magazin e mensile / distribuzione gratuita in lomba rdia / anno iv / n . 6 / LUGLIO - AGOSTO 2 0 0 9 / w w w . i n s i d el o m b a r d i a . i t
n. 6 / LUGLIO - AGOSTO 2009
andrea del monte la mia arte senza regole jarno trulli «palla al centro per l’abruzzo» tintarella 2009 l’abbronzatura perfetta
fabio volo cosa farò da grande?
Gioiello-Scultura
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Marco Ravasi
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e ultime elezioni hanno sancito, aldilà della prevalenza del centrodestra, all’interno di questa un riequilibrio dei rapporti di forza tra PDL e Lega Nord. Quest’ultima a sorpresa è riuscita a rafforzare la sua posizione non solo nell’ Italia settentrionale, ma anche al di sotto del Po. Non c’è stato quindi un plebiscito a favore dell’attuale Presidente del Consiglio, tanto temuto dall’Opposizione ma una ascesa costante del Carroccio con Umberto Bossi in testa. La vera sorpresa però sta nel fatto che il “leghismo” ha cominciato ad attecchire anche in quelle zone geografiche dove questo tipo di ideologia politica fino ad ora non aveva fatto molti proseliti, anche se ciò può essere stato favorito dalle alte percentuali di astensione al voto che si sono registrate in meridione. Questa ridistribuzione dei consensi porterà ad una competizione tra le due forze di governo e forse a una rivisitazione di alcuni provvedimenti legislativi che tanto hanno fatto discutere negli ultimi tempi quali l’immigrazione clandestina, fenomeno che può inficiare sulla sicurezza interna, alle prese anche con fenomeni di razzismo fino a qualche anno fa sconosciute. C’è da aggiungere che nonostante si sia rafforzata la e la posizione di Antonio di Pietro, “anti berlusconista” per eccellenza, probabilmente, a lungo andare, non è troppo positiva per la vera democrazia una Opposizione in crisi di idee e di identità e che non riesca ad essere una efficace e plausibile alternativa di governo.
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lombardia in pillole
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cose, fatti e persone
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il network dei figli degli immigrati
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cosa farò da grande
rete g2
fabio volo
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sguardo sul mondo
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Felicità Interna Lorda o Prodotto Interno Lordo?
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in rialzo il suo trend
TURISMO
Herschel e Planck
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verso l’origine dell’universo
la moda del cartone
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s ommario
n. 6 / LUGLIO - AGOSTO 2009
cresce la sua diffusione
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s ommario
torna il gilet
gli uomini lo riscoprono
andrea del monte
la mia arte senza regole
suonocaustica
giovani con le idee da big
jarno trulli
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«palla al centro per l’abruzzo» 6
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la nuova classe e
la berlina per antonomasia
tintarella 2009
l’abbronzatura perfetta
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un modo di viaggiare col palato
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LOMBARDIA IN PILLOLE COSE, FATTI E PERSONE
____________________________________________________________________________________________ NOVITÀ, APPROFONDIMENTI. LA REGIONE LOMBARDIA constata la diminuzione di delitti e una maggiore sicurezza. L’EDILIZIA SI RILANCIA e in lombardia nascono quaranta imprese al giorno. e intanto vengono POTENZIATE LE STRUTTURE CHE CURANO IL CONTRASTO ALL’EVASIONE FISCALE.
Sicurezza: Lombardia; calano delitti, oltre 15 mila arresti
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elitti in calo di 9 punti percentuali, frutto dell’intensificarsi della prevenzione e 15 mila persone arrestate. Sono questi i dati centrali del bilancio dell’ultimo anno di lavoro dei carabinieri del Comando Regione Lombardia, che ha festeggiato lo scorso 5 giugno, alla presenza del ministro della Difesa Ignazio La Russa, il 195/mo annuale di fondazione dell’Arma. Tra i dati evidenziati, la particolare attenzione posta al contrasto della criminalità organizzata, che ha portato all’esecuzione di 39 ordinanze di custodia cautelare per altrettanti appartenenti alla ‘ndrangheta, oltre all’arresto di un latitante inserito nella lista dei 100 più pericolosi d’Italia e alla disarticolazione di due sodalizi criminali legati alla ‘ndrangheta, con l’arresto di di 41 persone in tutto. Forte l’attenzione
anche alla criminalità straniera, con l’arresto dei componenti di un sodalizio criminoso composto da albanesi e romeni dedito a furti, ricettazione, induzione, favoreggiamento e sfruttamenti della prostituzione oltre che
traffico di droga. Per quanto riguarda la tutela dei cittadini, i carabinieri nel corso del 2008 hanno arrestato 24 persone per stalking e hanno scoperto gli autori di tre omicidi a brevissima distanza del fatto.
Giunta approva piano rilancio edilizia
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a Giunta lombarda ha approvato il progetto di legge per il rilancio dell’edilizia, una norma straordinaria la cui applicazione durerà 18 mesi e che ha «l’obiettivo primario – ha detto il presidente della Regione, Roberto Formigoni – di permettere una ripresa dell’edilizia, migliorando il nostro patrimonio residenziale e urbanistico anche dal punto di vista della qualità estetica e ambientale e del risparmio energetico». Il piano, che passerà all’esame del Consiglio regionale, «si muove nell’alveo – ha precisato Formigoni – dell’intesa sul piano–casa siglata tra Governo e Regioni il primo aprile scorso» e «va incontro alle esigenze delle famiglie di reddito medio o medio basso» perché «serve a coloro che vogliono ampliare fino al 20% la
loro abitazione mono o bifamiliare». La legge «prevede anche – ha aggiunto – che si possa abbattere un antico edificio fatiscente per ricostruirlo moderno, bello e tecnologicamente avanzato». La stima è che arrivino «investimenti dal privato per 6–7 miliardi di euro nei prossimi 18–24 mesi, con una ricaduta occupazionale di 20–30 mila posti di lavoro e un risparmio energetico di 44 milioni di euro all’anno». Il governatore lombardo ha chiarito che «le zone di pregio storico e ambientale non potranno essere soggette a interventi». E ha ribadito che «non ci sarà nessuna colata di cemento, nessun nuovo mostro edificato».
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na spinta per le bonifiche dei siti inquinati e nuove regole per la certificazione energetica degli edifici. La Commissione Ambiente del Consiglio regionale della Lombardia ha approvato – favorevole la maggioranza, mentre Pd e Verdi non hanno partecipato al voto – un progetto di legge che modifica alcune parti di leggi in materia ambientale. Al testo, di cui è relatrice la presidente della commissione, Margherita Peroni (Pdl), è stata «im-
pressa un’accelerazione, dovuta alla necessità di arrivare al voto in aula in tempo per scongiurare una multa dell’Unione Europea sulla bonifica di siti inquinati, da cui la Lombardia potrebbe essere colpita», spiega una nota del Consiglio regionale. «La sanzione, a conclusione di una procedura di infrazione aperta da diversi anni nei confronti della nostra Regione – ha detto Margherita Peroni – potrebbe scattare dal 26 giugno». La Regione agevolerà «l’iniziativa di
soggetti, anche privati, interessati e non responsabili dell’inquinamento». Ed è per questo che i Verdi hanno parlato di «regalo ai privati». A questo proposito sarà promossa la bonifica, la messa in sicurezza, il ripristino e la riqualificazione ambientale di siti contaminati. Il progetto di legge prevede anche modifiche alla normativa sulla certificazione energetica, fra cui la riduzione al 50% delle sanzioni per i primi due anni in cui si verifichi un’inosservanza.
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AMBIENTE: primo ok a testo su bonifica siti
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In Lombardia nascono 40 imprese al giorno
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ono cassaintegrati, donne che cercano di far quadrare il bilancio familiare e operai specializzati di aziende in crisi coloro che danno vita alle imprese “figlie della crisi”. Si tratta di circa 3.800 imprese che rappresentano il 20% circa del totale delle nuove imprese iscritte in Lombardia nel primo trimestre del 2009. E anche gli over 60 aprono un’attività in proprio: nel 2009 in Lombardia saranno circa 2.300 le imprese individuali aperte per arrotondare la pensione. Complessivamente in Lombardia nei primi tre mesi dell’anno si sono iscritte 19.331 imprese, 4.686 in più rispetto al trimestre precedente. E i settori che registrano il mag-
gior numero di «neoimprese» sono il commercio (3.521), le costruzioni (3.491) e quello che racchiude immobiliare, ricerca, noleggio e informatica (2.228). È quanto emerge da una stima dell’Ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Registro Imprese e Infocamere. In Brianza, per sostenere il lavoro, la Camera di commercio di Monza e Brianza ha stanziato complessivamente oltre 1 milione di Euro fra contributi alle imprese per l’occupazione, voucher per corsi di formazione e sostegno per gli aspiranti imprenditori: un volano per almeno 1.000 posti di lavoro tra nuovi assunti, conferme di contratti di lavoro, e nuovi imprendi-
tori. «L’impresa resta un motore non solo economico ma anche sociale – ha dichiarato Carlo Edoardo Valli Presidente della Camera di commercio di Monza e Brianza. In questo particolare momento l’impresa finisce per essere un ammortizzatore sociale: la situazione va monitorata e il rischio è che le imprese una volta nate non sopravvivano. Esse vanno quindi sostenute affinché possano rimanere sul mercato. Come Camera di commercio abbiamo dato vita al pacchetto occupazione: si tratta di misure concrete per stare vicino alle imprese e alle persone che vi lavorano, che sono poi il vero valore aggiunto della piccola media impresa».
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Da Regione Lombardia 98 mln per sostegno affitti e acquisti
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a oggi sarà possibile richiedere due importanti misure messe in campo da Regione Lombardia a sostegno delle famiglie che non riescono a pagare i canoni di affitto o che comprano la prima casa. «A disposizione – ha spiegato lo scorso 3 giugno il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni – ci sono 98 milioni di euro, 51 per il Fondo sostegno affitti e 47 come contribuito per l’acquisto della prima casa. Cifre notevoli che fanno parte di un pacchetto più ampio appositamente messo a punto che per il solo 2009 ammonta a 327 milioni di euro». Saranno circa 70.000 le famiglie che anche per il 2009 potranno beneficiare di un contributo che copre, a seconda del reddito Isee/ fsa del richiedente, dal 23 al 50% del canone mensile di locazione. Vale e dire che, a seconda delle classi di appartenenza, i contributi annuali sono compresi fra un minimo di 250 e un massimo di 1.800 euro, determinati in funzione del canone di locazione, della situazione socio economica, dell’entità delle domande presentate e delle risorse finanziarie disponibili. Possono richiederlo i titolari di contratti di locazione registrati (stipulati per unità immobiliare situata in Lombardia utilizzata come residenza e abitazione principale), che siano cittadini italiani, dell’Unione europea o, se di uno Stato extra UE, in possesso di carta di soggiorno o di permesso con validità almeno biennale e che esercitino una regolare attività. De-
vono inoltre risiedere da almeno dieci anni in Italia o da almeno cinque in Regione Lombardia. Il reddito Isee–Fsa (appunto per il fondo sostegno affitti) non può essere superiore a 12.911 euro. Le domande potranno essere presentate nel Comune dove è ubicata l’unità immobiliare e nei Centri Autorizzati di Assistenza Fiscale (Caaf) convenzionati con il Comune o la Regione. Gli appositi «sportelli» sono stati aperti mercoledì 3 giugno e lo rimarranno fino a martedì 15 settembre 2009. Dalla sua istituzione sono circa 310.000 le famiglie lombarde che ne hanno beneficiato e si prevede per il prossimo biennio possano essere altre 140.000. Importanti novità riguardano il 9° bando che prevede l’assegnazione di un contributo di 6.000 euro, una tantum a fondo perduto, per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa. I destinatari sono tutte le tipologie di famiglie previste dalla legge regionale sulla famiglia (23/1999), vale a dire le giovani coppie (quelle sposate dopo il 1 gennaio 2007 o che si sposeranno entro il 28 febbraio 2010, e i cui componenti non abbiano compiuto 40 anni alla data di presentazione della domanda), le gestanti sole (donne gravide del primo figlio che siano nubili o prive del coniuge per separazione legale senza convivenza, divorzio o decesso), i genitori soli con uno o più figli minori a carico e i nuclei famigliari con almeno tre figli, che presentino un reddito Isee non superio-
re a 35.000 euro (lo scorso limite era 30.000). Per poter accedere al contributo sarà necessario aver rogitato tra il 1 gennaio 2007 e il 28 febbraio 2010. Il valore dell’alloggio acquistato dovrà essere compreso tra 25.000 e 280.000 euro (prima il costo massimo era di 200.000) e il mutuo non potrà avere durata inferiore a 5 anni. Il bando resterà aperto fino al 31 luglio 2009 e le domande dovranno essere presentate ai Caaf. Dei 47 milioni totali, 35 milioni sono destinati alle giovani coppie e 12 alle altre tipologie per un totale di 7.835 beneficiari. «Aiutare le famiglie con sussidi di questo tipo – ha spiegato l’assessore alla Casa e Opere Pubbliche, Mario Scotti – diventa di anno in anno più importante perché è sotto gli occhi di tutti che sono sempre di più coloro per i quali la casa sta diventando un problema. In questo periodo di crisi economica quindi aiutiamo sia le famiglie più deboli a pagare l’affitto che quelle famiglie che hanno comprato casa a pagare le rate del mutuo». «In Lombardia – conclude Formigoni – vogliamo invertire la rotta e lo facciamo adattando i bandi alle nuove esigenze. Ad esempio, per quanto riguarda il contributo per l’acquisto della prima casa, abbiamo modificato i requisiti in modo da offrire a più famiglie di nuova formazione, o già formate, la possibilità di accedere ad un finanziamento strategico per chi sceglie di fare un passo così importante per la vita di una famiglia».
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opo phone center e rivendite di kebab, è in dirittura d’arrivo una legge per regolare l’attività dei centri massaggio a Milano e in tutta la Lombardia. A garantirlo è il consigliere della Lega Nord e presidente della commissione regionale Bilancio, Fabrizio Cecchetti. Il progetto di legge ha l’obiettivo di normare «attività sempre più diffuse sul territorio» e per le quali, secondo Cecchetti, c’è bisogno di istituire un
vero e proprio albo regionale. «Per il Comune e per la Camera di Commercio questi centri non esistono» spiega l’esponente del Carroccio, facendo propria una preoccupazione che è stata espressa anche del parlamentare e capogruppo della Lega a Palazzo Marino, Matteo Salvini. «Non si sa quanti sono – aggiunge –, né dove sono. L’unica cosa certa è che bisogna depositare un semplice documento al Comune che ne
dichiari l’apertura, senza neanche dover dimostrare una competenza professionale: in un anno, solo a Milano, ne sono stati presentati 86, di cui 18 italiani e 68 stranieri». Da qui, secondo Cecchetti, la necessità che anche i centri massaggio, «come fu per i phone center e recentemente per i kebab siano normati e controllati: orari, metratura, standard sanitari, competenza terapeutica, e che venga istituito un albo regionale».
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In arrivo legge su centri massaggio
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Agenzia Entrate Lombardia: nasce la direzione provinciale di Lecco
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l via il nuovo assetto organizzativo dell’Agenzia delle Entrate in Lombardia. Dallo scorso 8 giugno è operativa la Direzione Provinciale di Lecco. Con il nuovo modello organizzativo sono state potenziate sia le strutture che si occupano dell’assistenza ai contribuenti sia quelle che curano il contrasto dell’evasione fiscale. La
Direzione Provinciale di Lecco è articolata in un Ufficio Controlli e in due Uffici Territoriali, con sede nel capoluogo e a Merate. All’Ufficio Controlli è affidata la cura delle attività di contrasto all’evasione e contenzioso tributario, mentre gli Uffici Territoriali continuano ad assicurare i servizi di informazione e assistenza ai contribuenti.
La registrazione di atti e dichiarazioni può essere effettuata presso qualsiasi sede dell’Agenzia, mentre per i rimborsi Iva la competenza è dell’Ufficio Territoriale di Lecco. I ricorsi contro gli atti emessi dagli Uffici soppressi, inoltre, dovranno essere indirizzati alla Direzione Provinciale di Lecco, che sarà anche indicata come controparte.
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rete g2
il network dei figli degli immigrati ____________________________________________________________________________________________ gli italiani col permesso di soggiorno LOTTANO PER FAR RICONOSCERE I DIRITTI NEGATI ALLE SECONDE GENERAZIONI
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come avere una forte potenzialità tra le mani ma non poterla sfruttare. Questa è la situazione in cui si trovano i figli degli immigrati, nati in Italia o arrivati qui da piccoli per seguire i propri genitori, quindi non per scelta ma per necessità. Di fatto perfettamente integrati nella società. Ma c’è una cosa che balza subito all’occhio: i loro tratti somatici diversi e i loro nomi e cognomi, che hanno il suono della lingua di Paesi lontani. Caratteristiche per le quali agli occhi di molti non saranno mai italiani, ma stranieri. Come vi sentireste ad esser nati o cresciuti in un Paese, ma non esser riconosciuti come cittadini? Dovervi barcamenare tra i permessi di soggiorno, aspettando di compiere il diciottesimo anno di età per acquisire l’agognata cittadinanza, senza però avere la certezza che ve la concedano? Per questo è nato il network “G2 – Generazioni Seconde”: formatosi a Roma nel 2005, ma con una rete di associati che tocca altre città italiane – tra le quali anche Milano, Bergamo e Mantova – la Rete G2 si pone due obiettivi fondamentali: cambiare la legge sull’acquisizione della cittadinanza italiana, attualmente basata sul principio dello “jus sanguinis” – ovvero si è cittadini solo se i genitori sono cittadini italiani – e sensibilizzare la gente su questa problematica, affinché la società italiana riconosca tutti i suoi figli, indipendentemente dalle loro origini e percepisca l’identità come incontro di più culture. “G2” non sta per “seconde generazioni di immigrati”, ma per “seconde generazioni dell’immigrazione”,
in quanto i nati in Italia non hanno compiuto nessuna migrazione, e chi è nato all’estero ma cresciuto qui non è emigrato volontariamente, perché vi è stato portato da genitori o da altri parenti. La rete è costituita dalla parte attiva di questi ragazzi, quella che si mette in gioco per informare la popolazione sulla loro condizione di “italiani col permesso di soggiorno”. Una generazione che aumenta ogni giorno di più: secondo i dati del ministero dell’Istruzione, sono 650.000 gli alunni con cittadinanza straniera, nati e non nella nostra penisola, iscritti nelle scuole italiane e 64.000 i nuovi nati nel 2007 da genitori stranieri (dati Istat). Una presenza consistente e in crescita costante. Da qui la necessità dei membri di G2 far sentire la propria voce. Essi, riunitisi sul blog www.secondegenerazioni.it per cercare il dialogo con le istituzioni nazionali e locali, nel 2007 sono stati ricevuti dal presidente della Repubblica Napolitano, al quale hanno consegnato una lettera riguardante la riforma della legge sulla cittadinanza. E sempre attraverso il web, la musica, i libri, e i film, il G2 parla ai giovani, la parte più importante e sensibile della società. L’ultimo di questi progetti è un cd, “Straniero a chi?”, le cui tracce audio possono essere scaricate gratuitamente all’indirizzo www.myspace. com/reteg2secondegenerazioni. La Rete è presente anche su Facebook: un altro modo per coinvolgere più giovani possibili, e per diffondere a macchia d’olio le proprie iniziative.
proposta dei g2 per la legge CITTADINANZA
• I nati in Italia da genitore non italiano regolarmente residente possono diventare italiani se, oltre ad esser stati registrati all’anagrafe, hanno anche risieduto in Italia legalmente e fino alla maggiore età. In questo caso devono presentare al Comune di residenza una dichiarazione di voler acquisire la cittadinanza italiana e devono farlo prima di aver compiuto 19 anni. Se non si rispettano questi termini, si dovrà fare la domanda per residenza ed aver risieduto per almeno tre anni. • I figli di immigrati non nati in Italia devono seguire i canali di accesso disponibili per i loro genitori: quindi per residenza – dieci anni più dimostrazione di reddito minimo, criterio discrezionale ma spesso applicato – o per matrimonio con cittadino/a italiano/a. • La legge prevede che i figli di immigrati possano ricevere la cittadinanza italiana se i loro genitori riescono ad ottenerla. Ma questo può avvenire solo se si è ancora minorenni quando il genitore diventa italiano e se i due familiari convivono in Italia.
• Dichiarare cittadini italiani alla nascita coloro che nascono in Italia da genitori stranieri, indipendentemente dal fatto che i genitori siano o no regolarmente residenti; • Estendere la cittadinanza a tutti coloro che sono venuti minorenni in Italia e che vi hanno risieduto almeno tre anni prima del compimento della maggiore età; • Togliere il requisito di avere un reddito minimo; • Togliere il potere discrezionale di concessione della cittadinanza da parte della pubblica amministrazione; • In caso di riforma della legge, il percorso agevolato di accesso alla cittadinanza deve essere retroattivo, ossia riguardare anche i nati e cresciuti in Italia ormai maggiorenni.
focus
LEGGE CITTADINANZA (LEGGE N. 91 DEL 1992)
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Intervista
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herif Fares, 29 anni, madre italiana e padre egiziano, di Osio Sotto, è entrato a far parte della Rete G2 due anni fa: “Io sono italiano, ma di origine straniera. Questa cosa è difficile da accettare per la gente: o sei italiano, o sei straniero. Non può esistere uno stato di mezzo. Ho conosciuto la Rete G2 grazie ad un’amica, e sono entrato in contatto con ragazzi che avevano le mie stesse problematiche. Da quel momento, ho iniziato ad attivarmi per far conoscere il gruppo sul territorio. In una di queste occasioni, durante la presentazione del gruppo in una scuola media, stavo chiedendo spiegazioni all’insegnante per usare il dvd, lui ha cominciato a parlare, poi si è bloccato e mi ha chiesto: <ma tu capisci bene l’italiano?> Non credevo alle mie orecchie!”
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aoual Razik, 23 anni, originaria di Kasba Tadla (Marocco), in Italia dall’età di 12 anni, sta aspettando di ricevere la cittadinanza italiana da un anno e mezzo: “Mio padre l’ha ottenuta circa due anni fa: mio fratello e la mia sorellina, essendo minorenni, l’hanno acquisita immediatamente, mentre io e un’altra mia sorella, essendo maggiorenni, abbiamo dovuto fare domanda, insieme a mia madre. Visti i tempi di attesa, se dovesse malauguratamente uscire una legge che obbligasse gli stranieri a rimpatriare, la mia famiglia sarebbe smembrata in due parti. Ad ogni modo, anche se dovessi ottenerla a breve, io non mi sentirò mai completa, la mia identità è frantumata: non sono italiana ma non posso neanche essere completamente marocchina, perché non ho la possibilità di partecipare ai processi di trasformazione della società del Marocco per potermi identificare. Come dice il sociologo algerino Sayad Abdelmalek, vivo una doppia assenza: una è quella dell’immigrato dalla propria patria, l’altra è quella dell’emigrato nelle cosiddette “società d’accoglienza”, nelle quali è incorporato ed escluso al tempo stesso.”
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ara Emam ha 21 anni, è originaria dell’Egitto ma è nata in Italia, e fa parte del Direttivo Nazionale dei Giovani Musulmani d’Italia (GMI): “I miei genitori risiedono qui da trent’anni, e quando sono nata erano già cittadini italiani, perciò la cittadinanza l’ho acquisita dalla nascita. Ad un primo impatto, la gente non pensa che sia italiana a tutti gli effetti, anche per i tratti somatici diversi. A volte mi è pure capitato che, mentre giravo per strada, alcune persone mi gridassero: “ma torna al tuo Paese!”. Per fortuna, sono solo episodi marginali. Penso che la cultura di una persona sia quella in cui si è cresciuti, perciò io mi sento italiana a tutti gli effetti, anche se naturalmente ho comunque delle diversità, in quanto ho mantenuto alcuni aspetti della cultura dei miei genitori. Come la religione, per me molto importante.”
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eyla Krimaa, 22 anni, originaria di Fès (Marocco), vive in Italia da quando aveva due anni: “Ho fatto domanda per la cittadinanza circa due anni fa, e sto attendendo la risposta: i tempi burocratici sono molto lunghi. Io sono integrata in Italia, ma solo perché ci vivo e per quanto riguarda il rispetto delle leggi, la mia istruzione e il lavoro. La mia cultura, le mie tradizioni sono quelle marocchine: penso non sia giusto dimenticare le proprie origini, sarebbe come perdere la propria identità originaria e acquisirne una falsa. I pregiudizi nei confronti delle seconde generazioni purtroppo si hanno sia nel Paese ospitante che in quello d’origine, dove quando si ritorna, anche solo per il periodo estivo, si è visti come persone menefreghiste del proprio Paese e si viene penalizzati; in questo modo si è stranieri due volte. Inoltre, il concetto di straniero è restrittivo: si è più discriminati se si proviene da Paesi del Sud o dell’Est: a un nordamericano, non si direbbe mai che è un extracomunitario.”
i n tervista
FABIO VOLO
cosa farò da grande?
____________________________________________________________________________________________ «Mi regalo una dignità di vita altissima, che vale molto di più di qualsiasi persona di potere. mi sono lasciato aperte tutte le porte, non mi sono chiuso in un determinato obiettivo. Spesso i sogni che realizzi non sono quelli che avevi progettato».
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ccolo qua, lo scrittore meglio venduto d’Italia. è Bonetti Fabio in arte Volo, da Brescia, sciolto e impizzettato con un debole per i Radiohead e i dolci alla cannella. Uno che nei momenti d’ispirazione canta «Dio delle cittàààààà» dei Pooh sull’Ottava avenue di New York e poi ce lo viene pure a raccontare nei libri. 320 mila copie del suo romanzo «Il giorno in più» bruciate in libreria. Meglio di Ken Follett, di Carofiglio, di Khaled Hosseini con tutti i soli e gli aquiloni del caso. Molto, molto
meglio di Linus, il suo boss a Radio Deejay. A sorpresa, non tanto poi, meglio perfino di Bruno Vespa, potentissimo compagno di scuderia alla Mondadori. Il popolo di MySpace e Facebook, che ha il cuore più tenero di quanto si ipotizzi, non smette di lasciargli messaggi e dediche. Un “outsider” in cima. Come ci si sente? «Felici ma tranquilli – sdrammatizza Fabio Volo –. Faccio sempre del mio. Visto però che a casa non mi hanno
mai dato premi, la cultura del risultato, della medaglia, io proprio non ce l’ho. Fa piacere riscontrare che la mia personalità piace. Mio padre non si stancava di ripetermelo: hai fatto quello che dovevi fare. Se poi dicessi che mi dispiace essere arrivato fino a qua, in termini lavorativi, direi una bugia. Per un ricercatore d’affetto professionista come me è una bella esperienza». Impressiona il fatto che lei ammetta una scolarità un po’ disastrata. «Andavo malissimo. Sì insomma, in
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fabio volo
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abio Volo (Calcinate, 23 giugno 1972) è uno scrittore, attore, conduttore radiofonico e televisivo italiano. Il suo nome anagrafico è Fabio Bonetti. Pur se nato nella provincia di Bergamo, si considera bresciano a tutti gli effetti. «Brescia è la mia città, il mio rifugio e il covo dei miei migliori amici». Dopo le medie, alcuni lavori saltuari tra cui il panettiere nella forneria del padre, il barista e una fulminea carriera di cantante (una manciata di singoli dance cantati in lingua italiana, incisi tra il 1994 e il 1995 per l’etichetta bresciana Media Records, uno dei quali intitolato Volo e dunque da qui il cognome d’arte), nel 1996 diventa uno dei nuovi personaggi di punta a Radio Capital, creatura di Claudio Cecchetto. Dal novembre 1998 conduce tre edizioni del programma Le Iene su Italia 1, accanto a Simona Ventura e Andrea Pellizzari. Nel 2001 e 2002 conduce Ca’ Volo e Il coyote su MTV, e Smetto quando voglio e Lo spaccanoci su Italia 1. Nell’aprile del 2006 ritorna su MTV con Italo–Spagnolo, trasmesso da un attico che si affaccia su una Rambla di Barcellona. Il bis si ha nel 2007: sempre su MTV, questa volta in diretta da Parigi (Panoramique du Funicolaire a Montmartre) con Italo–Francese. Nel 2008 è nuovamente su MTV con Italo–Americano – Homeless edition, dove, accompagnato su e giù dall’inseparabile amico Ivo, analizza la realtà socio–culturale degli Stati Uniti d’America paragonandola col suo paese di origine. Nel 2000 inizia l’avventura con Il volo del mattino su Radio Deejay (che dura ancora oggi con Paolino Rossato in regia) e pubblica il suo primo libro, Esco a fare due passi, che vende oltre 300.000 copie. Nel 2002 è la volta del cinema: Fabio debutta in Casomai di Alessandro D’Alatri accanto a Stefania Rocca. Del 2003 è il secondo libro È una vita che ti aspetto, uno dei best–seller dell’anno. Nel 2005 esce il film La febbre, sempre di D’Alatri. Nel 2006 viene pubblicato il suo terzo libro Un posto nel mondo. Nel 2007 è al cinema con Manuale d’amore 2 – Capitoli successivi di Giovanni Veronesi e Uno su due di Eugenio Cappuccio, con cui collabora alla sceneggiatura e di nuovo su MTV Italia con Italo–Francese, talk–show serale trasmesso da Parigi. Il 27 novembre 2007 è uscito il suo quarto libro dal titolo Il giorno in più. Nel 2008 è protagonista del nuovo film di Cristina Comencini, Bianco e nero, assieme a Ambra Angiolini. Parallelamente presta la sua voce a Po, il panda protagonista del film d’animazione della DreamWorks, Kung Fu Panda.
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italiano senza infamia e senza lode. Ho mollato in terza media, e anche lì i miei mica hanno stressato: solo tu puoi sapere qual è la scelta giusta, mi hanno detto, basta che non te ne stai lì a far niente. A scuola ero il tipico bambino che ha capacità ma non s’impegna. Quando lo dicevano a mia madre, lei tornava a casa e commentava: chi se ne frega, l’importante è che tu sia contento. Studia per
avere la sufficienza e poi va a giocare. Mai stati pressanti, i miei». Non è che ne esca un quadro educativo esemplare… «Ho imparato da solo, in altri modi – racconta –. A 15 anni alternavo Hermann Hesse a Richard Bach, quello del gabbiano Jonathan Livingston. Poi sono passato a Dostoevskij, poi a Philip Roth. Onnivoro». Insomma è vero che ha fatto il pa-
nettiere? «Quello doveva essere il mio futuro. La mia famiglia ha una lunga tradizione. Anche mio nonno era panettiere. Ma le cose non andavano bene. La mia famiglia aveva grossi problemi economici. Forse questa cosa mi ha spinto nella carriera nello spettacolo. Se avessi avuto una maggiore sicurezza economica forse non avrei avuto il coraggio di rischiare e sarei
lavoro, il suo... «Mi piace essere sempre ironico, ma al di là di quello che dico scherzando devo dire che c’è sempre una grandissima serietà nel mio approccio al lavoro. Chi lavora con me sa che sono molto disciplinato. Non credo nei soldi facili, anche per questo non faccio pubblicità: non per moralismo, ma perché mi piace avere un progetto e realizzarlo, perché mi completa
molto di più se dietro la mia immagine c’è un’idea, un rischio». E adesso? «Ma sa dov’è che s’impara di più? Nei viaggi. Perché bevi in una tazza diversa, parli in una lingua non tua, nessuno ti conosce, sei eccitato e ricettivo. E’ questa la miglior lettura». E infatti le sue trasmissioni–reportage su Mtv sono il diario di un bamboccione fortunato in trasferta a Barcellona, Parigi e New York. Viaggi, sesso, molto sentimento, molte citazioni musicali nei suoi libri: un cocktail perfetto per i ragazzoni che non piacciono a Padoa–Schioppa. Una formula furba. Troppo? «E dai. Visto che faccio di tutto, nessuno mi prende sul serio. Sempre costretto a difendere il mio lavoro». Certo, la televisione oggi, difficilmente trasmette la cultura del lavoro... «Se oggi in Italia non c’è la cultura del lavoro è anche in gran parte a causa della televisione, di cui comunque anche io faccio parte. Chiunque va in televisione: basta essere inquadrato tre sere, senza portare un’idea o un progetto e sei una star. Certo che se tu fai un lavoro normale, lavori otto ore al giorno, poi quando guardi la tv ti senti veramente un coglione a vedere che qualsiasi persona – me compreso – possa “svoltare” così la vita». Gente che vuole essere famosa e basta. «Sì, ma io questa cosa non la condanno: perché è una ricerca d’affetto, o anche soltanto una cosa utile dal punto di vista economico. Nessuno desidera lavorare otto ore al giorno. Se questa società, questo tipo di tv, offre quest’opportunità, e chiaro che c’è chi cerca di ‘svoltare’ così. Per questo ai provini del Grande fratello ci vanno milioni di persone». Ma lei cosa pensa di chi va al Grande Fratello? «Uno che decide di stare 100 giorni dentro una casa, o non ha capito che cosa è la vita, oppure è l’unico modo che ha per uscire da una condizione». Cioè? «Il concetto è: in televisione faccio quello che posso. La mia struttura mentale, la mia cultura, la mia preparazione produce questo tipo di qualità del lavoro; che sia più o meno alta è questa qua e io mi impegno al massimo. Ma ci sono persone che conoscono perfettamente i mezzi di comunicazione, la tv, hanno il potere, hanno la cultura, e invece di utilizzarli per alzare la qualità li utilizzano al ribasso. Maurizio Costanzo una volta aveva ospite Falcone che parlava di mafia, adesso ha ospite Costantino che fa i trenini. Qualcosa è cambiato»
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restato a fare quello tutta la vita». Ma lei cosa voleva fare? «Io volevo fare il cantante, l’unica cosa che non ho fatto. Ma mi sono lasciato aperte tutte le porte, non mi sono chiuso in quell’obiettivo. Spesso i sogni che realizzi non sono quelli che avevi progettato». Una sua caratteristica è quella di non prendersi troppo sul serio. Ci tiene a sottolineare che non è vero
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E che cosa è cambiato? «Che adesso lui è molto più ricco e più potente, però lo è a spese di tutti. La cosa è molto più grave di quello che sembra. Non è solo spettacolo. E’ anche politica, perché è chiaro che se si continua a parlare a questo livello per forza anche la politica segue certe logiche. Io non credo che Berlusconi abbia vinto le elezioni perché ha le televisioni e va in tv a dire “Votate me”. Berlusconi vince perché ha le televisioni che producono un’idea sociale che lui rappresenta: quella del vincente a qualsiasi costo. Uno che diventa famoso al Grande fratello senza saper far niente è esattamente identico a uno che diventa ricco non necessariamente essendo onesto». Ci lamentiamo del traffico, delle antenne, della tv volgare, ma poi siamo complici, consumatori, compratori. «È una questione di adesione. Per andare a lavorare uso la macchina, cerco di limitarmi però. Non mi piace McDonald’s: non butto giù le vetrine ma non vado a comprarmi il panino. Non mi piace Maria De Filippi, non la guardo. Non vado ospite di Costanzo anche se venderei centomila copie di più del mio libro. Non ho mai fatto pubblicità a un telefono o a una bibita anche se mi hanno offerto tanti soldi per farlo». Ha il suo valore: facile dire “non farei” se nessuno te l’ha offerto. «Io non ho la preparazione, la cultura per reggere il personaggio di “quello che non fa la pubblicità”. Del resto per molti accettare proposte che io posso permettermi di rifiutare è una questione di campare. La mia rivoluzione è cercare di fare bene il mio lavoro. È il minimo, ma non cambio il mondo e le sue regole. Non voglio neanche questa responsabilità. Ma non è che osservando i miei principi vengo riconosciuto come Celentano, come uno che è d’esempio. Non voglio essere d’esempio, voglio stare in pace con le mie cose». Perché dentro la tv parlano tutti una lingua finta? «Un pubblico alimentato per anni così adesso vuole quello, non ne riconosce più un’altra». Del resto siamo liberi di vederla o spegnerla. «In realtà siamo sotto la dittatura del silenzio – ammette –, perché mettere a rischio il proprio lavoro se poi le cose non cambiano? Il giornalista si chiede: dico quella cosa rischiando di essere cacciato o non la dico? Se la dico cambia qualcosa? Ma cosa può cambiare in un paese dove se dici che il presidente del Consiglio è nella P2 non cambia niente, dove il presidente del Consiglio ha otto processi
e la gente pensa che sia stato assolto mentre invece sono semplicemente andati in prescrizione. Cosa posso dire io che cambi qualcosa?». Lei, invece, in tutto quello che fa ha sempre questa ricerca dell’autenticità. «Sì, ma sono molto lucido. Capisco che quello che faccio non è di grandissima qualità – racconta –. Anzi, mi infastidisco molto per il fatto che questo è il massimo che riesco a fare. Farei volentieri a cambio con Costanzo dal punto di vista della conoscenza. Se io fossi uno che ha la sua cultura, la sua preparazione, il suo potere, la sua conoscenza del mezzo, io domani mattina farei un programma che per me è solo un sogno. Questo non perché voglio fare il messia, ma perché ce n’è bisogno».
Cosa intende per “qualità della vita”? «Per esempio, quando scrivo un libro, la qualità della mia vita è altissima. Perché mi alzo, scrivo, faccio qualcosa che mi piace, mi fermo, mi cucino qualcosa, mangio. Mi regalo una dignità di vita altissima, che vale molto di più di qualsiasi persona di potere. Come quando decido cosa mangiare, come cucinare, anziché mangiare il panino veloce... mi interessa il tempo. Quando faccio un programma, penso un’idea, cerco di capire come realizzarla. E questa cosa qui è fantastica. Come avere un pensiero di una storia e poi avere il libro in mano. Io me lo ricordo la prima volta che ho avuto in mano il mio primo libro: sono stato 20 minuti chiuso in macchina a guardare il libro, a sfogliarlo,
a guardare tutte quelle parole in fila e l’idea che ce le avevo messe io…». Per la concorrenza, nel mondo della scrittura e dello spettacolo, lei è comunque motivo d’invidia perché è dappertutto e tutto sembra riuscirle bene. Romanziere, deejay alla radio, conduttore in tivù, al cinema. Il segreto della multimedialità? «Non è che ci siano trucchi particolari. Le ripeto: sono uno senza filtri, sbotto, dico quello che mi pare. In radio, la mattina, posso farlo senza problemi perché nessuno è ascoltato più di me. Io non aggiungo, sottraggo, e così come sono mi mostro. Funziona. Lo capisco dalle mail degli ascoltatori». Che cosa le scrivono? «Dopo il libro, “Un posto nel mondo”, c’erano quelli che avevano deciso di cambiare lavoro. Raccontavo una fuga dalla routine. Non dico di essere stato io a farli decidere, ma insomma sono servito da molla. Però sono soprattutto le ragazze a scrivermi, quelle che non aspettano più il principe azzurro ma non si accontentano neanche dei suoi ronzini. Oggi una donna intelligente può far molta fatica a trovare un compagno adeguato. Le capisco benissimo. Contesto fieramente il riconoscimento sociale del matrimonio: oggi non sposarsi è spesso una scelta e non una conseguenza, mica a tutti può andar bene come ai miei che sono insieme da quarant’anni. Anzi: quarant’anni meno tre giorni, perché uno dei due a un certo punto è dovuto andare in ospedale». Quanto a lei... «Quanto a me, sono single da anni, aspetto, spero, m’immagino. In questo sono molto femminile. Non credo nella donna della vita. Credo nell’avere una vita, e poi, ma soltanto poi, nel condividerla con una donna. Ulisse andò in viaggio da solo, mica con Penelope». Ha detto che tutto quello che fai, il cinema, la radio, i libri, la televisione, lo fa mentre è alla ricerca di qualcos’altro. Di cosa è alla ricerca? «Nel lavoro che faccio io utilizzo la creatività – svela –, e questa cosa mi determina, mi dà conoscenza di me. Attraverso il mio lavoro, come attraverso le mie relazioni con le persone, con gli amici, con la famiglia, con le donne, c’è una ricerca di sé e io utilizzo il mio lavoro in questo senso. Non ho l’interesse della carriera, non voglio diventare il presentatore più bravo del mondo. Voglio riuscire a fare delle cose che mi permettono di vivere a modo mio». [Lorenzo Casalino]
DENARO, SVILUPPO E CRESCITA
____________________________________________________________________________________________ FIL o PIL? Felicità Interna Lorda o Prodotto Interno Lordo?
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l Bhutan, piccolo Stato Himalayano (650.000 abitanti), è una monarchia assoluta in transizione verso forme più democratiche; è retto dal giovane sovrano Jigme Khesar Namgyal Wangchuck, educato ad Oxford. Il Bhutan segue rigidi principi di rispetto della propria terra e si preoccupa per la felicità dei propri sudditi, incaricando un ministero, tra l’altro, di calcolare periodicamente l’indice della “Felicità Interna Lorda” (Gross National Happiness), a misura del benessere. L’idea della massimizzazione della felicità fu introdotta dal re Jigme Singye Wangchuck negli anni ’70 ed è tuttora considerata linea guida per lo sviluppo ed il cambiamento, così come gli Stati Occidentali fanno riferimento al PIL (Prodotto Interno Lordo). La felicità della popolazione è il criterio adottato per individua-
re la scelta migliore, determinando i fondamentali standard di vita dei Bhutanesi. La Felicità Interna Lorda esprime concetti etici, ponendo l’attenzione sulla persona e i suoi bisogni primari, non limitandosi al presupposto che il benessere di una popolazione possa essere legato solo ad un’economia che gira ... Il FIL implica un processo di ricerca per aumentare il vero benessere, piuttosto che la crescita economica: fa riferimento ai valori spirituali e alla tradizione culturale, così come la salvaguardia dell’ambiente naturale. Il nostro PIL invece è calcolato sulle transazioni in denaro, riferite ai beni e servizi prodotti da un Paese e destinati ad usi finali. Si legge su Wikipedia, alla voce PIL: “... Ad esempio se compri un’auto il PIL cresce, se stai in coda e consumi
più benzina senza muoverti di un metro il PIL cresce, se hai un incidente, il PIL cresce, se sei ospedalizzato il PIL cresce e così via. In questo modo il PIL non fa distinzione tra le attività che contribuiscono al benessere e quelle che lo diminuiscono: persino morire, con i servizi connessi ai funerali, fa crescere il PIL!”. Senza essere catastrofici, riteniamo davvero che acquistare l’insalata al supermercato contribuisca al nostro benessere più che coltivarla nell’orto sotto casa? La prima opzione fa crescere il PIL, mentre la seconda no. Ben lungi dal considerare il Bhutan come il luogo ideale in cui vivere, potremmo però riflettere sull’abbaglio a cui i nostri economisti ci inducono, quando ci stressano con il PIL.
business
SGUARDO SUL MONDO
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[Silvia Boatti, Ethics Officer] LUG-AGO2009
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turismo
in rialzo il suo trend
____________________________________________________________________________________________ Merito senza dubbio delle bellezze artistiche, storiche e ambientali della regione, ma anche di un sistema aeroportuale che sembra avere tutte le carte in regola per rispondere all’afflusso turistico e commerciale.
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ono passati solo pochi mesi da un inverno che per le stazioni sciistiche italiane ha rappresentato un vero e proprio toccasana. Le copiose nevicate hanno infatti riempito le piste da sci di tutti i comprensori, per un giro di affari che si è attestato intorno agli 11 miliardi di euro. Dati confortanti non tanto per il loro valore assoluto (simili infatti alla stagione 2007/08), ma per l’ingombrante presenza della crisi economica che sembrava dover affossare i flussi turistici dell’inverno appena concluso. Ma se l’inverno si può archiviare con il segno positivo, è giunto il momento di concentrarsi su quella che sarà la stagione estiva, partendo dai dati
che hanno contraddistinto l’estate 2008. In questo caso, però, l’ottimismo lascia il posto a molti interrogativi che il sistema turistico italiano si trascina da ormai alcuni anni. È lo stesso rapporto presentato dal ministro al turismo Michela Brambilla lo scorso 3 ottobre a far emergere le difficoltà del bel paese. «I dati emersi registrano una stagione poco brillante – ha detto Michela Brambilla il giorno della presentazione –. Al di là della congiuntura internazionale difficile ovunque, ciò che emerge è che di fronte ad una domanda turistica che, rispetto 10 anni fa, si è decuplicata, non riusciamo né a mettere insieme idee né a realizzare
quelle strategie innovative che sono necessarie per posizionarci in questo nuovo mercato e poi sfruttarne tutte le potenzialità». Al centro dell’attenzione un apparato legislativo e burocratico poco adatto a sostenere un turismo coordinato ed efficace. «Senza l’intervento delle Regioni le cose sarebbero potute andare pure peggio – ha proseguito il ministro –, però sono proprio le Regioni a convenire sul fatto che il nostro turismo non potrebbe mai avere forza competitiva con 20 o 21 politiche di gestione del turismo, l’una disancorata dall’altra e spesso anche in contraddizione tra loro». Tre i campi su cui si intendeva lavorare: una
ture di accoglienza. Campi di azione che richiederanno sicuramente più anni per essere migliorati; per il momento invece ciò che rimane sono i numeri sulla passata stagione estiva. Dai dati forniti dal CESCAT (Centro Studi Casa Ambiente e Territorio) e da Assoedilizia (che ha incrociato i propri indicatori con quelli raccolti dalle organizzazioni di settore) il segno meno è evidente in praticamente tutti i settori: nel complesso, da giu-
gno ad agosto si è registrato rispetto al 2007 un meno 4–5% di presenze che corrispondono a 25–30 milioni di unità. Anche il fatturato, depurato dall’inflazione, si è ridotto di 2,5–3 miliardi di euro, mettendo alla frusta i bar, i ristoranti, le discoteche, le gelaterie e gli stabilimenti balneari. [Roberto Amaglio]
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programmazione che consenta di coordinare interventi su logistica, infrastrutture, reti di trasporto e di servizi, corsi di formazione per migliorare l’offerta dei servizi che, nel rapporto qualità/prezzo, non riesce a essere competitiva con quella di altri paesi e infine uno snellimento di quelle barriere burocratiche che ostacolano l’afflusso dei capitali necessari per l’ammodernamento delle imprese e per la messa in rete delle nostre strut-
Lombardia in controtendenza
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a in questo scenario poco edificante, chi ha fatto registrare un incremento nelle presenze è proprio la Lombardia, che ha confermato il suo tasso di crescita per il quarto anno consecutivo. Sicuramente un trend positivo dettato soprattutto dal turismo d’affari, ma che valorizza anche gli scenari lacustri (con il Garda in testa) e anche quelli di montagna, con le Prealpi mete ambite dagli amanti delle escursioni. Merito senza dubbio delle bellezze artistiche, storiche e ambientali della regione, ma anche di un sistema aeroportuale che sembra avere tutte le carte in regola per rispondere all’afflusso turistico e commerciale. Nonostante le polemiche riguardanti la valorizzazione di Malpensa e l’affidamento dello scalo di Montichiari, nei quattro aeroporti lombardi si stanno registrando numeri importanti che, eccezion fatta per il calo del trasporto merci, stanno tenendo in positivo sia i movimenti che il numero di passeggeri. Tra i quattro aeroporti, maglia rosa di questa particolare classifica lombarda è senza dubbio lo scalo di Orio al Serio, che ha da poco superato il muro dei sei milioni di passeggeri all’anno. E i numeri dell’aeroporto bergamasco sono ormai da un anno e mezzo in continua espansione: solo nel mese di aprile, il movimento passeggeri all’Aeroporto di Bergamo ha registrato un significativo incremento, non solo rispetto ai mesi precedenti, ma soprattutto rispetto allo stesso mese del 2008 (si parla di un +10% rispetto allo scorso anno). I quasi 600 mila passeggeri nel mese di aprile sono numeri importanti per un piccolo aeroporto che sembrava destinato a vivere all’ombra di grossi hangar come Malpensa.
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Low cost e couch surfing
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otivo di questo successo, come riportato dal numero di Repubblica dello scorso 19 agosto, il boom delle compagnie low cost, a cui si affidano sempre più anche le grosse aziende per i loro viaggi di lavoro. Ma il target preferenziale delle compagnie low cost sono sempre più i turisti, soprattutto quelli giovani, la cui elasticità sta dando vita a una nuova forma di ricettività: il cosiddetto turismo soft, contraddistinto da ostelli, bed & breakfast o semplici case private, disponibili ad aprire le proprie porte anche solo per pochi giorni a visitatori o turisti conosciuti su internet. Ed è proprio questa la tipologia di turismo promossa da “Couch surfing”, un servizio di ospitalità gratuita on line che nel giro di pochi anni ha saputo ritagliarsi una scena importante all’interno del panorama mondiale. Fondato nel 1999 da Casey Fenton (un giovane programmatore di 25 anni del New Hampshire), Couch surfing ha costruito la sua fortuna sfruttando al massimo il concetto di
rete. In pratica le persone iscritte al sito possono conoscersi in Internet e, a seconda della disponibilità di ogni utente, ospitare o farsi ospitare da chiunque a costo zero. Niente spese per l’alloggio, niente spese per una guida turistica (solitamente è colui che ospita che si incarica di questo compito) e nessuna fregatura, in quanto le recensioni e i commenti da parte di chi è già stato ospitato mettono al sicuro da temutissimi bidoni. E in dieci anni la copertura di Couch surfing è diventata pressoché globale: dopo gli inizi balbettanti (soprattutto per motivi di gestione della programmazione), a partire dal 2006 si è registrato il boom di adesioni, con il programma che vanta ormai circa 1.142 mila iscritti, dissipati in 231 nazioni e in rappresentanza di quasi 59 mila città. Solo in Italia esistono oltre 160 mila couch surfer, con utenti in tutte le regioni italiane. La comunità milanese è particolarmente ricca, con quasi 2000 iscritti, distribuiti tra la città e
l’hinterland, assiduamente in contatto con i vicini di Bergamo, Brescia, Verona e Venezia, con i quali allestiscono spesso e sovente feste e ritrovi in giro per l’Europa. Infinite possibilità di destinazioni, possibilità di fare amicizie sempre nuove e soprattutto costi ridotti all’osso: in un periodo in cui la congiuntura economica non sembra delle più favorevoli, gli ingredienti di Couch surfing sembrano essere particolarmente appetibili per giovani e non. Quindi, se è vero che Couch surfing non potrà sostituire il turismo tradizionale, fatto di confort, alberghi e servizi al cliente, rimane il fatto che questo nuovo fenomeno economico e sociale ha assunto proporzioni inaspettate e si candida a un ruolo di primo piano nel turismo mordi e fuggi. Starà ora a chi opera nel settore analizzare la situazione per fronteggiare un soggetto che ha tutte le carte in regola per diventare la nuova frontiera del turismo leggero.
tecnologia
Herschel e Planck
verso l’origine dell’universo
____________________________________________________________________________________________ È appena iniziata la grande avventura dei due satelliti europei. Come è nato l’Universo? Come sono nate le prime stelle? E le galassie? A queste e ad altre domande dovranno rispondere questi giganti spaziali
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l 14 maggio scorso la European Space Agency (ESA) ha lanciato nello spazio i satelliti Herschel e Planck con il razzo Ariane–5 dal Guiana Space Center a Kourou nella Guiana Francese. L’esigenza di fare osservazioni dallo spazio è data dal fatto che l’atmosfera che avvolge la nostra Terra rappresenta anche un efficace schermo che protegge gli organismi viventi dalle intense radiazioni ultraviolette, dai raggi X e da altre radiazioni penetranti che vengono emesse in grande quantità dal Sole e dagli altri corpi celesti. Solo le onde radio, la luce visibile e una piccola frazione della radiazione infrarossa riescono ad arrivare fino al suolo, e per questo a terra abbiamo solo telescopi che raccolgono la luce visibile e antenne radio. Per registrare i raggi ultravioletti, i raggi X, i raggi Gamma e il lontano infrarosso, dobbiamo quindi lanciare al di fuori dell’atmosfera terrestre dei satelliti con a bordo strumenti capaci di “vedere” tali radiazioni, in modo da raccogliere una grande quantità di nuove informazioni che ci aiutano a comprendere meglio l’universo che ci circonda. Gli obiettivi scientifici di Herschel sono quelli di studiare la formazione delle galassie del nostro Universo, analizzare la loro evoluzione, cercare di capire la nascita delle stelle e la loro interazione con il mezzo interstellare, osservare la composizione chimica delle atmosfere e delle superfici delle comete, dei pianeti e dei satelliti ed esaminare la chimica molecolare dell’universo. L’eccezionalità di questo telescopio è data dal fatto che lo specchio è il più grande
mai realizzato prima per un telescopio spaziale, con un diametro di 3.5 m, in grado di raccogliere la radiazione a grandi lunghezze d’onda, dal lontano infrarosso fino alle lunghezze d’onda del sub–millimetrico, ottenendo dati prima impensabili. A queste lunghezze d’onda si possono studiare le parti del nostro Universo che sono troppo fredde per emettere a lunghezze d’onda maggiori o minori. Per esempio questo strumento è in grado di analizzare corpi con temperature tra 5 e 15 gradi Kelvin (K, T(K)=T(°C)+273.15) oppure i gas che avendo temperature comprese tra 10 e qualche centinaia di K hanno righe di emissione molto intense in questo intervallo di lunghezze d’onda. Inoltre molti oggetti di grande interesse per gli astronomi, sono nascosti all’interno o dietro nubi di gas e di polveri che non possono essere penetrate osservando in intervalli spettrali diversi dall’infrarosso e il sub–millimetrico. Infatti, nei primi stadi della loro formazione, stelle e pianeti sono circondati dalle nubi di polvere e gas dalle quali si sono generati e siccome queste nubi assorbono le lunghezze d’onda del visibile, solo le lunghezze d’onda maggiori (infrarosso e sub– millimetrico) possono penetrare le nubi più sottili. Dal punto di vista tecnico, collegati a questo telescopio ci sono altri tre strumenti: HIFI (Heterodyne Instrument for the Far Infrared), PACS (Photodetector Array Camera and Spectrometer) e SPIRE (Spectral and Photometric Imaging Receiver). Questi strumenti servono agli astronomi
per ottenere i dati necessari (immagini e spettri) per lo studio degli oggetti di loro interesse. Per ottenere osservazioni a queste lunghezze d’onda gli strumenti devono essere raffreddati fino a temperature vicino allo zero assoluto (0 K=–273,15°C). Il banco ottico, dove sono montati i tre strumenti, è contenuto all’interno di un criostato ed oltre 2000 litri di elio liquido sono stati necessari durante la missione per un primo raffreddamento. I singoli strumenti sono equipaggiati con sistemi di raffreddamento aggiuntivi e specializzati per raggiungere temperature bassissime, per esempio fino a 0.3 K per PACS e SPIRE. Il modulo spaziale, in sintesi, è formato dal telescopio e dai suoi strumenti, da un criostato, da pannelli che proteggono il telescopio e il criostato dalla radiazione solare, schermano il telescopio dalla luce diffusa che proviene da terra e riforniscono il satellite con energia elettrica grazie ai pannelli solari che sono sulla loro superficie esterna, e da strutture di supporto che connettono tra di loro le varie parti e consentono l’isolamento termico dove è necessario. Planck, invece, è stato progettato per mappare il fondo cosmico di microonde, che è radiazione fossile rimasta dopo il Big Bang, con una precisione mai vista prima e determinare i valori dei parametri cosmologici fondamentali, utili per capire l’origine e l’evoluzione passata e futura del nostro universo; infine cercherà di dare delle risposte riguardo alla natura della materia oscura (cioè, quella componente di materia che dovreb-
[Elena Zaninoni]
tecnologia
be essere presente in quanto manifesta i suoi effetti gravitazionali in molteplici fenomeni astronomici, ma le cui condizioni o la cui natura sono diverse rispetto alla materia visibile) che attualmente domina l’universo. Planck è formato da un telescopio con uno specchio primario di 1.5 m di diametro che focalizza la radiazione proveniente dal cielo su due rilevatori altamente sensibili chiamati Low Frequency Instrument (strumento a bassa frequenza, LFI) e Hight Frequency Instrument (strumento ad alta frequenza, HFI). Il telescopio e i suoi strumenti sono posizionati in cima a un modulo ottagonale. Dei pannelli circondano il telescopio e gli strumenti per proteggerli dalla luce proveniente dal Sole e dalla Luna. Inoltre queste strutture sono utilizzate per irraggiare nello spazio il calore generato sugli strumenti e provvedere che l’ambiente che li circonda rimanga stabile attorno ai 50 K (–223°C). A bordo ci sono computer e sottosistemi che permettono al satellite di funzionare e comprimere i dati grezzi che arrivano dagli strumenti. Dei pannelli solari generano l’energia necessaria e proteggono tutto il modulo dalla luce diretta del sole. Come per Herschel, anche Planck viene raffreddato fino a temperature vicine allo zero assoluto. Contributi importanti per la realizzazione di questa missione sono stati dati anche dalle aziende e dalle università italiane e, in particolare, lombarde. Il progetto per la realizzazione di Herschel e Planck è stato seguito dall’azienda francese Alenia Thales Space, che nei suoi laboratori milanesi ha sperimentato gli strumenti e nelle camere bianche di Torino ha realizzato alcune parti che li compongono. Altre industrie italiane che hanno partecipato a questa impresa sono Galileo Avionica, Laben, Officine Galileo, Top Rel e Vitrociset. Inoltre, in collaborazione con la Carlo Gavazzi Space, al Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Milano sono stati testati tre computer a bordo di Herschel. Questi test sono stati fatti in una camera termo–vuoto, in grado di simulare le condizioni del volo spaziale arrivando fino a una pressione pari ad un miliardesimo di quella atmosferica e a temperature da –80° C fino a 120°C. La partecipazione italiana per la realizzazione della missione è stata seguita dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) coinvolgendo varie università, da Milano a Roma, e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
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design
la moda del cartone cresce la sua diffusione
____________________________________________________________________________________________ il cartone considerato come materiale di prima classe: può essere adattato a qualsiasi situazione, non per questo temporanea
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n principio fu il cartone della pizza. Niente di più elegantemente sofisticato e allo stesso tempo semplice ed immediato. Poco ingombro nel trasporto, facile da produrre, un paio di tagli qua e un paio là, et voilà, massima resa e minima spesa. Talvolta anche come piatto. In situazioni estreme o come libera scelta. Comodamente appoggiati ad un tavolo o su panchine con gli amici, appoggiati alla macchina mentre si chiacchiera del più e del meno, incerti sul da farsi per la serata o facendone il resoconto. Fu rivoluzionario. Un vassoio usa e getta. Ma anche un coperchio, un piccolo modulo da impilare. Uno sopra l’altra. Per le serate tra amici. Poi arriva sempre quello che prende il calzone e… fa solo casino. Ma l’idea è sempre la stessa. Un contenitore per un altro contenitore. È già, perché la pizza, intesa come pasta, la base, nasce per far da supporto a carciofini, pomodori e mozzarella e quant’altro. E quale miglior supporto ad un cibo se non un altro cibo? Come il cono del gelato. Provate a metterlo nella coppetta e non è più tanto così gelato. La pizza come un piatto quindi. Ma poi il piatto dentro il cartone. Prendi e porta a casa. Ma che nessuno pensi che basti un qualunque tipo di cartone a fare da supporto. Dal Dipartimento della Sanità pubblica veterinaria e degli alimenti del Ministero, sappiamo che ‘’l’uso di carta riciclata è vietato nei cartoni per pizza d’asporto e che l’utilizzo di fibre provenienti da materiali cartacei di secondo impiego, ovvero “da riciclo” è consentito soltanto per alcuni tipi di
prodotti alimentari, i cosiddetti solidi secchi, tra i quali non rientra la pizza’’. Il Ministero della Salute ha disciplinato i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti fin dal 1973, stabilendo per le carte e per i cartoni requisiti di purezza specifici quali piombo e policlorobifenili. Inoltre, il 27 marzo 2001 è stata diramata una circolare con cui si richiamano le principali disposizioni normative che disciplinano la materia, alla quale si è poi aggiunta, in data 24 gennaio 2006, una nuova comunicazione sulla ultime normative comunitarie sull’igiene degli alimenti e sui materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti. L’avevo detto che nella pizza non c’era nulla di semplice. Come nelle uova. Ma la scatola della pizza è solo uno
dei tantissimi esempi che si possono trovare di oggetti realizzati in cartone. A volte da una necessità deriva un’arte. A volte sola comodità dell’immediato. Altre volte si sfruttano in modo del tutto (in)consapevole le caratteristiche di questo materiale. Le sue origini risalgono alla Cina del XV secolo, mentre nel 1817 in Inghilterra furono vendute le prime scatole di cartone commerciali. Il cartone è un materiale cartaceo particolarmente spesso e pesante, costituito da uno strato ondulato centrale e due fogli piani laterali. Il confine tra carta e cartone è convenzionalmente posto a 224 g/m² con uno spessore di almeno 175 nano millimetri. Facile da reperire, si piega in modo agevole, è resistente, ripara dal freddo. Può diventare anche un gioco, come fanno i bambini creando mac-
Tutta la struttura portante, le pareti, i pavimenti e la copertura e’ di cartone (il tetto e’ impermeabilizzato da uno strato di plastica). Riciclabile al 100%, basso costo, ha decisamente un basso impatto ambientale. L’hanno disegnata gli architetti Stutchbury and Pape, insieme al Ian Buchan Fell Housing Research Unit dell’università di Sydney e, data la sua leggerezza e il fatto che due persone possono montarla in sole 6 ore di lavoro, la propongono come casa mobile, da usare in situazioni di emergenza. Per evitare la risalita dell’umidità dal terreno, la casa poggia su una palafitta. La copertura impermeabile e’ semitrasparente e diffonde la luce all’interno. Sotto la casa vi sono dei cassoni per la raccolta dell’acqua, che fungono anche da zavorra. Per ora è un prototipo, ma si stima che verrà messa in vendita per 35.000 dollari. Passando dalla casa alla bicicletta, Phil Bridge, uno studente inglese di 21 anni, ha costruito una bicicletta usando cartoni riciclati. “Il veicolo verde definitivo” lo ha definito il ragazzo. La bicicletta è costata soltanto 30 dollari (6 per il cartone, 24 per la catena e le ruote). C’è una sola controindicazione: mai usarla in giorni di pioggia… E tutte queste idee per andare incontro al continuo crescere della coscienza ecologica nelle persone che ha creato spazi nelle strategie delle aziende e anche dei privati, che devono essere colmati con l’impegno per soddisfare la crescente domanda di rispetto dell’ambiente. Le aziende fanno di questo il cardine principale su cui far ruotare l’intera strategia aziendale. Le scelte non sono mai disgiunte dalle attente implicazioni ed interazioni con la natura. L’ecologia, in queste aziende, è vista come una possibilità, premiata dalle preferenze del pubblico, per realizzare idee nuove e sviluppi sostenibili. La scelta del materiale riciclabile per eccellenza nella realizzazione degli oggetti di tutti i giorni è una riprova di questo impegno, una applicazione inusuale, quanto efficace ed innovativa ed una risposta alla possibilità di fare, delle proprie scelte, un impegno per mantenere l’ambiente pulito per le generazioni future. Riciclare materiale significa non abbattere alberi, significa, per questo, circondarsi di materiali vicini alla natura, significa impegnarsi in prima persona. La carta e il cartone sono spesso accompagnati da un’idea di fragilità e temporaneità. Ecologici per eccellenza, anche carta e cartone diventano una materia prima utile per costruire oggetti fatti per durare, da utilizzare
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chinine, case, costruzioni, pupazzi. E allora perché tutta questa fantasia che si applica al mondo dei “piccoli”, lasciando fare loro tutto quello che vogliono, non può trovare spazio anche nel mondo dei “grandi”? Deve essere questa la domanda che molti designer si sono posti. O forse non se la sono nemmeno fatta la domanda, hanno solo seguito l’istinto e hanno giocato. Ed è così che sono nate soluzioni di ogni tipo. Sedie, tavoli, scaffali, letti. Addirittura sul sito www.le–clochard. com è possibile vedere come il cartone possa anche ispirare, in modo del tutto apprezzabile, e pure discutibile, o meno, oggetti di vita quotidiana. Applicando per esempio come texture del nostro copriletto l’immagine del cartone, in stile clochard appunto. Ed ecco che una meravigliosa Vespa Piaggio ci appare totalmente realizzata in cartone. Un po’ come se fosse una sfida, un po’ per decorare. È già, perché il cartone permette, grazie al suo prezzo, di sbizzarrirsi, creando, formando, piegando. Ci permette anche di sbarazzarci degli oggetti una volta che siamo stanchi di vederli in giro per casa. Oppure di valorizzarli cambiandogli il colore, dipingendoci sopra quel che ci pare. Ma il cartone non diventa solo arte e cambiamento. Il cartone è anche possibilità di avere quello che non si può avere, realizzando in un attimo e con una spesa irrisoria oggetti di cui abbiamo bisogno. Ed è un attimo che il cartone si trasformi in un letto, in una culla, in un amplificatore, in una sedia moderna, in uno sgabello, in un tavolo, un’agenda, una scultura. Arrivando fino a costruire un ponte. Come ha fatto Shigeru Ban. Un architetto di Tokyo, con base a Parigi, che ha costruito un ponte che attraversa il Gardon River nel sud della Francia. La struttura è composta da 281 tubi di cartone e ha i gradini realizzati con carta e plastica riciclate. Il ponte magari non sarà resistentissimo come quelli che possiamo trovare a Venezia ma può reggere fino a 20 persone insieme. Sicuramente un ottimo risultato per un materiale così “povero”. È facile pensare all’adattabilità di un componente come il cartone. Ma forse non così facile figurarselo come pc case. Ovvero la “custodia” del pc, sia esso portatile o fisso. Addio alla cara e vecchia struttura rigida in metallo. È necessario ora lasciare spazio al cartone. Infatti, dopo quella di cemento, tra le case del futuro a cui gli australiani stanno pensando ce ne e’ una di cartone.
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comodamente tutti i giorni. Lo assicura la loro alta adattabilità e l’ingegno di chi riesce ad inventare sempre nuove tecniche per la loro lavorazione. La libreria da parete disegnata da Marco Capellini nell’ambito del progetto Remade in Italy è formata da tubi di cartone riciclato. Gli ultimi due tubi alle estremità sono fatti in alluminio riciclato, così come i separatori, mentre tutta la struttura è tenuta insieme da un cavo in acciaio, sempre riciclato. E’ leggerissima, flessibile, e altamente personalizzabile: può prendere qualsiasi forma si desideri ed essere colorata secondo i propri gusti. Si fissa alla parete tramite alcuni tasselli. Il desiger britannico Nigel Coates ha invece firmato la sorprendente Oyster chair per Loyd Loom. La struttura di questa sedia è di acciaio mentre la seduta è composta dal Loomtex, un filamento innovativo che si ottiene attorcigliando la carta riciclata. Forme morbide, design elegante e comodità per un complemento disponibile in diversi colori e nelle versioni chaise longue e sgabello. Il riciclaggio delle materie prime porta oggi alla creazione di piacevoli og-
getti con cui arredare e da utilizzare in casa e in cucina. Questa è una tendenza recente, sempre più diffusa: cercare sul mercato prodotti realizzati con processi a ridotto impatto ambientale oggi non vuol dire più rinunciare alle forme piacevoli del design. L’agenzia creativa Nothing ha un ufficio completamente fatto di cartone. Scale, mobili, parapetti… Tutto in cartone riciclato. C’è da chiedersi se sia effettivamente a norma, ma sicuramente è ecologico. Così come i giochi che produce l’azienda Paperpod. Immaginate qualunque tipo di giocattolo per il vostro pargolo. Poltroncine, razzi spaziali, tende all’indiana, casette per bambole e bimbi. Il loro aspetto é semplice, e una volta costruiti serve solo un po’ di fantasia per tirarne fuori qualcosa di originale. Non ci sarà limite alla creatività dei piccoli: basta armarsi di pittura, carta per il collage, o pennarelli. Un designer Giapponese si è inventato la poltrona di cartone multiuso: da sedia a poltrona, passando per divano. Tutta in cartone (con un occhio all’ecologia) e richiudibile, in modo da occupare pochissimo spazio. C’è pure la chiavetta usb incorniciata
in una struttura di cartone. E perché a questo punto non possedere anche un comodissimo riponi cuffie in cartone? Il mondo della tecnologia ci offre un sacco di idee. Quali sollevare il nostro portatile che in estate raggiunge temperature tropicali per il troppo caldo, il nostro iPhone può, debitamente posizionato su una struttura, diventare un perfetto scanner o macchina fotografica fissa, come hanno fatto due studenti di Cincinnati. E perché non far diventare il cartone la parete del nostro negozio? Dove incastrare scatole o oggetti di ogni sorta e specie. Esiste anche il sito http://mycardboardlife.com in cui si possono seguire le esperienze di vita di un piccolo personaggio di cartone che cresce. Senza poi dimenticare le fantastiche sculture/opere d’arte di Mike Leavitt, artista di Seattle, che ripropone qualunque tipo di scarpa in versione cartonata. Mike Leavitt è un creativo e artista americano che si muove all’interno di numerosi linguaggi espressivi, la sua formazione si sposta dall’artigianato, alla scultura, alla pittura, alla performance, alle animazioni, fino ad arrivare anche ad esperienze nel campo
design dell’insegnamento. Tra i lavori personali che possiamo vedere nella sezione Gallery, mi sof-
fermo sulla serie chiamata Cardboard shoes & hip projects. Questi oggetti consistono in una serie di scarpe, palloni, radio, videogiochi, strumenti musicali e accessori di abbigliamento dalla vena “pop” nella realizzazione, e “dada” nella filosofia. Infatti tutti questi oggetti, finemente curati nella loro estetica, altro non sono che le copie in cartone di oggetti “con tanto di logo” dei marchi più famosi. Questo “esercizio di stile” ci permette di elevare la produzione di questo artista a un livello più alto rispetto a un semplice lavoro di abilità artigianale, dato che la sua produzione non si ferma qui, e procede per vari settori, sfruttando diversi materiali e sperimentando un nuovo modo di rileggere l’arte contemporanea correlata ai prodotti di consumo globalmente riconosciuti. Alla base del Liquidcardboard invece c’è l’immaginazione. Si tratta di una linea di prodotti realizzati in modo da poter realizzare molte forme differenti, da vasi a contenitori di ogni sorta. Al London Design Festival del 2008 è stato presentato un bar temporaneo con pareti, bancone, sedie, tavoli e tutto il resto in cartone. E par la serata inaugurale sono stati serviti cocktail in bicchieri di cartone e gli ospiti venivano incoraggiati ad indossare abiti di cartone. E Ikea in tutto questo non poteva assolutamente mancare. Infatti, per non smentirsi, ha realizzato una campagna pubblicitaria prima, e poi delle installazioni a Brooklyn in cui degli enormi scatoloni, posizionati in mezzo alle piazze, contenevano una casa
a misura d’uomo. Dalla plastica alla gomma, dall’alluminio al vetro fino alla carta, oggi praticamente ogni materiale già lavorato può tornare a vivere una nuova vita, senza arrecare danni all’ecosistema e senza esaurire le limitate risorse del pianeta. Molte aziende hanno deciso di includere nella loro gamma di prodotti alcuni articoli che possiedono queste caratteristiche. Forse il cartone ci dà una vaga idea (o piuttosto che vaga, molto concreta idea) di provvisorietà. Come se ciò che viene realizzato in questo materiale ci rimandi un po’ all’idea del trasloco, delle scatole del supermercato. Temporaneità per quello che facciamo e come lo viviamo. Attimi transitori, precarietà ed insicurezza. Incertezza per il futuro ed un chiaro rimando al mondo dei clochard. Ma tutte queste sono solo sensazioni, che, volendo, si può imparare ad accantonare. O a vedere non in modo così negativo. Si può imparare che dalla provvisorietà non nasce nulla di male. Nelle transizioni possono esserci anche fattori positivi. Ci può essere la capacità di adattarsi e di evolversi. O più semplicemente si può smettere di vedere tutto questo nel cartone, facendolo diventare un materiale di prima classe. Paragonabile al legno, al vetro e all’acciaio.
[Elisa Capitanio]
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torna il gilet
gli uomini lo riscoprono
____________________________________________________________________________________________ RASSICURANTE COME COPERTA DI LINUS, COSTA MENO DI una GIACCA. l’offerta è raddoppiata rispetto al 2008 commercialmente è un successo, se ne vendono 7 su 10 maglioncini.
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omini, via le giacche, troppo rigide e costose, preparatevi al ritorno del gilet. Più confortevole, morbido e piacevole da indossare ma soprattutto «come spesso accade in tempi di crisi economica – dicono gli esperti – portarlo è rassicurante», un po’ come lo era per Linus la sua coperta. «Gli uomini hanno sempre meno voglia di sentirsi costretti in abiti rigidi. Il gilè in maglia ha il vantaggio di ben vestire restando un capo comodo», commenta con Le Figaro Lucas Ossendrijver, stilista delle collezioni maschili di Lanvin, sotto la direzione artistica di Alber Elbaz. «Quest’estate non sarà una stagione in giacca e pantaloni, se ne vedranno in giro meno degli anni passati – assicura Franck Nauerz, responsabile acquisti della moda uomo ai grandi magazzini Printemps di Parigi –. La tendenza è allo stile casual e informale. È anche una questione di prezzo: con un gilet si può avere un “look business” pagando meno». Insomma il ritorno del gilet nell’armadio dei monsieur è ormai incontestato, osservano gli studiosi di tendenze: «la giacca è demodé, le sue vendite sono al ribasso, i consumatori prediligono un aspetto elegante ma meno formale». Inoltre il gilet permette con più facilità di variare gli stili, secondo Veronique Nichanian, direttrice artistica delle collezioni maschili di Hermes: «è un pezzo facile da abbinare sia per il giorno che per la sera. In base alle occasioni o al resto dell’abbigliamento il gilet può sdrammatizzare o al contrario dare un tocco più sofisticato, ricercato». Le sue versioni moderne non hanno nulla a che vedere con
i modelli ‘del nonno: il gilè del terzo millennio ha un volume meno consistente, sta più aderente oppure è volutamente largo ma in tessuto leggero, quasi inconsistente. È gilè–mania: «l’offerta è raddoppiata rispetto al 2008», secondo Aujard. Inoltre «commercialmente è un successo, se ne vendono 7 su 10 maglioncini»,
aggiunge Nauerz. La moda del gilè è stata favorita, per Le Figaro, anche dai cantanti rock che ultimamente in scena lo indossano spesso sopra la camicia, portato con cravatta e jeans, e a volte ci mettono anche il cappello per uno stile un po’ retrò. [Lorenzo Casalino]
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andrea del monte la mia arte senza regole
____________________________________________________________________________________________ «Non ho regole fisse, quando sono particolarmente ispirato o le scadenze del committente incombono, viene tutto da sé e in una notte la tela è pronta. Mi piace mischiare un po’ tutto, dal collage agli spray, dall’acrilico ai pennarelli, ho un approccio piuttosto sperimentale».
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ome nasce l’idea di un quadro? Quasi mai cercando di trovare un’idea per un quadro; la maggior parte delle volte facendo tutt’altro, particolari accostamenti di colori attraggono la mia attenzione e mi suggeriscono cosa fare: un disegno in un fumetto, una scena di un film, un pesce tropicale o magari un mucchio di carta straccia. Cosa cerchi di rappresentare con i tuoi quadri? In realtà non lo so, mi spiego: hai presente quando sei al telefono e la tua mano scarabocchia freccette e omini all’angolo del foglio? Non stai a pensare a cosa disegni, è quasi una scrittura automatica... Più o meno è quello che faccio io, cerco di dare corpo a quegli automatismi che stanno sotto la soglia della percezione razionale... catturando tutte quelle presenze primitive che abitano nell’inconscio... sì mi rendo conto, forse è meglio se continuo a dire che non so cosa rappresentano i miei quadri! Quadri e non solo... Mi occupo di design e grafica e non mi considero un pittore. Il mio approccio è più “wharoliano” e data la natura piuttosto bidimensionale delle mie “cose”, certe forme si prestano molto bene per essere riprodotte su poster o magliette... Dall’idea alla pratica. In mezzo tempi lunghi o cogliere l’attimo? Non ho regole fisse, quando sono
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andrea del monte
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ndrea del Monte nasce a Bergamo nel 1975. Gioca con i Lego per molto tempo. Si diploma nel 1999 in Industrial design all’International College of Arts and Sciences di Milano. Dal 2001 lavora come grafico e designer occupandosi della realizzazione di siti web, loghi, immagine coordinata, e progettando complementi d’arredo. Smisurate passioni per la musica e il cinema e per tutto ciò che è intrattenimento pop, lo portano nel corso degli anni ad auto produrre, insieme ad amici e sodali, video, dischi e film. Dal 2003 affianca alla sua attività una ricerca formale e materica realizzando quadri d’arredo e modellando oggetti mutanti in argilla. In particolare attraverso la pittura tenta una rappresentazione del grado zero della percezione inconscia e delle pulsioni istintive primordiali e cosmiche: il big bang non pensa, costruisce artefatti, non esprime concetti, semplicemente riempie tutto lo spazio disponibile.
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particolarmente ispirato o le scadenze del committente incombono, viene tutto da sé e in una notte la tela è pronta... altre volte impegni contingenti, il perfezionismo o anche solo per pigrizia passano mesi se non anni prima che quel grumo colorato incastrato tra i neuroni diventi qualcosa da appendere alla parete.
Quali sono gli artisti famosi che ti hanno influenzato di più? La pop art sia estera che italiana, penso ai quadri a penna biro di Boetti o al già citato Wharol più per le motivazioni che per le realizzazioni, ma se devo dire due nomi che amo incondizionatamente sicuramente Basquiat per l’assoluta libertà e l’immediatezza delle sue visioni e Pollock per il tentativo ossessivo di controllare il caos. Recentemente mi sono avvicinato all’arte australiana degli aborigeni trovandoci molti punti di contatto: il modo di riempire lo spazio con piccoli segni colorati e la qualità sciamanica intrinseca dell’atto pittorico. Ci sono tecniche che unisci? Mondi d’arte che combini? Mi piace mischiare un po’ tutto, dal collage agli spray dall’acrilico ai pennarelli, ho un approccio piuttosto sperimentale verso le tecniche anche perché non ho una formazione artistica prettamente accademica venendo dall’industrial design. E quando dipingo devo avere della buona musica di sottofondo da cui spesso prendo ispirazione per i titoli delle opere. Dove è possibile ammirare le tue opere? Sicuramente sul mio sito web www.delmodesign.com, dove c’è
una gallery completa, oppure in carne e tempera, fino a settembre, sono presenti ad una mostra mercato a Pisa, ma conto per l’estate di allestire un’esposizione in un locale a Bergamo. Non rimane dunque che attendere… [Elisa Capitanio]
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a Triennale di Milano e Marcegaglia presentano Steellife, la prima mostra internazionale d’arte contemporanea dedicata ad un protagonista, l’acciaio, e ai suoi magistrali interpreti gli artisti, curata dal critico d’arte Elisabetta Pozzetti. L’eccezionalità della mostra coincide con la ricorrenza del cinquantesimo anno di fondazione di Marcegaglia, gruppo industriale e finanziario italiano, leader in Europa e nel mondo nella trasformazione dell’acciaio. Con questo speciale evento, Marcegaglia che ha fatto della passione per l’acciaio e dell’abilità nel lavorarlo la propria cifra distintiva, slega la materia da qualsiasi funzionalità pratica e sostiene un progetto espositivo di grande valenza culturale ed
estetica che rientra nelle peculiarità della sua cultura d’impresa che mescola, armonicamente, evoluzione tecnologica e rispetto delle risorse umane. Dalle ore 10.30 alle 20.30, chiuso il lunedì.
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STEELLIFE Luogo: Triennale di Milano Quando: dal 26 maggio al 26 agosto 09 Info: www.triennale.it
Jan Fabre – From the Feet to the Brain
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a nuova serie di opere di Jan Fabre “From the Cellar to the Attic – From the Feet to the Brain”, realizzata per il Kunsthaus Bregenz nel 2008, ha rappresentato un passo molto importante nello sviluppo dell’artista. Con cinque tableaux sculturali, ciascuno dei quali riempie un’intera FROM THE FEET TO THE BRAIN Luogo: Arsenale Novissimo, Spazio Thetis 107 e 109, Venezia Quando: dal 6 giugno al 20 settembre 2009
stanza, Fabre ha creato un mitico mondo di orrore, bellezza e metamorfosi oscillante tra sogno e realtà che sarebbe inimmaginabile in termini artistici convenzionali. I cinque livelli dell’installazione, che ripetendo lo schema del corpo umano prendono in prestito i suoi titoli metaforici da varie parti del corpo stesso – partendo dai piedi alla base per finire con il cervello al livello superiore – creano un Gesamtkunstwerk, ovvero un’opera d’arte totale, di misteriosa complessità. Aperto tutti i giorni dalle ore 11.00 alle 18.00, martedì chiuso.
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Info: www.gamec.it
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er tutto il 2009 ingresso libero alle mostre di Triennale Bovisa. In questo periodo di crisi e di incertezze, Triennale Bovisa ha deciso di compiere un gesto forte e coraggioso: offrire l’ingresso libero a tutte le mostre del 2009 senza costi e senza limiti di orario. Triennale “Free” Bovisa è lo spazio della libertà. Libertà di fare, libertà di pensare, libertà di vedere, sentire, capire. Un luogo da vivere tutti i giorni, tutto l’anno. Un territorio senza frontiere e senza barriere. “Free” Bovisa non significa solo ingresso libero alle mostre, ma l’invito a vivere da protagonisti, tutti insieme, un importante progetto culturale.
Dialogo nel silenzio Luogo: Galleria Lazzaro a Milano Quando: fino al 7 giugno Biglietti: www.gallerialazzaro.it
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giovani con le idee da big
____________________________________________________________________________________________ «Una nostra passione per il rock alternativo britannico, su tutti Radiohead e Muse, che interpretiamo con liriche in italiano: non facciamo la loro musica perchè in fin dei conti abbiamo un nostro sound che ci contraddistingue e che si differenzia dai gruppi inglesi».
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l nome è nato dalla fervida immaginazione del chitarrista (Marco), durante il suo Erasmus a Siviglia. Una notte era a spasso per la Spagna e ha visto un contenitore di soda caustica... illuminazione! Il gruppo era alla ricerca di un nome che avesse un bel suono e al tempo stesso potesse un po’ rispecchiare il lato più alternativo e graffiante, e quell’aggettivo “caustico” calzava a pennello: caustico dal greco “caustico”, cioè bruciante, si dice di quelle sostanze che a contatto con un corpo organizzato bruciano, come il fuoco... «L’Erasmus di Marco ci ha fatto perdere circa quattro mesi» ci dice Cugio «ma almeno, non si sa bene come, ci ha battezzati!» E ancora prosegue Cugio «la nostra musica brucia da dentro. Il nostro lato caustico è quello viscerale e infuocato delle passioni e dei pensieri dell’animo umano. Non vogliamo distruggere ma solo svelare». Niente di “punk” in tutto questo. Anzi, molta melodia e parole “buone”. «Vorrei solo aggiungere che in un certo senso questo nome è ciò che più ci definisce... facciamo pezzi davvero molto diversi e spesso attingiamo da generi e sonorità varie, ma alla fine tutto rientra nell’idea, più o meno cosciente, che ciascuno di noi si è fatto del termine “caustico”. Ora vorremmo coinvolgere più gente possibile e con loro allargare e rinegoziare questo concetto. E un album è sicuramente il mezzo migliore…».
Ora, chiarite le origini del nome, passiamo alle presentazioni. I SuonoCaustica sono: Cugio che è voce e chitarra, Marco che suona la chitarra solista, Paolo che si occupa di chitarra, tastiere e cori, Daniele suona il basso e Federico la batteria. Il gruppo si presenta attualmente con una formazione totalmente rivisitata nel corso degli anni, dal lontano 2003. Il punto di partenza è il liceo e suonando, come vuole la tradizione, nel garage di casa si affidano agli U2 come gruppo di riferimento. Avviene poi, abbandonando le immaturità liceali – che non sempre sono un male – un’evoluzione che li porta,
con l’ingresso nel gruppo di Marco, a spostarsi un po’ più verso i Pearl Jam, un po’ più sul grunge. Negli anni a venire inizia l’avventura in italiano, riferendosi a gruppi come i Marlene Kuntz, Afterhours. Con l’entrata di Paolo il suono del gruppo si arrotonda, trova una dimensione più melodica, senza mai perdere di vista le sonorità rock d’oltre manica che da sempre muovono la band: gruppi come Muse e Radiohead diventano i riferimenti principali della band. Ogni componente del gruppo porta all’interno dei brani le sue esperienze, le sue diversità e la propria individuale formazione musicale. La musica, è ovvio, non è mai mancata né
in casa né ascoltata ma ogni componente ha sempre seguito le propria linea. Paolo viene da una formazione a base di pane e Beatles e negli anni più recenti ha sviluppato una passione per il rock inglese, Dani viene da una scuola più grunge, un po’ di tutto, musica classica, autori inglesi degli anni ‘70. Cugio, il cantante, fonda le sue origini musicali tra gli U2 ed i Pearl Jam, mentre Marco viene da cose un po’ più controtendenza, crossover e altro. In tutto questo è stato trovato un filo comune, l’unione di tante linee. «Una nostra passione – ci dice Paolo – per il rock alternativo britannico, su tutti Radiohead e Muse, che interpretiamo con liriche in italiano. Questo non significa che facciamo la loro musica. E in fin dei conti poi abbiamo un nostro sound che ci contraddistingue e che si differenzia dai gruppi inglesi. L’italiano ha una musicalità differente e si presta ad atmosfere più liriche, classiche, e l’impatto finale è molto diverso». «L’italiano è metricamente più complicato – aggiunge Marco – ma ci offre una vastità di combinazioni che forse l’inglese non ci darebbe». E qui nasce il paradosso della lingua. Perché se la lingua non è madre talvolta è complesso padroneggiarla, anche conoscendola molto bene. «Mi vengono in mente i Linea77 – continua Marco – che, pure essendo piemontesi, hanno avuto un grandissimo successo più in Inghilterra
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a band si forma del settembre 2003 dall’unione di 4 giovani musicisti della provincia di Bergamo. Inizialmente prendono il nome di Motherhood e la chimica che li unisce sembra evidente fin dalle prime prove, consentendogli, nel giro di un paio di mesi di crearsi un repertorio di pezzi propri con i quali riescono a partecipare a diversi concorsi anche a livello nazionale. Nello stesso periodo registrano un primo demo di due brani inediti. Il lavoro sembra fotografare perfettamente le caratteristiche di questo prima fase della loro musica; un mix di inglese e italiano che tocca gli estremi del grunge e del rock più melodico. Tuttavia emerge anche il lato più acerbo della band, anche se accompagnato da una freschezza e semplicità del suonare tipiche di chi “gode” nel fare musica. Il 2004 è caratterizzato da un lunga serie di live e giornate rinchiusi in garage trasformato ormai in sala prove. Sono mesi fondamentali di maturazione che portano il gruppo a delineare le coordinate fondamentali del loro stile e del loro sound, preparando la strada ad un importante 2005. Infatti, è nei primi mesi del 2005 che la band cambia il proprio nome in SuonoCaustica. Tale cambiamento rispecchia simbolicamente una raggiunta identità e consapevolezza di intenti che li porta verso la fine dell’anno ad incidere un nuovo demo di tre brani. Quel lato acerbo che emergeva chiaramente nel primo lavoro scompare, lasciando posto ad uno stile decisamente più solido ed elaborato. Resta comunque quell’anima grunge e viscerale di una musica mai fine a se stessa, una semplicità nel comporre e una spontaneità comunicativa che fanno da filo conduttore tra il recente passato e il presente della loro musica.
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che in Italia all’inizio». Siamo un gruppo molto classico come impostazione musicale, ci piace il rock alternativo, quello sì, non siamo pop, ma neanche un rock aggressivo. Siamo una buona via di mezzo. E alla domanda che “che genere suonate?” è molto difficile trovare una risposta. L’arte non sta all’interno delle parole, segue un po’ le emozioni delle persone e delle situazioni. Dipende da come tutti e cinque si svegliano al mattino, dipende da un sacco di cose ed è ovvio che quello che fanno insieme, costruendo, con le loro singole individualità, segue quello che loro sono. Segue quelle linee di diversità che li hanno portati a cantare e suonare le medesime canzoni. A costruire un progetto comune. «Infatti le nostre canzoni – ci conferma Paolo – sono un sano compromesso dei nostri percorsi artistici individuali. Le nostre canzoni contengono un po’ la nostra formazione. Il nostro background musicale, totalmente diverso, ha trovato un punto in comune. Quindi un punto di forza». Ma entriamo un po’ più nello specifico. I testi delle canzoni sono scritti tutti da Cugio, sono spesso suggestioni, astratti di un immaginario. A volte si parla di vissuto, altre volte di immagini, o di istanti, presi e fotografati in un attimo, racchiusi nella melodia delle parole. Cugio avanza molto per immagini, ci sono molte cose che raccontano una vita, un’esperienza, una persona, un ricordo. Ma principalmente si tratta di suggestioni. Come in Sfera. «Di una canzone canti la melodia vocale. L’arrangiamento poi la rende bella, ma quello che rimane sono le parole. Le immagini che riesci ad avocare nella tua testa e in quella di chi ascolta» aggiunge Paolo. La musica viene dal resto del gruppo. Si parte dal testo, si unisce la base musicale e poi si amalgama tutto, si crea un’emozione nuova. Si costruiscono le fila di una melodia. Ma parliamo ora un po’ dell’esperienza dei live. «Abbiamo fatto una bellissima stagione nel 2007. La partecipazione al concorso Emergenti Live ci ha offerto la possibilità di avere un’ottima visibilità e popolarità. Abbiamo suonato poi su grandi palchi durante l’estate, come alla festa dell’Unità, la Festa della Birra di Trescore, ad Ambria, a Zogno e di partecipare anche poi all’Arezzowave. Siamo stati l’ultimo gruppo bergamasco a vincere l’Arezzowave, come noi, ma prima di noi, avevano vinto gruppi come i Reggae National
Tickets, un gruppo raggae degli anni ‘90, la Famiglia Rossi e i Verdena». In buona compagnia insomma. «Abbiamo suonato anche a Dalmine, al Paprika». E c’è da chiedersi come abbiano fatto in cinque a suonare su quel palco così minuscolo. Ma è un passaggio obbligatorio e un’esperienza. Il 2007 è un anno di successi, e di palchi importanti, con le vittorie di Dalmine Live Festival e di InFestAdo, di grande visibilità grazie a partecipazioni radiofoniche e televisive. «Nel 2008 invece abbiamo vinto Emergenti e abbiamo avuto la possi-
bilità di girare un video professionale con il regista Beppe Manzi. Il primo video che avevamo girato con Roger Fratter è stato un video più “simpatico”. Girato in una villa sui colli di Città Alta, con la canzone Liberamente. Mentre il secondo, quello di Emergenti, l’abbiamo girato in un capannone abbandonato, con una troup cinematografica. Una cosa molto più seria insomma. Con tanto di servizio catering e truccatrici». Il motivo per cui il video non è ancora passato in tv è perché non lo abbiamo ancora distribuito. Nel frattempo si sono so-
otto–dieci mesi, e parallelamente con la nuova stagione intendiamo ricominciare a esibirci dal vivo». L’aiuto di Paolo Pasquariello è fondamentale in questa fase. Non solo perché ci aiuta e ci dirige ma anche perché scrivere una canzone è facile, tutti volendo lo possono fare, ma la parte complicata sta nell’ “impacchettarla”, per renderla quanto meglio vendibile. Lui in questo senso ci da’ qualcosa in più, così da proseguire verso l’obiettivo principale: l’album e l’etichetta. Le linee sono tracciate dunque.
Nietzsche ne “Il crepuscolo degli idoli” sosteneva che «la vita senza musica sarebbe un errore» e, infatti, come si legge sul loro myspace (www.myspace.com/suonocaustica) “Suonare e coinvolgere, divertendosi e facendo divertire. Finora ci siamo riusciti e il riscontro del pubblico si è sempre fatto sentire, continuiamo così e guardiamo avanti!”. La musica c’è, eccome. La vita dei SuonoCaustica ne è piena.
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vrapposti altri progetti, tra cui quello più importante: la realizzazione del nostro primo album ufficiale. Ora dobbiamo solo immaginarceli rinchiusi in sala prove perché «la nostra idea adesso è quella di concentrarci sull’album, con il nostro produttore di Milano, Paolo Pasquariello, mettendo le nostre energie in questo progetto, la parte live verrà di conseguenza. L’idea principale è quella di riuscire ad avere questo album–cofanetto il prima possibile, per gli inizi del 2010. Il progetto verosimilmente ci prenderà ancora
[Elisa Capitanio]
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Festival Umbria Jazz 2009 Perugia
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mperdibile. L’Umbria Jazz di Perugia è uno dei più importanti Festival Jazz d’ Europa. Il Festival Umbria Jazz è stato fondato nel 1973 con la prima edizione a Perugia. Per questa nuova edizione 2009, l’ Umbria Jazz si svolgerà nel mese di Luglio (dal 10 al 19 luglio) con grandi concerti jazz. Saranno dieci giorni
intensi di concerti che si terranno tutti i giorni dalla mattina alla sera nel centro storico di Perugia con tante proposte musicali per tutti i gusti del pubblico amante della musica jazz. Perugia sarà anche per questo 2009 il punto d’ incontro per gli amanti della musica jazz provenienti da tutta Italia, dall’ Europa e dagli Stati Uniti.
Dialogo nel silenzio Luogo: Perugia (Umbria) Quando: dal 10 al 19 luglio Info: www.umbriajazz.com
Madonna: bis per la data italiana
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o Sticky & Sweet Tour 2009 di Madonna ha aggiunto, in occasione straordinaria, una seconda data italiana che si terrà il 16 Luglio allo stadio Friuli di Udine. Inizialmente era stato annunciato un unico concerto in programma allo Stadio San Siro di Milano il prossimo 14 luglio ma, dopo aver esaurito i bi-
glietti per diversi show in calendario a pochissimo dall’inizio delle prevendite e aver già raddoppiato alcune delle date europee, è di recente l’annuncio di questo secondo live italiano. Aggiunte anche date a Marsiglia e Budapest, oltre che in Serbia, Romania e Bulgaria.
madonna: Sticky & Sweet Tour 2009 LUG-AGO2009
Artista: Madonna Luogo: Milano, Stadio di San Siro Quando: martedì 14 luglio Info: www.madonna.com Biglietti: www.ticketone.it
Negrita in tour
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opo il successo degli album L’ Uomo Sogna Di Volare e Rotolando Verso Sud, i Negrita tornano con il nuovo album Helldorado e i concerti live del Tour 2009 in partenza a Febbraio. L’ album Helldorado dei Negrita è stato registrato tra Buenos Aires e la Toscana. Prodotto da Fabrizio
nergrita Artista: Negrita Luogo: Castello Visconteo, Pavia – 14 luglio Villa Reale, Monza – 15 luglio Info: www.negrita.com
Barbacci, con alla batteria Cris Dalla Pellegrina e alle percussioni il brasiliano Itaiata De Sa, si arricchisce anche di tanti special guest tra cui: Roy Paci e gli argentini Bersuit e La Zurda. I Negrita anche in questa occasione confermano il loro sostegno ad iniziative di solidarietà e di impegno
come la campagna PER TUTTI–Acqua–Salute–Istruzione promossa in Italia da Ucodep come parte della campagna globale FOR ALL di Oxfam international, volta a richiedere ai governi di garantire accesso universale a salute, acqua e istruzione nei paesi del Sud del Mondo.
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«palla al centro per l’abruzzo»
____________________________________________________________________________________________ Presentata la partita di calcio che si giocherà il 9 settembre al Brianteo di monza tra la Nazionale Piloti F1 e la squadra del mondo dello spettacolo Metà dell’incasso all’Abruzzo
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rianza Cuore Sport e Nazionale Piloti insieme per un unico obiettivo: aiutare l’Abruzzo in difficoltà dopo il terremoto del 6 aprile. L’associazione dei piloti di Formula 1 si mobilita per la popolazione dell’Abruzzo colpita dal terremoto. In una riunione a Shanghai, in occasione dello scorso Gp di Cina (18 aprile, ndr), i piloti hanno garantito il proprio sostegno alla campagna “Abruzzo nel cuore” con una serie di iniziative, compresa l’organizzazione di un’asta di beneficenza. In prima fila nelle attività di sostegno alle vittime del sisma c’è Jarno Trulli. Il pilota pescarese della Toyota è il promotore di una serie di eventi mirati a dare
brutta tragedia che ha colpito il mio “paese” e l’Italia intera. Questa gente vive un dramma importante e voglio dare loro, con l’aiuto di tutti, lo spirito e la forza per poter reagire e rialzarsi con grande fiducia». La sensibilità del pilota pescarese è altissima. «Quello dell’Abruzzo è un dramma che non si può capire se non lo si vede dal vivo, noi procederemo con la raccolta fondi fino a fine anno per poi consegnare direttamente sul posto queste somme a chi si sta occupando della ricostruzione in quella zona». Il 9 settembre 2009, allo stadio Brianteo di Monza, sono previsti una serie di eventi che caratterizzeranno una
svolgeremo la partita finale appunto tra la Nazionale Piloti e una formazione composta da personaggi della tv e dello spettacolo che saranno con noi». Lo scorso 18 maggio, presso il Comune di Monza, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione cui hanno partecipato oltre a Jarno Trulli, promotore dell’evento, il Sindaco di Monza sig. Marco Mariani, l’Assessore allo Sport e vice–sindaco sig. Dario Allevi, il Presidente della Fondazione Mondiale Piloti sig. Mario Di Natale, gli imprenditori Paolo Ligresti, Giuseppe Malegori e Roberto Villa. Tra gli invitati anche l’ex pilota Riccardo Patrese, autorità e tanti al-
un forte sostegno a tutti coloro che ora stanno cercando di trovare il coraggio per rimettersi in pista. «Abruzzo nel cuore prende per me la scena – confida in esclusiva per “Inside Lombardia” Jarno Trulli – . Sensazioni? E’ tutto fantastico, lo è ancora di più aiutare le persone che in questo momento hanno bisogno di un apporto importante, non solo quello economico». Nell’iniziativa Trulli non sarà solo. «Sono contento perché in parte ho tanti amici che vogliono sostenere con me questa battaglia – spiega il pilota – Personalmente, da abruzzese, ho cercato di reagire di persona subito a questa
giornata all’insegna della solidarietà. Tante le iniziative in programma sono rese disponibili grazie a tante persone e aziende brianzole dal cuore grande. «Per coinvolgere tutti i bambini e i presenti – continua Trulli –, insieme al biglietto sarà consegnata una maglietta a forma di cuore con il logo dell’evento: una coreografia che vuole dare colore ad un evento che vuole lasciare il segno. Un torneo di calcio giovanile aprirà un po’ la scena sin dalle prime ore del pomeriggio ospitando club di società professionistiche lombarde tra cui il Monza e una rappresentativa calcistica abruzzese. In serata poi
tri imprenditori della Brianza e delle regione Lombardia. Tante le autorità che hanno deciso di sposare l’evento. Ai citati, infatti, si sono aggiunti anche il Presidente dell’Associazione Amici dell’Autodromo sig. Enrico Radaelli, la Presidente della Casa del Volontariato di Monza sig.ra Assunta Betti, il Presidente dell’USSM (Unione Società Sportive Monzesi) sig. Pietro Mazzo. Anche Ivan Capelli, ex pilota e cronista sportivo, sostiene l’iniziativa: «Quando c’è stato il terremoto noi eravamo in Malesia e tutti ci chiedevano notizie, è stata una strage vissuta anche dagli altri paesi».
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jarno trulli
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arno Trulli (Pescara, 13 luglio 1974) è un pilota automobilistico italiano. Il nome Jarno lo si deve ai genitori Enzo e Franca che lo battezzarono così in omaggio al motociclista finlandese Jarno Saarinen. Campione di Formula 3 tedesca nel 1996, dal 1997 gareggia in Formula 1, nella quale ha colto una vittoria, al Gran Premio di Monaco e un sesto posto nel campionato piloti come miglior risultato. Attualmente l’abruzzese corre per il team Toyota F1 e detiene due record: quelli del maggior numero di Gran Premi disputati prima di ottenere una pole position e un giro veloce. Trulli entrò in contatto con il mondo dei motori fin dall’età di nove anni, quando cominciò a guidare kart. L’abruzzese ottenne vari successi sia nelle categorie italiane, con la conquista di tre titoli consecutivi, dal 1988 al 1990 nella classe 100, che internazionali con la vittoria del mondiale nel 1991. Nel 1995 fece il suo esordio nella F3 tedesca, guidando per il team KMS e cogliendo due vittorie nelle dodici gare del campionato. Nel 1997 debutta in F1 con la Minardi. Dal 1998 al 2001 si accasa alla Gauloises Prost Peugeot per poi passare alla Jordan. Quest’ultimo passaggio non diede a Trulli i risultati sperati. Nel 2002 avvenne il passaggio alla Renault, team con il quale gareggiò per tre anni con risultati in crescendo. Dal 2005, Jarno Trulli è un pilota del team Toyota e regala i primi podi al team nipponico. La stagione 2009 ha un avvio positivo: Trulli conquista infatti il terzo posto nell’inaugurale Gran Premio d’Australia, dopo essere stato retrocesso in fondo alla griglia di partenza per un’irregolarità della sua Toyota. Al termine della gara, l’abruzzese viene penalizzato di 25 secondi per aver superato Lewis Hamilton in regime di safety car, venendo così retrocesso alla 13° posizione, salvo poi una revisione del giudizio da parte dei commissari FIA e la conseguente restituzione del terzo posto a Trulli. La stagione prosegue in modo positivo al gran premio della Malaysia: qui Trulli si qualifica secondo in prova e conclude la gara al quarto posto, alle spalle del compagno di squadra Timo Glock. Inoltre, il 25 aprile, al gran premio del Bahrain conquista la pole position, dedicandola ai suoi corregionali abruzzesi colpiti dal terremoto.
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Tutto sarà possibile grazie a tutti gli sponsor che prenderanno parte alla manifestazione e, soprattutto, all’ A.C. Monza Brianza 1912, che ospiterà l’evento allo Stadio Brianteo. «Abruzzo nel cuore» rappresenta un messaggio di affetto e una dimostrazione importante che già da lunedì raccoglierà tutta Monza, da sempre sensibile a queste iniziative con l’intento di dare un contributo prezioso all’Abruzzo. L’animazione di personaggi dello spettacolo allo stadio renderà un po’ tutti partecipi e creerà una cornice per una bella sfida, quella che porterà il cuore di tutti a dare il massimo per far sentire il calore di un abbraccio all’Abruzzo. Dalle 14, quindi, fino a tarda serata si delinea così un mercoledì che coinvolgerà lo spettacolo, la passione calcistica e l’armonia di una piacevole giornata. [Lorenzo Casalino]
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s port Trulli e la Toyota
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arno Trulli valuta il campionato del mondo in corso di Formula 1 e svela tutte le sue aspettative sulla stagione in corso. «Mi aspetto una Toyota competitiva - puntualizza a “Inside Lombardia” Trulli -. Sono molto fiducioso e ottimista di poter lottare con la Toyota per importanti traguardi. La Formula 1 è estremamente competitiva e la stagione quest’anno è molto appassionante e interessante». Le potenzialità della vettura sono di grande auspicio verso il futuro. «Mi auguro che riusciremo a migliorare ulteriormente i progressi fatti nel 2008 ed è questa la sfida del nostro team. In F1 è necessario il gioco di squadra, si vince e si perde insieme e la Toyota ha fatto un ottimo lavoro l’anno scorso che mi ha permesso di essere competitivo e di lottare per il vertice. Abbiamo creato le basi ed ora siamo in grado di costruire una squadra vincente. Nel 2008 abbiamo fatto un grande miglioramento e siamo andati nella giusta direzione». Al suo fianco c’è Timo Glock. «è bello lavorare con Timo – racconta il pilota abruzzese –. Insieme abbiamo lavorato bene per migliorare la macchina. Abbiamo un buon rapporto e sono sicuro che sarà così ancora a lungo. è un pilota veloce e sono proprio curioso di vedere se si manterrà su questi livelli. Io e Timo siamo in grado di ottenere ottimi
risultati se la macchina è competitiva, quindi speriamo di poter lottare sempre per le prime posizioni». I regolamenti sono spesso in grande trasformazione. «I nuovi regolamenti hanno influenzato ogni squadra – ammette –. La Toyota ha la capacità di adattarsi a queste nuove regole: è aumentato lo spettacolo». I sorpassi però sono sempre difficili da compiere in pista. «Un po’ le nuove regole effettivamente permettono di agevolare il sorpasso. Ritengo però che non esistono mai sorpassi facili, perché si è sempre in pista con i migliori piloti del mondo e non è mai semplice superarli». La Formula 1 è da sempre la passione numero uno per Jarno. «Mi diverto e sono contento di essere un pilota della Toyota – taglia corto –. è molto gratificante vedere dei progressi e ti senti parte di un cambiamento positivo. Ovviamente le corse sono più divertenti se hai una macchina competitiva e quando puoi lottare per la vittoria. Le mie motivazioni non sono cambiate, sono sempre un pilota che vuole lottare per ottenere il miglior risultato possibile. E poi dopo tanta sfortuna mi aspetto ora, più che mai, una vera svolta nella mia carriera e nel blasone della mio team». [Lorenzo Casalino]
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la nuova classe e
la berlina per antonomasia
____________________________________________________________________________________________ La casa di Stoccarda ha presentato la terza generazione delle vettura
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uando si pensa ad una berlina di categoria medio alta, il pensiero corre subito alla Mercedes Classe E. La casa di Stoccarda ha presentato in questi giorni la terza generazione di questa vettura, presente sul mercato dal 1996, che rappresenta la berlina per antonomasia. La nuova Mercedes–Benz Classe E rafforza ulteriormente la posizione di spicco di Mercedes–Benz nella categoria delle berline di lusso e introduce nel mondo automobilistico nuovi livelli in termini di sicurezza, comfort ed ecocompatibilità, con una ventina di vere e proprie innovazioni. In primis troviamo di serie l’ATTENTION ASSIST, un sistema di assistenza abbaglianti adattivi e la frenata d’emergenza automatica, che si attiva in caso di situazione potenzialmente pericolosa. Il comfort di viaggio viene ulteriormente migliorato grazie all’impiego di una carrozzeria “intelligente”, che vanta una rigidità superiore fino al 30%, all’ottimizzazione dei sedili e all’assetto di nuova progettazione con ammortizzatori in grado di adattarsi automaticamente alle diverse situazioni di marcia (le sospensioni pneumatiche sono ora accoppiate ad un sistema di sospensioni elettronico). Da sempre i tedeschi sono alla ricerca di soluzioni che non danneggino l’ambiente, da qui il risultato di un eccellente contenimento dei consumi (il programma Blue EFFICIENCY). Infatti ben otto delle dieci motorizzazioni previste adottano un sistema ad iniezione diretta che permette di abbattere i consumi di
tri accorgimenti ecocompatibili sono i nuovi pneumatici con una resistenza al rotolamento inferiore fino al 17%, la regolazione di alternatore, la pompa di alimentazione, il compres-
sore del climatizzatore e servosterzo ai fini di un maggior risparmio energetico, e la funzione ECO start/stop, che spegne il motore al minimo. Tra le funzione del computer di bordo
un display visualizza il livello dei consumi, segnalando al guidatore il momento opportuno per passare alla marcia superiore. La nuova Classe E sfoggia propulsori a 4, 6 e 8 cilindri con potenze che vanno da 136 CV a 525 CV. La vera novità è nel quattro cilindri diesel ad iniezione diretta che, a fronte di una cilindrata inferiore, è in grado di erogare una maggiore potenza e sviluppare una coppia superiore rispetto ai ‘vecchi’ V6, grazie al turbo, alla riduzione dei pesi, e un minore attrito interno. Sono tre i propulsori a 4 cilindri completamente ridisegnati, che permettono di consumare 5,3 litri ogni 100 km, montati sulla E 200 CDI (136 CV), sulla E 220 CDI (170 cv) e sulla E 250 CDI (204 CV, tutte versioni Blue Efficiency). La versione di punta per le motorizzazioni a gasolio è la E 350 CDI BlueEFFICIENCY, con motore a 6 cilindri da 231 CV di potenza, mentre da ottobre sarà disponibile la E 350 Blue
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carburante fino al 23%. Il nuovo 4 cilindri diesel registra addirittura un consumo combinato di appena 5,3 litri per 100 chilometri, con emissioni pari a 139 grammi di CO2 per chilometro. Tutte le motorizzazioni della nuova Classe E inoltre sono Euro 5 (la E 350 BlueTEC è addirittura da considerarsi un Euro 6, che entrerà in vigore nel 2014). La riduzione dei consumi è stata resa possibile da studi accurati su tutte le componenti della vettura, che hanno portato a diverse riduzioni di pesi, e a numerose sperimentazioni nella galleria del vento, che hanno fatto ottenere alla nuova Classe E un coefficiente di resistenza aerodinamica CX pari a 0,25. Tale risultato è senza pari nel segmento, ed è inferiore del 4% rispetto al già ottimo risultato del precedente modello. L’aerodinamica della vettura è stata migliorata, ad esempio, grazie ad una “apertura a feritoie” del radiatore che regola il flusso d’aria nel vano motore in base alle reali necessità. Al-
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TEC, dotato della migliore tecnologia attualmente disponibile sul mercato per la depurazione dei gas di scarico. (211 CV Euro 6). Anche i motori a benzina, grazie all’iniezione diretta, consentono una riduzione dei consumi del 20 %: i modelli E 200 CGI Blue EFFICIENCY (184 CV) e E 250 CGI BlueEFFICIENCY (204 cv) montano motori a 4 cilindri di nuova progettazione da 1,8 litri di cilindrata, sono dotati di sovralimentazione turbo e alberi a camme di aspirazione e scarico a fasatura variabile. Salendo di potenza troviamo la E 350 CGI BlueEFFICIENCY da 292 CV e il modello di punta E 500 (388 CV). Non manca la versione di AMG, la E 63, che sfodera ben 525 cavalli. I modelli V6 e V8 montano di serie il cambio automatico a sette rapporti, sia con leva sia con comandi del cambio al volante. Disponibile su alcune versioni la trazione integrale Mercedes di ultima generazione, che si distingue dal principio di trazione integrale finora adottato grazie ad un rendimento più elevato, al peso contenuto e a una struttura più compatta, con migliori caratteristiche di trazione e un considerevole contenimento dei consumi.
[Marco Ravasi]
VERSIONI E PREZZI Una delle principali caratteristiche della Classe E è sempre stata quella di proporre varietà di modelli e personalizzazioni. Oltre alle diverse motorizzazioni sono disponibili 3 tipologie di assetto e 4 versioni di allestimento: EXECUTIVE, ELEGANCE, AVANTGARDE e AVANTGARDE AMG, che permettono di raggiungere un livello di personalizzazione esclusivo, grazie a più combinazioni cromatiche, ai materiali per interni e a svariate misure di cerchi e pneumatici. Già la versione EXECUTIVE adotta, per esempio, cerchi in lega da 16 pollici, inserti in legno o in alluminio, volante multifunzione rivestito in pelle, specchietti retrovisori regolabili e ripiegabili elettricamente, oltre all’impianto di Infotainment Audio 20 CD con doppio sintonizzatore, lettore CD, otto altoparlanti e interfaccia Bluetooth per il cellulare. Un display a colori (5,8 pollici) fa bella mostra sul centro della plancia e può essere comandato sia dal guidatore sia dai passeggeri. La versione ELEGANCE si distingue per la raffinatezza di alcune cromature: cerchi in lega da 17 pollici a dieci doppie razze, inserti in radica e luci soffuse «ambient». La AVANTGARDE si presenta moderna e innovativa, con equipaggiamenti di serie supplementari, tra cui il sistema multimediale e di navigazione satellitare COMAND APS, fari bixeno con Intelligent Light System e luci diurne a LED, tecnica LED per tutte le luci dei gruppi ottici posteriori, cerchi in lega da 17 pollici, una taratura speciale dell’assetto con carrozzeria ribassata e strumentazione con design sportivo a quadranti. La Avantgarde AMG è invece equipaggiata di serie con il pacchetto sportivo AMG che comprende paraurti e sottoporta di taglio più sportivo, sedili sportivi più avvolgenti, volante sportivo a tre razze con comandi del cambio al volante, assetto sportivo con carrozzeria ribassata, dischi freni forati, pinze dei freni con logo Mercedes e cerchi in lega AMG da 18 pollici.
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l’abbronzatura perfetta
____________________________________________________________________________________________ spazio al sole e al puro divertimento, purchè esaltato con la giusta attenzione
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hi dopo un aprile piovoso e dal tempo instabile non ha sentito l’irrefrenabile desiderio di spaparanzarsi sotto il primo sole per il primo assaggio di tintarella? Un’idea senza dubbio condivisibile anche se è necessario adottare i giusti comportamenti per non incorrere in controindicazioni non solo estetiche, ma soprattutto riguardanti la salute. Con la pelle, infatti, non si può scherzare ed è quindi necessario adottare tutte quelle precauzioni utili per non ritrovarsi in pochi giorni un colorito macchiato e molte spelature sul corpo. Ma soprattutto sono altri gli effetti collaterali legati a un’esposizione al sole troppo prolungata: se da un lato i raggi del sole stimolano la produzione di melanina e attivano la sintesi della vitamina D, l’altra faccia della medaglia parla di colpi di sole, invecchiamento della pelle e addirittura il rischio di tumori della pelle e melanomi. Cosa fare quindi quando ci si trova al mare sotto il sole che scotta? In questo breve vademecum estivo le prime attenzioni sono rivolte alle fasce più a rischio, ossia i bambini. •Per i bambini con meno di un anno di età, è consigliabile tenerli al riparo dal sole quanto più possibile; •controllare l’orario anche per i più grandi: evitare l’esposizione al sole nella fascia dalle 10 alle 15; •per i bambini ad alto rischio (quelli con la carnagione chiara), è importante indossare cappello, maglietta a maniche lunghe e pantaloni lunghi, fatti di tessuto a trama stretta. Per i neonati, una carrozzina con una tettoia e’ preferibile a un passeggino aperto; •esaminare regolarmente la pelle del
neonato, tenendo monitorati escrescenze, macchie o semplici lividi; •fare attenzione alle luci riflesse; superfici come sabbia o cemento possono riflettere radiazioni nocive. Anche il sedersi all’ombra o sotto l’ombrellone non garantisce una protezione sufficiente; • non prendere sotto gamba le giornate nuvolose: nonostante il sole coperto, quasi l’80% delle radiazioni solari filtra fino alla superficie terrestre; •fare attenzione alle altitudini. Dai 300 metri sul livello del mare in su, la radiazione aumenta del 4 o 5%. E quanto più vicini si è all’equatore, tanto più forti sono i raggi solari. •evitare assolutamente di mescolare il sole con alcuni farmaci. La fotosensibilità, caratterizzata da esantemi, arrossamento e gonfiore, può essere l’effetto collaterale di alcuni farmaci. Consultate il vostro medico o il farmacista. Ovviamente è controproducente sottoporre i più piccoli a forme di abbronzatura artificiale: lettini solari, lampade e riflettori non sono adatti, così come le pillole o le creme abbronzanti, i cui effetti collaterali non si sposano con le difese immunitarie di un bambino piccolo. Ma se con i bambini si deve osservare massima attenzione, anche gli adulti non possono certo ritenersi al riparo da problemi legati all’eccessiva esposizione al sole. Di conseguenza anche per loro è giusto osservare alcune semplici regole come il ricorso a creme solari, evitare di stare troppe ore sotto il sole (magari facendo attività fisica inseguendo una silhouette migliore) e bere molta acqua a temperatura ambiente.
Tuttavia, più che di regole per chi sta sotto il sole, vista la grande varietà di tecnologie abbronzanti è forse più indicato fare una breve panoramica degli strumenti attualmente in uso per chi, non avendo tempo per prendere la tintarella, non vuole comunque rinunciare a un colorito dorato. Nell’ultimo trentennio, una delle soluzioni sicuramente più utilizzate dagli amanti della tintarella veloce sono state le lampade a raggi ultravioletti. Tuttavia, per quanto la tecnologia abbia fatto passi da gigante in questi decenni offrendo trattamenti abbronzanti sicuri e ottimali, questi trattamenti abbronzanti hanno effetti simili alla reale esposizione solare. Sebbene sia scientificamente provato che una corretta esposizione ai raggi solari o ai raggi ultravioletti delle lampade può essere terapeutica, è altrettanto noto che il loro abuso può creare seri problemi. È risaputo, infatti, che le continue e dirette esposizioni ai raggi ultravioletti possono evidenziare un precoce invecchiamento della pelle, con spiacevoli rischi ed effetti collaterali. Di conseguenza la ricetta per utilizzare questi strumenti è di usare la testa, non esagerare e rivolgersi a un dermatologo, il quale sarà in grado di suggerire il miglior trattamento abbronzante a seconda delle peculiarità somatiche del singolo. Oltre alle lampade, in questi ultimi dieci anni si è discusso lungamente anche sugli autoabbronzanti, prodotti che agiscono sulle cellule morte dell’epidermide dando loro un colorito abbronzato e vivace. Tuttavia questi prodotti non hanno
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ancora sbancato il mercato, anche in virtù di alcuni problemi che ne hanno caratterizzato i primi anni di vendita: invece di donare un colore dorato a chi li utilizzava, la loro formulazione chimica troppo densa causava macchie e colorito giallognolo. Legittimi quindi i dubbi che hanno accompagnato negli anni a venire gli autoabbronzanti, anche se sembra che in questi ultimi anni in questo campo si siano fatti passi da gigante, con il lancio sul mercato di una nuova generazione di prodotti. A garantirne l’efficienza sono diversi professori di dermatologia e non solo, pronti a scommettere e garantire sugli effetti benefici di questi prodotti. Oltre a essere più gradevoli all’olfatto e con composizioni chimiche meno aggressive e più scorrevoli sulla pelle, i dermatologi di tutto il mondo sembrano spingere per l’utilizzo degli autoabbronzanti, i quali non avrebbero le controindicazioni dei raggi ultravioletti o quelli solari. A tal proposito, negli States è stata persino lanciata una campagna di promozione di questi prodotti, volta a disincentivare il ricorso a trattamenti a raggi ultravioletti. I risultati non si sono fatti attendere, con i primi centri estetici pronti a installare le docce autoabbronzanti. A proposito di tale rimedio, anche il professor Marcello Monti, responsabile di Dermatologia all’Istituto Clinico Humanitas nonché docente di Dermatologia all’Università di Milano, sembra non aver nulla in contrari, anzi. «Come è noto il sole può provocare danni molto seri alla pelle. Esposizioni sbagliate, frequenti scottature, abusi di lampade abbronzanti sono fattori di rischio per la formazione di tumori della pelle. Fino a pochi anni fa si riteneva che bastasse evitare le ore centrali della giornata ed utilizzare una buona crema solare per evitare i danni del sole. Oggi si sa che l’importante non è il momento dell’esposizione ma il tempo di permanenza al sole e nemmeno l’utilizzo di creme solari può assicurare una protezione completa. In particolare i bambini sotto i quattro anni devono essere protetti con cappello, occhiali e maglietta. Il rischio di un’eccessiva e poco curata esposizione al sole è la formazione di tumori cutanei, definiti carcinomi, una tra le più comuni neoplasie in Italia se si pensa che ogni anno ne vengono diagnosticate circa 250 mila. In questo senso i prodotti autoabbronzanti non comportano controindicazioni, anche se è comunque consigliabile contattare un dermatologo prima di farne uso».
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un modo di viaggiare col palato
____________________________________________________________________________________________ sempre più persone si lasciano affascinare da gusti e sapori provenienti da Paesi lontani. Se prima era difficile poter trovare qualche locale che offrisse alternative alla cucina italiana, ormai, grazie agli stranieri presenti sul territorio, si GUSTANO CIBI DA TUTTO IL MONDO.
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perimentare è una parola chiave, quando si parla di cibo. Così, sempre più persone si lasciano affascinare da gusti e sapori provenienti da Paesi lontani. Se prima infatti era difficile poter trovare qualche locale che offrisse alternative alla cucina italiana, ormai, grazie agli stranieri presenti sul territorio, c’è l’imbarazzo della scelta: ogni continente trova il suo spazio per soddisfare le esigenze dei migranti e per far scoprire nuove retrovie del gusto agli abitanti del paese ospitante. La cucina araba è senz’altro quella che ha preso più piede nella nostra penisola, ed è quella che trova più seguaci. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, è molto ricca e varia, così come profondamente diversi sono i Paesi che appartengono al mondo arabo: ogni regione esprime nella cucina le sue tradizioni e il suo passato. Oltre alle varie “kebabberie”, in cui si offrono panini kebab o pitte (piadine) farciti con carne di agnello o manzo – assolutamente “halal”, ovvero proveniente da animali sgozzati, per seguire le regole alimentari del Corano – accompagnata da insalata, cipolle, pomodori, salsa di yogurt e salsa piccante, sono sempre più presenti piccoli ristoranti che offrono diverse alternative. Tra queste, il couscous, sicuramente uno tra i piatti forti di questa cucina: di origine berbera, il nome indica allo stesso tempo sia la semola che lo compone, sia la pietanza condita con verdura cotta, carne oppure pesce. Anche il “tajine”, piatto a base di carne o di pesce con verdure, che prende il nome dalla particolare pentola di terracotta in
cui viene cucinato e servito, è molto conosciuto. L’ospitalità araba è ben nota: non di rado, in questi locali, ai clienti viene offerto un bicchiere di thè caldo – solitamente alla menta o al timo – e le porzioni sono generose, qualità che deriva dal fatto che nelle famiglie il cibo viene preparato in quantità abbondanti, per esserne provvisti in caso arrivasse un ospite in più. La cucina araba più vicino a noi è senza dubbio quella marocchina, ma anche quella palestinese si sta sviluppando sempre di più. Tra i piatti tipici, spicca la “maqluba”, ovvero la paella del Medioriente. Il venerdì, giorno sacro e festivo per i musulmani, si cucinavano abitualmente buoni piatti, i cui avanzi venivano raccolti in una casseruola, in attesa dell’arrivo dei poveri: i fedeli musulmani tengono in gran conto l’obbligo di far l’elemosina ai più bisognosi, essendo uno dei cinque pilastri dell’Islam. Poiché risultava scomodo prendere il cibo dalla stessa casseruola, si rovesciavano gli avanzi su un enorme vassoio, sollevando la casseruola lentamente, per sorprendere ed impressionare i poveri e si faceva scivolare il contenuto a rilento, creando una forma compatta. Da questo gesto, probabilmente, deriva il nome di questo piatto, che significa “sottosopra”. Oggi divenuto piatto rinomato, preparato a base di spezzatino di agnello o pollo, melanzane, mandorle, riso e spezie. Accanto alla “maqluba”, trovano spazio i “falafel”, polpette fritte di fave o ceci tritati con cipolla, aglio e coriandolo, le “kibbeh”, polpette di carne d’agnello macinata con “burghul” (grano cotto al vapore, essiccato e poi macinato) e
a base di carne ed hanno un effetto riscaldante. La successione cronologica delle portate che si conosce in Occidente, nella cucina cinese è sostituita da una ricerca di equilibrio a partire dai cinque sapori di base: dolce, salato, acido, amaro, piccante. Il tutto accompagnato dal thè verde, consumato per le sue virtù digestive e decongestionanti. Vi sono inoltre quattro principali cucine cinesi, che devono le loro differenze alle variazioni di clima ed alla disponibilità di risorse di cibo: la cucina del nord, del sud, dell’est e dell’ovest. Quella del nord è ricca di carne di capra e di montone, utilizza molto aceto, aglio e porro per neutralizzare i sapori forti delle carni e, a differenza delle altre, fa largo uso di pasta. La cucina del sud è quella prevalente nei ristoranti presenti in Italia, ed è caratterizzata da gusti più dolci delle altre. Il famosissimo “riso alla cantonese” fa invece parte della cucina dell’est, che utilizza ampiamente la soia, in virtù della qualità presente nella regione. Ad ovest è invece molto speziata e ricca di cotture piccanti ed affumicate con foglie di thè e legno di canfora. Oltre alla continua ricerca dell’equilibrio tra le pietanze, la cucina cinese si caratterizza per gli utensili utilizzati per servirsi del cibo: l’uso delle bacchette, di diversi materiali, risale almeno dalla dinastia Zhou. Altra peculiarità, i metodi di cottura: in Cina esistono 40 – 50 modi di utilizzare il calore nel cucinare: tra queste, la saltatura è normalmente fatta in una “wok”,
una particolare padella dal fondo sferico, l’essenza di questa tecnica è che il cibo è cotto molto rapidamente, a calore elevato e con pochissimo olio. Per cuocere i cibi a vapore si utilizzano invece vaporiere di bambù disposte una sopra l’altra, in modo che quattro o cinque piatti possano essere cotti contemporaneamente. Il Red Cooking è un metodo tipicamente cinese, usato principalmente per cucinare grandi tagli di carne e pollo. E’ utilizzata la salsa di soia, che conferisce al cibo un’aroma intenso e un colorito marrone – rossastro (da qui il nome). Un’altra caratteristica della cucina tradizionale cinese è l’assenza di prodotti lattieri, a causa di un’intolleranza al lattosio presente in numerosi Paesi asiatici. Per chi volesse destreggiarsi non solo tra i piatti della cucina araba e cinese, ma anche di quelle di altri continenti, le guide a disposizione sono infinite: tra queste, “Guida alle Cucine del Mondo: i 100 migliori ristoranti” del giornalista “gastronomade” Vittorio Castellani, in arte Chef Kumalé. Per addentrarsi invece tra riti, credenze e cerimonie per comprendere le dinamiche dell’esotizzazione del gusto, in occidente, tra cucina etnica, fusion e world food, sempre di Chef Kumalè, “Il mondo a tavola: precetti, riti, tabù.”
[Giada Frana]
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“l’hummus”, crema di ceci con aglio, succo di limone e olio di oliva. Un’altra cucina fortemente sviluppata, è senz’altro quella cinese, che in realtà è qualcosa di molto diverso da quello a cui ci hanno abituato i vari ristoranti sparsi per la penisola: non è sinonimo di cucina veloce, economica né di bassa qualità. Alla sua base vi è infatti la stessa forza universale che, secondo l’antichissima filosofia cinese, si estrinseca in tutti gli ambiti della vita ed alla quale l’uomo deve uniformarsi: il Tao (la Via). Il Tao si manifesta attraverso due forze opposte, lo “Yin” e lo “Yang”, rappresentate di ambito in ambito da luce ed oscurità, maschio e femmina, dolce e salato, freddo e caldo. L’equilibrio di queste due forze è alla base dell’armonia dell’universo, della vita dell’uomo e naturalmente, anche della sua cucina: già migliaia di anni fa per i cinesi l’alimentazione era così importante che le caratteristiche dei cibi e degli alimenti venivano attentamente studiate dai medici e dai taoisti che individuavano in una corretta ed armonica alimentazione uno dei modi principali per migliorare la salute ed allungare la giovinezza degli esseri umani. Equilibrio è quindi la parola chiave che ne caratterizza le ricette. Un pasto non deve soltanto armonizzare i gusti, ma trovare un’armonia tra il caldo e il freddo. Anche gli alimenti vengono suddivisi in “Yin” e “Yang”: i primi sono quelli femminili, umidi, teneri e rinfrescanti, sono i legumi e i frutti, mentre i secondi sono quelli maschili, fritti, speziati o
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Tenerife
la perla delle Isole Canarie
____________________________________________________________________________________________ Non solo grandi alberghi e divertimento notturno. Negli angoli nascosti dell’isola si trovano paesaggi incantevoli ed unici e piccoli paesi legati alle tradizioni.
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onosciuta ai più per i grandi alberghi, le spiagge, il sole e i divertimenti notturni, al di fuori dell’area affollata di Playa de las Americas e di Los Cristianos, Tenerife (da “tiner” montagna e “ife” bianca, ovvero Montagna Bianca) nasconde luoghi incantevoli e unici. Basta affittare un’auto ed iniziare a girare
l’isola per incontrare i diversi tipi di paesaggi racchiusi in questa piccola perla dell’oceano Atlantico. Prima di tutto bisogna sapere che, nonostante la sua superficie di soli 2043 km2, al centro vi si erge il Teide, il vulcano dell’isola, che raggiunge i 3718 m di altitudine e che detiene il primato di monte più alto di Spagna. Risalendo il suo pendio dalla parte sud dell’isola, il paesaggio cambia rapidamente, passando da zone quasi aride e bruciate dal sole, ai boschi di Pinus Canariensis. Terminata l’area boschiva, l’altopiano del Teide lascia spazio alle colate di lava, che creano un’atmosfera straordinaria, quasi lunare, dove solo pochi piccoli arbusti riescono a sopravvivere e il silenzio regna sovrano. Per capire la straordinarietà dell’altopiano del Teide basti pensare che molti registi hanno lo scelto per girare spaghetti western o film di fantascienza, come alcune scene di Guerre Stellari. Per i più atletici c’è la possibilità di percorrere i numerosi sentieri e salire, a piedi o in funivia, fino alla caldera del vulcano. Passando invece sulla costa, nella parte nord–ovest, si trova l’Acantilado (scogliera) de los Gigantes, con le sue enormi pareti rocciose, alte 600 m, che cadono a picco nell’oceano, e Punta Teno, famosa per il suo faro e un piccolo porto di pescatori, raggiungibile attraverso una strada tortuosa e ventosa che si arrampica sulla costa. Non bisogna dimenticare le incantevoli spiagge di Tenerife che attirano qui la maggior parte dei turisti. Tutte le spiagge dell’isola sono caratterizzate dalla sabbia nera, tipica delle zone
vulcaniche, tuttavia a Santa Cruz si trova una spiaggia artificiale, Las Teresitas, creata con la sabbia bianca e sottile importata dal deserto del Sahara. Per gli amanti del windsurf e del kitesurf le spiagge del Medano, a sud, sono le più indicate, invece in quelle isolate del nord si pratica il surf. La parte nord dell’isola è straordina-
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riamente rigogliosa e verde, adatta per fare escursioni a piedi su sentieri che partendo dai pendii più interni sbucano sull’oceano. È stupefacente notare la miriade di piante e fiori diverse che vivono su quest’isola. Un arbusto particolare, oltre al pino canario, è il drago, un albero a forma di ombrello, di cui un esemplare millenario si può vedere a Icod de los Vinos. Dal punto di vista culturale, gli abitanti di Tenerife sono molto legati alla storia locale e alle loro tradizioni. Una visita merita la Basilica de Nuestra Señora de Candelaria, risalente agli anni ‘50 del XX secolo, che si trova ai margini del centro di Candelaria, affacciata su una spiaggia rocciosa e fiancheggiata da una piazza in cui sembrano fare la guardia nove statue di guerrieri guanchi (il popolo che abitava l’isola prima dei conquistadores). In ogni periodo dell’anno si può venire a contatto con le tradizioni locali, attraverso le feste religiose e le sagre di paese. Da non perdere sono le suggestive Via Crucis, che si svolgono durante la Settimana Santa in tutti i paesi di Tenerife, e le Romerias, feste di paese dove si possono trovare prodotti tipici; le più importanti sono quella di San Roque a Garachico e quella di San Marco a Tegueste. Una nota particolare va al Carnevale di Santa Cruz, dove i festeggiamenti
proseguono ininterrottamente per vari giorni, sia di giorno che di notte. Per conoscere appieno l’anima di quest’isola, bisogna visitare anche i piccoli paesi, come Igueste e Masca. Anche a Tenerife non mancano certo delle attrazioni dal punto di vista architettonico. A Puerto de la Cruz si trova Costa Martianez, il parco acquatico progettato da César Manrique, architetto e artista nato a Lanzarote, la cui filosofia era quella di
creare delle strutture che fossero in armonia con il paesaggio e la natura. Non per altro, queste piscine sono alimentate dall’acqua dell’oceano e l’ambientazione è stata realizzata con rocce vulcaniche. Posto alquanto più turistico della città è il Loro Parque, uno zoo che contiene 340 specie di pappagalli, oltre a 15000 animali acquatici e il “pinguinario” più grande del mondo. A Santa Cruz, invece, in riva all’oceano, trova posto l’Auditorium di Tenerife, realizzato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava. A pochi chilometri da Santa Cruz c’è La Laguna, cittadina molto vivace, sede dell’università e che fa parte del Patrimonio dell’UNESCO poiché rappresenta una delle prime città coloniali spagnole non fortificate, il cui modello venne utilizzato per le prime colonie americane. Per i turisti a Playa de las Americas non mancano molti locali notturni di tendenza per la sera e favolose spiagge e un parco acquatico per il giorno. Non ci si può certo dimenticare della cucina tipica di Tenerife. In molti piccoli paesi sulla costa, come Punta del Hidalgo e Candelaria, si trovano le “Confradía de los pescadores”, dove si trova dell’ottimo pesce, appena pescato e a poco prezzo, oppure le “tascas” (trattorie), dove si possono gustare molti piatti tipici. Tra i liquori locali invece si trova il cubana, a base di banane, e il ron y miel (rum al miele). Tenerife, quindi, nasconde tantissimi luoghi unici che vale la pena visitare, anche a costo di qualche ora di sole in meno.
[Elena Zaninoni]
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