Rapporto dal Territorio INU 2019 - Volume 3

Page 1



RAPPORTO dal TERRITORIO

2019 a cura di Luigi Pingitore


RAPPORTO dal TERRITORIO 2019 Il Rapporto è prodotto dall’Istituto Nazionale di Urbanistica Responsabile scientifico Pierluigi Properzi Curatori del coordinamento generale P. Properzi, S. Ombuen Curatori delle parti Simone Ombuen, Luigi Pingitore Pierluigi Properzi Autori dei capitoli Aldo Cilli, Donato Di Ludovico, Carolina Giaimo, Carmela Giannino, Roberto Mascarucci, Domenico Moccia, Simone Ombuen, Luigi Pingitore, Pierluigi Properzi, Silvia Viviani, Angioletta Voghera Coordinamento dati ed analisi della pianificazione comunale Simone Ombuen Per il reperimento dati relativi alla pianificazione comunale si ringraziano: Piemonte e Val d’Aosta: Carolina Giaimo; Lombardia: Servizio urbanistico regionale; Liguria: Giampiero Lombardini; Veneto: Fabio Mattiuzzo, Franco Alberti, Massimo Matteo Gheno; Provincia di Trento: Servizio urbanistico provinciale; Provincia di Bolzano: Servizio urbanistico provinciale; Friuli VG: Eddi Dalla Betta; Emilia Romagna: Giulia Angelelli; Toscana. Marco Carletti, Alessandro Marioni, Alessandro Tognetti; Marche: Vincenzo Zenobi, Serenella Sciarra, Bruno Bonifazi, Sergio Bugatti, Massimo Orciani, Maurizio Bartoli, Mario Primavera, Ivano Pignoloni; Umbria: Franco Marini, Leonardo Arcaleni; Lazio: Daniele Iacovone; Abruzzo: Andrea Santarelli, Federico D’Ascanio; Molise: Donato Di Ludovico; Campania: Isidoro Fasolino, Michele Grimaldi, Francesca Coppola; Puglia: Carmelo Torre, Francesco Rotondo, Fulvio Rizzo; Basilicata: Anna Abate; Calabria: Nico Tucci, Domenico Passarelli; Sicilia: Ignazio Vinci, Giuseppe Trombino; Sardegna: Alessandra Casu, Antonio Sanna. Per il reperimento dei datisull’associazionismo municipale si ringrazia l’Area Studi, Ricerche e Banca dati delle autonomie locali ANCI e Cittalia Fondazione ANCI Ricerche. Cartografia e tabelle: L. Di Lodovico, A. Santarelli, G. Panepucci, F. Eugeni Per il reperimento dati relativi alle città metropolitane si ringraziano: Torino: Gianfranco Fiora; Roma: Carmen Mariano, Laura Ricci; Cagliari: Corrado Zoppi; Napoli: Giuseppe Mazzeo; Genova: Giampiero Lombardini; Milano: Laura Pogliani; Catania: Paolo La Greca

Coordinamento ed analisi alle politiche regionali Donato Di Ludovico Per il reperimento dati alle politiche regionali si ringraziano: Abruzzo: Roberto Mascarucci, Pierluigi Properzi, Donato Di Ludovico, Aldo Cilli; Molise: Luciano De Bonis, Emilio Natarelli, Giovanni Ottaviano; Provincia Bolzano: Peter Morello; Basilicata: Francesco Scorza; Calabria: Domenico Passarelli, Ferruccio Lione; Campania: Antonio Nigro, Antonia Arena, Roberto Musumeci; Emilia Romagna: Sandra Vecchietti; Friuli Venezia Giulia: Eddi Dalla Betta; Lazio: Irene Poli, Chiara Ravagnan, Paola Carobbi, Daniele Iacovone, Chiara Amato, Giulia Bevilacqua, Silvia Uras; Liguria: Giampiero Lombardini; Lombardia: Pieluigi Nobile, Marco Engel, Luca Imberti; Marche: Claudio Centanni, Giovanna Rosellini, Roberta Angelini; Piemonte: Carolina Giaimo, Carlo Alberto Barbieri, Mauro Giudice; Valle d’Aosta: Ombretta Caldarice, Carolina Giaimo; Puglia: Carmelo Torre, Fulvio Rizzo, Francesco Rotondo; Sardegna: Alessandra Casu, Vincenzo Cossu, Italo Meloni, Fausto A. Pani, Corrado Zoppi; Sicilia: Paolo La Greca, Ignazio Vinci, Giuseppe Trombino; Toscana: Chiara Agnoletti, Francesco Alberti, Sandro Ciabatti, Camilla Cerrina Feroni, Alessandro Marioni, Daniele Mazzotta, Luca Nespolo; Provincia di Trento: Daria Pizzini, Giovanna Ulrici; Umbria: Marco Storelli; Veneto: Franco Alberti, Claudio Perin, Fabio Mattiuzzo, Andrea Bonato La raccolta dei dati sulla pianificazione paesistico ambientale è stata curata da Ced Ppn (Centro europeo di documentazione sulla pianificazione dei parchi naturali). La raccolta dei dati sulla pianificazione provinciale e regionale e sulla legislazione è stata curata da Lab AnTeA/UnivAq – Donato Di Ludovico. Si ringraziano: Regioni, Province ed Enti che hanno collaborato al reperimento dei dati ed inoltre Ismart per i dati del turismo.

L’Agenzia per la Coesione Territoriale ha curato: Sviluppo Urbano Sostenibile/ esperienze ed attuazione Redazione del RdT P. Properzi, S. Ombuen, C. Giannino, L. Pingitore, D. Di Ludovico, A. Santarelli , L. Di Lodovico, C. Musacchio (Coordinamento editoriale) Idea e Progetto grafico della copertina: Alberto Hohenegger Impaginazione e grafica: PMopenlab srls

INUEd - via Castro dei Volsci, 14 - 00179 - Roma ISBN 978-88-7603-210-3 (Opera) ISBN 978-88-7603-213-4 Finito di stampare 30 novembre 2019 Il Rapporto è realizzato con il contributo economico di Urban Promo


RAPPORTO dal TERRITORIO 2019

Indice RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019 COMPLEMENTI DEL RAPPORTO

L. Pingitore

INU per il PAESE Le Communities Programmi e risultati I Progetti Pilota per il Paese Il Manifesto del Po Le Città Accessibili. Linee guida. Box – Reti della mobilità dolce L’Italia Mediana I Paesaggi del Sud

5 9 45

I. Rossi

57

Tutti gli Urbanisti Gli Architetti e l’urbanistica L’Università e la Formazione Competitività e mercato del lavoro I Vincoli per gli Investimenti Comunali Box – I comuni della strategia nazionale "Aree Interne" (SNAI)

P. Malara M. Reho D. Rallo W. Tortorella G.Marinuzzi F. Monaco 120

XXX CONGRESSO INU

S. Viviani

127

Postfazione

M. Talia

145



RAPPORTO dal TERRITORIO 2019 COMPLEMENTI AL RAPPORTO LETTURE, CONTRIBUTI E MATERIALI

Introduzione L’edizione 2019 del Rapporto affianca ai due volumi sulle Politiche territoriali e sui sistemi di Pianificazione un terzo volume: Complemento al Rapporto dal Territorio 2019. Con questo testo si completa l’indagine del mondo dell’urbanistica attraverso le analisi che lo stesso Istituto ha condotto, con una ricognizione approfondita anche di chi opera intorno al governo delle città e dei territori: dirigenti e amministratori, professionisti, urbanisti, docenti universitari, ricercatori che, insieme, costituiscono una rete per rispondere più efficacemente alla nuova domanda di piano. Negli ambiti di ricerca e sperimentazione percorsi presenti nel volume, l’INU ha voluto coinvolgere enti locali, soggetti istituzionali ed associazioni per costruire di processi di pianificazione, senza velleità di nuovismo, nella convinzione che gli strumenti di una pianificazione rinnovata debbano essere testati in attività reali e proposti nei loro limiti, provando ad affermare un principio di concretezza in relazione al dibattito animato dagli urbanisti stessi.

Luigi Pingitore

Tornare al dibattito e al contributo di contenuti offerti dall’INU non è semplice, né immediato: la ricchezza e la novità argomentativa degli ultimi anni ne hanno sorretto tutti i campi d’azione, persino nei prodotti e negli eventi realizzati. Perciò, questa edizione del Rapporto riguarda il triennio 2016-2019 (cioè il periodo che intercorre dalla pubblicazione dell’ultima edizione del RdT), ma con lo sguardo rivolto al ben più lungo e avvincente posizionamento culturale che, in particolare sotto la presidenza di Silvia Viviani, l’Istituto ha saputo darsi. Di questo intenso lavoro ne fa certamente parte l’apporto scientifico-disciplinare conseguito, ma anche lo sforzo verso un linguaggio più pervasivo che trova, in una comunicazione capace di contaminazioni e di costruzione delle nuove reti di alleanze, l’elemento di rigenerazione intellettuale del proprio patrimonio di conoscenza. Così, nel “gioco del prima e del dopo”, si sono rivelati e intrecciati gli spazi collaborativi e le posizioni, le ricerche e le sperimentazioni. E sarebbero davvero tante le espressioni da poter rappresentare. Ad esempio: prima, il contrasto alle barriere urbane e la visione integrata per città accessibili a tutti era un campo di lavoro debole e incerto; ora, è voce robusta di indirizzo e di proposizioni; in precedenza, la riflessione sulla riforma urbanistica era ancorata alla necessità di presidiare il dettato costituzionale di una legge nazionale di principi per il governo del territorio; adesso, per esempio, si tesaurizza pure la cancellazione dei residui di piano per contrastare efficacemente il consumo di suolo; si considera uno stretto raccordo tra la pianificazione e della programmazione pubblica (fondi straordinari e DUP); si conferma l’utilità di ridare chiarezza, cogenza, compiti, funzioni (e piani strutturali) all’area vasta. Di tale elaborazione rimane critica una corrispondente produzione della letteratura scientifica, ancora e tutto sommato povera, col rischio quindi di non rendere il giusto merito ai tanti filoni di ricerca e riflessione accesi. Il compito di questo volume è anche in questo: recuperare e restituire, almeno in parte, il complesso di assimilazione collettiva sopra richiamato. Tutto ciò emerge e si coglie con chiarezza anche dalle Schede (cap. 1) delle principali strutture di lavoro dell’Istituto, le cosiddette INU Communities, che in questi anni hanno indagato il nuovo, le sue forme e la sua segmentazione, e hanno promosso un arricchimento di temi e modalità di interpretazione. Costituite dopo il XXIX Congresso – Progetto Paese, l’urbanistica tra adattamenti climatici e sociali, innovazioni tecnologiche e nuove geografie istituzionali (Cagliari, 2016) – le INU Communities sono, dunque, concepite in forma aperta verso soggetti titolari di altri Saperi del governo del territorio; quei Saperi che in passato le vecchie Commissioni di lavoro, per loro natura, non intercettavano, ma che nelle Communities contribuiscono alla costruzione di una teoria matura, fatta di idee organiche e funzionali a disposizione del Paese. Non vi è dubbio che la costituzione delle Communities è stata una novità fuori e dentro l’Istituto, fortemente voluta e organizzata intorno all’impianto teorico di Progetto Paese. Per dare corpo e forma al Progetto Paese, analogamente alle attività delle diciannove INU Communities, si è affiancata la sperimentazione di alcuni Progetti pilota (Cap. 2). I Progetti pilota sono, nell’elaborar facendo,

5


applicazioni e iniziative promosse in percorsi di politiche e strategie condivise e sono la dimostrazione tangibile di innovazioni possibili. E anche con questo lavoro si conferma una dimensione composita, una costruzione multiforme di “tessere del mosaico” che l’Istituto intende valorizzare; non a caso, Mosaico Italia: raccontare il futuro è la denominazione della VII Rassegna urbanistica Nazionale (Riva del Garda, aprile 2019). Una visione, insomma, di nuove geografie non “bloccate” dalla spesso angusta dimensione delle regioni amministrative, ma riferite a progetti di territori e di paesaggi. Sono sufficienti le dotazioni organiche degli uffici di pianificazione? L’articolazione e i contenuti dei corsi di laurea corrispondono ai nuovi temi in cui si articola la domanda di piano? Il meccanismo di distribuzione degli incarichi (bandi pubblici/affidamenti sottosoglia) è rapportata all’offerta di strutture professionali presenti sul mercato? Sono questi alcuni dei quesiti, da verificare e comprendere, in ragione soprattutto del grado di adeguatezza che la comunità degli “urbanisti” può offrire e dai quali nei contributi di IFEL, del sistema universitario, del CNAPPC (cap. 3) si intuiscono distorsioni, aggregazioni professionali solo strumentali (in relazione ai fatturati richiesti), una progressiva carenza di alcuni uffici-cardine ma, soprattutto, un circolo vizioso tra una domanda sempre più specialistica e segmentata e una offerta spesso insufficiente in termini di risorse dedicate alla formazione e alle dotazioni di personale qualificato (in tutti i campi: dirigenziale, dei nuclei di progettazione, di valutazione e di gestione dei processi urbanistici). Il Complemento al Rapporto dal Territorio 2019 si chiude con il documento del XXX Congresso dell’Istituto (in Appendice), Governare la frammentazione: “un pensiero politico, un programma che giunge a un approdo rigoroso ma non chiuso, per proporre strumenti utili alla società civile e all’azione istituzionale: un nuovo modo di fare urbanistica per un nuovo modello di sviluppo”1 . Il XXX Congresso è, in questo senso, un continuum del Progetto Paese e ne sviluppa ulteriormente il campo di riflessione: nell’idea di urbanistica di cui è portatore l’INU si interroga se essa appartenga a un nuovo inizio, oppure sia il tentativo di trovare una strada culturalmente valida nella transizione (economica, sociale, ambientale istituzionale e tecnologica). Nella tesi principale del documento congressuale ultimo si asserisce, in definitiva, che la frammentazione, presente in tutti i campi della condizione esistenziale, non è della transizione; è manifestazione salda, resistente, che non si può impedire o stigmatizzare ma, preferibilmente, governare. Il documento congressuale sostiene perciò il lavoro dell’Istituto nei prossimi anni, aperto alle alleanze, in un impegno comune: un patto per l’urbanistica italiana per contribuire a governare la frammentazione del nostro tempo.

1

XXX Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, Documento congressuale, pag 9

6


COMPLEMENTI AL RAPPORTO LETTURE, CONTRIBUTI E MATERIALI

Le INU COMMUNITIES

I PROGETTI PILOTA per il PAESE Il Manifesto del Po

1 2

Le città accessibili. Linee guida L’Italia Mediana I Paesaggi del Sud

Gli ATTORI del PROCESSO di PIANO Gli Architetti e l’Urbanistica L’Università e la formazione Competitività e mercato del lavoro I vincoli per gli investimenti comunali

3



LE INU COMMUNITIES

1

Community “Consumo di suolo e Rigenerazione urbana” Partecipanti Soci Inu. Responsabili delle Community: Carlo Gasparrini, Simona Tondelli, Carolina Giaimo, Angioletta Voghera, Francesco Musco; Referenti scientifici: Francesco Domenico Moccia, Carlo Alberto Barbieri, Laura Fregolent, Corrado Zoppi.

Responsabile: Andrea Arcidiacono

Non soci Inu. Partner istituzionali: Luca Montanarella, JRC-EC, Michele Munafò, ISPRA, Alessandra Ferrara ISTAT, Damiano di Simine Legambiente - Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, Osservatorio sul Consumo di Suolo Campania; Referenti scientifici Elisabetta Peccol, Riccardo Santolini, Davide Geneletti. Gruppo di lavoro: Silvia Ronchi, Viviana di Martino, Silvia Restelli, Rudi Fallaci, Daniele Caruso, Anna Terracciano, Elisa Conticelli, Giuseppe Milano, Marta Ducci, Gaetano Manuele, Daniele Jacovone.

Missione I processi di “consumo di suolo” continuano a causare emergenze ambientali, paesaggistiche e sociali: riduzione delle superfici agricole, perdita di biodiversità e di paesaggio; alterazione dei cicli ecologici, fragilità idrogeologiche, impoverimento delle funzionalità ecosistemiche dei suoli. A fronte di una situazione critica di compromissione dei valori ambientali e paesaggistici del territorio, piani e programmi urbanistici rimangono ancora caratterizzati da modelli di sviluppo tradizionali, con previsioni a forte connotazione espansiva, incapaci di affrontare le nuove complessità della rigenerazione e ri-urbanizzazione della città contemporanea. In questi anni l’INU, anche attraverso le attività del Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo (CRCS), ha contribuito in modo significativo a porre al centro del dibattito culturale e politico il tema del contenimento del consumo di suolo, a partire dalla necessità di una conoscenza accurata del fenomeno e delle sue determinanti, fino alla individuazione di possibili politiche d’azione per la limitazione dei processi di antropizzazione dei suoli, che individuano nella rigenerazione urbana il campo di azione prioritario del progetto urbanistico. Un percorso che ha portato alla costruzione di una rete diffusa di relazioni con enti di ricerca (ISTAT, ISPRA), associazioni (Legambiente, WWF, FAI, LIPU) e università (PoliMi, PoliBa, PoliTo, Università di Napoli) documentata nei Rapporti del CRCS (INU edizioni). Il programma di lavoro della Community si conferma strettamente intrecciato con le attività del CRCS, con cui consolida sinergie, per aprirsi in modo sempre più ampio alle Sezioni e al mondo INU. Obiettivo è dunque di rafforzare le attività di conoscenza e formazione sui temi del suolo e della rigenerazione urbana, attraverso pubblicazioni, corsi, momenti seminariali e convegni che, rivolgendosi alle pubbliche amministrazioni e al mondo delle professioni, mirano, da un lato, ad aumentare il livello di consapevolezza sugli impatti che il consumo di suolo produce sulle funzionalità ecosistemiche del territorio e sul benessere dei cittadini; dall’altro a contribuire alla ridefinizione delle priorità strategiche del progetto urbanistico, a partire dalla necessità ormai ineludibile di un approccio transdisciplinare alla pianificazione del territorio, che persegue una integrazione della finalità di interesse generale della pianificazione verso una dimensione ecologico prestazionale, che impone una forma del piano ancorata ai caratteri strutturali delle infrastrutture sostenibili (reti verdi e blu) e alla nuove prestazioni energetiche e ambientali della città.

Professore associato, membro del collegio di Dottorato UPDP e responsabile scientifico del LabPPTE, DAStU, PoliMi. Vicepresidente INU, responsabile del CRCS e membro della redazione di Urbanistica.

Attività

Le attività svolte dalla Community hanno riguardato: l’organizzazione e/o la partecipazione come docenti a corsi di formazione in collaborazione con le sezioni regionali, l’organizzazione e la partecipazione in qualità di relatori e discussant a convegni e seminari, sia nell’ambito delle manifestazioni dell’Istituto (Assemblea, Bisp, UrbanPromoGreen, UrbanPromo Triennale, Giornata di Studi INU), sia in ambito accademico nazionale e internazionale; la pubblicazione di saggi e articoli su riviste e libri, a partire dai Rapporti CRCS 2017 e 2018; il coinvolgimento in tavoli di discussione pubblica e/o istituzionali sui temi del consumo di suolo e della rigenerazione urbana. La Community ha inoltre lavorato, attraverso il coinvolgimento delle Sezioni regionali e in forma coordinata con le Community “Città resiliente e disegno urbano” (Gasparrini), “Nuovi standard” (Giaimo), “Paesaggio e biodiversità” (Voghera), “Adattamento climatico e pianificazione del mare” (Musco), alla selezione e raccolta di esperienze virtuose (piani e progetti) di particolare rilevanza, segnalate attraverso una Call nazionale, che riguardano casi di: limitazione del consumo di suolo e rigenerazione urbana; progettazione di reti verdi e blu come struttura portante del progetto urbanistico in relazione ai temi della resilienza e del disegno della città contemporanea; azioni di contrasto al cambiamento climatico e di incremento della naturalità/biodiversità urbana.

9


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati

Seminari/convegni (relatore): - 5 dicembre 2017: Convegno nazionale “World Soil Day2017. Il consumo di suolo in Puglia fra dinamiche e politiche territoriali”, Politecnico di Bari. Titolo “Iniziative legislative e politiche regionali per il contenimento del consumo di suolo”. - 15-16 dicembre 2017: X Giornata di Studi INU “Crisi e rinascita delle città”, Università Federico II. Discussant sessione “Rigenerazione urbana, beni culturali, nuovi standard” - 17 luglio 2018: Presentazione Rapporto nazionale ISPRA-SNPA “Il consumo di suolo in Italia”, Palazzo Montecitorio, Roma - 5 ottobre 2018: Convegno nazionale “Consumo di suolo: dinamiche, impatti e strategie per contrastarlo. Città compatta e rigenerazione urbana”, Comune di Forlì. Intervento dal titolo “Strategie per contrastare il consumo di suolo”. - 14 novembre 2018 XI Giornata di Studi INU “Interruzioni, Intersezioni, Condivisioni, Sovrapposizioni. Nuove prospettive per il territorio”, Università Federico II, Napoli. Discussant sessione “Rigenerazione, ricostruzione, recupero, riuso, resilienza” Corsi di formazione: - 14 novembre 2018: Corso “Una nuova fase di pianificazione in Emilia Romagna”, Modulo “La strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale: il progetto della città pubblica”, Ordine degli architetti di Bologna. Lezione “Suolo, servizi ecosistemici e nuovi standard per la pianificazione urbanistica”. - 17 maggio 2018: Corso “Cambiamenti climatici e progetti di resilienza urbana”, Comune e Ordine degli architetti di Livorno, Lezione “Suolo, ecosistemi e pianificazione urbanistica” Convegni (curatore): - 26 maggio 2017: BISP, Roma. WS Intercommunity “Il ruolo delle infrastrutture verdi e blu nel progetto della città contemporanea”. - 21 settembre 2018: UrbanPromoGreen. Convegno “Norme e strumenti per contrastare il consumo di suolo. Quali prospettive per la pianificazione del territorio?”, IUAV. (con L. Fregolent). - 15-19 ottobre 2018: ESP Europe Regional Conference “Ecosystem services in a changing world: moving from theory to practice”, San Sebastian, Spain. Curatore sessione “Bottlenecks and opportunities for applying ecosystem services in spatial planning”. - 20 novembre 2018: UrbanPromo. Convegno “Standard urbanistici e servizi ecosistemici. il ruolo del verde per la riurbanizzazione della città contemporanea”, Triennale di Milano. (con C. Giaimo) - 27 novembre 2018: Presentazione del Rapporto CRCS 2018: Convegno “Consumo di suolo, servizi ecosistemici e green infrastructures. Caratteri territoriali, approcci disciplinari e progetti innovativi”, Politecnico di Milano. Workshop: - 10 maggio 2018: UrbanCenter, Bologna. WS Intercommunity “Le infrastrutture verdi e blu al centro delle politiche urbane”. Pubblicazioni (principali): - Arcidiacono A., Di Simine D., Ronchi S., Salata S. (a cura di), (2018), Consumo di suolo, servizi ecosistemici e green infrastructures: Caratteri territoriali, approcci disciplinari e progetti innovativi. Rapporto 2018 CRCS, INU Edizioni, Roma - Arcidiacono A., Ronchi S., Salata S., (2018), “I servizi ecosistemici per il progetto di piano. Qualità urbana e benessere pubblico”, in Rapporto 2018 CRCS, INU Edizioni, Roma - Arcidiacono A., Pogliani L., Ronchi S., (2018), “Contenere il consumo di suolo attraverso il progetto urbanistico. Il disegno della rete verde quale struttura strategica nel PGT del comune di Rescaldina”, in Rapporto 2018 CRCS, INU Edizioni, Roma - Arcidiacono A., Giaimo C., Talia M., (2018), “Priorità per il progetto urbanistico. Reti ambientali, nuovi standard e rigenerazione urbana”, in F.D. Moccia, M. Sepe (a cura di), Sviluppare, rigenerare, ricostruire città. Questioni e sfide contemporanee, INU Edizioni, Roma. - Arcidiacono A., Salata S., Ronchi S. (2018), “Un approccio ecosistemico al progetto delle infrastrutture verdi nella pianificazione urbanistica. Sperimentazioni in Lombardia”, Urbanistica, n. 159, (ISSN: 00421022), pp. 102-114, INU Edizioni, Roma.

10


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Smart city e smart communities” Partecipanti Partecipano alla community tutti i soggetti che desiderano confrontarsi sui temi dell’innovazione e che negli utlimi tre anni hanno portato le loro esperienze all’interno di iniziative promosse dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, Università, Enti di ricerca, società pubbliche e private. Nello specifico ricordiamo i contributi di Università di Ferrara, Università IUAV di Venezia, Università dell’Aquila, Fondazione Bruno Kessler (FBK), Comune di Faenza, Comune di Forlì, Comune di Castel Bolognese, Con.Ami, Hera, Input, EI4Smart, GFT Italia, Trentino Holiday, Federazione Trentina della Cooperazione, Menowatt GE, Fondazione CRC. Le persone di riferimento all’interno di INU ed URBIT, i singoli professionisti.

Responsabile: Gianluca Cristoforetti

Missione Il contributo introduce e sviluppa una proposta teorica e disciplinare per definire le smart cities e le smart communities attraverso nuove forme di creazione di valore collettivo, e dunque di bene comune, a partire da suoi rapporti con la tecnologia, le comunità ed il territorio. Questo a partire da un paradigma che si basa su due idee strettamente interrelate: quello di una contabilizzazione dell’invisibile resa possibile dalle nuove tecnologie digitali e quella di una accelerazione dei comportamenti virtuosi che tale contabilizzazione favorisce. Si pone la necessità di estendere il paradigma di smart city come città “tecnologica ed interconnessa, pulita, attrattiva, rassicurante, efficiente, aperta, collaborativa, creativa, digitale e green” (Ratti, 2012), con quello di community, smart & ethic. Così come i cambiamenti indotti dalla crescita (o dalla decrescita) diseguale: i nodi posti dalla sostenibilità economica, sociale ed ambientale, non possono essere interamente trattati unicamente con gli strumenti della pianificazione tradizionale. La smart city e le smart community per considerarsi un nuovo modello di città devono essere auto consistenti e non certo un investimento a perdere da parte del soggetto pubblico, così da essere generative di innovazione sociale devono creare valore. Per questo motivo lo smart urban planner assumerà una sempre più grande importanza e dovrà essere possedere la competenza per valutare i possibili business model a supporto dell’innovazione. Per aiutare i decisori a trovare le risorse e fare investimenti – magari attivando progetti pilota – è necessario supportare attraverso la capacità di valutare i casi di successo, il ROI del partner privato ed lo SROI (metriche di rendimento ed impatto) così come trovare partner istituzionali (Università e centri di ricerca). Qualsiasi modello si scelga lo smart city planner deve affrontare alcune fattori di criticità come ad esempio la proprietà e la privacy dei dati e deve sempre trovare elementi di sostenibilità individuando un beneficio quantificabile in termini di sostenibilità, efficienza, sicurezza e qualità generale della vita.

Urbanista e Smart City planner, svolge attività di pianificazione per la P.A., è coordinatore scientifico del centro Next City Lab presso DA Ferrara. Parallelamente svolge attività di consulenza R&I per aziende italiane e multinazionali

Attività Pubblicazione del volume “Smart cities and community-based planning Innovazione e qualità del futuro, per conto di INU Edizioni, attività di ricerca nell’ambito dell’iniziative “Mappe di Italia” con il Comune di Imola (BO) relativamente al Programmatico Qualità Urbana DPQU e con TEP S.p.a. Parma (PR) in merito alla “Mobilità di Comunità”.Organizzazione delle seguenti iniziative: - URBANPROMO 2016: SMART & ETHIC CITIES. Abilitazione di smart communities, nei sistemi territoriali, per la creazione di valore e per nuovi modelli di redistribuzione. La velocità dei cambiamenti tecnologici, culturali, organizzativi, economici e sociali determina una trasformazione praticamente incessante e complessivo della società. - URBANPROMO GREEN 2017 UN NUOVO MODELLO DI MOBILITÀ SOSTENIBILE ED ELETTRICA NELLE MEDIE CITTÀ ITALIANE. L’obiettivo è quello di aprire una finestra sulle piccole città italiane che per ragioni strutturali difficilmente riescono a promuovere in modo stabile una mobilità diversa da quella tradizionale pubblica o privata che sia. - URBANPROMO GREEN 2018 SMART COMMUNITY PER SMART CITY. Urbanistica 4.0 è certamente uno slogan che fa però capire come stiano avvenendo fatti dirompenti nelle nostre comunità. La capacità di indirizzare il cambiamento, in questa inevitabile fase di transizione, da una città di mattoni ad un’altra di persone e di relazioni, significa scorgere nuove alleanze di imprese, nuovi obiettivi locali, buone tecnologie al servizio dell’uomo.

Risultati La community ha prodotto una cultura diffusa all’interno dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e Urbit e un approccio disciplinare che comincia ad incidere anche nel contesto della P.A. e dell’apparato normativo (si veda il tema della smaterializzazione degli standard urbanistici in servizi smart). Oggi riaffermare obiettivi sociali alti è un’aspirazione resa ancora più “controcorrente” da un quadro globale di trasformazioni dirompenti: il riscaldamento globale, l’invecchiamento della popolazione, flussi migratori planetari e l’evoluzione digitale mutano profondamente sia i comportamenti sociali che le interazioni economiche. La concomitante 11


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

quarta rivoluzione industriale, diseguale nello spazio, nelle forme e nei tempi, induce all’emersione di nuove infrastrutture sociali caratterizzate da inedite forme di creazione e ridistribuzione del valore, con sperequazioni sepre più evidenti. Via via abbiamo provato a coniugare, quantomeno concettualmente, mercato globale e svilippo locale, sostenibilità e resilienza, rigenerazione di contesti territoriali e urbani, coesione sociale, cercando qualche formula alchemica in grado di risolvere i processi di depauperamento delle comunità e riportare al centro delle scelte politiche la persona. In questo quadro di disaggregazione e ricombinazione sociale, capace di rimodulare fattori economici, sociali e politici, la contemporaneità obbliga ad interpretare questi fenomeni anche attraverso il filtro della social & digital disruption, autentico e pervasivo cambio di paradigma globale. Questa interpretazione della rivoluzione digitale e dell’affermarsi dell’economia delle piattaforme, propone nuove sfide anche alle amministrazioni che hanno a disposizione un nuovo strumento per trarre valore “pubblico” da questa evoluzione del sistema economico. Un nuovo approccio che riconosce il valore generato dall’agire individuale ordinario, inteso come l’insieme delle micro azioni che moltitudini di individui compiono ogni giorno. Un progetto disciplinare per il quale l’urbanistica, se vorrà effettivamente avere un impatto reale, dovrà avere strumenti per integrare l’innovazione sociale determinata da quella tecnologica con i grandi temi della contemporaneità. La nuova disciplina 4.0 sarà necessariamente costruita su almeno cinque pilatri fondamentali, che definiscono lo smat planning. Un nuovo concetto di standard urbanistici. Considerata la necessità di agire sulle prestazioni ambientali delle città, sugli spazi pubblici e i paesaggi, azioni che richiedono investimenti sulle infrastrutture, componenti materiali e immateriali complesse, con funzioni eco-sistemiche e riequilibranti, appare prioritaria una riforma degli standard urbanistici. Un nuovo modello di mobilità. La mobilità è fattore determinante per raggiungere la sostenibilità ambientale, economica, sociale in forma integrata e multiscalare, incidendo sui comportamenti, con effetti di lunga durata e impatti misurabili. Un nuovo modello dell’abitare. L’abitare costituisce un’opportunità per la riabilitazione fisica e sociale delle città. Guardare alla residenza in termini di servizi abitativi è un modo per ridisegnare le mappe e i ruoli delle città, dei cittadini, dei nuovi gestori sociali. Un nuovo modello di programmazione integrata. La priorità della rigenerazione delle forme nelle quali si sviluppa il capitale relazionale va alle aree che esprimono forme materiali e immateriali di disagio urbano, ove sono compresi stati di rischio, domanda di casa, condizioni reali o percepite di insicurezza sociale, scarsa aggregazione sociale, difficoltà ad accedere ai servizi urbani e la disponibilità della rete digitale e di avanzate tecnologie a sostegno delle esperienze urbane. Interventi di rigenerazione quindi da intendere come piattaforme collaborative - e generative di innovazione sociale - a scala urbana. Un nuovo modello di pianificazione e rete L’ambito di area vasta è il luogo dell’effettiva dimensione spaziale dove sono insediati gli abitanti, dove si sviluppa la mobilità, dove interagiscono le imprese, dove è possibile salvaguardare l’ambiente e allocare correttamente le risorse tramite progetti unitari: progetti di reti. Le reti sono i campi operativi della nuova urbanistica, così da fornire nuovi standard ai cittadini che si muovono in ambiti territoriali interdipendenti. Le infrastrutture sono smart e slow, hard e soft.

12


LE INU COMMUNITIES

Community “Politiche e interventi per la difesa dei suoli e vulnerabilità sismica” Partecipanti Membri INU: Pierluigi Properzi, Donato Di Ludovico, LaUrAq - Laboratorio Urbanistico per la Ricostruzione dell’Aquila (INU/ANCSA), Andrea Santarelli, Quirino Crosta, Elena Scarpone, Daniele Tomei, Lavinia Vagnozzi, Alessandro Bruni, Flavia Sinisi, Federico D’Ascanio, Giulia Taraschi, Valeria Saiu, Francesco Alberti, Nadia Robertazzi, Chiara Capannollo, Maria Grazia Piccinini, Federico Eugeni, Claudio Alagna.

1 Responsabile: Luana Di Lodovico

Collaborazioni esterne: Associazione Ilaria Rambaldi Onlus, Mètis Community Solutions, Paola Rizzi, Diver S City, LAP (Laboratorio di Architettura Partecipata), Comune di Tornimparte (Sindaco Giacomo Carnicelli), Marco Morante. Collaborazione con le communities: “Città Accessibili” (resp. - Iginio Rossi), “Governance e Diritti dei cittadini –Partecipazione” (resp. – Donatella Venti), “Aree interne/Ricostruzione” (resp. – Massimo Sargolini) e “Area Vasta e dimensione macroregionale” (resp. – Roberto Mascarucci).

Missione La community “Politiche e interventi per la difesa dei suoli e vulnerabilità sismica” muove le sue attività di ricerca a partire dalle tre parole chiave del Progetto Paese, discusse al XXIX Congresso, #adattamento, #geografie, #innovazione aggiungendone una quarta: #prevenzione. Lavorare sui temi della difesa dei suoli e vulnerabilità sismica richiede un approccio multidisciplinare e multiscalare, data la complessità del tema, ecco perché l’attività della community è stata portata avanti in sinergia con le attività delle sezioni Regionali INU, con le communities che si occupano di ricostruzione, accessibilità, di adattamento, di partecipazione e di innovazione e con tutti gli enti di ricerca, associazioni professionali, amministrazioni, interessati ai temi quali mitigazione dei rischi, ricostruzione urbanistica-sociale-economica, formazione di tecnici specializzati in pre-disaster planning e mitigation planning, informazione/formazione dei cittadini e sulle tematiche inerenti la difesa dei suoli e la vulnerabilità sismica. La community, infatti, sta portando avanti una ricerca che da un lato indaga e mette a sistema i numeri relativi alla messa in sicurezza territoriale e alla ricostruzione fisica, sociale ed economica dei territori colpiti da eventi calamitosi negli ultimi 10 anni, e dall’altro vuole individuare e illustrare nuovi scenari possibili di sviluppo per le città italiane, basati su modelli innovativi che possano rivitalizzare i territori colpiti, renderli sicuri e attrattivi, senza dimenticare le esigenze delle comunità, delle amministrazioni e del mondo imprenditoriale, ragionando su più scale, sia quella locale che quella macroregionale. Tra gli obiettivi community troviamo sia l’implementazione e rafforzamento della rete di relazione già costituita, sia diventare soggetto in grado di favorire il confronto e il dibattito tra mondo accademico della ricerca, amministratori pubblici, rappresentanti delle professioni e imprenditori al fine di individuare sinergie, programmi e buone pratiche di messa in sicurezza territoriale e ricostruzione (confrontando i sistemi di ricostruzione dell’Aquila 2009, Emilia – Romagna 2012 e Centro Italia 2016/2017) da raccogliere in un breve documento che verrà presentato al XXX Congresso INU relativamente all’asset “Un Paese Fragile”.

Ingegnere e PhD specializzata in sistemi e governance dei rischi (Pre-disaster planning e mitigation planning e Ricostruzione. Membro Ufficio di Presidenza INU Nazionale e Vicepresidente della sezione INU Abruzzo/ Molise.

Attività

Le attività svolte nell’ambito della Community sono molteplici e stanno coinvolgendo soci INU, sezioni INU, amministrazioni, associazioni, tecnici, associazioni e laboratori di ricerca e/o formazione. Dopo un primo lavoro di ricognizione sullo stato dell’arte portato avanti dalla responsabile della community, in linea con il filone di ricerca di cui la stessa si occupa dal 2011, è stata aperta e implementata la rete di lavoro e ricerca della community. Nell’ambito deell’ attività di ricerca la community ha prodotto molti paper scientifici, ha partecipato a workshop quali “Dire e Fare 2016” a Scandicci, Biennale dello Spazio Pubblico 2017, Festival delle città Metropolitane a Napoli, “Progettare l’Italia Sicura”, le varie rassegne delle giornate di Studi INU a Napoli, Urbanpromo a Milano (ed. 2017 e 2018). Ha aderito, insieme alla community “Città Accessibili” al “Manifesto per La Ricostruzione Inclusiva” promosso dal CERPA. Sono state anche diffuse le attività della community a mezzo stampa, sul sito INU delle communities, sui social media dell’Istituto. Tra le tante attività portate avanti della community si ricorda l’organizzazione delle attività del LaUrAq(INU/ANCSA), della International School Awareness and Responsibility of Environmental Risk in collaborazione con Diver S City e la professoressa Paola Rizzi (IX e X ed), premio Ilaria Rambaldi “Urbanistica”, dei convegni, tenutosi ad Urbanpromo, “Ricostruzioni Post-Terremoto: il Punto In Abruzzo, Emilia Romagna, Marche e Umbria”, in collaborazione con la community “Aree interne/Ricostruzione e “Ricostruzioni Post-Terremoto: emergenza e innovazioni sociali”. La community, inoltre, sta lavorando all’organizzazione del XXX Congresso INU e della VII Rassegna Urbanistica Nazionale.obiettivi locali, buone tecnologie al servizio dell’uomo.

13


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati In questi anni di attività la community ha ampliato la sua rete di relazione attraverso una cooperazione sinergica tra istituzioni, professionisti, Università, Centri formazioni e ricerca, Associazioni culturali (INU). Le attività della community hanno sempre messo al centro il ruolo fondamentale della Pianificazione come prima forma di prevenzione/mitigazione dei rischi, di sostenibilità ambientale, di contenimento del consumo di suolo e di Rigenerazione Urbana. La redazione di paper scientifici e la partecipazione a workshop, conferenze, tavole rotonde, le attività di formazione svolte da alcuni membri della community, oltre che dalla responsabile, sono tutte attività che rientrano nella linea di lavoro che la community si è data: superare la prassi frammentaria e disorganica che ha caratterizzato la pianificazione urbanistica, territoriale e ambientale degli scorsi decenni, ponendo al centro il progetto urbanistico quale elemento che si possa fare carico di politiche adattative, multiscalari (macro/micro) e multidimensionali (interdisciplinarità dei saperi). Un progetto che non può prescindere da una conoscenza approfondita e dinamica dei rischi che interessano il territorio, sia in termini urbanistici che di protezione civile: l’integrazione necessaria tra le previsioni dei Piani di protezione civile nel governo del territorio, e specificatamente nella pianificazione urbanistica e territoriale ordinaria, è difatti il tema centrale del lavoro della community. In quest’ottica, la community ha lavorato su due punti fondanti: il primo punto riguarda la messa a sistema tutto il patrimonio urbanistico, conoscitivo e progettuale, che i vari territori colpiti dai recenti eventi calamitosi hanno prodotto negli anni per evitare che tale patrimonio non vada disperso e resti alla memoria. Il secondo su un lavoro di ricerca, portato avanti con il supporto del laboratorio ANTEA e LAURAQ, che vede la costruzione di una piattaforma, da porre come base di un sistema di pianificazione che sia in grado di inserire in un sistema le problematiche di pianificazione urbana, dalla vasta scala a quella locale e i temi di mitigazione del rischio. Un sistema ambizioso che permetterà di individuare, attraverso un abaco di interventi suddivisi anche per priorità, le strategie di intervento più idonee (locali e/o territoriali) attraverso l’applicazione e l’uso delle più moderne tecniche e tecnologie, consentono di identificare e pianificare interventi territoriali (rigenerazione, sicurezza, etc.). Pertanto, un modello di pianificazione basato sui principi di cautela, responsabilità e prevenzione, in cui le strategie per mitigare i rischi da terremoti e alluvioni devono essere intese come la responsabilità di tutti. Il sistema è il modello è in fase di elaborazione ed andrà ulteriormente testato prendendo a riferimento diversi progetti, in città diverse (attualmente ci si sta occupando del caso di Sulmona, in provincia dell’Aquila), al fine si testare la sensibilità della piattaforma e affinare la matrice degli interventi. Questi saranno i due elementi fondamentali che verranno anche presentati al XXX Congresso INU relativamente all’asset “Un Paese Fragile”.

14


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Mobilità Urbana e Logistica” Partecipanti Soci INU: Marco Carlo Castelli, Alessandro Bianchi, Micaela Bordin, Francesco Cotellessa, Giovanni Crocioni, Mauro D’incecco, Roberto De Lotto, Gaetano Manuele, Manlio Marchetta, Italo Meloni, Franco Migliorini, Giovanni Ottaviano, Rosario Pavia, Adriano Poggiali, Rossana Precali, Raffaella Radoccia, Daniele Ronsivalle, Elisa Salerno, Nicolò Savarese, Francesco Suraci, Dino Trapani, Mario Villa, Paolo Viola, Mariangela Virno. Oltre ai soci INU, partecipano alla Community i dirigenti delle Città Metropolitane e dei grandi Comuni italiani: particolare attenzione è stata prestata da Alessandro DELPIANO (Direttore alla “Pianificazione Territoriale” della Città Metropolitana di Bologna), Giampiero ORSINI (Direttore alla “Pianificazione territoriale generale” della Città Metropolitana di Roma Capitale) e Filippo SALUCCI (Direttore alla “Mobilità, Ambiente e Energia” del Comune di Milano).

Missione L’aumento della concentrazione degli abitanti nelle aree urbane, che in Europa supera il 40%, enfatizza la rilevanza economica ed ambientale che gli spostamenti delle persone e delle merci assumono nella città contemporanea. Ne emerge un’esigenza istituzionale di aiuto alla risoluzione dei principali problemi connessi alla mobilità e di ripensamento delle dotazioni infrastrutturali delle diverse forme insediative (nuovi standard urbanistici). La mobilità urbana è caratterizzata da profondi mutamenti dovuti agli effetti combinati della crisi economica e delle politiche ambientali dell’UE: a fronte di una generale contrazione del tasso di motorizzazione, aumentano l’invecchiamento del parco veicolare, la domanda per il trasporto pubblico locale e sono in espansione i servizi di mobilità condivisa come il bike sharing (accompagnato dall’estensione della densità di piste ciclabili) ed il car sharing (alimentato anche dai nuovi servizi a flusso libero). A gestire dicotomie e scenari evolutivi di settore è chiamata l’ultima generazione di piani della mobilità locale: i PUMS – Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile. I PUMS, ispirati ai principi di integrazione, partecipazione e valutazione, nascono per soddisfare i bisogni di mobilità attuali e futuri degli individui e di trasporto e distribuzione delle merci, al fine di migliorare la qualità della vita nelle città e nei loro quartieri. Le politiche per la mobilità sostenibile a scala urbana trovano riferimento normativo nella COM(2009)490 di emanazione del Piano d’Azione sulla Mobilità Urbana e nel Libro Bianco Trasporti (2011), ma sono proprio le Linee Guida per lo sviluppo e l’implementazione dei PUMS a definirne maggiormente i contenuti. Preliminarmente emanate dalla Commissione Europea – Direzione Generare per la Mobilità ed il Trasporto nel 2013, sono state recepite dall’Italia, quattro anni più tardi, con il DM 4 agosto 2017. La Community INU “Mobilità Urbana e Logistica” corrisponde ad uno dei campi di lavoro dell’Istituto finalizzata alla costruzione di progetti operativi e di proposte per il Paese. Essa è orientata al superamento dell’approccio culturale rigidamente amministrativo e settoriale, a favore di esigenze funzionali emergenti dalle aree urbane e metropolitane. Favorisce il coordinamento tecnico interamministrativo e la facilitazione della governance atta alla ridefinizione di geografie interamministrative per l’erogazione di servizi multimodali e la costruzione di strategie, a differenti orizzonti temporali.

Responsabile: Mauro D’Incecco

Project manager di piani e progetti di opere infrastrutturali (es. PRIT Abruzzo, M4 Milano), è membro effettivo INU e Presidente del CTS del Polo d’innovazione INOLTRA (trasporti e logistica).

Attività La Community “Mobilità urbana e Logistica” ha condotto una propria attività finalizzata a rilevare lo stato della pianificazione di settore e degli interventi che ne conseguono, ma particolarmente fertili sono state le collaborazioni messe in atto con la Community “Portualità”, coordinata da Paolo Viola, e con la Community “Città accessibili”, coordinata da Iginio Rossi. Tra le attività specifiche della Community emerge la survey condotta su quattro linee d’indagine: Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile; infrastrutture; city logistics; progetti d’impiego di dispositivi ITS per l’infomobilità. L’attività ha fatto registrare l’attiva partecipazione da parte di alcune città metropolitane e di grandi comuni. Nel luglio 2017, la Community partecipa al Festival delle Città Metropolitane in relazione al tema della city logistics ed all’interno del più ampio campo della logistica delle merci che caratterizza l’interazione tra le funzioni urbane delle città portuali ed i porti. A settembre 2018, si registra la partecipazione ad Urbanpromo “Green” in relazione al ruolo delle ciclovie nazionali e locali nei confronti dei territori e delle aree urbane attraversate. Nello stesso mese, a Venezia, al responsabile della community viene affidato il compito di trarre le conclusioni del kick off meeting del nuovo Piano Regionale dei Trasporti della Regione Veneto, in presenza dell’Assessore regionale ai “lavori pubblici, infrastrutture e trasporti”, Elisa De Berti. Nel novembre 2018, presso la Triennale di Milano, la Community partecipa ad Urbanpromo “Progetti per il Paese” nella sessione dedicata a “porti, città e territori” evidenziando l’esigenza di raccordo tra pianificazioni di settore.

15


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati La Community “Mobilità urbana e Logistica” ha condotto una propria attività finalizzata a rilevare lo stato della pianificazione di settore e degli interventi che ne conseguono, ma particolarmente fertili sono state le collaborazioni messe in atto con la Community “Portualità”, coordinata da Paolo Viola, e con la Community “Città accessibili”, coordinata da Iginio Rossi. Tra le attività specifiche della Community emerge la survey condotta su quattro linee d’indagine: Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile; infrastrutture; city logistics; progetti d’impiego di dispositivi ITS per l’infomobilità. L’attività ha fatto registrare l’attiva partecipazione da parte di alcune città metropolitane e di grandi comuni. Nel luglio 2017, la Community partecipa al Festival delle Città Metropolitane in relazione al tema della city logistics ed all’interno del più ampio campo della logistica delle merci che caratterizza l’interazione tra le funzioni urbane delle città portuali ed i porti. A settembre 2018, si registra la partecipazione ad Urbanpromo “Green” in relazione al ruolo delle ciclovie nazionali e locali nei confronti dei territori e delle aree urbane attraversate. Nello stesso mese, a Venezia, al responsabile della community viene affidato il compito di trarre le conclusioni del kick off meeting del nuovo Piano Regionale dei Trasporti della Regione Veneto, in presenza dell’Assessore regionale ai “lavori pubblici, infrastrutture e trasporti”, Elisa De Berti. Nel novembre 2018, presso la Triennale di Milano, la Community partecipa ad Urbanpromo “Progetti per il Paese” nella sessione dedicata a “porti, città e territori” evidenziando l’esigenza di raccordo tra pianificazioni di settore.

16


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Città Storica” Partecipanti

Responsabile:

Il lavoro della community si è svolto attraverso un percorso nel quale abbiamo incontrato soggetti diversi interessati al tema che assieme hanno contribuito a sviluppare alcuni dei tanti aspetti che caratterizzano la città storica. In primo luogo le sezioni regionali dell’INU: con Veneto e Piemonte sono stati organizzati seminari e incontri. Poi gli Ordini degli Architetti PPC che hanno condiviso l’urgenza e l’importanza del tema e in particolare gli ordini veneti, l’ordine di Vercelli, quello di Cesena e Forlì. Il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC con il quale la collaborazione è ancora in corso. Infine lo IUAV che ci ha coinvolti nel Master Heritage and Tourism che si è svolto nel 2017-2018. Attraverso il protocollo di intesa tra Inu e Comune di Figline Valdarno, coordinato da Franco Landini, la community ha portato un contributo al progetto di ricerca e comunicazione sulle strategie di intervento e riqualificazione del tessuto storico.

Marisa Fantin

Missione

Vive e lavora a Vicenza. Iscritta all’INU da 1994, vicepresidente dal 2016. Si occupa con continuità sia in campo professionale che nella ricerca dei temi della pianificazione comunale e di area vasta. Ha redatto il piano per il centro storico di Vittorio Veneto (Urbanistica Quaderni 39) e il masterplan per il centro storico di Vicenza.

All’inizio l’obiettivo principale era richiamare l’attenzione sulla città storica, a lungo lasciata in secondo piano dalla progettazione urbanistica e dalla programmazione dello sviluppo delle città, dimenticata dalle azioni di rigenerazione urbana rivolte alle aree periferiche residenziali e produttive. Il progressivo abbandono dei centri storici, la crisi delle attività commerciali, gli eventi sismici hanno messo in luce la fragilità di questi brani di città e la necessità di un intervento che non può essere solo indirizzato alla conservazione del patrimonio, ma deve necessariamente occuparsi del suo rinnovamento. E non solo per affrontare i fenomeni negativi, ma anche per valorizzare le risorse economiche che possono essere messe in campo dall’incremento del turismo; dalle risorse ambientali legate al riuso e alla riqualificazione, dal miglioramento delle prestazioni energetiche e climatiche delle nostre città; dalle risorse sociali legate alla riqualificazione degli spazi pubblici, alla progettazione di sistemi di accessibilità e al vasto patrimonio pubblico che può essere rimesso in gioco. E’ importante ora fare leva su questa nuova consapevolezza e sviluppare una modalità di intervento nella città storica che la riconosca come spazio che esplora e propone un nuovo modello integrato in una logica di sviluppo locale nella quale la cultura non è un momento separato dalla comunità o confinato negli spazi e nei contenitori destinati al tempo libero e all’intrattenimento, ma diviene una componente basilare dei processi di creazione del valore economico e sociale. Città storica come attrattore nella misura in cui sarà capace di aumentare la visibilità del sistema economico, contribuendo all’orientamento di flussi turistici, di decisioni di investimento, di copertura mediatica ecc., di tutte quelle risorse preziose nei moderni processi di sviluppo locale. Per ottenere questo risultato, la logica progettuale dovrà avere una matrice aperta e riadattabile, con una •filosofia del tutto opposta a quella dell’iper-specializzazione e invece legata all’idea della città come luogo di condivisione e di relazione: un luogo che evita le definizioni troppo rigide perché si presenta come sovrapposizione di livelli narrativi e funzionali differenti.

Attività Il percorso è articolato in progetti e seminari. Tra i progetti: - la collaborazione con Invitalia sul concorso di riqualificazione della città storica di Taranto; - la partecipazione al Master IUAV Heritage and Turism che si svolgerà nella primavera 2018; - il protocollo di intesa INU con il Comune di Figline Valdarno per il progetto Il centro storico che vorrei a cura di Franco Landini. Oltre alla partecipazione a incontri e seminari organizzati sui temi riguardanti la città storica ( Firenze 19 maggio 2018, Forlì 17 settembre 2016, Venezia 26 aprile 2018), il ciclo dei seminari dal titolo Il futuro nella storia iniziato a Padova (1 febbraio 2018), la seconda tappa a Cesena (22 settembre 2018), la terza a Matera (20 ottobre 2018), la quarta a Vercelli (26 ottobre 2018) e altre che sono in corso di programmazione.

Risultati E’ importante in primo luogo avere un quadro dei progetti e dei programmi che interessano la città storica e che vanno dai più tradizionali strumenti di pianificazione, ai progetti urbani, ai programmi legati alla valorizzazione delle attività sociali ed economiche. Non va, infatti, dimenticato che i centri storici sono quasi sempre i luoghi dove si è investito nella riqualificazione degli spazi pubblici, nel disegno della viabilità, nel supporto alle attività economiche e culturali. Nonostante l’impegno gli elementi di criticità permangono e, anzi, aumentano. Si tratta quindi di analizzare con competenza tecnica le modalità e i tempi degli investimenti perché essi siano efficaci. 17


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Il tema della la conservazione e valorizzazione della città storica è legato non solo all’intervento edilizio, ma soprattutto a ripensare il sistema storico urbano. Perché i nostri centri storici continuino a funzionare come parti della città, potendo essere recuperati, abitati, utili all’economia urbana è necessario pensare a nuovi modelli di pianificazione e di progettazione che sappiano essere coerenti con i tempi e con le necessità contemporanee. Il quadro delle pratiche e delle esperienze diviene anche il punto di partenza per tornare a riflettere nello specifico della disciplina urbanistica e fornire un contributo a una nuova stagione del progetto sulla città storica che recuperi il ruolo degli strumenti nella definizione delle strategie e consolidi un rapporto di mutua collaborazione tra le diverse possibili scale di intervento. Qui, più che in altre parti di città, serve una tecnica progettuale che sappia non solo disciplinare le trasformazione, ma soprattutto accogliere quanto le comunità sanno esprimere per rinnovare luoghi che appartengono di diritto alla storia e alla memoria di ciascuno di noi e proprio per questo non possono appiattirsi nel ricordo, ma devono saper accogliere invece progetti di futuro.

18


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Città resiliente e disegno urbano” Partecipanti Coordinamento tecnico-operativo: Daniele Caruso e Stefania D’Alterio. Partecipanti: Giovanni Allucci (Agrorinasce), Massimo Angrilli e Matteo Di Venosa (Univ. degli Studi G. d’Annunzio di Chieti-Pescara), Marina Arena, Univ. di Messina), Luca Barbarossa (Univ. degli Studi di Catania), Massimo Bastiani (Tavolo Nazionale Contratti di Fiume), Francesca Boeri e Patrizia Gabellini (Politecnico di Milano), Alessandro Bruni (Spoleto Progetti), Pino Bruno e Michele Munafò (ISPRA), Daniele Cannatella (Univ. Tecnica TU Delft), Paola Cannavò (Agenda Tevere), Giovanni Caudo (Univ. Roma Tre), Domenico Cecchini e Patrizia Ricci (INU Lazio), Chiara Certomà e Marco Frey (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), Giulio Conte (CIRF), Emanuela Coppola, Valeria D’Ambrosio, Emanuela De Marco, Enrico Formato, Sabrina Sposito e Anna Terracciano (Univ.degli Studi di Napoli Federico II), Sergio De Cola (Comune di Messina), Angela Ferruzza (ISTAT), Alessandro Franceschini (Univ. di Trento), Luca Imberti (INU Lombardia), Rocco Lafratta (geologo ambientale), Ina Macaione (Univ. della Basilicata), Luca Meini (Enel S.p.A), Elio Morino (INU Piemonte), Raffaella Nappi (Autorità di Bacino dei fiumi Liri Garigliano Volturno), Alessio Piancone (Comune di Ancona), Irene Poli e Chiara Ravagnan (Univ.l La Sapienza di Roma), Chiara Prevete (Direttore Esecutivo LabGov), Clara Pusceddu (MATTM - Direzione generale per il clima e l’energia), Daniele Ronsivalle (Univ. degli Studi di Palermo), Francesco Rossi e Massimo Zupi (Univ. della Calabria), Riccardo Santolini (Univ. di Urbino), Eliana Saracino (TSPOON), Gabriela Scanu (MATTM - Segreteria tecnica del Ministro), Karl-Ludwig Schibel (Alleanza per il Clima delle Città Europee), Antonio Taccone (Univ. degli studi Mediterranea) e Fabio Terribile (CRISP - Univ.di Napoli Federico II).

Responsabile: Carlo Gasparrini

Architetto e urbanista, professore ordinario di Urbanistica all’Università “Federico II” di Napoli, è autore di numerosi piani e progetti urbanistici e territoriali. È membro della Giunta Esecutiva Nazionale dell’INU.

Missione Costituiscono obiettivi della missione i seguenti: 1. La definizione di un contributo alla costruzione di una politica pubblica relativa agli spazi aperti fondata su un approccio geo-strategico ed ecologicamente orientato, capace di superare le logiche straordinarie e parcellizzate delle decisioni legislative nazionali e regionali, relativamente a: acque e vulnerabilità idrogeologica; bonifica e riciclo delle acque e dei suoli; consumo di suolo e agricoltura urbana; costruzione di cicli energetici alternativi e interazioni con lo spazio urbano; nuovo ciclo dei rifiuti; incremento delle dotazioni vegetali, permeabilità e porosità urbana; innalzamento delle prestazioni microclimatiche e riduzione delle isole di calore; riduzione di CO2 attraverso politiche infrastrutturali alternative alla gomma. 2. Complementare al precedente obiettivo è la definizione di un contributo alla costruzione di una politica pubblica per una generazione di interventi integrati di rigenerazione urbana ecologicamente orientati. Si tratta di trovare risposte adeguate ad una fase radicalmente mutata dal punto di vista degli obiettivi, delle risorse e degli attori, con interventi tendenzialmente di piccola taglia, diffusi e diretti, sia quando riguardano edifici e tessuti sia quando interessano spazi aperti. E di puntare su programmi per parti discrete in cui coniugare: il ripensamento dei diversi pattern insediativi come occasione di interazione strategica con la dimensione geografica della città e le sue reti; l’integrazione tra infrastrutture blu e verdi e interventi di riciclo urbano ed edilizio, di innalzamento delle prestazioni ambientali urbane, retrofit energetico-ambientale e adeguamento antisismico degli edifici; l’incentivazione di eco-servizi di quartiere riferiti a cluster di gestione di alcune risorse; olitiche e dispositivi di incentivazione degli adeguamenti quali-quantitativi a nuove destinazioni del patrimonio edilizio esistente, anche produttive e innovative; lo sviluppo di reti digitali e di servizi connessi all’incentivazione di nuovi soggetti economici e al miglioramento delle prestazioni ambientali urbane; la promozione, manutenzione e cura degli spazi pubblici urbani come componenti essenziali della qualità delle città, della loro bellezza, della loro capacità di integrazione e di inclusione sociale.

Attività Le attività svolte sono state le seguenti: • Coordinamento stabile con i responsabili di altre communities attorno al tema delle infrastrutture verdi e blu; • Coordinamento scientifico e organizzativo del workshop nazionale “Infrastrutture verdi e blu nel progetto della città contemporanea”, nell’ambito della Biennale dello Spazio Pubblico (maggio 2017), con la presenza di 45 invitati organizzati in 4 tavoli di lavoro (i cui atti sono stati pubblicati in “Urbanistica Informazioni” n.273-274, 2018); • Elaborazione del Piano d’Azione Messina nell’ambito della redazione del Primo rapporto della Struttura di Missione “Casa Italia” della Presidenza del Consiglio dei Ministri (maggio 2017); 19


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

• • • • • • •

Ricerca orientata alla lettura dei contenuti ecologico-ambientali e di resilienza urbana nei progetti delle città partecipanti al Bando Periferie (prima parte) illustrata ad Urbanpromo (Milano, novembre 2016); Ricerca orientata alla lettura dei contenuti ecologico-ambientali e di resilienza urbana nei progetti delle città partecipanti al Bando Periferie (seconda parte) illustrata ad Urbanpromo (Milano, novembre 2017); sintesi del lavoro della community al convegno conclusivo di Urbanpromo Green (Venezia, settembre 2018); Relazione introduttiva al convegno inaugurale di Urbanpromo sulle reti verdi e blu come nuova infrastruttura della città contemporanea (Milano, novembre 2018); Partecipazione al Master “Città e territorio” organizzato ad Ancona da INU, SIU, Fondazione ISTAO e Università Politecnica delle Marche, su un percorso formativo orientato anche alle domande di resilienza delle città e dei territori (ottobre 2017); Partecipazione al corso di formazione “Cambiamenti climatici e progetti di resilienza urbana” organizzato a Livorno da Comune di Livorno, INU e Ordine degli architetti di Livorno, sul rapporto tra città resilienti e infrastrutture verdi e blu (maggio 2018). Partecipazione al Convegno “Sviluppo territoriale e urbano e pianificazione urbanistica. Proposte per la programmazione europea 2021-2027”, organizzato da Regione Umbria e INU il 20 marzo 2019 a Perugia, con la relazione “Reti blu e verdi. La necessità di una visione d’assieme” che sintetizzava i lineamenti della proposta nazionale dell’Istituto.

Risultati

Il primo risultato è stato la definizione di una proposta nazionale sulle infrastrutture blu e verdi e sulle modalità di progettazione, finanziamento e attivazione dei nuovi cicli di vita e qualificazione dei paesaggi urbani connessi al trattamento resiliente di acqua, suolo, aria, energia, rifiuti e mobilità. Questa proposta si colloca dentro un quadro in divenire dell’azione pubblica a scala nazionale (in particolare Agenda Urbana, Casa Italia, Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, Periferie, Fondi Strutturali 2021-2027, ecc). La proposta è stata redatta d’intesa con le altre 5 communities coordinatesi con quella “Città resilienti e disegno urbano”. L’indice della proposta è il seguente: 1. La centralità del tema per costruire un’agenda urbana nazionale. Il senso e gli obiettivi della proposta 2. Una diversa cultura del piano e del progetto. Oltre le settorialità disciplinari, tecniche e procedurali 3. Strumenti. La necessità di fertilizzare, implementare e coordinare la filiera di piani, politiche, programmi e norme 4. Risorse. Una prospettiva virtuosa di integrazione ordinaria di finanziamenti pubblici e privati per obiettivi e luoghi 5. Attori. Una nuova geografia di soggetti pubblici e privati e di forme cooperative verticali e orizzontali Il secondo risultato è stata la stipula di una Convenzione INU/Comune di Messina in attuazione del Bando Periferie che ha tra le sue attività: • un corso di formazione per i dipendenti comunali sui temi della resilienza urbana e delle infrastrutture verdi e blu; • l’organizzazione delle linee-guida di un concorso internazionale per il riciclo della ferrovia dismessa Messina-Palermo e la realizzazione di una ciclovia anulare nel Comune di Messina; • la realizzazione di una pubblicazione dei risultati del Progetto CapaCity e del concorso internazionale; Il terzo risultato è stato l’inserimento del Piano d’Azione Messina nel Primo rapporto della Struttura di Missione “Casa Italia” della Presidenza del Consiglio dei Ministri (maggio 2017). infrastru ure verdi e blu come

1. Reti di paesaggi e infrastrutture tecniche conformate per la coesistenza dinamica tra città e acque, per il drenaggio urbano sostenibile, il raggiungimento di condizioni di invarianza idraulica e idrologica, la ritenzione e il riciclo delle acque, la mitigazione e l’adattamento al rischio idrogeologico e idraulico 2. Reti, costellazioni e mosaici di paesaggi vegetali e suoli permeabili

di qualità formale ed eco-sistemica caratterizzati da elevate prestazioni di natura paesaggistica e ambientale anche all’interno dei tessuti urbani

3. Reti e costellazioni degli spazi di “scarto” (suoli e corpi idrici inquinati, aree

1

5

abbandonate e marginali, spazi della dismissione, ecc.) da bonificare, rinaturare e riciclare per usi collettivi, sociali e produttivi ecologicamente orientati, inserendo tali spazi nella dimensione reticolare integrata delle Ivb

4. Reti di spazi pubblici urbani (strade e piazze con relativi sottoservizi) da adeguare alle attuali e future domande di smaltimento e riciclo delle acque, infrastrutture energetiche e digitali, spazi per la mobilità “dolce” 5. Telaio di spazi aperti pubblici e privati di qualità ecologica e paesaggistica per l’identità, la vita sociale e la sicurezza dei territori e delle comunità

6. Luoghi di convergenza di azioni multiattoriali per la riappropriazione sociale, il riciclo delle risorse, la creazione di accordi collaborativi e pattizi relativi alla gestione di beni comuni, la crescita di nuove forme diffuse e sostenibili di economia urbana

Greater New Orleans Urban Water Plan

Parigi, Parc du Trapeze

Freshkills Park, Staten Island, New York

Detroit, Future city, Strategic Plan

Barcellona, Green infrastructure and biodiversity plan 2020

20

R-urban framework, Atelier d’Architecture Autogere e Colombes, Paris

[

Reti di paesaggi e infrastru ure tecniche conformate per la coesistenza dinamica tra ci à e acque, per il drenaggio urbano sostenibile, il raggiungimento di condizioni di invarianza idraulica e idrologica, la ritenzione e il riciclo delle acque, la mitigazione e l’ada amento al rischio idrogeologico e idraulico

]

[

Telaio di spazi aperti pubblici e privati di qualità ecologica e paesaggistica per l’identità, la vita sociale e la sicurezza dei territori e delle comunità

]


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Ricerche e sperimentazioni nuovi standard” Partecipanti Membri del nucleo operativo della Community: Carlo Alberto Barbieri, Ombretta Caldarice, Giacomo Leonardi, Simone Ombuen, Riccardo Santolini, Grazia Brunetta.

Responsabile: Carolina Giaimo

Responsabili delle Community INU: Andrea Arcidiacono, Carlo Gasparrini, Laura Pogliani, Simona Tondelli, Angioletta Voghera. Altri Soci: Cecchini Domenico, Corrado Federica, Casu Alessandra, Crosta Quirino, Di Ludovico Donato, D’Onofrio Rosalba, Engel Marco, Fasolino Isidoro, Fiora Gianfranco, Gabellini Patrizia, Gerundo Roberto, Imberti Luca, Martino Gianni, Moccia Francesco Domenico, Pantaloni Giulio Gabriele, Properzi Piero, Ricci Patrizia, Salata Stefano, Savino Michelangelo, Talia Michele, Vecchietti Sandra, Zublena Richard. Partecipanti non-INU: Alberico Simonetta, Annese Mariella, Bianchi Sergio, Calabrese Alberto, D’Ambrosio Valeria, D’Ascano Federico, De Biase Claudia, D’Onghia Vito, Ottavi Fabrianesi Licia, Ferrara Alessandra, Fini Giovanni, Graziuso Gabriella, Losco Salvatore, Lucattini Paolo, Maldini Sara, Munafò Michele, Redetti Enrico, Torresan Manuela, Villani Francesca, Zanchini Edoardo.

Missione Dopo cinquant’anni dall’approvazione del DI 1444/1968, gli standard urbanistici, divenuti uno degli architravi dell’urbanistica moderna, si confermano ingredienti essenziali per il miglioramento della qualità dei sistemi insediativi, il benessere delle comunità urbane e il rafforzamento della coesione sociale non soltanto per la cogenza cha la natura di norma sovraordinata gli ha conferito ma soprattutto per il suo riferirsi al progetto di suolo pubblico come campo di terreno entro cui sostanziare, contemporaneamente, quel progetto della urbs e della civitas che le dinamiche dello sviluppo urbano espansivo del secondo dopoguerra hanno prevalentemente trascurato. Ritenuti da diversi decenni uno strumento sostanzialmente inadeguato, spesso inefficace e obsoleto della ‘cassetta degli attrezzi’ dell’urbanistica, tornano ad essere una questione cui rivolgere attenzioni rinnovate in forza delle evidenze poste dalla città contemporanea e che inducono a riflettere: • sull’influenza degli standard nel determinare la configurazione spaziale e la qualità della vita nelle città, nell’assegnare funzioni, significati e valori differenziati agli spazi urbani, nell’offrire e nel saper redistribuire dotazioni minime di spazi e servizi pubblici in rapporto all’evoluzione della domanda sociale e del concetto stesso di qualità dell’abitare, concorrendo alla riduzione delle disuguaglianze; • sul ruolo della pianificazione e progettazione degli standard urbanistici nel governo locale delle città, con riferimento al rapporto fra politiche urbane settoriali, risorse e finanza locale; • ul ruolo degli standard per un progetto resiliente e anti-fragile di città pubblica e welfare urbano, in relazione all’imperativo ecologico posto dalla necessità di fronteggiare il cambiamento climatico. L’elaborazione della Community intende ricostruire l’approccio, passato e presente, dei piani urbanistici agli standard, per identificare i requisiti che gli strumenti urbanistici contemporanei dovrebbero assumere per riformare il tradizionale approccio funzionalista alla pianificazione, progettazione, realizzazione e gestione degli spazi per le dotazioni di servizi pubblici minimi. Ovvero per individuare i possibili nuovi contenuti e metodi di un piano il cui principale contenuto e obbiettivo siano la rigenerazione dei tessuti urbani, il contenimento e buon uso del suolo, il soddisfacimento dei bisogni elementari delle comunità. In questa prospettiva standard, servizi e dotazioni sono da considerare una sorta di ‘carta fondamentale’ dei diritti dei cittadini al fine di costruire le nuove prospettive di manutenzione e sviluppo delle città e dei gruppi sociali, passando attraverso il telaio strutturale offerto da tali ambiti spaziali.

Architetto, PhD, Ricercatore universitario ex art. 24-B, DIST Politecnico di Torino, Referente Tirocini Corso di Laurea in PTUPA; Membro CDN INU, Vicepresidente Sezione Piemonte e Valle d’Aosta, Membro della Redazione di Urbanistica.

Attività Il programma di lavoro e ricerca della Community ha riguardato l’implementazione di quattro percorsi d’Azione sviluppati in parallelo, da riannodare attorno a nodi concettuali specifici: • Azione-Costruzione dello ‘spazio’ della Community: strutturazione e realizzazione di uno spazio web • Azione Stato dell’arte: Indagine sugli standard urbanistici in Italia. Le leggi, i piani. Italia 2018; • Azione Labirinti. Percorsi di confronto e disseminazione: organizzazione e/o partecipazione in qualità di relatore e/o discussant a convegni, seminari e dibattiti, nell’ambito di eventi INU (Bisp, UrbanPromoGreen, UrbanPromo Triennale, Giornata di Studi urbanistici INU, altri eventi INU), in ambito accademico nazionale e internazionale; attività di docenza in corsi di Master e formazione permanente professionale; pubblicazione di saggi e articoli su riviste e libri; coinvolgimento in tavoli di discussione pubblica e/o istituzionali (Gruppo di 21


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

lavoro presso il Ministero delle Infrastrutture per l’approfondimento della fattibilità e dei possibili contenuti dell’aggiornamento del DI 1444/68 in materia di standard urbanistici ed edilizi) sui temi delle nuove dotazioni urbanistiche e della rigenerazione urbana. Azione Bilancio delle esperienze e contributi per una proposta di riformulazione della disciplina degli standard (attività a supporto del Gruppo di lavoro presso il MIT). Il coordinamento delle diverse Azioni della Community è stato effettuato dal Nucleo operativo che ha promosso le attività presso i membri della stessa e l’organizzazione degli eventi, confrontandosi con le altre Communities INU ed il complesso delle attività di INU nazionale. La Community ha inoltre lavorato coinvolgendo tutte Sezioni regionali INU per comporre il quadro analitico completo su base nazionale dell’Indagine sugli standard urbanistici in Italia.

Risultati Le attività svolte nel periodo febbraio 2017-febbraio 2019 testimoniano il profilo plurale dei soggetti coinvolti nella riflessione e quel continuo ‘andare e venire’ dell’elaborazione attorno al tema degli standard. Gli esiti delle attività di confronto e disseminazione sviluppati nei Seminari, Convegni e Workshop, sono stati strutturati attraverso la tematizzazione su alcuni questioni-chiave per gli standard e la loro problematizzazione e trovano spazio nella Parte I del Volume. Inoltre, riconosciuta la centralità del ‘fare urbanistica’ praticando il piano e preso atto dell’importanza di approfondire e valorizzare le specificità territoriali delle esperienze di pianificazione, sono stati avviati studi su 50 anni di piani urbanistici e politiche urbane in Italia, da effettuare su tutti i Comuni capoluogo di Regione. Così operando si è sviluppato un focus ristretto su punti di forza e debolezza, successo e insuccesso delle soluzioni progettuali adottate dai piani urbanistici comunali per gli standard: una sorta di atlante critico delle politiche per lo spazio pubblico perseguite - o no - dai PRG italiani per esemplificare potenzialità e limiti dello stato dell’arte della pianificazione e degli standard urbanistici applicati a concreti casi di studio. A descrivere, analizzare e interpretare i piani e le politiche sono stati chiamati studiosi espressione delle Sezioni regionali INU. Parallelamente è stata realizzata una “Ricognizione sugli standard urbanistici in Italia 2018. Le leggi regionali e i Piani urbanistici”. Anche in questo caso sono stati coinvolti referenti individuati nelle Sezioni INU regionali. Gli esiti di tali attività sono documentati, oltre che in presentazioni e interventi orali, nel Rapporto dal Territorio 2019 dell’INU e nei due Volumi: • Giaimo C. (a cura di) (2018), Dopo 50 anni di standard urbanistici in Italia, INU Edizioni, Roma. • Giaimo C. (a cura di) (2019), Dopo 50 anni di standard urbanistici in Italia. Verso precorsi di riforma, INU Edizioni, Roma (Seconda edizione rivista e ampliata, E-book.)

22


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Politiche pubbliche per le città” Partecipanti Associazioni, università, esperti tematici.

Responsabile: Carmen Giannino

Missione Il tema riveste un’importanza strategica in quanto da più parti, a livello centrale, assistiamo alla definizione e programmazione di politiche pubbliche che agiscono settorialmente. Anche i soggetti pubblici programmatori sono diversi pur perseguendo le medesime finalità. Si fa riferimento al tema Habitat III, per il quale è stato prodotto un Rapporto nazionale sullo sviluppo urbano sostenibile; al tema periferie urbane per il quale è stato pubblicato un bando che ha prodotto il finanziamento di 120 proposte progettuali provenienti da 120 città metropolitane e capoluoghi di provincia; al tema aree urbane degradate per il quale è in corso la valutazione di oltre 800 progetti presentati da tutti i comuni, senza distinzione dimensionale; alle politiche di coesione che per la programmazione 2014-2020 prevedono un opzione strategica città che si sostanzia nel PON Città metropolitane e nei Programmi operativi regionali che individuano assi di intervento che privilegiano le città medie, quali poli di innovazione e di offerta di servizi avanzati. Tali strumenti si interfacciano con politiche nazionali settoriali che si attuano nelle città e che contribuiscono, o dovrebbero concorrere a farlo, a determinare migliori opportunità e migliori condizioni di vita per i cittadini, come le politiche sull’innovazione, sull’ambiente, sulle infrastrutture, sulle pari opportunità, sull’inclusione sociale, sull’istruzione. Esse incidono sui livelli di welfare e di servizi, investono gli apparati legislativi e di riforma in atto, presuppongono scelte localizzative e territoriali e azioni in grado di attuare integrazione e condivisione di interventi a scala territoriale sovraregionale e locale. Esse sono, inoltre, in grado di attivare, se coordinate tra loro e raccordate a finalità di crescita, inclusione e coesione sociale, le sinergie necessarie espresse dalle città, dalle reti urbane e dai soggetti che agiscono nei vari contesti sociali, culturali e produttivi.

Attività Contributo all’elaborazione del Rapporto dal territorio 2019, sezione “Le politiche per il territorio, la fine di un ciclo”. Predisposizione di sezioni tematiche su riviste di settore. Organizzazione di workshop di approfondimento.nazionale; attività di docenza in corsi di Master e formazione permanente professionale; pubblicazione di saggi e articoli su riviste e libri; coinvolgimento in tavoli di discussione pubblica e/o istituzionali (Gruppo di lavoro presso il Ministero delle Infrastrutture per l’approfondimento della fattibilità e dei possibili contenuti dell’aggiornamento del DI 1444/68 in materia di standard urbanistici ed edilizi) sui temi delle nuove dotazioni urbanistiche e della rigenerazione urbana. Azione Bilancio delle esperienze e contributi per una proposta di riformulazione della disciplina degli standard (attività a supporto del Gruppo di lavoro presso il MIT). Il coordinamento delle diverse Azioni della Community è stato effettuato dal Nucleo operativo che ha promosso le attività presso i membri della stessa e l’organizzazione degli eventi, confrontandosi con le altre Communities INU ed il complesso delle attività di INU nazionale.

Urbanista, architetto esperta di politiche urbane. Componente del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione del Dipartimento per le politiche di coesione, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Coordina la Segreteria Tecnica del Programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia. Ha collaborato, con la Commissione Parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Ha coordinato la Segreteria tecnica del Comitato Interministeriale per le politiche urbane (CIPU). Membro del Consiglio direttivo nazionale.

La Community ha inoltre lavorato coinvolgendo tutte Sezioni regionali INU per comporre il quadro analitico completo su base nazionale dell’Indagine sugli standard urbanistici in Italia.

Risultati I risultati attesi dovranno condurre a “una riflessione sulle politiche pubbliche per le città per riconquistare il “diritto alla città”. Per farlo non si può che ripartire dalla pianificazione sociale, strategica e urbanistica del territorio. L’elemento che più ha caratterizzato la città europea è lo spazio pubblico. È l’espressione più originale, l’ossatura portante, l’essenza della città, l’idea di città come luogo e patrimonio collettivo. Per riconquistare e valorizzare lo spazio urbano occorre riconquistare la dimensione sociale della pianificazione. La sfida per la pianificazione è davvero cruciale. Nella programmazione pubblica delle città occorre intervenire con nuovi contenuti: controllo dell’espansione metropolitana, spazi pubblici, ambiente, mobilità, risparmio energetico, edilizia sociale controllo del consumo di suolo. 23


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Ma per far vivere questi temi, e questi piani, serve ricercare, fare riemergere e valorizzare da un lato il valore delle politiche pubbliche per le città e della cultura urbana e dei territori. Dall’altro occorre farlo nel segno del “nuovo municipalismo” di cui parla la sindaca di Barcellona Ada Colau. Dipende, quindi, dalla politica ma anche dalla società civile, che deve battersi per riappropriarsi delle scelte collettive. David Harvey, in “Città ribelli”, scrive: “La domanda sul tipo di città che vogliamo non può… essere separata da altre domande, sul tipo di persone che vogliamo essere, sui legami sociali che cerchiamo di stabilire, sui rapporti con l’ambiente naturale che coltiviamo, lo stile di vita che desideriamo e i valori estetici che perseguiamo”. C’è quindi bisogno di cittadini che si impegnino, non solo di rappresentanti politici che sappiano interpretarli e rappresentarli. Il punto di partenza siamo noi.

24


LE INU COMMUNITIES

Community “Risorse per i progetti – Programmazione europea post 2020” Partecipanti La Community nasce allo scopo di monitorare l’evoluzione del dibattito che porterà alla definizione della politica comunitaria 2021-2027 in materia di città e territorio ed ove possibile di incidere nella fase di elaborazione dei Programmi operativi nazionali e regionali. Ha il compito, quindi, di costruire un sistema di relazioni, di essere informato e di informare sulla elaborazione dei documenti comuni-tari, su quelli nazionale e regionali in materia. Non svolge quindi una attività di ricerca, ma piuttosto una attività informativa e di supporto in stretta relazione con la Presidenza. A vario titolo hanno da-to suggerimenti e supporto Giovanni Caudo, Patrizia Gabellini, Ispra, Francesco Monaco, Simone Ombuen, Michele Talia, Lucio Caporizzi, Alessandro Bruni, Beniamino Murgante ed altri amici.

Missione Uno dei passaggi fondamentali del “Progetto Paese” recita che “è necessario completare la transi-zione e dotare gli interessi pubblici di documenti strategici, che fissano obiettivi e priorità, che inte-ragiscono fra loro non come puzzle di previsioni conformativi sul territorio, ma come vettori di azio-ne in grado di combinarsi secondo il principio di coerenza rispetto a priorità condivise. La pianifica-zione per obiettivi e progetti è il complemento necessario di una co-pianificazione matura e respon-sabile dei risultati raggiungibili e raggiunti.” Un simile approccio, legato ad una visione dell’urbanistica più progettuale che “regolativa”, implica l’organizzazione di una “nuova cassetta de-gli attrezzi” a disposizione degli urbanisti e di chi amministra il territorio. L’INU è ed è stato un riferimento sia a livello nazionale che regionale, per chiunque intendesse met-ter mano a leggi in materia di urbanistica o di Governo del territorio; mentre scarsa è stata la sua in-fluenza nella fase di programmazione delle risorse (a livello europeo, nazionale o regionale) destinate a finanziare programmi e progetti per “fare” urbanistica. Alla ricca produzione culturale anche in termini di “politiche” per la città ed il territorio, non ha corrisposto una capacità di incidere sui deci-sori delle politiche. E’ stata una carenza, che, se perpretata, rischia non solo di vanificare il “Pro-getto paese”, ma di metter in discussione il mestiere stesso dell’Urbanista. Se non si redigono più Piani e non si ha a disposizione un armamentario adeguato per definire strategie e progetti integrati per le città e il territorio, gli urbanisti rischiano di essere sempre più irrilevanti.Per tale motivo l’INU, attraverso la presente community, intende monitorare l’evoluzione del dibat-tito e delle conseguenti decisioni a tutti i livelli affinché nella programmazione comunitaria post 2020, le risorse per la città e il territorio siano utilizzate anche in relazione ad una “visione” di tipo territoriale; siano programmate, in altri termini, in relazione ad una adeguata pianificazione territoria-le a tutti i livelli. La discussione sulla nuova programmazione comunitaria sarà avviata nel 2017 e si concluderà alla fine del 2019; l’azione di monitoraggio e di ‘influenza’ sulle decisioni dovrà interessare l’INU sia a livello nazionale che regionale, quando sarà discusso prima il Programma operativo Nazionale (PON) e successivamente i diversi Programmi operativi regionali (POR).

1 Responsabile: Franco Marini

Nato nel 1963 si laurea in Architettura nel 1988. Nel 1993 acquisisce il diploma post laurea del corso di specializzazione in Pianificazione Urbanistica presso la Sapienza di Roma. E’ stato Presidente dell’INU Umbria ed attualmente membro dell’ufficio di presidenza dell’INU. E’ Dirigente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Perugia

Attività L’attività, che dovrà necessariamente proseguire sino alla fine del 2019, quando saranno definiti i programmi operativi nazionali (PON) e successivamemte i programmi operativi regionali (POR) è stata così articolata: alleanze con i decisori; monitoraggio dei documenti elaborati dalla UE, dallo Stato e dalle Regioni in tema di programmazione europea post 2020 (con particolare riferimento ai fondi FESR e quelli per la Coesione); essere informati sulle varie fasi della discussione istituzionale e capire quando e come dare il contributo dell’INU; promozione di seminari e convegni. Contatti avviati: Presidente Regione Umbria, in qualità di Presidente della regione capofila nell’ambito della conferenza delle regioni sulla programmazione europea ed in qualità di presidente del gruppo PSE nel Comitato delle Regioni della UE; Agenzia Coesione; Anci-Ifel; Regioni. Partecipazione a incontri e convegni: • Riunione partenariato economico e sociale nazionale. Roma 12 giugno 2017. • Biennale spazio pubblico 2017. Intervento al Seminario “Buone pratiche per la città accessi-bili” sul tema: “Programmazione europea post 2020. La necessità di una vera Agenda Urbana per le città”. • Urban promo 2017. Organizzazione del Convegno dal titolo “Città e territorio nella pro-grammazione comunitaria post 2020”. • Riunione del partenariato economico e sociale, per discutere della “Posizione italiana sulla politica di coesione post 2020” e per partecipare alla relativa consultazione pubblica. • 20 Marzo 2019 – Perugia. Organizzazione del convegno nazionale “Sviluppo territoriale e urbano e pianificazione urbanistica – Proposte per la programmazione europea 2021-2027” • Partecipazione ai 5 Tavoli istituti dal Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Pres25


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

idenza del consiglio dei Ministri, per il negoziato sulla proposta di Regolamento comunitario per i fondi di coesione 2021-2027.

Risultati Non è ancora possibile presentare dei risultati concreti come frutto del lavoro svolto. La finalità del-la community è quella da un lato di sensibilizzare l’Istituto nella sue varie articolazioni (communities e sezioni regionali) sulla necessità di essere presenti nella fase di definizione delle politiche comuni-tarie; dall’altro di condizionare i decisori delle politiche affinchè la programmazione delle risorse per la città e il territorio vengano inquadrate, sia a livello regionale che comunale, in un Piano strategico-programmatico di natura territoriale. Oggi questo non avviene e gli effetti delle risorse comunitarie sulla città e il territorio sono spesso poco efficaci, proprio perché non inquadrati in una visione territoriale di insieme. Per fare un bilancio sui risultati ottenuti sarà necessario attendere la fine del 2019, allorquando sa-ranno definiti il Programma operativo nazionale per l’utilizzo dei fondi per la coesione e FESR ed i successivi Programmi operativi regionali. Se nel PON e nei POR vi sarà un’indicazione chiara affinché le risorse comunitarie legate alla città e ad al territorio siano inquadrate dalle singole amministrazioni in una visione territoriale di medio periodo, potremo dire di aver raggiunto un risultato signifi-cativo. Per tale fine è necessario un impegno dell’Istituto nelle sue diverse articolazioni nazionali (Giunta, communities) e regionali (sezioni). Ad oggi, certamente un risultato importante dell’Istituto nel suo insieme è stata la sottoscrizione del Protocollo d’Intesa Urb-Act con l’Agenzia per la Coesione, che consentirà di avere una interlocu-zione diretta con uno dei decisori del prossimo Programma Operativo nazionale della programma-zione post 2020. Vanno inoltre segnalate il consolidamento di una serie di relazioni con soggetti direttamente coinvolti nella programmazione delle risorse post 2020 e con i quali è attiva una serrata interlocuzione. Si segnala l’organizzazione del convegno “Città e territorio nella programmazione comunitaria post 2020”, organizzata dalla Community in collaborazione con la Regione Umbria titolare nell’ambito della conferenza delle Regioni delle competenze in materia di affari europei. Al convegno tenutosi alla triennale di Milano il 22 novembre 2017 hanno partecipato rappresentanti delle regioni, dell’Anci, dell’Agenzia della Coesione. I lavori sono stati chiusi dalla Presidente dell’INU. Questi i principali documenti elaborati: • Relazione sullo stato dei lavori dell’Accordo di partenariato. Contributo dell’INU contenen-te valutazioni sulla Politica di Coesione 2014-2020. Giugno 2017 • Relazione dal titolo “La necessità di una vera Agenda urbana per le città”, nell’ambito del convegno “Buone pratiche delle città accessibili”. Biennale spazio pubblico, 25 maggio 2017. • Relazione di apertura al convegno “Città e territorio nella programmazione comunitaria post 2020”, Urbanpromo, Milano, novembre 2017. • Elaborazione delle osservazioni sul documento “Posizione italiana sulla politica di coesione post 2020” nell’ambito della consultazione pubblica, promossa dalla Agenzia per la Coesione. Febbraio 2018. • Nota informativa alle Communities ed alle sezioni regionali sulla proposta di “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le disposizioni comuni applicabili al FESR, allo FSE, al Fondo di Coesione”, con sintesi degli elementi fondamentali di detto regolamento. • Relazione di apertura del convegno “Sviluppo territoriale e urbano e pianificazione urbanistica – Proposte per la programmazione europea 2021-2027”, Perugia, 20 Marzo 2019. • Redazione di un documento unitario presentato ai 5 Tavoli istituti dal DPCoe per il negoziato sulla proposta di Regolamento comunitario per i fondi di coesione 2021-2027. Titolo del documento “Territorio e sostenibilità nel ciclo di programmazione 2021-2027”. Composizione del gruppo di lavoro Alessandro Bruni, Gianluca Cristoforetti, Mauro D’Incecco, Carlo Gasparrini, Francesco Musco, Simone Ombuen, Rosario Pavia, Luigi Pingitore, Iginio Rossi, Luca Trepiedi, Silvia Viviani, Angioletta Voghera, Franco Marini • Oltre al suddetto Documento unitario sono stati presentati contributi INU ai seguenti tavoli: “un’Europa più intelligente” (Ombuen), “un’Europa più connessa” (Pavia, Trepiedi), “un’Europa più sociale” (Bruni), “un’Europa più vicina ai cittadini” (Marini, Voghera). • Scritti su riviste:Urbanistica Informazioni n. 282. Dossier “Verso la programmazione europea 20212027. Prime proposte”, a cura di Franco Marini; con contributi di Franco Marini, Simone Ombuen, Carlo Gasparrini.

26


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Area Vasta e Dimensione Macroregionale” Partecipanti Alla Community aderiscono più di cinquanta soci INU, dislocati in modo omogeneo sul territorio nazionale, con una forte componente accademica. Sono anche presenti professionalità impegnate negli enti territoriali, nonché professionisti che operano sul campo. I membri della Community lavorano in forma coordinata sotto la guida dell’unità centrale basata presso il Dipartimento di Architettura di Pescara e si organizzano liberamente in unità locali di ricerca sul campo.

Responsabile: Roberto Mascarucci

Sono anche in corso di definizione accordi con diversi Comuni, finalizzati alla collaborazione scientifica e all’accompagnamento dei processi di coesione territoriale.

Missione La Community nasce con una specifica finalità, che è quella di prendere in considerazione le tematiche e le questioni della cosiddetta “area vasta”, ovvero del territorio alla scala sovra-comunale. Nell’attuale contingenza italiana la politica urbanistica può avere un nuovo interesse se è in grado di proporre visioni strategiche finalizzate alla riorganizzazione spaziale e funzionale dei sistemi insediativi, capaci di immaginare nuove figure dello spazio insediativo a scala sovra-comunale (sistemi metropolitani, reti di città medie, aggregazioni di piccoli comuni, territori urbanizzati). Per implementare il “Progetto Paese”, infatti, c’è bisogno di un programma di adeguamento del sistema insediativo, attraverso progetti di ri-strutturazione spaziale. Proporre una nuova struttura del sistema insediativo è operazione che presuppone la capacità di cogliere il cambiamento radicale della domanda. E ciò significa affermare un rinnovato primato del sapere “esperto” sull’assunzione aprioristica e apodittica di un modello di città. Un tale approccio comporta inevitabilmente la variabilità degli ambiti territoriali di riferimento, che necessariamente sono diversi in ragione della specifica pertinenza dimensionale della tematica considerata. Ed è per questo che risulta superato il “doppio livello” della pianificazione comunale, dato che la dimensione comunale non è quella giusta per affrontare le tematiche di carattere strategico. Se la città resta “la leva più preziosa per il progetto di futuro” è l’area vasta l’arena più adatta per individuare le “dimensioni pertinenti” allo sviluppo strategico. In tutti i casi (e alle diverse scale) l’approccio innovativo dovrà essere fondato sulla definizione simultanea di strategie generali e di possibili progetti di intervento. I nuovi strumenti dovranno garantire la connessione logica e operativa tra la visione d’insieme e l’intervento puntuale. Detta condizione è indispensabile per assicurare la coerenza dei singoli interventi con il quadro generale, per permettere la realizzazione “per fasi” dei programmi d’azione pensati nella loro organica interezza e per garantire l’efficacia complessiva dei processi. La dimensione di area vasta è la più adatta per effettuare la verifica la compatibilità degli interventi con i quadri conoscitivi condivisi dai saperi esperti. All’interno di questa dimensione, la Community si pone l’obiettivo di individuare una strategia di sviluppo dedicata specificamente a quelle realtà urbane che sono a metà tra le grandi Città Metropolitane e le Aree Interne del nostro Paese.

Professore ordinario di urbanistica presso l’Università di ChietiPescara; si occupa di progettazione del territorio, programmi di sviluppo e fattibilità degli interventi. Presidente della sezione INU Abruzzo/Molise.

Attività La Community ha lanciato e avviato la ricerca Trenta conurbazioni italiane di media dimensione. Il tema delle realtà urbane non ricomprese nelle 14 Città Metropolitane di cui alla Legge 56/2014 è sembrato, infatti, urgente e prioritario rispetto alla irrinunciabile esigenza di ridefinire i contenuti dell’agenda urbana. La ricerca prende in esame trenta realtà urbane intermedie, scelte tra le oltre cento “città medie” per le loro caratteristiche di tipo “metropolitano”, anche se a scala regionale. Esse sono state individuate, in prima istanza, incrociando due metodi di studio ampiamente riconosciuti in letteratura: il metodo delle Functional Urban Region (FUR) e quello delle Dynamic Metropolitan Areas (DMAs). Dopo aver stilato i due elenchi, sono stati selezionate le prime trenta città presenti in entrambi: Verona, Padova, Trieste, Taranto, Brescia, Parma, Modena, Reggio Emilia, Perugia, Livorno/Pisa, Foggia, Rimini, Salerno, Ferrara, Sassari, Siracusa, Pescara/Chieti, Bergamo, Trento, Vicenza, Bolzano, Piacenza, Ancona, Udine, Lecce, La Spezia, Brindisi, Treviso, Varese, Cosenza. Il lavoro di ricerca è partito con il Convegno di Pescara (26.10.2017) ed è proseguito attraverso la definizione di criteri per l’individuazione dei diversi ambiti di articolazione delle realtà in esame (area, città, dotazione, centralità). Scopo della prima fase della ricerca è stato quello di applicare i suddetti criteri condivisi e unificati alle trenta realtà in esame, attraverso la formazione di gruppi di lavoro locali, per la costruzione e pubblicazione di un “atlante” italiano delle conurbazioni di media dimensione, contenente anche proposte operative in termini di programmi d’azione.

27


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati Uno degli obiettivi fondamentali della ricerca è quello di arrivare, in tempi brevi, a disporre di un quadro comparato della organizzazione spaziale dei trenta sistemi urbani già individuati come “conurbazioni di media dimensione”. Questo perché le politiche urbane non possono più ignorare la centralità strategica della dimensione intermedia e soprattutto perché tra le oltre cento città medie si ritiene di prioritaria importanza analizzare quelle realtà che presentano modalità di funzionamento di tipo metropolitano. L’atlante delle trenta conurbazioni italiane di media dimensione può diventare un contributo importante per offrire al dibattito nazionale un diverso punto di vista sul tema delle politiche urbane e territoriali. Perché il prodotto sia efficace è necessario, però, che le trenta situazioni urbane siano indagate con lo stesso metro e questo è uno degli obiettivi centrali della ricerca. I primi risultati sono quindi stati finalizzati a fornire definizioni, indicatori e metodi unificati per il lavoro dei gruppi locali. Questa operazione è stata portata avanti dal gruppo di coordinamento nazionale della ricerca, usando come caso-studio la conurbazione Pescara-Chieti. Sono state, dunque, individuate quattro categorie di analisi e interpretazione del sistema urbano che permettono di rappresentare in modo più articolato e innovativo l’organizzazione spaziale delle conurbazioni di media dimensione. Partendo dall’assunto che le quattro nuove categorie interpretative individuano perimetrazioni che possono avere geometrie non necessariamente concentriche e incrementali, esse sono state definite come segue: • AREA (ambito territoriale di gravitazione pendolare dei cittadini-utenti). • CITTÀ (struttura urbana in continuità spaziale e/o in connessione funzionale). • CENTRALITÀ (sistema dei luoghi attrattivi con effetto urbano). • DOTAZIONE (sistema dell’offerta complementare e sinergica dei servizi di rango superiore). Sono stati, quindi, individuati alcuni “indicatori sintetici significativi” che permettono di rappresentare (seppure in prima approssimazione) la configurazione spaziale delle suddette quattro categorie interpretative, quasi sempre caratterizzate da perimetri tra loro incongrui e comunque non sovrapponibili. I primi approfondimenti effettuati su alcune delle realtà poste sotto osservazione, oltre a evidenziare le similitudini o le differenze che caratterizzano le trenta “metropoli piccole” poste sotto osservazione, ci confermano alcuni assunti: • la specificità dei sistemi urbani di media dimensione che presentano un funzionamento “a sistema” (conurbazioni); • la “geometria variabile” delle quattro perimetrazioni utilizzate (che non si presentano come concentriche e incrementali); • l’efficacia di un metodo di analisi speditivo e unificato per mettere a confronto i fenomeni spaziali nelle diverse realtà. I risultati attesi da questa fase del lavoro sono esclusivamente di tipo interpretativo e comparativo. Gli stessi fenomeni potranno essere indagati con successivi approfondimenti, ma l’anticipazione di alcune interpretazioni è fondamentale per impostare il dibattito sulle decisioni strategiche da assumere. I risultati della ricerca saranno sottoposti al Governo perché prenda opportuni impegni per le realtà metropolitane di media dimensione, vera ossatura portante del “Sistema Paese”.

28


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Politiche e servizi per l’abitare sociale” Partecipanti Laura Fregolent (INU Veneto, Iuav Venezia) MAUD (Mapping and Urban Data) Laboratorio di ricerca DAStU Politecnico di Milano Ricercatori universitari ed esperti delle questioni abitative Attori sociali (Confcooperative, FHS, Federabitazione)

Responsabile: Laura Pogliani

Responsabili pianificazione urbana e politiche per la casa di Comuni, Città Metropolitana e Regione.

Missione Garantire l’abitabilità del contesto territoriale, all’interno di una città formata da popolazioni diverse, ciascuna con legittime aspettative, progettualità e intenzioni, non può risolversi nella sommatoria degli interventi edilizi, ma è una politica pubblica che deve essere sostenuta da interventi riformatori forti. Questi interventi devono basarsi su una conoscenza approfondita del contesto su cui si interviene e sulla definizione di alcune linee di azione L’attività della Community ha provato ad esplorare sia la dimensione conoscitiva che quella operativa. In primo luogo sono stati coinvolti, attraverso interviste e seminari, gli attori sociali e alcuni responsabili nel settore delle politiche abitative, alle diverse scale, per indagare le risorse, i soggetti e i limiti dell’azione pubblica, e le prospettive. In secondo luogo è stata avviata una ricerca approfondita, con il laboratorio MAUD del Politecnico di Milano, relativa ad alcuni aspetti della questione casa ancora poco indagati a scala nazionale e relativi alla dimensione quantitativa e qualitativa dell’affitto in Italia, alle dinamiche ventennali, alla distribuzione e concentrazione geografica, nonché ai costi nelle città metropolitane e nelle 30 città intermedie oggetto di studi da parte della Community. I primi risultati della ricerca sono contenuti nel vol. 1 Il territorio nelle politiche pubbliche e nel vol.2 I sistemi di pianificazione del presente Rapporto dal Territorio Inu 2019.

Professore associato di Urbanistica al Politecnico di Milano. Iscritta all’Inu dal 1987, è vice-presidente sezione Lombardia, consigliere del CDA Inu Edizioni e componente di redazione di Urbanistica.

Per quanto concerne la dimensione operativa sono stati valutati processi e esiti delle politiche pubbliche in corso, relativi alle condizioni e alle azioni effettive di sostegno dell’affitto, agli elementi innovativi del quadro legislativo, ai nodi della gestione del patrimonio pubblico e alle sperimentazioni in atto nel settore del Social Housing. Il rischio di ridurre la questione casa ad interventi settoriali va definitivamente superato in favore di un approccio selettivo ma integrato alle questioni dell’abitare nelle nostre città, che interroga le politiche pubbliche a tutto campo: welfare, territorio, fiscalità, ambiente e si colloca nel punto di intersezione tra bisogno sociale, mercato immobiliare e finalità pubbliche di governo del territorio.

Attività Convegni, seminari, pubblicazioni di atti. Interazione con le Community: • “Ricerche e sperimentazioni nuovi standard” (responsabile Carolina Giaimo) con contributo scritto (“Al servizio della casa. Opportunità e contraddizioni delle politiche in atto”) per la realizzazione del volume 50 anni di standard urbanistici. • “Area Vasta e dimensione macroregionale” (responsabile Roberto Mascarucci) con collaborazioni sulla ricerca dati relativi alla dimensione della locazione nelle 30 città metropolitane intermedie. In programma per febbraio/marzo 2019 la realizzazione di una Giornata di lavoro concentrata sulle questioni di rigenerazione del patrimonio pubblico e di nuova infrastrutturazione. dimensione, contenente anche proposte operative in termini di programmi d’azione.

Risultati Giornata di lavoro INU – Un manifesto per la casa sostenibile - 21 maggio 2018 Milano, in collaborazione con Laura Fregolent e con la partecipazione di: Gabriele Rabaiotti (assessore all’Edilizia Pubblica Comune di Milano), Alessandro Maggioni (presidente Federabitazioni Confcooperative), Maurizio Trabuio (Fondazione La Casa), Paolo Mazzoleni (presidente Ordine degli architetti Milano), Luca Imberti (presidente Inu Lombardia), Maurizio Cabras (assessore Urbanistica Cinisello Balsamo e Anci Lombardia), Franco Landini (INU/URBIT), Luca Dondi dall’Orologio (amministratore delegato Nomisma), Francesco Foti (direttore UO Programmazione politiche abitative e Internazionalizzazione delle Imprese Regione Lombardia), Francesca Cognetti (Politecnico di Milano), Massimo Bricocoli (Politecnico di Milano), Marco 29


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Guerzoni (Comune di Bologna), Silvia Viviani (presidente Inu). Dai risultati di questi confronti e dei prossimi in programma, la Community intende impegnarsi per il Congresso per portare la questione abitativa al centro del dibattito e dell’agenda politica. A tale fine merita chiarire che l’abitare sostenibile comprende anche i servizi per la collettività e in quanto tale si configura come parte di una politica del welfare. In questa prospettiva si individuano le prime mosse: • Sostenere la rigenerazione del patrimonio esistente pubblico, con azioni che consentano una rivisitazione delle modalità di gestione e di rinnovo fisico e un pieno utilizzo delle risorse disponibili. • Agevolare la messa in circolazione del patrimonio esistente privato sottoutilizzato e dello stock invenduto, al fine di una loro immissione nel mercato della locazione accessibile, attraverso in primo luogo lo strumento delle Agenzie metropolitane per la casa sociale. • Valorizzare i progetti che mettono insieme governance diverse multilivello.

30


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Città accessibili” Partecipanti A febbraio 2019 hanno aderito alla Community soggetti in rappresentanza di ambiti diversi: Associazione del Festival per le città accessibili; Bandiera Lilla Soc. Coop. Sooc. ONLUS; Biennale dello Spazio Pubblico; Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità, CERPA Italia Onlus; Centro Regionale Accessibilità (CRA), Regione Toscana; Comune di Cosenza; Comune di Foligno; Comune di Spello; Consiglio Nazionale Architetti P.P.C.; Ente Nazionale Sordi (ENS); FIABA Onlus; Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH); Insuperabile, Catania; INU Abruzzo-Molise; INU Alto Adige; INU Emilia-Romagna; INU Friuli Venezia Giulia; INU Marche; INU Toscana; INU Trentino; INU Umbria; INU Veneto; Laboratorio sperimentale sulla rigenerazione urbana, ANCI e Confcommercio Imprese per l’Italia; Master Progettare per tutti dell’Università La Sapienza di Roma; Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Isernia; Regione Lazio, Politiche del Territorio e Mobilità; Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti; Università di Trieste, Dipartimento di Ingegneria e Architettura; Urbanistica Informazioni; Urbit, Urbanistica Italiana - Urbanpromo.

Missione L’operato della community è incentrato su un punto di vista in cui l’accessibilità non è più settoriale ma riguarda la qualità, l’efficienza, l’inclusione, la democrazia di città e territori in cui si considerano le barriere che limitano l’accesso delle persone al “funzionamento urbano” senza distinzione delle loro condizioni nell’ottica di una modalità di governo dell’abitare collettivo e singolo in grado di garantire diritti, assicurare dignità, connettere prestazioni e servizi, fornire risposte soddisfacenti alle esigenze delle comunità. In questa dimensione, l’accessibilità non può essere solo una dimensione tecnica, che gli addetti ai lavori applicano per consentire usi e fruizioni a chi vive una condizione di disabilità. Non è più solo un settore d’intervento, che istituzioni e amministrazioni governano per rendere privi o meno privi di barriere i luoghi pubblici e privati. È una strategia universale per web, territori, città, quartieri che può innovare con forza il sistema della pianificazione e della programmazione. Se attribuita a tutti l’accessibilità è una visione integrata e multiscalare per un nostro futuro migliore ma per raggiungere questo traguardo occorre capire dove erano ieri, dove sono oggi e dove si presume che saranno domani, le “radici” dell’accessibilità.

Responsabile: Iginio Rossi

Si occupa del funzionamento urbano con particolare attenzione all’accessibilità delle città intesa come diritto fondamentale di tutte le persone, alle reti per la mobilità dolce e alla rivitalizzazione degli organismi urbani economici anche a livello territoriale in riferimento alla rigenerazione urbana, ai centri storici e al funzionamento delle attività miste diffuse.

Attività La multidisciplinarietà e la “trasversalità” dell’argomento hanno imposto l’applicazione di una struttura aperta e condivisa con gli aderenti alla community. Sono state realizzate numerose azioni pubbliche, circa 25 iniziative hanno coinvolto quasi 900 partecipanti in ambiti di riferimento diversificati: internazionale, nazionale e regionale. Alcune attività attraverso specifici Call for Papers hanno portato alla costruzione di un panorama eterogeneo ma rappresentativo delle diverse “anime” delle cosiddetta accessibilità a 360°. Spesso si è adottata la modalità dell’ascolto e del confronto tra le esperienze che hanno risposto agli inviti. Ben presto, nel lavoro di Città accessibili a tutti, è apparsa chiaramente la criticità che connota questa visione inclusiva. La carenza di politiche e integrazione è la responsabile della diffusa inefficacia in cui appare marginalizzata l’accessibilità di spazi pubblici, luoghi privati, servizi collettivi e singoli, trasporti, ecc. La produzione delle Linee guida per politiche e integrate risponde proprio a questa deficienza.

Risultati Nella manifestazione “Il Paese che vorrei” promossa nel 2016 dall’INU in occasione del XXIX Congresso, Luigi Bandini Buti (Design for All) purtroppo deceduto nel 2018, Giorgio Raffaelli (Associazione Festival per le città accessibili) e Fabrizio Vescovo (Master Progettare per tutti dell’Università La Sapienza di Roma) con il coordinamento di Iginio Rossi, hanno proposto uno spazio collaborativo per il confronto su indirizzi, esperienze e prospettive di miglioramento del funzionamento urbano dal quale ha preso avvio Città accessibili a tutti. Nel programma 2016-2018 il lavoro della community ha portato alla raccolta consistente di esperienze spesso anche poco conosciuta e inedita in Italia, oltre 120 casi di azioni materiali e immateriali che affrontano il superamento delle barriere architettoniche, sensoriali, percettive, cognitive, culturali, sociali, economiche, sanitarie, di genere. La dotazione, che è documenta attraverso schede dettagliate l’attività di istituzioni, amministrazioni, associazioni, imprese, categorie, università, ecc. ed è consultabile nel sito http:// atlantecittaccessibili.inu.it/). Dagli incontri pubblici organizzati con attenzione ad ambiti tematici significativi quali, per esempio, politiche, strumenti, progetti, tecnologie, in particolare da quelli svolti con la metodologia dei tavoli di 31


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

confronto, sono emersi dei quadri analitici e prospettici articolati che hanno consentito di definire un “vissuto” purtroppo poco considerato dalle politiche urbane e territoriali e scarsamente presente nelle conoscenze e nei saperi che afferiscono i sistemi della pianificazione e della programmazione urbanistico – territoriale. A metà del primo triennio la community ha deciso di impegnarsi nella redazione di “Verso città accessibili. Miglioramento del funzionamento urbano” che INU Edizioni ha pubblicato nel novembre 2017. Alcuni saggi su visione, necessità, percorso, comunicazione e rigenerazione inquadrano la raccolta di 90 esperienze da Bolzano a Siracusa offrendo un’importante occasione di confronto e indirizzo in grado di contribuire all’incremento della cultura dell’accessibilità per tutti. La community si è mostrata fertile per collaborazioni e intese che hanno consentito al progetto di raggiungere una maggiore concretezza, inoltre hanno prodotto importanti arricchimenti derivanti dalle conoscenze portate da interlocutori non “abituali” per il sistema della pianificazione. Tra le intese e le collaborazioni risaltano quelle con: Comune di Foligno (PG); Regione Lazio; FIABA Onlus; Cerpa Italia Onlus; DIA, Università di Trieste; Associazione Festival per le città accessibili; Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti; Ente Nazionale Sordi; Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. L’individuazione delle Linee guida, che è stata sviluppata esaminando le esperienze raccolte e riconsiderando le sintesi prodotte dai workshop, ha trovato collocazione nella piattaforma-blog “atlantecittaccessibili.inu.it” che costituisce un mezzo divulgativo e informativo aperto oltre che implementabile e aggiornabile.

32


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Aree interne/Ricostruzione” Partecipanti Amministratori ai diversi livelli di governo (Angelo Sciapichetti, Emanuele Tondi, Giammario Ottavi, Alessandro Gentilucci); Dirigenti e funzionari ministeriali (Paolo Angelini, Maria Teresa Idone, Carlo Birrozzi); Funzionari regionali e comunali (Achille Bucci, Vincenzo Zenobi, Serena Tuccini, Roberta Caprodossi, Daniele Iacovone, Maria Grazia Possenti, Leonardo Roselli); Professionisti (Clara Cucco, Matteo Iommi, Luisa Vuillermoz, Michele Tromboni, Claudio Netti, Maurizio Consoli, Luciano Spinozzi); Ricercatori e Docenti (Ruben Baiocco, Ilenia Pierantoni, Piergiorgio Bellagamba, Claudia di Fazio, Giorgio Osti, Giovanni Boccia Artieri, Luca Cetara, Mara Cerquetti, Annette Hablueztzel, Gilberto Pambianchi, Valentina Polci, Paola Nicolini, Carla Danani, Eleonora Cutrini, Maria Federica Ottone). La Segreteria della Community è coordinata da: Ilenia Pierantoni, assegnista post doc (Urbanistica) presso l’Università di Camerino.

Missione Il tema della preparazione (preparedness) rispetto ai disastri naturali è da decenni al centro dell’azione dell’UNISDR l’agenzia delle Nazioni Unite che si dedica agli interventi per ridurre i rischi dei disastri. Dal 2005, l’agenzia esercita un’importante azione nell’orientare i governi e le comunità locali a rafforzare la loro capacità di prevenire (ove possibile) i disastri naturali, ridurre (sempre) la vulnerabilità delle comuni-tà esposte al rischio e aumentarne la resilienza. Secondo il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (2015-30), per un’appropriata gestione del rischio di disastri, è necessario un approccio interdisciplinare e olistico, sapendo che la gravità di un evento calamitoso di origine naturale è strettamente correlata alle scelte e comportamenti dei singoli individui, degli enti preposti al governo del territorio, ma anche alla complessiva organizzazione istituzionale e agli strumenti da mettere in atto, diversamente agenti in ambiti geografici non omogenei. In tal senso, l’attenzione di questa community s’incentra su due fattori chiave, già richiamati dall’UNISDR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction): 1. preparare individui, comunità e organizzazioni economiche e sociali a fronteggiare i disastri naturali e i rischi a essi associati mediante misure idonee per aumentare la capacità di risposta, e quindi la resilienza delle comunità; 2. intervenire dopo i disastri per costruire meglio, cogliendo la ricostruzione come occasione per introdurre visioni strategiche sostenibili e pratiche attuative innovative, al fine di migliorare assetti insediativi e territoriali e mitigare le conseguenze di futuri disastri.

Responsabile: Massimo Sargolini

Professore ordinario di Urbanistica presso l’Università di Camerino e Direttore del Master di II livello in “Aree interne. Strategie di sviluppo e rigenerazione post eventi catastrofici”. Membro del Comitato Tecnico Scientifico del Commissario Straordinario per la Ricostruzione post sisma - Presidenza Consiglio dei Ministri.

Va tenuto presente che il verificarsi di eventi naturali disastrosi nelle aree fragili e vulnerabili, come quelle interne dell’Appennino, già sottoposte a trend socio economici negativi, potrebbe mettere a rischio alcu-ne preesistenze identitarie di tipo paesaggistico e quindi storico-culturali. In tal senso, potrebbe essere utile approfondire, in un ambito di saperi e competenze interdisciplinari, attraverso lo sviluppo di casi stu-dio, le modalità d’interazione necessarie tra le direttive, linee guida e orientamenti per la ricostruzione fi-sica dell’armatura urbana e infrastrutturale danneggiata e il percorso di sviluppo e rinascita socio economica che, prendendo le mosse dalla Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI), e sviluppandosi in ambito re-gionale/ comunale, non può prescindere dalle tensioni, aspirazioni ed esigenze delle comunità locali.

Attività L’attività è stata dispiegata su più fronti: ricerca, formazione scolastica e professionale, raffronto con l’evoluzione dell’esperienza (Ricostruzione post sisma 2016) in ambito governativo nazionale, regionale e comunale; stabilendo contatti con: il Comitato Tecnico Scientifico del Commissario Straordinario per la Ri-costruzione delle aree dell’Appennino centrale danneggiate dal sisma del 24 agosto 2016 e seguenti – Presidenza Consiglio dei Ministri; gli Uffici Speciali di Ricostruzione regionali; gli Uffici Tecnici dei comuni interessati dal sisma. Alla base di ogni attività è stato posto l’obiettivo di favorire il confronto con esperienze pregresse al fine di favorire l’apprendimento da ciò che altri hanno già sperimentato, evitando di ripetere errori; esaltando e replicando best practises. I suddetti criteri condivisi e unificati alle trenta realtà in esame, attraverso la formazione di gruppi di lavoro locali, per la costruzione e pubblicazione di un “atlante” italiano delle conurbazioni di media dimensione, contenente anche proposte operative in termini di programmi d’azione.

Risultati Dalle attività di confronto tra esperienze, emerge una convergenza di pensiero sull’esigenza di mettere in 33


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

atto percorsi innovativi di preparazione all’evento e gestione della ricostruzione, soprattutto in quelle aree più fragili e vulnerabili e definite come “interne” dalla SNAI. La prima via dell’innovazione è connettere i percorsi della ricostruzione fisica con quelli dello sviluppo socio economico. L’esperienza dei “Nuovi sentieri di sviluppo per le aree dell’Appennino danneggiate dal sisma del 2016”, sviluppata dal Consiglio Regionale delle Marche, e quella del “Patto per lo sviluppo”, in corso di redazione da parte della Giunta Regionale delle Marche, rappresentano certamente due esempi virtuosi da replicare nelle altre regioni del Centro Italia, interessate dal sisma del 2016. La seconda condizione dell’innovazione consiste nel trovare modalità per inserire le attenzioni alla prevenzione e alla preparedness nella pianificazione ordinaria. In questo senso è intervenuto il Governo nazionale Italiano attraverso le ordinanze del Commissario Straordinario nn. 25 e 39. Esse contengono quelle potenzialità concettuali necessarie non solo per risolvere la ricostruzione in atto, ma soprattutto per avviare un nuovo approccio alla pianificazione di spazi vulnerabili e sensibili, passando attraverso: i) il Documento Direttore che offre una visione strategica e ii) i piani attuativi, in grado di conformare il regime dei suoli. La terza condizione dell’innovazione obbliga lo sviluppo di nuovi modelli di partecipazione. La quarta condizione dell’innovazione introduce nuove forme di interazione con chi gestisce dati e istruisce processi di governance. Per supportare efficacemente le azioni di programmazione, pianificazione e progettazione, i dati debbono avere la caratteristica dell’interoperabilità e della libera accessibilità a tutti. La quinta innovazione consiste nell’aprire, finalmente, la pianificazione alle grandi visioni e allo sviluppo di percorsi di conoscenza, informazione e ricerca. Questi percorsi innovativi sono stati divulgati, nell’anno 2018, attraverso: • l’organizzazione e la partecipazione a seminari sul tema: “Le Marche di domani”, Politecnica Ancona, 12-13/aprile/2018; “Patrimonio in pericolo. Sicurezza, prevenzione e rinascita”, Camerino, 14/ aprile/2018; “Le politiche territoriali e i fenomeni naturali. L’Appennino abitato potrà scomparire?”, Macerata, 16/aprile/2018; “Riabita”, Amandola 06/ottobre/2018; “Nuovi sentieri di sviluppo dell’Appennino marchigiano dopo il sisma” Camerino/Consiglio Regionale Marche, 07/aprile/2018; “La città del futuro. Identità e valori dei centri minori”, Assisi, 15/maggio/2018; “Verso il Patto Regionale per la ricostruzione e lo sviluppo” ISTAO Ancona, 08/giugno/2018; “NATURAL DISASTER. Building settlement and communities resilient”, Politecnico Torino, 25/giugno/2018; “La sfida della rigenerazione territoriale”, Symbola Treia, 03/luglio/2018; La Nuova Architettura. Innovare per rigenerare”, Camerino, 01/agosto/2018; “Vivere sulle faglie. Storia dell’uomo e del Paesaggio”, 04/ settembre/2018; “Disuguaglianze. Che cosa sono e come combatterle”, Osimo, 05/ottobre/2018; “Sisma Marche: effetti economici e politiche di rilancio del territorio”, 19/ottobre/2018; “Rischio sismico in Italia: analisi e prospettive per una prevenzione efficace in un paese fragile”, 09/novembre/2018; “Ricostruzioni post-terremoto: il punto in Abruzzo, Emilia Romagna, Marche e Umbria”, UrbanPromo – Milano, 22/novembre/2018; • l’istituzione di percorsi formativi professionalizzanti post laurea magistrale sul tema, tra i quali il Master di II livello (Università di Camerino) in “Aree interne. Strategie di sviluppo e rigenerazione post eventi catastrofici”, A.A. 2018/19; • la pubblicazione dei seguenti saggi che raccolgono una riflessione estesa e a più voci sul tema della Ricostruzione: Sargolini M. (2017). “Eventi sismici: non ci facciamo più cogliere di sorpresa”. Agriregionieuropa; Sargolini M., Moccia F.D., (2017). “Una strategia per la ricostruzione delle aree interne danneggiate dal sisma”. Urbanistica informazioni; Sargolini M. (2017). “Ricostruzione post terremoto e post catastrofe.” Urbanistica informazioni; Sargolini M. (2017). “La rigenerazione di nuclei e borghi storici dell’Italia centrale danneggiati dal sisma del 2016”. Ri-vista. ricerche per la progettazione del paesaggio; • la pubblicazione di un volume collettaneo utile per favorire l’approccio interdisciplinare alla ricostruzione: Esposito F., Russo M., Sargolini M., Sartori L., Virgili V. (2017); “Building Back Better: idee e percorsi per la costruzione di comunità resilienti”, Carocci Editore. Il volume è stato presentato alla Camera dei Deputati il 18 gennaio 2018. La riflessione è stata anche trasferita in ambito internazionale attraverso l’invito ricevuto, nel maggio 2018, a tenere relazioni sullo stato della ricostruzione in Italia e sulle politiche intraprese dal Governo presso: Italian Embassy in Washington; College of Emergency, Preparedness, Homeland and Security, Cybersecurity (CECH). University at Albany - New York State University; Cultural Landscape Research Group – FASLA. University of Oregon; Garrick Institute for the Risk Science. University of California; Natural Hazards Center. University of Colorado Boulder; National Park Service. Department of Interior USA. Infine, è stato avviato uno scambio internazionale di esperienze con l’Università di Toyo - Tokyo, sul tema “Interdisciplinary approach toward revitalization from 2016 Central Italy Eartquake”, settembre/2018.

34


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Spazio Pubblico” Partecipanti Soci INU: Marichela Sepe, Mario Spada, Pietro Garau, Francesco Alberti e Roberto Musumeci.

Responsabile: Marichela Sepe

Non soci INU: Martina Mignola, Sara Iacoviello, Raffaele Pone, Carmela Fiore, Chiara Costanzo.

Missione Il tema dello spazio pubblico costituisce fattore centrale e trasversale ad un tempo nell’ambito delle diverse attività e ambiti di interesse dell’INU e, più in generale, delle discipline afferenti all’urbanistica, alla progettazione urbana, all’architettura. Si intreccia altresì con le tematiche della partecipazione, della accessibilità, della sostenibilità economica, sociale ed ambientale, della creatività, delle infrastrutture, delle migrazioni, solo per citarne alcune. Si comprende quindi la complessità e l’importanza del tema, e, allo stesso tempo, le molteplici possibilità di interazioni con soggetti e attori pubblici e privati con i quali poter scambiare idee e buone pratiche, nonché attivare sinergie. L’obiettivo della Community è quello di indagare le diverse relazioni, interrelazioni, ruoli e caratteri che lo spazio pubblico assume nelle varie occasioni urbane in cui viene a realizzarsi. Ciò a carattere nazionale ed internazionale ed in ambito della ricerca, accademico, professionale e delle amministrazioni. In quanto luogo creato dalle persone e per le persone, i casi che sono analizzati sono quelli in cui esse sono prese in maggiore considerazione. Linea guida, in questo senso, è la Carta dello Spazio Pubblico, realizzata da Pietro Garau, Lucia Lancerin e Marichela Sepe, adottata nel corso della Biennale dello Spazio Pubblico del 2013 e pubblicata in otto lingue (Italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, cinese, russo, arabo).

Ricercatrice di Urbanistica al CNR, Docente a contratto presso l’Università Federico II, membro del Direttivo INU. Si occupa di città contemporanea, beni culturali, rigenerazione urbana, spazio pubblico.

Con i suoi cinquanta principi, essa costituisce un importante riferimento per la realizzazione di spazi pubblici di qualità. In linea con essi, e in continuità con il Progetto Paese dell’INU, la Community intende raccogliere casi studio di spazi pubblici realizzati in Italia al fine di realizzare un manuale di buone pratiche dello spazio pubblico. Il manuale allo stesso tempo costituisce verifica dei principi contenuti nella Carta e possibile occasione di aggiornamento.

Attività Le attività svolte nell’ambito della Community sono numerose e stanno coinvolgendo molte persone a diverso titolo. Un lavoro iniziale di ricerca è stato svolto dalla responsabile al fine di comprendere lo stato dell’arte sul tema dello spazio pubblico a livello nazionale ed internazionale. Sono stati analizzati progetti sulla carta e realizzazioni, nonché visitati alcuni particolarmente rappresentativi (solo per elencarne alcuni: Coal Harbour e False Creek a Vancouver; Madrid Rio a Madrid; HafenCity ad Amburgo; il Parco Portello a Milano; il lungomare di Napoli). Lo studio è stato mirato a capire non solo l’avanzamento della ricerca e le buone pratiche, ma anche le modalità di finanziamento, gli strumenti di pianificazione utilizzati, i soggetti coinvolti, la manutenzione e gestione dopo la realizzazione, il successo dell’operazione e le sue principali motivazioni, la presenza e il gradimento sui social networks. Tale lavoro ha consentito di avere un quadro contemporaneo piuttosto completo sul tema dello spazio pubblico e dei relativi progetti, ma anche di costruire una scheda di raccolta dati utile e che comprendesse queste informazioni. La connessione con altre Communities dell’Inu, quali quella sugli standard, sulle infrastrutture, sull’accessibilità, sulla ricostruzione, sui waterfont, solo per citarne alcune, costituisce ulteriore elemento di forza per l’ampliamento delle conoscenze e l’individuazione delle connessioni. In parallelo, per quello che attiene le attività formative, si è portata l’expertise sullo spazio pubblico in ambienti accademici, di ricerca e associazioni di settore nazionali ed internazionali, in corsi, seminari, workshop, convegni, sessioni speciali, progetti di ricerca. La partecipazione attiva alle principali attività dell’INU tra cui la Biennale dello Spazio Pubblico, la Giornata Studio, il Congresso, la Rassegna urbanistica nazionale costituiscono momenti fondamenti di scambio, diffusione, verifica e aggiornamento delle tematiche oggetto della Community. 35


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati Uno dei principali risultati è la costruzione del Manuale di buone pratiche dello spazio pubblico, curato dalla Responsabile della Community e che sarà pubblicato da Inu Edizioni, Collana Accademia. A tal fine è stata lanciata una call a cui hanno partecipato e stanno partecipando le sezioni regionali dell’INU e tutti gli interessati a vario titolo al tema dello spazio pubblico e alla costruzione del Manuale. Sono stati raccolti casi che comprendono tutte le regioni di Italia e il manuale che è in corso di completamento sarà solo la versione base che, per motivi di tempo, non sarà comprensivo di tutti i casi presenti in Italia, ma che si intende aggiornare periodicamente. Utile riferimento in tal senso è il Global Public Space Toolkit, nato dalla collaborazione tra INU e UNHabitat. Tale manuale ha lo scopo di diffondere best practices di spazio pubblico tra le varie professionalità e persone coinvolte a diverso titolo nella sua costruzione. Ciò ha consentito la diffusione delle attività e delle buone pratiche sullo spazio pubblico a diversi livelli e l’ampiamento degli orizzonti della ricerca e della pratica. Tematiche come la salute, la felicità, la vivibilità, i cambiamenti climatici, la resilienza, le reti sociali, virtuali ed infrastrutturali, sono solo alcune di quelle emerse nell’odierno dibattito culturale e scientifico e professionale. Allo stesso tempo sta consentendo il consolidamento o l’attivazione di nuove collaborazioni e sinergie. Tali sinergie fanno sì che la partecipazione alle diverse attività coordinate sul tema dello spazio pubblico siano in crescita, contribuendo a qualificare la teoria e la pratica sullo spazio pubblico.

36


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Sostenibilità ambientale” Partecipanti Simona Tondelli (coord.), Alessandro Bianchi, Elisa Conticelli, Claudia de Luca, Valentin Di Salvo, Giovanni Fini, Pietro Garau Alessandra Mastronardi, Maurizio Ori, Matteo Pedaso, Stefania Petrarulo, Federica Saccani, Angela Santangelo, Sandra Vecchietti.

Responsabile: Simona Tondelli

Missione La Community Sostenibilità ambientale si dedica all’approfondimento di quattro temi principali, selezionati sia per la loro rilevanza e attualità, sia per la necessità di evitare duplicazioni e nel contempo favorire sinergie e collaborazioni con altre community: la pianificazione e progettazione delle Nature-Based Solutions (NBSs), la Valutazione Ambientale (VAS-VIA), la Pianificazione di settore in materia di energia e clima (PAESPAESC), l’economia circolare applicata alla città. Ciascuno di questi temi è stato declinato in relazione ai punti fermi del Progetto Pese, in particolare con riferimento a: i nuovi standard, i nuovi strumenti, le riforme (urbanistica e fiscalità). I nuovi standard: in una prospettiva di progressiva riduzione del consumo di suolo e di promozione di città ragionevolmente compatte, l’inclusione delle NBSs all’interno delle dotazioni ecologiche, ambientali e territoriali, permette di rinnovare il concetto di standard urbanistico in materia di verde, superando la logica quantitativa e introducendo il concetto di servizio ecosistemico nella valutazione della qualità urbana. Allo stesso tempo, il modello di città circolare richiede di passare dal concetto di destinazione d’uso al concetto di attività, dal concetto di stanzialità al concetto di temporaneità, dal concetto di proprietà al concetto di condivisione. Ciò implica la necessaria rimodulazione del concetto di standard, sia in termini di quantità minime richieste, sia in termini di relazione con le funzioni urbane.

Tesoriere INU e Vicepresidente INU-ER, è Professore associato di Tecnica e Pianificazione Urbanistica presso l’Università di Bologna, dove coordina diversi progetti europei sui temi della rigenerazione sostenibile della città e del territorio.

I nuovi strumenti: la VAS, se concepita come nuovo approccio di pianificazione e parte integrante del processo di piano, può costituire un’occasione per definire scelte consapevoli in funzione di scenari chiaramente definiti in base a principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale, supportando e dando corpo alle scelte decisionali. Con riferimento alla pianificaizone di settore in materia di energia e clima, si nota una difficoltà di attuare le azioni dei piani energetici e di renderle effettivamente integrate all’interno delle politiche urbane e territoriali più generali. Attraverso la loro effettiva integrazione all’interno del piano urbanistico, è invece possibile guadagnare un impegno politico e una adeguata allocazione di risorse finanziarie. Le riforme (urbanistica e fiscalità): le procedure valutative possono rappresentare una metodologia efficace in grado di legare forme incentivanti a requisiti di sostenibilità ed efficienza delle trasformazioni, evitando quindi di attribuire premialità “a pioggia” o con criteri poco trasparenti.

Attività Le attività della community, avviate a partire dall’autunno 2017, hanno previsto una prima selezione delle tematiche di riferimento che sono state poi oggetto di una manifestazione di interesse aperta a tutti i soci INU per la scelta del focus di interesse e delle modalità di lavoro. Sono pervenute oltre 150 manifestazioni di interesse che indicavano i 4 temi proposti, con una netta prevalenza per i due temi più attuali e inesplorati (NBS e Circular cities), e un interesse meno pronunciato per le valutazioni ambientali e l’integrazione della pianificazione energetica e del clima nei piani urbanistici. Tra le modalità di lavoro proposte, la maggior parte di coloro che hanno aderito alla manifestazione di interesse hanno espresso una preferenza per avviare una raccolta di buone pratiche e per una modalità di lavoro da remoto, mentre minore è stata la preferenza per l’organizzazione di workshop o la redazione di un “manifesto” o “position paper” sui temi. Seguendo le indicazioni ricevute, si è quindi avviata una campagna di raccolta di buone pratiche a partire dalla redazione di 4 schede, una per ciascun tema selezionato. Si sono così raccolte 18 schede di buone pratiche sia nazionali che internazionali, 7 sul tema NBS, 3 sulla VAS, 6 su esempi di pratiche circolari e 3 su PAES/PAESC. Si sono inoltre avviate attività congiunte con altre 5 community (Adattamento climatico e pianificazione del mare, Città resiliente e disegno urbano, Consumo di suolo e rigenerazione urbana, Paesaggio e biodiversità, Ricerche e sperimentazioni nuovi standard) sul tema condiviso “infrastrutture verdi e blu”, rispetto al quale è stato elaborato un manifesto. 37


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati Le buone pratiche raccolte sono di scala e livello di approfondimento molto differente. In alcuni casi si tratta di progetti seguiti o comunque partecipati da coloro che le hanno presentate, mentre in altri si tratta di buone pratiche riconosciute a livello internazionale il cui livello di dettaglio è quindi necessariamente minore. Da un lato, dall’esame dei casi raccolti si osserva che le pratiche relative alla VAS e alla pianificazione in materia di energia e clima appaiono consolidate. Si tratta di strumenti in gran parte codificati, di cui tuttavia traspare in maniera evidente la mancata integrazione all’interno del processo di pianificazione urbanistica. Nonostante l’interesse e le peculiarità delle sperimentazioni raccolte, in generale infatti si osserva una sorta di “burocratizzazione” della VAS, che è ridotta spesso a una mera formalità, avendo perso l’occasione di diventare invece uno strumento a supporto delle decisioni urbanistiche, per il confronto di soluzioni alternative e la loro valutazione comparativa al fine della sostenibilità della trasformazione urbana. Anche le esperienze di PAES e PAESC, sebbene siano di interesse per i contenuti e l’approccio adottato, non paiono essere in grado di incidere in maniera significativa sul progetto della città e spesso le indicazioni che essi contengono non trovano poi diretta attuazione all’interno dei piani. Dall’altro lato, i casi raccolti in merito a NBS e circolarità urbana denotano ancora una scarsa omogeneità e la mancanza di definizioni e approcci comuni. Diventa quindi necessario ricomporre il quadro degli strumenti e approcci individuati per renderlo coerente e integrato, e si ritiene che la VAS possa svolgere questo compito recuperando un significato e una valenza che ha perso. Nell’ottica di una nuova prospettiva rigenerativa della città, è infatti necessario ripensare in maniera sostanziale la VAS, che deve ritornare ad assumere il ruolo di strumento per la formazione del piano, recuperando pienamente il significato di “assessment” ossia di processo teso a comprendere in modo obiettivo lo stato e la condizione della città e del territorio, attraverso osservazioni e misure, valutando l’efficacia delle azioni di trasformazione/ conservazione su di essi previste, con l’obiettivo di migliorarne la sostenibilità e la resilienza. In quest’ottica, la VAS si ripropone come strumento fondamentale per la sostenibilità della rigenerazione urbana a garanzia della qualità ambientale e sociale delle trasformazioni, in grado di integrare sia i temi fino ad oggi “di settore”, come l’energia e il clima, e temi nuovi come circolarità e NBS. La piena esplicazione delle potenzialità di questo strumento può infatti permettere di superare un approccio settoriale che fino ad oggi ha limitato il tema alle politiche ambientali e che ha dato esiti contraddittori o comunque ha limitato l’efficacia delle azioni. Attraverso la VAS è infatti possibile affrontare il tema dei cambiamenti climatici, sia in termini di valutazione della riduzione della produzione di emissioni clima-alteranti (mitigazione), sia nel rendere i sistemi urbani più resilienti alla progressiva variabilità del clima (adattamento). E’ possibile integrare le tematiche della circolarità nella pianificazione urbana, valutando l’adattabilità dell’ambiente costruito (progettazione modulare e flessibile di edifici e le infrastrutture; spazi condivisi, modulari e versatili), la circolarità dei flussi delle acque, dell’energia e dei materiali a scala di edificio e quartiere, l’introduzione di sistemi energetici da fonti rinnovabili, resilienti, localizzati e distribuiti, l’adozione di sistemi di mobilità multimodale e a basso inquinamento, ecc. La VAS consente di valutare scenari alternativi di densificazione/ desigillazione e i benefici ecosistemici dell’introduzione di NBS e il contenimento del consumo di suolo, introducendo nuovi metodi e modelli di conoscenza del territorio consolidato e dell’analisi delle sue capacità di carico per supportare l’individuazione degli areali in cui favorire l’addensamento o al contrario la rarefazione delle funzioni, integrando nella valutazione anche approcci ecosistemici che permettano di comparare diversi scenari di rigenerazione. In conclusione, la VAS deve essere ripensata per poter consentire di valutare la sostenibilità dell’attuazione di un piano che è diventato sempre meno prescrittivo e più strategico, verificando le azioni di trasformazione proposte rispetto alla strategia urbana complessiva e quindi consentendo di mantenere la coerenza e la sostenibilità delle scelte sia in fase di proposta delle stesse, sia attraverso un monitoraggio costante della loro attuazione.

38


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Governance e diritti dei cittadini - Partecipazione” Partecipanti Chiara L. Pignaris (Staff ), Maria Rosa Morello (Segreteria), Adele Caucci, Emma Viviani (Ass. Naz. Sociologi), Manuela Capelli (Regione Emilia-Romagna), Luciano Vecchi (Regione Emilia-Romagna), Piergiuseppe Pontandolfi, Chiara Manaresi e Francesco Evangelisti (Comune di Bologna), Giovanni Ginocchini, Stefania Proli, Franca Balletti, Rosita Izzo, Maria Veronica Izzo, Marco Carlo Castelli, Giorgio Genangeli, Roberta Angelini, Massimo Morisi, Chiara Bagnetti, Lucia Lancerin, Giorgio Pizziolo, Rita Micarelli, Anna Agostini, Raffaella Radoccia, Carla Eboli, Carla Majorano, Ignazia Pinzello, Viviana Lorenzo, Chiara Campo.

Responsabile: Donatella Venti

Missione La Community già Commissione Nazionale INU “Governance e diritti dei cittadini”, dal 1994 segue il tema della partecipazione dei cittadini alle scelte di trasformazione che riguardano il territorio e i beni pubblici, nonché le buone pratiche di gestione diretta da parte di associazioni e gruppi di residenti. Per far cultura in questo campo è infatti necessario raggiungere non solo gli amministratori, ma anche direttamente i cittadini, uscendo dalla dimensione specialistica e ideologica in cui oggi la disciplina dei processi partecipativi si trova impantanata. A partire dal 2015 la Community ha impostato la propria mission su alcuni temi: • La partecipazione per il presidio e la rigenerazione del territorio. Appare sempre più fondamentale approfondire come i metodi di ascolto delle comunità possano incidere profondamente sui contenuti delle regole di trasformazione del paesaggio. Recenti progetti comunitari mostrano come l’attivazione di sinergie, la condivisione di strategie e regole, la realizzazione dei conseguenti interventi e di forme di governance partecipata possano realmente incidere, attivando virtuosi processi di rimessa in valore delle risorse ambientali, culturali (patrimoni diffusi), e in definitiva, del paesaggio - ambiente di vita nel suo complesso. • Le città come laboratori di partecipazione: dai Laboratori di quartiere agli Urban Center, alla pianificazione strategica, all’”informazione-comunicazione” comprensibile a tutti, che preceda, accompagni e segua la partecipazione, dall’e-democracy alla smart-community, alla social innovation.... • La gestione dei conflitti legati alle grandi opere: la presenza di leggi regionali , quali la Lr. 46/2013 della Regione Toscana, la legge emiliana a sostegno dei processi partecipativi (Lr. 3/2010), il Codice degli appalti che introduce il Dibattito Pubblico per le grandi opere, ispirato al modello francese, rendono necessario aprire un confronto e dibattito disciplinare particolarmente attento, ovviamente in prospettiva comparata non solo italiana • La partecipazione in Europa e nel mondo (differenze e affinità, buone pratiche, finanziamenti, certificazioni di metodi e competenze). In questo delicato passaggio della programmazione europea verso gli obiettivi 2020, appare di crescente importanza la costruzione di reti solidali, in grado di accogliere bisogni ed aspettative locali e di contribuire a “costruire” dispositivi per la coesione territoriale. In questo senso i processi partecipativi assumono un significato sociale ed economico e vanno pensati in forme adeguatamente complesse che possano incontrare territorio, amministrazioni e abitanti.

Dal 1994 è responsabile della Commissione nazionale “Partecipazione”. E’ Direttore dell’Area Tecnica della Provincia di Terni. E’ responsabile di progetti in applicazione di metodi partecipati e della C. E. P.

Attività A partire dal 2015 la Community, attraverso la “Carta della Partecipazione”, sta promovendo la diffusione anche presso le P.A. dei principi fondamentali per attivare processi partecipativi di qualità. Nel 2016 la giornata annuale di verifica sulla Carta della Partecipazione è stata organizzata in tre diverse aree geografiche, stimolando riflessioni critiche e valutazioni sulla sua applicabilità. Nel 2017 l’evento annuale si è tenuto a Viareggio, occasione di incontro sull’inclusione dei carcerati e occasione di dibattito tra ex detenuti, giudici, avvocati, architetti e sociologi. Nel 2017 l’evento focale è stato il “Viaggio nella Governance dei Beni Comuni”, articolato in una serie di incontri a Bologna e a Viareggio e nel laboratorio finale nel corso della BISP. Il lavoro dei molti partecipanti è stato organizzato per tavoli (risultati sul sito BISP). Nel 2018 è stata attivata la collaborazione con la Regione Emilia Romagna all’interno del progetto Comunità di pratiche partecipative della Regione Emilia Romagna con l’obiettivo di applicare la Carta della Partecipazione in progetti co-decisi secondo principi di qualità. A partire dalla riconfigurazione dell’Urban Center di Bologna ora della Città Metropolitana la Community sta approfondendo il ruolo degli Urban Center come espressione dei processi partecipativi, laboratorio aperto, strumento dei cittadini per una ristrutturazione urbana sociale. Nel novembre 2018 ha organizzato, in occasione di Urbanpromo il Convegno Ricostruzione post terremoto. Emergenza e innovazioni sociali presentando buone pratiche di P.A. selezionate di coinvolgimento delle popolazioni nei percorsi di ricostruzione nelle regioni colpite dal sisma 39


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati Con i suoi 25 anni di studio e confronto su “buone pratiche” italiane e straniere la Commissione/Community ha aiutato a fare chiarezza nel campo, producendo strumenti divulgativi agili e comunicativi ed iniziative culturali ad ampia diffusione. Parallelamente al lavoro specialistico di approfondimento metodologico si sono organizzate iniziative di diffusione delle pratiche partecipative “sul campo”, attraverso diverse edizioni del Concorso Nazionale di Progettazione Partecipata, collaborando con molte Amministrazioni, tenendo laboratori e interventi in seminari, convegni, workshop. Si sono organizzati viaggi di studio per conoscere le migliori pratiche partecipative presenti in Europa e negli USA che sono state restituite in pubblicazioni ed articoli. Dal confronto che negli anni si è sviluppato e dalle iniziative in cui la Commissione è stata attiva partecipante quali il Festival della Partecipazione (Aquila, luglio 2016 e 2017), la Rete Nazionale sui Beni Comuni e la redazione del rapporto italiano Habitat III 2016, è emerso il ruolo propositivo ed innovativo dell’INU e la sua capacità non solo di lettura della complessa situazione delle città e dei territori italiani, ma anche di mobilitazione e di concreta risposta attraverso un contributo disciplinare fortemente connotato dalla sperimentazione.Tra i molti temi affrontati quello della Governance dei processi, della partecipazione, dei diritti dei cittadini ha avuto quale concreto strumento la Carta della Partecipazione. Promossa da INU, Aip2 e Iaf e sottoscritta da Cittadinanzattiva, Italia Nostra e Città Civili, è stata recepita da una trentina di enti e realtà associative. La Carta è stata presentata presso la Camera dei Deputati ed è citata in “ Habitat III Italy’s National Report” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E’ uno strumento aperto, in un linguaggio universale, semplice e declinabile nelle diverse realtà: un documento che può aiutare a fare chiarezza sulla Partecipazione, definendo mediante semplici principi generali cosa si intende per processo partecipativo. Comprendere i principi che assicurano qualità ad un percorso partecipativo rappresenta una necessità per migliorare la cultura e la capacità di coloro che sono impegnati nel promuovere lo sviluppo delle città in modo non autoreferenziale, ma funzionale ad un progetto di società. La Carta ha lo scopo di accrescere la cultura della partecipazione dei cittadini alle decisioni e sviluppare linguaggi e valori comuni. I promotori si impegnano a favorire la creazione di una Rete della partecipazione in Italia anche tramite lo scambio di informazioni e la realizzazione di buone pratiche. Buone pratiche sviluppate da Amministrazioni/Associazioni che hanno aderito alla Carta e/o segnalate attraverso una Call della Commissione/Community, sono state anche oggetto della pubblicazione “Percorsi partecipativi nella progettazione e nella pianificazione” (INU Edizioni, ottobre 2016 a cura di Anna Agostini e Roberta Angelici Rispetto al tema della qualità (i nuovi standard) la Commissione/Community è dal 2016 impegnata ed attiva nel Tavolo nazionale sui beni comuni, in collaborazione con Cittadinanzattiva. I temi riguardano l’intero percorso di riconoscimento del “bene comune”, per la maggior parte coincidenti con spazi e contenitori in disuso di proprietà pubblica, il loro affidamento in gestione, i rapporti tra la P.A. e la molteplicità dei soggetti interessati. Diverse “buone pratiche” individuano modalità diverse di intervento, che modificano le prassi di gestione e riuso, riconoscendo un “valore sociale” ed economico alle nuove funzioni insediate. Nel maggio 2017 il laboratorio organizzato dalla Commissione alla Bisp è stato occasione per approfondire il tema della gestione degli spazi pubblici e dei beni comuni, anche in maniera critica, mettendo in valore le esperienze raccolte di collaborazione tra pubblico e cittadini (Patti di collaborazione, gestione partecipata degli spazi pubblici, etc.).

GIORNATA DI CONFRONTO E APPROFONDIMENTO

LA CARTA DELLA PARTECIPAZIONE E IL COINVOLGIMENTO REALE DEI CITTADINI PROGETTO PAESE 3.0 San Giuseppe Jato (PA) 14 Ottobre 2016

Commissione “Governance e diritti dei cittadini”

La commissione INU “Governance e diritti dei cittadini”, da anni segue il tema della partecipazione dei cittadini alle scelte di trasformazione che riguardano il territorio e i beni pubblici, nonché le buone pratiche di gestione diretta da parte di associazioni e gruppi di residenti. Inoltre, attraverso la “Carta della Partecipazione”, sta promovendo insieme a una rete di associazioni nazionali (Aip2 Italia, Cittadinanzattiva, IAF Italia, Italia Nostra, Città civili onlus ecc.) la diffusione anche presso le P.A. dei principi fondamentali a cui riferirsi per attivare processi partecipativi di qualità. Il documento, che è stato presentato presso la Camera circa un anno fa ed è citato (v. pag 37) nel Habitat III Italy’s National Report della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha già raccolto l’adesione di una trentina di enti e realtà associative, tra cui diverse amministrazioni comunali (tra le più recenti Milano, Firenze, Matera, l’Aquila e Ferrara). La Carta ha lo scopo di accrescere la cultura della partecipazione sviluppando linguaggi e valori comuni ma anche scambiando esperienze e buone pratiche, senza nascondere le difficoltà che un reale coinvolgimento dei cittadini comporta. I firmatari si impegnano a favorire la creazione di una Rete della partecipazione in Italia tra soggetti operativi in ambito locale e nazionale, propondosi di incontrarsi ogni anno per valutare l’efficacia dei principi della Carta e scambiare le esperienze. Per favorire la partecipazione a livello nazionale, il 2016 vedrà lo svolgimento della giornata annuale di verifica sulla Carta della Partecipazione in tre diverse aree geografiche (Nord-Est, Centro e Sud), con momenti in video-collegamento, e stimolerà nei partecipanti riflessioni critiche e valutazioni rispetto alla questione della sua applicabilità. L’incontro sarà anche occasione per incontrare gli autori degli oltre quaranta casi di studio raccolti attraverso una Call nazionale della Commissione nella pubblicazione: "Percorsi partecipativi nella progettazione e nella pianificazione" (INU Edizioni, 2016). La formula sarà quindi quella di un workshop in cui sia gli enti e le associazioni che hanno aderito alla Carta, sia i refrenti di altri enti o associazioni interessate ad approfondire il tema, possano assumere un ruolo attivo condividendo criticamente le loro esperienze e discutendo liberamente degli argomenti che stanno loro più a cuore. I risultati del workshop saranno condivisi in plenaria in videocollegamento.

Aula Pio La Torre (Ex Casa del Fanciullo) - Via Vittorio Emanuele III n.235 - San Giuseppe Jato

40

Ore 9:30

Saluti istituzionali in video collegamento tra Milano, Firenze e San Giuseppe Jato

Ore 10:00

Presentazione della Carta della Partecipazione Donatella Venti, Istituto Nazionale di Urbanistica

Ore 10:30

Presentazione delle buone pratiche dei Comuni del Sud Italia aderenti alla Carta della Partecipazione Ignazia Pinzello, Istituto Nazionale di Urbanistica

Ore 12:30

Tavola Rotonda Coordina Donatella Venti Intervengono: Sergio Gelardi, Vito Lo Monaco, Donatella Natoli, Giovanni Ruggeri

Ore 13:30

Pausa pranzo

Ore 14:30

Presentazione della mostra fotografica “La Valle dello Jato, le risorse, le criticità e le opportunità” Antonino Maniscalco con il patrocinio di:

Comune di San Giuseppe Jato


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Portualità” Partecipanti Rosario Pavia, architetto, professore di Urbanistica presso l’Università di Pescara, consulente del Consiglio Superiore dei LL.PP. (socio INU) e inoltre: Presidenti e Segretari Generali di Autorità di Sistema Portuale, Sindaci, Presidenti di Regioni ed Assessori (regionali e comunali) di Comuni e Regioni in aree rivierasche/portuali, ed ancora professionisti ed operatori economici che si occupano di pianificazione, progettazione, costruzioni portuali (salvo eccezioni non sono soci INU)

Responsabile: Paolo Viola

Missione Ridefinire la strumentazione urbanistica portuale al fine di: • integrarla nella pianificazione urbana (waterfront) e territoriale di area vasta; • renderla flessibile per consentirle rapidi adeguamenti alle esigenze del traffico internazionale; • promuoverne la sostenibilità ambientale e paesistica; • coordinarla con la mobilità e con la fruizione del mare; • sviluppare la socialità urbana nei waterfront e intorno alle aree portuali.

Attività Convegni, seminari, pubblicazioni di memorie e di atti. In particolare sono stati organizzati i seguenti seminari: • 7.7.2017 Napoli Governance, città e aree portuali, cooperazione vs conflitti • 8.2.2018 Roma Ri-pianificare i porti italiani • 7.6.2018 Roma La complessità dei waterfront urbani, urbanistica e RE: piani, progetti, concorsi, investimenti, partenariati, project financing, etc. • 23.11.18 Milano Porti città territori. Le nuove dimensioni della pianificazione portuale

ingegnere, libero professionista: già Studio Nizzoli, poi Viola Ingegneri & Architetti Associati, ora consulente di ArcoEngineering e fondatore di Harbours (Milano) - redattore di Piani Regolatori / Piani Strutturali Comunali e di Piani Regolatori Portuali

Risultati E’ stato appurato che persiste una separazione tra la pianificazione urbanistica e quella portuale, nonostante la L.84/94 (e s. m.) abbia stabilito la necessità di una intesa tra comune e porto. A livello territoriale, il nodo portuale appare ancora scarsamente integrato alle reti infrastrutturali di trasporto, non solo per l’ultimo miglio, ma anche per le grandi opere di interconnessione con i corridoi europei (basti pensare al terzo valico, all’attraversamento del Brennero, al potenziamento dei collegamenti tra porto e rete ferroviaria). E permane il convincimento che l’economia portuale si misuri attraverso le quantità dei container movimentati, senza valutare il peso del traffico RO-RO, delle merci solide (rinfuse) e liquide. A differenza di altri paesi europei il nostro sistema portuale è storicamente e geograficamente molto diffuso. Sfugge del tutto che i porti sono sempre più nodi di una rete legata a filiere complesse di produzione e distribuzione; che il loro sviluppo è fortemente dipendente dalle dinamiche di un trasporto marittimo dominato da operatori multinazionali che incidono direttamente su flussi e le rotte. Le dinamiche di adeguamento dei porti nei confronti del mercato sono profondamente diverse da quelle dei territori urbani. Se il mercato esige tempi brevi per la pianificazione delle aree portuali e l’attuazione delle opere di adeguamento infrastrutturale, gli ultimi decenni hanno dimostrato una realtà ben diversa, caratterizzata da tempi lunghi di approvazione dei piani e da lenti processi attuativi. Una sommaria verifica dello stato della pianificazione portuale dimostra che dopo la L. 84/94 solo pochi piani sono stati definitivamente approvati (in media dopo 8-10 anni), mentre molti porti hanno piani vecchi di decenni. Va dunque posta la questione della specificità dei piani portuali, piuttosto che assimilarli a piani urbanistici territoriali come di fatto è accaduto dopo la L.84/94. I porti italiani sono inoltre localizzati quasi sempre all’interno dei sistemi urbani, spesso in adiacenza ai centri storici, e le coste dal loro canto sono ovunque urbanizzate. Tutto questo rende difficile la delocalizzazione delle attività portuali per liberare aree da destinare alla riqualificazione urbana. La difficile riqualificazione dei waterfront dipende anche dalla separazione tra il piano portuale e quello urbanistico e dalla loro frequente incongruenza (il “non contrasto” richiesto dalla normativa) ma, forse ancora di più, dalla complessità degli interessi in gioco all’interno stesso del porto (gli interessi consolidati dei concessionari, fortemente rappresentati nel comitato di gestione portuale, hanno potuto finora bloccare numerosi programmi di intervento). 41


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

La posta in gioco è importante, il processo riformatore va ripreso con urgenza. Per sostenere un’azione in questa direzione INU e Urbanpromo intendono continuare a sviluppare una riflessione con Assoporti e con le Autorità di Sistema Portuale (AdSP) con il convincimento che intorno alla nuova pianificazione portuale si gioca anche il più generale rinnovamento degli strumenti di governo del territorio.

42


LE INU COMMUNITIES

1

Community “Paesaggio e Biodiversità” Partecipanti Chiara Bagnetti, Massimo Bastiani, Grazia Brunetta, Emanuele Coppola, Romina D’Ascanio, Donato Di Ludovico, Rosalba D’Onofrio, Luca Fondacci, Benedetta Giudice, Stefania Guarini, Daniele Iacovone, Luca Imberti, Luigi La Riccia, Antonio Leone, Francesco Domenico Moccia, Gabriella Negrini, Anna Laura Palazzo, Teresa Pagano, Piero Properzi, Paola Panuccio, Raffaele Pelorosso, Mario Piccinini, Massimo Rovai, Corrado Teofili. Emma Salizzoni, Filippo Schilleci, Angioletta Voghera (coordinatore).

Responsabile: Angioletta Voghera

Missione Qualità del paesaggio e biodiversità sono due obiettivi strategici del governo del territorio che necessitano di una forte alleanza tra politiche per la natura e politiche paesaggistiche (Gambino, Peano, 2015) in un quadro ancora incerto e caratterizzato da diverse criticità. Il paesaggio appare alle diverse scale dimensione aggregativa di politiche, piani e interventi, ma si scontra con le difficoltà della stagione di pianificazione paesaggistica post-Codice (si vedano le tesi del Rapporto dal Territorio 2016): una non compiuta integrazione del paesaggio nelle politiche e nella pianificazione territoriale e di settore, un’ancora carente identificazione di soggetti pubblici e privati responsabili della gestione e dell’attuazione, oltre che l’assenza di appropriate risorse finanziarie per l’attuazione. Rischia inoltre di essere messo in crisi anche il ruolo dei parchi come risorsa ambientale e paesaggistica da valorizzare e gestire, con particolare attenzione alle attese delle popolazioni e delle comunità locali (IUCN Durban, 2003; Phillips, 2003), nonché al loro ruolo strategico per la qualità e lo sviluppo di un territorio più vasto. L‘idea di parco sempre più invocata come potenziale motore, anche economico, di sviluppo locale necessita di una maggior attenzione politica e istituzionale e di dotazioni finanziare per non compromettere la conservazione, la valorizzazione e la gestione della natura, della biodiversità e del paesaggio. Infine la realizzazione di reti ecologiche e paesaggistiche è stata uno degli obiettivi centrali della strategia della sostenibilità e della conservazione della biodiversità nonché di politiche per il controllo del consumo di suolo (Voghera, Negrini 2016): molte esperienze si sono infatti stratificate ed evolute nel tempo e il concetto di reticolarità ha visto assumere un ruolo crescente nei processi di governo del territorio, sia a livello normativo che pianificatorio. Ciò si è verificato soprattutto nelle politiche e nella pianificazione di area vasta, con meno influenza a livello locale. Si rileva infatti, a livello locale, ancora una debole prospettiva operativa, necessaria nella direzione di uno sviluppo urbano orientato alla conservazione degli spazi naturali, della connettività ecologica e del paesaggio per cogliere e proiettare in una dimensione di cambiamento i processi legati all’identità e alla comunità (Convenzione Europea del Paesaggio, 2000). Strategici per la sicurezza e la governance sostenibile dei fiumi, i contratti di fiume sono centrali per la qualità del paesaggio e la costruzione della reticolarità ecologica nei territori. L’efficacia di questo metodo di governo del territorio è oggetto di studio della Community in coordinamento con il Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume e con il costituendo Osservatorio, oltre che in sinergia con le attività INU sul manifesto per il Po. In coerenza propongo di sviluppare studi e riflessioni metodologiche sulla situazione delle politiche per il paesaggio e la biodiversità nel nostro Paese a confronto con esperienze europee più mature (Paesi Bassi, Germania, Francia, Gran Bretagna).

Professore Associato in urbanistica presso il Dipartimento Interateneo di Scienze, progetto e politiche del territorio (DIST) del Politecnico di Torino. Lavora in centri di ricerca (R3C e CED PPN);membro della IUCN World Commission on Protected Areas (WCPA), membro dell’EAGL IUCN for Italy, Invited Member of the International RESURBE research program on urban resilience and climate change adaptation. Consigliere dell’Ente di gestione dei Parchi reali (Regione Piemonte).

Attività

La Community si focalizza sull’efficacia della pianificazione per il paesaggio attraverso analisi di casi internazionali e nazionali capaci di: 1. evidenziare la reale operatività della pianificazione paesaggistica regionale post-Codice rispetto al piano locale e al progetto di territorio; su questo tema si attiva un gruppo di lavoro che si soffermerà su alcuni aspetti: rapporto tra componente strategica e progettuale della pianificazione paesaggistica, rapporti tra piani territoriali, di settore e locali, ecc. L’obiettivo è costruire un libro sulla Pianificazione paesaggistica in vista del congresso 2019; Il libro dovrà costruire un quadro comparativo sui piani approvati, con attenzione anche a quelli più avanzati (Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo). 2. Rappresentare la feconda interazione tra politiche per la natura e per la qualità del paesaggio, capaci di produrre sviluppo e partecipazione delle comunità anche fuori dai confini del parco (cfr. parchi francesi e inglesi, attività da svolgere con la collaborazione di IUCN Italia); 3. Il confronto tra i diversi metodi e strumenti che si stanno affermando nel nostro Paese per la valorizzazione della biodiversità, anche con riferimento al dibattito sui servizi eco-sistemici e al ruolo dei contratti di fiume. Tesi di fondo che deve emergere dai 3 fuochi tematici è che Paesaggio e Biodiversità rappresentano certamente un nuovo standard per la qualità del territorio che necessita di innovazione di metodi e strumenti per costruire strategie progettuali a geometria variabile per accomunare più territori e avviare sistemi di politiche e scenari strategici di pianificazione alle diverse scale. 43


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati Linee guida sulla qualita’ dell’architettura (Mibac-CNAPPC): Coordinamento del contributo INU; nomina ad esperto per la redazione il capitolo Pianificazione e Spazio. Attività di disseminazione come invited speaker (2015-2018): • “Urbanpromo”20-23 novembre 2018. Una rete per la governance del Po: esperienze a confronto • Contributo: Le reti locali dei contratti di fiume. Urbanpromo Green” 20-21 settembre 2018. I contratti di Fiume e di paesaggio del Po: un bilancio. Contributo: Coordinatore della sessione. Sessione plenaria di chiusura sul tema paesaggio e biodiversità. • “UPhD GREEN. Primo convegno dei Dottorati di Ricerca dedicati al progetto sostenibile” 22 settembre 2017. • INU “Seminario. I piani e le politiche per i piccoli comuni”.4 marzo 2016, Bologna, Palazzo Malvezzi. Contributo: Paesaggi abitati. • Convegno INU FVG “Paesaggio Territorio Progetto”. 27 gennaio, Trieste. Contributo: Pianificazione per il paesaggio. Cultura e innovazione • “Urbanpromo”Convegno Un futuro per le aree interne. Rigenerazione, paesaggio e resilienza urbana: un’offerta integrata”19 novembre 2015, Milano, Salone d’onore, Triennale. Contributo: Pratiche di Paesaggio per lo sviluppo. Attività di disseminazione organizzata dalla community (2014-2018): • “INU II Festival delle Città Metropolitane 2017” Per una maggiore efficacia delle aree protette urbane: l’esperienza internazionale dell’IUCN Green List ,5 luglio 2017, Napoli • Contributo: organizzazione e relazione introduttiva. “X Giornata di Studio INU. Crisi e Rinascita delle Città”Università degli studi di Napoli. 2017, Napoli • Tavola Rotonda: Contratti di fiume: quali conoscenze e competenze? • “Firenze Scandicci: verso un nuovo parco metropolitano”Programma culturale 2016 dell’Urban Center metropolitano di Scandicci e di INU. 28 ottobre 2016, Scandicci (FI) Pubblicazioni della community: • In corso, Il paesaggio italiano nella pianificazione, Libro della community. • Voghera A., Negrini G., Salizzoni E.P.G. (2016), Aree protette e Parchi Naturali, In: Rapporto dal Territorio 2016 – INU CRESME / Properzi P., INU edizioni, pp. 221-230. • Voghera A., La Riccia L. (2016), Lo stato della pianificazione paesaggistica, In: Rapporto dal Territorio 2016 – INU CRESME / Properzi P., INU edizioni, pp. 207-220. • Voghera A. (2016) Progetti per il paesaggio. Azione dai Comuni Minori, In: Rapporto dal Territorio 2016 - INU CRESME, pp. 189-190. • Voghera A. (2016) Una valutazione di sintesi, In: Rapporto dal Territorio 2016 - INU CRESME, pp, 238-238. • Il paesaggio nei piccoli comuni – Casi, in Rapporto dal Territorio 2016–Materiali • Voghera A. (a cura di) Progetti per il paesaggio. Libro in memoria di Attilia Peano (INU EDIZIONI, 2015).

44


I PROGETTI PILOTA per il PAESE

2

Il Manifesto del PO Le città accessibili. Linee guida L’Italia Mediana I Paesaggi del Sud

Progetti (per il) Paese Nel congresso di Cagliari è stato affrontato il tema della progressiva destrutturazione delle politiche territoriali e del verni meno di una loro razionalità riferita ad un modello di sviluppo condiviso e si è individuato nell’Area Vasta la dimensione critica e al contempo strategica dalla quale ripartire. I Punti fondamentali del documento congressuale: geografie oltre i confini amministrativi, innovazione , generare progetti, garantire diritti, Progetto Paese, i passi necessari, introducono nuove dimensioni: Contesti, Reti, Telai territoriali, rispetto alle quali l’Istituto si è impegnato a “sperimentare” una nuova urbanistica nel superamento della cogenza come esclusiva finalità del Piano. Il nuovo concetto di “urbanità” viene posto a sostegno di una urbanistica proiettata alla ricostruzione del nesso tra progetto dello spazio e nuovi diritti di cittadinanza. Lo “sperimentalismo democratico” che F. Barca propone nel suo intervento introduttivo al congresso appare una felice sintesi del programma che S. Viviani propone all’Istituto nel 2016. Si trattava di sperimentare una nuova urbanistica anche a legislazione invariata, considerata la indifferenza dei governi al progetti di riforma legislativa, in una dimensione di contesto e quindi per sua natura ricompositiva delle geografie istituzionali. L’Istituto ha quindi avviato dal Congresso di Cagliari, ed in forme diverse, alcune attività di sperimentazione che si rappresentano come tessere di un Progetto Paese sostenuto da un sistema di prerequisiti (quelli che continuiamo a definire obiettivi): Si sono così individuati alcuni Progetti per il Paese che sondano al contempo le nuove dimensioni transcalari di Contesto e nuove modalità (prassi) di piano. • Il Manifesto del PO presentato a maggio 2017 , unendo in rete un nutrito e qualificato numero di associazioni, istituzioni e portatori di interesse ha dato avvio a un percorso partecipato e propositivo per rilanciare l’azione di tutela del fiume e promuovere modalità sostenibili di sviluppo per i territori che vi si affacciano , che da soli annoverano quasi duecento comuni. L’INU è tra i promotori del Manifesto: vi partecipa attivamente con le quattro Sezioni Inu interessate lo ha selezionato tra i “Progetti Paese”, casi emblematici di tendenze e modalità sperimentali per il rinnovamento della pianificatone territoriale.

a cura di Pierluigi Properzi

45


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Nel maggio 2018 è stato siglato un protocollo d’intesa tra il Manifesto e l’Autorità distrettuale di bacino del Po per sviluppare azioni congiunte e coordinate e promuovere una visione strategica del Po. Le città accessibili Il disegno caratterizzante Citta accessibili a tutti, traducendosi nell’individuazione di percorsi per politiche attive per la loro integrazione, ha orientato il Gruppo di lavoro che ha esaminato le oltre 120 esperienze utilizzando un’inedita piattaforma-blog “atlantecittaccessibili.inu.it” , proposta e sviluppata dai componenti del DIA dell’Università di Trieste. Per queste esperienze raccolte nel sito urbanistica informazioni.it sono emerse pluralità e ricchezza di indirizzi, e orientamenti inseriti nel patrimonio delle “pratiche” . Le sintesi prodotte dai successivi workshop hanno indicato criticità, opportunità, e prospettive inquadrando con maggiore profondità e visione l’impianto delle Linee guida.

L’Italia Mediana Le Ricerche dell’INU in collaborazione con il Laboratorio Antea dell’Università dell’Aquila hanno individuato quale modello di riferimento la “Macroregione” intesa come sperimentazione a livello nazionale basata sul modello europeo (come ad esempio l’Alpina o la Adriatico –Ionica), e ha imposto una verifica di tale modello sulla cosiddetta “Italia Mediana” individuando così “Macroregione Mediana. La Macroregione Mediana alla stregua di quelle europee come quella alpina o quella adriatico-ionica non si riferisce ad un uovo sistema istituzionale a confini predefiniti, ma si costruisce bottom-up su Progetti e Accordi. Essa aspira a un nuovo modello socioeconomico (basato sulla logica macroregionale) consapevole della prospettiva di riforma federale, a cui si può tendere attraverso la sperimentazione e la mutazione di forme incrementali di governo intervenendo sui nodi essenziali del mondo economico: occupazione, sviluppo, infrastrutturali, partendo dalle reti interregionali e dagli hub, ma anche dai livelli minimi di cittadinanza (metropolizzazione, marginalità, degrado, etc). Una macroregione per l’Italia Mediana è pertanto una Macroregione che partendo dai Progetti di Territorio si basa su di un impianto ibrido, derivato sia da evidenti criticità socio economiche, ma anche da opportunità comuni connesse all’area euromediterranea ed all’area balcanica e infine i Paesaggi del Sud che si propone, attraverso il Progetto di Paesaggio di individuare una soluzione ricompositiva della frattura tra l’azione di tutela che caratterizza la tradizione conservativa dei Piani Paesaggistici e la indifferenza della pianificazione urbanistica tradizionale al tema del Paesaggio. Alcuni dei nuovi PPR post Convenzione europea hanno posto il progetto di Paesaggio come strumento non solo attuativo ma anche come un sostanziale spostamento delle prassi urbanistiche verso una consapevolezza dei valori paesaggistico ambientali già nelle fasi di elaborazione di diversi strumenti di pianificazione locale. Nel Mezzogiorno in particolare, dove una diffusa assenza di pianificazione ordinaria si accompagna ai fenomeni di degrado e abbandono di intere aree marginali che trovano corrispondenza nella metropolizzazione diffusa e nell’abusivismo, si ritiene che la progettazione del paesaggio in alcuni contesti possa essere un elemento strategico per l’innesco di nuove prassi di piano e che da essa si possa ripartire come documentano i casi della Puglia, della Calabria. I Progetti per il Paese si pongono pertanto come una diffusa sperimentazione tesa a fornire un quadro di buone pratiche relative al governo del territorio che può essere utilizzato solo in una logica incrementale e diffusiva relativa ai diversi temi: paesaggio, accessibilità, governance, perequazione territoriale, tutela etc, ma soprattutto come base riflessiva per la elaborazione di una riforma legislativa nazionale e per il rilancio della pianificazione come base razionale delle Politiche pubbliche territoriali.

46


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Il Manifesto del PO Il Manifesto per il Po, presentato a maggio 2017, unendo in rete un nutrito e qualificato numero di associazioni, istituzioni e portatori di interesse ha dato avvio a un percorso partecipato e propositivo per rilanciare l’azione di tutela del fiume e promuovere modalità sostenibili di sviluppo per i territori che vi si affacciano, che da soli annoverano quasi duecento comuni. Il punto di partenza del Manifesto è stato il riconoscimento delle fragilità del Po, destinate ad aggravarsi col cambio climatico, e contemporaneamente dei potenziali inespressi di sviluppo, dovuti alla mancanza di una visione unitaria, alle difficoltà di commisurarsi con la sua complessa articolazione dal Monviso al mare, al sovrapporsi di competenze. Sulle rive del Po si muove un variegato amalgama di enti, parchi, associazioni, volontariato, attività, che oggi agiscono separatamente, disconnessi sia verticalmente, tra livelli istituzionali e non, sia orizzontalmente, tra entità contigue o che operano sul medesimo terreno. Esistono tanti Po e tuttavia la diversità dei suoi paesaggi naturali e umani in senso lato, invece di essere risorsa si traduce in frammentarietà e per lunghi tratti il fiume scorre come elemento marginale agli insediamenti. Viceversa, citando il Manifesto, “Attorno al fiume, al suo paesaggio, ai suoi itinerari, possono prodursi e rafforzarsi saperi e conoscenze, possono innescarsi iniziative legate alle culture locali, alla qualità delle produzioni agricole, all’ospitalità, all’enogastronomia, alla promozione turistica, a circuiti di fruizione e di esplorazione organizzati, mettendo a sistema anche iniziative già avviate. L’esempio della ciclovia Venezia-Torino (VenTo) è emblematico in tal senso. Occorre pensare a economie da costruire, il cui sviluppo è legato al coordinamento nell’uso sostenibile delle risorse territoriali e immateriali, alla cooperazione tra enti diversi e operatori privati, puntando a sviluppare nuove sinergie a partire dalla profonda consapevolezza delle potenzialità e della contemporanea fragilità dei territori del Po.” Quello del Manifesto è un raggruppamento con pochi precedenti di entità accomunate da finalità convergenti che rivendica un ruolo civile non antagonista ma neppure subalterno alle istituzioni e prefigura un modello di governo territoriale innovativo, aperto a un vasto universo di attori, territori, saperi. Raccoglie adesioni tra le maggiori associazioni ambientali del nostro Paese, tra città e parchi del Po, tra i tanti che condividono l’esigenza di una prospettiva di sistema, che è il fine ultimo dell’iniziativa.

In vari incontri promossi dai sottoscrittori, tra cui due giornate dedicate al Po alla Triennale di Milano nell’ambito di Urbanpromo 2017 e 2018, si sono aggiunti contributi significativi per conoscere valori e identità del fiume e dei territori rivieraschi e per tracciare possibili forme di una governance del Po, in parte raccolti in un dossier “Manifesto per il Po” (Piani e Progetti, INU Edizioni, 2018) e simbolicamente rappresentati in una gigantografia del fiume presentata a Urbanpromo 2018, che condensa in immagini le molteplici anime del fiume, le risorse culturali e naturali presenti, i testi letterari e iconografici che vari autori hanno prodotto nel tempo e continuano a creare. (allegata foto della tavola di Mario Piccinini?). L’INU è tra i promotori del Manifesto: vi partecipa attivamente con le quattro sezioni interessate e lo ha selezionato tra i “Progetti Paese”, casi emblematici di tendenze e modalità sperimentali per il rinnovamento della pianificazione territoriale. Il Manifesto ha accresciuto la consapevolezza della molteplicità di approcci del sistema Po, che risiedono nelle istituzioni, una ricchezza consolidata e insostituibile, ma anche nelle comunità, nell’associazionismo, nei portatori di un bagaglio di saperi e capacità altrettanto importanti. Nel maggio 2018 è stato siglato un protocollo d’intesa tra il Manifesto e l’Autorità distrettuale di bacino del Po per sviluppare azioni congiunte e coordinate e promuovere una visione strategica del Po. L’Autorità di bacino per il suo ruolo di raccordo con tutti gli enti coinvolti nella gestione del fiume, con le Regioni e i Ministeri interessati e per il patrimonio organizzativo e conoscitivo di cui dispone, può farsi capofila di un percorso che traguardi il coordinamento delle azioni sul e per il fiume, coinvolgendo in modo strutturato, seppur aperto, i numerosi soggetti implicati. Gli obiettivi del Manifesto che all’inizio potevano apparire utopici hanno assunto via via una connotazione concreta, palesando l’urgenza di una focale attenta alle sfide che incombono e alle opportunità che si possono creare. “La realtà è che non è mai partito uno scenario di sviluppo complessivo che abbia il Po come protagonista, lo si è sempre utilizzato per pezzettini, ognuno ha preso quello che ha potuto. Questo Manifesto può capovolgere il ruolo del Po nel contesto italiano: la sfida è fare in modo che grazie alle azioni e al coordinamento quello del Po da territorio sfruttato diventi territorio modello. La 47


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

maggior parte del territorio del Po fa parte delle aree interne, quindi di quella parte del Paese che soffre e ha difficoltà di sviluppo”. Emerge un’idea di rete o di reti multiple e intersettoriali che si connettono, fanno coesistere e ottimizzano processi di tutela e sviluppo, implicitamente aggiornando l’idea tradizionale di parco come lo abbiamo vissuto, come “riserva” distinta dal “normale” sviluppo del territorio, ma anche l’approccio al governo di area vasta, superando in entrambi i casi i comparti stagni, il principio di competenza “a cascata” vincolata a perimetri, per partire invece dai problemi sul tappeto e far emergere scenari, strategie e soluzioni. Un percorso partecipato che valorizzi competenze, conoscenze e capacità di azione in una concezione di sviluppo integrato e ambientalmente consapevole, in cui progressi economici, sociali, culturali e ambientali siano tra loro coerenti. Si prefigura un processo di pianificazione meno vincolato di quello tradizionale, di cui vanno definiti i contorni e le modalità, traendo anche spunto da strumenti

48

come gli accordi di partenariato, i protocolli interregionali, i contratti di fiume. Si ritorna così a focalizzare l’attenzione sulle competenze frammentate e su come correlarle in modo sinergico, impostando una governance innovativa ed efficace. E’ una istanza di rinnovamento rispetto agli equilibri attuali. Per le istituzioni è una sfida ad innovarsi, ma anche una opportunità per accrescere il proprio ruolo, divenendo portatrici e promotrici di interessi e aggregazioni multiple e consolidare il proprio consenso. Ma è una sfida e una opportunità anche per cittadini attivi e stakeholder per incidere maggiormente e consapevolmente, unendosi in rete, sulle trasformazioni. Nelle parole del Segretario generale Meuccio Berselli “Occorre cominciare a ottenere risultati da subito, e a partire dai diversi portatori di interesse dobbiamo individuare a chi spettano le responsabilità, e quali sono i tempi e le scadenze. Ci sono tanti mondi a cui dare risposte e per cui


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

progettare miglioramenti: penso alle scuole, al turismo, al pianeta slow, oltre naturalmente alle popolazioni”. L’Autorità di bacino ha recentemente incluso il Piano strategico per il Po tra i suoi obiettivi programmatici, in parallelo agli impegni istituzionali ad aggiornare i piani di Gestione acque e Rischio alluvioni che devono concludersi entro il 2021. Si è aperta dunque una nuova fase con un orizzonte temporale definito. Come in ogni innovazione siamo di fronte a un terreno inedito. Per traghettare a nuovi paradigmi e nuovi modelli di sviluppo, occorrono pattern percorribili. Un primo passo sarà la definizione di obiettivi di lungo termine, logici e condivisi, per l’allineamento dei fini degli attori coinvolti e la loro declinazione progressiva, che implica come naturale corollario un organismo che coordini priorità e risorse,

2

promuovendone il reperimento. Si delineano alcuni passaggi obbligati: strutturazione di un patrimonio conoscitivo multiplo e liberamente accessibile, ricognizione e individuazione di reti e nodi, o almeno costituzione della loro struttura portante incrementabile nel tempo, organizzazione di una cabina di regia partecipata e permanente, strutturazione di modalità per il coordinamento delle azioni locali in un’ottica di interconnessione fertile per iniziative e azioni pubbliche, private o miste. E’ un disegno che non può svilupparsi senza il coinvolgimento sostanziale delle Regioni, principali enti di pianificazione e stanziamento di risorse nei vari settori coinvolti, e che richiede la compartecipazione di entità economiche, dal mondo agricolo a quello turistico e ricettivo, che sul fiume possono trovare ragioni di crescita sostenibile. I nodi da affrontare sono inerenti alla permeabilità dei perimetri di competenza, alla volontà e alle effettive possibilità e opportunità di allargarli,

49


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

gestendo un confronto continuativo che non esclude momenti di conflitto. Poi vi sono questioni di organizzazione del lavoro e di risorse da destinare ai progetti, che si possono però reperire rimodulando quelle esistenti, individuandone altre in programmi nazionali ed europei ed anche derivandole dallo sviluppo che si può innescare. In questo percorso la rete del Manifesto ha ancora un ruolo da svolgere nella organizzazione del sistema di attori che popolano i territori del Po e nella facilitazione dei rapporti tra istituzioni e stakeholder, ponendosi come un “legame fluido” con i territori per fare interagire le istituzioni, che rappresentano per definizione l’interesse pubblico, con altri attori e reti capaci di innescare processi vincenti, convergenti e di partecipazione attiva. (www.manifestoperilpo.it)

50


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Le città accessibili. Linee guida L’INU insieme a importanti enti per la prima volta nel panorama nazionale ha costituito una rete volontaria di confronto e operativa sui temi ampi dell’accessibilità fondamentali per il futuro, il disegno e la riqualificazione di città e territori. Dal 2016 si sta sviluppando “Città accessibili a tutti”. Il disegno è incastonato nel Progetto Paese lanciato nel XXIX Congresso INU di Cagliari che trattando l’urbanistica tra adattamenti climatici e sociali, innovazioni tecnologiche e nuove geografie istituzionali offre una cornice vigorosa e solida agli impegni che mirano la città inclusiva a partire da due fondamentali riferimenti. Nella Carta Costituzionale (Comma 2 dell’art. 3) l’indicazione è molto netta: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. L’impianto normativo sull’accessibilità si rafforza con la legge n. 18 del 3.03.2009 che, ratificando la Convenzione delle Nazioni Unite, del 2006, sui diritti delle persone con disabilità, ha avviato i processi, molti dei quali ancora da realizzare, per attuare modificazioni e adeguamenti assegnando all’accessibilità il ruolo centrale per assicurare le condizioni di pari opportunità derivanti da un progetto per tutti attraverso soluzioni capaci di garantire uguali prestazioni per tutte le persone e in tutte le età e condizioni della vita, anche adottando, “ove ve ne sia necessità in casi particolari” soluzioni ragionevoli di accomodamento. Con la dichiarazione universale l’accessibilità assume un valore che definisce e misura la qualità urbana complessiva. In questa dimensione Città accessibili a tutti si caratterizza per l’articolazione degli aspetti, per la multisettorialità e per l’interdisciplinarietà, in altri termini, per la sua universalità. L’accessibilità è considerata un diritto fondamentale e irrinunciabile per tutto l’ordinamento italiano. Proprio questa considerazione sostiene la posizione, emersa in varie occasioni, che garantire l’accessibilità dovrebbe essere una disposizione declinata anche nell’impianto aggiornato degli standard urbanistici potendo tradursi in aree pubbliche, appunto accessibili, rapportate agli abitanti, appunto tutti. La soluzione sposterebbe su un piano più generale il tema accessibilità che spesso è visto come un problema solo di chi vive condizioni di disabilità ma potrebbe essere misurata, monitorata contribuendo eccellentemente alla qualificazione della città pubblica.

Nel primo triennio il progetto pilota si è proposto di definire le Linee guida per politiche integrate riguardanti le città accessibili a tutti. Per raggiungere questo obiettivo l’INU nel 2018 ha costituito un ampio gruppo di lavoro che in concomitanza del XXX Congresso dell’Istituto e della VII Rassegna Urbanistica Nazionale ha presentato il lavoro e il programma per il secondo triennio 20192021 in cui si implementeranno le stesse Linee guida utilizzando un’inedita piattaforma-blog “atlantecittaccessibili.inu.it”, proposta e sviluppata dai componenti del DIA dell’Università di Trieste, in grado di rappresentare la complessità dei temi affrontati garantendone anche la maggiore divulgazione possibile e l’aggiornamento dei dati. Il disegno caratterizzante Città accessibili a tutti, traducendosi nell’individuazione di percorsi per politiche attive e loro integrazione, ha orientato il Gruppo di lavoro che ha esaminato le oltre 120 esperienze raccolte nel sito urbanisticainformazioni. it, dalle quali sono emerse pluralità e ricchezza di indirizzi e orientamenti inseriti nel patrimonio delle “pratiche”, e che poi ha riconsiderato le sintesi prodotte dai workshop più significativi che indicando criticità, opportunità e prospettive inquadrano con maggiore profondità e visione l’impianto delle Linee guida. È stata ritenuta più adeguata, alle specificità e alle finalità del progetto pilota, la realizzazione di una piattaforma strutturata in sezioni: Il Progetto e la Community, con i programmi delle attività; l’Atlante, con la mappa delle esperienze; le Linee guida raccolte in Progetti per la fruizione di spazi e servizi, Strumenti per pianificare e programmare, Processi per politiche interattive e integrazione, Formazione per promuovere consapevolezza e interazione; la Rete dei saperi, con i materiali dei workshop e gli approfondimenti tematici.

Inquadramento, obiettivi e temi La cultura dell’accessibilità per tutti purtroppo non trova adeguata collocazione e nemmeno sufficiente coerenza negli strumenti della pianificazione generale e ancora meno nell’urbanistica frazionata, nonostante il sistema legislativo italiano sull’accessibilità, uno dei più avanzati in Europa ma largamente disatteso, imponga l’adozione di dispositivi, parametri e piani obbligatori per gli enti pubblici, le attrezzature private di uso collettivo e gli spazi urbani. È noto, in particolare nelle esperienze straniere, 51


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Figura 1 - Attorno a Tavoli tematici si sono confrontate, in occasione della BISP 2017 a Roma, circa 60 esperienze interrogandosi sulle prospettive dell’accessibilità per tutti in Italia. (“Città Accessibili”, Roma, 2017)

che investire nelle politiche inclusive contribuisce a rafforzare il vantaggio competitivo delle città e che nelle nostre realtà nazionali emergono numerosi aspetti critici inerenti la progettazione e la fruizione delle città ma emergono, e forse questo è meno conosciuto, anche difficoltà che riguardano le regole e gli strumenti che il governo del territorio si è dato per raggiungere l’innovazione delle soluzioni ai servizi dell’accessibilità urbana. Per onestà intellettuale si deve dire che non mancano orientamenti chiari e importanti che possiamo considerare virtuosi nelle nostre esperienze. Oltre alla pianificazione urbanistica, che attraverso i PEBA (Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche) dispone di uno strumento che consente di affrontare con un approccio virtuoso il tema dell’accessibilità con ottiche inclusive e culturalmente estese nonostante lo strumento sia “datato” e considerato spesso inattuale. Le iniziative di confronto e dibattito sviluppate dal Progetto pilota nel triennio 2016-2018 hanno evidenziato approcci ed esperienze in cui il PEBA accoglie 52

ruoli molto innovativi nonché fondamentali per riuscire ad assegnare maggiore qualità ai progetti urbani ed efficaci livelli di efficienza agli interventi di rigenerazione. Sono questi obiettivi che possono essere raggiunti intercettando altre discipline che si stanno “muovendo” sull’argomento: architettura, design, sociologia, tecnologie digitali, comunicazione, gestione dei beni culturali, mobilità e trasporti, rivitalizzazione economica, ecc. Tutte queste attenzioni, laddove si traducono in programmi e interventi, risentono però di una carenza nei confronti dell’integrazione e del coordinamento tra loro e con l’impianto urbanistico-territoriale più generale. L’accessibilità dei luoghi deve essere coniugata su principi che pur non rinnegando l’esigenza dell’accessibilità fisica, abbiano come obbiettivo la realizzazione di spazi e oggetti inclusivi rispetto a ogni possibile diversità. Troppo spesso l’accessibilità è ottenuta attraverso la “discriminazione sociale funzionalmente accessibile”, cioè percorsi e strategie connotati e


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Figura 2 - I partecipanti al convegno “La città capace” al Festival per le città accessibili 2017 di Foligno salutano con la Lingua dei segni (LIS) (“Città Accessibili”, Foligno 2017)

connotanti rispetto alle disabilità. Cioè è “rispettata la legge ma non la dignità umana”. Per intervenire sull’accessibilità totale non bastano quindi dati obiettivi sulle caratteristiche dimensionali e motorie della popolazione, ma bisogna indagare bisogni, percezioni, desideri e sogni di tutti i potenziali utenti. Bisogna attivare la partecipazione della base alle decisioni. Per esempio, occorre superare da un lato il concetto del referendum su dove far passare la pista ciclabile, e dall’altro però acquisire la capacità di ascoltare i bisogni non come esercizio democratico ma come acquisizione di conoscenze e di elementi del progetto. La coerenza del territorio con le persone, che sono comunque attori di ciò che vi succede e vi succederà nei vari momenti del giorno e dell’anno, nelle varie circostanze e nelle diverse condizioni climatiche, in una dimensione di coerenza fra contenuti e contenitore si può realizzare solo ascoltando enti, associazioni e individui che il territorio lo vivono, prendendo nota dei loro bisogni, desideri e sogni.

Proprio perché non è facile gestire questa complessità, inevitabilmente ogni gruppo di persone conosce bene i propri problemi ed è portato a sottovalutare quelli degli altri, sono chi governa e chi progetta che possono e devono spendere le loro competenze per portare a sintesi e dare una risposta ed equilibrio a tutte le istanze. Per progettare le soluzioni bisogna partire dalle persone e non dalle cose. Altrimenti si rischia di fare interventi senza avere una cognizione approfondita di cosa succederà nella società e di sottovalutare le sinergie che sono il motore del cambiamento.

Articolazione e prospettive Alcuni intrecci permettono già di disegnare una prima bozza di quadri prospettici che il progetto si propone di sviluppare nel prossimo triennio 2019- 2021. Relazione tra interventi, luoghi e persone. L’Atlante delle esperienze visualizzando sulla mappa i luoghi 53


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

dà concretezza alla rete ma anche pone le condizioni per l’interazione, tra persone e soggetti - attori, facilitando le scelte di amministratori e decisori in termini di politiche e interventi da sviluppare. Dimensioni territoriali diversificate. Il PEBA impatta con numerosi strumenti, se ne contano circa 20, riguardanti settori importanti (servizi, tempi della città, trasporti, qualità degli spazi pubblici, ecc), adottando pratiche coinvolgenti diffonde la cultura dell’accessibilità riscuotendo interesse tra gli abitanti, se utilizza modalità integrate consente di individuare uno schema riassuntivo di risorse, priorità, competenze che possono definire nuove dimensioni strategiche, come le unioni di comuni, e/o dimensioni territoriali, come quartieri, comparti, percorsi, tutti in grado di affrontare meglio e con maggiore efficacia la struttura del governo dell’accessibilità. Rimozione delle barriere allo sviluppo. L’assetto istituzionale del Paese, l’impianto amministrativo, le ripartizioni delle competenze spesso prive di una cornice, le frammentazioni di politiche e piani, la scarsa attitudine a lavorare su programmi a medio - lungo termine, la separazione organizzativa dei soggetti, tutti questi sono alcune negatività che rallentano lo sviluppo dei territori anche dove opportunità e potenzialità sono notevoli. Si tratta di nuovi piani d’intervento che devono essere affrontati nonostante la dote di complessità e difficoltà che contengono. Formazione congiunta. La rete, con laboratori progettuali e seminari, svolge anche un ruolo di servizio per competenze differenti che hanno per di più punti di vista diversi sui quali occorre intervenire appianando gli ostacoli per potere lavorare realmente sull’integrazione. Ma anche occuparsi della condivisione dei linguaggi tra pianificazione e programmazione che con le forti differenze tra loro limitano i percorsi per l’accessibilità a 360°. Su questi obiettivi un importante contributo può derivare dall’allargamento dei rapporti e confronti sviluppando la rete di città accessibili a tutti in Europa che già all’inizio del 2018 è stata oggetto di uno scambio con esperienze francesi. Gestione delle Linee guida. Percorsi organizzativi, attuativi, mappatura delle esperienze, aggiornamento e gestione delle informazioni, comparazione dei dati, monitoraggio dei processi, definizione di priorità e realizzazione, tutto ciò al fine di implementare raccolta dei casi e rete degli aderenti. Risorse e programmazione. Approfondimento dei Fondi strutturali del settennato 2021-2027, 54

dello strumento del prestito strategico e delle esperienze europee. Chiarimento di quali e cosa sono le politiche che delineano azioni integrate, quali finanziamenti e strumenti sono disponibili nella cassetta degli attrezzi. Finalità dei piani di settori agganciati alle risorse quale imprescindibile contenuto della pianificazione generale, che dà coerenza all’intersettorialità, e di conseguenza la necessità di assegnare risorse al progetto considerando che se l’accessibilità sta nel progetto della città assegna maggiore durata nel tempo all’impianto urbano. Coordinatori Progetto “Le Città Accessibili a tutti”: Alessandro Bruni, presidente INU Umbria, e Iginio Rossi, componente Giunta INU, responsabile Progetti speciali URBIT, Urbanistica Italiana - Urbanpromo


2

I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

Figura 3 - Cronoprogramma 2019 – 2021 del Progetto pilota “Città accessibili a tutti” 2019 / 2021 CITTA' ACCESSIBILI A TUTTI ‐ CRONOPROGRAMMA DEL PROGETTO PILOTA INU Iniziativa Linee Guida per politiche integrate XXX Congresso INU - Riva del Garda Città accessibili a tutti Regione FVG - Udine Verso una città a zero barriere ANMIC e Comune di Crema Città accessibili a tutti Corso di formazione Comune dell'Aquila Reti per la mobilità dolce e città accessibili a tutti BISP 2019 - Roma Progetti, studi e ricerche per l'accessiblità a 360° Lancio del CfP per la XII Giornata di Studi INU - Bologna Programma 2019-2021 Condivisione GdL e Aderenti - Bologna Reti mobilità dolce e sostenibilità urbana Urbanpromo Green 2019 - Venezia Tema da definire FCA 2019 - Perugia e Foligno Superamento delle barriere all’abitare Urbanpromo 2019 Progetti per il Paese - Torino Le Università per l'accessibilità a 360° XII Giornata di Studio INU - Napoli WS Sezioni INU da definire Promozione Linee Guida politiche integrate - Sede da definire WS Pianificare e programmare per l'accessibilità Sede da definire Benessere urbano Approccio multidisciplinare, lancio Riconoscimento - Sede da definire Strumenti finanziari per l'accessibilità Opportunità della Programmazione Ue - Sede da definire Ambiente naturale e parchi accessibilità per tutti Urbanpromo Green, 2020 - Venezia Tema da definire FCA 2020 - Perugia e Foligno Prestazioni inclusive della città pubblica, i nuovi standard Urbanpromo 2020 Progetti per il Paese - Torino WS Sezioni INU da definire Promozione Linee Guida politiche integrate - Sede da definire WS Comunicare e promuovere l'accessibilità Sede da definire Mosaico accessibilità per tutti Avvio del Patto per l'urbanistica - Sede da definire Tema da definire Urbanpromo Green, 2021 - Venezia Tema da definire FCA 2020 - Perugia e Foligno L'accessibilità nella nuova programmazione Ue Urbanpromo 2021 Progetti per il Paese - Torino Un patto per l'urbanistica città accessibili a tutti Sede da definire

Livello N

2019 2020 2021 2022 4 05 06 07 08 09 10 11 12 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 01 02 03 04 X

L

X

L

X

L

X

N

X

N

X

N

X

N

X

L N

X X

N L N N I N L N L N N

X X X X X X X X X X X

N

X

L

X

N

X

N

X

N ‐ Nazionale L ‐ Locale I ‐ Internazionale

55


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Figura 4 - Atlantecittaccessibili.inu.it, localizzazione delle buone pratiche.

56


BOX RETI DELLA MOBILITÀ DOLCE

Reti della mobilità dolce e Città accessibili a tutti sono i progetti pilota che grazie al coordinamento di INUURBIT coinvolgono da tempo un ampio e articolato raggruppamento di enti nazionali, regionali, locali, pubblici, privati, associativi, di categoria, dell’istruzione, ecc. Nonostante si configurino con iniziative autonome nei programmi, nei gruppi di lavoro, nelle finalità operative, mantengono una forte connessione tematica che impone momenti di riflessione congiunti e confronti in grado di rafforzare gli effetti sulla qualità del funzionamento urbano e territoriale ma anche possono consentire di definire indirizzi, orientamenti e suggerimenti per migliorare i percorsi della mobilità dolce in grado di agire sull’innalzamento dell’accessibilità di città e territori. In questione ci sono importanti sfide per la qualità della vita, si tratta di contribuire alla costruzione di un sistema a rete della mobilità dolce, ciclabilità, cammini, percorribilità pedonale, vie d’acqua, delle grandi dimensioni nazionali, regionali, locali ma anche di minute parti urbane senza soluzioni di continuità quale infrastruttura di una strategia in cui l’accessibilità a 360° possa essere garantita a tutti. INU - URBIT insieme a importanti enti si propongono di affrontare nell’ambito della pianificazione programmazione urbanistica e territoriale il complesso e articolato panorama della cosiddetta mobilità dolce. Con FIAB-ComuniCiclabili, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Touring Club Italiano, AIAPP, Università di Chieti e Pescara, DASTU del Politecnico di Milano, CIREM dell’Università di Cagliari, nel 2018 sono state sottoscritte le adesioni al Gruppo di lavoro per sviluppare il progetto “Reti per la mobilità dolce”. La dotazione di percorsi adeguati agli spostamenti non inquinanti costituisce un importante carattere per misurare la qualità della vita ma anche contribuisce a una maggiore sostenibilità dello sviluppo di città e territori a condizione però che la stessa si configuri una rete integrata nel sistema della mobilità nonché in quello della pianificazione urbanistica e territoriale. In prosecuzione delle specifiche iniziative svolte nelle edizioni di Urbanpromo 2017 e 2018 che hanno raccolto alcune buone pratiche afferenti la progettazione , la promozione e le politiche , è stato prodotto un documento di sintesi che ha dato conto degli indirizzi e orientamenti scaturiti dalle occasioni di confronto sulla base del quale ha preso forma il programma triennale 2019 - 2021.

Obiettivi e interventi del progetto La dotazione di percorsi adeguati agli spostamenti essendo il progetto un disegno condiviso tra soggetti-attori tra le principali motivazioni vi è la promozione della visione integrata quale modalità fondamentale per riuscire a intervenire sulla riduzione delle minacce ambientali,

paesaggistiche, climatiche. Ulteriore impegno è la prosecuzione della raccolta di buone pratiche, attraverso modalità di ascolto e confronto, al fine di costituire una piattaforma dalla quale estrarre indirizzi e orientamenti utili alla definizione di linee guida per politiche, piani, progetti, integrazione, realizzazioni, gestione e formazione. Tra i vari soggetti aderenti e coinvolti proviene la richiesta forte di realizzare seminari, workshop e incontri, finalizzati al coordinamento delle pratiche sviluppate nel Paese, utilizzando quelle occasioni nelle quali i temi del progetto Reti per la mobilità dolce si integrano e completano: VII RUN, 3-6 aprile 2019; BISP, 29 maggio-1 giugno 2019; Urbanpromo, ottobre e novembre 2019. Con la Legge n. 2/18, Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica, del D.I. 29.11.2018 “Progettazione e realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche”, e del D.M. ATTM 21.12.2018 “Programma di Incentivazione della Mobilità Urbana Sostenibile (PrIMUS)” finalizzato al finanziamento di progetti di mobilità, sono stati delineati i ruoli strategici spesso considerati separatamente ma appartenenti a un’unica visione della qualità ambientale. Il progetto contiene anche la finalità di monitorare la relazione tra Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche e impianto urbanistico territoriale (http://www.mit.gov.it/node/5383) nonché la redazione dei Piani Regionali della Mobilità Ciclabile, dei Biciplan e dei PrIMUS più significativi per gli ambiti e tematismi definiti dal GdL che riguardano: pianificazione, programmazione, territori, città, standard; paesaggio e identità dei territori; partecipazione, progettazione, formazione; distretti culturali, città creative, aree interne; strumenti della pianificazione riguardanti il sistema della mobilità dolce; sviluppo e interconnessioni di logistica e mobilità urbana; percorsi della mobilità dolce, cammini, ippovie, corsi d’acqua, ciclovie; strategie per l’incremento della qualità, per esempio ComuniCiclabili; valorizzazione turistica integrata e sviluppo sostenibile; adeguamento climatico e riduzione dei rischi; accessibilità a 360° per tutti. Paesaggio, infrastrutture territoriali e urbane, cultura, turismo, identità, tradizioni, sviluppo sostenibile, accessibilità a tutti, innovazione di offerte e servizi, gestione di reti e patrimoni, tutti questi sono alcuni degli ambiti che politiche, piani, programmi e progetti, che si stanno attuando nonostante siano frequenti condizioni frammentate, pongono negli interventi seppure con pesi e attenzioni differenti.

Iginio Rossi 57


BOX Fig. 5 - Bicitalia 20 Ciclovie per 20 Regioni è il progetto per una rete di vie verdi, piste ciclabili e strade a basso traffico da percorrere a piedi e in bicicletta, che collega le principali città e le più importanti attrazioni naturalistiche e culturali, messo a punto da FIAB.

58


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

L’Italia Mediana Il Progetto Paese “Italia Mediana” L’Istituto Nazionale di Urbanistica da alcuni anni, e in particolare in riferimento alle riflessioni sulle Piattaforme Strategiche (Fabbro, Mesolella 2010) della programmazione 2007-2013, sta affrontando il tema della governance dei Progetti di Territori e del contesto ottimale per lo sviluppo degli stessi Progetti di Territorio in una visione macroregionale. In questo senso, le ricerche dell’INU in collaborazione con il Laboratorio ANTEA dell’Università dell’Aquila hanno individuato quale modello di riferimento la “Macroregione” intesa come sperimentazione a livello nazionale basata sul modello europeo (come ad esempio l’Alpina o la Adriatico-Ionica), e ha imposto una verifica di tale modello sulla cosiddetta “Italia Mediana”, individuando così ma cosiddetta “Macroregione Mediana”. Tali studi sono stati presentati in un convegno dal titolo “Italia Mediana: una Macroregione, strategie, piani e paesaggi” tenutosi a L’Aquila il 6 marzo 2015, cui ha seguito la pubblicazione dall’omonimo titolo. Qui di seguito si riportano gli elementi fondamentali della ricerca, ancora oggi in fase di sviluppo, che fanno riferimento a criteri di lettura e interpretazione territoriale basati sui concetti di omogeneità, di rete e di strategicità (MIT 2007a), ma anche sulla relazione dei sistemi e soprattutto sui concetti di integrazione e multi-scalarità.

Italia Mediana e Macroregione Mediana I modelli concettuali tradizionali che spesso vengono richiamati dalle politiche regionali dell’Italia Mediana (Di Ludovico, Properzi, Santarelli 2014) si riferiscono ad analisi socioeconomiche e demografiche che ne rappresentano bene la dualità: la costa, alla quale appartengono i territori a maggiore dinamicità, l’area collinare e montuosa, alle quali appartiene il sistema della criticità insediativa (sottoutilizzo). Tali politiche hanno prodotto ad esempio lo sviluppo delle aree relative al corridoio adriatico e alle penetrazioni verso le città capoluogo, con la conseguenza che le azioni messe in campo non sono riuscite a riconnettere i territori regionali, ma spesso hanno creato una maggiore ed evidente rottura tra Regione interna e costa. Superare questi schematismi e interpretare il sistema dell’Italia centrale all’interno dell’Area mediana comporta necessariamente l’abbandono del modello duale e policentrico verso un’interpretazione per Sistemi Territoriali dei quali

studiare le relazioni interne di rete (reti corte) e le relazioni esterne con le reti lunghe nell’ambito di articolazioni Macroregionali. Il documento Macro-regional strategies in the European Union dell’Unione Europea (UE, 2009) definisce la Macroregione come “un’area che comprende territori di diversi paesi o regioni che hanno una o più caratteristiche comuni o sfide”. Si possono distinguere due tipi di Macroregioni. Il primo tipo fa riferimento alla costituzione conseguente alla valutazione di opportunità molto specifiche ed evidenti o problemi che non possono essere affrontati in modo soddisfacente da regioni o paesi che agiscono da soli, o anche lavorando insieme su base settoriale. Nel secondo tipo non emergono problemi od obiettivi evidenti, ma un gruppo di regioni può essere comunque convinto che attraverso strategie comuni e integrate le regioni potranno essere più competitive sul mercato globale, pur mantenendo gli standard sociali e ambientali. Una Macroregione per l’Italia Mediana è una Macroregione che si basa su di un impianto ibrido, derivato da evidenti criticità socio-economiche ma anche da opportunità comuni connesse all’area euromediterranea ed all’area balcanica. Il suo obiettivo generale è quello di integrare reti lunghe e reti corte, dove per reti lunghe si intendono quelle formate dalle città con maggior peso competitivo e da sistemi territoriali secondari (comunque di peso notevole), e per reti corte quelle formate da sistemi territoriali minori generalmente escluse dai grandi progetti di sviluppo e generalmente isolati. Nel contesto dell’Italia Mediana assumono un ruolo rilevante alcune analisi prodotte per il Disegno Strategico della Regione Abruzzo a supporto del QSN (Proiezioni Territoriali per le Città (RegAbr 2008)) e nell’ambito delle Piattaforme Strategiche (Fabbro 2010, pg. 324), in cui l’individuazione dei Sistemi insediativi territoriali di diversa natura e tra di loro dipendenti è riguardata come superamento di modelli interpretativi tradizionali che mal descrivono le potenzialità delle aree interne della regione sottoutilizzate e svantaggiate (policentrismo, dualismo). Questi Sistemi territoriali (1. Poli urbani maggiori, 2. Città lineare della costa, 3. Rete dei borghi o dei Poli minori, 4. Paesaggi abitati), che interpretano reti dal livello locale a quello regionale e transregionale (Italia mediana), sono interpretati quali sistemi di relazioni integrati, capaci di creare Massa Critica in relazione alla loro capacità di entrare in relazione e quindi integrarsi a tutte le scale e livelli. 59


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Il “Progetto nei Territori Snodo 2” del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e della Regione Abruzzo (RegAbr 2012), ha consentito di analizzare e sperimentare i quattro Sistemi insediativi territoriali e le relative Reti di città (Di Ludovico, Properzi 2012), di definire una prima estensione della Macroregione Mediana e di mettere in relazione questi con i Progetti di Territorio censiti. I Progetti di Territorio sono uno strumento/ criterio possibile per un’ottimale selettività e concentrazione di tutte le risorse presenti sul territorio. Esso coinvolge la valorizzazione delle eccellenze costituite dalle città stesse, nella dimensione di area vasta e quindi la crescita della competitività tra Città e Territori. Rappresentano anche lo strumento connettivo tra Sistemi insediativi territoriali e Reti di Città, e utilizzano il loro potenziale competitivo per conseguire lo sviluppo delle aree interne come di quelle costiere o metropolitane. Essi connettono i territori delle Regioni, quelle dell’Italia Mediana, notoriamente vocati ad accogliere domande orientate ad una molteplicità di offerte, e dai quali è possibile cogliere le esperienze accumulate nell’organizzazione dei propri sistemi e nella valorizzazione dei propri patrimoni. Tali connessioni efficientano e potenziano a loro volta i cosiddetti Telai Territoriali (Di Ludovico, D’Ascanio 2019), plasmati nell’Italia Centrale dalla sequenza costa bassa, media collina, solchi vallivi, storicamente insediati sia nei crinali (centri storici), che nelle zone irrigue (case sparse), e

che costituiscono la maglia del modello insediativo medio adriatico la quale lettura è fondata sugli elementi di cui si è detto finora. I Telai, trama principale dei Sistemi insediativi territoriali e delle Reti di Città, hanno una loro autonoma e spesso diversificata dimensione e struttura che non replica quella urbana tradizionale in termini di centro – periferia, né di relazioni funzionali, ma ne postula una diversa declinazione. Nei vertici del Telaio, infatti, ci sono spesso, non sempre, aggregazioni insediative storiche (i centri di collina arretrati e gli insediamenti intorno alle stazioni ferroviarie). Lo sviluppo di questi nuclei è avvenuto per diffusione lineare lungo le aste, con una caratterizzazione essenzialmente produttiva (Aree e Nuclei industriali) e commerciale. In molte occasioni questi Telai non risultano completi, e quindi capaci di innervare sul territorio macroregionale i flussi determinati dai settori produttivi e turistici. Il Progetto di Territorio Snodo 2 si è posto l’obiettivo di completare la maglia infrastrutturale per innervare tali flussi e connettere, attraverso i Telai Territoriali, i Sistemi insediativi territoriali deboli con i forti e più in grande, l’Italia Mediana con lo spazio Euromediterraneo (Piattaforma Euromediterranea) e le Global City Regions (Scott, Agnew, Soja, Storper 2000). La Macroregione Mediana, alla stregua di quelle europee come quella alpina o quella adriatico-

Figura 1 - A sinistra i Sistemi insediativi territoriali, a destra le reti di Città nella Macroregione Mediana (elab. Mauro Falini)

60


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Fig. 2 – Macroregione Mediana e Progetti di TerritorioMacroregione Mediana (elab. Mauro Falini)

Fig. 3 – I Telai Territoriali nella Macroregione Mediana (elab. Benedetta Di Giacobbe)

61


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

ionica (Properzi, Di Ludovico 2012), non si riferisce ad un nuovo sistema istituzionale e a confini predefiniti, ma si costruisce bottom-up su Progetti e Accordi. Essa aspira a un nuovo modello socioeconomico (basato sulla logica macroregionale), consapevole della prospettiva di riforma federale, a cui si può tendere attraverso la sperimentazione e la maturazione di forme incrementali di governo intervenendo sui nodi essenziali del mondo economico: occupazione, sviluppo, infrastrutturazioni, partendo dalle reti interregionali e dagli hub, ma anche dai livelli minimi di cittadinanza (metropolizzazione, marginalità, degrado, etc.) Riferimenti bibliografici Di Ludovico D., D’Ascanio F. (2019), European cross-scale spatial planning and Territorial Frames in the Italian Median Macroregion, European Planning Studies, doi: https://doi.org/10.1080/09654313.20 19.1581729. Di Ludovico D., Properzi P, Santarelli A. (2014), Median Italy: Territorial Diversity as the Cornerstone of Regional Development. In: (a cura di): Bevilacqua C., Calabrò F., Della Spina L., New Metropolitan Perspectives - The Integrated Approach of Urban Sustainable Development. Advanced Engineering Forum, vol. 11, p. 20-26, Thomas Wohlbier, TTP (Trans Tech Publications) USA, Reggio Calabria, doi: https://doi.org/10.4028/ www.scientific.net/AEF.11.20. Di Ludovico D., Properzi P. (2012), Evolution of the network of cities in the central macroregion between reconstruction and underuse. In: (a cura di): Andrea Vergano, Alessandro Caruana, Gateways - Smart Planning for Europe’s Gateway Cities. Connecting peoples, economies and places. 1-9, INU Edizioni, Roma. Fabbro S. (2010), Reti infrastrutturali, in “Rapporto dal Territorio 2010”, a cura di Pierluigi Properzi, INU Edizioni, Roma 2011, pg. 321-326. Fabbro S., Mesolella A. (a cura di) (2010), Le Piattaforme Territoriali Strategiche esiti e prospettive di una politica nazionale di territorializzazione delle infrastrutture, Urbanistica Dossier, 14 (122). MIT (2007a), Il territorio come infrastruttura di contesto. Contributi alla programmazione 20072013, Ministero delle Infrastrutture, Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento dello sviluppo del territorio, per il personale ed i servizi generali. MIT (2007b), Reti e territori al futuro. Materiale per una visione, Ministero delle Infrastrutture, 62

Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento dello sviluppo del territorio, per il personale ed i servizi generali. Properzi P., Di Ludovico D. (2012), Macro-regione Adriatico-Tirrenica vs Macro-regione Mediana, dall’interpretazione duale ai sistemi territoriali e reti di citta. In atti della XXXIII Conferenza Italiana di Scienze Regionali, Roma, 13-15 Settembre 2012, www.grupposervizioambiente.it/aisre_sito/doc/ papers/Properzi.doc. RegAbr (2012), Il Progetto di Territorio Snodo 2 Abruzzo. Scenari e pacchetti di offerta territoriale, estratto del rapporto, Regione Abruzzo, L’Aquila. RegAbr (2008), Proiezioni Territoriali per le Città, Regione Abruzzo, L’Aquila. Scott A. J., Agnew J., Soja E. W., Storper M. (2000), Global city-regions, in Global City-Regions, Trends, Theory, Policy, Edited by Allen J. Scott, Oxford University Press, Oxford 2001. UE (2009), Macro-regional strategies in the European Union, http://www.interact-eu. net/downloads/1682/Discussion_Paper_ Macro_regional_strategies_in_the_European_ Union_11_2009.pdf.


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

I Paesaggi del Sud Il paesaggio e la sua qualità sono diventati riferimenti per valutare la percezione della qualità di vita, richiedendo importanti sforzi in termini di politiche, azioni di pianificazione, gestione e sensibilizzazione anche culturale. Queste azioni sinergiche sono ancor più necessarie al Sud, dove l’abusivismo ha fortemente contaminato la qualità del paesaggio e dove pare che sia crescente l’insoddisfazione delle popolazioni per il loro quadro di vita. Nel 2017, l’abusivismo edilizio ha infatti raggiunto il 19,8% - 19,8 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate - (Istat, Rapporto Bes, Benessere equo e sostenibile 2018) ed è in crescita di 6,4% rispetto al 2004; il fenomeno infatti si concentra prevalentemente nel Sud del nostro Paese, dove si stima che siano state realizzate 2 nuove costruzioni abusive ogni 3 autorizzate nella sola Campania, e una ogni due nel resto del Mezzogiorno (fenomeno particolarmente elevato in Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia). Coerentemente, la quota delle persone che giudicano il paesaggio del luogo di vita affetto da degrado è del 21,3% a livello nazionale: il dato dell’anno precedente (21,5%) aveva interrotto la tendenza crescente del triennio 2012-2015. Nelle regioni del Mezzogiorno, unica ripartizione con valore in aumento nell’ultimo anno, si registrano le quote più elevate (29,3% della popolazione, 34,7% in Campania). Al Centro si rileva una lieve

diminuzione rispetto al 2016 ma il valore resta superiore alla media nazionale (22,1%, e 28,9% nel Lazio), mentre al Nord scende al 15%, segnando un miglioramento di oltre 1 punto percentuale rispetto al 2016 (Figura 2). L’insoddisfazione per la qualità del paesaggio è più diffusa nelle grandi aree urbane: 34,8% nei centri metropolitani e 24,8% negli altri comuni con più di 50 mila abitanti, mentre non raggiunge il 15% nei centri fino a 10 mila abitanti. Il disagio, inoltre, è maggiormente riportato dalle persone tra 25 e 34 anni (24,8%) e, nell’ultimo anno, diminuisce nelle classi di età più giovani (Istat, Rapporto Bes, Benessere equo e sostenibile 2018).

A. Voghera, L. La Riccia, F. Rossi

Questi dati, solo apparentemente in contraddizione, ci ricordano quanto sia necessaria una politica per il paesaggio, soprattutto per quello del Sud del nostro paese. Questo è un tema che la Community Paesaggio e Biodiversità ha discusso, attraverso la raccolta di buone pratiche, con l’obiettivo di costruire un progetto pilota. In questo senso, l’avvio di processi di pianificazione (Calabria) o il processo di costruzione e approvazione di un nuovo piano appaiono strategici; non si tratta di sforzi in adempimento di una legge, ma di un impegno politico e collettivo per ripensare un modello di sviluppo (la Puglia è esempio emblematico!), che evidenzia le illusioni, le speranze tradite, i problemi esistenti sul territorio, ma anche le azioni per ricercare un

Figura 1 - Indice di abusivismo edilizio per ripartizione geografica. Anni 2010-2017. Nuove costruzioni abusive a uso residenziale ogni 100 autorizzate (Fonte: ISTAT, Rapporto BES 2018)

63


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Figura 1 - Insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita per classe di età, tipo di comune e ripartizione geografica. Anni 2016 e 2017. Per 100 persone di 14 anni e più. (Fonte: ISTAT, Rapporto BES 2018)

percorso diverso di sviluppo per uscire dai modelli irrealizzati nel passato. Se la pianificazione paesaggistica è in movimento nel Mezzogiorno, come lo sono le azioni culturali e di monitoraggio dal basso (Osservatori in crescita in tutto il paese), si possono avviare processi virtuosi e azioni di valorizzazione del paesaggio, non solo vincolistici, ma che sappiano metterlo in valore con politiche e progetti. Infatti, gran parte dei piani paesaggistici redatti, o in corso di redazione, in coerenza con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, pongono grande rilevanza ai progetti di paesaggio, intesi come strumenti strategici per l’attuazione del piano. Esperienze queste, che come alcuni dei casi qui discussi (Puglia, Calabria, Campania, Sicilia) sono capaci di costruire responsabilizzazione (co-produrre) e/o di costruire apprendimento, attraverso il progetto. Alcuni casi, con valore sperimentale, sono stati intercettati dal basso e sono divenuti strumenti di governance dimostrativi per l’attuazione del piano. Sebbene la situazione dei progetti di paesaggio nel Sud sia ancora in parte circoscritta ad esperienze particolari e, sebbene alcuni risultati possano sembrare al momento limitati e parziali, questi progetti di paesaggio rappresentano certamente occasioni positive per il conseguimento di effetti sulla qualità dell’aria, sulla mobilità, sulla protezione del suolo, sulla rifunzionalizzazione di strutture dismesse, sulla riconnessione tra mare e città e città, e con agricoltura e natura, costruendo o rivalorizzando percorsi di fruizione, capaci di 64

dare qualità a spazi naturali, urbani e al patrimonio culturale.

I casi I casi riportati in questa sezione contribuiscono a riportare l’attenzione su alcune problematiche aperte a scala nazionale, come ad esempio: • la ricerca di un migliore collegamento tra pianificazione paesaggistica e programmazione regionale; • la formazione di una visione del piano paesaggistico come motore di sviluppo sostenibile e di ricchezza durevole, anziché di semplice vincolo; • il rafforzamento del ruolo normativo del piano paesaggistico (e quello di strumento sovraordinato rispetto alla pianificazione urbanistica e di settore), nei casi in cui ai progetti di paesaggio viene attribuito il valore di direttiva. L’Osservatorio sul Consumo di Suolo della Campania insieme al supporto dell’Università di Fisciano e dell’Associazione “Riscatto Urbano” ha messo a punto una App denominata “App OPS”, acronimo di “Osservatorio Paesaggio Suolo”, con l’obiettivo di permettere al pubblico di segnalare aspetti positivi (buone pratiche) e negativi (cattive pratiche) del paesaggio. Insieme all’App, l’Osservatorio ha lanciato un foto contest dedicato ai paesaggi della Campania: la foto vincitrice su 47 scatti fotografici pervenuti, che ritrae il paesaggio del Monte Tubenna, è certamente un’immagine inedita rispetto all’insieme delle fotografie


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

stereotipate alle quali si associa solitamente il paesaggio campano. L’esperienza del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, essendo uno dei parchi italiani in cui il tema della presenza antropica è importate, è emblematica per la definizione delle strategie di tutela e di valorizzazione, che partono da un unico percorso analitico, interpretativo e progettuale per arrivare alla selezione delle risorse identitarie per produrre nuovi legami tra la comunità, gli esperti e il territorio. La redazione del nuovo Piano del Parco è stata basata su un nuovo modello di sviluppo socio-economico per valorizzare in primis le risorse ambientali, culturali e urbane del territorio. Le attività tradizionali tornano ad assumere una posizione di primo piano, connettendo gli input provenienti dal territorio ordinario esterno al Parco e includendo, in un nuovo ciclo di vita, l’identità e l’attrattività dei luoghi. Con questo obiettivo l’Ente Parco, insieme alla Regione Basilicata, ha instaurato un proficuo rapporto inter-istituzionale che prevede l’adozione di un modello di copianificazione per contribuire al nuovo piano paesaggistico regionale in corso di redazione e dando forza al quadro strutturale regionale. In Calabria, il tema dei Piani Paesaggistici d’Ambito all’interno del processo di redazione del nuovo QTPR, rappresenta un modo per riportare al centro delle dinamiche territoriali la qualità paesaggistica e ambientale. Al di là degli aggiornamenti recenti, questo è un passaggio fondamentale verso la definizione di un quadro conoscitivo aggiornato e come necessaria condizione per le successive fasi di individuazione delle azioni da associare ai singoli ambiti paesaggistici, al fine di arrivare al superamento di quella logica della conservazione e della tutela tout court verso esperienze più concrete di accompagnamento all’attuazione del piano e di guida dell’azione progettuale sul paesaggio. Attraverso i Piani Paesaggistici d’Ambito si intende compiere un passo definitivo per superare la difficoltà strutturale (non esclusiva della situazione calabrese) della pianificazione paesaggistica nel trovare efficacia operativa al livello locale, che costituisce una sfida tutt’oggi aperta. Il Progetto “Agri Gentium: landscape regeneration” rappresenta un buon esempio rivolto alla sensibilizzazione, alla socializzazione e alla condivisione dei valori collettivi connessi al paesaggio e al territorio del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento. Il Progetto vede infatti il Parco Archeologico impegnato nel ruolo di promotore e catalizzatore di buone pratiche per il recupero e la rigenerazione

2

del paesaggio; ad esempio si richiamano: il progetto di recupero del Giardino della Kolymbethra; il recupero delle aree ferroviarie dismesse con la creazione dell’itinerario “Akragas Express” tra Agrigento e la Valle dei Templi; il progetto “Agri Gentium Agricoltura Solidale” per l’assegnazione di appezzamenti di terreno incolti affinché vengano riattivati come orti sociali; il progetto “Mille Mandorli”, orientato alla messa a dimora di mille mandorli; il progetto “Diodoros”, per la produzione sostenibile di olio e vino; il progetto “Patriarchi vegetali della Valle dei Templi”, itinerario di visita alla scoperta di monumentali esemplari di olivi, carrubi e mirti; il “Museo Vivente del Mandorlo Francesco Monastra”, campo-collezione con 300 varietà tradizionali di mandorli. Questi interventi previsti dal Progetto, per il profilo di riqualificazione paesaggisticoambientale e di valorizzazione culturale, rappresentano certamente una modalità di azione nel contesto sia del Piano del Parco (adottato nel 2008) sia del Piano Paesaggistico della Provincia di Agrigento (adottato nel 2013). In Puglia, alcune numerose esperienze progettuali contenute nel nuovo PPTR, approvato nel 2015 ed ormai in vigore da oltre tre anni, sono rilevanti per il modo in cui è stato impostato il processo di redazione del piano stesso, sia in termini di elaborati progettuali che di strumenti attuativi compresi nell’apparato normativo. I progetti integrati di paesaggio sono stati avviati in forma sperimentale con oltre cinquanta enti locali ed associazioni sin dalla fase di elaborazione del piano paesaggistico. Si tratta di una progettualità integrata, multi-settoriale e multi-attoriale, che in qualche modo ha il pregio di invertire la tradizionale sequenza piano-programma-progetto, anticipando l’attuazione. I progetti ammessi (tra gli esempi riportati, il progetto di “Rigener-Azione” delle Marine Leccesi; il percorso di sperimentazione dei progetti territoriali di San Severo; l’esperienza del Laboratorio Urbano Aperto per il Parco Agricolo dei Paludi) danno prova della capacità ma anche delle difficoltà di ricondurre alla scala territoriale di competenza la visione strategica regionale del PPTR, introducendo anche temi innovativi per il progetto, in altri casi perdendo la visione integrata degli interventi proposti e l’unitarietà funzionale, con il rischio di risultare inefficaci. Inoltre la modalità “ordinaria” per dare attuazione al piano paesaggistico consiste nell’adeguamento degli strumenti urbanistici locali o nella elaborazione di nuovi piani ad esso conformi: un aspetto certamente rilevante se confrontato alla varietà dei dispositivi introdotti dal piano. In Puglia, i progetti per il paesaggio regionale stanno orientando in modo 65


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

selettivo le attenzioni regionali e locali verso alcuni problemi dei territori contemporanei, proponendo soluzioni incentrate sulla tutela, valorizzazione e riqualificazione del paesaggio, provando così a ricongiungere dimensione paesaggistica e trasformazione urbanistica. In tutti i casi, il progetto di paesaggio è diventato strumento per aggredire questioni ambientali e urbanistiche da un punto di vista diverso dal passato, perché orientato alla complessità, all’interrelazione, al superamento della frammentazione degli spazi, degli strumenti, degli attori. Gli esempi dei progetti di paesaggio trovano spazio in strategie ampie e lungimiranti, necessarie per una efficace politica paesaggistica estesa all’intero territorio. Una questione aperta è quindi legata a come i nuovi piani paesaggistici regionali, in corso di riformulazione, possano presentare una forte componente normativa relativa ad ogni aspetto del paesaggio, individuando e selezionando strategie e progetti di area vasta ed impegnando gli enti locali in termini di partecipazione e negoziazione con le comunità locali. Un’altra questione aperta è legata alle modalità secondo cui i Comuni si muovono nell’adeguare o rinnovare i propri strumenti di pianificazione urbanistica; la parte più creativa e rilevante in questo processo, non è tanto l’approfondimento e aggiornamento del sistema delle tutele ai sensi del Codice, operazione in fondo già nelle consuetudini avviate con il precedente piano paesaggistico e ‘dovuta’), quanto piuttosto nel mutamento di punto di vista che l’attuazione della visione strategica richiede (si veda discussione sul Piano Paesaggistico della Puglia nel presente Rapporto). Entro questi termini si può dare senso alle molteplici altre azioni che spontaneamente sorgono dal locale, promuovendo e sostenendole in modo complementare, attraverso l’informazione e la comunicazione (intersettorialità), e la sinergia con strategie e progetti regionali. Il monitoraggio degli effetti, sia delle politiche strutturali che di quelle locali, rappresenta un aspetto fondamentale per valutare l’efficacia delle azioni paesaggistiche e consentire un comportamento adattivo del piano verso la scala locale.

66


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Osservatorio del Consumo di Suolo della Campania - OPS L’Osservatorio per la pianificazione del paesaggio L’Osservatorio sul Consumo di Suolo della Campania ha messo a punto nel 2017 l’app “OPS” – acronimo di Osservatorio Paesaggio Suolo - grazie al supporto del Dipartimento di Informatica dell’Università di Fisciano e all’Associazione “Riscatto Urbano”, l’App OPS oltre a permettere a singoli cittadini di segnalare sia aspetti negativi che danneggiano il paesaggio sia le buone pratiche che lo valorizzano, vuole contribuire a rafforzare il rapporto dei cittadini con i luoghi in cui vivono creando un “archivio partecipato” del paesaggio costruito “dal basso”. Nell’ottobre del 2018 l’Osservatorio Consumo di suolo della Campania ha lanciato un Fotocontest per raccogliere immagini della Campania care agli utilizzatori dell’app. In totale, le foto pervenute sono state 47: un numero discreto se si pensa che il Fotocontest è stato aperto per due sole settimane.

La giuria composta da Francesco Domenico Moccia, Emanuela Coppola e Michele Grimaldi, in qualità di membri dell’Osservatorio, da Chiara Cirillo, docente del Dipartimento di Agraria e da Roberto Musumeci, dell’associazione Riscatto Urbano ha decretato le quattro foto premiate.

Emanuela Coppola

La foto vincitrice, ritrae un paesaggio montuoso innevato, il Monte Tubenna, un massiccio di 834m del comune di Castiglione Del Genovesi, ottimo punto di osservazione del golfo di Salerno fino alla costiera cilentana (area costiera immortalata tra l’altro da più foto). Si tratta di un’immagine certamente inedita rispetto a quelle stereotipate alle quale si associa solitamente la Campania. Se la foto vincitrice ritrae un paesaggio montano che guarda verso la costa, le foto di paesaggi marini e zone costiere si confermano come i paesaggi più immortalati dai nostri osservatori di paesaggi.

Foto 1 - Il monte Tubenna a Castiglione Del Genovesi dal quale è possibile ammirare tutto il golfo salernitano dalla città fino alla costiera cilentana. Foto di Daniela Patrucco (1^ classificata)

67


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 2 - Faro di punta Carena ad Anacapri di Alessandra Staiano (2^ classificata)

E se non sono stati premiati panorami classici da cartolina come alcuni scorci di Capri o della costa di Amalfi (SA), viene premiata come seconda classificata l’immagine di una vivace mareggiata sotto il Faro di punta Carena di Anacapri (NA). L’isola di Capri, oltre che ad essere l’isola campana più fotografata, conferma anche in questa competizione il ruolo di fondale scenico del Golfo di Napoli: viene fotografato da Napoli ma anche dalla Baia di Ieranto (Massa Lubrense); seguita a ruota dall’isola di Nisida, che fronteggia Bagnoli nel golfo di Pozzuoli e che viene ritratta principalmente da uno dei punti più panoramici della metropoli partenopea, il Parco Virgiliano a Posillipo. Un’altra immagine di paesaggio costiero si classifica al terzo posto: è una foto scattata da Vico Equense (Na) da cui si osserva la costa di Salerno chiusa sulla destra dalla Chiesa della Santissima Annunziata e sullo sfondo l’inconfondibile profilo del Vesuvio. Il complesso vulcanico del Vesuvio-Monte Somma si conferma indubbiamente come il principale fulcro visivo della pianura campana, riconosciuto a livello mondiale, inconfondibile riferimento visivo oltre che di orientamento, che assume diverse configurazioni a seconda del punto di osservazione, da quella canonica osservabile da Napoli, con il Monte Somma alla sinistra del cono del Vesuvio, a quella in cui la lunga cresta del Monte Somma nasconde il cono e quindi la natura vulcanica della montagna per gli osservatori posti a nord e a nordovest del vulcano. 68

Nel Fotocontest oltre che come sfondo del golfo di Napoli, il Vesuvio viene fotografato anche da Domicella (AV) e dal Borgo San Matteo nel comune di Sarno (SA). Le dolci e verdi colline di Savignano Irpino (AV), immortalate nella quarta immagine premiata da questo primo Fotocontest, restituiscono un’immagine rigogliosa e poco conosciuta del cuore verde del sistema colturale campano. Le prime posizioni del contest restituiscono un territorio regionale articolato, caratterizzato da numerosi tipi di paesaggio che si alternano, dando luogo a configurazioni molto complesse. Sono state inviate anche immagini di beni culturali isolati: dalle classiche immagini da cartolina come quella di Piazza del Plebiscito a Napoli ad immagini di beni poco conosciuti oltre regione come la settecentesca Villa D’Elboeuf, villa vesuviana progettata da Ferdinando Sanfelice a Portici (NA), sita nelle immediate vicinanze del porto del Granatello; il Real Sito di Carditiello, azienda agricola destinata all’allevamento di razze pregiate e tenuta di caccia del Regno Borbonico, voluta da Carlo di Borbone e sita a San Tammaro (CE) ma anche il complesso religioso dell’Abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi (AV). Immagini di grande interesse storico testimoniale oltre che identitario che raccontano una Campania meno nota.


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Si vuole comunque segnalare i paesaggi inaspettatamente meno fotografati, i fiumi in primis, forse perché la loro giacitura li rende meno visibili da lontano ad un osservatore posto a livello del suolo ma anche i laghi costieri e i laghi vulcanici. L’unico fiume fotografato è il Sarno, immortalato dal centro storico di Scafati (SA), noto negativamente come fiume più inquinato d’Europa a causa dell’elevata pressione antropica con relativo impatto determinato da scarichi domestici e industriali, sono in corso opere di bonifica per recuperarlo come elemento di dialogo storico con le comunità della piana del Sarno. Inaspettatamente poco presenti sono le immagini della grande articolazione morfologica e scenica dei Campi Flegrei, resti di una grande caldera collassata che ha dato luogo ad un sistema di crateri più piccoli, che forma uno dei paesaggi più caratteristici a livello mondiale, anche grazie all’operazione di rimodellamento dei versanti dei crateri operata dall’uomo attraverso una minuta trama di terrazzamenti (solo un’unica foto del contest ritrae infatti Miseno e Bacoli).

Foto 3 -Vico Equense, Chiesa della Santissima Annunziata di Roberta Vanacore

69


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 4 - Declivi sfumati di Savignano Irpino (AV) di Klarissa Pica (4^ classificata)

70


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Il Piano del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri-Lagonegrese è stato istituito ai sensi e per gli effetti della legge 391/1991, con DPR dell’8 dicembre 2007. La sua notevole estensione longitudinale da nord a sud ne fa un’area ricca di una serie di interessanti biotopi, che vanno dalle fitte faggete delle alture, al caratteristico abete bianco, fino alle distese boschive che si alternano a pascoli e prati. Le tante aree coltivate sono il segno della forte presenza della mano dell’uomo in questo Parco che, come dimostrano l’area archeologica di Grumentum e le numerose mete religiose, fin dall’antichità si presenta come uno splendido crocevia di tradizioni, arte, cultura e fede. Il paesaggio vegetale del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese è l’espressione delle vicende paleoclimatiche dell’Appennino meridionale che hanno arricchito la flora di questo territorio con interessanti specie di notevole interesse fitogeografico, nonché delle lunghe relazioni storiche tra uomo e natura che hanno creato un inscindibile legame tra ricchezza biologica e diversità culturale in tutti i suoi aspetti materiali ed immateriali. Il mosaico territoriale è, inoltre, diversificato in relazione alle caratteristiche geomorfologiche che arricchiscono il paesaggio vegetale di biotopi rupestri, xerofili, igrofili calanchivi, ecc., aumentandone l’eterogeneità.

Il processo di pianificazione Se le ragioni statutarie del Parco sono ovviamente legate alla tutela della natura, il Parco dell’Appennino Lucano è tra quei parchi in cui il tema della presenza antropica è importante fino a richiedere, nella quotidiana azione amministrativa e nei processi di pianificazione di medio periodo, un nuovo punto di vista capace di mediare i termini della conservazione assoluta dei santuari della natura e della tutela attiva degli habitat, anche quando sono frutto dell’interazione uomo-natura. Il processo metodologico adottato per la definizione delle strategie di tutela e di valorizzazione parte dalla costruzione di un unico percorso analitico, interpretativo e progettuale che mira alla selezione delle risorse identitarie capaci di produrre nuovi legami tra la comunità, gli esperti e il territorio.

dell’incarico di studio e consulenza tecnico scientifica per la redazione del Piano del Parco alla RPA S.r.l., con il supporto di un gruppo di esperti coordinato da Maurizio Carta, di cui fanno parte Sandro Amorosino, Remo Votta, Giuseppe Bazan, Emanuela Coppola, Valeria Mauro, Daniele Ronsivalle. Grazie all’articolazione del gruppo di lavoro, il Piano del Parco contiene tutti gli elementi e le strategie utili alla realizzazione di un nuovo modello di sviluppo socioeconomico bilanciato, sostenibile e a basse emissioni a partire dalle risorse e dalle qualità ambientali, culturali e urbane presenti. Il nuovo modello di economie ambientali culturali e urbane che il Piano struttura lavora sull’inversione del trend socioeconomico che fino ad ora aveva affidato ai settori legati all’agricoltura e alla valorizzazione delle risorse naturali un ruolo solo marginale, basando molte delle economie sulle attività estrattive e sulle royalties petrolifere.

Risultati ottenuti o previsti Nel Piano le attività tradizionali tornano ad assumere una posizione di primo piano, si connettono agli input provenienti dall’esterno del Parco e vengono rimessi in un nuovo ciclo di vita, diventando non solo produttrici di fondamentali beni primari, ma anche strumento di manutenzione del territorio, di gestione razionale delle risorse, fattore che definisce l’identità e l’attrattività dei luoghi e attività capaci di rispondere a molteplici esigenze di carattere economico, sociale e culturale. Il Piano, di rimando, vuole innescare nuove economie stimolando le future generazioni a fare impresa anche nel settore turistico, ricettivo e agroalimentare, riscoprendo ad esempio produzioni di nicchia, capaci di rispondere a necessità basilari di formazione del reddito a fronte della crescente precarizzazione del lavoro. La ricerca della qualità del “prodotto territorio” è solo un aspetto della ricerca di una migliore qualità della vita: infatti, questo tema si connette alla qualità dell’accoglienza legati alla fruizione turistica, ai servizi, al tessuto urbano storico – in particolare quando inserito nel perimetro del Parco – e i valori culturali e ambientali.

Il processo di pianificazione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri-Lagonegrese, quindi, è stato avviato dall’Ente Parco con un bando che ha visto nel 2013 l’assegnazione 71


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Rapporti con la pianificazione del paesaggio Negli ultimi anni, l’Ente Parco dell’Appennino Lucano e del Val d’Agri-Lagonegrese ha progressivamente occupato un ruolo guida nella riqualificazione del territorio di diretta competenza rinforzando le trame istituzionali lasciate parzialmente libere dal cambio del quadro normativo relativo alle Province. A fronte di ciò, con la Regione Basilicata si è instaurato un proficuo rapporto interistituzionale con l’adozione di un modello di co-pianificazione partecipativo e dialogico tra i diversi livelli di governo del territorio in merito alla pianificazione di area vasta e alla pianificazione paesaggistica. Poiché il Piano Paesaggistico Regionale avrà anche funzione di Quadro Strutturale Regionale, le strutture dei territori intermedi caratterizzati da forti valenze naturalistiche e ambientali – come nel caso del Parco – si confronteranno con la visione identitaria complessiva dei paesaggi regionali, dando forza al quadro regionale.

72


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

I Piani Paesaggistici d’ambito del QTRP della Calabria Situazione della pianificazione paesaggistica L’ultimo Rapporto del Territorio del 2016 fotografava la situazione paesaggistica della Calabria, annunciando, con l’adozione del Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (D.C.R. n. 300 del 22.04.2013), la nascita del primo vero piano paesaggistico della regione. A tre anni di distanza dal raggiungimento di quel risultato, per molti versi storico ma ancora parziale, si è pervenuti all’approvazione definitiva del QTRP con D.C.R. n. 300 del 01.08.2016. Il completamento dell’iter di redazione dello strumento integrato, territoriale e paesaggistico, (esito non scontato, visto il cambiamento politico che nel frattempo aveva riguardato il Governo regionale) ha determinato, tra le altre, tre importanti conseguenze, due di carattere operativo e una di carattere culturale, sulle quali appare opportuno soffermarsi. L’entrata in vigore del QTRP ha reso cogenti per gli strumenti di pianificazione sotto-ordinata le disposizioni normative in esso contenute (Tomo IV), nonché immediatamente prevalenti su quelle eventualmente difformi. La circolare 0222149 del 26/06/2018 emanata dal Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione ha chiarito in tal senso la necessità di una specifica valutazione di coerenza (se non altrimenti già esperita) degli strumenti di pianificazione locale con le previsioni paesaggistiche contenute nel QTRP. Il parere di compatibilità paesaggistica dovrà essere rilasciato dal comitato di co-pianificazione istituito nell’ottobre del 2017 presso la Regione di concerto con i competenti organi del Mibac. Un’altra conseguenza operativa ha riguardato l’avvio delle attività, proprio a partire dall’istituzione del comitato di co-pianificazione sopra citato, riguardanti la redazione dei Piani Paesaggistici d’Ambito. Si tratta di 16 Piani Paesaggistici d’ambito, uno per ciascuno degli Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali individuati dal QTRP, che nel loro complesso costituiranno il Piano Paesaggistico Regionale. Allo stato attuale il processo di redazione dei Piani Paesaggistici d’Ambito ha determinato un primo risultato concreto: il 20 dicembre u.s., nell’ambito delle attività avviate in co-pianificazione con il MIBAC per l’elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico Regionale si è proceduto alla validazione dei “DM 136” (ovvero la ricognizione, delimitazione e rappresentazione delle aree e degli immobili dichiarati di notevole interesse pubblico, ai sensi dell’art. 136 del D. Lgs. 42/2004) relativi alla Città metropolitana di Reggio Calabria e alla

provincia di Vibo Valentia. A breve si dovrebbe procedere alla validazione di quelli relativi alle restanti tre province (Catanzaro, Cosenza e Crotone). Si tratta di un passaggio fondamentale verso la definizione di un quadro conoscitivo certificato, condizione necessaria per le successive fasi di individuazione delle azioni da associare ai singoli ambiti paesaggistici.

P. Cannavò

La redazione dei Piani Paesaggistici d’Ambito è stata accompagnata, sin dalle fasi iniziali, da una mirata attività di partecipazione, attraverso l’apertura di una sezione dedicata del portale cartografico regionale. All’interno di tale portale web è stato possibile consultare il materiale disponibile e contribuire alla costruzione di un repertorio partecipato mediante una specifica procedura di segnalazione. Attualmente l’accesso al portale è stato sospeso per consentire di raccogliere, valutare ed inserire all’interno dei PPdA le segnalazioni pervenute. La terza conseguenza, quella più importante, è rappresentata dall’avere sconfessato la sensazione diffusa (presso gli amministratori, i tecnici, i cittadini attivi) che non si sarebbe mai pervenuti alla conclusione del percorso di pianificazione e che il sistema della pianificazione regionale (e quindi della pianificazione paesaggistica) sarebbe rimasta in un eterno limbo, senza mai perfezionarsi. A questo punto, la scelta del QTRP di considerare Il paesaggio ed il territorio come elementi inscindibili, anche se non sinonimi, implicando la necessità di mantenerli distinti ma nello stesso tempo ponendoli in relazione, ha proiettato per la prima volta il paesaggio sulla scena regionale. Il passo successivo (da perseguire immediatamente attraverso i PPdA e successivamente attraverso i Programmi d’Area di cui agli artt. 39/47 della Legge Urbanistica Regionale) è quello di superare la logica della conservazione e della tutela tout court verso esperienze di accompagnamento dell’attuazione del Piano finalizzate a guidare l’azione sul paesaggio nel suo divenire, in senso progettuale. Appare a questo punto utile, ricostruire brevemente i tratti salienti del processo di pianificazione attraverso cui si è giunti alla attuale situazione.

Il processo di pianificazione – L’approvazione del QTRP Il Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (QTRP) rappresenta lo strumento di riferimento per lo sviluppo strategico e sostenibile del territorio

E. Manfredini

73


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 1 - Il Vibonese (Fonte: QTRP – TOMO 3 ATLANTE DEGLI APTR – pag. 62)

calabrese. La partecipazione e l’ascolto del territorio hanno fatto sì che si formasse nelle coscienze delle comunità e concretizzasse in esse il principio del territorio come palinsesto nel tenere unite le componenti fondamentali: territorio e paesaggio. Avvicinare gli stakeholder pubblici e privati (cittadini, istituzioni locali, imprenditori, studenti, professionisti, associazioni, etc.) alle tematiche dell’ecosistema e del paesaggio, dell’ambiente e della cultura identitaria, nonché degli aspetti relazionali ed infrastrutturali, ha permesso di educare e creare nuove sensibilità nelle comunità calabresi, chiamate ad esprimere, attraverso una nuova consapevolezza, un’unica visione strategica, fondata sul principio della sostenibilità del governo del territorio e di consumo di suolo zero. Ad una prima fase di ascolto svolta presso il Dipartimento Urbanistica della Regione Calabria, con il coinvolgimento degli allora 409 Comuni (prima che iniziassero a costituirsi le prime unioni di comuni), caratterizzata da tavoli di lavoro interdipartimentali in seno alla Regione e l’organizzazione di incontri presso le cinque sedi provinciali competenti, con la partecipazione degli stakeholder, conclusi con l’accoglimento della maggioranza delle osservazioni, è seguita la fase partecipativa caratterizzata dai Forum di Partecipazione “Paesaggio” realizzata all’interno di ogni Unità Paesaggistica Territoriale Regionale che ha avviato un forte processo di riappropriazione dei luoghi e del loro valore, ricevendo indicazioni direttamente dalle comunità locali. 74

Il coinvolgimento dei territori ha visto quali attori determinanti tutti i Comuni della Calabria. I forum sono stati articolati in 39 giornate, durante le quali gli stakeholder hanno potuto esprimere il loro parere sotto forma di contributi, contribuendo in tal modo a disegnare il Piano Paesaggistico Regionale, desiderato dalle comunità. Il processo attivato attraverso la complessa ed articolata partecipazione attiva ha contribuito a raccogliere le istanze delle comunità ed a costruire una nuova governance tra l’Istituzione Regione Calabria ed i territori, al fine di contribuire nel tempo a co-progettare e condividere idee, visioni e azioni. Guardare alle componenti territoriopaesaggio come un unicum ha fatto sì che la Regione Calabria, in particolare il Dipartimento Pianificazione Territoriale ed Urbanistica, sperimentasse una innovativa metodologia di lettura unitaria dei contesti territoriali regionali e dei paesaggi, dando attuazione a strategie fondate sulla riappropriazione dei caratteri identitari, sulla valorizzazione eco-sostenibile delle risorse naturali ed antropiche. In particolare nell’Atlante degli Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali, Azioni e Strategie per la Salvaguardia e la Valorizzazione del Paesaggio Calabrese, redatto in coerenza con la Convenzione Europea del Paesaggio e con il “Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici”, il territorio calabrese viene preso in esame con un progressivo “affinamento” di scala: dalla macro-scala costituita dalle componenti paesaggistico-territoriali (costa, collina-montagna,


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

fiumare), alla scala intermedia costituita dagli Atpr (16 Aptr), sino alla microscala in cui all’interno di ogni Atpr sono individuate le Unità Paesaggistiche Territoriali (39 Uptr) di ampiezza e caratteristiche tali da rendere la percezione di un sistema territoriale capace di attrarre, generare e valorizzare risorse di diversa natura. L’Atlante è inteso come uno strumento di conoscenza (lettura ed analisi) e contemporaneamente di progetto del nuovo QTRP. La lettura avviene attraverso il racconto dei caratteri identitari di ogni ambito regionale, che portano alle scelte progettuali, attraverso la definizione delle Uptr e attraverso la descrizione degli aspetti legati al contesto e all’evoluzione storica, degli aspetti geomorfologici, ecologici e urbani; dell’accessibilità e le reti della mobilità; dei servizi, delle attività produttive, dei detrattori, degli aspetti storico-culturali; delle tutele ambientali e culturali (beni tutelati ai sensi delle L. 1089/39 e 1497/39). L’identificazione dei i caratteri identitari salienti per ogni Atpr, porta alla definizione delle invarianti di paesaggio e delle dinamiche progettuali di valorizzazione, tutela e salvaguardia previste nei contesti analizzati, con la relativa indicazione normativa. L’Atlante degli Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali è stato condiviso in seno ai lavori attivati con l’istituzione del comitato Tecnico per la Copianificazione composto dalla Regione dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e dalle Soprintendenze dei Beni Archeologici, Architettonici e Paesaggistici delle varie province calabresi e della Regione,

2

quale base per la successiva elaborazione dei Piano Paesaggistici d’Ambito.

Risultati ottenuti e previsti Il risultato principale finora raggiunto è stato certamente quello di mettere, per la prima volta in Calabria, il paesaggio e la qualità ambientale al centro delle dinamiche territoriali. Si tratta di un ribaltamento completo della strategia di pianificazione regionale, che anziché partire dal sistema insediativo (che viene invece affrontato in un’ottica di rigenerazione e innalzamento della qualità dello spazio), assegna alla trama paesaggistica il ruolo di armatura territoriale di riferimento. Non è un caso che la visione strategica prodotta dal QTRP individui come primo programma strategico (i programmi strategici rappresentano un sistema integrato di azioni finalizzate al raggiungimento delle politiche di intervento prioritarie definite dallo Scenario Strategico Regionale) quello denominato “Calabria, un Paesaggio Parco da valorizzare”, articolato in azioni strategiche imperniate sui principali elementi caratterizzanti il paesaggio regionale: la montagna, la costa, le fiumare e i corsi d’acqua.

M. Zupi

Altrettanto importante è il risultato raggiunto in termini di conoscenza del territorio: attraverso il lavoro iniziato durante il QTRP e proseguito con l’approfondimento svolto nella fase iniziale di

Foto 2 - La Piana di Gioia Tauro (Fonte: QTRP – TOMO 3 ATLANTE DEGLI APTR – pag. 104)

75


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 3 - L’Area dei Greci di Calabri (Fonte: QTRP – TOMO 3 ATLANTE DEGLI APTR – pag. 152)

redazione dei PPdA, è stato prodotto un Quadro Conoscitivo che rappresenta un riferimento ufficiale per tutta la pianificazione sottoordinata. Il significato profondo di questo esito è stato sottolineato dall’approvazione formale del suddetto Quadro Conoscitivo da parte della Giunta Regionale, a testimoniare l’importanza che si attribuisce a tale passaggio. L’esistenza di una conoscenza certificata dalla Regione fornirà un riferimento ufficiale ed unitario e consentirà di snellire l’iter di formazione di tutti gli strumenti urbanistici della Calabria. Per quanto riguarda invece le aspettative future, attraverso i Piani Paesaggistici d’Ambito si intende compiere il definitivo passo per superare la difficoltà strutturale (non solo calabrese in questo caso) della pianificazione paesaggistica nel trovare efficacia operativa. Ai sensi del comma 4 dell’art. 17 bis della Legge Urbanistica Regionale, i PPda esplicano infatti, oltre a quella normativa e prescrittiva, una funzione propositiva in funzione dei livelli di qualità del paesaggio nei diversi Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali. In quest’ottica, appare estremamente significativa la scelta di inserire nella Legge Urbanistica Regionale (con il comma 1 dell’art. 1 della L.R. 19/2015) un articolo (il 40 bis) dedicato ai Contratti di Fiume come strumento finalizzato alla riqualificazione ambientale-paesaggistica ed alla connessa rigenerazione socio-economica di un sistema fluviale e del relativo bacino idrografico. Nell’intenzione del Legislatore si intravede chiaramente la volontà di favorire forme di attuazione/integrazione della pianificazione paesaggistica caratterizzate da un’azione 76

progettuale capace di intrecciare dimensione strategica e operativa e da un approccio tran-scalare attento alla dimensione socio-economica dei processi territoriali. Sotto questa luce, i contratti di fiume potrebbero rappresentare il “cavallo di troia” attraverso cui la dimensione operativa della pianificazione paesaggistica feconda le pratiche locali. In definitiva, nel sistema di pianificazione paesaggistica che la Regione Calabria sta costruendo si intravede con chiarezza il tentativo di “territorializzare” il paesaggio, superando le tradizionali concezioni “inventariali” per costruire una visione dinamica, sistemica e lungimirante in grado di realizzare la compiuta (ed ampiamente auspicata dal dibattito disciplinare) integrazione del paesaggio nelle politiche e nella pianificazione territoriale e di settore. Nel profondere questo sforzo, appare significativo l’aver riconosciuto, attraverso i 39 forum sopra citati, l’importanza della funzione indirettamente normativa della conoscenza “esperta” che risulta tanto più efficace quanto più scaturisce da processi cognitivivalutativi ampiamente inclusivi di tutti i soggetti coinvolti (tale schema è stato d’altra parte reiterato, attraverso i canali web, anche per la redazione dei PPdA). Per quanto riguarda l’apparato normativo, restano ancora alcune criticità legate alla presenza prevalente di indicazioni che si limitano ad identificare le condizioni di compatibilità e non riescono ad articolare e diversificare le prescrizioni rispetto alle caratteristiche ed ai valori dei beni, delle aree oggetto di tutela e degli ambiti paesaggistici selezionati.


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Foto 4 - La Sila e la Presila Cosentina (Fonte: QTRP – TOMO 3 ATLANTE DEGLI APTR – pag. 345)

Resta aperta la sfida della dimensione operativa, affidata in prima battuta ai Piani Paesaggistici d’Ambito che dovranno essere in grado di realizzare il coordinamento tra le strategie paesaggistiche riferite all’intero territorio individuate dal QTRP e le politiche a scala locale capaci di innescare progetti di paesaggio finalizzati alla rigenerazione ambientale per costruire la qualità ecologica, alla valorizzazione di beni e sistemi per rafforzarne la fruizione e l’uso turistico, alla riorganizzazione

delle reti e degli spazi naturali e agricoli marginali o in abbandono. In quest’ottica, si può affermare nuovamente con forza, che l’esperienza maturata dalla Regione nel coordinamento e nella promozione dei Contratti di Fiume, potrebbe essere fruttuosamente innestata nella componente operativa dei PPdA, attraverso l’identificazione di modalità contrattuali/pattizie di attuazione delle politiche per il paesaggio.

Foto 5 - L’Istmo Catanzarese (Fonte: QTRP – TOMO 3 ATLANTE DEGLI APTR – pag. 410)

77


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 6 - Le Serre (Fonte: QTRP – TOMO 3 ATLANTE DEGLI APTR – pag. 461)

78


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Il Progetto “Agri Gentium: landscape regeneration” I caratteri del paesaggio Il contesto paesaggistico nel quale si inserisce il Progetto “Agri Gentium: landscape regeneration” è tradizionalmente noto per le contraddizioni tipiche che una terra come la Sicilia porta con sé. Alla diffusa presenza di un patrimonio di interesse storico-archeologico di eccezionale valore testimoniale, che ha portato alla istituzione del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi nel 2000 (Legge regionale n. 20) e ancora prima (1997) all’inserimento dell’Area archeologica di Agrigento all’interno della Lista Unesco, si accompagnano i fenomeni di abusivismo e di incuria (in particolare presenti lungo la fascia costiera) che lo hanno reso territorio simbolo a livello nazionale ed internazionale (basti pensare alle cause che provocarono il movimento franoso del 19 luglio 1966).

Il processo di pianificazione Il Progetto “Agri Gentium: landscape regeneration” coordina e raccorda un sistema di iniziative avviate a partire dal 2005 dal Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, in partenariato con altri soggetti pubblici e privati (tra i quali l’Università degli studi di Palermo, il FAI – Fondo Ambiente Italiano, l’Associazione di cultura e attività ferroviaria “Ferrovie Kaos”). Tali iniziative sono volte alla sensibilizzazione, socializzazione e condivisione dei valori connessi al paesaggio e al territorio del Parco, inteso come bene collettivo. L’insieme di queste iniziative, che hanno visto nella fase più recente l’affido in concessione di terreni per l’avvio di orti condivisi e attività agricole per il reinserimento sociale di persone svantaggiate, ribalta la tradizionale immagine di questo territorio, noto per i fenomeni di abusivismo e degrado ambientale, a luogo di rigenerazione dell’ambiente e valorizzazione del paesaggio attraverso l’attuazione di progetti coordinati e condivisi di tutela e salvaguardia.

Risultati ottenuti o previsti Il Progetto vede il Parco Archeologico (per il quale nel 2008 è stato adottato il relativo Piano) impegnato nel ruolo di promotore e catalizzatore di buone pratiche per il recupero e la rigenerazione del paesaggio. Tra le più rilevanti iniziative promosse dal Parco va ricordato il recupero del Giardino della

Kolymbethra, piccola valle che si estende per 5 ettari all’interno del Parco della Valle dei Templi (esteso 1.300 ettari), dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco nel 1997. L’intervento, avviato nel 1999, ha visto il recupero del paesaggio agrario storico del Giardino, che versava in avanzato stato di degrado e abbandono a causa della mancanza d’acqua. In particolare, attraverso l’affidamento in concessione gratuita dell’area per 25 anni dalla Regione Siciliana (che gestisce il Parco Archeologico attraverso il relativo Ente Parco) al FAI, in partenariato con la Soprintendenza di Agrigento, è stato finanziato e attivato il progetto di recupero della flora (in particolare agrumeti, oliveti e mandorleti) e degli antichi percorsi d’acqua, aprendoli al pubblico nel 2001.

Filippo Schilleci, Vincenzo Todaro

Negli anni successivi, a partire dalle prime ricadute positive del recupero del Giardino della Kolymbethra, su questo stesso esempio sono stati attivati progetti di recupero, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del Parco, in grado di generare cooperazione tra soggetti pubblici e privati e riattivare anche economie locali. Attraverso un’azione efficace di coordinamento, il Parco ha avviato in questo modo un ampio programma di iniziative, svolgendo al tempo stesso il ruolo di regia e di catalizzatore di buone pratiche, che hanno anche attivato nuove forme di conoscenza dei luoghi, formazione e turismo. Tra gli altri progetti avviati appare degno di nota il recupero di alcune linee ferroviarie dismesse da parte dell’Associazione “Ferrovie Kaos”, che dal 2012 ha attivato a fini didattici l’itinerario “Akragas Express” tra Agrigento e la Valle dei Templi, con fermate al Tempio di Vulcano e alla Kolymbethra. Inoltre, tra le buone pratiche vanno menzionate quelle di cittadinanza attiva riconducibili al coinvolgimento dei cittadini in prima persona nella gestione e valorizzazione di questi territori. La capacità di coinvolgimento della popolazione locale nelle azioni di tutela dell’ambiente e del paesaggio, infatti, contribuisce efficacemente a rafforzare la sensibilità e la consapevolezza pubblica verso i valori del paesaggio, diffondendone le azioni di tutela e valorizzazione. In tal senso l’esperienza degli orti sociali, nati dall’assegnazione a titolo gratuito ai cittadini di appezzamenti di terreno incolti affinché vengano riattivati (Progetto “Agri Gentium Agricoltura Solidale”), insieme ad altre pratiche indirizzate alla tutela dell’agro-biodiversità, quali il Progetto “Diodoros” (per la produzione di olio e vino), il Progetto Mille Mandorli (orientato alla messa a dimora mille mandorli), il Progetto 79


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 1 - Il Giardino della Kolymbethra (Fonte: Fonte: https://www.fondoambiente.it/luoghi/giardino-della-kolymbethra)

Patriarchi vegetali della Valle dei Templi (itinerario di visita alla scoperta di monumentali esemplari di olivi, carrubi e mirti inseriti nel volume “I grandi alberi di Sicilia”) e il Museo Vivente del Mandorlo “Francesco Monastra” (campo-collezione con 300 varietà tradizionali dell’antica mandorlicoltura siciliana), contribuendo alla salvaguardia e/o rigenerazione del patrimonio arboreo storico danneggiato, costituiscono azioni fondamentali per la rigenerazione del paesaggio della Valle dei Templi. In relazione agli esiti prodotti da questi interventi, e in riferimento alla capacità di mettere in pratica i principi della Convenzione europea del paesaggio attraverso politiche d’eccellenza, il Progetto “Agri Gentium: landscape regeneration” nel 2017 è stato designato vincitore del Premio Nazionale del Paesaggio e candidato per l’Italia al Premio del paesaggio del Consiglio d’Europa, ricevendo dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa una menzione speciale per l’eccezionalità e l’esemplarità delle pratiche di sviluppo sostenibile e reintegrazione sociale.

80

Rapporti con la pianificazione del paesaggio Gli interventi previsti dal Progetto, per il profilo di riqualificazione paesaggistico-ambientale e di valorizzazione culturale, si configurano come efficaci azioni attuative tanto delle previsioni del Piano del Parco (adottato con Delibera del Consiglio del Parco n. 2 del 3 luglio 2008), quanto della più ampia pianificazione del paesaggio riconducibile al campo di azione del Piano Paesaggistico della Provincia di Agrigento (adottato con Decreto Assessoriale n. 7 del 29 luglio 2013).


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Il PPTR e i progetti di paesaggio in Puglia Forme di attuazione dello scenario strategico del PPTR della Puglia Il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Puglia (PPTR) , approvato nel 2015, nella sua parte strategica, riconosce alla dimensione progettuale il compito di disegnare e prefigurare uno scenario di medio lungo periodo, individuando tra gli strumenti e processi per la sua attuazione cinque Progetti Territoriali per il paesaggio regionale. Essi non fissano norme prescrittive, ma riconoscono i tratti essenziali degli assetti paesaggistici e territoriali futuri, assumendo valore di direttiva, e affidandone l’integrazione alla pianificazione e programmazione regionale, intermedia e locale e l’attuazione a diversi soggetti. La continuità d’azione della parte strategica del PPTR, che vede la Regione promotore privilegiato, trova la sua dimensione nel coinvolgimento degli altri attori pubblici e privati, tanto nei processi di pianificazione e adeguamento al PPTR, quanto nella programmazione unitaria 2014-2020, e in particolare nella gestione dei finanziamenti per l’attuazione del POR Puglia. Il PPTR prevede che i piani urbanistici in sede di formazione e/o adeguamento debbano recepire, oltre al più aggiornato sistema delle tutele, anche la parte progettuale e strategica dei cinque Progetti Territoriali, chiedendo di introiettare la cultura della pianificazione paesaggistica all’interno delle ordinarie pratiche di pianificazione a scala comunale, provinciale e settoriale. La Regione ha accompagnato questo processo di innovazione nella costruzione dei Piani Urbanistici Comunali (PUG) avviando le prime fasi sperimentali di attuazione dei Progetti Territoriali con due manifestazioni di interesse rivolte ai Comuni per l’adeguamento dei PUG al PPTR (DD n. 132/2015 e nota prot. n. 2648 del 29.03.2018) . I risultati dell’esperienza già conclusa e di quella in corso mostrano due differenti approcci all’attività di sperimentazione messa in campo dai Comuni. Alcuni di essi affrontano i temi dello scenario strategico alla scala comunale, altri li sviluppano in modo puntuale, riportando il progetto di aree significative sotto il profilo paesaggistico ai temi dello scenario strategico (il progetto di una lama per la Rete ecologica o di alcuni percorsi rurali per la mobilità dolce, della riqualificazione di paesaggi costieri degradati per la valorizzazione integrata dei paesaggi costieri). Quando i Comuni si spingono ad una riflessione estesa a tutto il territorio comunale, reinterpretano gli elementi costitutivi dei progetti territoriali e definiscono azioni ad essi coerenti.

È il caso della sperimentazione proposta dal Comune di Bitetto sul Patto Città Campagna che punta a contrastare il consumo di suolo favorendo la competitività dell’agricoltura di qualità, la multifunzionalità dei suoi servizi agro-urbani e agro ambientali; oppure del progetto presentato dal Comune di Campi Salentina il quale prevede l’istituzione del Parco agricolo Multifunzionale del Negroamaro immaginando la “campagna profonda” come un parco attrezzato e proponendo un modello di fruizione degli ambiti rurali legato alla produzione agricola di qualità (da spazio produttivo a spazio condiviso e multifunzionale). Lo sforzo compiuto da alcune amministrazioni comunali è anche quello di riportare le riflessioni progettuali rivenienti dagli obiettivi del progetto territoriale ad un apparato normativo che diviene parte integrante dell’adeguamento del piano urbanistico al PPTR.

Luigia Capurso, Luigi Guastamacchia

Il PPTR inoltre interagisce con Programmi e Politiche che, direttamente e indirettamente, producono trasformazioni nel paesaggio. Di particolare rilievo è infatti la richiesta di attivare, attraverso la parte strategica del PPTR, alcuni percorsi per territorializzare gli strumenti di programmazione/finanziamento e le diverse politiche non sempre ancorate alle specificità territoriali, orientandole verso la valorizzazione del paesaggio. In questa logica, nell’ambito dell’attuazione del POR PUGLIA 2014-2020, con i fondi a valere sull’Asse VI – Tutela dell’ambiente e promozione delle risorse naturali e culturali , la Regione ha pubblicato tre avvisi (DD n. 25/2018) per selezionare proposte di progetti coerenti con l’obiettivo specifico 6.f “Migliorare le condizioni e gli standard di offerta e fruizione del patrimonio nelle aree di attrazione naturale” e con gli obiettivi dello scenario strategico del PPTR. In particolare, i tre avvisi hanno chiesto rispettivamente la candidatura di progetti per la realizzazione della Rete ecologica regionale, delle infrastrutture verdi e per la riqualificazione integrata dei paesaggi costieri, attraverso interventi materiali e azioni immateriali complementari, quali attività di coinvolgimento partecipativo delle comunità locali e azioni di comunicazione, diffusione e sensibilizzazione. L’ampiezza della risposta dei soggetti coinvolti ha dimostrato il particolare interesse verso l’iniziativa regionale: sono state infatti presentate 161 proposte progettuali delle quali ritenute ammissibili 33 per la realizzazione della rete ecologica regionale, 70 per la realizzazione delle infrastrutture verdi e 37 per la riqualificazione integrata dei paesaggi costieri. I progetti ammessi hanno dato prova della capacità 81


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 1 - Comune di Bitetto (BA), proposta di sperimentazione del progetto “Patto Città Campagna”.

ma anche delle difficoltà di ricondurre alla scala territoriale di competenza la visione strategica regionale del PPTR, introducendo in alcuni casi temi innovativi per il progetto di passaggio, in altri casi perdendo la visione integrata degli interventi proposti e l’unitarietà funzionale, e risultando pertanto inefficaci. I progetti per la realizzazione delle infrastrutture verdi incentrati sulla riqualificazione dei sistemi connessi di spazi verdi urbani e periurbani, hanno posto in alcuni casi particolare attenzione al tema della riconversione, riforestazione e recupero funzionale di aree degradate ai margini delle aree urbane, di zone produttive (ad es. i Comuni di San Cassiano e Bisceglie) o di infrastrutture viarie per realizzare green-way (ad es. il Comune di Cassano delle Murge) in altri casi al tema della connessione ecologica che, attraverso le dorsali di spazi verdi pubblici o di canali naturali, (lame, gravine) relazionano la città con le aree archeologiche diffuse e con i beni culturali (ad es. i Comuni di Canosa di Puglia, Bitonto, Ginosa, Bari). I progetti per la riqualificazione integrata dei paesaggi costieri hanno posto riguardo 82

alla ricostituzione dell’ecotono costiero e del patrimonio naturale con tecniche dell’ingegneria naturalistica e dell’architettura del paesaggio (ad es. il Consorzio di Torre Guaceto e i Comuni di Ginosa, Castellaneta, Maruggio), oppure alla rinaturalizzazione di tratti di costa urbanizzati e degradati per creare un sistema costiero di spazi aperti (ad es. i Comuni di Otranto e Ostuni) e al ripristino naturalistico della componenti ambientali paesaggistiche delle foci delle lame, dei canali e delle aree umide (ad es. i Comuni di Bari, Molfetta, Lecce, Zapponeta, Gallipoli). Infine, i progetti per la realizzazione della Rete ecologica regionale hanno riguardato, come richiesto dall’avviso, elementi della Rete per la Biodiversità (REB) del PPTR quali corsi d’acqua episodici e corridoi fluviali a naturalità diffusa/residuale o ad elevata antropizzazione, con l’obiettivo di ripristinarne la funzione di connessione, conservando e incrementando il loro grado di naturalità. In particolare alcuni progetti hanno lavorato sui processi di riqualificazione, fruizione e gestione delle risorse sia naturalistiche che storiche (ad es. il Comune di Lecce), altri alla rimozione delle cause di pressione sugli ecosistemi naturali (le Riserve Naturali Regionali Orientate


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

del Litorale Tarantino Orientale). L’analisi delle esperienze di progettazione in corso nell’ambito sia dell’adeguamento della strumentazione urbanistica al PPTR sia dell’attuazione degli obiettivi tematici della programmazione comunitaria fa emergere il nuovo ruolo che la pianificazione paesaggistica sta assumendo in Puglia nella definizione di progetti alla scala locale. In particolare, l’attuazione dello scenario strategico del PPTR sta disegnando una nuova geografia del territorio regionale e definendo, attraverso la condivisione con le comunità locali, un utile supporto alla pianificazione dei comuni.

Il Mosaico di San Severo. Percorso di Sperimentazione dei Progetti Territoriali per il Paesaggio Regionale del PPTR Dopo tre anni di attività si stanno concretizzando i primi risultati tangibili del Percorso di Sperimentazione portato avanti dal Comune di San Severo, in sinergia con la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio della Regione Puglia . Il lavoro è stato portato avanti su tre piani di azione: l’adeguamento del Piano Urbanistico Generale al Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (funzione regolativa), precisando e ampliando il campo della valutazione qualitativa degli interventi di trasformazione della città e del territorio; la definizione di un programma di azioni ed interventi (funzione strategica) coerenti con i Progetti Territoriali per il Paesaggio Regionale dello Scenario Strategico del PPTR, da candidare a finanziamento nell’ambito del Programma Operativo FESR-FSE della Regione Puglia 2014-2020; la definizione degli strumenti di partecipazione e governance (funzione sociale), con la sottoscrizione di protocolli d’intesa e atti di impegno con le istituzioni scolastiche della città e con le associazioni operanti in campo economico, culturale e sociale. Così l’obiettivo della Carta del Mosaico di San Severo, delineato fin dai primi mesi del Percorso di Sperimentazione, si sta rapidamente precisando, nei contenuti e nel metodo: non si tratta di una Carta intesa come rappresentazione cartografica, né di una pretesa di definitiva ed esaustiva definizione di regole statutarie e di obiettivi; si è in presenza piuttosto di un approccio metodologico, che vede nell’amministrazione pubblica un soggetto che non abdica alla sua funzione regolativa e alla sua funzione di indirizzo strategico, ma che assume nel contempo, quale presupposto essenziale per l’efficacia della sua azione, il coinvolgimento della città e del territorio, attraverso i soggetti che a

qualsiasi titolo ne rappresentano interessi, auspici, ambizioni, timori e quant’altro esprima volontà non esclusivamente individuali. Il coinvolgimento degli attori è stato fondato sulla consapevolezza che ciascuno dovesse farsi parte attiva, così da conseguire un risultato che non sarebbe stato alla portata di nessuno, se considerato singolarmente. Da questo punto di vista è stata fondamentale l’esperienza del Laboratorio di Progettazione, che ha avuto avvio con il workshop “Progettare il Paesaggio”, momento conclusivo degli incontri tenuti all’avvio del Percorso di Sperimentazione, tra ottobre e dicembre 2015, con le scuole secondarie superiori della città e con la cittadinanza: i progettisti partecipanti (circa cinquanta tra architetti, ingegneri, agronomi, geologi) si sono organizzati liberamente in gruppi interdisciplinari coordinati da tutor esterni e si sono confrontati su alcuni temi individuati nel corso delle sessioni preparatorie (Leggere il Paesaggio, Conoscere il Paesaggio, Condividere il Paesaggio), alle quali hanno partecipato autori letterari, artisti, storici, imprenditori.

2

Fabio Mucilli

Non era previsto che dopo il workshop di dicembre 2015 si continuasse ad incontrarsi: ma è accaduto, senza forzature, con il piacere condiviso della scoperta, dell’incontro e, perché no, anche della frequentazione; ne è scaturito nei mesi successivi un lavoro molto attento a tenere nella dovuta considerazione le riflessioni espresse dagli studenti che hanno partecipato agli incontri con i gruppi di progettazione. Così il Progetto Territoriale Patto Città Campagna, punto di partenza del Percorso di Sperimentazione condiviso con la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio della Regione Puglia, è stato declinato in una molteplicità di temi e di esplorazioni progettuali (il Parco agricolo tecnologico, l’APPEA , il Margine Urbano e le Mura Verdi, la Stazione ed i ponti che l’attraversano) che hanno intersecato l’attuazione degli altri Progetti Territoriali dello Scenario Strategico del PPTR (la Rete Ecologica con le aree di esondazione controllata e le fasce di rispetto fluviale, il Sistema della Mobilità Dolce con la rete dei percorsi per la fruizione lenta del paesaggio, il Sistema per la fruizione del Beni Patrimoniali con l’individuazione del nuovo CTS del Mosaico e con un nuovo sguardo sulla città antica, attraverso la città fortificata, gli spazi ipogei ed i coni visivi). Ma il Percorso di sperimentazione è stato anche altro: grazie all’interesse manifestato da alcuni insegnanti che si sono lasciati coinvolgere, è stato istituito il Premio del Paesaggio “Mosaico di San Severo”, rivolto agli studenti adolescenti della città, che è diventato un appuntamento annuale di riflessione, di conoscenza e di invenzione: l’evoluzione del Premio è la Cattedra del Paesaggio, quest’anno alla prima esperienza, alla quale partecipano, nel ruolo di docenti, poeti, artisti, 83


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 2 - L’articolazione del Patto Città Campagna in ambito rurale Campagna”.

professionisti, imprenditori, docenti universitari.

LUA Laboratorio Urbano Aperto

Rural Revolution. Il Parco Agricolo dei Paduli Il Parco Paduli è situato al centro della penisola salentina, si estende per 5500 ha prevalentemente coltivati a olivo, e comprende i comuni dell’Unione delle Terre di Mezzo (San Cassiano, Botrugno, Giuggianello, Nociglia, Sanarica, Supersano e Surano in provincia di Lecce). Conosciuto sin dal XVII secolo per la produzione di olio lampante, combustibile quotato alla Borsa di Londra ed utilizzato per l’illuminazione pubblica delle capitali europee, questo territorio rappresenta, per storia, posizione geografica e valore paesaggistico, un terreno ideale per la sperimentazione di nuove forme di cura che ne impediscano il degrado, ed attivino modelli di produzione compatibili con le sue peculiarità. Dal 2003 è stato avviato un lungo processo di condivisione, maturato all’interno di un

84

laboratorio di partecipazione coordinato dal LUA (Laboratorio Urbano Aperto), che ha coinvolto le istituzioni locali, le associazioni, gli abitanti e tanti esperti intorno a un’idea di parco agricolo, in cui sperimentare nuove forme di ruralità, ridisegnando l’economia, la storia, l’agricoltura e l’accoglienza, ponendo al centro di ogni riflessione il “paesaggio rurale” nelle sue molteplici accezioni: quella produttiva, abitativa, sociale e contemplativa. Si tratta di un’idea nata dal basso, che nel 2008 è stata inclusa fra i “progetto sperimentali” del Piano Paesaggistico della Regione Puglia quale “Parco agricolo multifunzionale”. Il processo attivato ha accresciuto la consapevolezza del valore paesaggistico nei suoi abitanti, ha orientato le strategie di sviluppo urbano nei Comuni che lo circondano attraverso la redazione di un Programma Integrato di Rigenerazione Territoriale (2011), ha indotto le fasce più giovani a praticare inedite attività di gestione di un bene agricolo attraverso il Laboratorio Urbano delle Terre di Mezzo “Abitare i Paduli”. Il Parco dei Paduli non è un “parco agricolo” formalmente istituito. Esso è compreso fra i Parchi


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

multifunzionali di valorizzazione, identificati dal Progetto territoriale per il paesaggio regionale del PPTR “Patto Città Campagna” quali “parti di territorio regionale la cui valenza paesaggistica è legata alla singolare integrazione fra le componenti antropiche, agricole, insediative e la struttura geomorfologica e naturalistica dei luoghi oltre che alla peculiarità delle forme costruttive dell’abitare”. Inoltre, esso è riconosciuto nelle “volontà” politiche e pianificatorie delle comunità che vi appartengono quale prospettiva di valorizzazione di un territorio che vive una condizione di persistente abbandono legato alla profonda crisi del settore agricolo e a una condizione di marginalità dal fenomeno turistico, tutto concentrato sulle coste adriatiche e ioniche salentine. Dal 2011 nel Parco è attivo il Laboratorio Urbano “Abitare i Paduli”. Promosso nell’ambito del programma Bollenti Spiriti della Regione Puglia, esso ha lo scopo di sperimentare una gestione comunitaria del Parco e di ritessere il complicato rapporto tra agricoltura, economia, storia e accoglienza, in una chiave culturale e ecosostenibile. Il laboratorio è coordinato dal LUA e condotto da 30 giovani strutturati in associazioni e gruppi informali. Le attività del laboratorio spaziano dall’istituzione di un albergo diffuso temporaneo e permanente , all’organizzazione di forme alternative di mobilità , dalla individuazione di percorsi tematici a tipologie inedite di valorizzazione del paesaggio e dei beni comuni , dalla diffusione di metodi biologici di produzione agricola alla messa in pratica di attività legate alla cura dell’ambiente , dall’accoglienza e alla socialità, dalla ricerca, alla documentazione, comunicazione e promozione del territorio. Il Parco ha ottenuto importanti riconoscimenti: nel 2014 è stato selezionato del Ministero dei Beni Culturali a rappresentare l’Italia al Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa; nel 2016 inserito nella banca dati delle buone pratiche per l’agricoltura e l’ambiente (GELSO) dell’Istituto Superiore per la Ricerca e l’Ambiente (ISPRA); nel 2016, incluso fra i 20 progetti esposti nel Padiglione Italia nella Biennale Internazionale di Architettura di Venezia - Taking Care. Progettare il bene Comune. Nel 2017 le comunità del Parco si sono dotate di una strategia di sviluppo urbano sostenibile “RURAL REVOLUTION” , finalizzata a far fronte, mediante azioni integrate, alle future sfide economiche, ambientali, climatiche, demografiche e sociali del territorio, in termini di inclusione sociale e crescita sostenibile. In linea con i principi fondanti del Parco, la strategia interpreta in maniera radicale la triplice ottica dell’integrazione (degli

2

interventi, dei servizi e delle attività, ma in questo caso anche dei nuclei urbani), dell’attivazione (dei cittadini e delle formazioni intermedie), della localizzazione (intesa come radicamento nel contesto territoriale del maggior numero possibile di attività). In definitiva, il Parco dei Paduli – nato principalmente per finalità di protezione ambientale e di promozione delle produzioni agricole locali, nonché di una fruizione turistica orientata ai patrimoni ambientali e demo-etnoantropologici – si pone l’obbiettivo di diventare uno spazio (territoriale, ma anche sociale e istituzionale) dedicato alla costruzione di un complesso di attività economiche fortemente connesse con il tessuto sociale che le ospita, che garantiscono – non soltanto con beni e servizi che producono, ma anche con i processi che mettono in atto – la riproduzione delle condizioni essenziali del benessere condiviso e della coesione sociale.

Lecce è il suo mare. Un progetto di Rigener-Azione delle marine leccesi

Francesco Baratti

La storia del processo di rigenerazione delle marine leccesi è interessante per tre motivi. Prima di tutto perché è la storia di una comunità di 2000 abitanti che, dopo decenni bui, ricostruisce un senso di comunità, ritrovandosi in piazza a decidere del proprio futuro. In secondo luogo, perché questo passaggio sta avvenendo attraverso un intervento di partecipazione dei cittadini alla stesura di un programma di rigenerazione del territorio costiero della città di Lecce. Infine, terzo motivo di interesse, il risultato del progetto/processo di rigenerazione, che ha introdotto la dimensione sociale nell’intervento di rigenerazione socio-economica di questo fragile territorio costiero. L’abbandono delle istituzioni ed il fallimento politico, sociale e culturale dell’area in questione sono diventati la leva per iniziare un processo radicale di riscoperta e rigenerazione della democrazia, perseguito con determinazione e contro innumerevoli tentativi di farlo deragliare. Questo contributo descrive sinteticamente come è stato possibile coinvolgere migliaia di abitanti inizialmente totalmente scettici nella discussione sugli ideali di buon governo e nelle decisioni da prendere per rigenerare un territorio di circa 20 kmq. Il programma di rigenerazione proposto fa proprie le indicazioni inserite nello scenario strategico del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale in riferimento ai Progetti territoriali per la valorizzazione e riqualificazione integrata dei paesaggi costieri della Puglia. Esso si misura con la progettazione e la rifunzionalizzazione del 85


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 3 - Rural Revolution

waterfront costiero, tanto per la disponibilità di aree dismesse che si prestano a una trasformazione urbanistica, quanto per rispondere alle richieste degli abitanti prima e dei turisti poi, sempre più esigenti rispetto alla qualità ambientale, paesaggistica e urbana dei luoghi. Tutto questo è avvenuto nell’estate del 2017 con l’insediamento della nuova Amministrazione Comunale di Lecce . Alla base del processo partecipativo di “Lecce è il suo mare” vi è stata la gestione creativa dei conflitti innescati dalle decisioni da prendere in un tessuto sociale così lacerato da anni di abbandono e diffidenza verso le istituzioni. Una mediazione intelligente che si è cercata non nel compromesso tra più posizioni ma allargando il campo della discussione. Alla sensazione diffusa di sfiducia, rassegnazione e preoccupazione per il futuro da parte degli abitanti si è risposto allargando la democrazia e la partecipazione mediante una indagine sui futuri desiderabili. Si è consentito a soggetti fino ad allora isolati e in conflitto fra loro e con le istituzioni, di incominciare a costruire insieme dei terreni comuni, degli orizzonti di ideali condivisi con i poteri decisionali. Il fatto che ai cittadini delle 86

marine sia stato chiesto quali siano le priorità e i principali bisogni, è stato fondamentale per ricevere il loro appoggio e la loro partecipazione all’azione di rigenerazione territoriale. Perché la convergenza sugli ideali è stata molto più facile che non sui valori o sugli obiettivi da raggiungere. Si è in questo modo ricreato capitale sociale, fiducia, per iniziare un lungo cammino denso di ostacoli e di ulteriori sfide in uno spirito di collaborazione che speriamo possa negli anni raggiungere i risultati auspicati. Si sono sviluppate modalità di ascolto dirette non giudicanti, fondamentali sia per capire i problemi comuni che per trovare soluzioni mutualmente soddisfacenti. Abbiamo messo in pratica il concetto e ruolo del pubblico che è alla base del Titolo II del PPTR “La produzione sociale del paesaggio”, complesso processo che vede interagire una molteplicità di attori pubblici e privati, sociali, economici e culturali e che connota in modo trasversale l’attività relativa alla attuazione del PPTR. In questa prospettiva, in questo caso il pubblico non è più l’Ente Locale, ma la pluralità degli attori presenti nella comunità impegnati a indagare e risolvere i problemi comuni di questo ambito territoriale


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

leccese. Una concezione del pubblico in cui la dimensione della rigenerazione socio-economica del territorio, il lavoro di costruzione delle basi di convivenza, non è mai stato dato completamente per scontato. Non c’è un programma di rigenerazione prima e una gestione del potere dopo. Abbiamo cercato di promuovere una concezione del potere decisionale e della sua gestione che potesse generare nuova cittadinanza che è ancora in fieri. Crediamo sia una definizione su cui i processi di rigenerazione urbana di ultima generazione debbano riflettere. Come si crea uno spazio pubblico dove non c’è, sta diventando una domanda coatta, imposta dalla realtà anche di chi non vuole pensarci. Il perno del progetto Lecce è il suo mare è questa nuova concezione dell’agire e del protagonismo politico nel quale gli amministratori pubblici mantengono un ruolo fondamentale, ma molto diverso dal passato, un ruolo di iniziatori e garanti di processi di democrazia multi-attoriale, partecipativa, inclusiva. Ciò ha permesso a questo progetto di intraprendere un percorso nuovo, di diversa concezione dell’ascolto e dei processi di indagine e decisionali, una diversa concezione del consenso democratico mai testato prima con queste modalità nella città. Gli abitanti delle marine leccesi, prima del processo di rigenerazione erano rassegnati al malgoverno come pratica ormai consolidata negli anni. Ma la scommessa è proprio questa: se vai dove la gente vive i problemi e chiedi loro di occuparsene assieme in modo trasparente, cercando le soluzioni migliori per tutti, la gente si impegna e ci riesce. Abbiamo potuto dimostrare che vi sono sacche di capitale umano, rapporti di riconoscimento e rispetto reciproco fra concittadini anche in una

2

realtà apparentemente controllata dal malaffare e dal disagio. Il problema è avere il coraggio di affrontarla, di andarla a cercare, di darle spazio e visibilità, legittimarla. Ma ricostruire una comunità significa soprattutto dare continuità all’azione di rinnovamento del metodo decisionale, tenere alta l’attenzione verso quei gruppi di cittadini che si sono messi in gioco ed ai quali la buona politica non può più sottrarsi dal dare risposte.

Foto 4 - Area di intervento Baratti

87


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 5 - Stralcio planimetria progetto Baratti

88


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

Lo Studio di Fattibilità per il Parco Agricolo Multifunzionale di Valorizzazione delle Torri e dei Casali del Nord Barese Il paesaggio e il progetto pilota del PPTR A partire dal bando emanato dalla Regione Puglia, i fondi destinati a “Progetti Pilota per la redazione di Progetti Integrati di Paesaggio” sono stati assegnati in maniera congiunta ai raggruppamenti di Comuni “La Terra di Mezzo” (Bisceglie, Corato, Molfetta e Ruvo), e “Torri e casali del Nord Barese” (Bitonto, Bari, Giovinazzo e Terlizzi), per la redazione di uno Studio di fattibilità per l’attuazione del progetto territoriale strategico “Patto Città-Campagna” del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), che riguarda nello specifico l’attuazione del Parco Agricolo Multifunzionale di valorizzazione “Torri e casali del nord-barese”, Parco agricolo che occupa una superficie pari a circa 30.000 ettari, con una popolazione di circa 330.000 abitanti. Lo Studio di Fattibilità si sviluppa tra l’applicazione dei contenuti del PPTR per il Patto CittàCampagna, contestualizzati nel territorio del PAMv, e quelli ad esso attribuito dal Protocollo d’intesa tra Regione e Comuni (maggio 2015), protocollo che ne definiva l’oggetto e l’ambito di applicazione. Pertanto lo SdF ha inteso e costruito la conoscenza del contesto specifico (per far emergere […]

come l’ambito territoriale del PAMv rappresenti in concreto un sistema fortemente connesso al sistema idrogeomorfologico […] e per evidenziare sia gli aspetti più problematici […] che quelli di valore) come condizione necessaria per riconoscere e applicare in modo più circostanziato gli obiettivi generali e specifici e le azioni strategiche del PPTR; ha evidenziato quindi come il “paesaggio rurale” del PPTR, posto alla base della formazione del PAMv delle Torri e dei Casali del Nord Barese, sia in realtà articolato in diversi paesaggi, e che il riconoscimento di tale articolazione e dei sui diversi valori sia un punto di forza per costruire una proposta per lo sviluppo e la valorizzazione del territorio. Infine lo SdF ha inteso il PAMv come lo spazio di integrazione dei progetti territoriali del PPTR, ovvero lo spazio nel quale si specificano, integrano e concretizzano le strategie del PPTR, costruendo quindi l’insieme delle proposte progettuali come esito di tale integrazione alla scala di maggior dettaglio dei contenuti dei progetti del PPTR, e quindi come scenario di riferimento per i piani, i progetti e le azioni nel medio periodo.

2 Carlo Angelastro

Il processo progettuale Metodologicamente la costruzione dello SdF è stata articolata nelle seguenti attività: - la esemplificazione, l’approfondimento e la territorializzazione alla scala locale dei contenuti strategici del Piano Paesaggistico; - l’implementazione, all’interno

Foto 6 - Il territorio del PAMv delle Torri e dei Casali del Nord Barese

* 89


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

dell’approfondimento predetto, della progettualità espressa in sede locale dai comuni e dagli attori territoriali; - la sistematizzazione e messa in coerenza tra tali previsioni e quelle dei progetti strategici del PPTR; - la individuazione delle criticità e delle incoerenze rispetto alle situazioni territoriali e alle altre politiche in atto; - la costruzione di un uno scenario progettuale - un masterplan - costituito dall’insieme organico delle azioni progettuali volte a raggiungere gli obiettivi individuati nel bando per il PAMv; - l’individuazione delle azioni, materiali e immateriali, e delle misure finanziarie utili per attuare lo scenario progettuale.

Risultati ottenuti o previsti Le specificità territoriali del PAMv hanno orientato lo sviluppo dello SdF sia negli approfondimenti del quadro conoscitivo, sia nella costruzione dello scenario progettuale, che assume i 5 Progetti Strategici del PPTR come punto di partenza, li sviluppa e li integra, interpretando il Parco, in cui la multifunzionalità dell’agricoltura costituisce la chiave per lo sviluppo e la valorizzazione del territorio, come: - una grande dotazione ambientale per la città metropolitana di Bari, alla quale il PAMv appartiene territorialmente quasi per intero: un grande spazio aperto da preservare dagli usi insediativi e che al contempo offre servizi Foto 7 - SP.2 La rete ecologica

90

ecosistemici alla città metropolitana (supporto alla vita, approvvigionamento, regolazione, valori culturali); - un grande spazio agricolo in comune tra le città: uno spazio agricolo di pianura racchiuso e interrelato al sistema di centri dell’anello insediativo del nord barese, caratterizzato territorialmente da rari episodi di compromissione insediativa e da una elevata complementarietà rispetto al sistema urbano, cui corrisponde una elevata produttività agricola (per mercati anche internazionali) e un diffuso know-how locale; - lo spazio di connessione tra il sistema murgiano e quello costiero, ovvero tra terra e mare, nel quale se le infrastrutture grigie, ad andamento longitudinale (ferrovie, strade statali, autostrada), costituiscono barriere dal punto di vista ambientale, alle lame è invece necessario ri-attribuire la funzione di connettori idraulici, ecologici, paesaggistici, culturali; - una opportunità di sviluppo sostenibile e innovativo del mondo della ruralità, nell’ottica della multifunzionalità dell’agricoltura che, oltre alla produzione, ha rilevanza nei campi occupazionale, sociale, ambientale, paesaggistico, di produzione di servizi. Prendono così corpo i contenuti progettuali portanti, articolati in: - un sistema di RETI: delle acque, ecologica, del patrimonio e dell’accessibilità, il cui progetto ha avuto spiccate caratteristiche di area vasta o intercomunalità, oltre a proiettarsi e a costruire relazioni, appunto attraverso le reti, nel territorio


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Foto 8 - SP.3 La rete del patrimonio

ad esso esterno. Il sistema delle reti è inteso anche come un sistema di attori da mettere in connessione, favorendo la collaborazione tra soggetti, la ricomposizione delle filiere produttive e commerciali, la costruzione di percorsi integrati tra attori che operano in ambiti diversi (es: agricoltura, turismo, beni culturali); - SPAZI, rurali e urbani - in coerenza con i caratteri territoriali e paesaggistici della figura territoriale del PPTR, che vedono una forte polarizzazione di ambedue - che riguardano ampie porzioni del territorio del parco, nelle quali sono stati differenziati progetti e azioni, sia di carattere intercomunale che di tipo propriamente locale; tali progetti, soprattutto per le componenti urbane, possono essere dettagliati e attuati dalle singole municipalità in autonomia; - LUOGHI, laddove una particolare complessità e la compresenza di più valori e contenuti progettuali consentono di identificare aree, insiemi e specifici luoghi fortemente caratterizzati, connotativi e simbolici per la riconoscibilità del PAMv, oggetto di specifici approfondimenti; - ATTIVITÀ ovvero obiettivi e azioni appartenenti alla dimensione immateriale della costruzione del PAMv, basata sugli aspetti della promozione, della gestione, della informazione ed educazione.

multisettoriali.

Lo SdF, in corso di approvazione definitiva, è già stato utilizzato dai comuni come strumento di riferimento per chiarire e sviluppare gli obiettivi del PPTR e potrà costituire, per le amministrazioni e gli attori che operano nei territori ricadenti nel PAMv, il quadro di riferimento per promuovere e attivare le progettualità locali in forme integrate e 91


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 9 - Luoghi del PAMv.: l’area del Pulo di Molfetta

92


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

La campagna del ristretto nella sperimentazione dei Progetti Territoriali del PPTR I caratteri del paesaggio Il sistema delle conoscenze del PUG di Melpignano, in vigore dal 2014, ha messo in evidenza un territorio che ha parzialmente conservato caratteri antichi, non degradati dall’assalto della modernità. Non mancano elementi che hanno fortemente trasformato il paesaggio ed il contesto rurale, in particolare l’enorme zona produttiva e la profonda ferita costituita dalla S.S.16. Tutti gli strumenti di pianificazione locale di cui si è dotato e continua a dotarsi Melpignano ne fanno certamente un Comune attento alla visione strategica nel processo di trasformazione del proprio territorio e del proprio paesaggio in linea con gli indirizzi indicati dal PPTR. In perfetta coerenza con gli Obiettivi Generali e Specifici posti dal PPTR della Puglia, Melpignano è stato oggetto di approfondimento e sperimentazione, a livello locale, della visione strategica individuata all’interno del Progetto Territoriale del “Patto cittàcampagna”.

Il processo progettuale Partendo da quanto analizzato e proposto nei diversi Piani attuativi è stato possibile approfondire e risolvere alcune problematiche legate alla “connessione” funzionale ed estetica tra paesaggio urbano, periurbano e rurale riqualificando il paesaggio della periferia e ridefinendo, in un’ottica innovativa e strategica, i margini, le funzioni e le relazioni che caratterizzano il territorio in esame. Melpignano presenta, lungo quella che si configura come la sua “frangia urbana”, una serie di “episodi”

nei quali far convergere azioni, progetti e strumenti normativi in grado di concorrere alla realizzazione di una nuova “campagna del ristretto”. Gli “episodi” certamente più rilevanti che hanno offerto un’interessante occasione di sperimentazione delle linee guida dettate dal PPTR sono: - la fascia di rispetto delle cave. Si tratta, infatti, di una porzione di territorio che comprende quasi l’intera frangia periurbana ad est di Melpignano e che si configura, da un lato, come una delle maggiori conseguenze dell’elevata pressione antropica esercitata dall’attività estrattiva, e dall’altro, come una grande occasione di “riconnettere” il centro urbano alla campagna limitrofa attraverso un’innovativa e adeguata ridefinizione progettuale in chiave paesaggistica di questi spazi, particolarmente suggestivi e dal potenziale “narrativo” della storia di questi luoghi. - la zona di completamento in contesto periurbano, strettamente connessa a quella precedente, rappresenta un’altra porzione di territorio strategica per l’implementazione della connettività ecologica configurandosi come una sorta di “cerniera” tra centro urbano e area periurbana; - strettamente connessa tanto alla fascia delle cave quanto alla quasi totalità del margine urbano, è la definizione progettuale, in chiave ambientale e paesaggistica, del sistema della nuova viabilità periferica in grado di impedire l’ulteriore frammentazione del paesaggio e mantenere la fondamentale connessione ecologica ed estetica tra tessuto urbano ed extraurbano (inserimento di fasce verdi, attraversamenti per fauna, attenta valutazione della morfologia del territorio, ecc.) includendo adeguatamente anche il discorso legato alla mobilità dolce accanto ad un’adeguata valutazione degli interventi nelle fasce agricole immediatamente adiacenti alla nuova viabilità individuata dal Piano.

2 Marilena Manoni Annalisa Malerba

Foto 10 - Il paesaggio delle cave manuali

93


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Risultati ottenuti o previsti In definitiva, la proposta progettuale elaborata è finalizzata alla riqualificazione ambientale e paesaggistica della “frangia periurbana” e quindi alla definizione della cosiddetta “campagna del ristretto” di Melpignano attraverso la definizione di interventi caratterizzati da relazionalità, sostenibilità, riproducibilità, flessibilità/ intersettorialità in grado di perseguire i seguenti indirizzi strategici: a) Zona di completamento edilizio. Consolidamento del tessuto insediativo periurbano e di reperimento di spazi filtro per la continuità biotica; b) “Cintura verde periurbana” - Area di valorizzazione estetico-percettiva del margine urbano per la potenziale valenza paesaggistica; c) “Cintura verde periurbana” con funzione ecologica, paesaggistica e sociale. Realizzazione di barriere al rumore e alle polveri, inserimento di elementi che concorrono all’implementazione della rete ecologica a livello locale, miglioramento della biodiversità, bonifica di suoli degradati con azioni di mitigazione ambientale e paesaggistica; d) “Cintura verde periurbana” a carattere agricolo - salvaguardia e valorizzazione paesaggistica dei caratteri distintivi dell’area. e) Area di interesse collettivo - “ Parco periurbano delle cave” - area di interesse collettivo: area per attività ludico-ricreative, artistiche e artigianali. f ) “Parco periurbano delle cave” - Area rurale ad alta valenza paesaggistica (agricoltura di qualità con incentivazione alla produzione biologica, impulso alle politiche di marchio legato al territorio delle cave); g) Area potenzialmente a carattere multifunzionale. h) Cunei verdi. Spazi in grado di consentire, da un punto di vista ecologico e fruitivo la penetrazione del sistema del verde periurbano sino all’interno del nucleo edificato mettendo quindi potenzialmente in relazione tutto il sistema degli spazi aperti già Foto 11 - l paesaggio delle cave (da PP PRAE)

94

esistenti.


I PROGETTI PILOTA PER IL PAESE

2

Foto 12 - Il progetto strategico: Carta della morfologia e della percezione visiva del territorio

95


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Foto 13 - Il progetto strategico: Carta degli indirizzi strategici

96


Tutti gli URBANISTI

3

Gli Architetti e l’Urbanistica L’Università e la formazione Competitività e mercato del lavoro I vincoli per gli investimenti comunali

Tutti Urbanisti

Pierluigi Properzi

Il mondo dell’Urbanistica, un piccolo mondo che ha operato intorno ad una disciplina relativamente recente e che si è occupata prevalentemente di “ordinare” i processi di crescita della città industriale, si trova oggi ad operare nella grande mutazione che coinvolge istituzioni e modelli sociali di sviluppo, ma soprattutto che opera nella concretizzazione dei nuovi diritti di cittadinanza che ne avevano caratterizzato l’oggetto essenziale di interesse dal welfare al rapporto tra diritti fondamentali e diritti patrimoniali, e dei confini tra pubblico e privato. Oggi nella grande mutazione da alcuni vista come regressione, da altri come avanzamento e sperimentazione, il mondo dell’urbanistica e i suoi principali attori: decisori, professionisti, docenti, operatori immobiliari, imprenditori, trovano crescenti difficoltà Questo avviene essenzialmente su due piani: quello della sempre più complessa dimensione delle specifiche competenze e delle relative conoscenze e quello dello spostamento di campo, dalla regolazione dei diritti proprietà, che avveniva attraverso i tradizionali strumenti della pianificazione, alla concretizzazione dei diritti fondamentali: equità, qualità della vita, paesaggio ambiente etc. I due piani si intersecano in quanto gli impianti conoscitivi più ampi e tra loro interrelati richiedono competenze più ampie; questo non avviene più attraverso una sommatoria di conoscenze specialistiche “interpretate” dall’urbanistica ma da un lato con una ibridazione delle stesse discipline non sempre recepita dalle strutture della formazione e dall’altro con una stabilizzazione delle conoscenze attraverso l’enorme potenziale dei sistemi informatici. Da un lato “stanze della conoscenza” sempre più potenti che si sostituiscono a consulenti ed esperti e dall’altro “progettisti” di varia formazione interpreti della nuova domanda di spazi relazionali, produttivi, abitativi. Perché poi sempre di spazi da costruire, adeguare o restaurare si tratta. La tecnologia, vero moloch del nuovo secolo tempererà nel bene (flessibilità) e nel male (rigidezza) entrambi i processi. Le blockchaine potranno rendere utilizzabili in chiave di perfettibilità/stabilità/garanzia di terzietà le diverse forme di conoscenza che tra loro interagiscono (consenso istituzionale, identitario, intenzionale). 97


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Tutti Urbanisti Il mondo dell’Urbanistica, un piccolo mondo che ha operato intorno ad una disciplina relativamente recente e che si è occupata prevalentemente di “ordinare” i processi di crescita della città industriale, si trova oggi ad operare nella grande mutazione che coinvolge istituzioni e modelli sociali di sviluppo, ma soprattutto che opera nella concretizzazione dei nuovi diritti di cittadinanza che ne avevano caratterizzato l’oggetto essenziale di interesse dal welfare al rapporto tra diritti fondamentali e diritti patrimoniali, e dei confini tra pubblico e privato. Oggi nella grande mutazione da alcuni vista come regressione, da altri come avanzamento e sperimentazione, il mondo dell’urbanistica e i suoi principali attori: decisori, professionisti, docenti, operatori immobiliari, imprenditori, trovano crescenti difficoltà Questo avviene essenzialmente su due piani: quello della sempre più complessa dimensione delle specifiche competenze e delle relative conoscenze e quello dello spostamento di campo, dalla regolazione dei diritti proprietà, che avveniva attraverso i tradizionali strumenti della pianificazione, alla concretizzazione dei diritti fondamentali: equità, qualità della vita, paesaggio ambiente etc. I due piani si intersecano in quanto gli impianti conoscitivi più ampi e tra loro interrelati richiedono competenze più ampie; questo non avviene più attraverso una sommatoria di conoscenze specialistiche “interpretate” dall’urbanistica ma da un lato con una ibridazione delle stesse discipline non sempre recepita dalle strutture della formazione e dall’altro con una stabilizzazione delle conoscenze attraverso l’enorme potenziale dei sistemi informatici. Da un lato “stanze della conoscenza” sempre più potenti che si sostituiscono a consulenti ed esperti e dall’altro “progettisti” di varia formazione interpreti della nuova domanda di spazi relazionali, produttivi, abitativi. Perché poi sempre di spazi da costruire, adeguare o restaurare si tratta. La tecnologia, vero moloch del nuovo secolo tempererà nel bene (flessibilità) e nel male (rigidezza) entrambi i processi. Le blockchaine potranno rendere utilizzabili in chiave di perfettibilità/stabilità/garanzia di terzietà le diverse forme di conoscenza che tra loro interagiscono (consenso istituzionale, identitario, intenzionale). La realtà virtuale e quella aumentata dovrebbero risolvere il surplus di mediazione tecnica che i cittadini hanno rigettato insieme alla democrazia rappresentativa aprendo a nuove forme di democrazia in cui una più diffusa partecipazione dei cittadini alle decisioni si coniuga ad una maggiore responsabilizzazione degli eletti e dei

98


TUTTI GLI URBANISTI

3

decisori in una democrazia rappresentativa matura. Oggi alla fine di un ciclo che ha visto una progressiva marginalizzazione dell’Urbanistica si aprono alcuni percorsi. In estrema e quindi incompleta sintesi mi sembra che essi possano essere ricondotti a quattro Programmi: 1. Programma continuista delle istituzioni e degli strumenti (l’Urbanista riformista) Leggi e tecniche; 2. Programma del Progetto della città e delle sue parti e del Paesaggio (l’Urbanista-architetto) Progetto urbanistico, Progetto di territorio; 3. Programma pluralista , economia /scienze della terra/ innovazione tecnologica(l’urbanista come coordinatore) Pianificazione strategica; 4. Programma interpretativo dell’ascolto (l’Urbanista come facilitatore) sociologia dello spazio. Ognuno di questi programmi contiene più percorsi tra loro colloquianti e spesso ogni programma si contamina nei propri bordi con gli altri programmi costruendo una rete di relazioni tendenzialmente stabile nei core, ma molto liquida nelle zone di confine. Uno dei problemi che l’Istituto intende affrontare ha nella ricostruzione di una Visione condivisa è proprio la presenza nel dibattito interno di tutti questi diversi programmi di ricerca, individuali o di scuola, privi in genere di una disponibilità alla contaminazione. Una diffusa tendenza disciplinare che si può collocare nel Progetto di ricerca “pluralista”, non contempla un solo percorso narrativo, ma una pluralità di narrazioni, di tracciati e di trame, sicuramente molto suggestiva e del resto praticata da tempo dall’Istituto (l’INU dei saperi diffusi) e non può essere sicuramente esclusa in un aggiornato programma di ricerca. Solo apparentemente il problema sembrerebbe allora risolto in un atteggiamento di “frequentazione di (altri) luoghi in cui nuovi soggetti discutono e sviluppano pratiche innovative”, come una attività di ascolto e di elaborazione nelle sedi consolidate. Ma quello che manca è la stabilizzazione dei risultati di questa notevole attività che non è più rappresentata dalla Accademia né dalle Associazioni Quello che deve essere comunque garantito è la interazione tra i diversi programmi di ricerca evitando il Paradigma prevalente, la posizione “ufficiale”. Ridefinire la forma del Progetto Urbanistico, abbandonando definitivamente la “forma” del Piano, senza disperderla nel novitismo ecologico e tecnologico e nella autoreferenzialità del Progetto urbano, dei planivolumetrici 99


III

100

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019


TUTTI GLI URBANISTI

3

Gli Architetti e l’Urbanistica L’urbanistica è chiamata a dare soluzioni con nuovi valori, principi, strategie e soluzioni spaziali, all’enorme necessità di riorganizzare le città e i territori. L’urbanistica si deve assumere il ruolo di trasformare i nuovi bisogni delle persone, le loro relazioni e nuovi modelli sociali in valori per la collettività, in un contesto nel quale si assiste a trasformazioni epocali: globalizzazione e sue connessioni, transizione energetica, problematiche ecologiche ed ambientali, dinamiche della popolazione e singolarità tecnologica e dirompente avvento dell’intelligenza artificiale. Nel secolo scorso, tra gli anni 30 e gli anni 80, l’urbanistica veniva considerata e riconosciuta per la razionalità e per il progresso perseguito nel progettare le città ed aveva una missione chiara e condivisa. Negli ultimi decenni, l’assenza nella politica di programmi e visioni di futuro per le città e di una cornice e direzione nella quale orientarsi ha condizionato, a fronte anche delle tante emergenze in primis quella ambientale, la possibilità di rendere attive indispensabili politiche urbanistiche di Riuso e Rigenerazione. L’Italia è un paese che a fronte di una grande fragilità del proprio territorio, con un patrimonio edilizio vetusto, insicuro ed energeticamente insostenibile, con servizi e infrastrutture carenti ed inadeguati alla società contemporanea, non riesce però ad andare oltre a bonus e incentivi per singoli edifici. Un Paese che non riesce a vedere il “cosa fare” in un territorio nel quale è necessario creare le condizioni per liberare energie, energie delle persone che si incontrano, fanno progetti con regole chiare e severe utilizzando strumenti flessibili. Politiche settoriali e non durature, assenza di visione sul futuro delle città e di strategie in risposta ai forti cambiamenti e ruoli che le città nel mondo stanno assumendo, favoriscono l’esclusione di culture e professioni che hanno competenza sulle trasformazione del territorio, del paesaggio e sull’ambiente. Per l’assenza di investimenti sulle città e sulle strutture pubbliche di governo delle città, gli Architetti/Pianificatori/Paesaggisti/Conservatori che in Italia si occupano, a vari livelli e con vari ruoli, di città e territori non assumono il ruolo sociale e professionale che compete loro e sarebbe indispensabile al Paese.

A tutt’oggi in Italia non si è ancora riusciti a mettere in campo processi nuovi di trasformazione nonostante tutti i trend segnalano che nei prossimi anni la forbice tra bisogni sociali delle persone e copertura statale tenderà ad allargarsi sempre più. Le proposte normative e le politiche di sostegno, ripercorrono vecchie ricette di stagioni ormai passate, non sintonizzate alla frequenza “futuro”, ai nuovi bisogni (nuovi standard) e ai nuovi valori.

Paolo Manara

Anche il tema della rigenerazione delle città intesa come sostituzione di parte del parco degli edifici per questioni di sicurezza e di efficienza energetica, così come proposta e promossa da specifici incentivi non sarà sufficiente a rispondere a quella domanda che la società contemporanea richiede per una qualità della vita nelle città e nei territori. Tutto ciò impone di assumerci la responsabilità di essere protagonisti nel promuovere e rendere attive “politiche” sul futuro delle città e dei territori a partire dalla vita delle persone che abitano le città. In questa fase di cambiamento essere protagonisti è fondamentale, consapevoli che siamo di fronte a nuovi problemi che non possono essere affrontati con strumenti tradizionali e che ci troviamo in un momento storico nel quale vanno riscritte le regole del futuro, ma prima ancora le regole del presente. Cambiare vita non è come cambiare la macchina, serve una visione, serve partecipazione, serve un progetto. Il lavoro e l’apprendimento nelle città del futuro subiranno stravolgimenti ed accelerazioni esponenziali e la cultura sarà fondamentale come le nuove forme di apprendimento in una visione di futuro basato su nuovi paradigmi. La tecnologia, in un mondo globalizzato e digitale, avrà un ruolo sempre più determinante e il suo uso sarà fondamentale per l’organizzazione e la gestione delle città e soprattutto per la vita delle persone. Le macchine sostituiranno molto del lavoro attuale, ma non saranno creative nelle loro risposte e nelle soluzioni proposte. L’investimento sulla persona umana, la sua educazione e formazione per sviluppare “abilità sociali”, oggi è pertanto più che mai centrale per la crescita. Abilità sociali quali patrimonio di “intelligenza emotiva” che diventa “intelligenza collettiva” l’unica capace di creare il cambiamento. La scuola va considerata uno dei pilastri della sostenibilità: senza istruzione e senza educazione, ogni discorso sulla crescita futura non può reggersi. 101


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Fondamentale sarà investire nella formazione e nella ricerca, in un processo integrale che unifichi la dimensione umana, culturale e organizzativa dell’intera comunità, sapendo riconoscere talento e capacità di tutti. Occorre, perciò, ripartire dalle comunità interculturali e dalla loro ridefinizione. Gli abitanti dei luoghi sono i veri operatori della “rigenerazione” urbana. Pertanto occorre attivare i Luoghi della Partecipazione, per promuovere una visione di città, nuove idee per prefigurare “modelli abitativi” che trasformeranno i “bisogni” in “valori” condivisi e accolti. Promuovere e favorire la nascita di una nuova relazione tra pubblico e privato per la qualità delle realizzazioni, per l’uso e la gestione della città in una logica di sistema, reti e nodi. Occorre un nuovo modello di welfare, anche promosso all’interno delle comunità, in rapporto a un progetto di società nel quale la vita individuale si rapporta al sistema di relazioni all’interno della comunità di appartenenza che diventa un elemento nelle dinamiche del processo di sviluppo, di crescita individuale, di cura, di coesione, ecc. e non come un mero costo da affrontare all’interno delle politiche di spesa. Cittadini che si occupano dei beni pubblici (beni comuni) quali beni relazionali, che diventano valore e intorno ai quali riorganizzare quel senso di comunità perduto. All’Urbanistica tocca ripensare tutto ciò: l”abitare”, i “servizi” per la comunità e le persone. Dovrà essere capace di intercettare la creatività individuale, l’innovazione tecnica e sociale, fondata su uno sviluppo sostenibile integrale per la valorizzazione del territorio e delle comunità che li abitano.

102


TUTTI GLI URBANISTI

3

L’Università e la formazione La riflessione in corso sulla formazione in Urbanistica e Pianificazione nelle università assume un ruolo non secondario nella mutazione di cui si occupa il Rapporto. Il quadro che emerge si limita a prendere in considerazione la situazione dei corsi di studio triennali, nella classe L21 (inizialmente denominata classe 7) e biennali, nella classe LM48 (inizialmente classe 54/S). Per una valutazione più approfondita, la situazione attuale viene letta all’interno di un trend, che guarda agli ultimi 15 anni (1).

Performance quantitative Se proviamo a considerare l’andamento delle attivazioni di corsi triennali e biennali, nelle classi di laurea di Urbanistica e Pianificazione, i numeri rispecchiano un trend comune ad altri percorsi formativi, a livello nazionale: dopo il proliferare di nuovi corsi negli anni post riforma, del “3+2”, si assiste al consolidamento su alcuni poli nell’ultimo decennio, a nuove sperimentazioni negli ultimissimi anni. Come è noto, fino al DM 509/1999, in Italia, la presenza di corsi di laurea in Urbanistica/Pianificazione era limitata a pochi casi (2). La fase che si apre con il nuovo millennio modifica sostanzialmente il quadro che fino a quel momento si era andato consolidando (3), aprendo ad una inaspettata espansione dei corsi di studio in Urbanistica e Pianificazione su tutto il territorio nazionale. Contemporanea alla riforma è la nascita della prima e unica facoltà di pianificazione, a Venezia nel 2001, il riconoscimento del titolo di studio, con la possibilità di iscrizione all’Albo degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori (DPR n. 328, del 5/06/2001), che favorisce una maggiore attrattività di studenti verso il settore. Nel periodo di massima espansione, nell’anno accademico 2005-2006, il MIUR registra ben 25 corsi triennali nella classe L21, di cui almeno 5 incentrati sui sistemi informativi territoriali e 11 corsi di laurea biennali nella classe LM48. Rispetto al numero degli immatricolati le diverse sedi sono a quella data aggregabili in due classi: una prima con un numero di iscritti al primo anno tra 20 e 40 ed una seconda che si attesta su un centinaio di immatricolati; un caso unico è quello di Roma la Sapienza, che nel 2006 supera i 200 immatricolati complessivi. Gli studenti che al primo anno scelgono Urbanistica e Pianificazione sono in totale a questa data un migliaio circa. La caratterizzazione dei progetti formativi, già in questa fase, presenta differenze importanti in relazione all’ambito accademico in cui vengono attivati i corsi e, di conseguenza nella scelta dei

settori scientifico disciplinari: solo la metà dei corsi triennali nasce all’interno di una facoltà di architettura/pianificazione, con una reale dominanza delle discipline dell’urbanistica; ci sono progetti interfacoltà, e corsi di laurea che maturano completamente al di fuori del tradizionale ambito delle facoltà di architettura, presso le facoltà di agraria, scienze naturali, giurisprudenza e scienze ambientali, con un peso dei settori scientifico disciplinari ICAR20 e ICAR21 estremamente limitato. Un’analisi della distribuzione geografica in questo stesso periodo mostra un’ampia copertura territoriale, a Nord, nel Centro e nel Sud.

Matelda Reho

I dati relativi all’anno accademico 2010-2011 registrano dopo solo cinque anni un cambiamento di tendenza e la chiusura di alcune sperimentazioni: i corsi di laurea triennale si riducono a 16 (4), mentre le sedi con corsi di laurea specialistica/ magistrale sono 11 (con la duplicazione dei corsi di studio nella stessa sede, come nel caso di Venezia IUAV se ne possono contare 13). L’inversione di tendenza investe essenzialmente i corsi triennali, per i quali i fabbisogni di docenza necessari all’attivazione presuppongono una disponibilità di docenti in organico spesso non più supportabile. A questa data rimane peraltro importante il numero degli immatricolati alle triennali e magistrali (1343 nella classe L21 e 414 nella classe LM48), raggiungendo risultati mai più conseguiti successivamente. Questo allargamento di interesse per l’ambito dell’urbanistica e della pianificazione porta ad una crescita del numero di sedi nella classe dimensionale di 40-100 immatricolati, e sono ben 5 i casi con oltre 100 iscritti al primo anno. In questo contesto quantitativamente molto positivo si può evidenziare la forte capacità attrattiva dell’Università telematica Marconi, che per quel che riguarda le triennali presenta il contributo più elevato di iscritti (198), con un target abbastanza differente rispetto a quello intercettato dagli altri poli, a questa data più forti (Milano Politecnico con 166 iscritti, Roma “La Sapienza” con 150, Torino Politecnico e Genova, con poco più di 100).

Cosa succede dopo? Il confronto con l’andamento degli iscritti al primo anno delle classi L21 e LM48 con quello dell’insieme di immatricolati a livello nazionale e di Architettura ci rapporta ad un trend negativo, che a livello nazionale parte già dall’a.a 2005-2006 e peggiora fino al 2013, con un miglioramento negli anni successivi. Per Urbanistica e Pianificazione una ripresa non sembra però intravvedersi. Complessivamente, mentre gli iscritti al primo 103


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Tab 1 - Corsi di laurea Triennali e Specialistici attivi nell’anno accademico 2005-2006, per ateneo e facoltà (fonte: MIUR) Ateneo

Facoltà

Triennio

Bologna (sede Ravenna)

Ingegneria

Tecnico del territorio

Camerino

Architettura/Scienze e tecnologie

Catania

Agraria/Scienze MM.FF.NN

Chieti-Pescara

Architettura/Scienze MM.FF.NN.

Firenze-Empoli

Architettura

Genova

Architettura

Milano Politecnico

Architettura

Napoli Federico II

Architettura

Padova

Agraria

Palermo

Architettura

Palermo

Architettura/Ingegneria

Reggio Calabria

Architettura

Roma “La Sapienza”

Architettura “L.Quaroni”

Pianificazione del territorio e dell’ambiente Tecnologie e Pianificazione per il territorio e l’Ambiente Tecniche dell’ambiente e del territorio Urbanistica e Pianificazione Territoriale e Ambientale Tecniche per la Pianificazione Urbanistica, Territoriale e Ambientale Urbanistica Urbanistica e Scienze della pianificazione Territoriale e Ambientale Tutela e Riassetto del Territorio Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale Sistemi Informativi Territoriali Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale Urbanistica e Sistemi informativi Territoriali

Roma “La Sapienza”

Architettura “Valle Giulia”

Progettazione e gestione dell’ambiente

Roma “La Sapienza”

Architettura “L.Quaroni”/Economia

Sassari-Alghero

Architettura

Sassari

Agraria

Torino Politecnico

Architettura II

Trieste-Gorizia

Scienze della formazione Economia/ingegneria/Scienze MM.FF.NN. Agraria

Università della Calabria Università della Tuscia-Viterbo

Biennio

Pianificazione e progettazione della città e del territorio

Pianificazione urbana e Politiche territoriali Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale Pianificazione Territoriale e Ambientale Pianificazione e Valutazione Ambientale, Territoriale e Urbanistica

Pianificazione e Gestione del Territorio e dell’Ambiente Pianificazione territoriale Urbanistica e Ambientale Pianificazione e gestione dell’ambiente e del territorio rurale Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale Politica del territorio Scienze geo Topo-Cartografiche, Territoriali, Estimative ed Edilizie Progettazione e gestione dell’ambiente

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale

Scienze della pianificazione rurale e ambientale Università IUAV di Venezia

Pianificazione

Università Telematica Marconi

Scienze e tecnologie applicate

Urbino

Giurisprudenza/Scienze Ambientali

Scienze della pianificazione urbanistica e territoriale Sistemi Informativi Territoriali Scienze geo Topo-Cartografiche, Territoriali, Estimative ed Edilizie Tecnico del Territorio

anno nelle lauree triennali in Architettura (classe di laurea L 17) tra gli anni accademici 2010/11 e 2017/18 registrano un calo del 37%, e quelli delle lauree magistrali (LM4), del 16,6%, nello stesso periodo la riduzione per la classe L21 è intorno al 60% e di circa il 30% per la classe LM48. Le iscrizioni continuano a premiare essenzialmente i politecnici di Milano e di Torino, seguiti da Venezia IUAV, che pure ha un competitor molto vicino nell’Università di Padova. Il boom delle immatricolazioni non si traduce in un allargamento significativo dei laureati nelle classi L21 e LM48. 104

Pianificazione della Città e del Territorio Pianificazione e Politiche per l’Ambiente*

Si registra in effetti uno scarto rilevante tra gli iscritti al primo anno delle triennali e magistrali e i laureati, rispettivamente dopo 3-4 anni, e dopo 2-3 anni, che è particolarmente rilevante immediatamente dopo il 2010-2011 per le triennali (per la classe L21 il rapporto tra i laureati nel 2013/2014 e gli iscritti nel 2010/2011 è pari al 37%), mentre sembrano essere “più convinte” le immatricolazioni alle magistrali (lo stesso indice è pari a circa l’80% per le magistrali in LM48). La situazione di maggiore sofferenza dei corsi di laurea triennali dal punto di vista dell’abbandono registra


TUTTI GLI URBANISTI

3

Tab 2 - Corsi di laurea Triennali e Magistrali attivi nell’anno accademico 2010-2011, per ateneo e facoltà (fonte: MIUR) Ateneo

Facoltà

Triennio

Camerino

Scienze e tecnologie

Catania

Agraria/Scienze MM.FF.NN

Chieti-Pescara

Architettura/Scienze MM.FF.NN.

Firenze-Empoli

Architettura/Agraria

Genova

Architettura

Milano Politecnico

Architettura

Pianificazione della Città, del Territorio e del Paesaggio Scienze per il Progetto Integrato del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio Urbanistica

Napoli Federico II

Architettura

Urbanistica Paesaggio Territorio Ambiente

Padova

Agraria

Palermo

Architettura

Reggio Calabria

Architettura

Riassetto del Territorio e Tutela del Paesaggio Scienze della Pianificazione Territoriale Urbanistica, Paesaggistica e Ambientale Urbanistica

Biennio Pianificazione del territorio, dell’ambiente e del paesaggio

Pianificazione, Progettazione e Gestione del Territorio e dell’Ambiente Pianificazione del Territorio e dell’Ambiente

Urbanistica Sostenibile Pianificazione e progettazione della città e del territorio

Pianificazione urbana e Politiche territoriali Pianificazione Territoriale Urbanistica e PaesaggisticoAmbientale Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale Urbanistica

Urbanistica e Sistemi informativi Territoriali Roma “La Sapienza”

Architettura “L.Quaroni”

Roma “La Sapienza”

Sociologia/Architettura

Tecniche per la Progettazione del paesaggio e dei Giardini

Analisi Sociale e Progettazione Territoriale

Sassari-Alghero

Architettura

Torino Politecnico

Architettura II

Torino

Agraria

Urbanistica, Pianificazione della Città, del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio Pianificazione Territoriale Urbanistica e PaesaggisticoAmbientale Scienze e Cultura delle Alpi

Università IUAV di Venezia

Pianificazione

Pianificazione Urbanistica e Territoriale

Università Telematica Marconi Scienze e tecnologie applicate

qualche miglioramento negli anni successivi, e non scoraggia l’attivazione di nuovi corsi di laurea L21 mentre altri, attivati in precedenza nella stessa classe, chiudono. I corsi di laurea triennali attualmente sono 12 (rispetto ai 16 del 2010-2011), 7 le lauree magistrali (rispetto a 13). Questo dato è però il risultato di dinamiche di segno opposto: a. da una parte si registra la chiusura di corsi in cui maturano strategie diverse rispetto al passato, non tanto in relazione al numero esiguo di iscritti quanto al dimensionamento del corpo docente, con la conseguente mancanza di copertura dei requisiti minimi di attivazione (è il caso di Chieti-Pescara, di Genova, dell’Università Mediterranea, della Sapienza); b. dall’altra ci sono nuove entrate, presso l’università della Basilicata, l’Università Carlo Bo di Urbino, la riattivazione del corso triennale presso l’Università della Tuscia. L’offerta di formazione in pianificazione è ora più presente al Nord e nel Centro Italia. Rispetto all’a.a. 2010-2011,

Pianificazione delle Città, del Territorio, dell’Ambiente

Pianificazione Territoriale Urbanistica e PaesaggisticoAmbientale Pianificazione e politiche per la Città, il Territorio e l’Ambiente Sistemi Informativi Territoriali e Telerilevamento

Scienze geo Topo-Cartografiche, Territoriali, Estimative ed Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale Edilizie

cinque università hanno chiuso i corsi. Le nuove attivazioni sperimentano la soluzione interclasse (L34/L21, nel caso di Urbino), interateneo (come nel caso dell’Università della Tuscia/ Sapienza), interdipartimentale (come nel caso della nuova proposta di laurea magistrale, per l’anno accademico 2019/2020, formulata dall’Università di Bergamo), allargando lo spettro e modificando il peso dei settori scientifico-disciplinari coinvolti, spesso allontanandosi sensibilmente dal mix che tradizionalmente ha caratterizzato il percorso di studi dell’urbanista/pianificatore. Una valutazione attenta di questa evoluzione andrebbe fatta non tanto rispetto alla difesa di un formato iniziale, quanto alla rispondenza a nuove questioni che si stanno ponendo e alla necessità di acquisire ulteriori conoscenze e competenze. Quanto, in che modo i programmi dei corsi di studio in L21 e LM48 hanno progressivamente affinato le competenze per utilizzare gli strumenti di pianificazione rispetto al cambiamento climatico, ai nuovi rischi che sta determinando? Alla stessa maniera, quale percorso 105


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Fig 1 - Anagrafe Nazionale degli Studenti, elaborazioni IUAV. I dati relativi all’ultimo anno accademico sono provvisori.

Tab 3 - Iscritti al primo anno, per anno accademico. Totale Corsi di Studio in L21 e LM48 (fonte: Anagrafe Nazionale degli Studenti, elaborazioni IUAV. I dati relativi all’ultimo anno accademico sono provvisori) Anni accademici

Classe

2010/2011

2011/2012

2012/2013

2013/2014

2014/2015

2015/2016

2016/2017

2017/2018

2018/2019

L-21 - Scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale

1.343

870

762

623

728

707

602

525

545

LM-48 - Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale

414

405

353

403

356

284

279

287

238

Tab 4 - Laureati per anno accademico. Totale Corsi di Studio in L21Anni e LM48 (fonte: Anagrafe Nazionale degli Studenti, elaborazioni IUAV) accademici Classe

2010/2011 2011/2012 2012/2013 2013/2014 2014/2015 2015/2016 2016/2017 2017/2018 2018/2019 L-21 - Scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale

87

273

427

497

460

434

369

341

nd

LM-48 - Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale

231

309

332

329

309

328

272

193

nd

106


TUTTI GLI URBANISTI

3

Tab 5 - Corsi di laurea Triennali e Magistrali, attivi nell’anno accademico 2018-2019 per ateneo e dipartimento (fonte: MIUR) Ateneo

Dipartimento

Triennio Biennio Pianificazione e Tutela del Territorio e del Paesaggio Pianificazione della Città, del Territorio e del Pianificazione e progettazione della Paesaggio città e del territorio

Catania

Agricoltura, Alimentazione e Ambiente

Firenze-Empoli

Scuola di Architettura/DICEA/GESAAF

Milano Politecnico

Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Urbanistica: Città, Ambiente e Paesaggio Costruzioni

Urban Planning and Policy Design

Napoli Federico II

Architettura

Urbanistica Paesaggio Territorio Ambiente

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Paesaggistico-Ambientale

Padova

Scuola di Agraria e Medicina veterinaria

Riassetto del Territorio e Tutela del Paesaggio

Palermo

Scuola Politecnica

Scienze della Pianificazione Territoriale Urbanistica, Paesaggistica e Ambientale

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale

Sassari-Alghero

Architettura Design e Urbanistica

Urbanistica, Pianificazione della Città, del Territorio, dell’Ambiente e del Paesaggio

Pianificazione e Politiche per la Città, l’Ambiente e il Paesaggio

Torino Politecnico

Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST)

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Paesaggistico- Ambientale

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Paesaggistico-Ambientale

Università Carlo Bo di Urbino

Dipartimento di Scienze pure e applicate-Scuola di Territoriale Scienze geologiche e ambientali

Scienze Geologiche e Pianificazione

Interclasse L34/L21 Università della Tuscia

Interateneo: Dipartimento per la Innovazione nei Pianificazione e progettazione del Paesaggio e sistemi Biologici, Agroali­mentari e Forestali (DIBAF) dell’Ambiente della Tuscia/Architettura di Roma la Sapienza

Università IUAV di Venezia

Dipartimento di Culture del Progetto

Pianificazione Urbanistica e Territoriale

Università della Basilicata

Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DiCEM)

Paesaggio, Ambiente e Verde Urbano

di formazione viene offerto per portare avanti un approccio di economia circolare anche nell’azione del planner? Quali contributi disciplinari consentono ai laureati di avere competenze per identificare smart solutions per le città e valorizzare la sua identità sempre più multietnica? La lista delle nuove questioni è ovviamente molto più ampia di quella che emerge da questi interrogativi, ma c’è il rischio che ogni sperimentazione di attivazione in L21 continui a fare i conti con “economie di ateneo” più che con il reale fabbisogno di un mix disciplinare. Per ritornare sulle attivazioni più recenti, il corso triennale in Scienze Geologiche e Pianificazione Territoriale (L-34/L-21) di Urbino presenta solo 8 crediti nel SSD ICAR20, è assente completamente il settore ICAR 21, mentre sono previsti 8 crediti in Composizione architettonica e urbana (ICAR14) e una prevalenza di corsi in ambito GEO; alla stessa maniera il corso in Pianificazione e Progettazione del Paesaggio e dell’Ambiente dell’Università della Tuscia riserva 9 crediti rispettivamente ai settori ICAR 20 e ICAR21, mentre la prevalenza dei crediti si distribuisce su discipline AGR. Una situazione simile per il corso in L21 (Paesaggio, Ambiente e Verde Urbano) attivato presso l’Università della

Pianificazione e Politiche per la Città, il Territorio e l’Ambiente

Basilicata (sono previsti solo 6 crediti in ICAR21). I dati sulle immatricolazioni nei corsi di studio triennali di nuovo impianto non sembrano intercettare una fetta di domanda capace di proiettarci in un quadro di reale espansione della Classe L21, ma delineano, più che in passato, la presenza di due tipologie di percorsi di formazione: una prima, in cui tradizionalmente è predominante il contributo dei settori scientifico disciplinari ICAR (in prevalenza ICAR 20 e ICAR21), e hanno un peso, comunque differenziato per ateneo, le discipline economiche, giuridiche, le scienze della terra, ecc.; una seconda tipologia (5 corsi su 12) in cui il rapporto s’inverte completamente, non più solo a favore delle scienze agrarie, ma anche di quelle dell’area 04 (Scienze della terra). Più omogenea, almeno fino all’anno accademico in corso, la situazione delle lauree magistrali, che si consolidano presso le tradizionali scuole di architettura, tentando di collocarsi, attraverso l’attivazione del doppio titolo, il riconoscimento AESOP, o semplicemente attraverso l’attivazione di corsi in inglese, in un ambito di domanda più vasto, a livello internazionale.

107


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Fig 2 - Distribuzione territoriale degli iscritti al primo anno nelle lauree triennali in Italia in Pianificazione Territoriale (classe di laurea L21). Confronto anni accademici 2010/11 e 2017/18 (fonte: Elaborazioni del Laboratorio di Cartografia e Gis -IUAV su dati Anagrafe Nazionale Studenti (ANS)).

Tab 6 - Lauree magistrali nella classe LM48 con doppio titolo (fonte: sito internet atenei)

Ateneo

Corso di laurea

Doppio titolo/certificazione

Firenze-Empoli

Pianificazione e progettazione della città e del territorio

Doppio titolo con Università di Bordeaux

Milano Politecnico

Urban Planning and Policy Design

Doppio titolo con Ecole centrale di Nantes; Hafencity Universitat Hamburg; Tongji University

Palermo

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale

Certificazione AESOP

Sassari_Alghero

Pianificazione e Politiche per la Città, l’Ambiente e Titolo aggiuntivo consorzio PPCEL, Università di Lisbona, Autonoma di Barcellona, Girona, IUAV di il Paesaggio Venezia

Torino Politecnico

Pianificazione Territoriale Urbanistica e Paesaggistico-Ambientale

Venezia IUAV

Pianificazione e Politiche per la Città, il Territorio e Titolo aggiuntivo consorzio PPCEL, Università di Lisbona, Autonoma di Barcellona, Girona, Sassaril’Ambiente Alghero; Doppio titolo con Tongji University; Università di Reims

Certificazione AESOP

I Profili Benché l’insieme dei corsi di laurea triennali e magistrali attivati nelle classi L21 e LM48 abbiano rispettato le declaratorie ministeriali e selezionato settori scientifico-disciplinari sempre all’interno dei macro ambiti previsti, le osservazioni fatte prima ci portano a pensare che il profilo dei laureati che escono dai diversi atenei non possa essere considerato del tutto omogeneo; come si è sottolineato, sono state infatti operate scelte diverse rispetto al peso degli ambiti e delle discipline, intorno ai valori minimi previsti, prefigurando profili diversi, non sempre immediatamente leggibili nella coerenza interna dei piani di 108

studio. A queste considerazioni, riconducibili al contesto di facoltà/dipartimento in cui sono nati i corsi di laurea in urbanistica/pianificazione e alla sua influenza sulla scelta dei settori scientifico disciplinari coinvolti, si deve aggiungere che una progressiva trasformazione del sistema di formazione “3+2” in “3 e 2” ha ibridato nelle lauree magistrali studenti provenienti da classi di laurea diverse. Nonostante questo fenomeno abbia creato non pochi problemi nell’organizzazione dell’offerta didattica, penso possa essere interpretato come fattore di arricchimento del profilo del laureato magistrale in Urbanistica/ Pianificazione e rappresenti per la docenza un buon test per valutare gli esiti di contributi disciplinari diversi. Un altro fattore che alimenta


TUTTI GLI URBANISTI

la diversificazione dei profili è riconducibile alla possibilità di svolgere un periodo di studio e/o di tirocinio all’estero, ovviamente importante anche perché viene ad occupare un periodo rilevante del percorso di studio complessivo (tra sei mesi e un anno), rispetto ai due anni curriculari. Un diverso menù degli atenei, soprattutto nelle lauree triennali, si coniuga in generale nelle magistrali con un ampliamento del bacino di attrazione, che contribuisce a disegnare percorsi di formazione variegati. Se tentiamo di descrivere il profilo dei laureati in Urbanistica e Pianificazione non solo rispetto alle conoscenze e competenze acquisite, ma anche rispetto all’”esperienza di vita” nei corsi di laurea L21 e LM48 possiamo riscontrare una serie di segnali positivi, riconducibili in generale al livello di soddisfazione espresso nei confronti del percorso formativo, alle opportunità di scambi con altri atenei a livello internazionale, al rapporto con il mondo del lavoro. Il laureato nella classe LM48, rispetto ai laureati nelle classi di laurea magistrale in complesso, ha mediamente maturato una maggiore esperienza all’estero (33,5% rispetto al 16,7 per i laureati negli altri corsi di studio magistrali), utilizzando più intensivamente il programma Erasmus (29,5 rispetto a 10,9); si è confrontato maggiormente con il mercato del lavoro attraverso un’attività di tirocinio (89% rispetto al 60%); è leggermente più soddisfatto del suo percorso di studio rispetto ai colleghi di altre classi e mostra più degli altri una propensione a cercare lavoro anche all’estero.

3

Complessivamente, tra l’a.a. 2010-2011 e 2017-2018 i laureati triennali in L21 in Italia, sono stati 2.888 e in LM48 2.303; numeri non trascurabili, che da una parte non possono trovare una collocazione esclusiva nelle attività “storiche” dell’urbanista, su cui la competizione con gli architetti rimane importante, dall’altra possono e devono dare una risposta a nuove domande che la società e il mercato pongono. Da questo punto di vista è interessante osservare che molte delle attività che i laureati nella classe LM48 oggi svolgono non sono regolamentate all’interno dell’albo professionale; questo, in una visione ottimistica, dimostrerebbe una certa capacità di cogliere nuovi spazi e bisogni, ma le rilevazioni di Alma laurea, relative all’occupazione dei laureati LM48, purtroppo non supportano tanto ottimismo e mostrano performance generalmente meno positive rispetto a quelle dei laureati nelle altre classi di laurea magistrale. Questo risultato è leggibile non tanto in termini di tasso di occupazione, che a tre anni dalla laurea è maggiore per i laureati in LM48 (79,6%, che diventa 82,3% a 5 anni, rispetto al 75,7% degli altri), o rispetto al livello di soddisfazione per il lavoro svolto (mediamente sullo stesso livello degli altri), quanto per le dichiarazioni relative all’utilizzo delle competenze acquisite con la laurea, all’adeguatezza della formazione dal punto di vista professionale, all’utilità della laurea per il lavoro svolto. In un contesto in rapida evoluzione, in cui la domanda di lavoro non solo è cambiata nelle problematiche di base, nei contenuti e nella

109


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

committenza (è sempre più evidente la possibilità di rapportarsi ad una domanda non solo, come un tempo, delle amministrazioni pubbliche) la sfida rivolta ai nostri corsi di studio rimane estremamente impegnativa. C’è da chiedersi se i prossimi anni potranno supportare le innovazioni necessarie, al difuori delle “economie di ateneo” a cui prima si alludeva. Riferimenti bibliografici AA.VV. (2013), “Monografia Pianificatori senza piani”, TAO, n.14. Alma Laurea (2018), XX Indagine - Condizione occupazionale dei Laureati. Alma Laurea (2018), XX Indagine - Profilo dei laureati. De Luca G. (2007), “Aumento degli iscritti alle lauree in pianificazione e urbanistica”, Urbanistica Informazioni, n. 213, pp. 91-92. Marson A. (2007), “Come va cambiando la formazione universitaria del pianificatore territoriale e urbanista”, Urbanistica Informazioni, n. 215, pp.86-87 Moccia F.D. (2011), “I corsi di laurea in urbanistica e pianificazione falcidiati da Gelmini”, Urbanistica Informazioni, n. 237, pp. 74-75 Patassini D., Gambino R., Magnaghi A., Marson A., (2007), “Per un’agenda comune nella riorganizzazione degli studi universitari in pianificazione e urbanistica”, Urbanistica Informazioni, n. 214, pp. 92-94 Rallo D. (2007), “L’offerta formativa universitaria in pianificazione territoriale e urbanistica”, Urbanistica Informazioni, n. 212, pp. 91-93.

110

Note 1. Si utilizzano dati pubblicati sul sito internet del MIUR e delle Università (per quel che riguarda l’attivazione dei corsi di studio nelle classi di laurea considerate), l’Anagrafe Nazionale Studenti (MIUR), e le rilevazioni di Alma Laurea sui laureati e sull’occupazione post laurea, benché queste ultime non comprendano tutti gli atenei interessati. 2. A Venezia il corso di laurea quinquennale fondato da Giovanni Astengo, attivato nel 1970 (DPR n. 1009 del 14/10/1970), si era poi trasformato in quadriennale con due indirizzi nell’a.a.1993/1994 e a questo si era aggiunto un corso di laurea teledidattico SIT nell’a.a. 1997-1998; a Reggio Calabria un corso di laurea quinquennale era stato istituito nel 1974; a Bari, nel 1989 ci si era fermati solo all’istituzione senza proseguire con l’attivazione; al Politecnico di Milano il primo corso di laurea in Urbanistica veniva attivato nel 1995 e a Palermo, sperimentalmente nell’a.a. 1997-1998. 3. La riforma degli studi per la laurea in architettura (DPR 28/10/1983, n. 1272), negli anni Ottanta aveva avuto effetti negativi sulle iscrizioni ai corsi di laurea in Urbanistica. Materie tipiche della formazione dell’architetto venivano introdotte come obbligatorie nel corso di laurea in urbanistica e nel corso di laurea in architettura si istituiva un indirizzo urbanistico anche laddove, come a Venezia c’era già un corso di laurea specifico dedicato. 4. 15 sedi, Roma attiva in quell’anno due corsi di studio, per i quali già nell’anno accademico 2011/2012 non si prevede più l’iscrizione al primo anno.


TUTTI GLI URBANISTI

3

Competitività e mercato del lavoro Una lettura del mercato dell’urbanistica in assenza di una statistica specifica(1) può essere tentata attraverso il censimento dei bandi di gara che ogni anno vengono emessi dalle pubbliche amministrazioni. Le gare che riguardano l’urbanistica sono infatti affogate nella statistica dei lavori pubblici all’interno della voce “servizi attinenti l’architettura, la pianificazione e la paesaggistica”, secondo la logica della suddivisione dei Codici (CPV) di riferimento europei. Risulta difficoltoso attuare una disaggregazione ulteriore. La suddivisione maggiore viene riportata dall’istituto di ricerca CRESME che all’interno del Rapporto della Camera dei Deputati suddivide le tipologie di servizi individuando anche la classe “piani e studi”. All’interno di questa voce sono ricompresi, però, “piani e studi, che includono non solo quelli in materia urbanistica e paesaggistica, ma anche altri piani e studi quali quelli energetici, ambientali, naturalistici e per la mobilità”. Vi sono poi le diverse sono le società che raccolgono gli avvisi pubblici e che, a pagamento mettono a disposizione per gli utenti. Da queste si possono raccogliere i bandi di gara con i relativi atti. Sono queste le “fonti” a cui si rifanno i liberi professionisti per essere informati in tempo reale per poter partecipare alle gare. Le gare che riguardano la materia urbanistica sono una piccola minoranza, sia in valore di numero che di importo, di quelle totali riferite ai servizi attinenti all’architettura e alla ingegneria. Sotto la voce allargata e onnicomprensiva di “piani e studi” sono stati censiti per il 2016 oltre 600 bandi di gara corrispondenti ad un importo complessivo di 54 milioni di Euro, rispettivamente il 10% del numero totale dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria (8000 circa) e il 7% del corrispondente valore economico. In realtà i sevizi specifici riferiti alla pianificazione urbanistica in senso stretto sono, ovviamente, ancora più ridotti e coprono un mercato solamente del 10%, cioè lo 0,1% del mercato complessivo. L’analisi proposta in questo scritto parte dal monitoraggio fatto per le gare di urbanistica nel senso più stretto del termine, per gli anni 20152018, attraverso il monitoraggio dei bandi gara segnalati dalle società di service più presenti nel mercato che offrono agli utenti un servizio di aggiornamento quotidiano. Il monitoraggio(3) ha tenuto conto delle gare attinenti l’urbanistica tout-court in territorio italiano e le gare che comunque fanno riferimento a temi o programmi di livello territoriale. Gli stessi sono stati suddivisi in due macro-voci: Piani e Altre

attività. Nella voce “Piani” rientrano gli strumenti urbanistici generali e operativi nelle varie dizioni che si sono configurate nel tempo nelle singole regioni. Sono comprese anche le Varianti e i piani particolareggiati di aree specifiche. Mentre completamente scomparsi sono i piani particolareggiati per i centri storici.

Daniele Rallo

Nella voce “altre attività” sono stati inseriti gli studi di fattibilità, i piani del traffico o della mobilità, piano regolatore del porto, pre-progetti per percorsi ciclabili di lunga percorrenza, studi di fattibilità per la rigenerazione urbana del patrimonio immobiliare demaniale per la loro alienazione o messa a reddito, ecc. Sono richiesti anche monitoraggi, piani paesaggistici per determinate aree ambientali, piani di gestione per i siti Unesco, ecc.

Numero e importo Le gare monitorate nel quadriennio 2015-2018 sono in totale 265 con una media annuale inferiore a 70. L’importo complessivo è pari a 22,5 milioni di Euro con una media annuale di 5,6 milioni/ euro. Le gare bandite ogni anno oscillano tra le 63 del 2017 e le 78 del 2015. Nel 2018 (11 mesi) sono scese a 47, ma questo tiene in considerazione l’ultimo mese. Di solito “ricco” di bandi in quanto legato a necessità di impegno finanziario in chiusura di bilancio. Gli importi a base d’asta corrispondenti sono di poco superiori ai 5,0 milioni/euro. Il picco massimo è stato toccato nel 2016 con quasi 7,0 milioni/euro. Nel 2018 siamo a 5,4 milioni/euro ma non ancora è statisticato il mese di dicembre. La media per gara varia tra i 114.550 euro del 2018 ai 65.815 euro del 2015. L’andamento tra i quattro anni che vede un raddoppio della cifra media può rendere ottimisti per il prossimo periodo anche se il valore assoluto totale congela il mercato attorno ai 5/6milioni di euro annuali senza possibilità di grossi incrementi. Si conferma un mercato di nicchia riservato a pochi e selezionati operatori.

Classi di importo La suddivisione per importo comprende tre classi di ampiezza: fino a 40.000Euro, tra 40mila e 100mila, oltre 100mila. La prima classe è quella che per il Codice appalti può essere esperita attraverso la pratica dell’incarico “fiduciario”. L’ente appaltante deve comunque far ricorso ad una serie 111


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

di preventivi (da tre a 5) scegliendo dall’elenco di professionisti di cui il comune è dotato ovvero attraverso “ricerca di mercato”. Le regole, come l’importo minimo, sono state soggette di variazione nel corso degli anni con le modifiche al Codice appalti e sono state anche regolamentate dalle linee guida emanate dall’autorità anti-corruzione(4). L’importo minimo è stato portato a 100mila euro, mentre sotto i 40mila è possibile l’incarico diretto. Gli enti locali attuano comunque una procedura di evidenza pubblica per cui i bandi vengono censiti dalle società di raccolta dati. Nel periodo preso in considerazione (15-18) nel totale delle gare (265) solo il 26% avevano un importo superiore ai 100mila euro contro il 38% inferiore ai 40mila. Viceversa per valore di importo il 70% era assegnato alle prime contro il 6% alle seconde. Il trend vede salire sia il numero delle gare sopra i 100mila euro, da 9 nel 2015 a 19 nel 2018, sia i valori corrispondenti, da 2,0milioni/euro a 3,7milioni/euro. Le gare con importo compreso nella classe media, 40mila-100mila, sono il 36% ma coprono il 25% del valore dell’importo. Ma se i valori messi a bando rappresentano la domanda potenziale, l’offerta, cioè la riduzione effettuata dai prestatori d’opera per vincere la gara è molto diversa. Le percentuali di ribasso si attestano tra il 30 ed il 40% riducendo notevolmente la quota di mercato “reale”, cioè quello che sarà fatturato e diventerà reddito di impresa. Nonostante la procedura di gara, nella maggior parte dei casi, faccia riferimento alla “offerta economicamente più vantaggiosa” invece che al “maggior ribasso”.

Suddivisione territoriale Nella suddivisione territoriale incidono molto le cadenze imposte dalla strumentazione di rango superiore o dalle leggi urbanistiche delle singole regioni. L’approvazione di una nuova legge regionale, in molte regioni siamo alla terza generazione, o l’approvazione del piano regionale urbanistico e/o paesaggistico comportano che, a cascata, gli enti locali si devono adeguare alle nuove prescrizioni entro un certo numero di anni. Ciò porta ad una “stagione” di piani da rinnovare e ad una “stagione” di gare concentrate in quella regione, anche per il fatto che vengono messi a disposizione finanziamenti per tali adeguamenti. Delle 265 gare censite il maggior numero è concentrato al Nord (130), segue il Sud con 79 ed il Centro con 56. Viceversa per importo totale è il Sud che vince con 8,5 milioni/euro contro il Nord con 7,2 milioni/euro, ma con un numero gare pari quasi al doppio. Il Sud ha in tutti e quattro gli anni valori superiori rispetto al Nord pur con numero di gare inferiori. 112

Le criticità Criticità. Le richieste multiple Il bando per la gara della redazione del piano regolatore comprende nella maggior parte dei casi anche la stesura della valutazione ambientale strategica (VAS) comprensiva di relazione di incidenza per i siti natura 2000 (Vinca). In altri casi sono compresi anche gli studi geologici e idraulici per adeguare lo strumento al piano di assetto idro-geologico (PAI). In Veneto, per esempio, è obbligatoria la relazione di compatibilità idraulica. In Sardegna la catalogazione informatica dei beni monumentali e archeologici: definiti Beni Identitari. Sempre in Sardegna viene richiesto il piano particolareggiato del centro storico (denominato Centro Matrice) che dovrebbe essere sottoposto ad un incarico diverso. Oppure, per i comuni di costa, viene richiesto il piano dei litorali (PUL), strumento settoriale per l’individuazione delle parti di spiaggia da dare in concessione pluriennale. In Lombardia il piano è comprende tre sub-spiani: strutturale, operativo delle regole, dei servizi. In Sicilia sono richieste le schede dei piani attuativi (privati e pubblici) previsti per il primo quinquennio di validità del piano. Ciò richiede un incarico multiplo e con competenze multidisciplinari che difficilmente sono tenute in debita considerazione nella formulazione del valore economico della “parcella” a base d’asta. Criticità. La valutazione La modalità dell’offerta economicamente più vantaggiosa implica che la migliore sia conseguente alla somma dei punteggi per i tre elementi principali: a) il curriculum e/o le prestazioni analoghe a quelle richieste in gara, b) la relazione metodologica e solo come ultimo c) l’offerta economica. I tre elementi devono avere un punteggio pari a 100 ma la distribuzione tra le diverse voci è appannaggio dell’ente appaltante. In questo modo l’ente che vorrà premiare la migliore presentazione metodologica e progettuale dà maggior peso a questa. Viceversa l’ente che vuole premiare l’offerta economica dà maggior peso al valore di ribasso. La criticità maggiore rappresentata da questa metodologia è rappresentata proprio dalla proposta di relazione tecnica. Mentre curriculum e ribasso economico sono riconducibili a dati oggettivi facilmente valutabili per il primo, incontrovertibili per il secondo, la Relazione viene letta e valutata dalla commissione esaminatrice in base a criteri, ovviamente, più soggettivi. La Relazione tecnica, spesso richiesta dai bandi, inoltre è un misto tra metodologia e “progetto”. Il partecipante deve descrivere “come” pensa di attuare il lavoro richiesto


TUTTI GLI URBANISTI

ma anche inserire elementi che anticipano le questioni progettuali specifiche per quel luogo. Per rispondere a questa seconda richiesta è necessario conoscere i luoghi e le tematiche di quel territorio. Criticità. I tariffari minimi La questione delle tariffe minime per i professionisti che vigeva dal 1949 è stata abolita dal cd Decreto Bersani con il governo di centrosinistra. Parallelamente non sono invece stati aboliti gli Ordini ed i Collegi professionali nati durante il ventennio fascista, nonostante le promesse del governo Monti, prima, e Dalema, poi. Anzi sono stati “rinforzati” dandogli l’appannaggio della gestione della formazione obbligatoria. L’eliminazione della tariffa minima che è stata introdotta per avvantaggiare la libera concorrenza e “l’utente consumatore” privato si è rilevata controproducente per l’ente pubblico. In alternativa ai tariffari minimi sono stati emanati due decreti ministeriali che introducono i corrispettivi minimi di riferimento da applicare nelle gare della pubblica amministrazione e per eventuali contenziosi che dovrebbero sorgere. Il primo (DM Giustizia n.140 del 20.7.2012) fissa la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia. Il secondo (DM Giustizia 17.6.2016) riguarda il calcolo per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria. L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha ritenuto specificare che nonostante la norma si riferisca ad una possibilità, “il doveroso utilizzo della stessa costituisca garanzia minima di qualità delle prestazioni rese”. Entrambi i decreti hanno introdotto una formula di calcolo analogo, con parametri similari e una tabellina (5) di riferimento che specifica tutte le voci e sotto-voci che fanno riferimento alle tipologie di lavoro. Le voci che riguardano l’urbanistica non sono specificate come quelle che riguardano i lavori di architettura e ingegneria e questo porta ad una complicata applicazione. Non vi sono cioè sotto-voci per ogni tipologia di piano, non sono cioè richiamati le definizioni dei piani come da legge urbanistica, non vi è differenziazione tra le valutazioni (strategica, di incidenza o di impatto ambientale). Difficile anche collocare l’aspetto analitico, di solito molto dispendioso, né l’aspetto legato agli studi idraulici e geologici che stanno all’interno di un piano urbanistico. La mancanza di una dettagliata suddivisione tra le diverse tipologie

3

di lavori e di piani ha creato confusione nella sua applicazione e ha prodotto delle distorsioni nel calcolo del corrispettivo da mettere a base d’asta. Molto spesso la stazione appaltante prende solamente il parametro generico riferentesi alla generica voce “urbanistica e pianificazione” e tralascia di aggiungere i sotto-prodotti che fanno riferimento a tutti gli altri lavori che devono essere consegnati con il piano: la valutazione strategica e la vinca, il quadro conoscitivo, la compatibilità idraulica e geologica, eventuali studi archeologici o dei beni a monumentali vincolati, ecc. Il risultato di questa confusione è che al piano, e quindi ai professionisti, è richiesta una somma di elaborati assolutamente sproporzionati

La figura professionale Una considerazione deve essere fatta anche sulle figure professionali richieste per la gara per il partecipante capofila. Nella maggior parte dei casi la richiesta è ancora generica e, sostanzialmente, errata. Viene infatti citata genericamente la vecchia dizione “architetti e ingegneri” iscritti ai rispettivi ordini. Non viene tenuto in considerazione il fatto che dal 2001 (DPR 328) gli Ordini a seguito della riforma dei cicli universitari sono stati profondamente modificati introducendo le Sezioni ed i Settori. Le sezioni fanno riferimento al percorso formativo di tre o cinque anni. I settori alle differenziazioni dei percorsi formativi e al conseguente esame di stato differenziato. L’ordine degli architetti è stato modificato comprendendo altre tre figure professionali (pianificatori, paesaggisti, consrvatori). L’ordine degli ingegneri è stato suddiviso in tre settori (civile-ambientale, industriale, informazione), nessuna delle quali prevede la tematica urbanistica. La dizione esatta deve invece far riferimento al decreto ministeriale del 2001 che ha stabilito anche la differenziazione dell’esame di stato a seconda del settore di iscrizione e ha definito le “competenze” attribuite a ciascuna figura. La tematica urbanistica è attribuita, ovviamente, al pianificatore territoriale (7) iscritto alla sezione dei laureati quinquennali e al settore omonimo, cioè a coloro che hanno seguito un corso universitario specifico (urbanistica o pianificazione territoriale) e hanno superato il relativo esame di stato. Per architetti e ingegneri ante DPR è ancora possibile esercitare la professione di urbanista in quanto sono stati fatti salvi i cd “diritti acquisiti” ancorché mai specificati in alcun provvedimento statale precedente. La stessa argomentazione vale per la 113


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

stesura delle VAS. Il DPR esplicita chiaramente che la figura di riferimento principale o coordinatrice è rappresentata dal pianificatore territoriale (8).

Tab 1 - Gare per classe di importo, per anno e percentuale. Numero Gare per classe di importo per anno classe importo < 40.000 40000/100000 >100.000 Totale

n. € n. € n. € n. €

2015 1.022.285 2.145.102 1.966.226 5.133.613

39

% 50,0

30

38,5

9

11,5

78

100,0

%

2016 20

760.619

42

1.544.255

38

4.649.968

100

6.954.842

26

%

33,8

24

31,2

27

35,1

77

100,0

%

2017

11

642.824

22

1.953.668

67

2.432.493

100

5.028.985

24

% 38,1

25

39,7

14

22,2

63

100,0

%

2018 13

306.189

39

1.322.935

48

3.748.132

100

5.377.256

11

% 23,4

17

36,2

19

40,4

47

100,0

Numero Gare per classe di importo classe importo € < 40.000 40000/100000 >100.000 Totale

n. n. n. n.

2015 39 30 9 78

% 50,0 38,5 11,5 100

2016 26 24 27 77

% 33,8 31,2 35,1 100

2017 24 25 14 63

% 38,1 39,7 22,2 100

2018 11 17 19 47

% 23,4 36,2 40,4 100

TOTALE 015018 _v.a. 100 96 69 265

TOTALE 015018 _% 37,74 36,23 26,04 100,00

% 19,9 41,8 38,3 100

2016 760.619 1.544.255 4.649.968 6.954.842

% 10,9 22,2 66,9 100

2017 642.824 1.953.668 2.432.493 5.028.985

% 12,8 38,8 48,4 100

2018 306.189 1.322.935 3.748.132 5.377.256

% 5,7 24,6 69,7 100

TOTALE 015018 _v.a. 2.731.917 6.965.960 12.796.819 22.494.696

TOTALE 015018 _% 12,14 30,97 56,89 100,00

Gare per classe di importo, valore totale e % classe importo < 40.000 40000/100000 >100.000 Totale

€ € € €

114

2015 1.022.285 2.145.102 1.966.226 5.133.613

% 5,7 24,6 69,7 100,0


TUTTI GLI URBANISTI

3

I vincoli per gli investimenti comunali La contrazione degli investimenti comunali Nell’ultimo decennio si è assistito in Italia ad una significativa caduta degli investimenti comunali: in particolare, dal 2010 al 2017, questi si sono ridotti circa del 38%. Tale contrazione è apparsa diffusa a livello territoriale, con il raggiungimento del minimo storico nel 2017: rispetto al 2016 gli impegni sono diminuiti di un ulteriore 12%. Tra i fattori ritenuti responsabili di una simile dinamica, il principale sospettato è stato il Patto di stabilità interno, che ha inaugurato una stagione della finanza locale caratterizzata da austerità e conseguente irrigidimento dei bilanci dei comuni. Basti pensare che solo nel periodo che va dal 2010 al 2014 gli investimenti dei comuni sono calati del 24%. L’abbandono di tali regole a partire dal 2015, con il successivo passaggio nel 2016 al nuovo vincolo finanziario del Saldo finale di competenza, avrebbe dovuto produrre un allentamento delle regole, con un conseguente rilancio degli investimenti comunali. Tuttavia i primi dati non confermano ancora tali effetti auspicati: la riforma dell’impianto delle regole finanziarie non sembra infatti sufficiente ad ossigenare l’articolata filiera degli investimenti in capo ai comuni, che va dalla programmazione di un’opera, all’affidamento del cantiere, passando per i piani di finanziamento. Una volta abbandonato il Patto di stabilità interno, «la lentezza nella stabilizzazione di regole più espansive e la concomitanza di riforme impegnative, quali l’armonizzazione contabile e il

nuovo Codice degli appalti, hanno messo a nudo la più pesante eredità della grande crisi finanziaria e delle restrizioni da Patto: uffici tecnici e finanziari depauperati e privi di motivazioni, con portafogli progetti ridotti all’osso e margini finanziari minimi ed incerti». In particolare, rispetto all’applicazione del Codice degli appalti, ANCI ed ANCE avevano segnalato il rischio che una disciplina particolarmente articolata, derivante da numerosi provvedimenti attuativi di fonti diverse, non accompagnata da un sufficiente periodo transitorio e da azioni di assistenza e formazione del personale, avrebbe creato incertezze operative, rallentando la realizzazione delle opere pubbliche. Nonostante tali criticità, la prospettiva di un rilancio degli investimenti comunali per il 2018-2020 appare concreta. In tale direzione si è mossa la Legge di bilancio 2019, con l’abbandono dei vincoli di finanza pubblica consentendo il pieno utilizzo delle due principali leve finanziarie in grado di attivare le spese per investimento dei comuni: l’indebitamento e gli avanzi accumulati disponibili in bilancio. Stando agli unici dati finanziari ad oggi disponibili per il 2018 ed il primo bimestre 2019, riguardanti i pagamenti per gli investimenti fissi lordi dei comuni, si registra sul versante della cassa l’avvio tanto atteso di un cambio di passo nelle amministrazioni comunali. Nel confronto tra il quarto trimestre 2018/2017 gli investimenti del comparto crescono del +16%, così come la variazione tendenziale per il primo bimestre 2018/2019 raggiunge il +22%, una conferma incoraggiante nell’auspicio di un duraturo rilancio degli investimenti comunali.

Walter Tortorella, Giorgia Marinuzzi

Figura 1 - La dinamica degli impegni per gli investimenti fissi lordi nei comuni, 2010-2017 con indice 2010=100

115


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

Tab 1 - Mercato PPP dei comuni, bandi di gara pubblicati e incidenza sulle OO.PP., 2002-2017 (Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze, anni vari elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati infoppp.it, anni vari)

Il soccorso del partenariato pubblico privato Per i comuni italiani, spettatori di una riduzione dei propri spazi di manovra, il mercato del partenariato pubblico privato (PPP) si è configurato e continua a configurarsi come un’opportunità importante per sostenere il proprio fabbisogno di investimenti. Il PPP ha il vantaggio infatti di presentarsi come una possibilità di incontro tra interessi e risorse di soggetti pubblici e privati, che insieme amplificano le potenzialità di investimento, incentivano la qualità progettuale e facilitano l’individuazione delle opere prioritarie per cittadini e territori. In tale scenario è significativo proprio il ruolo dei comuni che, tra il 2002 ed il 2017, sono i primi committenti di bandi : su un totale di 31.865 bandi di gara PPP registrati a livello nazionale (si considerano tutti i committenti), l’81% dei bandi è in capo ad amministrazioni comunali . Il valore dei bandi PPP 2002-2017 dei comuni è pari a oltre 35 miliardi di euro, il 39% dell’intero mercato PPP (che vale 92,5 miliardi di euro). Tale percentuale ammonta al 32% nel caso delle concessioni di lavori e al 50% nel caso delle concessioni di servizi. Nell’intero periodo 2002-2017, 7 comuni su 10 sono stati committenti almeno una volta di un 116

bando PPP, riuscendo ad alimentare in media il 12,3% delle proprie opere pubbliche (OO.PP.) , e “coprendo” circa un terzo (31,4%) del valore di quest’ultime (Tabella 1). Nello specifico, è a partire dal 2010 che i bandi PPP hanno superato il 20% delle opere pubbliche, con un picco, pari al 28,1%, nel 2013. Sul fronte degli importi la situazione appare ancora più variabile nel tempo: si è passati dall’8,5% del 2002 a circa il 57% nell’anno 2017. Tali dati dimostrano come il PPP non sia più interpretabile come una modalità residuale di aggiudicazione delle opere pubbliche, bensì trovi uno spazio sempre più importante nelle scelte comunali, rappresentando nell’ultimo anno i due terzi del valore delle opere pubbliche messe a gara. Nonostante la vivacità di questo mercato potenziale e complementare per gli investimenti dei comuni, il PPP non è immune da problematiche di contesto e specifiche della partnership. Ad esempio ritardi, contenziosi e instabilità politica e programmatica possono incrementare i costi, rendere non più conveniente l’iniziativa, o determinarne addirittura il fallimento. Ulteriori criticità emergono nell’allocazione dei rischi tra partner pubblico e privato: operazioni di PPP costruite in modo poco accorto dalla PA possono risultare squilibrate a favore dei privati e svantaggiose per le amministrazioni. Di fatto il PPP è un ambito


TUTTI GLI URBANISTI

3

Figura 2 - Il personale in servizio delle amministrazioni comunali italiane, 2007-2017 (Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze, anni vari)

complesso e ad elevata specializzazione. Richiede professionalità “ad hoc” con la giusta esperienza, di cui a volte la PA non dispone o non dispone in misura sufficiente. Proprio recentemente, la Corte dei Conti europea, nella Relazione speciale 2018 “Partenariati pubblico-privato nell’UE: carenze diffuse e benefici limitati”, ha evidenziato le criticità connesse con il ricorso al mercato del PPP, ponendo l’accento sulle scarse capacità amministrative degli Stati membri e l’assenza di strategie specifiche a livello Paese per l’impiego dello strumento del PPP.

Il sistema delle competenze Che si tratti di un rilancio degli investimenti dei comuni attraverso l’allentamento di regole finanziarie o tramite il ricorso ad un mercato complementare (quello del PPP), si è evidenziato nei due precedenti paragrafi che persistono criticità nel sistema delle competenze che incagliano le tanto auspicate dinamiche di ripresa degli investimenti comunali. Basti pensare al «depauperamento delle capacità di progettazione interne, per effetto dei tagli intervenuti in particolare tra il 2011 e il 2015, alle complicazioni dovute all’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), ma anche alla lentezza delle fasi programmatorie e ai ritardi ulteriori generati dall’incidenza dei contenziosi» . Attraverso l’analisi dei dati del Conto Annuale forniti dall’Ispettorato Generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico (IGOP) del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è possibile studiare le dinamiche che hanno caratterizzato il personale comunale in

servizio, nonché la distribuzione dei lavoratori per area operativa, al fine di provare ad individuare eventuali carenze di organico negli uffici dedicati alla progettazione delle opere pubbliche. A livello complessivo è ormai nota la progressiva e sensibile contrazione del personale in servizio nelle amministrazioni comunali (Figura 2): se, infatti, nel 2007 ammontava a 479.233 unità, nel 2017 il valore si riduce a 383.432, con una variazione percentuale di periodo che si attesta al -20,0%. Le riduzioni percentuali più significative, pari al -3,2% e al -3,1%, sono quelle rilevate nel passaggio tra il 2011 ed il 2012 e tra il 2014 e il 2015: nel primo periodo, infatti, il personale comunale in servizio è diminuito, in valore assoluto, di oltre 14mila unità; nel secondo periodo di 13mila. Tale evidenza è la conseguenza di specifiche scelte del decisore pubblico, che ha agito nel corso degli ultimi anni su molteplici fronti, dai blocchi retributivi, alle misure di contenimento del numero di occupati (es. limitazione del turnover o blocco delle assunzioni da parte dei comuni per il ricollocamento dei dipendenti soprannumerari delle province). La presenza di blocchi occupazionali, soprattutto se protratti nel tempo, oltre a ridurre il numero di addetti nel comparto dei comuni, ha modificato profondamente la struttura della forza lavoro innalzando l’età media e l’anzianità di servizio del personale, con conseguenze dirette sull’adeguatezza in termini di qualificazione degli addetti e sulla capacità di sostenere nuovi impegni lavorativi. Le reiterate norme sul blocco del turnover hanno mortificato dunque le politiche di ricambio generazionale, l’autonomia organizzativa e la ricerca di nuove professionalità in grado di far fronte alle crescenti richieste di competenze indispensabili per l’operatività dei comuni, veri “enti di prossimità” nell’erogazione 117


III

COMPLEMENTI AL RAPPORTO DAL TERRITORIO 2019

dei servizi ai cittadini. A peggiorare il quadro appena descritto si aggiunge l’imposizione, da parte del legislatore, di vincoli alle spese per la formazione del personale comunale . Ne consegue una impossibilità da parte delle amministrazioni comunali di adeguare conoscenze e competenze del proprio organico alle esigenze determinate dalle nuove sfide che coinvolgono i comuni in quanto protagonisti dello sviluppo locale. Oltre a tale preoccupante riduzione e irrigidimento della forza lavoro, ciò che rileva ai fini del presente studio è la distribuzione del personale comunale per area operativa, con l’obiettivo di analizzare la consistenza e il trend di addetti negli uffici tecnici dedicati alla progettazione delle opere pubbliche. Attraverso le Relazioni allegate al Conto Annuale IGOP-MEF , disponibili soltanto per gli ultimi tre anni, è infatti possibile isolare il numero di individui associati alla funzione “pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale”, risalendo così al bacino di unità responsabili di seguire più direttamente la complessa filiera degli investimenti comunali. Le evidenze empiriche confermano i sospetti di una riduzione del personale comunale impegnato proprio nella pianificazione: si tratta del -9,2% tra il 2015 e il 2017, un tasso quasi doppio rispetto alla riduzione registrata per il complesso del personale comunale durante lo stesso arco temporale (-5,1%). Anche osservando la composizione percentuale del personale comunale per area operativa si osserva come gli individui in servizio negli uffici tecnici che si occupano di pianificazione, pur restando a far parte di una delle prime quattro categorie per numerosità di personale comunale,

sono passati dal 15,3% del totale nel 2015 al 14,2% nel 2017 (Figura 3). La riduzione del personale negli uffici tecnici insieme alle difficoltà di innescare processi di rinnovamento della forza lavoro e delle sue competenze (a causa dei limiti al turnover e alla spesa per la formazione) sono due fattori che generano preoccupazioni, tanto più se associati all’introduzione delle complesse regole e degli strumenti innovativi per la gestione degli investimenti comunali introdotti dal nuovo Codice degli Appalti. Un barlume di speranza proviene dalla Comunità europea, che prevede ingenti somme per la crescita delle competenze della pubblica amministrazione. Emblematico il caso italiano poiché, per il ciclo di programmazione 2014-2020 dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei, il nostro Paese è stato il primo Stato membro a sperimentare lo strumento strategico dei Piani di Rafforzamento Amministrativo, finalizzati a modernizzare la PA e soprattutto a «migliorare complessivamente le prestazioni delle amministrazioni pubbliche rafforzando stabilmente le capacità delle Amministrazioni nelle funzioni amministrative e tecniche cruciali per aumentare la qualità e l’efficacia delle politiche di investimento pubblico» . Affianco ai PRA, l’Italia ha previsto un Programma Operativo Nazionale denominato “Governance e capacità istituzionale” che, con una dotazione di circa 781 milioni di euro, si propone di finanziare azioni riguardanti «competenze, modalità organizzative e di offerta di servizi, metodi, e procedure, strumenti e soluzioni tecnologiche, forme di cooperazione istituzionale con l’obiettivo di andare verso una Pubblica Amministrazione più efficiente, efficace e vicina a territori, cittadini e imprese».

Figura 4 - Incidenza percentuale del personale comunale nelle prime 4 aree operative, 2015/2017 (Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze, anni vari)

118


TUTTI GLI URBANISTI

3

Note 1. La statistica più dettagliata è reperibile all’interno del rapporto elaborato dal Centro Studi della Camera, in collaborazione con ANAC e CRESME, “Il mercato dei contratti pubblici, Lavori Servizi Forniture 2012-2016”, maggio 2017. Sul mercato dell’urbanistica si veda “Mercato dell’urbanistica e professione dell’urbanista”, in d.Rallo, Divulgare l’urbanistica, Alinea ed. 2002. 2. Il codice CPV è un codice a 9 cifre che individua valido a livello europeo per gli appalti di forniture e servizi. I servizi attinenti alla architettura e all’urbanistica (con rispettiva denominazione inglese) sono i seguenti: 71356400-2 Servizi di pianificazione tecnica - Technical planning services 71400000-2 Servizi di urbanistica e architettura paesaggistica - Urban planning and landscape architectural services • 71410000-5 Servizi di urbanistica - Urban planning services • 71420000-8 Servizi di architettura paesaggistica Landscape architectural services Come si vede i CPV sono nella versione europea molto dettagliati. Non sempre però nei Bandi viene identificato o utilizzato l’esatto codice di riferimento. La modifica al Codice Appalti del 2017 ha inoltre introdotto all’art.3 la seguente definizione: “vvvv) “servizi di architettura e ingegneria e altri servizi tecnici”, i servizi riservati ad operatori economici esercenti una professione regolamentata ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2005/36/CE.” In questo modo si continua a perpetuare la confusione tra materie e professioni diverse. 3. Il monitoraggio è stato effettuato dallo Studio MATE engineering che ha uno staff specifico che si occupa di gare e produce una News settimanale, ad uso interno, di segnalazione ed evidenziazione delle stesse. 4. ANAC, Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria (Delibera n.973 del 14.9.2016). 5. Tabella Z del DM 17.6.2016 6. Su questo tema si veda il convegno promosso da AssUrb “Le tariffe professionali nella pianificazione territoriale”, VeneziaMestre 29.11.2018 in sito assurb.it. Altri interventi negli articoli a cura di AssUrb in Urbanistica Informazioni ora raccolti in (a cura di Giuseppe De Luca, Daniele Rallo) Cosa pensano gli urbanisti 2006-2016. INU Edizioni, 2018. 7. Sulla figura professionale dell’urbanista si veda la post-fazione di Patrizia Gabellini, La lunga strada degli urbanisti, in Cosa pensano gli urbanisti cit. 8. Sul tema cfr. D. Rallo, L.Rampado, Urbanisti e “riserve”, in Urbanistica Informazioni, n.254-255 (2014), e anche G. De Luca, D. Rallo, Chi è abilitato a coordinare la VAS?, in Urbanistica Informazioni, n.238 (2011).

119


BOX I COMUNI DELLA STRATEGIA NAZIONALE “AREE INTERNE” (SNAI) La strategia nazionale per le “aree interne” (SNAI)1, indicata dal Governo proponente come progetto cardine nel Piano nazionale di Riforma (PNR)2, e poi passata al vaglio di quattro governi successivi, interviene su un problema molto avvertito dal mondo delle autonomie territoriali italiane: lo spopolamento progressivo e\o abbandono di molti comuni “interni”, caratterizzati per lo più da piccole dimensioni demografiche e\o dall’essere collocati in montagna, comunque da una condizione di sofferenza per i gravi disagi e le difficoltà di collegamento con i distanti centri urbani, poli di erogazione dei servizi fondamentali di cittadinanza (sanità, istruzione, mobilità). A ben guardare, sulle “aree interne” del Paese, come autorevolmente argomentato, si gioca la sfida più importante per attuare il principio di uguaglianza sostanziale consacrato nella nostra Costituzione3. Investimenti significati sono stati canalizzati in questi comuni, sia con le risorse nazionali sia con quelle disponibili da vari programmi comunitari, per finanziare interventi che potenziano l’offerta scolastica, migliorano la ri-organizzazione dei servizi sanitari, ammodernano la rete dei collegamenti, materiali e immateriali. In particolare, con le risorse regionali dei POR e di PSR sono state sostenute iniziative imprenditoriali nel campo dell’agricoltura, dell’uso delle terre pubbliche, del turismo sostenibile, della valorizzazione paesaggistica e culturale, dell’artigianato. Scopo della strategia è invertire il trend demografico negativo e sostenere crescita economica ed occupazionale. Serviranno, certo, altri investimenti, per fermare il dissesto idrogeologico, tutelare la montagna, dotare il territorio di infrastrutture viarie, ferroviarie e digitali; il pregio della strategia risiede, tuttavia, nell’innovativa metodologia di programmazione e progettazione locale adottata, grazie alla quale sarà forse possibile in futuro far convergere intenzionalmente verso questi comuni altre azioni e risorse (comunitarie, nazionali e regionali) per coprire i fabbisogni generali di intervento.

Il profilo dei comuni delle “aree interne”. Al momento i cui è stata definita la Strategia, i Comuni interessati erano 4.261 (di cui 1.874 appartenenti alla tipologia “periferici” o “ultra-periferici”), classificati secondo la metodologia descritta nell’Accordo di partenariato 2014-20204. Essi rappresentavano il 52,7% dei Comuni italiani (Tab.1) Si trattava dunque di quasi un quarto di popolazione, che viveva in circa tre quinti del territorio nazionale. Oltre 13 milioni e mezzo di abitanti, il 22,8% della popolazione nazionale, risultava risiedere infatti in un comuni interni, per una superficie coperta pari a 183.959 kmq, il 61,0% della superficie totale del paese (IFEL, 2015). Il 70,2% dei comuni di “aree interne” aveva una popolazione inferiore a 2.000 unità, mentre oltre la metà (51,4%) si collocava nella fascia tra i 2.000 e i 4.999 residenti (IFEL, 2015). In dieci anni, dal 2001 al 2011, la popolazione residente nei comuni delle “aree interne” era cresciuta circa la metà (il 2,2%) rispetto ai centri (4,9%) e alla media dei comuni italiani (4,3%) (IFEL 2015). Analogamente anche la densità abitativa nei comuni di aree interne, pari a 73,6 abitanti per kmq, era oltre cinque volte inferiore rispetto a quella dei comuni classificati come centri (391,0 abitanti per kmq) e circa tre volte meno di quella italiana (197,2 ab./kmq) (IFEL 2015) Nel 2016, rispetto ai 4.261 comuni classificati come “aree interne” risultavano selezionate 68 aree destinatarie degli interventi. Nel corso del 2017, sono state aggiunte altre quattro aree, tre localizzate in Puglia e una in Abruzzo, l’area Alto Aterno-Gran Sasso Laga, interessate agli eventi sismici e naturali intercorsi tra il 2016 e il 2017 non precedentemente considerate da SNAI. Le complessive 72 aree “pilota” ad oggi selezionate sono composte da 1.077 comuni per 2.072.718 abitanti (dato al 2016) e un territorio totale di 51.366 kmq.

Tab.1 - Classificazione dei Comuni delle arre interne, secondo la metodo AdP 2014-2020 Fonte: IFEL, I Comuni della strategia nazionale aree interne, Prima edizione - 2015

120


BOX Ogni area, in media, è abitata da 29.400 persone e formata da 15 comuni. Nelle aree selezionate, nel corso dell’ultimo intervallo censuario, si è registrato un calo demografico pari a -4,4%, confermato anche nell’intervallo 2011-2016 con una diminuzione del -2,3%. Per l’Italia negli stessi periodi vi è stato un incremento pari a 4,3% (2001-2011) e del 2,1% (2011-2016). Dei 1.077 comuni il 57,7% è classificato come periferico ed ultra-periferico Il ruolo dei Comuni in SNAI Secondo quanto indicato dall’Accordo di Partenariato 2014-2020 -all’interno del quale la SNAI è stata disegnataper contrastare e invertire il fenomeno dello spopolamento nei Comuni classificati come “aree interne” è necessario “agire attraverso progetti di sviluppo locale (…), integrati da un intervento nazionale per assicurare alle comunità coinvolte condizioni di fruizione dei servizi essenziali (istruzione, salute, mobilità ndr) adeguate all’obiettivo di mantenere ovvero di attrarre, in questi territori, una popolazione di dimensioni adeguate all’obiettivo di tenuta del presidio del territorio e con una struttura demografica equilibrata”5. I Comuni, pertanto, “costituiscono l’unità di base del processo di decisione politica e in forma di aggregazione di comuni contigui –sistemi locali intercomunali- sono partner privilegiati per la definizione della strategia di sviluppo d’area e per la realizzazione dei progetti di sviluppo”. Per quanto di competenza, le amministrazioni locali dovevano concorrere a realizzare, insieme alla Regione e alle amministrazioni centrali responsabili di settore, un livello ottimale dei servizi essenziali di cittadinanza considerati come presupposto indispensabile di ogni strategia di sviluppo; sicché, se tali livelli qualitativi di servizio non fossero stati assicurati, nessun intervento di sviluppo territoriale sarebbe stato mai efficace. Quanto ai comuni partecipanti ad ogni area progetto, essi dovevano realizzare forme appropriate di gestione associata di funzioni (fondamentali) e servizi (nelle forme previste dall’ordinamento: convenzione, unioni o fusioni) che fossero “funzionali al raggiungimento dei risultati di lungo periodo degli interventi collegati alla strategia e tali da allineare pienamente la loro azione ordinaria con i progetti di sviluppo locali finanziati”. La gestione in forma associata di funzioni (fondamentali) e di servizi è stata assunta, quindi, quale spia dell’esistenza di quella maggiore capacità di progettazione e attuazione di un’azione collettiva di sviluppo locale, così come richiesta dalla strategia nazionale “aree interne”, in discontinuità con tutta la progettazione territoriale sperimentata in Italia con la politica di coesione. La forma associativa, inoltre, assumeva il carattere di prerequisito cui Comuni dovevano volontariamente assolve per partecipare al percorso strategico6.

Secondo la Relazione annuale al CIPE sulla strategia nazionale delle aree interne7, presentata nel gennaio 2018 dal Ministro della Coesione territoriale pro-tempore in carica, a dicembre 2017, delle 22 aree prototipo (sono le prime aree che hanno avviato il percorso strategico), 18 hanno formalmente assolto il requisito associativo mentre 4 hanno completato il percorso ma devono ancora definire restano i provvedimenti amministrativi correlati. (Grafici 1-2) Nella Relazione citata uno specifico focus ha riguardato il personale a tempo indeterminato dei Comuni ricadenti nelle aree interne, attraverso una rielaborazione degli ultimi dati disponibili nella banca dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato (MEF - RGS) (Conto Annuale, 2015). Per i singoli Comuni sono state esplorate le dimensioni relative a “Occupazione” (personale a tempo indeterminato per categoria professionale), alle “Fasce di età” (personale

Grafico 1 - Requisito associativo a dicembre 2017 Fonte: Relazione sulla strategia nazionale delle aree interne, 2018

Grafico 2 - Principali funzioni e servizi associate dai Comuni di aree interne a dicembre 2017 Fonte: Relazione sulla strategia nazionale delle aree interne, 2018

121


BOX per fascia di età di appartenenza) e al “Titolo di studio” (personale per ultimo titolo di studio conseguito) (Tab. 2). Analizzando i dati sul personale delle aree interne rispetto a quello nazionale si evidenzia un sovradimensionamento del personale a tempo indeterminato di categoria A e B, e un sottodimensionamento di quello appartenente alle categorie C e D. Nelle aree interne, pertanto, si registra una carenza di personale di tipo direzionale (seppur con una differenza minima relativamente alla categoria D) e una prevalenza di personale con ruoli di carattere esecutivo-operativo. Per quanto riguarda la distribuzione per classi di età del personale, nelle aree interne oltre il 50% è compreso nelle classi di età più elevate “55/59 anni” e “60 e oltre”, con uno scostamento più alto di circa 8 punti percentuali rispetto al dato nazionale.

La distribuzione del titolo di studio del personale rispecchia invece la distribuzione nazionale solo per quanto riguarda i diplomati, mentre per quanto attiene coloro i quali hanno terminato la scuola dell’obbligo o conseguito un titolo di laurea/post-laurea si rilevano rispettivamente percentuali più alte e percentuali più basse rispetto a quelle nazionali. In questo quadro, conclude relazione, l’impatto normativo del reiterato blocco/limitazione del tunover, oltre a produrre un’ulteriore contrazione del personale e un innalzamento dell’età media, rende pressoché impossibile qualsiasi prospettiva di ricambio/integrazione del personale e di ricerca di nuove professionalità, con conseguente diminuzione della capacità operativa delle amministrazioni comunali coinvolte nella strategia.

Tab. 2 - Caratteristiche del personale a tempo indeterminato dei Comuni di aree interne Fonte: Relazione sulla strategia nazionale delle aree interne, 2018

122

Francesco Monaco8


BOX Note 1

Per la metodologia utilizzata nell’individuazione delle aree, le procedure di selezione adottate, l’impianto dell’azione territoriale, lo stato di attuazione di SNAI si consulti il sito: http://www.agenziacoesione.gov.it/it/arint/ index.html. In particolare, per una visione più generale della strategia, è consigliata la lettura dell’approfondimento pubblicato nella serie Materiali UVAL (anno 2014) in http://www.agenziacoesione.gov.it/opencms/export/sites/ dps/it/documentazione/servizi/materiali_uval/Documenti/ MUVAL_31_Aree_interne.pdf 2 http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/csr2014/ nrpp12014_italy_it.pdf 3 L’assunto è argomentato da Fabrizio Barca in Lezione Gorrieri 2015, pubblicata sul sito: http:// www.fondazionegorrieri.it/images/pdf/Lettura2015_ FabrizioBarca.pdf 4 Adottato con Decisione di esecuzione della Commissione UE 29.10.2014 C(2014) 8021 e recepito dal CIPE in data 29 ottobre 2014 5 Il testo dell’Accordo è consultabile integralmente in http://www.agenziacoesione.gov.it/it/AccordoPartenariato/ 6 In particolare, il livello minimo richiesto per soddisfare suddetto requisito istituzionale della strategia era la gestione associata di almeno due funzioni comunali fra quelle indicate dall’art. 19, comma 1, DL n.95/2012 convertito in Legge 135\2012 7 http://www.agenziacoesione.gov.it/it/arint/ 8 E’ responsabile tecnico della Politica di coesione territoriale in ANCI e membro del Comitato nazionale “aree interne”. Le opinioni espresse dall’autore non impegnano l’istituzione di appartenenza.

123


120


APPENDICE

121


122




XXX CONGRESSO DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI URBANISTICA DOCUMENTO CONGRESSUALE

Governare la frammentazione

1. IL MONDO NEL QUALE VIVIAMO ................................................................................ 4 1.1 Ambiente e società ..................................................................................................... 4 1.2 Urbanistica, politiche e istituzioni ............................................................................. 7 1.3 Dal XXIX al XXX Congresso dell'INU ....................................................................... 9 2. UN PATTO PER L'URBANISTICA ITALIANA............................................................... 11 3. CINQUE PAROLE PER CINQUE CAMPI DI AZIONE ................................................. 14 3.1 Garantire .............................................................................................................. 144 3.2 Qualificare .............................................................................................................. 14 3.3 Attualizzare............................................................................................................. 15 3.4 Differenziare ........................................................................................................... 16 3.5 Democratizzare ....................................................................................................... 16

approvato dal Consiglio Direttivo Nazionale dell'INU del 22-23 Febbraio 2019


XXX CONGRESSO DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI URBANISTICA DOCUMENTO CONGRESSUALE Garantire Tutta la nostra storia recente può essere compresa attraverso le lenti dell'urbanizzazione. Le rivoluzioni in Medio Oriente sono avenute nelle città, non nei villaggi; c'è bisogno di una massa critica di persone che si raduni nelle piazze. Suketu Mehta, «La vita segreta delle città», 2016

Qualificare Affinché le migrazioni del futuro possano essere davvero ordinate, sicure, regolari e responsabili, servono un pensiero politico che studi e contrasti stereotipi e pregiudizi e un'azione politica in grado di prendere decisioni oggi i cui effetti (probabili, non sicuri) potranno essere apprezzati dalle generazioni a venire. Proprio come per il riscaldamento climatico. Non è certo con la facile rincorsa al consenso di breve periodo né con le emozioni estemporanee che si potrà affrontare una realtà umana che sta evolvendo da due milioni di anni. La virtù necessaria in questa impresa è anche una delle più scarse al momento: la lungimiranza. Verso il passato e verso il futuro. Valerio Calzolaio, Telmo Pievani, «Libertà di migrare», 2016

Attualizzare …la scienza, prima di essere esperimenti, misure, matematica, deduzioni rigorose È soprattutto visioni. La scienza è innanzitutto visionaria. Il pensiero scientifico si nutre della capacità di «vedere» le cose in modo diverso da come le vedevamo prima. Carlo Rovelli, «Sette brevi lezioni di fisica», 2014

Differenziare E' possibile che rancore e sfiducia vengano dal sentimento inconsapevole che, con la crisi dei partiti prima, dell'economia poi, si è conclusa un'intera fase della nostra esistenza; che nella nostra storia s'è aperta un'enorme frattura che ha inghiottito il recente passato, quello pieno di vitalità dell'avanzamento sociale, del sistema sanitario, dello statuto dei lavoratori, delle conquiste civili e di libertà quali il divorzio e l'aborto, di una certa equità ormai compromessa da macroscopiche ingiustizie che a loro volta hanno creato fortissime tensioni sociali. Quando le ingiustizie crescono in modo eccessivo le società tendono a spaccarsi o a languire. Corrado Augias, «Questa nostra Italia», 2017

Democratizzare … Poiché dobbiamo agire rapidamente, ma dobbiamo anche far uscire l’Europa dall’attuale impasse tecnocratica, proponiamo la creazione di un’Assemblea europea ... Questa Assemblea europea può essere creata senza modificare i trattati europei esistenti. Manon Bouju, Lucas Chancel, Anne-Laure Delatte, Stéphanie Hennette, Thomas Piketty, Guillaume Sacriste et Antoine Vauchez, «Manifesto per la democratizzazione dell'Europa», 2018

Governare la frammentazione Gli ultimi trent’anni hanno costituito un meraviglioso punto di partenza, una base solida su cui poter costruire davvero in grande, ma quello che verrà sarà differente, oltre e di più. Ciò che verrà creato diventerà costantemente e senza posa qualcos’altro, mentre le invenzioni migliori saranno ancora da ideare. L’oggi è davvero senza confini, in esso siamo tutti in divenire. È realmente il momento migliore nella storia dell’uomo per iniziare. Non siamo in ritardo. Kevin Kelly, «L’inevitabile», 2018


1. IL MONDO NEL QUALE VIVIAMO 1.1 Ambiente e società Nell'attuale, turbolento, momento storico, un terzo dei Paesi ha recinzioni di diverse tipologie lungo i suoi confini, 1 sono oltre 6000 i chilometri di barriere innalzati nel mondo negli ultimi dieci anni. 2 Accelera il rapido mutamento delle condizioni climatiche, percepito come la minaccia mondiale più temibile insieme al terrorismo; si rende incerto lo sguardo al futuro 3 e, in esso, il progetto degli spazi nei quali viviamo è obbligato a fare i conti con l'ambiente. Quasi 80mila ettari di foresta sono stati distrutti nel 2018 e più di 100mila ettari di terra coltivata sono stati erosi, 182mila ettari di suolo sono stati desertificati e sono state emesse oltre 600mila tonnellate di CO2; delle oltre 200mila megawattore di energia consumate giornalmente quasi 180mila vengono da fonti non rinnovabili. Le anomalie climatiche del 2017, 4 che hanno compreso l'intensificazione delle condizioni di siccità riscontrate nel 2016, 5 l'hanno reso, a livello globale, il terzo anno più caldo, sia della serie di temperature medie annuali su terraferma, sia di quella su continenti e oceani insieme, con il 2015 e il 2016. 6 Oggi, la popolazione mondiale è pari a 7.5 miliardi. 7 I fenomeni migratori associati a condizioni di insostenibilità fisica e sociale aumentano. “Entro il 2050, 200 milioni di persone potrebbero diventare in modo permanente profughi ambientali. ” 8 Se pur 1 http://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/06/26/lera-dei-muri-dividono-mondo-le-nuovefrontiere-della-globalizzazione/?refresh_ce=1 2 Tim Marshall, I muri che dividono il mondo, Garzanti, 2018 3 La propensione a guardare al futuro in chiave ottimistica varia in maniera sensibile in base alla ripartizione di residenza, il Nord supera di 4,7 punti percentuali il Mezzogiorno, con un divario in crescita rispetto all’anno precedente. Gli uomini sono sensibilmente più ottimisti delle donne (rispettivamente 29,1% e 25,5%). ISTAT, BES Rapporto 2018 4 Tra i 30 anni più caldi dal 1800 a oggi, 25 sono successivi al 1990. L’eccezionalità del 2018 non ha interessato solo l’Italia, il 2018 è risultato il più caldo da quando sono disponibili osservazioni anche per Francia, Svizzera, Germania e Austria. http://www.isac.cnr.it/it/content/2018-anno-pi%C3%B9-caldodal-1800-litalia 5 Il 2017 è stato un anno caratterizzato da intense anomalie climatiche. Le più rilevanti ed estese sono state l’intensa siccità, che ha interessato in particolare le regioni centro-settentrionali fino all’inizio del mese di settembre, e le intense ondate di calore estive, che hanno portato anche a valori record della temperatura massima. Nel corso dell’anno si sono altresì sviluppati numerosi eventi convettivi, localmente violenti, sia nell’interno che lungo le coste. Le notevoli intensità di precipitazione sono state causa di improvvise alluvioni e di colate detritiche, queste ultime anche in concomitanza con temperature elevate in alta quota o con eventi geofisici come la sequenza sismica che ha interessato l’Italia centrale. ISPRA, Rapporto Clima, 2017 6 La temperatura media globale della Terra ha reso il 2017 il terzo anno più caldo nei 138 anni in cui la National oceani and Atmospheric administration Usa (Noaa) ha raccolto dati sul clima. L’anno più caldo mai registrato rimane il 2016, seguito dal 2015. 7 “[...] nell'ultimo quarto di secolo la popolazione migrante del mondo è raddoppiata. Oggi duecentocinquanta milioni di persone vivono in un paese diverso da quello in cui sono nate: un essere umano su ventotto. Se i migranti fossero una nazione, sarebbero il quinto paese più popoloso del mondo. E non è che l'inizio: guerre, diseguaglianze, e cambiamenti climatici faranno della migrazione di masssa il fenomeno umano più significativo del XXI secolo.“ Suketu Mehta, La vita segreta delle città, 2016 8 Valerio Calzolaio, Telmo Pievani, Libertà di migrare, Einaudi, 2016, pag. 104


proiettata al suo raddoppio in circa 40 anni, la popolazione mondiale ha rallentato il ritmo di crescita. Più della metà della popolazione mondiale vive in città. Il 40% della popolazione europea vive in città di dimensione media (tra 100.000 e 500.000 abitanti, bacino d’utenza inferiore a 1,5 milioni di persone, almeno un’università). Entro il 2050, due individui su tre vivranno in ambito urbano, incrementando al contempo la domanda di servizi pubblici e la necessità di una pianificazione sostenibile per far fronte alla riduzione della produzione agricola e al bisogno di cibo, all’erosione delle risorse naturali, all'inquinamento dell'aria e delle acque e allo smaltimento dei rifiuti. 9 In Italia la popolazione ha superato la soglia dei 60 milioni, portandoci al quarto posto fra i Paesi europei. I giovani sono poco più del 13%. L'indice di invecchiamento è variabile nel Paese, ma siamo giunti al primo posto in Europa. 10 Da oltre un decennio le nascite calano. Aumentano i cittadini stranieri, provenienti dai Paesi dell'Est Europa e da Paesi asiatici e africani. La mobilità sul territorio nazionale conferma la migrazione dal sud verso il nord e per quasi la metà riguarda persone in età compresa tra i 15 e i 39 anni. Se i giovani si muovono verso le principali aree urbane centro-settentrionali, i più anziani scelgono le città medie. 11 Aumentano i rischi di esclusione sociale e di povertà (+ 30% dal 2016 al 2017), 12 la produzione di rifiuti, i reati ambientali, 13 l'inquinamento atmosferico. 14 Disastri, frane, inondazioni hanno caratterizzato drammaticamente il 2018. 15 Le aree a elevata criticità idrogeologica 16 rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei comuni; le aree a elevato rischio sismico sono più del 50% del territorio nazionale e interessano il 38% dei comuni. 17 Dal confronto tra il 2017 e il 2015, emerge un incremento del 6,2% delle classi a pericolosità elevata e molto elevata; gli incrementi più significativi della superficie classificata a pericolosità elevata e molto 2018 Revision of World Urbanization Prospects In Italia ci sono 165,3 anziani ogni cento giovani e 55,8 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa (1° gennaio 2017). L’Italia supera la Germania e va al primo posto in Europa nella graduatoria decrescente per indice di vecchiaia. ISTAT, Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, http://noi-italia.istat.it/ 11 https://www.istat.it/it/archivio/224943 12 https://www.istat.it/it/archivio/224682 13 Nel 2016, la maggior parte delle violazioni contestate riguarda la gestione dei rifiuti (8.792 procedimenti) e delle acque reflue (1.636); sono invece 170 i procedimenti per il trasporto non autorizzato di rifiuti e 164 quelli per il traffico organizzato dei rifiuti. Nel 2017 gli incendi hanno coinvolto una superficie forestale di 162 mila ettari, pari al 5,4 per mille del territorio nazionale: il valore più alto dopo il 2007, superiore di 2,5 volte a quello dell’anno precedente. L’impatto maggiore si è avuto in Calabria (21,1 per mille del territorio regionale), Campania, Sicilia e Lazio (tra 11 e 15 per mille). Il fenomeno risente, nella sua variabilità, delle condizioni meteo-climatiche, ma manifesta anche evidenti difficoltà nella gestione del patrimonio forestale.8 14 Nel 2017 si stima che le emissioni di CO2 e altri gas climalteranti, responsabili dell’effetto serra, siano pari a 7,2 tonnellate pro capite19, come nell’anno precedente. ISTAT, 2018 15 http://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/12/30/2018-inquinamento-alluvioni-meteo-lanno-deidisastri/ 16 Nel 2017, secondo le stime dell’Ispra, il 2,2% della popolazione italiana è esposta al rischio di frane e il 10,4% è esposta al rischio di alluvioni. Le aree a pericolosità da frana elevata o molto elevata coprono una superficie di oltre 25 mila km2, pari all’8,4% del territorio nazionale: all’incirca la stessa estensione delle aree a pericolosità idraulica media, più popolate perché in pianura. 17 http://www.cresme.it/it/studi-e-ricerche/57/rapporto-sullo-stato-del-rischio-del-territorioitaliano.aspx 9

10


elevata hanno riguardato il bacino del fiume Tevere, la regione Sardegna, il bacino dell’Arno, i bacini della Calabria, delle Marche, dell’Abruzzo, il bacino del Po in Lombardia, la provincia di Bolzano. 18 Si registra una sensibilità in aumento rispetto alle questioni ambientali e la preoccupazione per il deterioramento del paesaggio è un dato stabile (15,1%). 19 Se nel nostro Paese pare persistere una "vocazione alla bellezza" (Corrado Augias, 2017), ereditata forse da quella capacità di creare "una ricchezza, che non si trasformò in potenza, ma si trasfigurò in bellezza" (Giorgio Ruffolo, 2008), nel 2016 la spesa per i servizi culturali, inclusi tutela e valorizzazione del patrimonio, è stata dello 0,31% del Pil, meno dell’anno precedente e al disotto della media Ue, anch’essa in calo (0,43%). Nonostante il consumo di suolo e la frammentazione ecologica che ne consegue, il territorio italiano è coperto da aree protette per oltre il 20% di estensione. Ogni italiano dispone di oltre 30 mq. di verde pubblico, 20 il patrimonio di verde storico (giardini, parchi) ammonta ad oltre 74 milioni di mq. (1,9 ogni 100 di superficie urbanizzata). Lo stock edilizio disponibile è ingente: più di 30 milioni di abitazioni. Quasi l'80% è occupato da residenti. In Italia nel 2016 il valore dello stock di attività non finanziarie possedute dall'insieme dei settori istituzionali in Italia è pari a 9.561 miliardi di euro e l'84%, è costituto da immobili, abitazioni in primis; le famiglie detengono oltre il 90% del valore del patrimonio residenziale complessivo. Agli alloggi realizzati, spesso rimasti invenduti, si dovrebbero aggiungere quelli previsti dai permessi di costruire ritirati e quelli derivanti da aspettative edificatorie dormienti nelle previsioni di piani sovradimensionati, elaborati nei periodi di forte espansione residenziale. 21 Più del 50% delle abitazioni ha oltre 40 anni, un ulteriore 30% è stato costruito fra il 1970 e il 1990. Cresce l'utilizzo come abitazione di ambienti non idonei (capanne, garage, camper), espressione del disagio sociale. Aumentano i nuclei familiari non riconducibili al modello tradizionale. La domanda di “casa" è emergente e articolata. 22

ISPRA, Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia, 2018 L’insoddisfazione per la qualità del paesaggio è più diffusa nelle grandi aree urbane: 34,8% nei centri metropolitani e 24,8% negli altri comuni con più di 50 mila abitanti, mentre non raggiunge il 15% nei centri fino a 10 mila abitanti. Il disagio, inoltre, è maggiormente riportato dalle persone tra 25 e 34 anni (24,8%) e, nell’ultimo anno, diminuisce nelle classi di età più giovani. ISTAT, BES Rapporto 2018, pag. 124 20 La distribuzione delle aree verdi fra i 109 comuni capoluogo, tuttavia, non è uniforme: il 50% delle superfici si concentra in 11 città, mentre due città su tre presentano valori inferiori alla media Italia e una su dieci non raggiunge la dotazione minima di 9 mq. per abitante prevista dalla legge. Nel confronto territoriale conviene, pertanto, riferirsi ai valori mediani, che sono di 26,1 m2 per abitante nelle città del Nord, 22,2 in quelle del Centro e 15,7 in quelle del Mezzogiorno. ISTAT, BES Rapporto 2018, pag. 138 21 Simone Ombuen, Sistemi insediativi, popolazioni, piani, Rapporto dal Territorio, Inu Edizioni, 2016 22 “Con le famiglie, si pluralizzano e mutano anche i bisogni e i criteri con cui valutare l'adeguatezza delle soluzioni abitative (qualità, tempi e modalità di accesso, compatibilità con i sistemi delle risorse familiari e altro ancora).“ Laura Fregolent e Rossana Torri, Conclusioni, in L'Italia senza casa, a cura di Laura Fregolent, Rossana Torri, Franco Angeli, 2017, pag. 93 18 19


1.2 Urbanistica, politiche e istituzioni La dispersione insediativa e la ricerca di condizioni di vita e di lavoro soddisfacenti, un comportamento individuale sempre più autonomo nell'organizzare i propri spazi e rappresentare la città, la crescita delle diverse forme di condivisione di conoscenze e servizi, fino alla produzione di nuove economie legate allo scambio sostenuto dalla tecnologia avanzata, che contrasta ogni criticità correlata alla fisicità dei luoghi, configurano una trama reticolare, alla quale non corrispondono le geografie amministrative e neanche gli strumenti di pianificazione disponibili. Le une e gli altri, peraltro, appartengono a un tempo, a un'organizzazione sociale e politica, a forme e modalità insediative che sono alle nostre spalle. Ordine/disordine, regole/necessità, stabilità/precarietà, mettono in tensione l'urbanistica e richiamano ai compiti della politica, dell'amministrazione e della tecnica, per un'esigenza irrinunciabile di governare le trasformazioni, a difesa dei più deboli e a garanzia dell'accesso alle opportunità. Se a offrire gli strumenti è ancora la pianificazione, le scelte sono politiche e le modalità per agire attengono alla sfera del governo pubblico. 23 Oggi, ogni livello di governo è colpito dalla crisi di democrazia che investe l'Europa, a partire dalla tenace ostilità verso l'Unione, un sordo rancore che si consolida ogni volta che si misura con la distanza fra individui e apparati organizzati per emanare regole e controllarne il rispetto. La sfiducia nelle istituzioni acuisce l'insofferenza per la burocrazia, in tutte le sue manifestazioni. 24 La possibilità di portare a compimento gli intenti di riforma degli assetti istituzionali si scontra con problemi che attengono alle forme di governo, ai sistemi elettorali, ai compiti, le responsabilità e i poteri dei diversi organi, alla trama intricata di competenze, strumenti, livelli e soggetti. Non si può non considerare che l'Italia non ha una politica stabile per le sue risorse più preziose (le città, il paesaggio, i beni ambientali e culturali), né per le infrastrutture della convivenza (mobilità, casa, istruzione), né, infine, uno scenario legislativo che renda patrimonio comune su tutto il territorio nazionale i princìpi necessari per dare respiro all’azione locale (e renderla meno ristretta ed esposta alle aggregazioni di interesse), per conferire unitarietà e coerenza, nelle differenze di contesto, alle politiche regionali.

"E' solo presunzione pensare che le regole possono in maniera puntuale guidare i cambiamenti dettati da necessità. Si dà per scontata l'esistenza di un insieme di regole che indicano i modi di organizzare la città (il piano o qualsiasi strumento assimilabile) al fine di permettere un funzionamento efficiente ed efficae, con sodddsfazione di tutti o preferendo alcuni (questa è una variabile della politica). Ma va sottolineato che la loro aplicazione è una manifestazione della politica o, se si preferisce, una modalità di governo. E' fuorviante credere che la sola esistenza di 'buone regole' possa garantire un'organizzazione dello spazio coerente. In sostanza, l'ordine urbano è sotoposto a continua tensione, fino a essere manomesso, per effetto dei processi in atto nella società: nuove iniziative, nuove tecnologie, nuovi stili di vita, nuovi consumi, nuovi valori culturali, ecc.", Francesco Indovina, Ordine e disordine nella dinamica urbana, ECOSCIENZA, n. 5, anno 2017, pp. 54-55 24 "La burocrazia non piace a nessuno. Eppure, in un modo o nell’altro, sembra che ce ne sia sempre di più. Ne vediamo gli effetti in ogni aspetto della nostra vita. La burocrazia è diventata l'acqua in cui nuotiamo: ci riempie le giornate con le sue scartoffie e con i suoi moduli sempre più lunghi e complicati." David Graeber, L'utopia delle regole, INTERNAZIONALE, n. 1104/2015, pag. 42 e seg. 23


Queste condizioni si riverberano nel governo del territorio, sul quale pesa l'assenza di politiche nazionali e della riforma urbanistica nazionale, in grado di guidare l'azione pubblica, pur nell'esercizio a ogni livello di una propria definita competenza, coerentemente nei diversi contesti territoriali e nella interazione tra locale e nazionale. Affrontare il governo del territorio, dunque, comporta farsi carico di aspetti che riguardano cooperazione, democrazia, partecipazione. Peraltro, non si può prescindere dalla qualità degli ambienti urbani e territoriali in cui collocare politiche attive. Questo assunto ha portato l'Istituto Nazionale di Urbanistica a sostenere, per decenni, la necessità di una legge quadro urbanistica nazionale. L’esigenza dell'aggiornamento si pone non solo per il sistema riconducibile alla legge urbanistica fondamentale del 1942, ma anche, in parte, per il sistema che negli anni ’90 del Novecento è stato elaborato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, recepito da diverse Regioni nelle proprie leggi, in assenza di politiche nazionali integrate per i settori dell'ambiente e del paesaggio, delle città e delle infrastrutture. Il regionalismo della disciplina urbanistica e un assetto istituzionale da riformare compiutamente rendono poco praticabile l’approvazione da parte dello Stato di una legge di Princìpi fondamentali per il governo del territorio, mentre si è consapevoli che le riforme urbanistiche regionali e i processi di pianificazione conseguenti segnanoo, positivamente, un punto ormai di non ritorno in merito a questioni irrinunciabili per la cultura del territorio, come l'interdisciplinarietà, la valutazione ambientale, i metodi e i criteri di prevenzione e mitigazione, la verifica degli effetti delle scelte di trasformazione riferite all’ambiente, alla salute umana, all’economia, alla società. E' un contesto disciplinare, tecnico e amministrativo consolidato, che ha prodotto piani e progetti in quantità e qualità molto diversificate nel territori italiani, che ha anche sofferto del progressivo indebolimento del pensiero politico e del suo progressivo distacco dalla rappresentazione della domanda sociale. Resta indispensabile, tuttavia, uno scenario nazionale che identifichi le prospettive per il Paese, avendo fiducia nella coesione sociale e istituzionale e consapevoli che nelle politiche di sviluppo il governo del territorio non può essere assunto come elemento residuale. Non è in discussione l’autonomia regionale, forma istituzionale e politica necessaria proprio in ragione della complessità del momento storico, ma come tale autonomia si possa esercitare, potendo convertire sul territorio scelte non confinabili nei limiti amministrativi locali, rendendole praticabili a beneficio dei Comuni. Recentemente, quasi tutte le regioni italiane (solo Abruzzo e Molise non hanno intrapreso alcuna iniziativa) hanno avanzato richieste di maggiore autonomia, con varie modalità: referendum, risoluzioni consiliari, mozioni e ordini del giorno, provvedimenti legislativi, fino ai processi formali di negoziazione con il Governo avviati da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Al centro vi è il tema delle risorse finanziarie, da trattenere nei propri territori. Si avranno ricadute sull'accessibilità ai servizi fondamentali, sull'uguaglianza e sui diritti di cittadinanza, per i quali vale, invece, una garanzia costituzionale (art. 117.II.m della Costituzione italiana) che attiene alla "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti


civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale". Il decentramento ha già un peso rilevante nella sanità, mentre è basso per l'istruzione, e riguarda anche l'urbanistica, da sempre in posizione mediana fra le politiche e le azioni legislative nazionali e quelle regionali. Nelle richieste di maggior autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, per quanto con differenze, si rileva, per ciò che ci riguarda, che, fra le materie per le quali è chiesto il trasferimento, vi sono territorio, infrastrutture, rigenerazione urbana, ambiente. Peraltro, per il governo del territorio, già materia concorrente, a fronte della sua avanzata regionalizzazione, il passo per entrare nell'autonomia differenziata è breve. Il tema è politico e ha bisogno di riflessioni non esclusivamente contabili, sostenute da approfondita conoscenza dei fenomeni sociali ed economici, dello stato delle città e dei territori, delle condizioni e delle caratteristiche della popolazione; da una seria analisi degli effetti delle decisioni nelle diverse materie; da una reale partecipazione degli italiani in un processo decisionale di portata storica.

1.3 Dal XXIX al XXX Congresso dell'INU Vi era già molto di questo mondo e di questi temi, nell’aprile 2016, al centro del XXIX Congresso dell’INU, dedicato al “Progetto Paese, l'urbanistica tra adattamenti climatici e sociali, innovazioni tecnologiche e nuove geografie istituzionali”, con il quale si è promosso un nuovo posizionamento culturale, centrato sull'allineamento delle politiche pubbliche, sulla riscoperta del valore sociale dell'urbanistica, sul sostegno alle sperimentazioni nella trasformazione delle città. Il Progetto Paese guarda e cerca di comprendere il cambiamento (una delle parole chiave con cui si apriva il documento congressuale); offre traiettorie di lavoro, volutamente aperte; pone l’enfasi sull’immagine del tempo che viviamo e dirige l’attenzione sulle implicazioni possibili, in termini di responsabile innovazione, per il piano pubblico. Con questi intenti, siamo giunti fin qui. É stato un cammino, anche selettivo, per definire argomenti e strumenti indirizzati al trattamento delle complessità urbane e territoriali. Le “Comunità di lavoro INU” si sono costituite dopo il XXIX Congresso, come nodi di una rete di indagine, per dipanare, chiarire, approfondire; hanno avuto il precipuo scopo di contribuire alla costruzione di una piattaforma propositiva, più manifesta di quella del Progetto Paese da cui partivano. Lo svolgimento delle questioni ritenute rilevanti per il XXX Congresso non è mero complemento delle ricerche svolte nelle Comunità di lavoro, ma un pensiero politico, un programma che giunge a un approdo rigoroso ma non chiuso, per proporre strumenti utili alla società civile e all'azione istituzionale: un nuovo modo di fare urbanistica per un nuovo modello di sviluppo. E, come nel Progetto Paese, anche il linguaggio ne è elemento di forza; un linguaggio competente, ma attento alla reciprocità e alla comunicazione,


senza cedimenti all’indietro e lontano dell'autoreferenzialità che, per e nel piano pubblico, incide sull'incapacità di farsi intendere. In questo Congresso, parlare di 'cambiamento' appare finanche datato, quando non allusivo ad altro rispetto a ciò che ci appassiona, e più sovente si ricorre a 'mutazione', una variazione strutturale, per indicare lo spazio, quello dei luoghi certo, ma anche e di più quello della disciplina, entro il quale muoversi da qui in avanti, ove non vi è modo di 'aggiustare', ma è meglio recuperare (rigenerare), eliminare, ideare. C'è da chiedersi se ciò possa essere un nuovo inizio o si debba provare a concorrere, per quanto ci può competere, a consolidare fondamenta culturali fragilizzate, per costruire nella transizione (economica, sociale, ambientale istituzionale e tecnologica). Non è di una scomparsa (della città o dell'urbanistica) che si deve trattare, 25 ma di una ricombinazione variabile e complessa. Tutto questo ha molto a che fare con la necessità di descrivere l'Italia, un "mosaico" 26 di differenze che ne possono fare una nazione unita anche nella valorizzazione dei diversi contesti e nella redistribuzione dei patrimoni materiali e immateriali su tutto il territorio. E’ possibile una strada per riorientare la cultura urbanistica, per non ridursi a un capitolo nel grande libro sull’ambiente, che coinvolge più largamente istituzioni e cittadini: è un bisogno di capacità pubbliche di governo, in grado di sostenere approcci e metodi adattivi, sperimentali. Ecco il significato politico del nostro agire, la necessaria ampiezza della nostra visione, a sostegno di proposte specifiche e operative. Sono le proposte del XXX Congresso, per le quali l’Istituto lavorerà, aperto alle alleanze, in un impegno comune: un patto per l'urbanistica italiana.

"Come è più volte accaduto nella storia della cultura urbana occidentalista (dove la città ciclicamente decade e risorge) è infatti possibile che si stia già, e di nuovo, verificando un salto di qualità concettuale (forse connesso agli sviluppi delle nuove tecniche cognitive di comunicazione e interconnessione?) traducibile in una futura e sollecitante realtà: il precisarsi di un sistema insediativo a largo raggio territoriale nel quale non è più necessario distinguere tra ciò che è città e ciò invece non lo è (e che un tempo veniva definito campagna): entrambe le definizioni risultando però inadeguate a descrivere la realtà attuale." Vittorio Franchetti Pardo, Dalla città europea alla città del mondo globalizzato Secoli XVI-XXI, in Storia della città occidentale vol. II, Jaca Book, 2018, pag. 390 26 VII Rassegna Urbanistica Nazionale dell'INU, Mosaico Italia: raccontare il futuro, Riva del Garda, 3/6 aprile 2019 25


2. UN PATTO PER L'URBANISTICA ITALIANA Il progetto della trasformazione fisica degli ambienti urbani e dei territori, nella chiave della rigenerazione e dell'adattamento, con i tempi dell'attesa quando serve e dell'intervento subitaneo quando indispensabile, con gli orizzonti delle città in divenire e delle popolazioni in movimento, può contribuire a un nuovo modello di sviluppo economico e rispondere alla domanda di giustizia sociale. In riferimento a questo dinamismo continuo e non lineare si ricorre spesso all'integrazione. Programmi, piani, leggi, atti della Pubblica Amministrazione, ricerche e analisi, ipotesi e proposte cercano nel termine integrazione una via per procedere, mentre individui e strati organizzati della società, nella loro condotta quotidiana, vanno all’opposto a sfaldarsi, sgranarsi, frammentarsi. Nel mezzo, si sta creando il vuoto. Assistiamo quasi inermi all’affermazione del falso primato della disintermediazione sociale, istituzionale, tecnologica e comunicativa. Nella quarta rivoluzione industriale si è convinti di partecipare, tutti e facilmente, alle decisioni, in un mondo in cui le catene di comando, valori, saperi, compiti e responsabilità, si abbreviano, quando non si riesca finanche a farle scomparire: semplificazione, tempo reale. Ciò ha molto a che vedere con la costruzione di una finzione e pone interrogativi sui quali il dibattito è aperto. 27 La disintermediazione crea nuove e diverse filiere di potere, che non cambiano quasi nulla strutturalmente É un’immagine alterata, dietro la quale si intravede la frantumazione della condizione esistenziale e delle modalità di convivenza che hanno resistito a lungo nel progresso della civiltà occidentale: un’epoca passata che ci è prossima e al contempo remota. Gli esempi sono inesauribili: le provenienze dell’informazione – un tempo assicurate da pochissime fonti – oggi giungono da ogni parte, con rapidità e in quantità ingenti; molti mezzi di spostamento facilitano o impegnano la nostra quotidianità, fino ad oggi organizzata sostanzialmente intorno alla forbice fra il forzato trasporto pubblico e la libertà del mezzo privato riuniti spesso - fianco a fianco - in un unico collettore di traffico; la varietà alimentare ha sostituito poche produzioni locali; i centri istituzionali e le burocrazie, almeno quelli non di primo ordine, sono in moltiplicazione. La pianificazione non ne esce indenne. Esiste una frammentazione della fonte normativa (l’urbanistica spunta nei testi legislativi più disparati), disciplinare (l’urbanistica la fanno più soggetti e con mezzi e strumenti variegati), lessicale (l’urbanistica è un universo, a volte contradditorio, di definizioni). Esistono frammentazioni della cultura, della produzione e della trasmissione di conoscenza. Si frammentano le competenze.

27 “Dunque, riassumendo: è andato in pezzi un certo patto tra le élites e la gente, e adesso la gente ha deciso di fare da sola. Non è proprio un’insurrezione, non ancora. È una sequenza implacabile di impuntature, di mosse improvvise, di apparenti deviazioni dal buon senso, se non dalla razionalità.“ Alessandro Baricco, E ora le élite si mettano in gioco. Come il mondo si è diviso e come l’era digitale ha amplificato la rabbia di chi non si sente parte del Game, articolo uscito originariamente su «la Repubblica» dell’11 gennaio 2019, pubblicato integralmente su «The Catcher», 14 gennaio 2019


L'integrazione sembra non bastare più, occorre prima di tutto scegliere. Bisogna utilizzare i frammenti, materiali, forme e disegni diversi, per ottenere il mosaico e comporre l'insieme. La possibilità di governare sapendo riconoscere il mosaico permette di considerare la frammentazione come un dato vitale, componente non di incertezza, ma del nuovo campo -nella transizione- per pratiche democratiche responsabili, trasparenti, competenti. Anche in urbanistica. Per non procedere solo tramite esperimenti isolati, per cumulare e patrimonializzare i risultati, per definire programmi culturali e formativi, per individuare alleanze politiche, per sostenere l'innovazione di un modello industriale che assuma le questioni ambientali e sociali come valori nei propri progetti economici, per modificare gli strumenti operativi, alla base di un governo della frammentazione prospettabile anche se in larga parte ignoto, c'è bisogno di un patto per l'urbanistica italiana. La sanità italiana è diversificata nei diversi contesti regionali, ma un patto tra il governo e le regioni ne regge la sostenibilità e assicura i livelli di qualità delle cure. Un patto è la convenzione lessicale che preordina lo scambio pubblico -privato nella trasformazione urbanistica ed edilizia e che ha portato a una parziale unificazione dei parametri urbanistico-edilizi, lessico ordinatore applicabile in tutto il Paese (del che non si deve sottovalutare la portata, considerando quanta incertezza e quali effetti, in mabito persino penale, possono avere le definizioni varie e diverse di concetti apparentemente universali come 'volume' o 'superficie'). Un patto, insomma, non è una mera negoziazione, né un esercizio puramente tecnico, ma un impegno inderogabile, una scelta politica e culturale, un palinsesto per organizzare la tensione verso l'ordine che mitiga le disuguaglianze. E di un patto per l'urbanistica italiana, che ricomponga la frammentazione disciplinare e istituzionale, c'è bisogno; l'urbanistica che, tra consumo di suolo e rigenerazione urbana, pare significativamente tornata al centro dell'attenzione 28. Le questioni più urgenti da affrontare sono quelle ambientali ed ecologiche, con il recupero dei suoli e degli immobili abbandonati e la ri-urbanizzazione sostenibile delle città, per rendere gli spazi più resilienti, adattivi al cambiamento climatico, a partire da quelli pubblici. Sono anche quelle della povertà urbana, contro cui lottare con il contributo che la rigenerazione urbana può dare all’integrazione sociale e all’accessibilità alla casa e ai servizi essenziali. Sono quelle relative alla mobilità delle popolazioni, con soluzioni coordinate e l’investimento nel trasporto pubblico. Sono quelle dei diritti di cittadinanza, che includono la dotazione di spazi pubblici, privi di barriere materiali e immateriali. Bisogna pur dire che questa è urbanistica. Anzi, urbanistica socialmente utile. Winy Maas, Tutto è urbanistica, Editoriale, Domus, n.1, 2019: "Il mondo futuro, la città futura, le urgenze, il futuro verde, il futuro aperto, il futuro libero, il futuro meraviglioso. Ogni scala è urbanistica, ognuno è urbanistica, tu sei urbanistica."

28


Certo, servono strumenti nuovi, da definire assorbendo e aggiornando metodi e princìpi già disponibili, per le loro parti ancora attuali o attualizzabili ed eliminando una complicata stratificazione, che neanche il regionalismo riformista ha potuto superare e che porta il nostro Paese ad agire, da troppo tempo, frammentariamente, nel prevalere dell’attenzione agli aspetti edilizi, tramite tentativi non organici e inserti parziali in testi che non intendono trattare di riforma urbanistica, ma di fatto influiscono, anche direttamente, sui contenuti della pianificazione.

13


3. CINQUE PAROLE PER CINQUE CAMPI DI AZIONE 3.1 Garantire garantire prestazioni urbane inderogabili in tutto il Paese I nuovi bisogni della popolazione presuppongono il superamento della dualità standard/servizi: occorrono entrambi. Si parla di standard, ossia di opere e spazi per la collettività, abitazioni sociali comprese, che hanno ancora necessità di essere espressi e garantiti in consistenze fisiche e inderogabili, perché il capitale fisso non è scomparso, perché i cespiti di patrimonio pubblico sono provviste che in ogni caso (anche quando considerati alienabili) agevolano la modificazione, in positivo, dell’ambiente urbano, perché, in definitiva, ogni nuovo nato possa avere, oltre che una parte di debito pubblico sulle proprie spalle, anche una ragionevole quantità di spazio pubblico in dote. Urge intervenire con provvedimenti legislativi che, pur senza disconoscere le peculiarità normative territoriali, fissino i livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale. Gli standard urbanistici sono una sorta di frontiera da difendere, adeguabile alle prospettive di miglioramento della città contemporanea, oggetto dei piani del XXI secolo, che si rivela in forme porose e percorse da popolazioni diverse per provenienza, età, genere, estrazione sociale, cultura, religione, interessi e bisogni. La revisione degli standard dovrebbe permettere il recupero del valore universalistico che di essi si è perduto nella varietà geografica, politica e amministrativa. L'interesse pubblico nel garantire diritti tramite le azioni legislative e della pianificazione è un dato irrinunciabile, che può permettere di aggiungere agli spazi minimi che conosciamo le dotazioni necessarie per rispondere agli obiettivi della trasformazione urbana in chiave di rigenerazione ecologica, sociale, paesaggistica, e, in essa, alle domande di abitabilità.

3.2 Qualificare un sistema qualificato di azioni per i territori Occorre la riconquista disciplinare del binomio rigenerazione urbana/contenimento dell’uso del suolo da parte degli urbanisti, argomento troppo indistintamente pervasivo. Non una definizione univoca di rigenerazione urbana, nel senso di categoria di intervento, non una legge sulla rigenerazione urbana: sarebbero motivo di negoziati estenuanti tra centro e periferia di governo, tra nazionale e locale. La rigenerazione urbana e il contenimento del consumo di suolo sono un processo indotto, ottenibile dando impulso a: politiche integrate per città accessibili, anche in termini culturali (dai banchi di scuola fino ad arrivare a intercettare l’industria digitale e più in generale l’innovazione tecnologica); bandi mirati, dotati di risorse, che promuovano le infrastrutture blu e verdi nel contrasto ai rischi ambientali (affrontandoli


nei loro effetti cumulativi); incentivi differenziati che contrastino lo spreco energetico alla scala di quartiere e non solo a quella edilizia; dispositivi specifici per le città storiche che consentano l’intervento pubblico sopra la proprietà privata, in forza del connubio valoriale primario della sicurezza e del mantenimento dell’identità urbana; atti che azzerino i residui di piano in nome della massima difesa del suolo libero.

3.3 Attualizzare in un collegamento efficiente tra programmazione, fiscalità urbana, pianificazione urbanistica Le carenze di progettualità e di capacità di spesa nella sfera pubblica hanno molto a che vedere con la qualità e l'efficacia dei piani. Non ne è estranea una difficoltosa gestione delle risorse comunitarie e nazionale destinate all'attuazione delle politiche di coesione, i cui effetti sono sempre urbani e territoriali. Per rafforzare le capacità delle amministrazioni in questo campo, a sostegno degli interventi di valorizzazione, gestione, tutela dell'ambiente, sicurezza del territorio e di rigenerazione urbana sostenibile, si può indagare la potenziale linea di contatto tra le logiche della programmazione e le logiche della pianificazione. Si tratta di incrementare la conoscenza delle azioni che attuano la programmazione, per garantire la qualità nell’attuazione delle politiche di coesione e favorire la semplificazione dei procedimenti di accesso alle risorse comunitarie, tramite una maggiore integrazione tra funzioni di programmazione degli interventi e pianificazione urbana e territoriale. L’urbanistica attuale, oltre alla tradizionale funzione regolativa della trasformazione, può operare sulla città esistente in un quadro più spinto di politiche, le stesse che sono oggi annoverate entro il recinto della programmazione. Nel più generale rinnovo della cassetta degli attrezzi di cui la disciplina urbanistica è chiamata a occuparsi, si può individuare lo snodo di connessione con la programmazione nel piano urbanistico, a partire dall'impegno che gli atti amministrativi contengono nella configurazione delle attività dei settori e del monitoraggio dei risultati. Connettere il Documento Unico di Programmazione dell'Amministrazione locale con la pianificazione urbanistica e la programmazione delle opere pubbliche: includere un monitoraggio/bilancio degli standard urbanistici previsti/realizzati, una gestione degli impegni assunti nelle convezioni urbanistiche che riguardano la città pubblica, i contenuti di partenariati pubblico-privati a scala urbana (contributo al superamento della logica settoriale dei programmi di investimento territoriali e urbani e realizzazione di efficace integrazione tra interventi).


3.4 Differenziare per un regionalismo differenziato efficace e non divisivo Una questione basilare si misura nel cosiddetto regionalismo differenziato, certamente accettabile quando efficace, equo e non divisivo. In ciò, serve meditare e separare la cronaca (con tutto il suo portato di quotidiane polemiche) dalla storia. L’attribuzione delle risorse appare il terreno di scontro, ma è nel livello di giudizio il nodo: se il giudizio, il chi giudica sulla redistribuzione fiscale ed efficienza amministrativa del regionalismo differenziato resta al centro dello Stato, le riflessioni e le decisioni possono essere basate su intese di merito. I casi esemplari riguardano i trasporti, l’ambiente, il paesaggio.

3.5 Democratizzare democratizzare il governo delle aree vaste Le aree vaste sono l’anello debole delle istituzioni, un dato di fatto che debilita il funzionamento dell’intero assetto. Il recupero fondamentale del principio di rappresentanza democratica costituisce la prima delle argomentazioni su cui intervenire: riottenere l’elezione diretta del presidente della provincia, eliminando la stortura intervenuta in anni recenti, consente la ripresa dello sguardo lungo sulla via del policentrismo italiano; ricerca e innovazione, creatività, lavoro, reti avanzate appartengono alle città metropolitane, con capacità attrattive verso le nuove generazioni; coesione sociale, capillarità dei servizi di base (istruzione, sanità e trasporti), qualità urbana sono peculiarità delle nostre città medie, dove le indagini demografiche sono stabilmente unanimi nel riconoscervi i luoghi prediletti dell’età avanzata. Elezione diretta vuol dire ripristino della legittimità popolare nell’attribuzione delle competenze di pianificazione di area vasta; una pianificazione pubblica innovata per la quale l’Istituto indica una cogenza diretta almeno per le reti infrastrutturali della mobilità sostenibile, per la difesa dai rischi e la protezione delle componenti naturalistiche, ecologiche e ambientali. Rimane aperto anche il percorso, concretamente da realizzare nelle sue potenzialità, delle Città Metropolitane. Incognite e inquietudini istituzionali, temi di sostenibilità e autonomia finanziaria sono le contese aperte per le quali vanno trovate risposte e soluzioni convincenti. Si parta dal cittadino metropolitano, figura sociale indefinita, ma che esiste. Sono cittadini metropolitani coloro che hanno accesso a servizi avanzati, tra cui: le università, gli ospedali che fanno ricerca, i servizi di trasporto metropolitano e i nodi di collegamento primario come aeroporti e collegamenti ferroviari ad alta velocità, le istituzioni pubbliche di rango regionale e nazionale (a volte internazionale). I diritti di cittadinanza, fin dal mondo antico, si sono riconosciuti nella corrispondenza con un’imposizione fiscale capace di restituire servizi di natura collettiva. Vi è, così, palese e non rinviabile la necessità di risorse ordinarie appropriate dedicate ai servizi propri della cittadinanza metropolitana.



RAPPORTO dal TERRITORIO 2019 POSTFAZIONE Collocandosi esattamente a metà strada tra la fotografia e il racconto, il Rapporto del territorio 2019 offre una rappresentazione particolarmente efficace e aggiornata delle forme assunte nel nostro Paese dal ricorso alla pianificazione del territorio. La descrizione che emerge dai tre volumi del Rapporto, anche questa volta molto ricchi di dati, di analisi quali-quantitative e di riflessioni critiche, offre uno spaccato particolarmente istruttivo della diffusione delle pratiche urbanistiche nei differenti contesti insediativi, con differenze sempre più evidenti tra realtà nelle quali la disciplina urbanistica costituisce ancora un riferimento autorevole per le politiche pubbliche (e per i comportamenti privati), e situazioni tutt’altro che marginali in cui il governo del territorio sembra improntato ad una accentuata estemporaneità. In più la struttura della pubblicazione presenta alcune interessanti innovazioni rispetto alle precedenti edizioni, soprattutto per quanto riguarda l’inserimento di una sezione introduttiva dedicata alle “Interpretazioni del cambiamento”, con interventi di studiosi di varia estrazione tra cui Alberto Clementi, Francesco Indovina e Mauro Magatti, l’arricchimento del corredo informativo affidato a una serie nutrita di box di approfondimento e, non ultimo, l’importante contributo dell’Agenzia di Coesione Territoriale sullo “Sviluppo Urbano Sostenibile 2014-2020”. Se confrontiamo questo scenario con quelli offerti in passato dal Rapporto siamo in grado di disegnare una parabola iniziata nel 2001 e che riflette una dinamismo che non si è probabilmente ancora esaurito. Sotto la guida ininterrotta di Piero Properzi questo intenso programma editoriale evidenzia il rapido declino degli strumenti urbanistici più tradizionali e la loro progressiva sostituzione con una cassetta degli attrezzi profondamente rinnovata. A fronte della comparsa sulle scena di questi strumenti urbanistici di nuova generazione, l’impianto dualistico che caratterizza da sempre il nostro sistema di pianificazione tende ulteriormente ad accentuarsi, con effetti sulla organizzazione del territorio probabilmente rilevanti sotto il profilo delle prospettive concrete di sviluppo economico e sociale del Sistema Paese. Gli effetti “a catena” che legano in modo piuttosto evidente le asimmetrie maturate nel governo del territorio e l’aumento degli squilibri nelle opportunità di sviluppo delle diverse aree del Paese sono il frutto di trasformazioni traumatiche avvenute durante la lunga fase di crisi che ha investito negli ultimi decenni l’economia di mercato e i principali paradigmi insediativi. Ne consegue la necessità di approfondire la capacità esplicativa dei nostri strumenti interpretativi anche oltre la non comune acutezza dello sguardo che il Rapporto dal Territorio ha saputo indirizzare nei confronti dei contesti territoriali più rappresentativi. Si tratta in altri termini di spingere l’esame dei territori differentemente urbanizzati, delle grandi reti infrastrutturali e dei quadri paesaggistici nazionali più in la della semplice individuazione di una comunque necessaria tassonomia dei fatti significativi di quella complessa transizione da cui l’Italia sembra attualmente coinvolta. Nel puntare verso un’analisi integrata di un processo di cambiamento che è tuttora in corso, il Rapporto potrebbe consolidare ulteriormente la partnership con i soggetti, pubblici e privati, che effettuano indagini conoscitive sistematiche, ma nel complesso settoriali. Nei loro esercizi analitici sicuramente apprezzabili, anche se incompleti, il CNEL, il CRESME, la SVIMEZ, l’ISPRA e, più limitatamente, l’ISTAT offrono punti di vista comunque preziosi, ma raramente in grado di contribuire ad una interpretazione a tutto tondo della realtà insediativa. L’enfasi manifestata a seconda dei casi nei confronti dell’approccio sociologico, di quello economico o, ancora, di quello ecologico denuncia la sostanziale incapacità di “fare sistema” di questi contributi ed evidenzia, ancora una volta, il carattere multidimensionale dei sistemi territoriali e delle formazioni urbane. Con la conseguenza di postulare la necessità - anche per un’esperienza di punta come quella sviluppata dal nostro Rapporto dal Territorio - di sperimentare collaborazioni qualificate e strutturate con le istituzioni appena richiamate al fine di ottenere una maggiore concretezza e “trasversalità” delle proposte interpretative e delle indicazioni operative che verranno messe in campo. A causa di un complesso gioco degli specchi è possibile ritenere che questa difficoltà di operare una descrizione realistica della realtà territoriale si rifletta sulla incapacità della pubblica amministrazione di restituire una immagine di se unitaria e comprensibile, ma non è impossibile sostenere anche il contrario, e cioè che la frammentazione e l’eccessivo settorialismo delle conoscenze siano imputabili in ultima istanza alla assenza di un profilo unitario e aggregante delle politiche pubbliche cui indirizzare contributi di ricerca più omogenei e mirati. Per sfuggire a questo paralizzante dilemma, conviene probabilmente stimolare le istituzioni e i principali stakeholders a procedere finalmente alla elaborazione congiunta di una “Agenda Urbana”, che si potrebbe 141


fare carico di predisporre non solamente una visione unitaria degli obiettivi da conseguire nel medio e nel lungo periodo, ma anche un elenco di iniziative che la pianificazione del territorio dovrebbe stimolare e/o rendere possibili. Non solo; la decisione di coordinare le politiche urbane “per rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili” così come recita l’obiettivo n. 11 dell’Agenda 2030 dell’Onu, offre al Rapporto dal Territorio un importante campo d’azione, con effetti senza dubbio rilevanti per la possibilità di formulare nuove linee di ricerca e, al tempo stesso, ipotizzare concrete modalità di affiancamento nei confronti dei responsabili delle politiche pubbliche e di governo del territorio. In virtù di questo nuovo approccio più marcatamente operativo, il contributo offerto dall’INU per mezzo del Rapporto non solo punterebbe a fornire un frame concettuale e metodologico al perseguimento delle priorità indicate dall’Agenda, ma si porrebbe l’obiettivo di diffondere la conoscenza e l’adozione di best practice sostenibili a livello locale, e di predisporre report periodici continuamente aggiornati e accessibili on line con cui monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati e l’eventuale presenza di ostacoli e di altri imprevisti lungo il conseguente processo di implementazione. Un cambiamento di questo tipo nel ruolo svolto dal Rapporto nei confronti dei protagonisti del processo di pianificazione non richiede pertanto una modificazione sostanziale di un prodotto editoriale e di ricerca che, dopo quasi vent’anni, ha ormai raggiunto una ammirevole completezza, ma indica piuttosto l’opportunità di rivedere sostanzialmente la relazione esistente tra le indicazioni offerte periodicamente da questa pubblicazione e le iniziative assunte dall’INU. Un legame che oggi è piuttosto indeterminato e sotto traccia, ma che potrebbe influire in modo ben più significativo su un ulteriore consolidamento delle relazioni con le principali istituzioni che producono informazioni a carattere territoriale, sulla organizzazione delle communities, sui rapporti con gli altri canali della comunicazione dell’Istituto (le Riviste, le collane editoriali, la newsletter, la piattaforma web dell’Istituto) e sulla stessa programmazione delle principali iniziative dell’INU. Nel complesso è dunque possibile pensare ad un Rapporto del Territorio che, grazie anche alla sua congenita attitudine a testimoniare la credibilità e la competenza della comunità che lo ispira e lo produce, possa offrire un fondamentale contributo ad un ambizioso progetto di rivendicazione, da parte del nostro Istituto, di una maggiore centralità e autorevolezza nei processi che presiedono al governo del territorio. Michele Talia Presidente dell’INU

142



RAPPORTO dal TERRITORIO 2019 Attribuzione testi VOLUME 1 “Le Politiche per il territorio” Carmela Giannino HABITAT III e “New Urban Agenda” per lo Sviluppo Sostenibile Pietro Garau Le città italiane e il programma URBACT Simone D’Antonio “Le Politiche nazionali Carmela Giannino Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile Carmela Giannino Adattamento ai cambiamenti climatici / Orientamenti Clara Pusceddu, Mara Balestrieri La rete ecologica nazionale Massimo Sargolini Le Politiche abitative Federica Di Piazza Il progetto CASA ITALIA Aldo Perotti Nuove prospettive per il Mezzogiorno Donato Caiulo La Strategia per le Aree Interne Francesco Monaco Periferie e aree degradate Carmela Giannino “Le Politiche per i territori Regionali” Un Quadro comparativo Donato Di Ludovico Donato Di Ludovico Le schede Regionali VOLUME 2 Lo Stato della Pianificazione Simone Ombuen La Legislazione Regionale Andrea Torricelli La Pianificazione Regionale Donato Di Ludovico La Pianificazione dei Comuni Simone Ombuen I dati Nazionali Simone Ombuen Il rinnovo della Pianificazione Comunale Simone Ombuen La pianificazione Comunale nelle realtà Regionali Simone Ombuen “Dagli Standard alle Prestazioni urbane” Standard, diritti e qualità urbana Carolina Giaimo Gli Standard urbanistici nelle leggi regionali Ombretta Caldarice Standard Urbanistici e Piani Comunali Carolina Giaimo Conclusioni Carolina Giaimo La Pianificazione nei Sistemi Insediativi Simone Ombuen Città Metropolitane Francesco Domenico Moccia La Pianificazione Francesco Domenico Moccia Conclusioni Francesco Domenico Moccia Città Medie Roberto Mascarucci La Pianificazione Roberto Mascarucci Trenta Piccole Metropoli Roberto Mascarucci Conclusioni Roberto Mascarucci Città Minori Aldo Cilli La Pianificazione Aldo Cilli Conclusioni Aldo Cilli La pianificazione paesaggistica regionale Angioletta Voghera, Luigi La Riccia I nuovi piani Angioletta Voghera, Luigi La Riccia Il processo di adeguamento dei PUC al Piano Paesaggistico della Sardegna: attualità e prospettive Luigi La Riccia Progetti di paesaggio alla prova dell’attuazione del PIT della Toscana Luigi La Riccia, Silvia Viviani Innovazioni in pratica: processi e progetti nell’attuazione del piano paesaggistico della Puglia Angela Barbanente, Francesca Calace Il Piano come riferimento per le politiche paesaggistiche piemontesi Giovanni Paludi, Paola Gastaldi Friuli Venezia Giulia: la Regione tra governo del territorio e pianificazione paesaggistica Sandro Fabbro Prospettive progettuali nel Piano paesaggistico regionale lombardo Andrea Arcidiacono Dal QTRP ai progetti di territorio/paesaggio Paola Cannavò, Massimo Zupi VOLUME 3 Il Manifesto del Po Luca Imberti Le città accessibili. Linee guida Iginio Rossi L’Italia Mediana Donato Di Ludovico I Paesaggi del Sud Angioletta Voghera, Luigi La Riccia Osservatorio per il Consumo di Suolo della Campania OPS Emanuela Coppola Il Piano del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Daniele Ronsivalle Calabria Paola Cannavò,Massimo Zupi Il Progetto “Agri Gentium: landscape regeneration” Filippo Schilleci, Vincenzo Todaro Forme di attuazione dello scenario strategico del PPTR Luigia Capurso, Luigi Guastamacchia Il Mosaico di San Severo. Percorso di Sperimentazione dei Progetti Territoriali per il Paesaggio Regionale del PPTR Fabio Mucilli Rural Revolution. Il Parco Agricolo dei Paduli LUA Laboratorio Urbano Aperto Lecce è il suo mare Francesco Baratti Lo Studio di Fattibilità per il Parco Agricolo Multifunzionale di Valorizzazione delle Torri e dei Casali del Nord Barese Carlo Angelastro La campagna del ristretto nella sperimentazione dei Progetti Territoriali del PPTR Marilena Manoni, Annalisa Malerba




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.