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Educazione allo Sviluppo Analisi delle Politiche Europee di Cooperazione. Dall’Educazione allo Sviluppo all’Educazione alla Globalizzazione. Indagine sulle consultazioni di Eurobarometro.

Documento realizzato nell’ambito del progetto EuropeAid/126341/C/ACT/Multi "CONSTRUIRE UN DEVELOPPEMENT POSSIBLE” Rif. DCI-NSA ED/2008/153-805 – co_finanziato dalll’UNIONE EUROPEA Il contenuto dei lavori presentati è responsabilità esclusiva degli autori e non riflette posizioni ufficiali dell’Unione Europea.


L’Educazione allo sviluppo nell’era della globalizzazione Il rapporto tra cooperazione allo sviluppo l’educazione allo sviluppo attraverso la percezione degli europei

A cura di: Prof. Elisabetta Croci Angelini Dott.ssa Laura Trinchera Dott.ssa Rosaria Romano Dott. Paolo Sospiro Dipartimento di Studi sullo Sviluppo Economico (DiSSE) Facoltà di Scienze Politiche Università di Macerata

Introduzione...................................................................................................................4 1. Dalla Cooperazione Internazionale alla Cooperazione Decentrata ..........................11 1.1.Le fonti di diritto della cooperazione allo sviluppo dal 1976 al 2006...................11 1.2.European Consensus on development...................................................................12 1.3.NSA/LA (ec) no 1905/2006 of the European Parliament and of the Council of 18 December 2006, establishing a financing instrument for development cooperation...21 1.4.Thematic programme: Non-state actors and local authorities in development Strategy paper 2007-2010............................................................................................23 1.5.Thematic programme: Non-state actors and local authorities in Development 2011-2013 Strategy Paper Table of Contents..............................................................27 1.6. The proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council Establishing a financing instrument for Development Cooperation............................29


2. Analisi dei Reports annuali EuropeAid 2001-2011..................................................33 2.1. L’iniziativa Europea per la Democrazia ed i Diritti Umani..................................33 2.2. Verso un approccio di partecipazione regionale...................................................34 2.3. La partecipazione attiva degli “Stakeholders�......................................................36 2.4. Il Consenso Europeo diviene elemento prioritario...............................................39 2.5. Il consenso come processo e metodologia da migliorare......................................41 3. Le valutazioni esterne sui programmi EuropeAid DE/AR........................................43 4.1.La valutazione del programma rivolto al finanziamento delle ONG ...................44 4.2.La valutazione del programma DE/AR del 2008...................................................47 4.3.La valutazione del programma DE/AR del 2010...................................................52 4.4.Conclusioni............................................................................................................54 4. La percezione degli europei sugli aiuti allo sviluppo................................................55 4.1.Le consultazioni circa gli aiuti allo sviluppo.........................................................56 4.2.La percezione degli europei circa i Paesi in Via di Sviluppo (PVS).....................59 4.2. La percezione dei cittadini europei circa gli interventi umanitari:.......................67 4.4.Le altre consultazioni circa gli aiuti allo sviluppo.................................................70 4.5.Conclusioni............................................................................................................75 Conclusioni...................................................................................................................77 Bibliografia...................................................................................................................80


Introduzione L’Educazione allo sviluppo è un tema centrale per quanto riguarda la sensibilità dei cittadini dei paesi più benestanti a contribuire allo sviluppo dei paesi più arretrati ma soprattutto per l’educazione alla globalizzazione. Quindi il tema dello sviluppo e, in particolare, degli obiettivi del Millennio, è strettamente correlato con l’Educazione allo sviluppo. D’altronde anche altri due temi sono fortemente correlati con l’Educazione allo Sviluppo, da una parte, il commercio internazionale e l’apertura dei paesi più benestanti ai prodotti dei paesi meno avanzati e, dall’altra, l’immigrazione. Quindi il rapporto tra l’Educazione allo Sviluppo ed i temi appena citati diviene di particolare interesse per valutare quanto le Istituzioni europee, nazionali e locali possono intervenire per favorire lo sviluppo dei paesi meno abbienti attraverso l’apertura del mercato europeo e l’emigrazione economica volontaria da parte dei cittadini del sud del mondo. Un secondo aspetto importante invece riguarda la capacità delle Istituzioni di informare circa il loro impegno al miglioramento delle condizioni di vita nei cosiddetti Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Tuttavia, esso va anche coniugato con un’attività di sensibilizzazione e di giustificazione di tale politica di sostegno. Infatti, non tutti i cittadini possono considerare il solo aspetto etico come sufficiente per partecipare, con le finanze pubbliche, allo sviluppo di paesi diversi dal proprio. Di conseguenza, alla luce delle due ragioni sopra indicate, diviene importante che sempre più le Istituzioni si impegnino oltre al rispetto degli accordi internazionali sottoscritti negli anni trascorsi, vale a dire raggiungere entro il 2015 la soglia del 0,07% del PIL da dedicare alla cooperazione internazionale per raggiungere anche gli obiettivi del Millennio (OBM), promuovere l’informazione ed una maggiore sensibilizzazione dei propri cittadini al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini del sud del mondo. A questo proposito l’Educazione allo Sviluppo, nelle sue molteplici forme, è di vitale importanza tuttavia l’informazione presuppone appunto l’informare la cittadinanza delle


politiche e delle attività svolte e giustificandone l’approccio, le modalità e magari l’entità. Quindi l’informazione dovrà prevedere appunto strumenti e metodologie che possano raggiungere tutti i cittadini, tenendo conto che alcuni di essi possono essere interessati ad essere maggiormente informati e quindi sarà importante raggiungere proprio coloro che intendono approfondire ma con strumenti ad hoc. In conclusione, l’informazione deve prevedere specifiche attenzioni ad alcuni soggetti che possono essere maggiormente interessati. Dall’altra parte invece la sensibilizzazione dovrebbe andare oltre l’informazione e quindi richiede, anche in questo caso, strumenti e metodologie diversi e soprattutto essere indirizzata a soggetti specifici che, per molteplici ragioni, non sono favorevoli alle politiche di sostegno al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini dei paesi del sud del mondo. Una seconda attività ancora più importante che le Istituzioni europee, nazionali e locali dovrebbero porsi è l’educazione allo sviluppo. Anche in questo caso, sono necessari strumenti e metodologie oltre che targets diversi. In particolare, negli ultimi anni, le Istituzioni europee e nazionali, insieme alle Organizzazioni Non-Governative (ONG), stanno elaborando una nuova forma di educazione allo Sviluppo, come vedremo nel primo capitolo, dove l’Educazione allo Sviluppo dovrebbe prevedere invece anche l’Educazione alla mondializzazione/globalizzazione. Dati i presupposti e gli obiettivi sopra citati, per fare ciò è importante utilizzare tutti gli strumenti di comunicazione disponibili ma anche tenere in considerazione le periodiche consultazioni che EuropeAid effettua attraverso EuroBarometro. EuroBarometro è un programma dell’Unione Europea coordinato dalla Direzione Generale Comunicazione che si occupa di sondare l’opinione degli europei, ma anche cittadini di paesi terzi, circa la percezione e l’opinione rispetto a temi di carattere generale o di livello europeo. Il primo sondaggio fu effettuato nel 1962 circa la percezione degli europei, all’epoca solo i paesi fondatori, il processo europeo era appena iniziato. Dagli inizi degli anni settanta EuroBarometro svolge sondaggi due volte l’anno sui principali temi mentre svolge sondaggi saltuariamente o regolarmente ma non così frequentemente su tematiche specifiche commissionate dalle diverse Direzioni Generali. Ebbene EuroBarometro svolge ormai dal 1984 sondaggi circa la percezione degli europei sulle politiche di sviluppo dell’Unione Europea e degli Stati Membri. I sondaggi


sono commissionati dalla Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo denominata EuropeAid. Nel tempo, i sondaggi si sono fatti sempre più regolari e frequenti oppure vengono commissionati numeri speciali in occasione di contesti o condizioni particolari. Nella tabella a fianco si presentano le edizioni di EuroBarometro finalizzate alla raccolta di informazioni circa l’Educazione allo sviluppo, indirettamente, e, in modo più specifico, i temi dello sviluppo e degli interventi di emergenza. Complessivamente sono 18 le edizioni prese in considerazione dal 1984 al 2011. Si è deciso di suddividere tali numeri in quattro macro aree, tenendo in considerazione l’importanza ma soprattutto l’ordine cronologico con il quale sono iniziati: 1.

Il primo raggruppamento, riguarda l’aiuto allo sviluppo tout court. Il primo numero è proprio quello del 1984. In questo caso, sembrerebbe che l’interesse della Commissione sia sondare la sensibilità ma anche la direzione da prendere rispetto agli interventi consultando i propri cittadini circa quali siano, a loro avviso, le priorità. In tutto sono 6 i numeri e con lo stesso titolo, “gli europei e l’aiuto allo sviluppo” (numero 20 del 1984, numero 37 del 1988, numero 26 del 1999, numero 184 del 2003, numero 222 del 2005 ed infine numero 280 del 2007). In questo decennio quindi sono stati effettuati analisi quasi regolarmente ogni due anni.

2.

Un secondo gruppo di consultazioni riguarda invece la percezione degli europei circa i cosiddetti Paesi del Terzo Mondo o Paesi in Via di Sviluppo (PVS) (numero 64 del 1992 ed il numero 95 del 1996), la percezione dei nuovi cittadini europei vale a dire facenti parte dei 12 paesi entranti nel 2004 e 2007 (numero 286 del 2007) ed infine un edizione di particolare importanza in quanto dedicato alla politica di cooperazione con l’interesse di coniugarla con il supporto dei cittadini europei (numero 105 del 1997).

3.

La percezione degli europei rispetto agli interventi umanitari con quattro edizioni (numero 86 del 1995, numero 153 del 2001, 268 del 2006 ed infine numero 343 del 2010) è il terzo gruppo di consultazioni. Sembrerebbe che in precedenza l’UE non ritenesse importante sondare l’opinione dei propri cittadini su un tale così


importante ma anche sporadico aspetto, fino a quando in realtà tali interventi sono divenuti di fatto frequenti e regolari quanto altre attività ed interventi. Di conseguenza dal 1995 l’UE procede ogni 5 anni, si desume dalla regolarità, a sondare l’opinione dei propri cittadini. 4.

Infine, alcune edizioni per la verità quelle più recenti che sono specifici a fatti ed eventi contingenti o temi specifici quali “La politica dello sviluppo in un epoca di crisi economica” (numero 318 del 2009), il numero 352 del 2010 dedicato al decennale dall’inizio della campagna Obiettivi del Millennio, il numero 353 del 2010 dedicato alle politiche di sviluppo europee verso l’Africa ed infine il numero 375 del 2011 che sembrerebbe riconoscere alla politica europea per lo sviluppo il proprio ruolo internazionale ma anche la maturazione e quindi le prospettive della stessa attraverso un maggiore contributo dei cittadini europei tramite tale consultazione. Il titolo infatti è “Fare la differenza nel mondo: gli europei e la futura politica di aiuto allo sviluppo”.


Tabella 1: edizioni speciali EuroBarometro dedicati ai temi dello sviluppo e dell’aiuto umanitario Ref. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

20 37 64 86 95 105 126 153 184 222 268 280 286 318 343 352 353 375

Wave EB 36 43.1 44.1 46.0 50.1 55.1 58.2 62.2 65.4 67.1 67.3 71.2 73.2 73.5 73.5 76.1

Anno 5/84 3/88 3/92 2/95 3/96 1/97 2/99 4-5/01 3/03 2/05 10/06 6/07 9/07 10/09 7/10 9/10 9/10 11/11

Titolo Europeans and aid to development Europeans and development aid in 1987 Le facon dont les europeens percoivent le tiers-modne en 1991 European Community Humanitarian Office (ECHO) The way Europeans perceive DC in 1995 Development aid: building for the future with public support Europeans and development aid Les europÊens et l'aide humanitaire L’aide aux pays en development Attitudes towards development aid Humanitarian aid Europeans and development aid Citizens of the new EU-MS and development aid Development aid in times of economics turmoil Humanitarian aid Europeans, development aid and the MDGs The Eu and Africa: working towards closer partnership Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid


Prima di concludere, questa breve introduzione, è necessario far presente che le rilevazioni di EuroBarometro ovviamente tengono conto dell’ampliamento dell’Unione Europea avvenuto nel tempo. Di conseguenza, le rilevazioni fino al 1973 tenevano conto dell’UE a 6 Stati Membri, di fatto quelli fondatori (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda ed Italia). Dal 1973 fa riferimento all’Unione Europea a 9 paesi con l’ingresso di Danimarca, Irlanda e Regno Unito. Con il 1981 si aggiunge anche la Grecia mentre con il 1986 Spagna e Portogallo entrano a far parte delle rilevazioni periodiche con un Unione che rappresenta i 12 paesi tradizionali europei. Infine, gli ultimi tre allargamenti: nel 1995 con Austria, Finlandia e Svezia; nel 2004 con i paesi dell’Est Europa e non solo (Cipro, Malta, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Polonia, Ungheria, Slovenia ed i tre Stati del Mar Baltico Estonia, Lettonia e Lituania); con il 2007 si giunge alla condizione attuale con l’ingresso di Romania e Bulgaria portando l’Unione a 27 Stati Membri. Quindi le rilevazioni, nel tempo, tendono ad includere e prendere in considerazione gli Stati che si sono aggregati strada facendo. In conclusione, questo rapporto si prefigge l’obiettivo di comprendere come la politica per lo sviluppo europea sia cambiata nel tempo al mutare delle percezioni e delle motivazioni dei cittadini europei. Inoltre, come l’Unione Europea informa e promuove l’educazione allo sviluppo considerando anche le regolari consultazioni di EuroBarometro. Tuttavia, in questo lavoro si è cercando di tenere conto di un processo circolare di consultazione dei soggetti attivi nella cooperazione internazionale e nell’educazione allo sviluppo, verifica della percezione e motivazione dei cittadini europei rispetto alla stessa cooperazione e quindi infine le politiche di cooperazione internazionale e di educazione allo sviluppo delle diverse istituzioni europee, nazionali e locali. Per fare ciò si intende nel primo capitolo presentare la storia delle politiche di educazione allo sviluppo, la strategia, la metodologia e, se possibile definirlo in questo modo, l’approccio teorico. Infatti, in tutti questi anni l’UE, insieme agli Stati Membri e le organizzazioni non governative (ONG) ha sviluppato una proficua discussione su cosa si intenda per Educazione allo Sviluppo. Ebbene nel primo capitolo, tale aspetto


sarà analizzato. Nel secondo capitolo, saranno presentati i report della direzione generale EuropeAid circa l’educazione allo sviluppo prendendo in considerazione i reports dal 2001 al 2011. Inoltre, nel terzo capitolo si prenderanno in considerazione le valutazione esterne rispetto ai programmi di educazione allo sviluppo promossi dall’Unione Europea. Il quarto capitolo, è destinato ad una breve analisi dei singoli Eurobarometri suddivisi per tematica ed infine nel quinto capitolo l’analisi dei dati rielaborati di Eurobarometro con particolare attenzione all’Italia ed alcuni paesi importanti europei. Il sesto capitolo è destinato alle conclusioni e suggerimenti. Con particolare

riferimento

sarà

importante

verificare

gli

strumenti

di

comunicazione/promozione utilizzati sino ad ora e quelli che potrebbero invece potenzialmente essere più efficaci date le nuove tecnologie e i soggetti da raggiungere. Si ricorda che questo rapporto, si prefigge, nell’ambito del progetto in oggetto che ha come obiettivo “il miglioramento della comunicazione tra soggetti locali attivi nei settori della cooperazione e dell’educazione allo sviluppo per migliorare l’informazione dei cittadini”. Per fare ciò, indicare gli eventuali miglioramenti da apportare per un migliore utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione per raggiungere, in particolare, anche gruppi specifici in modo puntuale e con costi limitati. Ovviamente, le idee espresse in questo volume sono solo degli autori.

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1.

Dalla Cooperazione Decentrata

Internazionale

alla

Cooperazione

Il programma DE/AR è stato originariamente stabilito nel 1979 con lo scopo di incrementare la consapevolezza dei cittadini europei sulle problematiche dello sviluppo. Dal 1998 al 2006 la base legale per il programma era costituita dal Council Regulation (EC) 1658/98 (OJ L 213, 30/07/1998) adottato il 17 Luglio 1998 e relativo al programma “Co-financing with European Development NGOs. Detto programma è stato sostituito nel 2007 da quello “Non-State Actors and Local Authorities in Development” che trae base legale dall’articolo 14 del Regolamento (EC) no. 1905/2006, adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 18 dicembre 2006. Questo regolamento ha stabilito lo strumento DCI (Development Co-operation instrument) che a sua volta costituisce la base legale per questo programma tematico. In questo capitolo, dopo aver presentato la legislazione europea sulla materia dal 1976 al 1998, vengono trattati i documenti detti Consensus, nei quali il Parlamento, la Commissione ed il Consiglio hanno stabilito, nel tempo, un indirizzo generale per le politiche del DE/AR, il Regolamento EC No. 1905/2006 e gli strategy papers che sono stati elaborati a partire da quest’ultimo per definire gli strumenti finanziari e le priorità d’azione per i periodi 2007-2010 e 2011-2013.

1.1. Le fonti di diritto della cooperazione allo sviluppo dal 1976 al 2006 Prima del 2006, anno di svolta per quel che riguarda l’educazione allo sviluppo, la materia della nostra ricerca esisteva solo in quanto collaterale e complementare alle più generali politiche ed azioni di cooperazione allo sviluppo. Infatti, grazie alla Budget line B7-6000 del 1976, la Commissione ha potuto supportare azioni proposte dalle ONG europee specializzate nella cooperazione allo sviluppo. La Budget line traeva la sua fonte di legittimità nel quadro generale degli impegni intrapresi dalla Comunità Europea per combattere la povertà, così come stabilito direttamente dal articolo 177 del trattato che ha instituito la Comunità Europea (corrispondente all’Art. 130u del trattato di Maastricht). Le azioni supportate da questa budget line erano intese a creare un contributo diretto e duraturo per il miglioramento

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delle condizioni di vita e le opportunità di sviluppo delle popolazioni svantaggiate ed emarginate dei paesi in via di sviluppo1. Nel 1979 il programma di co-operazione allo sviluppo è stato integrato di una nuova componente, appositamente instituita allo scopo di aumentare la consapevolezza degli europei rispetto alle problematiche dello sviluppo dei paesi arretrati. Da quel momento in poi, circa il 10% dei fondi previsti dalle budget lines dedicate alla cooperazione allo sviluppo è stato dedicato per co-finanziare questo tipo di attività di educazione allo sviluppo. Il budget è rimasto stabile fino al 2006 quando ulteriori 10 milioni sono stati allocati per supportare questo tipo di azioni nei nuovi Stati Membri, portando la percentuale complessiva per l’educazione allo sviluppo a circa il 14%. Nel Luglio del 1998 il Council Regulation (EC) No 1658/98 (OJ L213. 30/07/1998 ha fornito la base legale per le successive budget lines2. L’atto titola “on co-financing operations with European non-governmental development organisations (NGOs) in fields of interest to the developing countries”. L’articolo 1.2 del regolamento fa riferimento alla questione della consapevolezza e dell’informazione del pubblico di ogni Stato Membro rispetto alle tematiche dello sviluppo, aggiungendo che particolare attenzione deve essere data alle operazioni di aumento della consapevolezza che: •

Evidenziano l’interdipendenza tra gli Stati Membri e i Paesi in Via di Sviluppo;

Cercano di mobilitare supporto per una più equa relazione tra nord e sud;

Incoraggiano la cooperazione con le ONG;

Riconosce un ruolo attivo ai partners nei PVS.

Quindi anche nel regolamento del 1998 il tema dell’educazione allo sviluppo trova uno spazio abbastanza marginale tuttavia particolarmente importante.

1.2. European Consensus on development L’European Consensus on development3 è una dichiarazione politica che riflette la volontà dell’Unione Europea di eliminare la povertà e di costruire/contribuire ad un 1

GENERAL EVALUATION OF ACTIONS TO RAISE PUBLIC AWARENESS OF DEVELOPMENT ISSUES IN EUROPE /DEVELOPMENT EDUCATION EC Letter of Contract N° 2007/146962 p.19. 2 http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!prod! DocNumber&lg=en&type_doc=Regulation&an_doc=1998&nu_doc=1658 3 Per ulteriori informazioni sull’European Consensus è possibilie visitare il sito internet :http://europa.eu/legislation_summaries/development/general_development_framework/r12544_it.htm

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mondo più stabile ed equo. Questo documento ha lo scopo di identificare i valori condivisi, gli obbiettivi, i principi e gli impegni che la Commissione Europea e gli Stati membri dovranno implementare nelle loro politiche di sviluppo4 Il primo documento, risale al 2005, concentra la sua attenzione sulla materia generica dell’aiuto allo sviluppo e solo marginalmente tratta dell’Educazione allo Sviluppo, argomento centrale della nostra ricerca. Infatti, l’atto in questione, pubblicato il 24 febbraio 2006, risulta interessante per la nostra analisi solo al punto 4.3 dove, all’interno dei principi comuni, si legge “participation of the civil society”. Il paragrafo recita: «The EU supports the broad participation of all stakeholders in countries development and encourages all parts of society to take part. Civil society, including economic and social partners such as trade unions, employers' organisations and the private sector, NGOs and other non-state actors of partner countries in particular play a vital role as promoters of democracy, social justice and human rights. The EU will enhance its support for building capacity of non-state actors in order to strengthen their voice in their development process and to advance political, social and economic dialogue. The important role of European civil society will be recognised as well; to that end, the EU will pay particular attention to development education and raising awareness among EU citizens»5

In effetti, anche questo paragrafo si limita a citare nelle ultime due righe il tema dell’educazione allo sviluppo e delle azioni volte ad aumentare la consapevolezza in materia da parte dei cittadini europei. Il raising awareness dei cittadini europei torna a comparire nel documento solo nella parte seconda di esso, dove la Commissione, a nome della Comunità Europea, definisce il proprio ruolo riguardo alla politica di aiuto allo sviluppo. Ultimo tra i ruoli citati, al paragrafo 55 la Commissione nel suo sforzo di promuovere la solidarietà nord-sud, si impegna a porre particolare attenzione all’aumentare la consapevolezza e l’educazione dei cittadini europei a questo riguardo6.

4

http://ec.europa.eu/europeaid/what/development-policies/european-consensus/index_en.htm 2006/C 46/01, p.4. 6 Ivi, p.9. 5

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È tuttavia sulla base del paragrafo 4.3 che si sviluppa una nuova pubblicazione del 2007, che si propone esplicitamente di creare un dettagliato framework in materia di Development Education and Raising Awareness (DE/AR) tra i cittadini europei7. Il documento, che è stato redatto con la collaborazione dei rappresentanti di un vasto numero di organizzazioni ed istituzioni interessate alla questione dell’educazione allo sviluppo8, si divide in sei paragrafi seguiti da due allegati. Nel primo paragrafo, intitolato Meeting the development challenge and European and international commitments to development: the role of Development Education and Awareness Raising, viene dichiarato che per eliminare la povertà e promuovere uno sviluppo sostenibile, l’Unione Europea, gli Stati membri, e i loro abitanti, attraverso gli enti intermediari, dovrebbero tra le altre cose svolgere un significativo lavoro nell’incoraggiare la partecipazione pubblica nei processi di decision making riguardanti lo sviluppo, e nella creazione e mantenimento di un comune senso di appartenenza ed identità, basato sulla cittadinanza globale. Il senso di tali affermazioni viene chiarito nel capoverso successivo ove si esplicita, richiamando ancora una volta il punto 4.3 del Consensus del 2004,

l’importanza

dell’educazione allo sviluppo e delle politiche di sensibilizzazione dei cittadini europei per raggiungere gli obbiettivi di cui al punto precedente. Nei punti successivi viene richiamato il lavoro svolto da tutti gli attori coinvolti nel corso delle ultime tre decadi, sottolineandone il risultato laddove di maggiore impatto. La creazione di un sistema capace di favorire il dialogo tra cittadini europei e cittadini extraeuropei dei paesi

del “sud” del mondo, dovrebbe riuscire a rimodellare la

discussione, il cui oggetto non sarebbe più il sud del mondo con i suoi problemi ma le problematiche comuni di un’unica umanità. A livello di Unione Europea gli sforzi per portare all’attenzione della politica l’educazione allo sviluppo e la sensibilizzazione si sono concretizzati in una serie di dichiarazioni, tra cui: The Eu Council of development

Ministers Resolution on

Development Education (2001); The Maastricht Declaration (2002), The Brussels 7

The European Consensus on Development: The contribution of Development Education & Awareness Raising, p.2 8 l’elenco completo può essere consultato all’interno del documento a pagina 2.

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Conference on Public Awareness and Development Education for North-South Solidarity (2005); The European consensus on development (2005); The Helsinki Conference on European Development Education (2006); The 18 months programme on development policy of the EU Presidencies of Germany, Portugal and Slovenia. Dette dichiarazioni vengono maggiormente descritte nel secondo allegato del documento. Partendo da quanto fatto sino ad oggi, le nuove sfide dell’educazione allo sviluppo dovrebbero essere quelle di integrare gli sforzi in tema di DE/AR con il mainstream dell’educazione sia formale che informale, utilizzando approcci didattici e pedagogici per raggiungere il pubblico europeo. Il primo paragrafo si conclude rimandando alla successiva definizione del framework per le azioni di educazione allo sviluppo, che si sostiene debba essere flessibile e basarsi su principi talvolta comuni e altre ad hoc, in modo tale da rendere più semplice la partecipazione di soggetti giuridicamente assai diversi, dalle NGO agli Stati, passando per le istituzioni Europee. Il secondo paragrafo delinea gli obbiettivi comuni della politica di educazione allo sviluppo comunitaria. Dopo aver descritto il contesto entro il quale oggi si parla di educazione allo sviluppo, e gli scopi che questo strumento vuole perseguire, peraltro aggiungendo poco di nuovo a quanto detto nei paragrafi precedenti, il paragrafo si conclude con la definizione degli obbiettivi del framework strategico. Gli obbiettivi possono essere riassunti nella volontà di sviluppare una coscienza europea critica e consapevole delle cause della povertà globale e le ricadute che questa ha su ogni angolo del pianeta, di stimolare la partecipazione del grande pubblico sulla materia, incentivare/sensibilizzare i decisori politici ad inserire il tema in questione nelle politiche di istruzione nazionale dei singoli paesi e, in generale, di creare scambi e contatti tra i diversi attori coinvolti nella materia a livello europeo, anche attraverso l’attivazione di programmi di supporto. Il terzo paragrafo chiarisce i principi comuni sui quali il percorso dell’educazione allo sviluppo deve prendere forma. Il primo principio si basa sulla necessità di una chiara

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scelta di valori da parte delle organizzazioni ed istituzioni in una strategia che deve essere pluriennale e di lungo periodo. Il secondo principio guida è quello del partenariato tra gli operatori come forma auspicabile di lavoro. Il terzo punto riguarda la flessibilità degli approcci e dei metodi che non possono ridursi a poche uniche soluzioni, ma devono essere capaci di rispondere a molteplici problematiche e situazioni. In particolare tenendo conto del punto di vista di coloro che vengono dalle situazioni marginalizzate. Il quarto punto è un invito alla nascita di un sentimento di comunanza del processo di sviluppo che non deve essere visto solo come qualcosa che va fatto nei paesi arretrati, ma come un processo unico a livello globale, dove lo sviluppo del nord e quello del sud sono interdipendenti. Il quinto principio comune invita promuovere l’educazione allo sviluppo attraverso strutture e processi già esistenti, come i sistemi di educazione, le organizzazioni non governative ed i network della società civile, senza dimenticare la collaborazione dei vari livelli di governo e dei media. Inoltre vanno fatti tentativi di creare agende comuni con altri approcci educativi, come l’educazione alla cittadinanza attiva ed altri. Il sesto punto riguarda la necessità degli ambienti più strutturalmente coinvolti nell’educazione allo sviluppo di cooperare con il mondo accademico, della ricerca, e di altri enti esterni ma interessati alla materia, in un continuo scambio di conoscenza e strumenti. La condivisione delle esperienze e delle valutazioni su di esse rappresenta il penultimo principio comune, mentre l’ultimo, il settimo, chiarisce che l’educazione allo sviluppo non vuole essere un’attività che promuove o incoraggia l’aiuto pubblico allo sviluppo per sé, o per specifiche organizzazioni o istituzioni, e non ha nulla a che fare con la carità o l’esercizio di pubbliche relazioni. Il quarto paragrafo del Consensus on Development delinea quelli che sono i target groups dell’educazione allo sviluppo. I primi ad avere interesse nell’educazione allo sviluppo in Europa sono, a livello di principio i cittadini europei, che sono allo stesso tempo partecipanti attivi del processo stesso. In concreto, l’educazione allo sviluppo e l’aumento della consapevolezza spettano primariamente a quelle organizzazioni, autorità, istituzioni, media e decisori politici sia

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dell’Unione Europea che dei singoli stati membri, che lavorano in settori rilevanti per l’educazione allo sviluppo, l’approvvigionamento di informazioni o per lo sviluppo in generale9. Le caratteristiche e le sfide poste dall’educazione allo sviluppo in Europa vengono delineate nel quinto paragrafo. Il primo aspetto che viene evidenziato è la necessita fondamentale di sistematizzare il vasto catalogo di processi che mirano a coinvolgere i cittadini nello sviluppo. Infatti il DE/AR europeo è caratterizzato da un’ampia gamma di iniziative, che coinvolgono scuole ed istituti di istruzione superiore,, lavoro giovanile, educazione degli adulti, campagne di sensibilizzazione e advocacy. Tuttavia il supporto a questo settore varia significativamente a seconda degli Stati Membri. E, nonostante la presenza di networks per lo scambio di idee e di esperienze, sia a livello di singoli Stati che di istituzioni europee, si lamenta una carenza nello sforzo di coordinare i vari programmi. Sebbene la natura stessa del DE/AR non si presta ad un coordinamento proattivo, si sottolinea la necessità di costituire per essa un framework coerente, aspetto fondamentale se si vuole raggiungere una maggiore partecipazione da parte del pubblico. Questo framework deve essere costruito intorno alle sfide elencate nel documento ed in particolare deve rispondere al bisogno di una programmazione a lungo termine che tenga conto del fatto che insistere totalmente sull’aumento della consapevolezza non porta alla formazione di un pubblico critico ed informato e tantomeno un pubblico il cui coinvolgimento in questo tema viene di fatto supportato. Quindi le campagne per l’aumento della consapevolezza sono si strumenti fondamentali ma non esclusivi, anzi devono rappresentare solo un punto di partenza nella creazione di un coinvolgimento duraturo del pubblico nelle politiche di sviluppo. Ad un livello più avanzato, l’informazione e la ricerca devono collocarsi all’interno di un framework che permetta al pubblico di arricchire progressivamente la propria conoscenza, ma anche le proprie capacità pratiche di rispondere alla povertà ed allo sviluppo sostenibile.

9

The European Consensus on Development: The contribution of Development Education & Awareness Raising, p.8

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In sostanza la DE/AR deve coinvolgere maggiormente e più in profondità il pubblico, rendendone possibile la partecipazione ad ogni livello. Altrimenti, vi è il rischio di lasciare al pubblico il ruolo di simpatizzante anziché quello di partecipante attivo. Dopo aver ricordato ulteriormente che a causa della globalizzazione e delle migrazioni non è più possibile separare lo sviluppo di un posto a noi vicino da quello di zone a noi lontane, viene nuovamente espressa la necessita di creare modalità di comunicazione tra le diverse zone del mondo e le loro diverse situazioni, anche ma non soltanto secondo la direttrice nord-sud. Nella creazione di un forte legame tra problemi globali, sviluppo locale e vice versa, le iniziative europee dovrebbero prendere in forte considerazione le organizzazioni che operano al sud e le loro esperienze. Inoltre la disseminazione sull’esperienza al sud dovrebbe cessare di creare una immagine di situazioni di povertà permanente cominciare a descrivere le zone disagiate in una maniera che tenga maggiormente conto della loro complessità e particolarità, rendendo il resto del mondo partecipe di queste caratteristiche. In questo senso, per poter vincere le sfide poste dallo sviluppo, emerge un significativo bisogno di iniziative europee che costruiscano un genuino dialogo tra gli attori europei e gli attori del sud del mondo riguardo esperienze sia in comune che divergenti. Una ulteriore caratteristica che il documento fa notare rispetto al sistema di DE/AR esistente è la sua quasi totale dipendenza dalle iniziative delle organizzazioni della società civile che finiscono per stabilirne i contenuti e gli approcci. In tal senso, se si considera come obbiettivo quello di coinvolgere il pubblico, allora il DE/AR deve essere e deve apparire come qualcosa di integrato rispetto ai sistemi già esistenti, dove il pubblico si incontra, discute, arricchisce le sue competenze ed esperienze. Dato che si presume che tutto il pubblico entri, almeno una volta nella vita, a contatto con sistemi di educazione formale ed informale e che l’educazione allo sviluppo può avere un incidenza molto positiva sulla formazione dell’individuo, un framework coordinato proattivamente a livello europeo dovrebbe ricadere su ogni livello di educazione, primaria, secondaria, terziaria e nei programmi di apprendimento permanente. Dato che la DE/AR è in larga parte in mano alle organizzazioni della

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società civile, un tale obbiettivo diventa realizzabile solo se queste ultime sviluppano la capacità di lavorare con educatori ed enti che si occupano di educazione, formando gli operatori all’educazione allo sviluppo10. Per quello che riguarda la valutazione dell’impatto del DE/AR, questa si basa su tre principi: Imparare dall’esperienza del passato per fare meglio nel futuro; valutare i risultati di breve periodo e i benefici duraturi per i partecipanti; informare gli interessati degli approcci e delle attività ritenute capaci di cogliere le future opportunità e di superare i futuri ostacoli. Inoltre, la gran parte delle valutazioni è di natura quantitativa, mentre sarebbe vitale concentrare gli sforzi su analisi di tipo qualitativo, in modo da dimostrare relazioni causali tra l’aumentata consapevolezza e il comportamento del pubblico nel lungo periodo, come risultato delle azioni intraprese. Una corretta ed efficace valutazione richiede chiarezza sotto ogni aspetto e ogni fase di qualsiasi progetto presentato, tale chiarezza è per tanto onere degli stakeholders, che nei loro progetti dovranno strutturare la fase della valutazione sin dall’inizio, dedicandogli almeno il 3-5% delle risorse e provvedendo ad istituire strumenti di disseminazione. Infine una visione di lungo periodo richiede che attori pubblici e privati siano chiari e trasparenti riguardo ai motivi della loro partecipazione nel DE/AR, esplicitando chiaramente la loro visione dell’aiuto allo sviluppo e i conseguenti doveri, responsabilità e diritti che il perseguimento dello sviluppo locale-globale comporta. Questo tema può essere particolarmente delicato poiché lo scopo e l’ambito di specifiche organizzazioni può addirittura essere in contrasto con lo spirito dell’educazione allo sviluppo (ad esempio per quel che riguarda il fund raising o la comunicazione di una particolare posizione). Ad ogni modo è difficile immaginare un framework ed una visione di insieme coerente senza che vi sia un dibattito onesto riguardo tutte le questioni anche se sensibili. La parte finale del documento, che precede gli allegati, fornisce una serie di raccomandazioni a tutti gli enti coinvolti nel processo DE/AR, a partire dagli stakeholders attuali e futuri per poi passare alle varie istituzioni europee, ovvero

10

Ivi, p.10.

19


Commissione e Parlamento e per concludere con le autorità statali, locali e regionali. Le ultime raccomandazioni sono invece rivolte alla società civile. Alla Commissione viene chiesto principalmente di assicurare l’implementazione e la valutazione delle misure riguardanti il DE/AR e di renderne conto a Parlamento e Consiglio. Al Parlamento viene chiesto di sviluppare un report sul DE/AR ed il suo ruolo nell’implementazione del Consensus on development, coinvolgendo comitati pertinenti come il “DEVE”11, ed evidenziando il potenziale ruolo del DE/AR nell’ambito dell’educazione formale, informale, e dei processi di apprendimento permanente. Ai governi degli Stati membri ed alle autorità locali e regionali, viene chiesto di dare esplicita attenzione all’importanza del DE/AR nelle politiche di sviluppo, nei programmi e nei budgets, oltre che nelle politiche dell’educazione ed i rispettivi programmi e budgets. Viene inoltre chiesto di stabilire strutture ed instaurare nuovi processi per sviluppare prospettive di lungo termine nonché programmi di collaborazione a breve termine per promuovere il DE/AR, coinvolgendo gli enti che si occupano degli affari esteri, della cooperazione, dell’educazione formale ed informale, oltre che gli attori civili che nel DE/AR hanno interesse. Fornire supporto politico, finanziario ed organizzativo per l’integrazione del DE/AR in altre piattaforme come quelle dell’educazione, e dei media. Inoltre assicurare l’implementazione e la pubblicazione delle valutazioni dei governi e delle autorità regionali e locali iniziate e supportate dal DE/AR. Le ultime raccomandazioni sono rivolte alle associazioni della società civile che devono dare esplicita attenzione al DE/AR nelle loro strategie organizzative, nei loro budgets e nei loro programmi di comunicazione pubblica, in maniera da stimolare la visione critica da parte del pubblico e la consapevolezza di quest’ultimo. Inoltre, le associazioni della società civile dovrebbero sviluppare ed implementare strategie e dedicare adeguati livelli di risorse nella promozione del DE/AR, specialmente nel settore dell’educazione formale ed informale, tra gli addetti e tra i media.

11

http://www.europarl.europa.eu/committees/en/DEVE/home.html

20


Le organizzazioni della società civile dovrebbero stabilire partenariati ed instaurare collaborazioni con i decisori politici nel campo dell’educazione e dei media, permettendo l’integrazione del DE/AR e dei suoi problemi nelle politiche di questi sistemi. Altresì viene chiesto alle organizzazioni di sviluppare e rendere pubbliche delle valutazioni e delle stime dell’impatto delle azioni del DE/AR, riguardo le strategie, i programmi ed i progetti, includendo riferimenti espliciti a standard qualitativi, nel rispetto dei principi di effettività, efficienza, trasparenza. In ultimo, le organizzazioni dovrebbero incoraggiare e supportare la ricerca accademica e corsi accademici sul DE/AR in tutti i paesi europei, nonché promuovere e condividere le esperienze sul DE/AR attraverso le Università, centri di ricerca e Think tanks. In Effetti anche le ONG attraverso il CONCORD, l’organizzazione ombrello che raccoglie tutte le ONG europee, hanno intrapreso una seria riflessione sull’Educazione allo Sviluppo pervenendo ad un documento particolarmente importante dal titolo “European Development Education Monitor Report “DE Watch”” dove le ONG si domandano cosa significhi Educazione allo Sviluppo e quale dovrebbe essere il futuro. Essi sostengono che l’Educazione allo Sviluppo è una materia che molti interpretano, specialmente gli Stati Membri, come attività di promozione delle attività di Cooperazione Internazionale. Allo stato attuale tale visione è ormai assolutamente da evitare. Altri invece come attività finalizzata alla crescita di maggiore consapevolezza da parte degli europei, vale a dire attività di diffusione ed informazione. Tale approccio prevede attività dall’alto verso il basso. Un altro approccio considera le attività di Educazione allo Sviluppo come attività di Educazione alla globalità. Ciò sta a significare un maggiore coinvolgimento della cittadinanza con l’obiettivo di cambiare comportamenti. Infine, Educazione allo Sviluppo come risorsa di miglioramento delle competenze dei cittadini europei12

1.3. NSA/LA (ec) no 1905/2006 of the European Parliament and of the Council of 18 December 2006, establishing a financing instrument for development cooperation

12

Concord “European Development Education Monitor Report “DE Watch”, p. 7.

21


Il regolamento No 1905/2006

del 18 dicembre 2006 stabilisce i nuovi strumenti

finanziari per la cooperazione allo sviluppo. Questo atto, recependo lo European Consensus of development, rappresenta una svolta per la materia dell’educazione allo sviluppo, infatti fornisce le basi legali agli strategy papers degli anni successivi, che recepiscono, finalmente e pienamente, il bisogno di strutturare maggiormente la materia del DE/AR, rendendola in parte integrante, e non più solo marginale, del processo di cooperazione allo sviluppo. Va detto però che in questo atto il DE/AR ricopre ancora un ruolo in via di definizione, Infatti, nelle prime pagine lo strumento oggetto della nostra ricerca viene citato solo quando, nella definizione di un framework di norme, viene recepito il Consensus on Development 13del 2005, che a sua volta tratta in maniera marginale il DE/AR. Successivamente, l’articolo 1414 del regolamento definisce il ruolo degli attori non statali e degli enti locali nello sviluppo, che rispetto allo strumento dei programmi tematici (Articolo 11, a loro volta sussidiari agli articoli 5 e 10 dello stesso atto), devono cofinanziare iniziative proposte e/o sviluppate dalle organizzazioni della società civile e dalle autorità locali che originano dalla Comunità Europea e dai paesi partners nel tema dello sviluppo. Nello stesso paragrafo viene aggiunto che i programmi vanno implementati in coerenza con gli obbiettivi del regolamento stesso ed in modo da rafforzare la capacità degli NSA/LA15 nel policy making di processi quali, tra gli altri, aumentare la consapevolezza dei cittadini europei sulle questioni dello sviluppo e mobilitare un pubblico attivo nella Comunità e negli stati in via di adesione per quel che riguarda le strategie di sviluppo nei paesi partners, per migliorare l’equità delle relazioni tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, e rinforzare il ruolo della società civile e delle autorità locali in questo genere di iniziative. Il punto 2 dell’articolo 14 aggiunge che per raggiungere gli obbiettivi stabiliti dall’articolo 11, i programmi tematici devono includere alcune aree di intervento, tra cui spicca per la nostra ricerca quella menzionata dall’articolo 14.2 (b). In questo punto viene menzionato l’aumento della consapevolezza sulla questione dello sviluppo 13

REGULATION (EC) No 1905/2006 COUNCIL of 18 December 2006, p.2. 14 Ivi, p.13. 15 Non- Statal and Local Authorities

OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE

22


all’interno della Comunità europea e nei paesi in via di adesione, anche per mobilitare il supporto del grande pubblico, europeo e non, nelle azioni contro la povertà e in quelle volte a stabilire relazioni più eque tra paesi sviluppati e non, attraverso l’educazione dei cittadini europei sulle difficoltà che i paesi in via di sviluppo affrontano, e promuovere la dimensione sociale della globalizzazione16. L’articolo 20 delinea gli strategy papers per le azioni a tema, che si vuole includano anche informazioni indicative degli strumenti finanziari. Infine l’articolo 38 stabilisce che l’ammontare complessivo per l’implementazione del regolamento stesso per il periodo 2007-2013 è di 16.897 milioni di euro. Di pari passo con l’evoluzione del dibattito in seno all’European Consensus on Education Developmet, il tema dell’educazione allo sviluppo si sviluppa in maniera decisiva, strutturandosi e affermandosi come un importante strumento dell’aiuto allo sviluppo. La prova di questo cambiamento può essere riscontrata nel Consensus nelle ricadute che questo ha avuto nelle strategy papers dei programmi tematici degli anni seguenti.

1.4. Thematic programme: Non-state actors and local authorities in development - Strategy paper 2007-2010

Il programma tematico “Non State Actors and Local Authorities in Development” è uno strumento di politica dello sviluppo guidato ed ispirato dall’“European Consensus on Development” che succede l’atto “NGO co-financing and decentralised cooperation budget lines” ed ha come base legale il regolamento (EC) No 1905/2006 che stabilisce uno strumento finanziario per gli strumenti di cooperazione e sviluppo (DCI). Per l’intero periodo 2007-2013 lo strumento DCI è supportato da un ammontare massimo di 1.639 milioni di euro mentre per il periodo 2007- 2010 i fondi previsti sono 903.316 milioni. L’obbiettivo generale della strategia è ovviamente quello di ridurre la povertà in un contesto di sviluppo sostenibile e coerente con quanto stabilito dal millennium development goal. Il programma intende stimolare la capacità degli attori non statali 16

Ivi, p.14.

23


(NSA) e delle autorità locali dei paesi comunitari e/o partner dell’Europa. Il piano strategico 2007-2010 definisce tre obbiettivi specifici che insieme devono contribuire all’obbiettivo generale già citato. Il secondo obbiettivo è particolarmente pertinente a questa ricerca, infatti tratta proprio dell’educazione allo sviluppo. Testualmente, il programma: «will raise public awareness of development issues and promote education for development in the EU and acceding countries to anchor development policy in European societies, to mobilise greater public support for action against poverty and fairer relations between developed and developing countries, and to change attitudes to the issues and difficulties facing developing countries countries and their peoples»17.

L’intero piano strategico, che riconosce l’efficacia delle autorità locali e delle entità non statali nel mobilitare e coinvolgere la cittadinanza, fissa al punto 3.1.2 il bugdet generale per gli strumenti di development educationd and raising awareness. Secondo quanto stabilito dallo strumento finanziario NGO co-financing Budget-line, l’ammontare annuale dedicato ai progetti di educazione allo sviluppo è rimasto sostanzialmente stabile in questo periodo e si è attestato a circa 20M il 10% del budget totale annuale. Il documento aggiunge che riguardo la copertura geografica di questi programmi, un gran numero di iniziative registrate come europee hanno riguardato azioni cross border, sviluppate in diversi stati membri. Il documento conclude che sebbene queste azioni abbiano contribuito a promuovere la dimensione europea dell’educazione allo sviluppo, un considerevole numero di Stati membri, sia recenti che non, rimane sottorappresentato per quel che riguarda i progetti di educazione allo sviluppo. Il rasing awarness e il tema dell’educazione allo sviluppo vengono menzionati anche nel paragrafo dedicato alle lesson learned, dove si sottolinea la necessità di una più chiara definizione delle priorità, necessaria ad aumentare la strategicità degli interventi ed ad ottenere una copertura più equilibrata dei bisogni di ciascun paese. Gli “attori” dovrebbero essere incoraggiati ad implementare attività di educazione allo sviluppo nei paesi eleggibili, laddove c’è un problema di scarsa consapevolezza nel tema della cooperazione allo sviluppo, e fornire maggior supporto ai partenariati costituiti tra organizzazioni di differenti Stati Membri. Inoltre dovrebbe essere promossa la partecipazione dei partners del sud in queste attività europee ad ampio raggio. 17

Thematic programme -Non-state actors and local authorities in development-Strategy paper 2007-2010

24


Con riguardo all’educazione allo sviluppo ed il raising awareness, lo strategy paper ha definito per il periodo 2007- 2010 alcune priorità particolari che, pur rispettando la libertà di iniziativa degli attori coinvolti, devono essere compatibili con la necessità generale di racchiudere le iniziative in un quadro strategico rispettoso del policy framework delineato dall’ European Consensus e dall’agenda MGD. In questo contesto le priorità suggerite sono: •

Supporto pubblico all’agenda MDG, con particolare attenzione alle tematiche dell’Africa Sub-Sahariana;

Coerenza per lo sviluppo, con particolare attenzione alle aree di pubblico interesse che hanno obbiettivi comuni con lo sviluppo, quali immigrazione, commercio, sicurezza, diritti umani, lavoro dignitoso, ambiente, AIDS/HIV e la dimensione sociale della globalizzazione;

Rapporto tra media e sviluppo.

Queste attività sono state definite come prioritarie e da svolgersi attraverso i canali di educazione sia formale che non formale e dovranno e saranno particolarmente importanti nell’educazione allo sviluppo dei nuovi Stati Membri. Il programma multi-annuale 2007-2010 ha coperto i primi quattro anni di implementazione, in linea con il regolamento DCI, ha guidato la formulazione dei programmi di azione annuali (AAP), adottati dalla Commissione, notificati al Parlamento europeo e approvati dagli Stati membri, ed il successivo dialogo con gli stakeholders esterni. In conformità con gli stanziamenti indicativi indicati nel DCI, l'importo totale per il periodo 2007-2010 ammonta a € 903,316 M. La ripartizione indicativa per il 2007 è 217,548M €, di cui 7,428 M € sono destinati ai ENPI. Per quello che riguarda l’obbiettivo n.2, ovvero il raising awareness e l’educazione allo sviluppo, il programma multi-annuale per

il periodo 2007-2010 ha disposto un

ammontare pari a 14% del budget stabilito da questo programma tematico. Il documento precisa che un programma come questo, sviluppato per stimolare la piena iniziativa da parte degli attori locali e non statali (NSA/LA), non si presta ad una chiara previsione 25


dei risultati, tuttavia in ogni bando progettuale è richiesto agli applicants di includere indicatori di base sulla qualità, come : •

L’aumento della consapevolezza del pubblico sulle interdipendenze che a livello globale sussistono tra EU e paesi in via di sviluppo, e sul supporto per le azioni contro la povertà e per stabilire più eque relazioni tra il nord ed il sud del mondo;

Cambio di attitudine e maggiore comprensione da parte del pubblico dei problemi e delle difficolta affrontati dai paesi in via di sviluppo e dalle loro popolazioni;

L’aumento del grado di integrazione delle tematiche riguardanti i paesi in via di sviluppo nel sistema di educazione formale ed informale negli Stati Membri ed in quelli in via di accesso all’UE, assicurando l’inclusione di tematiche dello sviluppo

nell’agenda

globale

quali

cittadinanza

attiva,

democrazie

e

comprensione interculturale; •

Livello di impegno nel promuovere la coerenza delle politiche ed il grado cui gli obbiettivi della cooperazione allo sviluppo sono rappresentati in tutte le politiche Eu che hanno un impatto nei paesi in via di sviluppo;

Andare oltre l’aiuto umanitario emergenziale delle situazioni di crisi per supportare processi strutturali di sviluppo di lungo termine, anche coinvolgendo i media per un’azione informata;

Aumento della mobilitazione nei nuovi stati membri e nei paesi in via di adesione, attraverso il networking, gli scambi di esperienze e delle buone pratiche.

In seguito, si promette di fare attenzione affinché questi interventi siano integrati con le politiche di educazione allo sviluppo sia a livello nazionale che comunitario. Le attività in un singolo paese potranno essere finanziate ma sono preferibili iniziative che

26


coinvolgano più paesi e più attori. Sebbene le attività si svilupperanno in Europa, i partners dei paesi in via di sviluppo devono prendere parte ad attività dove appropriato. È stato inoltre stabilito che l’annual action programme deve fornire tutti i dettagli rilevanti per i bandi che la Commissione promuoverà sotto questo obbiettivo.

1.5. Thematic programme: Non-state actors and local authorities in Development 2011-2013 Strategy Paper Table of Contents

Il secondo strategy paper, relativo al triennio 2011-2013 si sviluppa partendo dalla considerazione che in questo ultimo periodo la crisi economica mondiale ha avuto effetti devastanti ed ha aumentato il numero di individui che vivono in situazione di estrema povertà. Pertanto, si dice, ora più che mai si avverte la necessità di uno sviluppo sostenibile. Nella struttura, il documento ricalca quello precedente relativo al periodo 2007-2010, infatti, all’interno del paragrafo sulle azioni precedentemente finanziate e sulle lezioni imparate dal passato, viene ripreso l’obbiettivo n.2 del precedente piano strategico, riguardante appunto l’educazione allo sviluppo e l’aumento della consapevolezza. Per questo obbiettivo, nel quadriennio precedente, l’ammontare annuo si è attestato stabilmente intorno ai 30 milioni di euro, pari a circa il 14% del budget totale annuale. Tuttavia viene sottolineato il fatto che un certo numero di progetti ha ottenuto eccessive risorse ed al contrario molte altre iniziative non hanno potuto usufruire di alcun finanziamento. Infatti, nel biennio 2007-2008, sono stati finanziati soltanto 92 progetti, per un ammontare totale di circa 58 milioni di euro. La copertura geografica sembra invece essere stata soddisfacente e sufficiente a dare all’iniziativa una dimensione europea.

27


Lo “share” degli stati che sono diventati membri dopo il 2004 è aumentato dal 6,65% dei fondi che avevano ricevuto per questo obbiettivo nel 2007, al 10,74% del 2008 e si è stimato che sarebbe arrivato ad oltre il 25% nel 2009. Dopo aver parlato della lezione appresa nel quadriennio precedente, l’attuale strategy paper conferma i tre macro obbiettivi, pertanto, ancora una volta, l’obbiettivo numero due viene individuato nell’educazione allo sviluppo. Viene inoltre specificato che i paesi candidati o i paesi potenzialmente tali, possono partecipare ai programmi coperti dall’obbiettivo due se i costi di partecipazione sono coperti dal programma di preadesione18 (Pre-Accession-Assistance) 19 Sulla base degli obbiettivi stabiliti subito prima, le priorità per il triennio 2011-2013 in materia di educazione allo sviluppo ed aumento della consapevolezza saranno in linea con quelle stabilite per il precedente quadriennio, al netto delle cosiddette lesson learned, delle osservazioni proposte nelle valutazioni del 2008 20 e delle priorità stabilite dall’Europa. Contestualmente allo sforzo per dare maggiore impatto ed effettività alle politiche di educazione allo sviluppo, le tematiche prioritarie sono definite come: •

I millennium development goals, specialmente per la parte del mondo rimasto indietro e soprattutto l’africa sub-saariana;

Aree di pubblico interesse, o aree di interesse comune riguardanti lo sviluppo, come le migrazioni, il suo impatto e le sue conseguenze sui paesi di origine e di arrivo, il commercio ed in particolare il commercio equo, il micro-credito, la sicurezza, i diritti umani, gli aspetti sociali della globalizzazione ed il lavoro dignitoso. Consistenza di sforzi deve essere ricercata in politiche collegate o che abbiano un impatto su queste aree di interesse.

Nelle azioni che si prestano particolarmente, incluse quelle dove il pubblico è il destinatario del DE/AR, i mass media dovrebbero essere utilizzati per evidenziare il principio di solidarietà e l’interdipendenza tra nord e sud. 18 19

Thematic programme - Non-state actors and local authorities in development-Strategy paper 2011-2013 Evaluation of the Actions to Raise public Awareness and Development Issues in Europe/ Development Education: http://ec.europa.eu/europeaid/what/civil-society/documents/de-ar_evaluation2008.pdf 20

28


Inoltre, ove possibile, a seconda del tipo di azione, bisogna considerare la possibilità di integrare il DE/AR con i sistemi educativi già esistenti. Per massimizzare l’effettività e l’impatto del DE/AR, le attività proposte dovrebbero essere complementari e sostenere ogni politica europea sul DE/AR già esistente. Il documento aggiunge priorità sarà accordata alle iniziative europee di maggior respiro e basate su solidi partenariati che porteranno una effettiva dimensione europea. Speciale attenzione verrà concentrata sui programmi di educazione allo sviluppo e aumento della consapevolezza all’interno dei paesi che fanno parte dell’Europa a partire dal 2004. Il punto 5 del documento contiene il multiannual indicative programme, che coprirà gli ultimi tre anni di implementazione (2007-2013), sarà la base su cui verranno sviluppati gli annual action programmes (AAPs) e verrà valutato nel 2013. In base a quanto stabilito dalle allocazioni previste dallo strumento DCI, l’ammontare totale per il periodo 2011-2013 è di 702 milioni. Per quello che riguarda l’obbiettivo 2, questo impegnerà il 14,5% dell’allocazione di questo programma tematico e sarà a disposizione delle iniziative all’interno dei paesi europei e di quelli in via di adesione, mentre i potenziali candidati potrebbero prendere parte a progetti dell’obbiettivo 2 se i costi degli stessi rientrano nei finanziamenti ex pre-accession- assistance. Sulla falsa riga del precedente strategy paper, viene sottolineato che un programma che vuole essere lasciato al diritto di iniziativa dei rispettivi attori è un programma i cui risultati non possono essere facilmente prevedibili. Gli stessi obbiettivi e risultati che il progetto mira a perseguire non sono cambiati rispetto al precedente strategy paper.

1.6. The proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council Establishing a financing instrument for Development Cooperation Datata 7 dicembre 2011, la proposta di regolamento 21 del Parlamento Europeo e del Consiglio per stabilire uno strumento finanziario per la politica di cooperazione e 21

Proposed Regulation for the Instrument for Development Cooperation, 2011/0406 (COD) http://ec.europa.eu/europeaid/how/finance/documents/prop_reg_instrument_dev_coop_en.pdf

29


sviluppo vuole creare una nuova base legale per la materia, andando a sostituire il precedente regolamento No 1905/2006 che legittimava gli strategy paper dei programmi tematici per il periodo 2007-2013. La regolamentazione attualmente vigente in materia di Coopearzione e Sviluppo scade il 31 dicembre 2013: molte analisi ne hanno riconosciuto il valore aggiunto ed il contributo offerto all’avvicinamento agli obbiettivi del millennio, ma sono emerse anche alcune manchevolezze. Per tanto, le nuove sfide, le nuove priorità introdotte dalla Europe 2020 Strategy e le ultime politiche dell’Ue in materia di Sviluppo hanno spinto la Commissione a fare uno nuova proposta che riveda ed adatti il regolamento in Materia di Cooperazione e Sviluppo, il cui strumento DCI finanzia, attraverso i programmi tematici, i programmi di Educazione allo Sviluppo. La proposta del nuovo regolamento è in linea con la comunicazione “ A Budget For Europe 202022” del 29 giugno 2011 e con la comunicazione” Increasing the Impact of The EU Developmet Policy: An Agenda for Change23” del 13 ottobre 2011. Al punto 3 del documento vengono elencati i riferimenti legali che fanno da supporto alla proposta di regolamento, è importante sottolineare che tra questi viene menzionato l’european consensus del 2005. Nel punto successivo viene introdotto il budget, che per l’intero periodo 2014-2020 si prevede consistere in 96 miliardi di Euro, mentre per lo strumento DCI sono previsti 23.294,7 milioni di Euro. L’Art. 1 definisce i programmi che il regolamento vuole finanziare ed al punto B dello stesso articolo prevede i Programmi Tematici, che come nei precedenti strumenti si alternano a quelli Geografici (punto A). Gli stessi programmi tematici vengono esaminati nello specifico all’interno dell’Art 6, dove si specifica che questi strumenti devono essere portatori di valore aggiunto e complementari rispetto a quelli geografici. L’Art. 8 è dedicato alle Associazioni della Società Civile e alle Autorità Locali, attori centrali nella materia della nostra ricerca. Ad ogni modo, informazioni più dettagliate sulle attività che coinvolgono questi attori sono fornite nell’allegato V. Infatti, l’allegato in questione, che definisce e descrive le aree di attività coperte dai programmi tematici, al punto B delinea proprio i programmi specifici devoluti alle Organizzazioni della Società Civile e alle Autorità Locali. Questo tipo di programmi sullo sviluppo hanno lo scopo di rafforzare la cooperazione, lo scambio di conoscenza, di esperienza e di 22 23

http://europa.eu/press_room/pdf/a_budget_for_europe_2020_en.pdf http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0637:FIN:EN:PDF

30


capacità delle Organizzazioni della Società Civile e delle Autorità Locali nei paesi partners a supporto dei traguardi sullo sviluppo sui cui esiste accordo a livello internazionale. In questo contesto, il programma ha l’obbiettivo di contribuire, tra le altre cose, a raggiungere un aumentato livello di consapevolezza tra i cittadini europei con riguardo delle problematiche dello sviluppo e a mobilitare un pubblico attivo a supporto dell’Ue, dei potenziali paesi candidati e dei paesi candidati per ridurre la povertà e promuovere strategie di sviluppo sostenibile nei paesi partners. Tuttavia, la materia del DE/AR, oggetto della nostra analisi, viene propriamente colta dal punto successivo, dove si enuncia che le attività coperte da questo programma includeranno l’incremento della consapevolezza del pubblico (raising awareness) sulle materie dello sviluppo e la promozione dell’educazione allo sviluppo sia a livello formale che informale, all’interno dell’Unione, nei paesi candidati ed in quelli potenzialmente tali; l’ancoraggio delle politiche di sviluppo nelle società europee; la mobilitazione del supporto del grande pubblico per azioni volte a contrastare la povertà ed ad instaurare relazioni più eque tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo; aumentare il livello di consapevolezza sui problemi e le difficoltà affrontati dai paesi e dai popoli che stanno affrontando i paesi in via di sviluppo ed infine promuovere la dimensione sociale della globalizzazione 24. In definitiva, questo punto riprende e conferma le linee direttrici imposte dai precedenti atti per quello che riguarda la materia dell’educazione allo sviluppo, andando a confermare un contenitore che, nei prossimi mesi, verrà riempito e definito con più dettagliati strategy papers. Per l’intero periodo 2014 – 2020, si prevede che i Programmi Tematici delle Organizzazioni della Società civile e delle Autorità Locali avranno una copertura totale pari a 2 miliardi di euro.

24

Proposed Regulation, 2011/0406 (COD), p. 45.

31


32


2.

Analisi dei Reports annuali EuropeAid 2001-2011

Questo capitolo prende in considerazione i reports annuali redatti dalla Commissione, nella fattispecie la DG EuropeAid dal 2001 al 2011. In particolare, si è pensato di presentare la visione ed il programma annuale per comprendere la valutazione interna e quindi quali miglioramenti la Commissione intende mettere in atto per raggiungere gli obiettivi prefissati. Dal 2001 si inizia a parlare di iniziative per la Democrazia e per i diritti umani anche in Europa ma non subito vengono coinvolti in prima persona i cittadini ma gruppi di associazioni e organizzazioni non governative. In particolare ci fu una Comunicazione dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo l’8 maggio del 2001 incentrata molto sul ruolo dell’Europa nella promozione dei diritti umani e nella democratizzazione. Si parte dalla cosiddetta European Initiative for Democracy and Human Rights (EIDHR) che sostanzialmente è servito a rafforzare, in prima battuta, le azioni della UE nel campo dei diritti umani e della democratizzazione a livello specifico.

2.1. L’iniziativa Europea per la Democrazia ed i Diritti Umani L'iniziativa europea per la democrazia e diritti umani ha permesso un notevole miglioramento nell’impegno dell'UE. L'importo dedicato ai diritti umani è aumentato a partire da € 200.000 nel 1987 a € 100 milioni alla fine del 2000. Inoltre, dal 1999, l'Unione dispone di un quadro giuridico significativo per la promozione dei diritti umani nelle sue policy esterne. Il EIDHR ha consentito alla Comunità europea, in particolare, a sostenere le attività di organizzazioni non governative e delle organizzazioni internazionali (come l’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani), nonché le organizzazioni regionali (Consiglio d'Europa, OSCE e altre istituzioni)25. Dal 2003 si inizia a parlare di Educazione ai diritti umani e pertanto la formazione in materia è diventata un elemento centrale della politica dell'UE in materia degli stessi. La 25

Annual Report 2001 on the European Community’s Development Policy and the Implementation of External Assistance in 2000. Annual Report 2002 on the European Community’s Development Policy and the Implementation of External Assistance in 2001.

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Commissione infatti aveva già fornito nel 2002 sostegno al Master europeo in diritti umani e democratizzazione (EMA), coordinato dal centro dei Diritti umani e democratizzazione

(EIUC)

dell’Inter-University

europea,

un'associazione

delle

università dell'UE in tutti i 15 Stati membri dell’epoca con sede a Venezia. Dopo un corso intensivo di sei mesi di periodo di formazione di esperti presso la sede del EIUC, 90 studenti dell'UE e dei paesi candidati sono stati assegnati ad una università in un altro Stato membro a continuare la ricerca specializzata. L’EIUC ha offerto anche tirocini nelle organizzazioni internazionali, compreso l'Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, Dei Diritti dell'uomo e delle delegazioni dell'UE in tutto il mondo, assicurandosi che le qualifiche dei diritti umani dei laureati EMA potessero essere oggetto di un uso immediato. La Commissione e gli esperti della UE hanno partecipato al programma di insegnamento della EMA e inoltre a una regolare formazione per osservatori elettorali dell'Unione europea e dello staff dello Commissione stessa, organizzato dal progetto dei 'Needs'26.

2.2. Verso un approccio di partecipazione regionale Nel 2004, la Commissione ha proseguito l'attuazione degli orientamenti politici basati sulla comunicazione sulla partecipazione degli attori non statali (ANS) in fase di sviluppo delle policy. L'obiettivo principale è stato quello di facilitare e promuovere il dialogo tra lo Stato e attori non statali nei paesi partner, il rafforzamento della capacità della società civile per dare un contributo effettivo al processo di sviluppo, e cercando di creare le condizioni per una maggiore equità, l'inclusione dei poveri in campo economico, ambientale e i benefici sociali di una crescita equa nonché il consolidamento della democrazia. I governi dei paesi partner hanno mostrato una maggiore consapevolezza nella necessità di coinvolgere le loro società civili nella preparazione delle strategie di sviluppo e di cooperazione: molto spesso il rafforzamento delle capacità dei Non-State Actors è anche parte delle strategie di sviluppo di questi paesi, e i fondi erano già stati impegnati a questo scopo, soprattutto nei paesi ACP27.

26

Annual report 2003 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2002 European Commission. 27 Annual report 2004 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2003 European Commission.

34


Nel dicembre del 2005 è stato avallato il cosiddetto consenso europeo nello sviluppo da Commissione, Consiglio e del Parlamento Europeo. La priorità politica per il 2005 è stata l'adozione di un nuova dichiarazione sulla politica di sviluppo. Il consenso europeo sullo sviluppo, approvato congiuntamente dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento nel Dicembre 2005, fornisce una piattaforma politica che definisce obiettivi e principi comuni per la cooperazione allo sviluppo. Esso riafferma l’impegno della UE per l’eliminazione della povertà, della proprietà, della partnership, offrendo un numero maggiore di aiuti e qualitativamente più elevati e la coerenza delle politiche per la promozione allo sviluppo28. Il punto di partenza è stato l’ampio consenso del processo delle pubbliche consultazioni che ha preso luogo tra gennaio e aprile del 2005, sulla base di un Issues Paper circa il futuro della politica di sviluppo della Ue e su un questionario on-line. Un tour di capitali europee ha aperto un dibattito ai governi nazionali di riferimento, ai parlamenti e alla società civile degli Stati membri. Il processo, che ha coinvolto una molteplicità di stakeholders, così come le delegazioni della Commissione in un numero di paesi in via di sviluppo, ha prodotto un totale di 530 contribuzioni, che sono state poi analizzate in un Consultation Report29. La Commissione ha preparato le sue proposte per una dichiarazioni comune da parte del Consiglio, del Parlamento e della Commissione e la comunicazione restante è stata adottata nel luglio dello stesso anno. A questo punto, si è aperto un dibattito formale tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento Europeo. L’European Economic and Social Committee ha elaborato un parere circa la proposta sull’opinione della Commissione, supportando il concetto di un assetto della politica europea, sottolineando l’importanza di un tipo di armonizzazione più ampia tra gli attori della UE e della necessità di una globalizzazione più inclusiva. Il Comitato delle Regioni ha anche fornito input sul tema relativo alla cooperazione decentrata. Il dibattito è stato ricco, vivace, ed, in alcuni casi, controverso. Sul lato dell’implementazione, la Commissione ha continuato sistematicamente a coinvolgere i principali soggetti interessati nel processo di Palermo - rappresentanti degli Stati membri, membri del Parlamento europeo e rappresentanti della società civile 28

Annual report 2005 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2004 European Commission, p.104. 29 Annual report 2006 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2005 European Commission, p.23.

35


- esprimendo la sua crescente diversità e la sua influenza nelle questioni dello sviluppo. Più che limitarsi a consultare i partner di attuazione, i servizi della Commissione hanno iniziato nel 2002 a impegnare tutti gli attori della catena di fornitura degli aiuti, dal donatore al beneficiario, in un quadro partecipativo deliberativo. Tutto ciò è culminato in una serie di eventi chiave che includevano il seminario Palermo Co-finanziamento (2003), il seminario di Parigi, l’Impact (2004), e la conferenza di Bruxelles sulla sensibilizzazione (2005)30. Questo strutturato "quadrilogue" con i servizi della Commissione consente a tutte le parti di creare le condizioni di erogazione degli aiuti più efficientemente, e migliora il processo di formazione politica. Risultati concreti sono stati raggiunti a semplificare alcune procedure amministrative per l'assegnazione di progetti, tenendo in considerazione le proposte di sviluppo fatte dalle organizzazioni non governative per quanto riguarda le norme finanziarie e delle procedure. Dal 2006 si inizia a strutturare un nuovo processo basato sul concetto di consenso in senso lato, da parte della cittadinanza europea sulle politiche della stessa. Vale a dire, si percepisce la necessità di prendere in considerazione le opinioni anche di altri agenti oltre alle istituzioni e quindi si è dato avvio ad un processo mediante il quale le informazioni e la consapevolezza circa le questioni politiche della UE diventano più note. Si allarga dunque il raggio di azione degli attori coinvolti nelle decisioni 31. L'approvazione del consenso europeo segna l’inizio di un nuovo paradigma per la cooperazione allo sviluppo.

2.3. La partecipazione attiva degli “Stakeholders” Per la prima volta in cinquant'anni di cooperazione allo sviluppo, una dichiarazione definisce, in pratica e non solo in teoria, a livello dell'Unione, i valori comuni, i principi, gli obiettivi e i metodi per favorire l'eliminazione della povertà. Hanno iniziato conseguentemente ad impegnarsi la Comunità e gli Stati membri, non solo come membri del Consiglio, ma anche come donatori bilaterali32. 30

Annual report 2008 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2007 European Commission. 31 Annual report 2007 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2006 European Commission. 32 L'Unione europea continua ad essere il principale donatore mondiale di aiuti allo sviluppo, fornendo 46.900.000.000€ (56,67%) sul totale degli aiuti allo sviluppo (APS) comunicati all'OCSE per il 2006. L'aiuto esterno gestito dalla Commissione europea

36


Il 2006 ha visto grandi cambiamenti nel modo in cui l'UE gestisce le relazioni con il resto del mondo: a)

garantire che le politiche che interessano i paesi in via di sviluppo in grado di supportare gli obiettivi di sviluppo;

b) con l'adozione di strategie regionali in grado di riflettere le priorità principali; c)

semplificando la gamma di strumenti che forniscono la base giuridica per l'assistenza esterna;

d) mediante l'attuazione di misure volte a collaborare più strettamente con i paesi partner e altri attori dello sviluppo in modo che gli aiuti divengano più efficaci; e)

ha migliorato il modo in cui vengono misurati i risultati e le lezioni apprese.

Dal 2007 si parla di sviluppo della partecipazione degli attori non statali nella politica della UE. L’appartenenza e la partecipazione sono i principi fondamentali della politica di sviluppo dell'UE, come indicato nel consenso europeo sullo sviluppo. La Commissione ha un ruolo chiave da svolgere nel facilitare e promuovere il dialogo tra attori statali e non statali sulle priorità e le strategie di sviluppo nei paesi partner. La Commissione ha continuato a promuovere i suoi sforzi sugli approcci partecipativi, compresa l'adozione di un nuovo programma tematico di "Attori non statali e di autorità locali nello sviluppo" per avere successo riguardo al cofinanziamento con le ONG e sulla cooperazione decentrata circa le linee di bilancio. L'obiettivo globale è la riduzione della povertà nel contesto dello sviluppo sostenibile, compreso il perseguimento degli OSM, e di altri obiettivi concordati a livello internazionale. Si tratta di un "orientedactor", ovvero di un programma finalizzato alla creazione di capacità attraverso il sostegno alle iniziative da parte di attori non statali e di autorità locali, sia per l'UE che per i paesi partner33. Una relazione di sintesi è stata poi elaborata riflettendo 175 contributi ricevuti da una serie di attori non statali e di autorità locali. La necessità di promuovere attori non statali e la partecipazione delle autorità locali è stata inclusa come principio fondamentale del processo di programmazione in corso della decima programmazione del processo per i ammonta a circa € 12.100.000.000 di nuovi impegni nel 2006, di cui € 9,8 miliardi classificati come APS. Oltre 160 paesi hanno beneficiato di questi aiuti nel 2006. 33

Annual report 2007 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2006 European Commission.

37


paesi ACP, e una panoramica della consultazione saranno allegati ai documenti di strategia nazionale34. Le linee guida di programmazione sono state ampiamente distribuite e sono state messe in rete per facilitare la partecipazione di una vasta gamma di parti interessate. Sempre nel 2007 è stato avviata una nuova banca dati on-line, PADOR, per la registrazione di potenziali promotori di progetti con lo scopo di alleviare l'onere amministrativo per i candidati stessi dei progetti e fornire in ultima istanza alla Commissione, uno strumento per migliorare la gestione della conoscenza35. Il 12 dicembre dello stesso anno la Commissione ha inoltre avviato DECIM, un meccanismo finalizzato a migliorare il coordinamento dei donatori in quei paesi dove il sostegno istituzionale alle organizzazioni della società civile possono beneficiare di un tentativo sistematico di realizzare sinergie e colmare le lacune del progetto di sviluppo nelle seguenti aree critiche: quadro giuridico; sensibilizzazione dell'opinione pubblica, il dialogo politico e governance; fornitura di servizi sociali e la creazione di capitale sociale, sostenibilità finanziaria e capacity-building, la condivisione delle conoscenze e il networking36. Il processo ha permesso di selezionare 224 progetti e un blocco di 24 borse proposte da organizzazioni non governative sullo sviluppo europeo. Questo riflette la solidarietà dei contribuenti europei con le popolazioni più vulnerabili del mondo, rispettivamente per un contributo totale di € 155.500.000 e € 18,1 milioni (bilancio UE)37. Inoltre, le attività di sensibilizzazione dei cittadini europei sono state sostenute per un contributo totale di € 22.700.000 (bilancio UE). Nello stesso anno la Commissione ha esposto le strategie regionali e nazionali per tutti i paesi ACP per il periodo 2008-2013. Questi documenti di strategia nazionale e regionale sono stati sviluppati in conformità con il Consenso. Pilastri fondamentali di questo processo, anche quando il successo di chi attua questi principi guida è irregolare, comprende il coinvolgimento dei paesi, l'allineamento con i programmi nazionali di sviluppo e strategie, attori non statali e la partecipazione delle autorità locali, un'analisi 34

Annual report 2007 on the European Commission, p.21. 35 Annual report 2007 on the European Commission. 36 Annual report 2007 on the European Commission. 37 Annual report 2007 on the European Commission.

European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2006 European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2006 European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2006 European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2006

38


congiunta della politica, delle situazioni sociali e della governance della Commissione e degli Stati membro38.

2.4. Il Consenso Europeo diviene elemento prioritario Dal 2008 viene introdotto il termine di “consenso europeo sullo sviluppo”. Esso definisce a livello generale i valori comuni, i principi, gli obiettivi e gli strumenti per cercare di sradicare la povertà e raggiungere gli obiettivi del millennio e cercare da questo anno in particolare a rafforzare la coerenza circa tutta la gamma di azioni umanitarie. Quest’ultimo prevede un piano strategico base per la cooperazione allo sviluppo dell'UE che è fermo e coerente. Esso integra gli impegni della comunità internazionale, affermando il suo sostegno agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) e riflettendo i cambiamenti globali e le sfide, in particolare in relazione alla sicurezza, alla migrazione e alla dimensione sociale della globalizzazione39. Il consenso prevede una visione comune della politica di sviluppo sia per gli Stati membri e la Comunità Europea (CE). Esso indica la strada per migliorare l'interazione tra gli aiuti dei singoli Stati membri e quella della CE. Esso riflette un maggior coinvolgimento di tutte le istituzioni dell'UE nella formulazione di questa visione politica comune. Per quanto riguarda la portata geografica del Consenso, CE e gli Stati membri promuovono le attività di cooperazione allo sviluppo in tutti i paesi in via di sviluppo40. Le relazioni tra le Nazioni Unite e l'Unione europea sono cresciuti nel tempo in una rete ricca e diversificata di contatti assicurando la Commissione stessa che gli obiettivi e i principi del consenso sono espressi nelle strategie regionali, nella cooperazione e nel dialogo che copre praticamente tutti i settori delle relazioni esterne dell'UE. Inoltre copre l'intera portata della Carta delle Nazioni Unite: la pace, sicurezza, diritti umani, questioni sociali ed economiche, compreso lo sviluppo e le attività umanitarie e di politica commerciale.

38

Annual report 2008 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2007 European Commission. 39 Annual report 2008 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2007 European Commission. 40 Annual report 2008 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2007 European Commission, p.29.

39


Un nuovo partenariato UE-Africa è stato adottato al Vertice di Lisbona nel mese di dicembre. Questa nuova partnership è stata un’effettiva indicazione e dimostrazione in pratica del consenso europeo e approfondisce ulteriormente le relazioni UE-Africa41. In effetti, l'approfondimento del dialogo politico (su temi quali la migrazione, la pace e la sicurezza, per citarne solo alcuni) così come la varietà delle aree coperte (su temi quali l'istruzione, la ricerca, informazioni tecnologia, spazio) attestano un rapporto più ampio tra l'UE ei suoi partner. La Comunicazione ha un ruolo fondamentale per l’Unione Europea. Sono state svolte numerose manifestazioni nel contesto delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma. Conseguentemente la Commissione ha prodotto un giornale della gioventù dal titolo 50 anni / 50 storie di solidarietà in 15 lingue e di circa 450.000 copie. Questo è stato ampiamente distribuito anche attraverso le scuole che partecipano all'iniziativa annuale che nell’anno 2008 ha raggiunto circa 97.000 alunni provenienti da più di 4.400 classi in circa 50 regioni europee. Si sono svolte pure giornate dello sviluppo dell'Unione Europea a Lisbona dal 7 al 9 Novembre. Il forum dello stesso anno si è concentrato sul cambiamento climatico e come rispondere ai bisogni dei paesi già vulnerabili più colpiti dai suoi effetti. Un nuovo sito web sulla cooperazione esterna, disponibile in 22 lingue, è stato lanciato nel mese di settembre. Nuovi video sono stati rilasciati sulla cooperazione nel settore dell'acqua e della sicurezza alimentare. L’Info Point sulla cooperazione nel Mediterraneo ha ricevuto 7.000 visitatori nel corso dell'anno42. Il crescente bisogno di progetti e campagne, ha portato la Commissione a mobilitarsi per porre l'attenzione dell'opinione pubblica a favore delle strategie di azione destinate ad avere un impatto positivo sulle popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Le azioni di sensibilizzazione sono rivolte a specifici soggetti come scuole, consumatori, cittadini, aziende ed altri attori non istituzionali affinché mostrino interesse verso tutto ciò che riguarda la cooperazione e il sostegno ai paesi del terzo mondo. Pertanto, come parte del Consenso europeo sullo sviluppo, la Commissione si è sempre più focalizzata sul contributo che le altre politiche che hanno un impatto sullo sviluppo, 41

Annual report 2008 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2007 European Commission, p.22. 42 Annual report 2008 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2007 European Commission, p.138.

40


come commercio, agricoltura, ambiente, sicurezza, migrazione, dimensione sociale della globalizzazione, occupazione e lavoro dignitoso e cooperazione internazionale (compresa la ricerca sull'agricoltura e sulla salute), che possono portare risultati agli Millennium Development Goals. Nel 2009, quattro anni dopo l'adozione del Consenso, la Commissione ha intrapreso una valutazione preliminare dei suoi progressi su una serie di impegni politici. I principali risultati della valutazione hanno sottolineato l'apprezzamento del consenso delle parti interessate, in particolare per il suo valore strategico chiaro. Il consenso inizia ampiamente ad essere accettato e considerato come un valido riferimento per tutti gli attori dello sviluppo. Nel 2010, l'UE ha intrapreso varie iniziative politiche importanti per aumentare ulteriormente la propria visione comune sullo sviluppo. Nel mese di aprile, la Commissione ha pubblicato una serie completa di proposte per l'azione dell'UE per aiutare i paesi in via di sviluppo a raggiungere gli obiettivi del millennio entro il 201543. La Commissione ha avviato numerose iniziative di consultazione nel 2010 per generare una riflessione sul futuro della politica di sviluppo dell'UE, alla luce delle sfide e delle opportunità in un contesto in rapida evoluzione internazionale e del nuovo quadro istituzionale dell'Unione Europea. Le consultazioni si sono avviate alla fine del 2010, includendo il Green Paper sulla politica di sviluppo dell'Unione europea a sostegno della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile e un lavoro sul futuro del sostegno al bilancio44. La Commissione ha continuato ad impegnarsi ad integrare alcune questioni trasversali in tutte le sue attività, come concordato nel consenso europeo sullo sviluppo. In particolare ci sono: la promozione dei diritti umani, la democrazia, il buon governo, i diritti dei bambini e delle popolazioni indigene, la parità di sessi, la sostenibilità ambientale e la lotta contro l'HIV /AIDS.

2.5. Il consenso come processo e metodologia da migliorare Dal 2011, constatato che la metodologia del Consenso è stata accettata dai portatori di interesse, la Commissione prevede il miglioramento dell’efficacia ed efficienza di tale 43

Annual report 2009 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2008 European Commission, p.21. 44 Annual report 2010 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2009 European Commission.

41


metodologia. Questo strumento e la sensibilizzazione dei vari attori che esso ha portato diventa una pietra miliare nella storia della cooperazione allo sviluppo dell'UE. Esprime infatti nella pratica, la volontà dell'Unione Europea e dei suoi Stati membri a dare un contributo decisivo all'eliminazione della povertà e agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Esso stabilisce per la prima volta una visione comune dell'UE in materia di sviluppo basato su più aiuti, su aiuti migliori, maggiore coerenza politica e una maggiore focalizzazione sull'Africa45. A tutto ciò si è aggiunto uno strumento importante operativo quale il portale per il dialogo

continuo

tra

le

istituzioni

e

i

portati

(https://webgate.ec.europa.eu/fpfis/mwikis/aidco/index.php/Main_Page).

di

interesse Questo

strumento sta divenendo sempre più importante per tutti coloro che si occupano di educazione allo sviluppo. Dalla relazione precedente si evince che, dal 2001 ad oggi la percezione e il consenso degli Europei circa le politiche dello sviluppo è cresciuta anche se abbastanza lentamente e soprattutto grazie all’azione di sensibilizzazione da parte dell’Unione Europea nell’implementare tecniche di sondaggi tra i cittadini nei diversi paesi membri e grazie all’accesso al finanziamento di organizzazioni non governative locali e non solo internazionali.

45

Annual report 2011 on the European Community’s development policy and the implementation of external assistance in 2010 European Commission, p.34.

42


3.

Le valutazioni esterne sui programmi EuropeAid DE/AR

Questo capitolo prende in considerazione le valutazioni esterne bandite dalla Commissione per la valutazione delle attività svolte. Infatti, ogni Direzione Generale deve effettuare almeno per ciascun bilancio, vale a dire per i sette anni di programma, una valutazione esterna. Ciò permette alla Commissione di valutare l’andamento ed allo stesso tempo programmare il nuovo bilancio e quindi le attività. Generalmente le valutazioni prevedono l’emissione di un bando o appalto al quale partecipano società specializzate. Esse propongono la modalità di svolgimento della valutazione, tenendo conto delle richieste della stessa Commissione nel bando. Di conseguenza con questo capitolo e quello precedente si presentano le valutazioni mentre con il primo capitolo si è pensato di introdurre come, grazie alle valutazioni interne ed esterne ed il contributo politico le Direzioni Generali intendono modificare i piani di lavoro. Quindi le valutazioni esterne sono particolarmente importanti in quanto sono molto approfondite e svolte da soggetti esterni. Nel nostro caso, si è pensato di presentare tre valutazioni esterne, la prima volta ad analizzare i risultati del programma rivolto alla finanziamento delle Organizzazioni Non Governative, linea di finanziamento denominata B7-6000 dove era inserita anche l’Educazione allo Sviluppo. la valutazione è stata effettuata nel 2000 da un consorzio formato da: South Research, IDPM, INTRAC, Particip GmbH ed infine Prospect. La seconda valutazione è stata effettuata nel 2008 e svolta dal Consorzio IBF consulting e BAa consulting. Esso era interamente dedicato, per la prima volta proprio alla valutazione delle attività rivolte all’Educazione allo Sviluppo. Segno che la Commissione, dopo essersi pronunciata circa il ruolo e l’importanza dell’Educazione allo Sviluppo con il documento sul Consensus, ha pensato bene di verificare al meglio appunto tali attività. In generale, le valutazioni, nel tempo, sono divenute dei veri e propri manuali in termini di metodologia applicata, di volumi e lavoro. Anche in questo caso esso è un volume di poco meno di 100 pagine. Infine, nel 2010 una nuova valutazione esterna è stata richiesta ed effettuata da SOGES S.P.A. e ECO. Questa nuova valutazione ha impegnato i valutatori per oltre un anno ed è un volume di poco meno 140 pagine ed altre quasi 400 pagine di allegati. Anche in questo, la valutazione è destinata ad analizzare il tema dell’Educazione allo Sviluppo. In conclusione, in questo capitolo, si inizierà con la prima valutazione e successivamente con quelle del 2008 e del 2010.

43


4.1. La valutazione del programma rivolto al finanziamento delle ONG La valutazione della linea di finanziamento B7-6000 effettuata tra febbraio e settembre del 2000 prende in considerazione una delle linee di finanziamento più datate dell’Unione Europa46. Infatti essa era stata aperta nel lontano 1976. Essa Aveva come obiettivo il coinvolgimento delle Organizzazioni Non Governative nell’aiuto allo sviluppo. Una linea di finanziamento che nel 1976 valeva circa 2,5 milioni di euro mentre nel 1998 ne contava circa 200 di milioni. Quindi una linea che è stata riconosciuta per oltre 25 anni particolarmente importante. Inizialmente, fino al 1988, essa era destinata al finanziamento delle ONG europee per progetti di riduzione/eliminazione della povertà dai paesi più poveri del mondo. Tuttavia con le condizioni generali del 1988 le priorità furono ampliate a rafforzamento della democrazia, diritti umani e degli enti locali del sud del mondo. Nel tempo essa ha finanziato circa 700 ONG, per 8022 progetti in 132 paesi. Quindi un programma dai numeri importanti47. 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984

2,5 4 12 12 14 14 28 31 35

1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992

35 45 62 80 80 90 104 110

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000

135 145 157 175 170 200 200 200

Il programma era caratterizzato dalla forte autonomia concessa alle ONG ed era basato su bandi di selezione. La valutazione prende in considerazione i progetti finanziati dal 1994 al 1999 incluso tuttavia non prende in considerazione i progetti di Educazione allo Sviluppo. Ciò è dato dal fatto che fino al Council Regulation del 1998, l’Educazione allo Sviluppo era una materia integrata ai progetti finanziati come attività di diffusione dei risultati dei progetti effettuati nel sud del mondo. Solo con il 1998, l’Educazione allo Sviluppo viene considerata parte integrante della Cooperazione come un’importante fattore di educazione dei cittadini europei. Nonostante, quindi che il documento in oggetto non svolga la valutazione delle attività di Educazione allo Sviluppo tuttavia se ne rende conto in quanto da esso ed altri fattori emergerà il programma dove saranno finanziati i progetti di Educazione allo Sviluppo, vale a dire appunto il programma dedicato alle Autorità Locali e gli Attori non Statali. Infatti, nonostante la valutazione del programma, da parte dei valutatori, sia positiva in 46

Questa sezione è stata redatta sulla base della valutazione svolta dal consorzio composto da: South Research, IDPM, INTRAC, Particip GmbH e Prospect nell’anno 2000. 47 Evaluation of co-financing operations with European Non Governamental development organizations (NGOs) – Budget line B7-6000, pp. i-x-xi-xii.

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quanto ritengono il programma necessario. Tuttavia, sostengono che sia necessaria una forte ristrutturazione dello stesso in quanto datato, troppo ampio in termini di soggetti beneficiari europei e, dall’altra parte, di paesi esterni. Inoltre, troppo ampie le tematiche. Infine, troppi ampi i tempi di approvazione dei progetti e di anticipo del denaro. All’epoca i valutatori suggerivano innanzitutto di scegliere tra aumentare il numero di personale della struttura o ridurre l’ampiezza del programma. Essi sottolineavano tuttavia che l’aumento del personale addetto senza la riduzione dell’ampiezza del programma avrebbe prima o poi riportata la situazione all’ingovernabilità dell’epoca. Quindi suggerivano di ridurre in ogni caso l’ampiezza del programma. Il secondo passaggio era invece quello di rivedere completamente il programma e per fare ciò suggerivano di coinvolgere i soggetti interessati, di conseguenza rivedere le caratteristiche e i contenuti del programma, valutare l’opportunità di mantenere aperto il programma a tutte le organizzazioni consci del fatto che negli anni si era ampliata la platea dei beneficiari europei e non. Un monitoraggio frequente del programma ma che fosse accompagnato anche da un Comitato che permettesse di apportare modifiche al programma date le condizioni in essere rapidamente. Infine, migliorare il processo di selezione riducendo la mole di documenti da presentare ed il numero di progetti da selezionare magari con un approccio che preveda una maggiore attenzione alla selezione stessa per evitare che vengano approvati progetti delle stesse organizzazioni o paesi48. D’altra parte i contributi ricevuti dalle ONG dal programma contano relativamente poco, circa il 14%, tuttavia le stesse ONG sono per la gran parte finanziate da contributi pubblici, circa il 69% in media49. Un aspetto importante sottolineato nel documento è l’interesse dell’Unione Europea di promuovere la propria attività di finanziatore agli occhi dei cittadini europei. Ovviamente, anche per questo motivo la linea B7-6000 era stata istituita, nella speranza che il coinvolgimento delle ONG nella cooperazione avrebbe permesso di avvicinarsi ai cittadini europei. Tuttavia, secondo i valutatori, ciò non è stato possibile. Quindi c’è da domandarsi, sostengono ancora i valutatori, se tale finalità può essere raggiunta con la linea finanziaria in oggetto50. In definitiva i valutatori hanno preso in considerazione alcuni aspetti o inteso seguire una metodologia che gli permettesse di valutare la linea di finanziamento rispetto alla sua rilevanza, efficacia, efficienza, impatto, sostenibilità ed infine in base alle tematiche in oggetto quali genere, povertà, democrazia e rafforzamento della società civile e il grado e qualità del partenariato nord-sud. 48

Evaluation of co-financing operations with European Non Governamental development organizations (NGOs) – Budget line B7-6000, pp. i-x-xi-xii. 49 Evaluation of co-financing operations with European Non Governamental development organizations (NGOs) – Budget line B7-6000, p. 9. 50 Evaluation of co-financing operations with European Non Governamental development organizations (NGOs) – Budget line B7-6000, pp. 41-42.

45


Per quanto riguarda la rilevanza della linea di finanziamento, i valutatori sostengono che la decisione di coinvolgere le ONG è stata certamente una scommessa importante che ha portato risultati molto positivi. L’efficacia invece è minata dalla incapacità della Commissione di delineare al meglio l’indirizzo della linea di finanziamento che è troppo generica e distribuita su troppi paesi. L’efficienza invece risente in modo molto consistente delle procedure di selezione dei progetti. Ciò fa si che il tempo impiegato per l’analisi dei progetti comporti la perdita di efficienza e di conseguenza è necessario rivedere le procedure. L’impatto così come la sostenibilità pagano il fatto che i progetti sono di relativa breve durata e di conseguenza è eccessivo, da parte della Commissione, chiedere appunto la sostenibilità e, dall’altra da parte delle ONG, assicurare che ciò sarà fatto. Tuttavia, i valutatori sottolineano che ormai le ONG si stanno adeguando a tale prospettiva. La questione di genere invece rappresenta una delle note positive insieme agli interventi sulla povertà. Vale a dire, che gran parte dei progetti sono rivolti a donne o/e ai più poveri. Ciò non vuol dire che ciò è dovuto alla linea finanziaria piuttosto che è una delle conseguenze indirette. Democrazia, coinvolgimento della società civile e miglioramento dei partenariato nord sud invece sembrerebbero in linea con le aspettative. Infatti, seppure la democrazia non sia un obiettivo di breve periodo tuttavia le organizzazioni del sud del mondo hanno un sistema relativamente democratico di gestione delle associazioni e il rapporto tra ONG del nord e del sud risulta essere abbastanza equilibrato51. Infine, i valutatori ritengono, nelle loro raccomandazioni, che va fatta una scelta chiara se si intende proseguire con la linea di finanziamento, in particolare: 1. maggiore consultazione dei portatori di interesse in itinere; 2. rivedere i contenuti e le caratteristiche della linea di finanziamento: con particolare attenzione a mantenere l’autonomia e indipendenza delle ONG ma rivedere i principi della linea di finanziamento. L’accesso alla linea di finanziamento non può essere troppo diffusa e mal distribuita. Definire al meglio le priorità 3. devono essere tenuti in considerazione gli interessi delle grandi e delle piccole NGO. 4. Si dovrebbe mettere in atto un sistema di controllo della linea di finanziamento. 5. Inoltre, cosa particolarmente importante la Commissione deve prevedere un sistema di valutazione distribuito in due livelli che permetta di fare un primo screening entro 51

Evaluation of co-financing operations with European Non Governamental development organizations (NGOs) – Budget line B7-6000, pp. 68-74.

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due mesi e successivamente un secondo screening di tre mesi. In questa modalità, si eviterà che le ONG impieghino troppo tempo per la stesura di progetti che hanno scarsa probabilità di finanziamento ed allo stesso tempo avere la possibilità di selezionare i migliori in quanto vi sono un numero limitato di progetti da valutare52.

4.2. La valutazione del programma DE/AR del 2008 Questa seconda valutazione è stata svolta appunto nel 2008 dal consorzio composto da IBF International Consulting e BAa Consultors. Esso prendeva in considerazione, per la prima volta, la valutazione solo del DE/AR che come si è accennato nelle pagine precedenti è un programma che inizia nel 1979 subito dopo l’avvio del programma di Cooperazione Internazionale da parte dell’Unione Europea nel 197653. Anche in questo caso i valutatori sottolineano come questo sia uno dei pochi programmi dell’Unione demand driven, vale a dire che è fortemente influenzato da coloro che ne usufruiscono piuttosto che dal donatore. I valutatori inoltre tengono conto che il programma sostanzialmente ha subito tre grandi mutazioni, se possiamo sintetizzarle in questo modo. In una prima fase, il programma era caratterizzato da una maggiore visibilità e copre gli anni 1997-1999. In una seconda fase invece si è proceduto ad una forte rivisitazione del programma stesso e delle procedure e del budget a disposizione a causa anche dell’accesso dei nuovi paesi e copre gli anni che vanno dal 2000 al 2006. Infine, una terza fase, 2007-2013, dove si è cercato di consolidare i risultati ottenuti nei vecchi paesi membri e rafforzarla nei nuovi stati membri. I valutatori considerano che si sono raggiunti risultati soddisfacenti nella nuova modalità di gestione dei bandi, nelle attività nei nuovi stati membri, coinvolgimento di numerose NGO, rafforzamento dei Fora nazionali ed europei. In particolare si è sottolineato come la procedura di selezione a due livelli con la concept note e application form ha permesso di ridurre il carico di lavoro per donatori e beneficiari, migliorando di gran lunga l’efficienza del programma. Mentre sembrerebbe che in altri aspetti il programma non ha raggiunto particolari risultati. In particolare, scarsa capacità di sviluppo di progetti paneuropei, scarsa capacità di sviluppare una visione strategica all’interno del programma, incapacità di sviluppare degli indicatori che possano permettere di valutare al meglio i progetti svolti, scarsa condivisione dei risultati raggiunti e delle buone pratiche, scarsa capacità di coinvolgimento di altre istituzioni al di fuori degli enti locali ed NGO54. 52

Evaluation of co-financing operations with European Non Governamental development organizations (NGOs) – Budget line B7-6000, pp. 74-79. 53 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 11-12.

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In termini di progetti finanziati, vi è stato un decremento consistente nell’anno 2002, nel momento in cui è entrato in atto la nuova procedura di presentazione dei progetti. Tuttavia in media si è passati da circa 170 progetti a 50. I progetti sono stati finanziati in 23 paesi tuttavia tre paesi (Italia, Inghilterra e Germania) contano per il 43%, con 292 progetti, dei finanziamenti accordati mentre solo il 2% dei progetti sono andati ai nuovi stati membri. Si evidenzia inoltre che alcuni paesi tendono ad essere specializzati in alcune tematiche mentre altri sono più multisettoriali. Infatti, l’Italia è fortemente presente nei progetti di educazione e cultura così come il Belgio mentre i paesi scandinavi si dedicano maggiormente ai progetti di carattere economico. Infine, l’Inghilterra è fortemente presente nei progetti di carattere sociale. Infine, è da sottolineare che 17 NGO sono state in grado di aggiudicarsi più di 6 progetti per complessivi 117 progetti. Emerge ovviamente anche in questo caso la difficoltà dei nuovi stati membri e di conseguenza delle NGO dei nuovi stati membri55.

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

17488222 21325667 20198381 17866694 7169769 13565987 20678159 19886511 22656647 29919519

Rilevanza del programma e dei progetti sono analizzati per comprendere al meglio quali siano i punti di debolezza e di forza di una linea di finanziamento che in questi anni è molto cambiata. Se si pensa al fatto che in precedenza tale linea finanziava tutta l’educazione allo sviluppo ed i progetti veri e propri di cooperazione. In termini di programma sembrerebbe che si sia aperta un’importante discussione su cosa si intenda per educazione allo sviluppo56. in effetti ad educazione allo sviluppo si è via via affiancato anche il termine di educazione alla globalità ed infine cittadinanza globale intesa in termini di educazione all’interdipendenza globale. Tuttavia i valutatori sostengono che gran parte dell’educazione allo sviluppo viene svolta come educazione

54

General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 13-14. 55 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42. 56 Vedi capitol 1.

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non formale e quindi con una scarsa cooperazione tra le NGO e gli enti locali con l’educazione formale delle scuole. Sembrerebbe, sempre secondo i valutatori, importante il ruolo del programma per quanto riguarda i nuovi stati membri che grazie a tali iniziative accrescono la sensibilità della cittadinanza rispetto ai temi della globalizzazione. Inoltre, ciò dovrebbe stimolare anche un maggiore coinvolgimento di tali paesi agli aiuti allo sviluppo. altro aspetto importante è la doppia veste degli enti locali che con questo programma risultano anche beneficiari di finanziamenti oltre a finanziare la cooperazione internazionale, la cosiddetta cooperazione decentrata, e l’educazione allo sviluppo. In particolare, in alcuni paesi quali Spagna, Italia, Germania e Belgio gli enti locali finanziano oltre l’80% della quota destinata all’educazione allo sviluppo. Tuttavia, risulta ancora scarsa la collaborazione tra le NGO e le organizzazioni che si occupano di educazione allo sviluppo mentre in alcuni paesi i coordinamenti di educazione allo sviluppo sono ancora troppo deboli. Tale situazione non si registra solo nei nuovi stati membri ma anche in alcuni dell’Europa occidentali quali Italia, Grecia, Danimarca, Portogallo. In conclusione, il programma, così come definito attualmente, ha permesso la nascita di organizzazioni che si occupano principalmente di educazione allo sviluppo e ciò ha permesso lo sviluppo di un dibattito che sta portando alla trasformazione della stessa educazione allo sviluppo57. Per quanto riguarda la rilevanza del programma nei progetti, i valutatori sottolineano come la procedura di selezione basata su concept note e application ha sicuramente migliorato il processo e i beneficiari ne sono molto soddisfatti. Inoltre, tale approccio permette anche alle piccole organizzazioni, piccoli paesi o ai nuovi stati membri a partecipare ai bandi. Ciò è sicuramente un passo importante che riflette le raccomandazioni della valutazione sopra citata. Invece risulta ancora particolarmente difficile il rapporto tra il programma e i programmi nazionali ed ancora di più con l’educazione formale. Infatti, pochi sono i paesi dove l’educazione allo sviluppo è formalmente riconosciuta e magari compresa nei programmi scolastici. Tale situazione è particolarmente difficile in Spagna, Olanda e Grecia. Di conseguenza i valutatori suggeriscono di aprire un tavolo di consultazione con tutte le istituzioni per avviare un percorso di riconoscimento dell’educazione allo sviluppo58. Efficienza del programma è certamente migliorata appunto per il nuovo approccio basato su un doppio livello di presentazione di proposte e documenti. Inoltre, l’ingresso dei nuovi stati membri ha permesso di accrescere il budget complessivo seppure ha anche portato ad un maggiore numero di proposte. Tuttavia il numero di proposte non è aumentato quanto avrebbe dovuto. Un aspetto critico della nuova metodologia è la 57

General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 44-50. 58 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 51-55.

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difficoltà per le organizzazioni di ottenere un secondo finanziamento e ciò mina la continuità della propria attività. Dal punto di vista dei progetti, generalmente gran parte di essi sono attività di educazione non formale, campagne, lavori di advocacy, promozione di attività di rete ed infine capacity building. Anche in questa seconda fase del programma tuttavia si fa molta fatica a comprenderne la visione e la strategia complessiva tuttavia nell’arco degli anni molte sono le buone pratiche poste in atto o le attività innovative59. Efficacia del programma risente dell’incapacità di una visione e strategia globale del programma stesso dovuto anche, in parte, dal fatto che si è cercato di mantenere l’autonomia e libertà di iniziativa dei beneficiari. Di conseguenza ciò ha portato anche alla mancanza di indicatori oggettivi di valutazione dell’efficacia del programma. I risultati del programma possono essere suddivisi in tre categorie: competenze, supporto politico e coordinamento degli attori. Il programma ha permesso la creazione delle piattaforme nazionali o ove già esistenti allo sviluppo degli stessi tuttavia molto ancora deve essere fatto per lo sviluppo della piattaforma europea. Dall’altra parte i progetti a livello di educazione formale permettono di raggiungere una vasta platea mentre quelli di educazione non formale tendono ad avere un approccio molto limitato e tale difficoltà è accentuata anche dalla mancanza di continuità. Invece sembrerebbe ancora lontano un risultato soddisfacente con i media mentre si iniziano ad intravvedere risultati incoraggianti con le organizzazioni professionali o di migranti. Una maggiore cooperazione si è instaurata tra le NGO e centri di ricerca ed università. Paradossalmente risultano più visibili i risultati nei nuovi stati membri piuttosto che in quelli occidentali e ciò è probabilmente dovuto alla condizione di partenza dei primi piuttosto che ai secondi60. In termini di efficacia dei progetti, per quanto si siano raggiunti risultati importanti tuttavia si sono perse molte opportunità in quanto non vi è stata la lungimiranza di coinvolgere nei progetti stessi soggetti che potenzialmente possono essere importanti come nel caso dei consumatori, le associazioni dei genitori, i responsabili degli enti locali all’educazione e le imprese. Dall’altra parte i maggiori risultati sono stati raggiunti nella promozione dello sviluppo sostenibile e del commercio equo. E’ importante tuttavia coinvolgere maggiormente ancora le scuole ed i sindacati61. 59

General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 58-61. 60 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 62-66. 61 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 66-69.

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Impatto del programma è accresciuto grazie alla nascita di programmi di studi a livello universitario mentre vi è stata una perdita di creatività, innovazione e dinamismo. E’ sottolineare tuttavia che il diritto di iniziativa e l’autonomia riconosciuta ai beneficiari ha certamente permesso un alto livello dei progetti. In termini di impatto dei singoli progetti, è sicuramente da addebitare all’educazione allo sviluppo se vi è una più accentuata sensibilità degli europei alla cooperazione internazionale e in quei paesi dove l’educazione allo sviluppo è più sviluppata vi è una maggiore sensibilità dei cittadini alla globalità e alla cooperazione. In conclusione, per migliorare l’impatto è necessario accrescere la capacità dei beneficiari attraverso dei corsi di formazione62. Sostenibilità del programma dovrà, secondo i valutatori, passare attraverso un maggior supporto a livello politico e ciò dovrebbe essere coniugato con la crescita dei fora nazionali ed il loro coordinamento. Va aggiunto inoltre che ampliamento dei target groups potrà avvenire solo attraverso un maggiore coinvolgimento dei centri di ricerca , delle organizzazioni giovani, datoriali e sindacali e d’impresa. Infatti, il coinvolgimento degli enti locali ha permesso un aumento della sostenibilità del programma ma ciò dovrebbe essere solo l’inizio. Tuttavia, va appunto ampliato il target groups ed in particolare importante sarà il ruolo delle diaspore e dei migranti63. In termini di sostenibilità dei progetti è necessario tenere conto di quali siano i fattori che rendono sostenibili i singoli progetti. Inoltre, l’autofinanziamento, la raccolta fondi così come il volontariato sono fattori importanti di sostenibilità dei singoli progetti. A ciò si deve aggiungere il coinvolgimento dei docenti in servizio attraverso dei corsi di formazione mirati. Per fare ciò è importante il coinvolgimento dei media e la realizzazione di eventi per il coinvolgimento di parti della società che non hanno particolare sensibilità ai temi specifici dell’educazione allo sviluppo. In conclusione, alcune aspetti sono andati meglio di altri come nel caso del diritto dei beneficiari di essere autonomi, le azioni nei nuovi stati membri, il supporto ad azioni in paesi dove l’educazione allo sviluppo non è finanziata a livello nazionale e locale, sviluppo e consolidamento nelle organizzazioni di competenze sull’educazione allo sviluppo, rafforzamento dei fora nazionali ed europei, forte sensibilizzazione dei policy makers mentre ancora non si è in grado di utilizzare i bandi per progetti paneuropei, manca una visione e strategia globale, mancanza di indicatori oggettivi, scarsa raccolta delle buone pratiche, scarsa promozione di un educazione allo sviluppo a livello nazionale e di conseguenza l’educazione allo sviluppo come una delle priorità a livello nazionale e locale64. 62

General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 72-74. 63 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 75-77.

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Le raccomandazioni, in questo caso, sembrerebbero essere più puntuali ed esigenti rispetto alla prima valutazione del 2000. Innanzitutto, l’approccio del diritto d’iniziativa è certamente uno degli aspetti che permette iniziativa, innovazione e dinamismo di conseguenza va mantenuto, i temi e le priorità devono essere maggiormente focalizzate, vanno rafforzati i fora nazionali ed europei. Promozione e rafforzamento di iniziative strategiche a livello paneuropeo, infine, la creazione di un gruppo di supporto al programma che sia composto da soggetti che conoscano il tema65.

4.3. La valutazione del programma DE/AR del 2010 Quest’ultima valutazione è stata svolta nel 2010, essa è la prima vera valutazione del attività di Educazione allo sviluppo prodotta dall’unione Europea per quanto inclusa nel programma NGO e enti locali. La valutazione è stata svolta dalla società SOGES in collaborazione con ECO. E’ un lavoro molto complesso che prende in considerazione i progetti svolti dal 2005 al 2009 in un ottica più mirata, cioè solo l’attività di educazione allo sviluppo, ma anche più ampia, vale a dire tenendo in considerazione anche del percorso in atto rispetto al Consensus, Quindi, da questo punto di vista è sicuramente un salto di qualità rispetto alle altre valutazioni. Inoltre, è necessario sottolineare che questa valutazione è particolarmente importante in quanto le conclusioni saranno poi riprese dalla Commissione per sviluppare il nuovo piano di intervento 2014-202066. Infatti, come sottolineato, dai valutatori, l’educazione allo sviluppo è parte del programma per le NGO e gli enti locali. In particolare all’educazione è destinata la priorità due nella quale è specificato che la Commissione con tale programma intende supportare azioni in Europa e nei paesi in preaccesso per accrescere la consapevolezza dei cittadini circa la povertà e per relazioni più eque tra paesi sviluppati e non67. Innanzitutto emerge, anche in questo caso, che l’Italia insieme alla Germania e la Gran Bretagna sono i paesi che ricevono più finanziamenti in valore assoluto e coprono circa il 47% del totale. Tuttavia il dato più interessante è quello dei progetti approvati agli enti locali dove l’Italia è prima in assoluto a notevole distanza dal secondo paese, la Francia al quale segue la Germania. Ciò fa emergere la capacità degli enti locali italiani nel partecipare ai bandi ma anche la sensibilità dei nostri enti locali alla tematica. I temi prevalenti sono la povertà, i MDG e le politiche di sviluppo tuttavia non c’è una particolare prevalenza nelle tematiche espresse dai beneficiari.

64

General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 80-83. 65 General Evaluation of Actions to Raise Public Awareness of Development Issues in Europe/Development Education, pp 37-42.Europe/Development Education, pp 84-89. 66 DEAR in Europe- Recommendation for future interventions by the European Commission. 67 DEAR in Europe- Recommendation for future interventions by the European Commission, annex A, p. 6.

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Altro aspetto importante sono gli target groups che prevalentemente sono i cittadini, i decisori politici e le organizzazioni mentre gli strumenti maggiormente utilizzati sono i siti internet, conferenze e corsi di formazione68. Negli ultimi anni sono emersi nuovi attori tra cui appunto gli enti locali, dove quelli italiani hanno vinto 12 dei 19 progetti finanziati agli enti locali, le organizzazioni giovanili, i sindacati, le organizzazioni di fede ed infine le organizzazioni dei migranti e delle diaspore69. Il programma gestisce circa 31 milioni di euro all’anno tuttavia vi è una forte debolezza nella visione e strategia complessiva del programma e di conseguenza non è possibile poter raggiungere risultati importanti. Inoltre, la mancanza di coordinamento fa sì che ciascun progetto tende ad essere isolato. Di conseguenza è opportuno, secondo i valutatori, migliorare appunto gli aspetti sopra citati, inoltre, migliorare il supporto della Commissione ai beneficiari, incentivare i beneficiari ad un approccio che coinvolga più portatori di interesse e soggetti, migliorare la qualità dei progetti attraverso un monitoraggio e supporto ed infine incentivare l’apprendimento globale e le campagne di informazione e di advocacy. Tuttavia tali raccomandazioni devono tenere conto anche della coerenza complessiva del programma e per fare ciò, i valutatori, suggeriscono che vi debba essere una maggiore comunicazione tra il donatore ed i beneficiari, e ciò potrebbe essere in parte raggiunto con la creazione di un gruppo di lavoro composto da tutti i portatori di interesse, richiedere una maggiore coerenza e coordinamento tra le politiche nazionali e locali con quelle europee mentre nel lungo periodo sarà necessario un maggiore coordinamento con le altre direzioni generali e con le altre istituzioni internazionali. Inoltre, sarà necessario migliorare il processo di apprendimento e di condivisione dell’apprendimento stesso e ciò deve essere promosso proprio dalla Commissione, redazione di un report delle attività specifiche ed infine una maggiore collaborazione con i centri di ricerca che si occupano di educazione allo sviluppo, alla globalità e alla cittadinanza globale. Infine, per quanto riguarda i bandi, i valutatori, suggeriscono che venga ripristinato lo schema di bandi di ammontare limitato per favorire le piccole organizzazioni o le organizzazioni dei nuovi stati membri, i bandi e le procedure dovranno essere migliorate e rese meno burocratiche e più trasparenti, dovrebbero essere innalzati a 4 anni la durata dei progetti.

68

DEAR in Europe- Recommendation for future interventions by the European Commission, annex A, pp. 16-20. 69 DEAR in Europe- Recommendation for future interventions by the European Commission, annex A, pp. 41-44.

53


In definitiva, la nuova valutazione tiene conto delle raccomandazioni apportate nelle precedenti valutazioni e i provvedimenti intrapresi da parte della Commissione. Alla luce dei provvedimenti intrapresi sembrerebbe che il programma abbia una logica più definita e soprattutto abbia messo in atto o meglio abbia supportato un processo di analisi e di discussione per andare oltre la semplice educazione allo sviluppo o addirittura alla semplice diffusione dei risultati al quale ormai molte organizzazioni si erano abituate.

4.4. Conclusioni Dall’analisi delle valutazioni esterne svolte durante gli ultimi 15 anni emerge che la metodologia utilizzata, vale a dire tenere in considerazione i report annuali, le valutazioni politiche, le valutazioni esterne e le opinioni dei cittadini permette un continuo miglioramento del programma. Inoltre, le valutazioni esterne permettono alla Commissione di implementare al meglio il programma nel settennato successivo. Questa metodologia che include la valutazione attraverso l’analisi di alcuni progetti e l’ascolto dei soggetti interessati attraverso dei Focus Group per ciascun paese ed a livello paneuropeo permette di avere un’idea abbastanza puntuale delle necessità e dei sentimenti dei portatori di interesse. Da tutto ciò emerge che il programma ha subito, negli ultimi 15 anni, anche grazie alle valutazioni esterne, notevoli cambiamenti circa le procedure, la gestione e le priorità. Per quanto permangono ancora notevoli lacune dal punto di vista della visione e della strategia complessiva del programma ciò in parte dovuto alla forte autonomia concessa e riconosciuta ai beneficiari. Dall’altra parte, permane una grande difficoltà a definire al meglio le priorità dei bandi, la collaborazione con le altre istituzioni europee, internazionali e nazionali. Inoltre, vi è il riconoscimento dell’importanza dell’educazione formale tuttavia risulta particolarmente difficile il coinvolgimento degli insegnanti, degli studenti e di conseguenza delle scuole. Ciò richiederebbe un coinvolgimento delle istituzioni nazionali per l’educazione formale tuttavia ciò richiederebbe un intervento deciso della Commissione dal punto di vista politico. Dal punto di vista dei bandi, le raccomandazioni principali emerse sono la riduzione dei tempi di selezione, l’incentivazione di una maggiore cooperazione a livello paneuropeo da parte dei beneficiari, la creazione di mini bandi per permettere alle piccole organizzazioni di partecipare ed avere chance maggiori. Alla luce di tali suggerimenti, si può rilevare che le valutazioni esterne sono particolarmente importanti ed utili e che l’insieme della consultazione dei portatori di interesse, i report interni, le valutazioni politiche dei commissari e le indagini di euro barometro permettono un costante miglioramento dei programmi ed in particolare di un programma particolarmente quale è quello dell’educazione allo sviluppo. 54


4.

La percezione degli europei sugli aiuti allo sviluppo

Questo capitolo prende in considerazione i sondaggi di Eurobarometro circa la sensibilità degli europei alla cooperazione internazionale. Infatti, dopo aver presentato, nel primo capitolo, i sondaggi svolti da Eurobarometro circa la sensibilità degli europei alla cooperazione internazionale e nel secondo capitolo invece l’analisi dei provvedimenti europei circa la cooperazione e l’educazione allo sviluppo. In particolare, si è sottolineato come l’Unione Europea, dopo aver attivato la linea di finanziamento a favore dei Paesi in Via di Sviluppo per la necessità di riconoscere il ruolo coloniale di diverse paesi europei nel tempo, ha, di conseguenza, riconosciuto la necessità di informare ed educare gli europei circa la propria attività esterna. Da qui la nascita dell’educazione allo sviluppo che poi nel tempo si è trasformata in educazione alla globalizzazione Nel terzo capitolo si è presentata la valutazione interna ex-post dei programmi europei allo sviluppo dal 2001 al 2011 alla luce dei programmi attivati e realizzati. Infine, nel capitolo precedente la valutazione esterna dei programmi svolta da società esterne autorizzate. Dall’analisi sino a qui svolta si è evidenziato come l’Unione Europea tende, per la propria attività, a sviluppare un forte e strutturato processo di analisi interna ed esterna coniugata con un forte processo di concertazione con la società civile interessata al tema in oggetto, i cosiddetti stakeholders. Sempre dall’analisi si evince che le valutazioni interne ed esterne e la consultazione degli

stakeholders ha permesso all’UE di prendere coscienza dell’importanza

dell’educazione allo sviluppo. Tuttavia, inizialmente l’attività di educazione allo sviluppo aveva avuto luogo proprio per la mancata conoscenza, da parte degli europei, dell’attività di cooperazione allo sviluppo svolta dalla stessa Unione Europea. Di conseguenza in questo capitolo si prenderà in considerazione proprio le indagini di Eurobarometro che hanno, in qualche modo, dato lo spunto all’Unione Europea a dare vita all’Educazione allo Sviluppo.

55


In questo capitolo si cercherà di evidenziare come nel tempo e per tipologia di consultazione, la percezione degli europei sia cambiata circa la cooperazione internazionale grazie ad una maggiore informazione ma allo stesso tempo, con la crisi e l’allargamento la sensibilità degli europei sia cambiata. I numeri presi in considerazione sono 18 dal 1984 al 2011 e sono stati suddivisi quattro macroaree per tematiche seppure con una distinzione che ovviamente è soggettiva. La prima che fa riferimento alle indagini che riguardano prevalentemente l’aiuto allo sviluppo in senso lato e che riguarda sei numeri che vanno dal 1984, al 1988, al 1990, al 2003 al 2005 ed al 2007. Un secondo raggruppamento che riguarda la percezione degli europei circa i paesi del cosiddetto terzo mondo che sono quelli del 1992 e del 1996. A questi si aggiungono due numeri importanti che hanno indagano la percezione dei cittadini europei circa un loro coinvolgimento all’aiuto allo sviluppo, del 1997, ma soprattutto quello del 2007 che invece intendeva misurare la sensibilità dei nuovi europei, cioè i nuovi stati membri, circa la cooperazione internazionale. Un terzo raggruppamento prende in considerazione gli interventi umanitari, per quanto questa tematica non può e non debba essere considerata a tutti gli effetti cooperazione internazionale e quindi non possa essere tenuta in considerazione ai fini dell’educazione allo sviluppo. Tuttavia, anche essa è una delle attività che richiedono sensibilità degli stessi europei ai problemi e le difficoltà degli altri paesi. Gli anni di indagine presi in considerazione sono il 1995, il 2001, il 2006 ed infine il 2010. Infine, un ultimo gruppo di eurobarometro che non avendo un chiaro indirizzo si è pensato di inserirlo in questa categoria. Essi sono destinati a fatti più specifici o congiunturali quali la crisi o gli Obiettivi del Millennio e sono degli anni 2009, 2010, 2010 e 2011. Si inizierà presentando nel primo paragrafo con gli aiuti allo sviluppo per poi continuare con il secondo, il terzo ed il quarto raggruppamenti70.

4.1. Le consultazioni circa gli aiuti allo sviluppo71 Le prime consultazioni intraprese dall’Unione Europea, come più volte ricordato, avvengono durante gli anni ottanta, per la precisione nel 1984 e 1988. Ciò dopo circa 70 71

Vedi introduzione. Europeans and AID to development 1984, 1988 e 1999.

56


dieci anni di attività di cooperazione e circa sei anni di Educazione allo Sviluppo da parte dell’Unione Europea. Le prime due consultazioni sono proprio rivolte a comprendere la conoscenza e sensibilità degli europei circa gli aiuti allo sviluppo. Successivamente tali consultazioni si tengono, come è possibile verificare dalla tabella sottostante, nel 1997, nel 1999, nel 2003, nel 2005 e nel 2007. Tabella n. : Ref. Wave 20 37 105 46.0 126 184 222 280

50.1 58.2 62.2 67.1

Anno 5/84 3/88 1/97 2/99 3/03 2/05 6/07

Titolo Europeans and aid to development Europeans and development aid in 1987 Development aid: building for the future with public support Europeans and development aid L’aide aux pays en development (versione francese) Attitudes towards development aid Europeans and development aid

Nei primi quattro reports fino al 1999 (del 1984, del 1987, del 1997 e del 1999) non ci sono riferimenti all’argomento dell’Educazione allo Sviluppo. Dai reports più recenti invece si hanno le seguenti informazioni circa la sensibilità degli europei agli aiuti allo sviluppo. per quanto riguarda l’anno 2005, a quattro anni dopo la loro adozione, il livello della conoscenza dei Millennium Development Goals da parte dei cittadini EU è a un livello molto basso, 88% degli intervistati hanno confessato la loro ignoranza a riguardo. La stessa percentuale è osservata a livello dell’EU-15(88%) ed una percentuale più alta nei paesi- nuovi membri UE(90%). In più paesi membri 4 intervistati su 5 hanno affermato di non aver mai sentito parlare dei MDG, segnalando quindi quanto lavoro c’è ancora da fare per aumentare la consapevolezza e la conoscenza degli europei sulle politiche degli aiuti allo sviluppo. Percezione positiva degli aiuti ai paesi poveri è in declino. Infatti da quando è stata posta la domanda la prima volta nell'autunno del 1996, l’approvazione degli intervistati per gli aiuti del governo nazionale alle persone povere nei paesi in via di sviluppo è gradualmente diminuita.

57


Comunque questa tendenza si è fermata. In questa sessione il 91% degli intervistati esprime il consenso ed il riconoscimento dell'importanza di aiutare le persone in paesi poveri a svilupparsi. Un intervistato su tre ritiene che il loro governo dedica una quota del bilancio troppo bassa all’aiuto allo sviluppo. Nel 2007, ancora pochi cittadini EU hanno sentito parlare dei MDG (18%) e solo 2 su 3 sanno di cosa si tratta. Quattro su cinque, invece, non ne hanno mai sentito parlare. Dal momento che il livello generale di conoscenza rimane bassa, non ci sono grandi differenze tra le categorie socio-demografiche. Nel dicembre 2005 i presidenti della Commissione, Parlamento e Consiglio hanno firmato una nuova dichiarazione sulla politica di sviluppo dell'Unione Europea, il "consenso europeo", un quadro che mira sostanzialmente a ridurre la povertà a livello mondiale nel contesto dello sviluppo sostenibile Non sorprende che esista un legame tra la conoscenza di una di queste iniziative: 32% di coloro che sanno dell’esistenza dell’ECD, sanno anche degli MDG. Considerando le variabili socio-demografiche, si può notare che le donne, e soprattutto le casalinghe, sono meno informate degli uomini e dei vari gruppi professionali in generale

sui

contenuti

del

Consenso

europeo

sullo

sviluppo.

Inoltre, la familiarità con questa iniziativa sembra aumentare in linea con il livello di istruzione degli intervistati. Il ruolo dell'UE come attore principale dell’aiuto allo sviluppo sembra essere apprezzato, ma non ben definito. Una percentuale di risposte "non so" relativamente elevata è stata rilevata per questa domanda che implica, insieme alla natura divisa della pubblica opinione, che gli europei hanno difficoltà nel formare le loro opinioni su questo argomento. Due organismi europei, la Commissione e il Parlamento, sono visti nella posizione migliore per decidere le priorità degli aiuti allo sviluppo dell'UE ai paesi in via di sviluppo piuttosto che i governi nazionali o le istituzioni internazionali. Segno che la fiducia sull’Europa tende a crescere con il tempo.

58


4.2. La percezione degli europei circa i Paesi in Via di Sviluppo (PVS)72 Dopo poco meno dieci anni di consultazioni, l’Unione Europea ha deciso di sondare il grado di conoscenza e di percezione degli europei circa i Paesi in Via di Sviluppo. Questo aspetto, certamente importante tuttavia non era stato preso in considerazione in precedenza. La stessa Unione Europea ritiene di doverlo fare tre volte, sino ad oggi. Vale a dire, nel 1992, nel 1996 ed infine nel 2007. Tabella : Ref. 64 95 286

Wave 36 44.1 67.3

Anno 3/92 3/96 9/07

Titolo Le facon dont les europeens percoivent le tiers-monde en 1991 The way Europeans perceive DC in 1995 Citizens of the new EU-MS and development aid

Tale decisione di intervistare gli europei circa la loro conoscenza dei paesi in Via di Sviluppo probabilmente è giustificata dal fatto che nel tempo, come accennato nell’introduzione, l’allargamento dell’Unione ha portato alla partecipazione alla Comunità Europea paesi che non hanno un rapporto particolare con tali paesi. Infatti, gran parte dei paesi tradizionali dell’Europa, vale a dire quelli dell’Europa Occidentale, hanno una più o meno lunga storia coloniale. Basti pensare alla Francia, il Belgio, l’Olanda, il Regno Unito, la Spagna ed il Portogallo. Sicuramente in misura minore l’Italia e la Germania. Tuttavia, dei paesi europei dell’Unione Europea fino al 1992 solo la Danimarca, la Grecia, l’Irlanda ed il Lussemburgo non avevano avuto esperienze coloniali. Quindi paesi relativamente piccoli. Si ricorda che l’esperienza coloniale ha fatto sì che i paesi colonizzatori poi hanno avuto, chi più e chi meno, un fenomeno di ritorno, immigrazione, dai paesi colonizzati. Basti pensare ai maghrebini e i cittadini dell’Africa Occidentale presenti in Francia, al numero di cittadini inglesi di origine indiana, giamaicana o pachistana o la presenza di cittadini originari delle colonie in Belgio, Portogallo e Spagna. Quindi la sensazione è che fino alla fine degli anni ottanta non fosse così necessaria un’indagine sulla percezione degli europei circa i PVS. Di fatto, quindi la prima indagine del 1992 è di carattere operativo. Quasi a voler domandare agli europei se la loro percezione dei PVS potesse essere ancorata ancora al periodo coloniale oppure se nel frattempo qualche cosa fosse cambiato. Tuttavia, nella 72

Europeans and Developing countries 1992, 1996 e 2007.

59


seconda e terza consultazioni la percezione è che, essendo cambiato il quadro di riferimento. Tabella : Anno

Unione Europea

1955

Belgio, Francia, Germania, 6 Italia, Lussemburgo ed Olanda

1973

Danimarca, Irlanda e Regno 9 Unito

1981

Grecia

10

1986

Portogallo e Spagna

12

1992

1995

Indagine Eurobarometro Austria, Finlandia e Svezia

15

1996

Indagine Eurobarometro

2004

Rep. Ceca, Cipro, Estonia, 25 Malta, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria

2007

Bulgaria e Romania

2007

27

Indagine Eurobarometro

Infatti, la seconda consultazione avviene nel 1996 dopo l’ingresso di Austria, Finlandia e Svezia, paesi appunto con alcuna esperienza coloniale ma con forte sensibilità al tema. Essi sono sempre stati tra i paesi con maggiore sensibilità al tema, anche con strumenti e metodologie particolarmente innovativi. La terza indagine che avviene nel 2007 avviene dopo l’entrata dei 12 paesi dell’Est Europa tra il 2004 ed il 2007 (Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria ed i tre paesi baltici Estonia, Lettonia e Lituania) più Cipro e Malta. Tutti paesi che non avevamo alcuna esperienza non solo coloniale ma anche migratoria. Di conseguenza, è evidente che fosse importante consultarne la popolazione per verificarne il grado di conoscenza dei PVS. Nel 1991 Il sondaggio è stato condotto su richiesta della Commissione Europea in tutta la Comunità Europea dell'epoca, tra l'ottobre-novembre 1991, da dodici istituti, sotto il coordinamento generale di INRA Ufficio di coordinamento, con sede a Bruxelles73. 73

Eurobarometro 36 “La façon dont les europeens perçoivent le tiers-monde en 1991”.

60


A grandi linee i sondaggi svolti hanno riportato che l'80% degli europei rispettivamente il 13,5% in più rispetto alle indagini seguite nel 1983 e nel1987 ritengono importante o molto importante "aiutare i paesi poveri in Africa, Sud America, Asia,... ". Questa percentuale varia dal 73% al 75% (Francia, Belgio) al 85%-88% (Grecia, Spagna, Italia, Portogallo). L'86% degli europei sono abbastanza a favore che si aiutano i paesi del Terzo Mondo. " Questa percentuale varia dal 79% (Francia, Belgio) al 95%-96% (Grecia, Spagna, Portogallo). Quando si è chiesto agli intervistati quali siano le principali fonti di assistenza al Terzo Mondo (CE, ONU, governo nazionale, ...), si è risposto soprattutto "le Nazioni Unite e le sue agenzie (UNESCO,UNICEF, ...) seguite dai governi nazionali per l'88%. Secondo il 42% degli europei, le Nazioni Unite fornisce inoltre un tipo di assistenza più utile ai paesi del Terzo Mondo, seguite dal 19%, le associazioni e dalle ONG. L'86% degli europei (1983: 71% e nel 1987: 73%) ha dichiarato di aver "Recentemente visto, letto o sentito parlare del Terzo mondo". Indipendentemente dai paesi membri, tale percentuale non è mai inferiore al 78%. La televisione risulta il mezzo più frequente da cui trarre informazioni circa queste tematiche. Nel 1995 il sondaggio è stato effettuato nel contesto di Eurobarometro n°44 su richiesta della Direzione Generale per lo sviluppo della Commissione Europea tra l'11 e il 19 dicembre 1995 simultaneamente nei quindici paesi dell'Unione Europea presenti all'epoca. L'obbiettivo era di mettere a fuoco come gli europei percepiscono le questioni relative all'aiuto ai Paesi del Terzo Mondo. In ogni paese le domande sono state sottoposte ad un campione rappresentativo della popolazione con oltre 15 anni di età. In totale sono state intervistate 16.346 persone con una media di 1.000 per ogni paese ad eccezione della Germania (2.000 in totale, 1.000 per quella Est e 1.000 per quella Ovest) e del Regno Unito (1000 per la Gran Bretagna e 300 per l'Irlanda del Nord). In generale risulta che l'assunto di aiutare i paesi in via di sviluppo sia percepito come un problema preoccupante da parte dei cittadini della Comunità europea, tuttavia si

61


classifica come meno importante rispetto alla disoccupazione, all'inquinamento, al terrorismo, alle fonti energetiche, all'aumento della povertà, al declino economico e sociale in alcune regioni e alla concorrenza con le altre potenze economiche e politiche. Infatti questi sono tutti problemi che colpiscono gli individui nella loro vita quotidiana mentre gli aiuti allo sviluppo sono considerati problemi come parte di una politica che incidono geograficamente, storicamente e di popoli che sono nella pratica remoti e quindi lontani. Rispetto alle statistiche raccolte nel 1991 questo problema è meno sentito anche se si può notare un grande interesse rispetto ai paesi in via di sviluppo, poiché l'85% degli intervistati chiede una maggiore e migliore informazione su questi paesi, e saperne di più su questo ordine di tematiche: • le cause del sotto-sviluppo; • Le azioni intraprese dagli abitanti di questi paesi per garantire il proprio sviluppo; • Le azioni intraprese dagli europei a favore di questi paesi; • la situazione economica di questi Stati. I cittadini pensano che soprattutto le Nazioni Unite, l'Unicef, l'Unesco per esempio sono i più attivi in termini di aiuti allo sviluppo rispetto invece alle varie organizzazioni non governative che lavorano nel campo, al ruolo della Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale. La Comunità europea risulta quasi alla fine giusto prima degli aiuti di tipo privato. Sembra cosi risultare che l'azione della Comunità Europea sia praticamente quasi inesistente nel campo degli aiuti. Rispetto al totale degli Europei intervistati sembra che due terzi riconoscano il valore della Cooperazione come sostegno e modalità di risoluzione delle problematiche dei Paesi in via di sviluppo quali ad esempio la fame, la salute e l'istruzione. Rispetto invece alla considerazione che l'obbiettivo di far diventare i paesi in via di sviluppo partner con una economia genuina solo un quinto degli intervistati ne ha fiducia e la Grecia è quella che nutre più speranze in merito con circa il 18,5%. Un quinto considera che l'obbiettivo principale della nostra relazione con i paesi in via di sviluppo è quello di fare carità aiutandoli ad essere meno poveri. La Danimarca con l'8% rimane aliena da questa

62


opinione. Rispetto al 1991 i cui temi principali erano l'indipendenza dei paesi e la partnerships, nel 1995 i sondaggi puntano più sul tema della solidarietà e sugli aiuti allo sviluppo. Infatti si sono riportate diverse obiezioni: questi aiuti non portano i paesi beneficiari alla loro privazione (54%) non contribuiscono a garantire il successo economico sociale diventando così indipendente (62%) non permettono loro di diventare veri e propri partner del mondo economico (78%). Il Report si è svolto sulla base di 10 grandi questioni: 1.

Ridurre il divario tra le regioni nel nostro paese aiutando meno le regioni sviluppate

2.

assicurare le offerte di energia

3.

assicurare che ci siano meno persone ricchissime e meno poveri

4.

lotta contro il terrorismo

5.

aiutare le persone in paesi poveri come Asia, Africa e il sud America

6.

lottare contro la disoccupazione

7.

difendere i nostri interessi contro i grandi poteri economici e politici (USA, Giappone e Russia)

8.

proteggere la natura e lottare contro l'inquinamento

9.

rafforzare la nostra difesa militare contro le potenze nemiche

10.

rafforzare i legami con i paesi dell'est e centro Europa

Nel 1995 si è aggiunta un'altra variabile relativa ai paesi dell'Est Europa. Rispetto al 1991 si può notare come gli europei percepiscono in misura maggiore l’esigenza di rafforzare la difesa militare, aumento di 8 punti; in misura minore ma sempre importante anche a difendere i propri interessi verso i grandi poteri economici e politici, aumento di 4 punti; tuttavia essi percepiscono anche l’importanza di vedere che ci sono persone molto meno ricchi e meno poveri, con un aumento di 4 punti anche in questo caso; infine la lotta al terrorismo che risulta essere aumentato di 1 punto in percentuale.

63


La voce "vedere che ci sono persone molto meno ricche e meno persone molto povere" è anche un segno notevole della consapevolezza della dualizzazione delle nostre società. A prima vista, si percepisce l'ansia nei confronti della disoccupazione, così come l'esclusione socio-economica che colpisce sempre più le società europee e si assiste cosi ad una crescente consapevolezza del «gap» esistente tra i più ricchi e i più poveri. Invece i punti in diminuzione sono risultati i seguenti: aiutare i paesi poveri, meno 4 punti; garantire l'approvvigionamento energetico, meno 4 punti; ridurre il divario tra le nostre, meno 4 punti ed infine proteggere l'ambiente e la lotta contro l'inquinamento, meno 2 punti. La voce "di vedere che ci sono persone molto meno ricche e meno persone molto povere conferma che soprattutto i paesi dell'Europa meridionale e dell'ex-Germania, il Portogallo e la Spagna sono più interessati. Sono proprio i cittadini di questi stessi Stati che sono i più interessati alla voce "Per ridurre il divario tra le regioni dei nostri paesi e per aiutare le regioni meno fortunate "Il Belgio invece è, con i Paesi Bassi e la Germania (70%), il meno interessato da questa voce. Ciò significa che 7 europei su 10 sono a favore di un'azione comune nei paesi in via di sviluppo. Poiché l'Unione Europea "mancanza di visibilità" in materia di aiuto ai PVS è probabilmente tanto un fatto di vita come nell'altro economico e di interesse. Un'analisi più dettagliata di questi risultati dimostra che la Spagna e la Grecia sono i due paesi dove l'idea di aiutare i paesi in via di sviluppo è più sentita come già nel 1991. Le stesse osservazioni valgono per tutti gli altri Stati dove i più piccoli numeri di pareri favorevoli sono registrati in Belgio, 65 4% nel 1995 contro il 79% nel 1991 e in Francia dal 79% in "91-73 2% nel" 95. Nel 1991, si è affermato che l'opinione pubblica in questi due paesi è stata quella di giudicare il più severamente lo sviluppo economico e politico del Terzo Mondo

64


Inoltre, l'Austria si unisce a questi due paesi al di sotto della soglia del 75% con un parere favorevole in totale di (69%). La fornitura di tali informazioni sembra mancare tanto da preoccupare più di 4 europei su 10. Sembra che gli aiuti ai paesi in via di sviluppo sono per la stragrande maggioranza dei cittadini dell'UE, forniti dalle Nazioni Unite e dalle sue agenzie e dalle ONG. In tutti gli Stati membri della Comunità, più di una persona su tre fino a due persone su tre in Grecia, mette le Nazioni Unite al primo posto mentre gli aiuti forniti dall'Unione europea non sono molto visibili. Questi risultati confermano la percezione e l'impressione registrata dal precedente questione svolto nel 1991. Gli irlandesi e gli inglesi sono quelli che pongono la maggior fiducia nelle ONG (48 e 44%) mentre i tedeschi, soprattutto della Germania Ovest (16%), i francesi, gli austriaci (11%) credono che il loro governo nazionale è molto attivo nel settore degli aiuti ai paesi in via di sviluppo. Dato che le persone tendono a sopravvalutare gli importi spesi in materia di aiuti, questo dà loro un quadro molto distorto degli aiuti allo sviluppo Questa mancanza di consapevolezza delle implicazioni commerciali di aiuto è confermata dal fatto che il 48% degli intervistati sottovaluta la portata degli aiuti. La tendenza a vedere l'Europa come avente un impegno speciale per l'Africa è pertanto, considerato solo da una minoranza (31%). Il pubblico intervistato non è pienamente consapevole dello stato della UE ha acquisito nel mondo attraverso il suo aiuto allo sviluppo. In generale, gli europei guardano verso l'Africa: un tema ricorrente in EU opinione pubblica è che l'UE dovrebbe aiutare l'Africa in particolare perché è nella posizione migliore per farlo. In conclusione, i cittadini europei sono consapevoli dell'importanza degli aiuti allo sviluppo, ma anche della necessità di maggiori informazioni circa tali tematiche.

65


Nel 2007 in seguito all'ingresso dei nuovi stati membri nella Unione Europea si assiste a diversi risultati rispetto al livello di consapevolezza dei cittadini europei rispetto alle politiche di sviluppo delle stessa. Il report è il risultato dell’indagine svolta solo nei confronti dei cittadini dei nuovi 12 stati membri (Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Romania,Slovenia, Slovacchia) tra il 25 maggio e il 30 giugno 2007. Sono stati intervistati faccia a faccia più di 11.000 cittadini nei loro paesi e nella rispettiva lingua. Alla domanda pensi che L'Unione Europea aiuti i paesi poveri del sud del mondo a svilupparsi, poco più della metà (55%) degli intervistati risponde affermativamente. Il 18% non è d’accordo mentre il 27% non ha idea in merito. I risultati sono abbastanza omogenei tra donne e uomini anche se i no e non lo so aumentano per gli adulti sopra i 55 anni che hanno lasciato la scuola più giovani e per le casalinghe. Nel 2006 son stati impiegati un totale di 48 miliardi per gli aiuti allo sviluppo dei paesi del sud che tradotti sono circa 100 euro per cittadino all'anno. Ma circa il 57% degli intervistati non ne è a conoscenza e solo il 6% ha risposto correttamente alla domanda di investimento per cittadino mentre il 18% pensa che vengano investiti solo 10 euro per cittadino74. Un'altra visione proposta ha dato come risultato che l'Unione Europea è il primo donatore al mondo mentre gli europei percepiscono che siano gli Stati Uniti con di seguito il Giappone. Ciò è sicuramente da addebitare anche al fatto che la fonte principale di informazioni è data dalla televisione da parte degli adulti sopra i 40 anni seguita dai quotidiani usufruiti soprattutto da coloro che hanno un bagaglio di studi superiori. Il risultato più incoraggiante di questo studio è che le persone sembrano avere un legame positivo con il concetto di aiuto allo sviluppo rispetto a prima realmente al fatto per esempio che L'UE è considerata il primo canale per gli aiuti davanti agli Stati Uniti e al Giappone per esempio e risulta che si concorda che la riduzione della povertà è la priorità maggiore tra gli obbiettivi della UE. Tuttavia lo studio mette in risalto abbastanza chiaramente che esista ancora un livello ancora troppo basso di conoscenza, 74

Special Eurobarometer 2007 citizens of the EU member states and development AID

66


che sia scarsa la conoscenza del ruolo dell’'UE circa l’aiuto ai Paesi in Via di Sviluppo e in che termini di budget pro capite. Tuttavia, vi è una sempre maggiore competenza e conoscenza di quali siano i PVS e di conseguenza come cambi anche la geografia dello sviluppo. infatti, molti degli intervistati negli anni hanno iniziato a rivalutare la posizione del Brasile, dell’India e della Cina non riconoscendoli più quali Paesi in Via di Sviluppo.

4.2. La percezione dei cittadini europei circa gli interventi umanitari 75: Come si è già introdotto nell’introduzione 18 sono i sondaggi effettuati da Eurobarometro circa la sensibilità degli europei sulla cooperazione internazionale, vedi tabella introduzione. Si pensato di suddividere i 18 volumi in quattro gruppi per tematiche, vale a dire aiuti umanitari, aiuto allo sviluppo, percezione Paesi in Via di Sviluppo (PVS) ed infine altri. In questa sezione si presenteranno i principali risultati per quanto riguarda gli aiuti umanitari. In tutto sono 4 numeri, come si evince dalla tabella qui di seguito. Si inizia nel 1995 e si continua con il 2001, 2005 ed il 2010. Quindi un’edizione ogni cinque anni. Sembrerebbe che i sondaggi siano iniziati nel momento in cui gli interventi umanitari sono diventati un’attività routinaria date i numerosi interventi. Tabella 2: Edizioni speciali EuroBarometro dedicati al tema degli “aiuti umanitari” Re f. 86 15 3 26 8 34 3

Wave

Anno

43.1 55.1

2/95 European Community Humanitarian Office (ECHO) 4- Les européens et l'aide humanitaire 5/01 10/06 Humanitarian aid

65.4 73.2

Titolo

7/10 Humanitarian aid

Il primo aspetto interessante che emerge dai sondaggi ma che è abbastanza generalizzato è il fatto che gli europei alla domanda quali siano le istituzioni coinvolte o finanziatori di aiuti umanitari. La maggior parte sostengono che ritengono siano gli organismi le agenzie delle Nazioni Unite.

75

Special eurobarometer Humanitarian AID 2006 e 2010

67


1. potresti citare alcune organizzazioni o istituzioni coinvolte o finanziatori di aiuti umanitari (in percentuale) Anno/agenzia

EU%

UNICEF%

2001 2006 2010

5.4 7 9

48.1 35 36

ICRC /IFRC/RC 60.7 55 64

UNCHR% 7.2 8 6

Per quanto è evidente che, nel tempo, vi è stato un leggero miglioramento di circa 4 punti percentuale, per quanto riguarda la conoscenza: infatti nell’arco di 10 anni la cittadinanza Europea si rende conto che anche l’Unione Europea svolge un importante ruolo nelle attività umanitarie anche se la Croce Rossa rimane l’agenzia più conosciuta dai cittadini comunitari. 1. Sapete che l'UE, attraverso la “CE” e il dipartimento di aiuto umanitario “ECHO”, finanzia attività umanitarie ... (in percentuale)?76 Anno 2001 2006 2010

Molto ben informato 2 7 2

Abbastanza informato 9 17 16

Non molto ben informato 20 35 50

Nessuna informazione specifica 60 48 31

Non so nulla 9 4 1

È evidente che i dati sono molto instabili, e si nota che l’informazione diventa sempre più labile, aumentano di 30 punti i “non molto ben informati” ma diminuiscono di altrettanto i “nessuna informazione specifica”. Preoccupano i dati in merito a chi è molto informato che evidenziano uno scarso investimento nell’informazione e nell’educazione allo sviluppo, il che porta i cittadini ad essere non solo più confusi ma anche meno consapevoli del reale impegno dell’Unione Europea in merito alle attività umanitarie. 2. pensi che sia importante che i cittadini dell'UE siano informati sulle attività di aiuto umanitario finanziate dall'UE attraverso la Commissione Europea77

Anno/valore% 76 77

Molto importante

Abbastanza importante

Non molto importante

Non importante

Special eurobarometer Humanitarian AID 2010 e 2006. Special Eurobarometer humanitarian AID 2010.

68


2001 2006 2010

42 41 39

39 47 48

10 7 8

4.6 1 2

I dati raccolti lungo il decennio 2001/2010 evidenziano uno scarso investimento nell’informazione e dell’educazione allo sviluppo e all’intervento umanitario. Diminuiscono i numeri di chi ritiene importante l’informazione dei cittadini EU, aumentano sensibilmente coloro che lo ritengono abbastanza importante. Ma poi abbiamo la crescita di chi non lo ritiene molto importante, forse perché non ci si ritiene abbastanza coinvolti nei processi decisionali. Inoltre aumenta di 1 punto percentuale il dato in merito a chi non lo ritiene affatto importante. 3. Pensi che sia molto importante, abbastanza importante, non molto importante o per niente importante che l'Unione Europea finanzi aiuti umanitari al di fuori dell'Unione europea?

Anni/valore % 2001 2006 2010

Si % 60 48 31

Abbastanza % 27 40 48

Non molto % 2 6 10

No % 3 6 8

Dipende dallo stato 3.6% 2% 3%78

Nell’arco di dieci anni il dato in merito a chi ritiene importante finanziare gli interventi umanitari si riduce drasticamente, mentre sale quello che ritengono abbastanza importante finanziare gli interventi umanitari. Un aumento significativo lo troviamo anche in chi sostiene che non è molto importante finanziare interventi umanitari e anche in chi non è assolutamente d’accordo. Inoltre, è sempre stabile la percentuale che risponde “dipende dallo stato” evidenziando una preferenza nell’aiuto che varia da Stato a Stato. Forse il dato risente della crisi economica e che in qualche modo la situazione socio economica di molti paesi è sempre più difficile. Nel 2001 alla domanda “Credi sia necessario che l’Unione Europea aumenti le entrate con le tasse ad esempio per incrementare il budget degli aiuti umanitari” le risposte sono state “No 38.8%, si 38.4% e il 19% non sa rispondere” . 78

Special eurobarometers 2001 206 e 2011

69


Mentre nel 2006 alla domanda “dedicare una quota specifica del bilancio nazionale ad aiuti umanitari”, solo il 22% è totalmente favorevole, il 31% è abbastanza favorevole mentre il

6% non lo ritiene importante e questo dimostra non solo una scarsa

sensibilizzazione verso quelle che sono le dinamiche Umanitarie e di Cooperazione, ma anche una indisponibilità verso l’aiuto diretto, il che fa supporre che i cittadini europei preferiscano delegare l’Unione Europea anziché sentirsi coinvolti. Nel 2001 le principali fonti principali di informazioni sulle attività umanitarie dell'Unione Europea risultano essere per l’82% TV, per il 50.8% i giornali e un buon 37.5% dalla radio. Il 73% della popolazione vorrebbe trovare più informazione nella televisione mentre il 46.7% vorrebbe averne di più dai giornali e quotidiani e il 32.8% sostiene che bisogna dare più notizie per radio. L’informazione è scarsa anche sui meccanismi dell’EU infatti il 61% dichiara di voler più informazione su come funziona il sistema degli aiuti umanitari dell’UE; il 57.8% vorrebbe sapere la natura dei risultati conseguiti e un 26.2% chi sono i partners dell’Unione Europea.

4.4. Le altre consultazioni circa gli aiuti allo sviluppo79 Negli ultimi anni, la Commissione, ha preferito prevalentemente consultare i cittadini europei circa la relazione tra Aiuti allo Sviluppo ed alcuni aspetti specifici quali la crisi economica, gli Obiettivi del Millennio e soprattutto alla ricerca di un partenariato speciale con l’Africa. Ciò probabilmente dovuto all’ingresso della Cina nel continente africano che, ha di fatto, iniziato ad escludere le ex-colonie europee dal proprio habitat naturale quale era l’Africa. Nell’ultimo numero invece si è tornati a consultare gli europei circa il ruolo dell’Europa nel mondo del futuro. Ciò sembrerebbe dovuto al fatto che ormai si va verso la conclusione del programma di governo e ci si avvicina al 2014, anno in cui partirà il nuovo programma di governo europeo che porterà, la Commissione, al 2020. Inoltre, questo approccio va proprio nella direzione dell’educazione alla globalità o alla cittadinanza globale piuttosto che all’educazione allo sviluppo. vale a dire, la cooperazione internazionale quale strumento di tutela dei cittadini europei in un mondo dove vi sono tematiche che possono essere trattate e possibilmente affrontate solo a livello globale e quindi l’aiuto allo sviluppo diviene di vitale importanza. 79

Special Eurobarometer 2009, 352/2010, 353/2010 e 2011.

70


Infatti, temi quali il cambiamento climatico, la migrazione, i diritti dei lavoratori, delle donne e dei bambini e la finanza globale sono tematiche che costringono a pensare ed agire in termini globali e quindi richiedono, nei paesi con scarse risorse o sensibilità, il supporto esterno. Tabella n. Re Wave f. 31 71.2 8 35 73.5 2 35 73.5 3 37 76.1 5

Anno

Titolo

10/09 Development aid in times of economics turmoil 9/10 Europeans, development aid and the MDGs 9/10 The Eu and Africa: working towards closer partnership 11/11 Making a difference in the world: Europeans and the future of development aid

In questi report di Eurobarometro sembrerebbe che la Commissione sia particolarmente interessata a conoscere la sensibilità agli aiuti allo sviluppo da parte degli europei in un’epoca dove la percezione degli stessi europei è di una riduzione del loro stesso benessere. Infatti, in tutte le consultazioni è stato chiesto se aiutare le persone nei paesi in via di sviluppo è molto importante, abbastanza importante o non è importante? Guardando tutti i report si possono confrontare i dati nei diversi anni. Le percentuali delle persone che hanno risposto molto importante o abbastanza importante sono: 81% nel 2011, 89% nel 2010, 86% nel 2009 e 91% nel 2004. E’ evidente quindi un calo dell’approvazione dal 2009 in poi. La risposta a questo, secondo i report è la crisi economica e finanziaria, che ha colpito tutta l’Europa. Mentre per la prima volta nelle indagini si approfondisce il tema dell’educazione allo sviluppo seppure in modalità separata. Nel report del giugno 2010, che riguarda i rapporti tra Europa e Africa non ci sono dati che riguardano l’argomento trattato. Nel complesso, nonostante la gravità della crisi economica, il sostegno pubblico alla cooperazione e allo sviluppo rimane elevato; circa il 90% degli europei continua a credere che lo sviluppo sia

importante. Solo il 7% degli europei ritengono che

l'attuale livello di contribuzione sia molto alto.

71


Ma nonostante un certo progresso, dopo un decennio di comunicazione, la conoscenza dei Millennium Development Goals rimane bassa. Quasi tre quarti degli europei non ne hanno mai sentito parlare.

Ed anche se

il rimanente quarto degli intervistati

dichiara una certa familiarità con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, solo 1 su 20 ne comprende in realtà il loro contenuto. Gli europei comprendono i grandi cambiamenti che affrontano le economie in Via di Sviluppo, ma non ne percepiscono come i loro globale. Non

è, tuttavia,

la

mancanza

governi combattono la povertà

di

interesse,

poiché il

42% degli

europei sostengono che i media devono occuparsi di più dei sostegni europei allo sviluppo nei paesi del terzo mondo. Alla domanda “Secondo te l’attuale livello di contribuzione dell’Unione Europea allo sviluppo è: alto, basso o giusto” , una quota consistente degli europei ha risposto “non so” (27%), quasi come nel 2004 (26%). Per spiegare ciò

possono essere avanzate

2 ipotesi. La prima è che un numero così alto degli intervistati preferisce non dichiarare la sua opinione. Mentre la seconda, e la più probabile,

il 27% degli europei

non conosce il livello del contributo dell'Unione Europea. Il 72% degli europei è a favore degli impegni esistenti per i PVS, e anzi considera che si dovrebbe fare (e dare) di più. Il sostegno pubblico per il motto dell'Unione Europea "mantenere le nostre promesse" è reale. La maggior parte dei contribuenti (51% degli europei tra i 40 e i 54 anni) sono d'accordo che l’Unione Europea dovrebbe mantenere le sue promesse. Tuttavia, essi sono i

meno

propensi

ad

andare

oltre ciò

che

è

già stato

promesso.

La grande maggioranza dei cittadini europei (61%) ritiene che l'Europa può influire positivamente sullo sviluppo globale80. Sostegno alla cooperazione e allo sviluppo aumenta con istruzione e reddito. Gli europei che hanno

meno

probabilità di

trovarsi sotto

globalizzazione (giovani che non lavorano ed i

pressione a

causa

della

professionisti altamente qualificati)

sono più favorevoli agli aiuti allo sviluppo. La conoscenza dei Millenium Development Goals cambia molto da paese a paese. La consapevolezza generale è maggiore nei paesi in cui l’assistenza allo sviluppo è alta, 80

Special Eurobarometer Development IAID in times of economic turmoil 2009

72


così come la percentuale del reddito nazionale. Per esempio, Olanda con il 64% degli intervistati consapevoli degli aiuti allo sviluppo, seguita dalla Svezia con il 45% ed il Lussemburgo con il 10 %. Nell'Europa meridionale, il numero di persone sensibili agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è bruscamente aumentato. La consapevolezza è aumentata dal 12% al 23% in Spagna, dal 18% al 32% in Italia e dal 24% al 35% in Portogallo, anche se la comprensione del contenuto degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è ancora bassa. Non è chiaro perché questi paesi hanno avuto notevoli aumenti delle percentuali di consapevolezza, tuttavia viene fatto notare che c'è stato un picco di notizie online per la copertura degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio nel giugno 2009, prima del luglio 2009. La maggior parte dei paesi mediterranei non è soddisfatta con la copertura mediatica che riguarda queste notizie. Alcuni esempi sono: Italia, Francia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro. Tuttavia, se si incrociano le analisi ed i dati di Eurobarometro con quelli delle valutazioni è possibile sostenere che la maggiore familiarità con gli Obiettivi del Millennio da parte dei cittadini dell’Europa meridionale ed in particolare in Italia è dovuto molto probabilmente all’intenso lavoro svolto dagli enti locali e le NGO durante questi anni grazie anche ai finanziamenti europei81. Nel report del 2010, grande importanza viene attribuita allo sviluppo: 89% dei cittadini europei attribuiscono un alto valore alla cooperazione e allo sviluppo: il 45% lo trova molto importante ed il 44% abbastanza importante. La percentuale degli europei , che ha risposto “molto importante” è aumentata rispetto al 39% dall’anno precedente. Un segmento significativo della popolazione contribuisce personalmente agli aiuti, ma molti rimangono spettatori: il 30% dei cittadini europei partecipa concretamente nell’aiutare i paesi poveri sia con donazioni in denaro (26%), sia con il volontariato in organizzazioni importanti (4%). Tuttavia, il più grande segmento della popolazione rimane spettatore: 42% sostiene l'obiettivo senza il contributo personale e il 21% si dichiara indifferente per la cooperazione allo sviluppo82.

81 82

Vedi capitol tre. Special eurobarometer “Europeans development AID and the Millennium Development Goals”.

73


Secondo gli europei, la povertà è il problema principale: infatti il 42% cita lo cita come il problema più imminente nel mondo in via di sviluppo, scegliendo istintivamente l'eliminazione della povertà estrema e della fame - come la sfida principale. Anche nel 2009 il problema della povertà è stato visto come problema principale (citato dal 50%). I cittadini continuano a sostenere l'impegno dell'Unione europea : esattamente la metà degli intervistati (50%) ritiene che gli aiuti devono essere aumentati in linea con gli obiettivi prefissati dall'UE, mentre il 14% sono anche disposti ad aumentare gli aiuti. Una percentuale non trascurabile (29%), tuttavia, è pronta a rinunciare alla promessa. Sebbene la maggior parte (64%) pensano ancora che gli aiuti devono essere aumentati, questa percentuale è scesa rispetto al 2009 (72%). L'impatto positivo delle altre politiche dell'UE nei Paesi in Via di Sviluppo riconosciute dagli europei: il 43% dei cittadini europei ritiene che le politiche del commercio della finanza

dell’UE

possono

avere

un

impatto

positivo sui

PVS,

seguite dall'agricoltura (33%) e immigrazione (22%). Le politiche legate alle attuali sfide globali quali il degrado ambientale (2%), l’energia (21%) ed il cambiamento climatico (18) sono anche viste come contributo positivo. Con l’ultimo report di Eurobarometro di questa sezione si conclude l’analisi appunto della percezione degli europei circa il ruolo dell’Unione Europea nei PVS ed in generale nel mondo. Infatti, non si deve dimenticare che l’Europa, da qualche anno, considera le politiche di aiuto allo sviluppo come una delle modalità di fare Politica estera ed influenzare gli equilibri internazionali. Tuttavia, va detto che con il percorso del Consensus, le organizzazioni non governative stanno cercando di influenzare la Commissione circa gli obiettivi e la finalità ultima degli aiuti allo sviluppo che non debbono essere rivolti ad un maggiore ruolo di superpotenza dell’Unione bensì semplicemente contribuire al benessere globale in un modo dove alcune questioni possono essere trattate solo a livello mondiale. La maggior parte degli europei(62%) continuano a sostenere la politica dello sviluppo, intrapresa dall’UE. Questa percentuale è leggermente diminuita, rispetto al giugno 2010 (62%). Comunque,

il 32% degli europei non avrebbe mantenuto la promessa di

aumentare gli aiuti o, addirittura, avrebbe ridotto il livello degli aiuti allo sviluppo.

74


• La grande maggioranza degli europei (84%) ritiene che l'Unione europea dovrebbe esigere; paesi in via di sviluppo a seguire alcune regole in materia di democrazia, diritti umani e di governance come condizione per ricevere gli aiuti allo sviluppo; • Quando viene chiesto come aumentare l’impatto degli aiuti allo sviluppo dell’UE attraverso maggior cooperazione, la maggioranza ha suggerito che l’UE dovrebbe lavorare più strettamente con i Paesi in Via di Sviluppo. Il 42% sarebbe disposto a pagare di più per i generi alimentari o altri prodotti provenienti dai Paesi in Via di Sviluppo. Al contrario, il 47% afferma non sarebbe disposto a pagare di più per sostenere i PVS83. Quando invece si chiede agli europei come migliorare l'efficacia degli aiuti si divide: "Adottare politiche comuni a livello UE" ed "essere più trasparenti nel pubblicare attività e dei risultati" hanno guadagnato maggiore supporto.

4.5. Conclusioni In conclusione, questa sezione sembrerebbe evidenziare come la struttura dell’Unione Europea sia cambiata nel tempo per le ragioni che si sono sottolineate sin dall’inizio. Vale a dire, l’ampliamento dell’Unione stessa, la percezione di non essere più benestanti come nelle decadi precedenti e soprattutto per il cambiamento del contesto mondiale avvenuto nel frattempo. Infatti, non si deve dimenticare che negli ultimi trent’anni molto è cambiato nel mondo in cui viviamo. Le innovazioni tecnologiche nel mondo della comunicazione, la caduta del muro di Berlino, l’avvento di nuove potenze globali e regionali ha fatto sì che anche gli europei siano più attenti al proprio benessere. Dall’altra parte, tematiche quali migrazione, energia, cambiamento climatico ed emergenze umanitarie tendono a rafforzare negli europei l’opinione della necessità di una maggiore concertazione a livello globale. Certo la crisi dell’Euro probabilmente modifica ulteriormente la percezione e quindi anche la visione degli aiuti allo sviluppo tuttavia non si hanno ancora riscontri in questa direzione e quindi sarà importante avere tra le mani la nuova indagine. 83

Special Eurobarometer “Making a difference in the world: europeans and the future of Development Aid” 2011.

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Nell’attesa ciò che è necessario sostenere è che lo strumento dei dati di Eurobarometro è sicuramente importante quanto i documenti ufficiali della Commissione e del Parlamento così come le valutazioni interne ed esterne. Essi sono importanti per gli enti locali e per le NGO che si occupano di Educazione allo Sviluppo.

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Conclusioni Alla luce del percorso effettuato che è iniziato con l’analisi del percorso politico della cooperazione internazionale europea e di conseguenza dell’educazione allo sviluppo con tutti i loro i cambiamenti avvenuti nel tempo. L’analisi dei report interni e le valutazioni esterne. Infine, l’analisi dei dati di Eurobarometro permettono di stilare alcune conclusioni che riflettono, da una parte, la percezione degli europei e di conseguenze le politiche delle istituzioni europee e, dall’altra parte, la consapevolezza che è necessario andare oltre le percezioni degli europei stessi per far sì che essi possano apprezzare il ruolo importante che l’Europa gioca a livello internazionale circa gli aiuti allo sviluppo. Di conseguenza è importante sottolineare quanto sia rilevante il percorso intrapreso da parte del coordinamento delle NGO europee con le istituzioni europee per informare ed educare gli europei non tanto all’educazione allo sviluppo bensì alla globalità ed alla cittadinanza globale. Quindi nuove sfide aspettano l’Unione Europea, le NGO e gli enti locali e sicuramente la linea di finanziamento dedicata a questi ultimi dovrà essere monitorata, migliorata ed integrata o meglio coordinata con le altre linee di finanziamento e politiche dell’Unione quali l’energia, l’ambiente, la migrazione ed infine la stessa politica estera dell’Unione. Dall’altra parte, è compito delle NGO e soprattutto degli enti locali di essere in grado di sensibilizzare i cittadini europei ad un concetto tanto complicato ma allo stesso molto semplice quale “pensare globale ed agire locale”. Un altro aspetto importante è sicuramente il coinvolgimento dei cittadini alla cooperazione internazionale attraverso tutti gli strumenti a disposizione quali il volontariato, come sottolineato nella valutazione esterna del 2010, l’informazione dei media, strumento ancora poco utilizzato, e soprattutto migliorare la capacità delle NGO e degli enti locali di sviluppare progetti paneuropei rivolti non solo al pubblico già sensibile o all’intera cittadinanza bensì a tutti quei soggetti che in realtà sono distanti dalla cooperazione internazionale. Infatti, dai dati di euro barometro emerge che donne,

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anziani e scarsamente scolarizzati tendono ad essere meno e male informati e di conseguenza poco propensi a contribuire al benessere globale. Questo documento intende sensibilizzare le NGO e gli enti locali marchigiani ed italiani ad una maggiore attenzione ad una parte della cittadinanza che tende ad essere meno propensa all’aiuto allo sviluppo perché scarsamente informata o perché impaurita dalla crisi e dall’avvento di nuove potenze globali o regionali. E’ necessario scoprire nuovi strumenti ed in questo caso che vadano oltre le nuove tecnologie per raggiungere soggetti che difficilmente hanno accesso appunto alle nuove tecnologie. Come sostengono i valutatori del report del 2008. Il ruolo degli enti locali nell’avvicinare i media locali alla cooperazione internazionale e quindi alla globalità è particolarmente importante e questa è probabilmente la direzione da intraprendere, tra le altre. Infatti, molti anziani, donne o le persone di scarsa scolarizzazione tendono ad informarsi attraverso la stampa o le televisioni locali quindi il coinvolgimento di questi ultimi diviene di giorno in giorno sempre più importante. A questo proposito, il partenariato tra NGO ed enti locali può permettere di raggiungere e collaborazione con i media locali. Un ultimo aspetto importante da non sottovalutare, è il ruolo dell’educazione formale come strumento di informazione ed educazione dei giovani ed attraverso loro delle famiglie. Purtroppo la scuola è uno dei canali più efficaci per sensibilizzare la cittadinanza o magari per coinvolgere i cittadini nel settore del volontariato tuttavia ciò è molto difficile in quanto tali tematiche non fanno parte dei curricula dove, tra l’altro, gli stessi curricula sono già particolarmente pesanti. Gli insegnanti sono sempre più oberati di nuovi temi e nuovi strumenti e fanno fatica ad integrali. Anche in questo caso, la collaborazione tra enti locali ed NGO diviene particolarmente importante in quanto permette di raggiungere le istituzioni periferiche dell’educazione formale e ciò potrebbe permettere una maggiore integrazione dell’educazione alla globalità nei curricula.

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Infine, si intende concludere che si ritiene necessario un maggiore coinvolgimento degli enti di ricerca specie ora che il tema dell’educazione allo sviluppo sta mutando in educazione alla globalità e all’educazione alla cittadinanza globale. Tale collaborazione tra NGO, enti locali e di ricerca diviene importante a livello europeo così come a livello locale. Questo approccio dovrebbe caratterizzare tutti i progetti futuri perché permetterà, tra l’altro, il coinvolgimento dei giovani, degli studenti e quindi delle famiglie indirettamente. Questo documento ovviamente riflette le opinioni dei ricercatori coinvolti e quindi non certo quello della Università di appartenenza così come del capofila e dei partners del progetto.

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europeans and development aid fieldwork

february- march2007 publication june 2007 Unione Europea eurobarometer development aid in times of economic turmoil may 2009 –june 2009 publication october 2009 Unione Europea eurobarometer

europeans

development aid and the millennium

development goals fieldwork june 2010 publication September 2010 Unione Europea special eurobarometer 353

the EU and Africa: work towards closer

partnership 2010.

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