Eallaigamma
Ridotte insieme ad altre ebook@
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[...] L'uomo non è composto di due cose, altrimenti tutta la vita su questa terra sarebbe troppo comoda. Se tutti potessero dire: non sono stato io, quando prendono una cantonata, dove ci sarebbero ancora ordine o disordine? [...] Rober Walser, L'assistente
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(Einaudi, 1961)
5 ridotte per inizio conversazione
1. ma anche sotto la pioggia la gente straripa e tante storie nella scrittura. Poco spazio, ci si confina (buffo che il sonno usi una piccola clava per ampliare il sistema) la rotondità delle teste impressiona a bella posta ristagna o sdrucciola come la ghiaia: basta un tocco e all'improvvisa schizza il sasso. Testa poco girevole e senza piume, però che effetto.
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2. Uno dice: stai nel muscolo, sul bel nespolo del suo corpo elastico, in rete contro il freddo e lombrichi di nervi che ti cambiano. Se ci sono sentimenti, meglio: li cogli frutti e poi che agri, perdono i semi. Al posto suo, baderei ai rami e ai fiori guerrieri.
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3. essere qui, per noi, aperti prima che il vagito dei riflessi chiami ciascun corpo nella propria culla e si muova la goccia d'acqua che sigilla lo specchio nella cella, l'io nella domanda.
4. la lingua si rivolta per estrema somiglianza scatta ogni spina. Se non buca, trasuda tenta la strada, riprova. Altra che affoga stremata su due pali in gola.
5. e semplice la lingua, irresistibile per le morti future, o qui con i vestiti sulle sedie la strada della sua rarefazione, in mezzo ai nudi del presente, al prossimo che t'impiglia il sangue per il rinculo che ti spara in fronte, adatti il codice e le attenuanti generiche di scrivere, prendendo il segno per una forza debole.
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insieme ad altre ...
*
da subito l’acqua l’estremo onanismo del feto nel guscio di noce. Non gli importa di nulla: sprofonda. Non ancora a pelo dell’ombra lievita la parca violenza che punta le ossa, che al culmine arrossa la spugna dei vasi, non ancora usignoli e dentro bagliori, torce dalla testa ai piedi.
* Erratico entrare e poi uscire sbattendo dall’iride l’eccesso di colore in acqua il nuotatore coglie di lato un narciso di luce. Quello che affiora, disteso lo specchio, sparisce al di là delle vite, della tela di cui sono fatte le fasce.
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* Su di un treno che corre puoi pensare alle volte che il viaggio è entrato sottopelle non con il bruciore di un fulmine ma con l’assieparsi del verme che scava le nostre città minerarie
* Fuori la bocca il freddo incrosta ogni lieta novella sbatte la tavola periodica che lo studente addenta insieme alla speranza di mettere la lingua in lei più a fondo. Passa d'identità il modello ergonomico di un io pescato a caso, come un calzino spaiato probabilità alla mano.
* Il volto che intacca la foschia del mattino negli occhi ha un rigo per fasi lunari di luce che rimane sui rami anche se ghiaccia avvolgendo il mondo che nasce con la sua sciarpa.
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* al dolore nessuno sa porre rimedio ma come sopporti. Certi luoghi dei morti o gli abissi sono piĂš giusti nessuna moneta che cade gira la faccia, fa rumore.
* I morti compongono i fili che ogni cruna riporta ai bagliori ripassando i disegni col proprio. Sul vasto tappeto la terra cala sottile freme a poche spanne d’amore che solleva le frange e distingue ogni piccolo punto, lo svolge.
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[per foro]
Se inonda un canto marino alle spalle giĂ sorridente per averti sul margine con le vele degli occhi che prossime gonfiano forme; non fai in tempo tranne che luce, a sciogliere il sole veleggiare come si vede.
* il sole è un sole. Nella stanza piÚ oscurata va a appassire di radici che non escono dal gruppo nulla aggrappano del bollore oltre orlo. Il cervello è un modello della schiuma curvatura di balena, bianca mira.
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O pura foschia, se doratura che si gratta che si acquatta è sufficiente una campana per incrinare questa tua conchiglia che preme sull'orecchio col carico del flusso appena spesso del fondo sulle labbra, che oscilla. Cresciuta poco lei.
* se terra e terra e alla fine della sabbia l'ombra si allunga, scavando la tomba fino a squarciarsi la gola passa via ogni cagionevole parola la fatta luce rivolta il problema anche lei scava scava.
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[di visi (anche mali o furori di testa) ]
c'è il sole, in tempo d'amore la giornata che è breve. La luce scorre, portando le ombre con un guinzaglio di salice Chi sei è impercettibile tanto vale un ramo di nuvole che fa alzare il viso senza ali né filo
* la testa valica piano sperando un appiglio radioso di sole appena straripato. C'era una tempia nel fuoco, l’altra piccata sull’albero Magari servisse come scarico lungo il collo, direttamente dal cervello la sua sostanza soffice d'agnello uscire dal dolore in grazia di un chirurgo cerchio per cerchio, proprio, in agguato
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* cosĂŹ la fronte posa la cenere e il vento che dal profondo l'ha udita, nemmeno strappata. Ma quel sorriso appeso alla ruota (nella bocca passa il mulino), l'umore salino che tratta il ciclo dell'acqua scaldando il suono col fiato, la magia nera della luce per fuoco. Parti tenere, si accade o avide. E un dar di baci che sposta pesi dove sentitamente vuoti.
* e doppi vetri tanti quei baci che non si scostano eppure l'aria un dentro scivola Pare che gelida la giĂ scintilla e con poca soglia la campana della lingua si faccia sorda.
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[vocabolo che rapisce rit ratto (a bocca aperta)]
Su mordi, tu pulsi la tavola degli elementi e forse più lupi tornano su per la gola leccando la cara frattura, l'eco di una varietà che dilegua la bocca più bella. Ultima nata, già tenera e non basta una notte di amore totale con l'arco della fame dissotterrato generazione dopo generazione. Perché bene, sta a cuore, di poesie (di piacere), salite per balzi tuttavia su tralci di dati sensibili, indifferentemente prosaici.
* Tuttavia è bocca. E medita e soffia una tale abbondanza di gesta che il muscolo cardiaco mostrato per eco non a caso intonato, a riprova odioso fintanto riso, lanciato sul muro o con tensione da settimo cielo.
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* Tuttavia chi scrive incomincia a trascinare il proprio terrore lo espone blando agnello sacrificale. Ăˆ carne la sostanza piĂš breve mangiata d'insieme / prendete la polvere Sopra lo spezzarsi di tavole il silenzio che serve, barra pupille invero sgozza le sillabe.
* E del resto ogni bacio ci occupa parole a venire e senza le altissime cancellature delle sue lingue continue non saprebbe d'amore preso dal comune mortale dal perchĂŠ, dal come.
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[l'amore con quel tocco è perfetto]
L’amore nel suo giro di poesie preferisce quelle oscure dove in mezzo si allacciano le ombre. Anche la sola parola non è semplice: l’amante suggerisce prendimi l’amore forse.
* Tutta la notte col nostro battito di pendole amandoci per tenere grida di aiuto troviamo la strada come api sulla fruttiera non troppo rapidi e nemmeno in fila senza risparmio la celletta di spugna, la bocca dorata che adagia e disegna
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* (ciò che il tuo bacio profila si muove preda della figura, cieco solleva la propria cintola cercando sotto la radiosa lingua non vento, cosa piuttosto àncora)
* L’ amore mi toglie i vestiti e le parole e con cura li depone di fronte allo specchio. Quando il clima del mio petto torna calmo, senza sforzo la scelta con la quale mi rivesto è il suo tocco fiammifero lungo il corpo
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* Uno scambio di liquidi che provengono celesti ma senza potere sulle fiamme. Lo stesso, fontanelle all’amore e alla morte che trepide lucertole rigenerano la coda lasciata lÏ, come avviso come premura
* Il bacio che abbiamo rifatto mille volte tenendoci forte (le lingue amatorie che sulla morte frenano come cinture di sicurezze) c'è gioia di acque, un principio che giunge: la metà a che serve.
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[baci a mangiarsi e fiumi a reali vicoli indoratori]
È notte e tutto pienamente riunito non medita il peso che altrimenti distoglie. Ti porto nella camera d’alghe scavata nel mare immersi teniamo la chiave perché trabocca dai fiume solo ciò che divide ma diviso e dopo, non più riparato sulla cima di onde quel cieco.
* Le case in onde strette – a ridarci lo spazio di una notte proporzioni e peso * – Con noi un bacio non ancora sprofondato ma fioccoso. Lo udiamo, accade marino, poi prende la costa prepara il nodo. Chi si ama piano, attratto non può scappare. Ripete. Già spiegato dalla nube per ora non stride.
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nella conchiglia il desiderio cocente di continuare il mare, proprio come nelle fiale il principio sopravvive, agitato porta a compimento il fiume la nota piĂš accostata, acutamente che medita e profonda sulla carne
* la colomba la notturna so che l’acqua si dischiude e sul guanciale anche oggi trasparente va a morire. Ma anche se breve e senza colore anche se cade bianca di neve anche se fugge osserva le bocche: sulle nuvole, non sono sparse portano lampi, infiggono.
* i nostri cigli di soli alberi dove arrampicano visioni cocenti piĂš tardi la calma piatta dei sensi il mare che si ritira dagli alluci.
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la terra fin dall'attaccatura della nuvola sull'orlo fossile che raccoglie il mare. Dentro il sole e vivaddio il creato quello che dopo mi allunghi da un tempo sovraccarico. Se usassimo un coltello, la camera verrebbe via col frutto e lontano dal rimosso polpa su polpa, la forza di cambiare lingua inquieta d’attimo come la sabbia
* Ancora, ancora nel vapore le carezze agitano il fiume per il ritorno dove ci si perde, dove fra il mare e le isole lisciando sulle mani i raggi del sole le senti sicure, prese dall'albume.
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[manicure 1]
dai monti cadono fisionomie di nuvole rese piÚ anemiche in fase di nascere. è piuttosto difficile lo spazio aereo per la mano di un uomo: persino messa sul fuoco crepita invano ma l'areola profonda del pugno sostiene il nido, ogni dito che torna se non prigioniero.
* tuttavia la mano non procura altra alternativa che conservare il fuoco mentre il lampo si allontana. Fa parte dell'insidia stringere la gioia che sbatte nella scottatura la mano vi si immerge nuda tirando su la grande luce che risuona, la stella dalla pozza. Del resto il cielo ha molta stoffa per filtrare il pulviscolo che sale. Rimane un fondo di calore, un dito che si gonfia e incede.
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[l'essere scoperto con il dito nella luce]
Fin dall'infanzia ogni dito è scorto mentre rovescia la luce in basso e nella foga della pittura strappare il velo che lo lega al fondo scuro di un riparo utilizzato da Dio che come un ladro da lÏ osserva cosa scaturisce e se abbandona la guardia.
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[manicure 2]
la mano che venne adottata prima che nella sua presa celeste lanciasse il cielo lontano la mano, quella terribile mano uscita dalla trama, agitando la paura della nuova era a lungo è preda della sua stessa veglia che nella coppa della lampada e dentro non fermarla la cera sciolta, rigida alle braccia.
* Quel tono salito per ripido buio estraeva il bambino da un terrore dolente lo gettava nell'età di fronte con la mano principe a uccidere il nato. Da sempre è l'anticipo varrebbe l'uomo l'arto fantasma parte del sogno.
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Se il braccio quando solo rabbuia e densamente trema spingendo l'altro alla deriva senza aprire la strada a nessuna certezza se questo braccio poi lasciata la stretta incomincia a mettere una foglia la prima chiglia di una mano contempla l'acqua, si allunga.
* Scocca la linfa a gocce come cade la pioggia che tanto pi첫 in fretta riversa cavallette d'acqua che non mangiano il divino stanno solo fitte fitte sulla terra o la mano sente il nulla sente e slarga ogni singolo dito in punta come una lancia.
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[crampi]
prima scrittura l'uomo sente che prova la gabbia atterrita seppure dorata da un nido di luce. Nessun ala capace di tenere il tempo troppo a lungo. Un giorno una riga si fa lampo e somiglia al nervo prima che i tremiti zampillino e le immagini cedano la sostanza glabra, a far da limo, fauna o flora.
* un temporale ancora molto prima echeggiante dentro le cortecce del cielo scorticato quel tanto di vivo che non sai dove il pezzo affondi mio - tuo elettrizza in tessuto i capelli e pi첫 notturni i lampi e freddi invasano gigli di pietra con la lama la voce bianca che al colmo deriva.
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ti spinge, vale la pena posare il piede avanti come un nome quando deponi la sua chiave non si sottrae alle figure sulla carta nasce un amore per le voci riparate che di tanto in tanto si mostrano taciute e a riprova di una luce, un tratto dove germoglia il ciottolo sillabico.
* un lampo fra mille temporali che allagano i confini del crepuscolo in cambio il fresco e una farfalla di voce sulla strada la grande parola come fiore levitante allo stesso modo di isole che dentro le acque gemellano gli scogli. Onora i bordi ma pi첫 silenzi la bocca piena di lapilli per cui andare innati e pazzi.
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[pluviali ovvero erbari che doppi, plastici]
la pioggia lentamente sull'incudine e la cenere rimasta nelle unghie, quanto stretta dalle forge corrisponde il crepitio piegato in due Diventarlo per le vie che si sentono battute passate in un lobo di vetro e asfalto all'assurdo di ritenerlo adulto quando bambino era pieno di bosco e senza paletto il corpo, nĂŠ pretesa di essere conficcato.
* il padre e la madre, prima di partire caricano le ceste di parole e tu diviso equanime nei boschi leghi i tuoi zoccoli. PiĂš tardi ancora i morti parlano le lingue dei morenti e i nomi ai cerchi vuol dire nutriti tumuli di alberi ritmati
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altrimenti gusci d'ambiente immersi nelle sceneggiate dei prati sempre più equidistanti e vuoti magari piogge variano i cicli e rettilinee discendono lavano la mano che è accanto puliscono il coltello.
* le pozze lancinanti delle ombre e dentro l'immergersi di luce come una mezza frase che per essere compiuta ha bisogno del buio intinto dalla sua penna d'oca la metà legata al gusto di sparire.
* è un bene che fa segno di voltare la pagina segnata da un dolore messo lì, un vago fiore che poi secca, senza acqua poi risale, stranito dalle pieghe che prendono le poesie sulla carta assorbente e non scrivere disperde in campanili di ansie.
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[di visi anche mali o furori di testa]
c'è il sole, in tempo d'amore la giornata che è breve. La luce scorre, portando le ombre con un guinzaglio di salice Chi sei è impercettibile tanto vale un ramo di nuvole che fa alzare il viso senza ali né filo
* la testa valica piano sperando un appiglio radioso di sole appena straripato. C'era una tempia nel fuoco, l’altra piccata sull’albero Magari servisse come scarico lungo il collo, direttamente dal cervello la sua sostanza soffice d'agnello uscire dal dolore in grazia di un chirurgo cerchio per cerchio, proprio, in agguato
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cosĂŹ la fronte posa la cenere e il vento che dal profondo l'ha udita, nemmeno strappata. Ma quel sorriso appeso alla ruota (nella bocca passa il mulino), l'umore salino che tratta il ciclo dell'acqua scaldando il suono col fiato, la magia nera della luce per fuoco. Parti tenere, si accade o avide. E un dar di baci che sposta pesi dove sentitamente vuoti.
* e doppi vetri tanti quei baci che non si scostano eppure l'aria un dentro scivola Pare che gelida la giĂ scintilla e con poca soglia la campana della lingua si faccia sorda.
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Ridotte per singole lettere
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A. inizio dalla prima lettera che non avvenga una solida rincorsa della luce mentre scrivo. Mi appoggio a un po' di buio immagino come sempre le parole con le loro fronde, scure per piccole foglie il lavorio privato del chiaro piccato dal segno. A. fra picchetti di rocce ho conosciuto un cielo che non lascia spazio. Infatti il piede e solo uno l'altro vignaiolo per il mantenimento del terreno almeno a norma, a detta erba. A. L’equilibrio prossimo è stellato questo ha senso e un esordio di custodia che non grida, non divora prende il cielo poi inclinato nella terra, fin che a raffica somiglia. Quanto incaglia, scivola profugo.
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A. racconto un sogno il fiore bianco senza freddo e il bambino nel tepore salino, non il tedio rampicante sulla mano. Entrare con le dita invano. Ti ho dato tutto grida il bambino cresciuto nel solco di un assoluto residuo. Proprio l'ignoto afferra per velo, il resto celato come un amante nell'armadio. A. scrivo per essere vista? Che assurda fretta, fornire la mappa o la scala di ogni piĂš piccola lettera il tesoro che cambia se tolto dal ritmo come un sogno, mortale da sveglio.
A. la carta nuziale davanti alla mano in abito talare dice sÏ, ma non per sempre. TuttalpiÚ sul genere: dalle clessidre, al fiocco di neve la base è un granello o un piccolo cristallo. La frase con lo stesso meccanismo affina un canto minimo e si scioglie
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A. ma qui il distolto è presto da scrivere e si arruolano lettere per girare scortati. Quanto alla sbarra della luna crescente vigila aree senza protezione scalando ossa di poesie diversamente si può arrivare A. dall'altra lettera scrivo a braccio debolmente poco, e quel poco finito. Ti ho detto un bacio e il resto spalancato tuttavia chiuso con il click come un fermaglio Tutto va verso un sigillo, la mano per tronco ha voglia di lasciare. A. lettere piccole bambine la mano comincia a sporgere con il tono enfatico di una torre Basta non scrivere ebete in un fondo di nuvole la cantilena delle voragini che balza fra i denti massimamente nei limiti.
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A nove lettere piĂš tardi sono al punto di partenza la pagina pallida, rimasta sulla soglia continua a fissare il candeliere delle parole che con poche vampe scioglie le dita alterne eseguite alle corde.
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ridotte per altre lettere da mare]
A. Pochi metri ed è un foglio marino per l'esistenza di Dio che contempla il degrado e batte il tamburo dell'acqua mentre la tonalità invecchia e la faccia dalla nuvola di cipria è senza uscita ma un colpo di luna alla nuca gira la pagina non si riposa l'inquieta buca non svuota il mare, nè lo fa il secchiello delle poesie.
A. Ecco, mettendosi a fuoco in un calco di cera la bambina non si separa. Rimane rotonda portata notturna e in caduca figlia si mette a giocare con tutta la sabbia. Scava pensando di sbucare dietro il mare ma il buco bifronte forma le montagne. Più simile la parola al traghettatore cerca le gemelle di terra, la bocca madre.
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A. la sabbia appena giunta instaura i vasi che contengono gli arti soggetti a piÚ parti nell'attesa del sole Nessuna stella calma tanta fame nessuna sottrae tanta acqua che poi abbatte in un tronco di pioggia. Per questo la luce sviluppa ogni foggia (foglia o corteccia). Sconvolta grazia l'albume di un''ombra che dà sulle spalle è un' ala di terra, lascia le mani libere . A. un vento che sospinge e l'estate di costole porta alla luce. Non c'è cicatrice che non usi oro colato vivo per giacere fonda come una mandorla. Un piccolo scudo che ancora sanguina e si risveglia radente la sabbia. Ci si lascia il ferito come sull'erba gli occhi coperti di acqua Ognuno la piccola tazza nel colmo fiabesca Il buio non ha una tale zona protetta tu che hai sulla carta.
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A. tripudi di una goccia, salire nella stretta di uno schizzo in alto. salire per prenderlo mentre ride dell'annuncio che le acque vengono nell'eternità per spargimento e già nel profondo hanno il linguaggio delle fauci che emergono spaccando il frutto. Venne proibito ma il segno è tratto, nudo osso che parla della sua polpa chiave o funeraria mangia che ti si mangia storia. A. un cielo a strascico per la specie crescente infatuata del bramito di onde, ancora piÚ da tavole bianche che una volta scolpite non cambiano la propria natura di pietre. Ma le onde diventano asce, furiose senza guida nei boschi. Per mettere a fuoco le parole dei corpi: ettari e movimenti marini di alberi, il sangue dei paesi freddi o caldi brutale sulla bilancia dei poli.
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A. due vengono con il piccolo piombo dell'ombra accanto. Scambiano il mare sceso dalla nube con l'eterno amore che colma le stature se un solo tremore la fossa del piede è meno profonda, piÚ incline a perdersi nella sabbia, a lasciarsi andare.
A. ma un addobbo scuro di mare fa presentire il naufragio. Il due usato per la bellezza allenta le braccia chiamate che ora aperta la guaina della creatura esce la voce madrina. Che avvenga fa male non esistono innocenti parole ma scabre campate di onde in cielo come di palme.
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A. ma ondate di sacro colore il vento esplode. Lasciate ogni pennello. L' occhio in cambio apre e chiude ha squame lame la fiocina delle pupille sulle cornee balene.
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ridotte 3]
A. di nuovo non resta che scrivere mescolando la ridda in fatto di nuvole perchÊ ciò che trapela al bambino scrittura dal cielo del ventre, rosso come da sotto la ruggine cerca parole carezze, sottratte, di non lentissime.
A. per l'assoluto tendini finissimi nei margini scattando come insetti sull'asola dei gesti andar per fiore e come ci appartiene ogni piĂš piccolo legame: il corpo di moltitudine serale e l'ombra una cinghia veggente che si allunga, non tanto di catena sciolta.
A. pura fantasia per trauma un colpo e la specie prediletta casca al sommo della frutta natura morta che la tecnica non spiega ma impressiona e immortalando impara.
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A. sbava sbava la lumaca della scrittura allineandosi per margini e fili serici la grafia dei tetti separa alati e versi propri gridano a casa finita l'era di bocca in bocca ora sta stretta.
A. Arrivo, nella pioggia non mi separo la paura del tuono avvolta al bambino che percorre il sentiero col flauto e gi첫 l'acqua suonando nel grembo sono libera di andare e venire per memorie e colore, se serve, sanguinare. Forse la via pi첫 breve, che non sopporta il sole il pallido baco da seta delle poesie.
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A. fin dove il tetto allunga alla rondine il becchime delle piogge profonde come tu stessa hai gridato all'apparire del vuoto ogni fatto si è disciolto e la mano in bilico non trova più il gesto, né il compromesso l'orrido intatto.
A. ecco la portata della luce estiva sotto di essa vibra il ticchettio dei topi legato a quello dei poeti da trappole e buchi più notturni suonati fra felci di strade Ripetere ciò che afferra parole quando il silenzio delle schiere bianche e prigioniere invade girando la chiave a seconda del lume continuare a squittire.
A. intorno la voce sottratta al pari di una lucciola che la mano insegue prima della morsa. Ma lascia perdere la forza e il cavo delle dita così che luminosa e insegui e non sei cieca.
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ridotte amorose]
A. Questa sera che la prossima bellezza ammira mentre riannoda le tue alle mie braccia questa sera non ancora esausta, a nulla priva più della gioia o dell’insonnia di una stella (il nostro bacio la cupola dove attirarla) questa sera che spoglia l'uomo nella donna e viceversa quando poi si desta, scoprendo che le braccia hanno una taglia piccola, ma sono due gocce d'acqua ancora trasparenti .
A. Spazio di noi, ingenuo. Emergiamo al mattino con la testa enorme, spiccata sul muro la lancia di luce, quasi sollievo, pronta allo scatto. L'odore di sesso morbido come un ramo di salice. Da qualche parte si scava il centro dell'iride e nell'alleanza riconoscibile questi siamo tu-io che il denominatore apra gli occhi al cielo. Il nulla è anche un rilievo, se sezionato esclude se non c'è manca o troppe tele credendo a noi stringono il cuore.
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A. Tu dall'inizio che hai amato in petto il fuoco arso ma non quando è fisso vaghi nel mare nÊ allora le angosce suonano il pianoforte delle vie oppure i giocattoli di neve sono posati accanto ai vestiti. Dal treno rivedo i luoghi infuocati noi che bruciamo e il cielo che se ne esce candido come un bambino.
A. un piccolo foglio e la tua voce illuminata ha la canzone di quale profumo, sapendo di morire, depone il sale. Aspettami nel luogo di origine - oh alla fine al biancore si potrebbe, le mie labbra curve cinte le tue.
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ridotte di notte]
[Introduzione] nel dormiveglia, prima del sonno della stanza la zona d'ombra nei colori della palpebra e poi in sequenza tutto ciò che fluttua vegeta un pezzo di lingua, l'esistenza larga dopo una curva, l'inerzia della vampa i margini del sonno che non garantiscono nulla agganciano la notte come cuffia. In circolo anche la propria storia, liquida, contrasta Sotto la tunica del cielo nessuna stella pizzica. Ma l'estraneità è una bestia che con due fili d'occhi fulmini, o ti attraversa. Non fare quella faccia. Per il rumore dei camion anche la poesia è scomposta.
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A. Tondi dove la notte avvolgi del nulla e diventi un cammeo issato sul luogo, un vessillo che ognuno può agitare nel sonno. Più tardi il risveglio il prendere posto all'appello, quando la realtà offre i suoi spicchi d'arancia tenuti d'aria, senza nessuna pazienza.
A. i globi oculari dai quali salpano uccelli immersi nel sonno, tornando il ramo del ciglio o l'ulivo che arso appare curvato. Qualcosa è accaduto e tintinna nel becco come lo sguardo apre il colore le palpebre rubano tele e dietro il bianco la pupilla ripassa col suo ago di bussola puntato, da torcia.
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A. Appena urtata la carta si inabissa e il rapido scuro comincia a scorrere. Le mani chiuse non tengono il mare attaccate per bene neanche a volerlo semmai cospargono il foglio o nel bagliore del polso lo riportano su bianco come il ghiaccio. Sprofonda di getto altro fermare, ma le lettere chiare e il suono non preso, non voce che il moto. A. è l'incontro che appare già accaduto, un cielo ma diviso, sopra e sotto e il sole nel suo flutto sul registro cerca le guance delle pietre poi promette di non finire nelle strette dove il cervello rimane per poco soffice, odoroso.
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A. rose come corde tese multispine al celestiale appassimento. Non bordo che reciso a stento slabbra ansioso ma polmone chiuso che con due torsioni riempie di sangue il collo.
A. nei giorni prossimi scrivendo avrò cortesia per gli altri. Per adesso sulle righe poso il volo che non riesco a fare talvolta poesie senza atterraggio e migrazione. La mano separata dal nome che strana specie!
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A. le mani esibite non hanno cambio, come rose del centro per pi첫 stagioni sopravvivono ai rigori poi rientrano nelle spine, di neve in neve al primo goccio.
A. per contentare poesie o pi첫 semplicemente niente fare la quieta forse la mano immobile che sulle rocce conta vertebre.
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A. tanti saluti. Le labbra frasi che non riescono a staccare la cittĂ virale quartiere su quartiere. Febbre delle solite tossine, la lingua facile e l'infilar che soffre, sicuro proiettile.
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Immagini: da http://literature-compass.com/
E
lettera E font da http://new.myfonts.com/foundry/Intellecta_Design/
Eallaigamma: font ellyka_beesantique_handwriting_normal da http://www.cuttyfruty.com/enhtml/
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