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Burano e Mazzorbo, laguna pastello
Un ponte di legno divide Burano da Mazzorbo. La prima, famosa per le sue case colorate e per i merletti è, con Murano, tra i centri più celebri e visitati delle terre di Venezia. Mazzorbo è spesso considerata un’appendice della prima, pur conservando una sua particolare identità. Situate nella parte settentrionale della laguna di Venezia, Burano e Mazzorbo sono raggiungibili in vaporetto dal capoluogo e anche da Punta Sabbioni e da Treporti. Burano è una sorta di
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sorta di piccola Venezia, dal territorio quasi completamente coperto dall’abitato, costituita da quattro isole separate da tre canali interni - il rio Pontinello, il rio Zuecca e il rio Terranova - e composta dai sestieri di San Mauro, San Martino Sinistra, San Martino Destra, Giudecca e Terranova. Mazzorbo, invece, è costituita da tre isole, la principale situata a est, l’isola delle Eremite, e le due parti di quella che era l’isola di Santa Caterina, una delle quali disabitata.
Canne e colori
Furono i barbari a costringere gli abitanti della romana Altino, dove pare abbia origine la storia di Venezia, a rifugiarsi nelle isole della laguna, alle quali venne dato il nome delle sei porte della città, Murano, Ammiana, Costanziaco, Torcello e, appunto, Burano e Mazzorbo. A Burano, il cui nome deriva dalla “Porta Boreana” - posta a nord-est, nella direzione in cui soffia la Bora -, un tempo c’erano le palafitte, dalle pareti esterne costituite da canne intrecciate e intonacate con fango, con i pavimenti
in terra battuta e i letti fatti di foglie secche. Arrivarono poi le costruzioni in mattoni colorati per delimitare le proprietà, anche se si narra che fossero gli stessi pescatori a volerle colorate, al fine di riconoscere la propria abitazione al ritorno dai lunghi periodi di assenza dovuti alla pesca. Antica sede di ricchi palazzi, monasteri e chiese, Mazzorbo raggiunse il suo massimo splendore nel X secolo, per perdere poi importanza con l’ascesa di Venezia dopo il Mille, quando divenne un’isola campestre.
Canali multicolor
Una moltitudine di colori sulle facciate delle abitazioni che si affacciano sulle verdi acque dei canali rendono Burano uno dei centri più colorati d’Italia. Il rosso e l’azzurro, il verde e il viola, il giallo e il rosa si susseguono in un’alternanza cromatica unica e straordinaria. I canali che dividono le isole che compongono Burano sono un variopinto percorso intervallato da ponti che collegano i calli e i campielli dei sestieri. Ristoranti e botteghe artigianali popolano Piazza Galuppi, l’unica dell’isola, mentre via Giudecca, via
San Mauro e via San Martino Sinistro sono le strade più colorate e ricche di negozi. Da non perdere una visita al Museo del Merletto, per conoscere la storia e la tradizione del più apprezzato prodotto artigianale dell’isola, ma anche l’antica chiesa di San Martino Vescovo, autentico scrigno di tesori tra cui la famosa tela di Gianbattista Tiepolo, oltre al caratteristico campanile pendente. Tra le goloserie tipiche dell’isola c’è il Bussolà, il dolce tipico a forma di ciambella preparato con uova, farina, zucchero e burro.
Orti lagunari
Quando attraversi il “Ponte Longo” e ti lasci alle spalle Burano ti pare di approdare in un’altra laguna. Al fitto abitato della terra dei merletti si contrappongono gli spazi aperti di Mazzorbo, caratterizzati dalla presenza di varie aree coltivate. Orti e vigneti si alternano alle case colorate in uno scenario di pace e tranquillità affacciato sulle verdi acque della laguna. Antica meta di svago dei ricchi veneziani, della Mazzorbo di un tempo - che contava cinque chiese parrocchiali e sei monasteri -, rimane la
chiesa di Santa Caterina, l’attuale parrocchiale, eretta tra il 1283 e il 1291 in stile gotico-romano. Tra i prodotti tipici della colorata Mazzorbo vi sono le “castraure di Mazzorbo”, il primo frutto della pianta dei carciofi, ma anche le uve coltivate nelle storiche tenute dell’arcipelago, mentre nei locali dell’isola si servono i piatti della tradizione lagunare a base di pesce e carne e ovviamente di ortaggi prodotti sull’isola tra cui, periodo permettendo, quelle preparate con le stesse “castraure”.