza in Dio), Gesù uomo della gioia (gioia e felicità), Gesù è pane (condivisione). Le giornate che comprendevano momenti di svago e di gioco libero lasciavano naturalmente spazio a momenti di riflessione e di lavoro di gruppo, che i ragazzi hanno saputo vivere con intensità e attenzione. Oltre a questo, aiutati dagli animatori che li accompagnavano hanno creato dei gruppi che a rotazione avevano il compito di tenere pulita e in ordine la casa e l’ambiente esterno, oltre al gruppo che si occupava del servizio mensa e della preparazione della sala pranzo. È stata sicuramente una settimana positiva e da rivivere anche l’anno prossimo, carichi di voglia di avventura e entusiasmo!

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AFFASCINATI, CHIAMATI, LIBERI!

Prospettive per la partenza non promettenti, pochi iscritti, si rischia di non partire, difficoltà varie, poi la svolta, i ragazzi accettano l’idea, si iscrivono, all’ultimo momento si programma la settimana, si parte! Primo appuntamento la piazza della chiesa per partire tutti insieme alle 8.00 di una delle tante domeniche afose che questa estate ci ha regalato. Prossima meta Val Daone… Al nostro arrivo incontriamo i ragazzi di 1^ e 2^ media che stanno concludendo la loro settimana, con loro condividiamo il momento della messa e del pranzo. Nel pomeriggio si iniziano i giochi, qualche regola, sistemazione nelle camere, conoscenza del gruppo e di chi li accompagna, divisione nei gruppi e definizione di quei piccoli compiti per la convivenza in gruppo. Ogni gruppo a turno aveva incarichi più o meno importanti, ma fondamentali per vivere in un gruppo dove ognuno ha abitudini diverse. Il tema della settimana “È bello con te!” un’ esperienza basata sul percepire la novità, affrontare le paure, la rabbia, imparare a dialogare ed ascoltare e condividere con gli altri le nostre emozioni, i nostri sogni. Ogni giorno dopo la colazione e le pulizie, la preghiera ci introduceva nel tema specifico del giorno, l’attività ad esso abbinata, il più possibile diversificata, per aiutare i ragazzi a riflettere e sperimentare le varie cose proposte. Un tema affrontato con loro è stata la notizia: abbiamo chiesto loro di ricercare alcune notizie del posto e di narrare come meglio ritenevano, si sono impegnati e messi in gioco. Le belle giornate, la voglia di stare insieme, il desiderio di poter fare qualcosa di diverso, sono stati lo stimolo per vivere la settimana. La gita in val di Fumo ha dato la possibilità di incontrare alcuni ragazzi con difficoltà che hanno poi saputo farsi aiutare. Qui alcu-

ne ragazze hanno potuto sperimentare la mungitura delle mucche. Un’altra gita al lago di Campo, ha permesso ai ragazzi più coraggiosi di fare un bagnetto nelle fredde acque dei laghi montani. L’allegria, lo stare insieme, gli scherzi, il provare cose “noiose”, il dialogo, l’amicizia, l’avventura sono alcune delle cose sperimentate. Durante la settimana i ragazzi hanno potuto incontrare don Raffaele e parlare delle loro aspettative e di cosa vorrebbero fare in e per l’oratorio. Il tempo passa, la settimana giunge al termine, si deve tornare a Botticino. Un augurio più volte ripetuto ai ragazzi durante la settimana ed è giusto condividerlo con tutti: Ognuno di noi deve imparare a ragionare con la propria testa, valutare i consigli che riceviamo, distinguersi dalla massa, e fare del proprio “bello” una ricchezza da condividere, per poter dire “è bello con Te”. gli animatori

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CAMPO ADOLESCENTI-GIOVANI

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L’affettività e sessualità vengono affrontati dal punto di vista biologico, emozionale, fisico, sociale e spirituale. Evidenzierei l'antropologia personalista che fa da sfondo al percorso e l'utilizzo del metodo induttivo, che permette ai ragazzi di partire da ciò che vivono per avere le risposte di cui necessitano in quel preciso momento del loro percorso evolutivo. Infine sottolineerei l'importanza dell'accompagnamento dei genitori come possibilità di instaurare un'alleanza educativa tra genitori, parrocchia e educatori, in modo da non sentirsi soli di fronte alla sfida educativa che dobbiamo alle nuove generazioni.

ar.it@gm teenst ail.c om

Il Teen STAR è un programma di educazione affettiva e sessuale diffuso in 40 nazioni. Un metodo educativo che considera la sessualità come un fattore che incide su tutta la persona nei suoi aspetti fisici, intellettuali, emozionali, sociali e spirituali. Il Teen STAR forma tutors che lavorando con gli adolescenti integrano nel processo formativo anche i genitori. OBIETTIVI:

• Rinforzare l’identità e l’autostima attraverso il riconoscimento di sé. • Dare ai giovani un’educazione sessuale che li renda consapevoli della capacità biologica di essere padri e madri. • Promuovere la sessualità come una delle caratteristiche proprie dell’essere umano sviluppando il rispetto per il dono della vita. • Approfondire la capacità di prendere delle decisioni libere e responsabili. • Aiutare i giovani a comprendere che l’uomo è desiderio infinito di amare ed essere amato, la sessualità manifesta il suo profondo significato conducendo la persona al dono di sé nell’amore.

Le parrocchie di Botticino propongono il programa di educazione affettiva e sessuale ai ragazzi e ragazze di 2 e 3 media,1 superiore e adolescenti, creando gruppi diversi a seconda dell’età. I genitori saranno chiamati per l’iscrizione, la presentazione dell’itinerario e le occasioni di incontro specifico per loro stessi. Gli incontri verranno effettuati presso l’oratorio di Botticino Sera in orari diversi per favorire una maggior partecipazione. Ai genitori dei ragazzi coinvolti verrà comunicata la data dell’incontro per la preparazione.

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da sottoterra, attraverso le miniere di Moria, scavate anticamente dai nani nel loro insaziabile desiderio di ricchezza. Le miniere, che nel racconto del Signore degli anelli, sono circondate da timore e nefasti presagi, diventano così l’unico possibile passaggio per la compagnia. Una volta giunta di fronte alle miniere, la Compagnia trova una scritta enigmatica sulla porta d’ingresso: “Ennyn Durin Aran Moria / Pedo mellon a minno” cioè “Le porte di Durin Signore di Moria / Dite amici ed entrate”. La scritta risulta enigmatica: cosa devono dire gli amici per entrare a Moria? La risposta è semplicissima: una volta detto “amici”, riusciranno ad entrare. Il racconto dicevamo ci riporta in modo simbolico a tre dimensioni che scopriremo durante l’itinerario dell’anno e sono profondamente cristiane. In primo luogo: per giungere alla meta, per crescere davvero nella fede, per diventare cristiani è certamente entusiasmante scegliere la strada delle alte Montagne, ma non possiamo fingere di non incontrare i pozzi oscuri del peccato. Nella lingua elfica della terra di mezzo “Moria” significa esattamente “Abisso nero” e in qualche modo ci ricorda questa dimensione spirituale: un peccato che è senza dubbio da vincere, da superare, ma con il quale dovremo fare i conti. In secondo luogo ci ricorda che la condizione necessaria per poterlo affrontare efficacemente è quello di trovarci in una compagnia di uomini liberi, così come vuole essere la chiesa, compagna e maestra. Infine il senso della scritta: “Dite amici ed COME ENTRARE NELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE? entrate”. È facile credere che per Quest’anno abbiamo scelto come titolo dell’itinerario superare gli ostacoli, per trovarsi di fronte ad una vita oratoriano un passo del Signore degli anelli, un testo buona e felice siano necessarie particolari ritualità, di letteratura fantastica ma ricco di riferimenti esplicitraining psicologici e spirituali, abilità straordinarie, tamente teologici. potere, ricchezze. Il requisito che ci suggerisce questo Nel libro di Tolkien (1955) la compagnia dell’anello, portone d’ingresso è decisamente più evangelico e ci formata per difendere l’anello del potere dagli assalti porta diritti alla tradizione dei nostri oratori: perché di Sauron (il signore del Male) e composta da alcuni tu possa entrare basta che tu voglia essere mio amico. membri di tutti i popoli liberi della Terra di mezzo (uoPerché tu possa vivere le avventure che abbiamo penmini, elfi, nani, hobbit e uno stregone), si è incammisato per te, perché tu possa far parte della compagnia, nata in un lungo e pericoloso viaggio per distruggere il accetta di essere amico. “Vi ho chiamato amici, perché terribile anello nel fuoco dove è stato forgiato. tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscePer giungere a Mordor da Granburrone, dove la comre a voi”. (Gv 15,15) pagnia si trova, è necessario superare un alto monte, il cui passo si rivela inaccessibile, oppure attraversarlo

Dite amici ed entrate

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“Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. […] Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio”. Così inizia la bolla di indizione del Giubileo promosso da Papa Francesco e che vivremo dall’8 dicembre 2015 (con l’apertura della Porta Santa) al 20 novembre 2016. L’amicizia con Gesù, la scoperta e la conoscenza del Figlio di Dio, sono quindi la porta che ci permetterà di scoprire la misericordia, tema del percorso oratoriano dell’anno.

Misericordia: la parola onestamente non suona bene nel 2015. Sa di vecchiotto e di zuccheroso. Ma se proviamo a conoscere la misericordia attraverso Gesù (“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” - Gv 10,9) scopriremo tutta la forza di questo sostantivo che si rivela nel modo di agire di Gesù nel mondo. Misericordia: avere il cuore (cor) per gli ultimi (miseri): questa parola si accompagna all’atteggiamento con cui Gesù guarda alla debolezza e al peccato dell’uomo. Gesù prova compassione. Sono le parole che troviamo nel brano del Vangelo che farà da riferimento per l’anno, ma le ritroviamo in moltissimi brani (cfr. ad esempio: la vedova di Nain - Lc 7,13; il buon samaritano – Lc 10, 33; il Padre Misericordioso – Lc 15, 20; moltiplicazione dei pani – Mt 15,32). “La misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri”. [Misericordiae Vultus, 9] Dite “Amici” ed entrate, quindi. Per prepararci e vivere l’anno della misericordia proveremo a percorrere 6 strade, che sono altrettanti approcci per l’incontro con Cristo. Se attraverso di esse impareremo la formula “magica” dell’amicizia con Gesù scopriremo il volto misericordioso del Padre. 67


Capita tutte le volte: quando un ragazzo diventa animatore, la prima cosa che usa è la forza. Sembrerebbe che gli venga quasi naturale: poco prima, magari, si lamentava di essere “costretto”a fare cose che non voleva, ma appena lui è nel ruolo di educatore non accetta tante mediazioni e si impone con l’obbligo e la forza. Un bambino non vuole giocare? Bene… allora lo costringo! È un esempio piccolo e semplice, ma che esprime un problema più serio: si può educare con la misericordia? Non è più educativo il rigore, le regole, la chiarezza? Non è forse vero che pensiamo all’imposizione come ad una panacea che riesce a mettere un po’ di ordine e a dare obiettivi raggiungibili, visibili e chiari? La misericordia appare un po’ debole nella relazione educativa e pastorale: ha bisogno di tempi lunghi, di pazienza, non appare tanto funzionale e nemmeno applicabile in termini egualitari (di solito i più distanti dai nostri ambienti hanno bisogno di più misericordia, ma come si fa a spiegarlo a quelli che sono più vicini?...).

Il brano evangelico E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Mc 1,29-45

LA PORTA DELLA MISERICORDIA

Il brano di Marco che utilizziamo per l’anno oratoriano porta con sé un’immagine significativa, che è il primo motivo di legame con quest’Anno Santo: Gesù guarisce gli ammalati davanti alla porta di Simone e tutta la città sta attorno a lui. Pietro presta la sua porta perché Gesù possa guarire: sembra come la porta del Giubileo che il Papa desidera prestare all’opera di misericordia del Padre e del suo Figlio. La porta di Pietro deve assumere questo stile, la porta della Chiesa è vera quando mostra questa cura di Gesù. La porta della Chiesa diventa attraente se usa misericordia come Gesù. Si entra in essa solo se si ci sente accolti, amici, fratelli.

LA GIORNATA TIPO DI GESÙ

Ma la bellezza di questo brano non sta soltanto in questa immagine potente. A ben guardare, l’episodio della porta è come un centro intorno al quale si svolge tutta la giornata “tipica” di Gesù, che contiene tutte le azioni da lui compiute nella sua giornata terrena. Marco, evangelista attento all’umanità di Cristo e descrittore senza tanti fronzoli del modo di agire di Gesù, sembra darci una regola pastorale: la Chiesa è porta della misericordia se fa tutto quello che Gesù compie in questa giornata. La misericordia è declinabile in tante situazioni e in tanti modi. La giornata di Gesù è coperta tutta dalla misericordia, ma lo stile della misericordia cambia di ora in ora. Forse è proprio questo l’atteggiamento e lo stile da contemplare e imparare.

LA MISERICORDIA È IL DNA DI DIO

La misericordia è, quindi, la decisione costante nella vita di Gesù, il “basso continuo”, il motivo di fondo, la base su cui costruire, le fondamenta che tengono in piedi tutto. Può sembrare esagerata questa prospettiva, ma ha un’unica ragione: la misericordia ha la 68

sorgente in Dio. È la manifestazione voluta e continua della sua vita. “È proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza” (Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, a.4, citato in Misericordiae Vultus, n. 6). Dio non decide di manifestare l’onnipotenza con la forza, ma con la dolcezza. Non è un sentimento semplicemente umano, ma divino, soprannaturale, e serve a Dio per rivelare se stesso custodendo la vita. È il suo DNA: la “formula” che più manifesta la sua presenza.

MISERICORDIA: QUANTA E QUALE?

Dio punta sulla misericordia, si potrebbe dire che spreca sull’amore, sulla vita, al contrario della nostra logica di spreco, che si basa, invece, su una logica di schiacciamento, di morte, di opposizione fra ricchezza e povertà, di disuguaglianza. Dio usa la misericordia perché dà a tutti con abbondanza e in forma differente. Ma solo quando gli uomini riconoscono questa logica e si scambiano i doni ricevuti dalla misericordia di Dio, allora la vita circola, la comunità cresce… Si riconosce la misericordia solo vivendola. Il brano di Marco ci aiuta a concretizzare la misericordia nella vita di Gesù e a capire che, sì, essa è costante e abbondante, ma non è a caso. Cioè la misericordia è donata da Gesù in forma differente e puntuale, perché l’amore per essere educativo sta attento alle situazioni, calibra la sua presenza, tiene inconsiderazione le diversità. Non è mai uguale. Quali sono, allora, le differenti azioni educative della misericordia?

INSIEME

Gesù sta con gli apostoli: la misericordia non è un’azione di un supereroe isolato e tragicamente solo, ma necessita di compagnia e di condivisione. Gesù guarisce la suocera di Simone: la misericordia rimette in piedi perché chi la riceva la possa riutilizzare per servire. Chi riceva misericordia può riuscire a vivere di misericordia. Così essa diventa l’ortoprassi della vita, un modo concreto con cui ci è data la possibilità di entrare nella vita, accoglierla, comprenderla e farla nostra. Gesù si mette alla porta di Simone per incontrare chiunque arriva: la misericordia si vede, si sente, si tocca. Qui tutti vengono, cercano, pregano… 69

LA PREGHIERA E L’AZIONE

Gesù cerca il Padre: la misericordia si alimenta nella preghiera. È un raccordo perfetto tra il pregare e il fare, il contemplare e l’agire, perché l’amore ha bisogno sia di vedere (e di avere sempre visioni nuove) che di fare (e di rinnovarsi in azioni sempre nuove). Il significato biblico di misericordia indica due aspetti: la misericordia è un atteggiamento interiore, profondo (le “viscere di misericordia” di Dio, ma anche quelle della madre che sente dentro di sé la vita del proprio figlio), di legame stretto fra le persone, di orientamento decisivo, di intenzionalità scritta nel cuore; ma nello stesso tempo è anche il fare, l’apparire, l’agire. La misericordia è la profondità e l’esteriorità unite e non divise; è un atteggiamento unificante e, per questo, molto utile alla complessità del nostro vivere, perché non appoggia la logica della contrapposizione, ma dell’inclusione.

OLTRE

Gesù non si ferma a quello che ha raggiunto ma va oltre: la misericordia non restringe il cuore, ma lo allarga all’oltre: è motore per muoversi, non per arrendersi o abituarsi. Gesù dice con chiarezza la sua missione: la misericordia è fatta anche di parole chiare, educative, definite. Ma questa chiarezza è dentro il rapporto di amore e di accoglienza, non è una semplice premessa didascalica oppure una puntualizzazione fredda senza una relazione vitale. Gesù tocca il lebbroso: la misericordia sa di essere forte, non ha paura e dimostra che è la base di ogni miracolo, di ogni passaggio, di ogni guarigione, di ogni cambiamento. Perché non è nient’latro che lo specchio di Dio nella nostra giornata e nel nostro mondo: riempie la giornata non solo di Gesù, ma anche la nostra. Non ci assicura una vita facile, ma sicuramente piena e felice: “La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni”. (Misericordiae Vultus, n. 9).


UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI” - PARROCCHIE DI BOTTICINO

"DOPO IL TRAMONTO DEL SOLE"

Iniziamo il percorso dell'anno, alla scoperta della misericordia di Dio. La prima strada che percorriamo è quella che parte dal creato. Il brano del Vangelo che ci accompagna quest'anno inizia con un dato di tipo temporale, descritto attraverso un'immagine naturalistica: è sera, il sole è tramontato. Con l'approssimarsi della notte, invece che concludersi il lavoro di Gesù (quel giorno aveva già guarito la suocera di Pietro), aumenta: "Guari molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni". Alla fine della storia così come all'inizio della vita è al lavoro la misericordia di Dio: anzi possiamo dire che già dalla creazione del mondo la misericordia di Dio è all'opera e tangibile. Più volte, durante i sette giorni della creazione, al termine del lavoro e dopo il peccato dell'uomo Dio continua a prendersi cura di noi. Dio continua a benedire l'uomo -nonostante il suo operato. Gesù sta all'inizio e a compimento di tutto la creazione: "Egli è immagine dei Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili". (Col 1,15-16)

...NELL'IMMAGINE

Gesù appare all'interno del Cenacolo. La stanza è in muratura, la porta chiusa e sprangata. Il cuore degli apostoli è triste e orientato verso di sé. Sembra che tutte le paure e le angosce del mondo siano chiuse in guella stanza. Eppure Gesù è entrato. Misteriosamente è entrato. Gesù entra anche dove tutto è chiuso. La creazione è più forte dei muri costruiti dagli uomini,il creatore si fa creatura ed è presente tra le altre creature. Le fortezze che l'uomo crea per difendersi non possono fermare la misericordia, del Signore.

APPROFONDISCI

Per la tradizione giudeo-cristiana, dire "creazione" è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell'amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato. (...] L'universo non è sorto come risultato di un'onnipotenza arbitraria, di una dimostrazione di forza o di un desiderio di autoaffermazione. La creazione appartiene all'ordine dell'amore. L'amore di Dio è la ragione fondamentale di tutto il creato: “Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato gualcosa, non l'avresti neppure formata" (Sap 11,24). Così, ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l'effimera vita dell'essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto. [...] Perciò, dalle opere create si ascende “fino alla sua amorosa misericordia". (Papa Francesco, Laudato si', n. 76-77) 70

Se non ci fossero gli occhi a guardarla non ci sarebbe la luce. Immaginiamo una luce senza occhi o degli occhi senza luce? Ci sarebbe luce dovunque nell’universo senza che nessuno la guardasse? Ma, come si sa, gli occhi li creò la luce affinchè ci fosse qualcuno che la vedesse. La terra uscì dal sole( e la sua acqua). Dal sole è quest’acqua, con la sua vita e i suoi colori e la sua luce. (E. Cardenal, Canto Cosmico)

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UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI “ Parrocchie di Botticino

La Porta della Misericordia

DOMENICA 11 OTTOBRE

inizio anno pastorale e di catechesi 2015/2016

ore 12,30

PRANZO COMUNITARIO

presso il salone dell’oratorio di Botticino Sera

LASAGNE per tutti, preparate dai volontari il secondo piatto e dolci ogni famiglia porta qualcosa da condividere.

Prestano servizio gli adolescenti delle tre parrocchie.

(E’ bene comunicare alla segreteria - 030 2692094 - il numero di quanti mangiano le lasagne)

ore 14,00 ore 17,00

GIOCHI, FESTA CELEBRAZIONE S.MESSA

in Basilica-Santuario all’inizio del nuovo anno di catechesi

PROMESSE e gli IMPEGNI, dei catechisti, dei genitori e dei ragazzi . Segue CASTAGNATA . con le

PENITENZIALI CON CONFESSIONI

a S.Gallo lunedì 27 ottobreore 20,00 a Botticino Mattina martedì 28 ottobre ore 20,00 a Botticino Sera giovedì 30 ottobre ore 20,00

DOMENICA 11 OTTOBRE INIZIO ANNO PASTORALE 2015/2016 SS.Messe come da orario festivo Pranzo comunitario in oratorio; alle 17,00 presso la Basilica-Santuario di Botticino Sera S.Messa con promesse e impegni dei bambini, genitori e catechisti delle tre parrocchie di Botticino per inizio anno di catechesi segue castagnata

DOMENICA 18 OTTOBRE GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

DOMENICA 22 NOVEMBRE

CELEBRAZIONI

DOMENICA 1 NOVEMBRE

SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI S.GALLO ore 10,00 S.MESSA in chiesa parr. segue processione al cimitero BOTT.SERA in Basilica ore 8,00 - 18,45 al cimitero ore 16,15 BOTT.MATTINA in chiesa parr. ore 9,30 al cimitero ore 15,00

LUNEDI’ 2 NOVEMBRE COMMEMORAZIONE DEFUNTI S.GALLO al cimitero ore 10,00 - 19,00 BOTT.SERA al cimitero ore 10,15 - 15,00 - 20,00 BOTT. MATTINA al cimitero ore 9,30 - 16,00

S.CECILIA PATRONA DELLA MUSICA DOMENICA 29 NOVEMBRE INIZIO AVVENTO utile feste d’estate nelle parrocchie

TORNEO STREET SOCCER € 6.800,00 FESTA ORAT. BOTT. MATTINA € 8.000,00 FESTA ASSUNTA BOTT.SERA € 2.030,00 FESTA PATRONALE SAN GALLO € 14,970,00 FESTA SAN FAUSTINO AL MONTE € 3.500,00 PESCA SAN NICOLA PER ORGANO € 680,00 CODORME’ SAN NICOLA € 2.500,00


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