COSTRUIRE UNO SVILUPPO POSSIBILE POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO – UN PRIMO REPORT
1) LA COOPERAZIONE DECENTRATA LA POLITICA DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO ITALIANA: LA LEGGE 49/1987 LE LINEE DI INDIRIZZO DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO LE LINEE-GUIDA DEL MAE PER LA COOPERAZIONE DECENTRATA ITALIANA I MODELLI DI COOPERAZIONE DECENTRATA DELLE REGIONI
2)
EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO E PROMOZIONE DI UNA CULTURA DI PACE; GLI ESEMPI DI ALCUNE REGIONI ITALIANE REGIONE EMILIA-ROMAGNA: LA PAROLA ALLE PROVINCE. REGIONE MARCHE: GUARDANDO ALL’EUROPA REGIONE PIEMONTE REGIONE TOSCANA: DIPLOMAZIA DI PACE REGIONE VENETO: DIRITTI UMANI E CULTURA DI PACE
A CURA DI SARA MATTEUCCI REVISIONE A CURA DI NATALINO BARBIZZI
Elaborazione tratta dalla Tesi di laurea in Diritti Umani e storia del Diritto Internazionale - Le Regioni italiane per la Pace: politiche e progetti per l’Educazione allo Sviluppo - il caso Marche Università di Bologna - Facoltà di Scienze Politiche - Laurea Specialistica in Culture e Diritti Umani di Sara Matteucci
POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
Documento realizzato nell’ambito del progetto EuropeAid/126341/C/ACT/Multi "CONSTRUIRE UN DEVELOPPEMENT POSSIBLE” Rif. DCI-NSA ED/2008/153-805 – co_finanziato dalll’UNIONE EUROPEA
UN PRIMO REPORT
Il contenuto dei lavori presentati è responsabilità esclusiva degli autori e non riflette posizioni ufficiali dell’Unione Europea.
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LA COOPERAZIONE DECENTRATA Uno dei maggiori problemi che i PVS devono affrontare è quello che collega la democratizzazione dello Stato all’aumento dei conflitti: essa implica infatti affermazione di individualità e aumento della complessità sociale. La gestione del conflitto e la sua trasformazione da fonte di instabilità in collante sociale è compito delle realtà locali, il cui ruolo nei processi di sviluppo e nella governance del territorio è fondamentale. È questo l’ambito di attività della cooperazione decentrata, attraverso la quale le realtà locali dei Paesi avanzati offrono il loro know how alle omologhe realtà nei PVS attraverso azioni di cooperazione e l’apporto di esperienza. Si tratta dunque un nuovo modo di concepire lo sviluppo equo e sostenibile, fondato sul coinvolgimento di attori pubblici e privati, economici e sociali sia del Nord che del Sud 1, sul rafforzamento degli attori decentrati e sulla partecipazione diretta dei destinatari (in genere le fasce più deboli della popolazione), con l’obiettivo di “favorire uno sviluppo migliore perché considera in misura maggiore, rispetto alle tradizionali politiche tra Stati, i bisogni e le priorità delle popolazioni nei loro luoghi concreti di vita” 2. I fattori specifici che hanno dato spazio alla cooperazione decentrata in Italia gravitano tutti attorno al rinnovato ruolo istituzionale delle Autonomie Locali italiane. In primo luogo, durante gli anni ’90, la società italiana ha attraversato una complessa transizione contemporaneamente economica, sociale, politica e culturale, che ha visto il progressivo decentramento di competenze, risorse e rappresentatività. Il ruolo delle Autonomie Locali (Regioni, Province, Comuni) è cresciuto anche nella cooperazione allo sviluppo, non soltanto attraverso il sostegno finanziario a progetti posti in essere dai diversi soggetti del loro territorio, ma anche assumendo su di sé un ruolo politico e pro-attivo. In secondo luogo troviamo le modifiche al Titolo V della seconda parte della Costituzione, che porta al riconoscimento di un vero e proprio “potere estero” 3 delle Regioni, cioè della legittimità di stabilire accordi con Stati ed intese con Enti territoriali interni ad altri Stati, mentre le attività di Comuni e Province restano limitate alle azioni di rilievo internazionale. In tema di cooperazione allo sviluppo hanno giocato infine un ruolo fondamentale le esperienze delle Autonomie Locali, maturate attraverso l’assistenza tecnica e i gemellaggi con le omologhe realtà dei PVS, che hanno messo in luce come il processo di decentramento in atto in molti PVS era di fatto ostacolato dalla scarsa capacità istituzionale dei Governi locali. LA POLITICA DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO ITALIANA: LA LEGGE 49/1987 1
Si parla di cosviluppo: “Non si tratta più di un rapporto vettoriale e verticistico dal Nord al Sud, da donatore a beneficiario, ma di un rapporto di reciprocità e corresponsabilità più aperto all’interdipendenza tra le diverse sfere delle relazioni internazionali (culturale, sociale, ambientale, economico, politico)”. Stocchiero, “I nodi dell’evoluzione della cooperazione decentrata italiana”, Roma – CeSPI, 2007, p. 8. 2
Ibidem, p. 5
3
Legge n. 131 del 5 giugno 2003 (“Legge La Loggia”) attuativa del Titolo V della Costituzione tratta specificamente il ruolo delle Autonomie locali in tema di rapporti internazionali. All’articolo 6, in attuazione dell’art. 117 della Costituzione, si afferma che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa: "provvedono direttamente all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al MAE ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al MAE; possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale. A tale fine ogni Regione o Provincia autonoma, prima di sottoscrivere l'accordo, comunica il relativo progetto al MAE, il quale, sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed accertata l'opportunità politica e la legittimità dell'accordo, conferisce i pieni poteri di firma. Il Ministro degli Affari Esteri può, in qualsiasi momento, rappresentare alla Regione o alla Provincia autonoma interessata questioni di opportunità inerenti alle attività derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di politica estera dello Stato. Resta fermo che i Comuni, le Province e le Città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l'ordinamento vigente, comunicando alle Regioni competenti ed alle amministrazioni ogni iniziativa."
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Nel 1987 viene approvata la “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo”4, che a tutt’oggi disciplina la cooperazione italiana. In primo luogo si ha un ampliamento della nozione di cooperazione verso obiettivi sociali, politici ed umanitari. La legge istituisce inoltre due organi centrali, interni al MAE: la Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo 5 (DGCS), diretta da diplomatici e, al suo interno, l’Unità Tecnica Centrale 6 (UTC), composta da tecnici. Tuttavia la non chiara distribuzione dei ruoli (politico, negoziale e tecnico) tra diplomatici e tecnici ha fatto sì che essi tendessero ad assommarli tutti al loro interno. A questo si aggiunge il ruolo preminente del Ministero del Tesoro, che condiziona le leggi di spesa secondo i parametri del bilancio nazionale. Infine la legge riconosce la cooperazione decentrata, cioè quella posta in essere da Enti Locali, ONG, Sindacati, Università ed imprese private: tali soggetti hanno la possibilità di gestire in proprio interventi di cooperazione, concordandoli con la struttura centrale. Dalla metà degli anni ’90 le attività di cooperazione allo sviluppo si paralizzano per una serie di fattori (tra cui il bisogno di risanamento del bilancio e la fama di cattiva gestione dei fondi) che portano il Ministero del Tesoro a ridurre i fondi, portandoli allo 0,1% del PIL, e a tagliare gli spazi di spesa del MAE, introducendo il principio della non anticipazione delle spese pubbliche inerenti la fornitura di beni e servizi. Il primo disegno di riforma viene presentato nel 1999 7, ma in un momento parlamentare sbagliato: si era a fine legislatura e le logiche politiche che normalmente caratterizzano tale periodo non permettono l’approvazione di riforme di tale portata.La proposta è dunque rimasta tale. La mancata riforma legislativa è sempre stato un importante ostacolo alla cooperazione, soprattutto perché impedisce di affrontare i cambiamenti in modo adeguato. Pensiamo alla cooperazione con la regione balcanica, volta ad affrontare le conseguenze della guerra e caratterizzata da importanti iniziative di emergenza, per la ricostruzione e di sostegno alla popolazione. L’Italia, invece di lavorare ad una nuova legislazione organica, scelse di continuare a utilizzare la legge 49/1987 promulgando leggi ad hoc per affrontare i nuovi scenari. Le attività poste in essere sono state numerosissime e si sono dimostrate coerenti con gli obiettivi e la logica della legge. Tuttavia si è rilevato uno scarso coordinamento tra gli strumenti di cooperazione e all’interno del Sistema Italia, oltre ad una mancata complementarietà con altre cooperazioni europee 8. Una proposta di riforma9 più recente risale al 2007: si tratta della “Delega al Governo per la riforma della disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo” 10. Il disegno di legge delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore, “uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina della cooperazione italiana allo sviluppo, della organizzazione delle relative strutture e degli interventi e delle attività di cooperazione” 11. All’articolo 2, comma 1, vengono ribaditi i principi guida della cooperazione italiana, tra i quali: • la cooperazione è confermata come parte integrante della politica estera;
4 5 6 7
Legge 26 febbraio 1987, n. 49 Istituita dall’art.10, comma 1, legge 49/1987 Istituita dall’art. 12, comma 1, legge 49/1987 Si tratta del cosiddetto “Ddl Boco”. Atto del Senato n. 1900 (http://www.senato.it/leg/13/BGT/Schede/Ddliter/8753.htm)
8
La valutazione sui risultati della legge 84/2001 si rifà allo studio del CESPI (2007) “Partenariati territoriali Italia-Balcani. Valutazione strategica della cooperazione decentrata sostenuta dall’art.7 della legge 84/2001 – linea MAE” 9
Presentato dall’allora Ministro degli Esteri D’Alema di concerto con il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione Nicolais, il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Locali Lanzillotta e il Ministro dell’Economia e delle Finanze Padoa-Schioppa 10 11
http://www.governo.it/Governo/Provvedimenti/dettaglio.asp?d=31270 “Delega al Governo per la riforma della disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo”, art.1, comma 1.
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•
gli stanziamenti per la cooperazione non possono essere utilizzati, direttamente o indirettamente, per operazioni a carattere militare; • si introduce inoltre il principio di ‘slegamento’ degli aiuti: viene privilegiato l’impiego di beni e servizi prodotti nelle aree e nei Paesi beneficiari delle attività di cooperazione, al fine di sollecitare le economie locali. • si riconosce e si valorizza la cooperazione decentrata “quale strumento di partecipazione attiva delle comunità territoriali per il perseguimento delle finalità della presente legge, prevedendo modalità di coordinamento con la politica nazionale di cooperazione allo sviluppo delle iniziative delle regioni, delle province autonome, delle province e dei comuni” 12; • si concentra la responsabilità per le varie attività legate alla cooperazione (quindi promuovendo la coordinazione tra i vari attori coinvolti) nel Ministero degli Esteri, assegnandone la responsabilità ad un Vice-Ministro delegato. La novità più importante introdotta dal documento è l'istituzione di una Agenzia della cooperazione: uno strumento della Farnesina, ma che possiede autonomia regolamentare e finanziaria potendo raccogliere fondi privati e disponendo di un “Fondo Unico”, in cui confluiscono tutte le risorse economiche destinate dallo Stato all'Aiuto Pubblico allo Sviluppo. Il documento però lascia alcuni punti in sospeso: il problema della scarsità delle risorse, non chiarisce in che modo il Fondo Unico dovrebbe essere alimentato; non spiega le modalità di funzionamento dell’Agenzia; non chiarisce il ruolo degli altri Ministeri e tralascia le modalità di coinvolgimento degli attori della cooperazione nei Paesi beneficiari. Anche in questo caso il percorso della riforma si è interrotto in seguito alla caduta del governo Prodi. Ad esso è seguito il Governo Berlusconi, che non ha manifestato interesse nei confronti della riforma della disciplina della cooperazione italiana. Si è però provveduto alla promulgazione delle linee-guida per il periodo 2009-2011, che saranno analizzate nel prossimo paragrafo. LE LINEE DI INDIRIZZO DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO Alla fine del 2008 sono state approvate dal Ministero degli Affari Esteri le “Linee-guida e indirizzi di programmazione 2009/2011”13, che consistono in un documento di indirizzo per la cooperazione allo sviluppo italiana. A tale documento se ne aggiunge un altro, intitolato “La cooperazione italiana allo sviluppo nel triennio 2010-2012. Linee-guida e indirizzi di programmazione” 14. L’evoluzione degli scenari economici e finanziari globali rendono necessaria una revisione degli strumenti della cooperazione. È inoltre giunto il momento per l’Italia di affrontare le questioni della difficoltà nel rispettare le scadenze e gli impegni quantitativi per l’APS e delle limitazioni dei fondi della cooperazione per il triennio in questione. Nel documento si sostiene che occorre istituire forme alternative di finanziamento allo sviluppo e che quindi la contrazione delle risorse non è indice di disimpegno. I settori individuati come prioritari sono: agricoltura e sicurezza alimentare; acqua e ambiente; salute; istruzione. Oltre a tali settori prioritari vengono individuate delle tematiche trasversali: uguaglianza di genere ed empowerment delle donne; minori diversamente abili; patrimonio culturale e relative attività di formazione. Il documento di indirizzo passa poi all’identificazione delle aree geografiche di intervento, specificando il genere di attività da porre in essere in ogni specifico contesto. Successivamente vengono specificate le risorse destinate agli interventi di cooperazione. Il disegno di legge finanziaria 2009 prevede i seguenti stanziamenti per la cooperazione svolta dalla DGCS: 321.8 milioni di euro per l’anno 2009, 331.26 milioni di euro per il 2010 e 215.7 milioni di euro per il 12 13 14
“Delega al Governo per la riforma della disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo”, art.2, comma 1, punto f. http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/LineeGuida/pdf/Linee_guida_ital.pdf I due documenti sono sostanzialmente identici, tranne per la parte relativa alle risorse da stanziare.
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201115. Nel documento del 2010 vengono fatti degli aggiustamenti: si prevede uno stanziamento di 326.96 milioni di euro per il 2010 e di 210.94 milioni di euro per le annualità 2011 e 2012. Il documento affronta anche la questione del canale della cooperazione: la scelta fra strumento bilaterale o multilaterale dipenderà dalla natura degli obiettivi, sempre nell’ottica dell’ ownership democratica dei paesi beneficiari e dell’utilizzo dei sistemi locali per l’attuazione dei programmi di cooperazione, che saranno preferiti rispetto all’approccio per progetti, che presenta rischi di frammentazione e dispersione, oltre che di minor allineamento con le priorità dei paesi beneficiari. Infine il documento esplicita le linee di indirizzo per gli interventi di emergenza e la cooperazione decentrata.
LE LINEE-GUIDA DEL MAE PER LA COOPERAZIONE DECENTRATA ITALIANA La collaborazione tra la Direzione Generale per la Cooperazione e lo Sviluppo (DGCS) e le Autonomie Locali è stata formalizzata per la prima volta nel 2000, con l’approvazione delle “Linee di indirizzo e modalità attuative della Cooperazione Decentrata” 16. Il 15 marzo 2010 sono state approvate dal Comitato Direzionale per la Cooperazione allo Sviluppo 17 le nuove “Linee Guida della DGCS sulla Cooperazione Decentrata”, che attualizzano il rapporto tra Regioni e Enti Locali italiani (REL) e la DGCS del MAE. Nel corso di questo decennio, infatti, si è registrato un notevole aumento degli attori della cooperazione, che ha portato ad un arricchimento delle relazioni tra i soggetti della cooperazione italiani e i partner dei PVS. Le linee guida approvate vogliono mettere a sistema questo potenziale, in riferimento alle iniziative condotte in collaborazione con la DGCS, per ottenere maggiore coerenza e raccordo tra le attività governative e quelle degli attori decentrati (progredendo nella creazione del Sistema Italia della Cooperazione), in modo da evitare doppioni e massimizzare l’efficacia degli interventi. Il documento definisce la Cooperazione Decentrata come “l’azione di cooperazione realizzata dalle Regioni e dagli Enti Locali nell’ambito di relazioni di partenariato territoriale con istituzioni locali (per quanto possibile omologhe) dei paesi con i quali si coopera. Tali azioni sono finalizzate a stabilire e consolidare lo sviluppo reciproco equo e sostenibile. Per la loro realizzazione ci si avvale della partecipazione attiva degli attori pubblici e privati nei rispettivi territori” 18. Si passa poi ad elencare i principi della Cooperazione Decentrata: - partenariato, cioè “una forma di compartecipazione di più soggetti che si riconoscono come partner, condividono le finalità di una operazione, sia partecipandovi attivamente, sia essendone promotori sulla base di uno specifico interesse di cui sono portatori. Esso esige un approccio di processo, la delimitazione chiara dei ruoli di ognuno degli attori, la mutua responsabilità, finalità condivise con l’obiettivo di realizzare la convergenza dei rispettivi interessi” 19. - Sviluppo reciproco, cioè “una politica di Cooperazione che ricerca la compatibilità di interessi e di obiettivi, tra nord e sud, e all’interno dell’uno e dell’altro tra i molteplici attori impegnati nei processi di sviluppo”20.
15 16 17 18 19 20
DGCS MAE “Linee-guida e indirizzi di programmazione 2009-2011” p.332 Documento di indirizzo redatto dal Ministero Affari Esteri (MAE) nel marzo del 2000 Con delibera n.9 del 15/03/2010 Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 2 Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 4. Ibidem, pag. 4
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Multi-attorialità, che indica la molteplicità e la diversità degli attori di sviluppo, e multi-livello, che definisce l’interazione tra i diversi livelli di politica e di pratiche, da quello sopranazionale a quello nazionale, regionale e locale. - Ownership democratica. Per ownership si intende il “senso di appartenenza a ai processi di sviluppo intrapresi”21, fondamentale per l’efficacia e la sostenibilità delle strategie. Essa deve anche basarsi sul riconoscimento della diversità dei ruoli e sulla partecipazione di ogni attore al dialogo politico, per questo è definita “democratica”. - Sussidiarietà, sia verticale che orizzontale, che stimola processi di decentramento democratico e permette alla cooperazione decentrata di arrivare dove il governo centrale non arriva: ad esempio la costruzione di rapporti con gli enti locali porta a fare cooperazione anche in quei paesi non considerati prioritari. - Responsabilità mutua (mutual accountability), per cui “tutti i partner impegnati in un’azione di sviluppo sono reciprocamente responsabili dei risultati ottenuti” 22. Non si tratta soltanto di dare conto dell’uso delle risorse e degli effetti immediati, ma anche dell’impatto di medio e lungo periodo esercitato sul contesto. - Sostenibilità, che “esige che la risposta ai bisogni della generazione presente non comprometta la soddisfazione di quelli delle generazioni future” 23. Essa richiede inoltre che l’impostazione, la gestione, la tecnologia e i costi dell’azione siano compatibili con la sostenibilità locale. Il documento, oltre a questi principi, analizza anche le metodologie d’azione proprie della Cooperazione Decentrata: la costruzione di partenariati territoriali, l’approccio per processo 24, l’azione di rete25 e l’azione di sistema26. Si passa poi ad un elenco degli attori della cooperazione decentrata, che ne include un numero maggiore rispetto alle Linee Guida precedenti. Oltre alle Regioni e agli Enti Locali, alle ONG e alle Università, nel documento si fa specifico riferimento anche a: “centri di ricerca e formazione, associazioni professionali e di volontariato, cooperative, piccole e medie imprese (PMI), imprese sociali e culturali, parchi e agenzie per l’ambiente, servizi pubblici, organizzazioni sindacali, enti strumentali, associazioni di migranti, professionisti del territorio, del nord e del sud, e le emanazioni senza fini di lucro di enti for profit”27. Infine si prevede l’inclusione tra gli attori delle entità for profit, a condizione che non si vada a creare un fenomeno di distorsione della concorrenza e nel rispetto dei vincoli sull’aiuto di stato enunciati in sede europea. Come ultimo attore viene poi indicata la DGCS, che ha il compito di coordinare le azioni di cooperazioni decentrata e di promuovere consultazioni. Nei Paesi partner il ruolo di facilitatore è affidato alle UTL o, in loro assenza, direttamente all’Ambasciata. I rapporti tra DGCS e REL si costruiscono attraverso tre tappe strumentali:
21 22 23
Ibidem, pag. 4 Ibidem, pag. 5 Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag.5
24
Tale approccio non si concretizza nel “fare progetti”, ma nel partecipare e sostenere i processi di sviluppo locale, di decentramento e di empowerment. Le azioni sono pensate in relazione ai ritmi degli attori, in un’ottica di medio periodo, basata sul dialogo e sul confronto continuo. 25 26 27
Gli attori della cooperazione decentrata costruiscono reti favorendo i collegamenti all’interno della società Si stabilisce una certa coerenza tra la cooperazione decentrata, nazionale e internazionale. Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 9-10
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1. Programmazione. Il punto di riferimento essenziale è l’Intesa tra lo Stato e le Regioni 28, che prevede un processo di consultazione in riferimento a priorità geografiche e tematiche, Accordi bilaterali o multilaterali, atti deliberativi, impegni sottoscritti con Stati, Enti subnazionali o Organizzazioni Internazionali. Si prevede anche la creazione di una banca dati contenete le informazioni sulle attività di rilievo internazionale. 2. Co-finanziamento. In conseguenza a questo aspetto, il documento esamina i punti centrali del rapporto DGCS/REL: le REL possono essere sia esecutori di attività di cooperazione finanziate dalla DGCS, che promotori di iniziative congiunte, presentate sulla base di un Modulo Unico 29. L’iniziativa deve essere approvata prima dalla DGCS, poi dall’Ufficio Territoriale e infine dal Comitato Direzionale. 3. Valutazione. Un elemento importante che caratterizza la cooperazione decentrata è la possibilità di realizzare, in maniera congiunta tra DGCS, REL e partner, azioni di monitoraggio e analisi valutative, in modo da poter affrontare eventuali cambiamenti del contesto in cui si agisce. Anche nelle nuove linee di indirizzo troviamo un elenco degli ambiti di azione della cooperazione decentrata: governance democratica30, sviluppo economico locale e tra territori 31, welfare locale, sviluppo sostenibile32, conflitti e calamità33, migrazioni e sviluppo34 e infine cooperazione triangolare, transfrontaliera e sud-sud35.
28
Sancita il 18 dicembre 2008 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affari Regionali, MAE, MISE, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, valorizza la cooperazione decentrata attuata con la DGCS/MAE, in coerenza con la politica estera italiana. 29
Il Modulo Unico “Presentazione dell’Iniziativa e Convenzione Standard” è previsto dalle Linee Guida stesse, che incaricano della sua elaborazione uno specifico Tavolo di lavoro all’0interno della DGCS 30
“Le azioni si concentrano soprattutto in relazioni volte sia a collaborare all’ottimizzazione del processo di decentramento sia a incrementare la capacità istituzionale dei partner”; Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 10 31
“L’appoggio all’occupazione, il rafforzamento delle micro e piccole imprese e dei loro meccanismi associativi e di dialogo con le istituzioni pubbliche locali, il rafforzamento istituzionale nel senso dello sviluppo economico locale, la creazione di catene del valore per la valorizzazione delle risorse e capacità locali, anche tramite il commercio equo e sostenibile, il sostegno alla microfinanza e all’inclusione finanziaria delle popolazioni svantaggiate, le iniziative innovative atte a valorizzare il ruolo e le capacità dei migranti da loro promosse, l’investimento delle rimesse presso le comunità d’origine”; Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 11 32
Gli ambiti prioritari sono: la protezione ambientale; l’auto-sufficienza alimentare; la gestione sostenibile delle risorse naturali; l’efficienza energetica e il sostegno alla green economy, il turismo sostenibile, il patrimonio culturale, la protezione dell’ambiente e della biodiversità, lo sviluppo rurale multi-funzionale. 33
“La Cooperazione Decentrata, storicamente, oltre che dare sostegno ai bisogni causati da conflitti e da eventi catastrofici naturali o indotti, offre un appoggio importante alla ricostruzione e alla riattivazione dei processi di sviluppo sociale ed economico”; Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 12 34
Si tratta di programmi che vanno “dall’utilizzo delle rimesse valutarie a quelli per favorire il rientro dei migranti nei paesi d’origine; dal sostegno alle comunità italiane presenti in alcuni paesi in via di sviluppo all’introduzione di alcuni meccanismi di welfare”. Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 12 35
“REL e attori territoriali sono impegnati nel favorire processi di sviluppo che legano comunità locali divise da frontiere, anche ai fini di un contributo all’integrazione regionale e sub-regionale”; Linee guida delle DGCS sulla Cooperazione Decentrata, marzo 2010, pag. 12
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I MODELLI DI COOPERAZIONE DECENTRATA DELLE REGIONI Come abbiamo detto, la cooperazione decentrata italiana è un fenomeno recente, avviatosi durante gli anni ’90. La giovinezza del fenomeno e le profonde diversità che caratterizzano i contesti regionali italiani hanno dato luogo ad una varietà di modelli di cooperazione: alcune Regioni hanno maturato e rafforzato la loro politica di cooperazione, mentre altre stanno muovendo i primi passi. Ad ogni modo, è possibile individuare alcuni elementi comuni: • una legislazione regionale regola le attività di cooperazione internazionale. Le prime leggi regionali in materia di cooperazione risalgono alla fine degli anni ’80. Nella maggior parte delle Regioni Italiane (Abruzzo, Basilicata, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta) sono ancora in vigore le cosiddette normative di prima generazione. Altre Regioni (Friuli - Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Toscana, Umbria e Veneto) sono passate invece ad una seconda generazione36. Le Marche e l’Emilia-Romagna sono addirittura rivolte verso normative di terza generazione. All’interno del panorama italiano troviamo però anche Regioni come Calabria, Campania e Sicilia che non hanno alcuna legge sulla cooperazione allo sviluppo. Possiamo portare alcuni esempi di legislazione regionale. La Regione Piemonte disciplina la propria attività di cooperazione una pluralità di leggi: la L. R. del 17 agosto 1995, n. 67, “Interventi regionali per la promozione di una cultura ed educazione di pace, per la cooperazione e la solidarietà internazionale”, il cui obiettivo è favorire il radicamento nella comunità piemontese della cultura di pace e dei suoi presupposti quali le libertà democratiche, i diritti umani, la non violenza, la solidarietà, la cooperazione internazionale e l’educazione allo sviluppo sostenibile. C’è poi la L. R. del 18 novembre 1994, n. 50, “Iniziative per l’attuazione di accordi di collaborazione fra la Regione ed entità istituzionali dei Paesi esteri”, che permette appunto la stipula di accordi in presenza di alcuni prerequisiti: la presenza dell’emigrazione piemontese sul territorio; l’opportunità di intervenire per lo sviluppo delle economie locali; la necessità di consolidamento o potenziamento dell’immagine culturale, scientifica, tecnologica, finanziaria del Piemonte, in relazione agli obiettivi di sviluppo socio-economico della Regione. Infine c’è la L. R. del 28 gennaio 1982, n. 4, “Istituzione del Comitato Regionali di solidarietà e partecipazione della Regione ai Comitati di soccorso”, in base alla quale il Consiglio Regionale, su proposta di un apposito Comitato di solidarietà, può deliberare nell’ambito delle competenze regionali interventi di soccorso a favore di popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi, prevedendo anche iniziative sul territorio regionale quali attività culturali, di ricerca e di informazione, di educazione e di sensibilizzazione e di formazione sulle tematiche della pace, cooperazione e solidarietà internazionale. L’attività dell’Emilia-Romagna è regolata dalla Legge Regionale del 24 giugno 2002, n. 12, “Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in via di transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace”, i cui principi ispiratori e linee programmatiche sono: la promozione e il consolidamento dei processi di sviluppo endogeno e di crescita democratica, economica, sociale e culturale dei Paesi interessati; la promozione e la valorizzazione dei potenziali e originali contributi dei soggetti e delle istituzioni che operano sul territorio. La Regione Marche basa la propria politica di cooperazione sulla Legge Regionale del 18 giugno 2002, n. 9 (modificata dalla L. R. del 18 dicembre 2003, n. 24) “Attività regionali per la promozione dei diritti umani, della cultura di pace, della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale”, da cui si evince la volontà di contribuire alla pace e allo sviluppo umano. Da tale 36
Le normative di seconda generazione sono accomunate da alcuni elementi: introduzione della programmazione pluriennale; estensione del ruolo della Regione a distinti ambiti (attività dirette, appoggio alle attività si soggetti terzi, coordinamento delle stesse); creazione di sedi di incontro periodiche, aperte e pubbliche finalizzate al confronto e alla verifica delle attività svolte; attenzione all’emigrazione regionale e alle potenzialità di apporto che da essa possono derivare per le attività di cooperazione allo sviluppo.
POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
Documento realizzato nell’ambito del progetto EuropeAid/126341/C/ACT/Multi "CONSTRUIRE UN DEVELOPPEMENT POSSIBLE” Rif. DCI-NSA ED/2008/153-805 – co_finanziato dalll’UNIONE EUROPEA
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approccio, che include anche l’instaurazione di intese con le Istituzioni dei Paesi in via di sviluppo e la partecipazione alle attività di altri soggetti, discende la concentrazione degli sforzi verso la salvaguardia dei diritti civili e politici, la soddisfazione dei bisogni primari e la valorizzazione delle risorse umane. La Toscana fa riferimento a più di una legge: la L. R. del 30 luglio 1997, n. 55, “Interventi per la promozione di una cultura di pace”, il cui principio base è il riconoscimento della pace come un diritto fondamentale degli uomini e dei popoli, attraverso iniziative di educazione della comunità scolastica e di aggiornamento del personale docente, attività culturali orientate alla sensibilizzazione sui temi della pace. C’è poi la L. R. del 23 marzo 1999, n. 17 “Interventi per la promozione dell’attività di cooperazione e partenariato internazionale, a livello regionale e locale”, volte a favorire lo sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità regionali e locali attraverso “l’interazione tra territori ed istituzioni di Stati diversi, la stipulazione di gemellaggi, di accordi di collaborazione e di protocolli di intesa”. La legge destina anche una parte delle risorse, determinata nel piano regionale, agli interventi di emergenza. Infine il Veneto disciplina la cooperazione decentrata allo sviluppo attraverso la L. R. del 16 dicembre 1999, n. 55, “Interventi regionali per la promozione dei diritti umani, la cultura di pace, la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà”. Gli obiettivi riguardano la promozione dei diritti umani e della cultura di pace mediante iniziative culturali e di informazione, di ricerca, di educazione (da individuarsi in maniera specifica nel Programma triennale), di cooperazione decentrata ( inspirate al principio di centralità dello sviluppo umano sostenibile) e di aiuto umanitario. • La maggioranza delle Regioni formalizza documenti di indirizzo programmatici pluriennali integrati dai piani di azione annuali, più specifici. • Definizione di interventi di interesse regionale. • Priorità geografiche (Ex Jugoslavia, Albania, Palestina, Marocco e Tunisia). • Priorità tematiche (progetti di formazione per lo sviluppo delle risorse umane, interventi nel campo sociale,educativo e sanitario, con particolare attenzione alla condizione femminile e dei minori, attività per lo sviluppo della piccola impresa). • Le funzioni delle Regioni sono la promozione, il coordinamento, la programmazione, e in alcuni casi l’attuazione, il sostegno e l’erogazione di contributi alle attività di cooperazione di diversi soggetti del territorio. In alcuni casi hanno anche una funzione di indirizzo. • I servizi e/o gli uffici sono per lo più alle dirette dipendenze della presidenza o vicepresidenza della giunta, mentre in un numero minoritario di casi sono alle dipendenze di assessorati. • L’impegno finanziario è andato crescendo nel tempo, arrivando a rappresentare il 10% della cooperazione bilaterale della DGCS. Detto questo passiamo ora ad analizzare le tipologie dei modelli di cooperazione decentrata regionale, focalizzando l’attenzione su alcune Regioni 37. La prima tipologia è il “modello aperto” 38, che caratterizza Lombardia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige: la Regione non ha un potere di indirizzo particolarmente vincolante e non ci sono specifici limiti geografici, tematici o di interesse regionale all’azione di cooperazione dei vari attori locali. In generale si può dire che manchi una valorizzazione del ruolo dell’Ente locale nella cooperazione decentrata, non vi sono iniziative particolarmente strutturate di coordinamento regionale (per Paese o per settore) tra i diversi soggetti del territorio e non è garantita la continuità dei rapporti.
37 38
Nello specifico: Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Marche. OICS, CeSPI (a cura di) “Manuale di formazione. Le nuove opportunità della Cooperazione decentrata”, Roma, 2005, p.62
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La seconda tipologia è il “modello integrato” 39 ed è associato a Emilia-Romagna, Marche, Piemonte, Toscana, Veneto, e in parte alla Liguria. I principali elementi del modello integrato sono: un forte potere di indirizzo e coordinamento della Regione; una definizione circoscritta delle priorità tematiche e geografiche; l’importanza delle specifiche iniziative progettuali regionali; l’interesse a creare un “sistema” regionale per la cooperazione promuovendo un maggiore ruolo degli Enti Locali e, in alcuni casi, delle Province; la rilevanza dei criteri di selezione di progetti/attori.
39
OICS, CeSPI (a cura di) “Manuale di formazione. Le nuove opportunità della Cooperazione decentrata”, Roma, 2005, p.63
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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO E PROMOZIONE DI UNA CULTURA DI PACE L’ulteriore aumento del divario fra il nord e il sud del mondo, in primo luogo in termini di accesso ineguale alle risorse, si accompagna al diffondersi del terrorismo e al ritorno del metodo della guerra quale quadro concettuale e strumento di risoluzione dei conflitti interni e di regolazione delle controversie internazionali. E’ ormai diffusa la percezione di vivere nel tempo della guerra, come dominante culturale prima che come pratica militare: da quella commerciale a quella tra Stati, da quella di religione a quella civile, da quella manifesta dello scontro armato a quella implicita della povertà e del sottosviluppo. Non è più possibile isolare la cooperazione allo sviluppo da una concreta politica di pace. Lo sviluppo non è infatti possibile senza la pace: si va sviluppando una cultura della cooperazione, fondata sui valori della riconciliazione, della ricomposizione e dello sviluppo, che punta a creare le condizioni per l’affermazione dei diritti umani e della democrazia in ogni parte del mondo. L’educazione allo sviluppo e la promozione di una cultura di pace costituiscono, oltre alla cooperazione e agli aiuti umanitari e di emergenza, la terza tipologia di attività della cooperazione. L’educazione allo sviluppo può contribuire innanzitutto ad un approfondimento della coscienza pubblica, alla comprensione critica e alla partecipazione creativa nelle dinamiche di sviluppo globale. In secondo luogo può aumentare la capacità della società civile di mettere in pratica i propri diritti allo sviluppo e sostenere quelli degli altri. Infine può contribuire a sconfiggere i comportamenti, le politiche e le pratiche che perpetuano la povertà e che impediscono uno sviluppo sostenibile e duraturo. L’educazione allo sviluppo implica il confronto tra più attori, più attività e più Paesi al fine di comprendere realmente, analizzare e ripensare le società. L’obiettivo della “coscientizzazione” va oltre la sensibilizzazione, in quanto analizza in modo più profondo le tematiche dell’educazione allo sviluppo, ma soprattutto rende la cittadinanza più responsabile. Gli obiettivi specifici dell’educazione allo sviluppo sono: • Migliorare la comprensione della società civile delle cause e delle conseguenze della povertà e dell’ineguaglianza globale; • Promuovere una partecipazione responsabile e cosciente nelle attività locali e internazionali di sradicamento della povertà e per lo sviluppo sostenibile; • Far partecipare i “decision makers” alle azioni di coordinamento delle politiche e delle pratiche per l’educazione allo sviluppo; • Creare un dialogo tra i diversi attori internazionali, europei, nazionali, i media e la società civile che sono impegnati nella promozione degli obiettivi dell’educazione allo sviluppo; • Incoraggiare le relazioni tra i diversi attori nell’educazione e nella cooperazione allo sviluppo; tra i livelli nazionali, europei ed internazionali; tra attori governativi e della società civile dei Paesi Terzi; • Promuovere lo sviluppo e il progresso del sapere in vista di un miglioramento delle pratiche e dei risultati. La promozione di una cultura di pace mette invece l’accento sulla coabitazione pacifica tra popoli e individui, i diritti umani, il rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, la cooperazione, la solidarietà, il multiculturalismo, il rispetto della diversità, l’economia solidale, la democrazia partecipativa, le migrazioni come opportunità di cooperazione e di sviluppo condiviso. A livello europeo questo tipo di attività, denominate DEAR (Development Education and Awareness Raising), sono sostenute dalla Commissione Europea attraverso il programma tematico “Attori non statali e Autorità Locali nello Sviluppo”. Esso è uno dei programmi tematici dello Strumento Cooperazione allo Sviluppo (DCI, Development Cooperation Instrument), istituito con il regolamento CE 1905/2006, che va a sostituire i diversi strumenti geografici e tematici creati precedentemente.
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Il programma “Attori non statali e Autorità Locali nello Sviluppo” subentra quindi ai programmi “Cofinanziamento delle ONG europee per lo sviluppo” e “Cooperazione Decentrata” 40. Esso è “orientato agli attori” anziché “orientato ai settori” e supporta il loro diritto di iniziativa fornendo risorse finanziarie a supporto dei loro progetti, quando i programmi geografici non risultano essere lo strumento più adeguato. Inoltre funge da complemento al sostegno derivante da altri programmi tematici settoriali, in particolare quelli per la Democrazia e i Diritti Umani. Alcune caratteristiche del programma sono l’elegibilità di tutti i tipi di attori non statali e no-profit e le Autorità locali; il sostegno alle attività, oltre che nei Paesi membri, anche nei Paesi candidati; l’allargamento di coordinamento e comunicazione anche a società civile, Autorità locali e tra i vari attori del programma DE/AR. Gli obiettivi e le priorità sono: sviluppare la cooperazione nei PVS; sviluppare il programma DE/AR in Europa; facilitare il coordinamento e la comunicazione attraverso network nell’UE. Il sostegno all’Educazione allo Sviluppo da parte dei governi nazionali varia notevolmente: in generale nei vecchi Paesi membri si ha una grande varietà di attività di Educazione allo Sviluppo (anche se la maggior parte si concentrano nel settore educativo informale), mentre nei nuovi Stati membri l’Educazione allo Sviluppo non è presente nei curriculum scolastici e le attività nel settore educativo informale sono difficili da porre in essere in quanto i curriculum scolastici sono prerogativa dello Stato. In Italia un sostegno sistematico all’Educazione allo Sviluppo non esiste. Solo recentemente, infatti, si è avuto un riconoscimento del ruolo formativo delle ONG (molto importante, nonostante spesso debbano contare solo sulle loro forze) e dei soggetti regionali, che non è però sufficiente a creare un sistema organico. Questa mancanza costituisce anche uno scarto rispetto alla dimensione europea: mentre l’Unione Europea, con la nuova programmazione 2007-2013, si è aperta alle Autonomie Locali e agli attori non statali, a livello nazionale le “Linee-guida e indirizzi di programmazione 2009/2011” del MAE non contengono nessuna indicazione rispetto all’Educazione allo Sviluppo, che viene così lasciata nelle mani delle Autorità Locali e degli altri attori della cooperazione, senza un coordinamento a livello nazionale. L’esistenza in Italia di numerosi attori, pubblici e privati, che lavorano nel settore dell’Educazione allo Sviluppo rappresenta sia un punto di forza (per la molteplicità delle visioni e delle iniziative) che di debolezza, proprio a causa del mancato coordinamento. La frammentazione, inoltre, non permette il coinvolgimento totale della cittadinanza, che in genere si rapporta ai temi dello sviluppo solo quando viene toccata da catastrofi umanitarie. Per questo diventa importante sviluppare una visione d’insieme dei problemi legati allo sviluppo. Recentemente le Regioni, le Provincie e i Comuni hanno quindi iniziato a creare delle politiche attive anche nel campo dell’educazione allo sviluppo, nonostante la discontinuità dovuta alla mancanza di preparazione sull’argomento degli amministratori, dei funzionari e dei dirigenti. È ora possibile passare ad una panoramica delle attività di Educazione allo Sviluppo poste in essere da alcune Regioni italiane basata sull’analisi dei piani programmatici pluriennali approvati dagli enti regionali , sui piani di attuazione annuali e sui bandi pubblici emessi nel 2008 41. EMILIA-ROMAGNA: LA PAROLA ALLE PROVINCE. Per quanto riguarda le iniziative di educazione allo sviluppo, sensibilizzazione, informazione e formazione sul territorio sui temi della pace e della cooperazione internazionale, dal “Documento di indirizzo programmatico per il triennio 2009-2011 per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, 40
Istituiti con il regolamento CE 1658/98
41
I bandi sono stati emessi nel 2008, ma le iniziative presentate e approvate sono state attuate nel 2009. Per quanto riguarda i bandi del 2009, in molti casi le iniziative presentate sono ancora sotto l’esame delle apposite commissioni, e questo è causa di una mancanza di dati.
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in attuazione dell’articolo 10 della L. R. 24 giugno 2002” si evince che la Regione, nei programmi di educazione alla Pace, intende promuovere percorsi di informazione, educazione alla cittadinanza ed educazione interculturale. Il coordinamento delle attività di informazione, sensibilizzazione, formazione ed educazione alla pace ed ai problemi del sottosviluppo svolte a livello locale viene affidato alle Province, come previsto anche all'art. 12 della L.R. 12/2002. Le Province presentano alla Regione un programma annuale che dovrà essere il risultato della concertazione dei Tavoli della Pace Provinciali, favorendo il coinvolgimento e la partecipazione di Enti Locali, associazioni ed organizzazioni non governative. I programmi dovranno riguardare la realizzare di iniziative culturali, di ricerca, di commercio equosolidale, educazione e sensibilizzazione ai diritti umani, informazione e formazione, che mirino a sensibilizzare la comunità regionale alla tutela dei diritti, all'interculturalità, alla giustizia globale, alla pace, alla non violenza, alla solidarietà, alla cittadinanza consapevole, al dialogo interreligioso e alla responsabilità sociale. La Regione può cofinanziare questi progetti fino ad un massimo del 50% del costo complessivo, ed essi andranno a costituire il programma regionale annuale degli interventi in tema di pace e diritti umani. Il fondo disponibile per il 2009 per il finanziamento dei programmi provinciali è pari a 190.000 euro42. EAS 23.985 € (Bologna, “Segnali di Pace 2009”43) 20.095 € (Ferrara, “I Diritti in tempo di crisi - 2009” 44) 29.963 € (Forlì, “Percorsi di pace – 2009”45) 23.152 € (Parma, “Educazione ai Diritti Umani e alla Cittadinanza (EDUC). Anno scolastico 2009 - 2010” 46) 16.919 € (Piacenza, “Percorsi di educazione al rispetto e al confronto per una cittadinanza attiva universale - 2009”47 ) 17.135 € (Ravenna, “Azioni per la Pace sul territorio ravennate: attraverso la scuola, i cittadini, il dialogo con le popolazioni colpite dai conflitti – 2009”48) 32.992 € (Reggio Emilia, “ I giovani e la pace – 2009” 49 ) 42
Delibera n. 520/2009
43
Lo scopo è mettere in rete e valorizzare le attività dedicate ai temi della pace che vengono portate avanti nel territorio bolognese da diversi soggetti. Nel mese di ottobre sono state attivate varie iniziative: seminari, incontri, concerti e spettacoli teatrali, rassegne cinematografiche e mostre. Sono poi previsti il monitoraggio e la mappatura di Enti ed Associazioni del territorio che si occupano di educazione alla pace e alla nonviolenza, diritti umani e cooperazione internazionale. 44
Con il Piano Pace 2009-2010 si intende contribuire alla costruzione di una consapevolezza diffusa sul tema dei diritti umani attraverso la realizzazione di momenti di dialogo nell'ambito della realtà locale: la comunità, gli immigrati, il mondo del lavoro e l'associazionismo, riservando a scuole e Università un ruolo privilegiato. Il Piano Pace 2009-2010 intende costruire un percorso che favorisca il riconoscimento e il rispetto dell'altro e possa contrastare ogni forma di discriminazione. 45
Il progetto vuole innanzitutto promuovere una cultura della pace, dell'accoglienza e il rispetto dei diritti umani attraverso lo scambio culturale, l'integrazione e lo sviluppo di una maggiore consapevolezza sul commercio equo e solidale. Sono poi previsti spettacoli teatrali, incontri con le scuole, eventi in occasione di anniversari che trattano i temi di pace e diritti umani al fine di promuove l'educazione all'interculturalità, alla giustizia globale, alla solidarietà e alla cittadinanza consapevole. Infine si vuole favorire la conoscenza di alcuni progetti volti alla tutela e allo sviluppo dei diritti dei bambini, attraverso proposte di adozioni a distanza e raccolta fondi. 46
Il progetto EDUC vuole mettere a disposizione dei docenti delle scuole superiori la possibilità di co-progettare attività e percorsi per promuovere nei giovani l'educazione ai diritti, alla pace, alla cittadinanza, lavorando in partenariato con l'Ente pubblico e le associazioni locali. 47
Il progetto intende sperimentare Itinerari Educativi Didattici al fine di informare e formare gli studenti, dalla Scuola d'Infanzia alle Secondaria di II grado, alla cittadinanza universale e all'uso responsabile del territorio e delle sue risorse. Prevede poi la formazione dei componenti del Tavolo della Pace su questi temi. È inoltre prevista la “Giornata sperimentale di digiuno”, iniziativa sul diritto all'alimentazione. Il progetto include anche una breve rassegna cinematografica sui temi progettuali e la realizzazione evento finale sotto forma di Festa-convegno aperto in vari punti della città, inteso come sintesi delle attività realizzate nelle scuole. 48
Esso si articolerà in tre principali sezioni, seguite e coordinate dalla Provincia di Ravenna, avvalendosi della collaborazione di altri Soggetti (Comuni, Università, ISIAO): il Convegno interadriatico a Cervia, in concomitanza con l'iniziativa Cervia - Città Giardino 2010, dedicato alla riflessione sulla pace nei Balcani a 15 anni dagli Accordi di Dayton; il Circo della Pace a Bagnacavallo; i Lunedì della pace (Seminari coordinati dall'ISIAO sui temi della pace in determinate aree di crisi e di instabilità politica, sociale, economico ed umanitario). 49
L'obiettivo è mettere a fuoco il rapporto esistente tra i giovani e la pace. Questi ultimi saranno sia destinatari che protagonisti delle iniziative. Una particolare attenzione verrà rivolta alla riscoperta dei luoghi, nello specifico verranno organizzati alcuni eventi di
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25.759 € (Rimini, “Culture in dialogo. Popoli in pace – 2009”50 ) Totale: 190.000 €
In base alla presentazione del programma e alla realizzazione della mappatura del territorio, ogni Provincia ha ricevuto la somma di 11.500 euro, per un totale di 192.000 euro. La restante quota di residui non assegnati, pari a 98.000 euro è stata suddivisa proporzionalmente sulla base del contributo cash dell’amministrazione proponente e dei comuni del territorio provinciale che partecipano alle iniziative inserite nel programma. La ripartizione delle risorse è visibile nella tabella sottostante. A differenza della passate annualità, nel 2009 si nota la mancata presenza della provincia di Modena. Il documento di indirizzo prevede inoltre il rafforzamento del coinvolgimento della Fondazione Scuola di Pace di Monte Sole nell’ambito di progetti di rilievo europeo ed internazionale al fine di valorizzare la competenza specifica che caratterizza la Scuola nell'accezione di favorire percorsi di educazione alla Pace con un approccio che passa attraverso il discorso storia-memoria, ovvero la trasformazione non violenta dei conflitti centrando il lavoro sulla conoscenza e sulla dimensione della riconciliazione. REGIONE MARCHE: GUARDANDO ALL’EUROPA Il “Piano Regionale Triennale per un sistema di interventi di cooperazione e di solidarietà internazionale” prevede che la Regione Marche, nel periodo 2007-2009, favorisca le connessioni tra i progetti di cooperazione decentrata e i progetti di promozione della pace e dei diritti umani, con lo scopo di rendere la cooperazione uno strumento di pace. La totalità delle risorse spese è pari a 245.384 €, suddivise per sostenere varie tipologia di attività. Le attività di Educazione allo Sviluppo e alla Pace poste in essere dalla Regione stessa nel 2009 consistono in due progetti europei 51, che analizzerò in un secondo momento, e nella conferenza “L’Africa in piedi. L’Europa con l’Africa” 52. Anche la Regione Marche, infatti, organizza con cadenza biennale una conferenza sulle attività di cooperazione, il cui scopo è non solo esaminare le attività poste in essere fino a quel momento e i risultati da esse derivanti, ma anche fornire spunti per le attività future. Quest’anno, in linea con le direttive nazionali che danno priorità alle azioni nel continente africano, la conferenza è stata incentrata proprio sull’Africa, partendo dall’idea che essa non sia il “continente dei bisogni”, ma un “continente in piedi, non nella miseria”, come ha dichiarato Giulio Barbera53. Progetti di iniziativa regionale Conferenza “L’Africa in piedi. L’Europa con l’Africa” Costruire uno sviluppo possibile Comunicare per lo sviluppo TOTALE
30.000€ 20.000 € 60.000€ 110.000€
restituzione relativi ai "viaggi della memoria", organizzati per gli studenti delle scuole superiori della provincia. I giovani lavorano sui temi della pace non solo guardando al passato, ma anche rivolgendo la propria attenzione ai conflitti attuali. 50
Il tema comune scelto per il programma provinciale è il dialogo interculturale. Il progetto si articola in varie iniziative: Interazioni 2010 Culture in dialogo (X edizione); Equamente 2009- La voce dei popoli per uno sviluppo equo e sostenibile; Liberi da o liberi per? I nuovi cittadini del mondo. Percorsi formativi per un'educazione all'intercultura nell'era della globalizzazione. (VI edizione); Programma didattico ed informativo sul diritto internazionale umanitario; Le ragioni dell'altro; Educare all'identità, all'alterità, alla diversità... Promuovere il dialogo interculturale per educare alla pace. (II annualità); Il dialogo interculturale a Verucchio: progetto di educazione alla pace, alla solidarietà e all'intercultura 2009/2010; Incontri del Mediterraneo. 51 52 53
Rientrano nel programma europeo “Attori non statali e Autorità Locali nello sviluppo” Tenutasi ad Ancona dal 13 al 15 novembre 2009 Presidente del Cipsi – coordinamento di 42 Ong e associazioni di solidarietà internazionale –
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Per quanto riguarda invece i progetti posti in essere da soggetti terzi, ma cofinanziati dalla Regione Marche, essi devono rispettare i criteri stabiliti nell’“Avviso pubblico per la presentazione dei progetti di promozione della cultura della pace e dei diritti umani per il biennio 2009-2010”. Le proposte progettuali devono avere come obiettivo l’affermazione ed il radicamento nel territorio marchigiano della cultura della pace, con particolare riferimento ad alcune tematiche tra cui: convivenza pacifica tra popoli ed individui, promozione dei diritti umani, rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, solidarietà, multiculturalità, economia solidale. Inoltre, visto che la politica di cooperazione europea prevede l’inserimento della autorità locali tra i protagonisti dell’educazione allo sviluppo, le proposte progettuali dovranno seguire anche le priorità individuate dalla Commissione Europea, cioè il sostegno agli obiettivi del millennio, le tematiche dello sviluppo (migrazione, commercio, sicurezza, diritti umani, ambiente, ecc) e il rapporto tra mezzi di comunicazione e sviluppo. I progetti promossi da soggetti terzi possono essere ordinari (se presentati da un Ente locale e se la rilevanza territoriale è intercomunale, o provinciale o regionale. Per ogni proposta di questo tipo il contributo massimo erogabile è di 10.000 euro) o minori (se presentati da un soggetto diverso dall’Ente locale e con rilevanza almeno comunale. Il contributo massimo erogabile è pari a 2.500 euro). La tabella seguente offre un elenco delle iniziative poste in essere nell’anno 2009. Progetti minori Diversamente uguali Neanche con un fiore: no alla violenza sulle donne Nuovo Mondo un giornale per nuovi cittadini Corto Dorico per gli obiettivi del millennio Donne allo specchio I diritti umani… tra conoscenza e prom ozione I diritti umani..per tutti Sorrisi nel deserto Le religioni in dialogo per un mondo di pace Immagini di pace Noi ragazzi del mondo Habitat: lo spazio delle diversità Scuola di pace "Arnaldo Gioacchini" Scritture Migranti Comunicazione Nord-Sud per uno sviluppo equo L'educazione fa crescere i diritti La pace si tinge di rosa Di tutti i colori Non più stranieri ma ospiti Contaminazioni Cultura per la pace TOTALE
2.500€ 2.480€ 2.500€ 2.500€ 2.432€ 2.500€ 2.450€ 2.500€ 2.500€ 1.500€ 2.500€ 2.500€ 2.142€ 2.500€ 2.500€ 2.500€ 2.500€ 2.500€ 2.485€ 1.300€ 2.500€ 49.789€
Progetti ordinari “Una città per la pace” Cantiere Sebrenica – Rendere visibile l'assenza Lande per lo sviluppo Teniamoli s’8 occhio Millemondi Team for Peace – atto II perCORSI di NONviolenza LASCIATECI IN …..PACE! Ragnatela: laboratori di mediazione culturale
10.000€ 9.800€ 10.000€ 6.545€ 10.000€ 10.000€ 10.000€ 8.450€ 9.800€
TOTALE
85.595€
Nonostante le risorse attivate per finanziare progetti promossi ad soggetti terzi nel biennio 2009/2010 raggiungano quote considerevoli, i progetti più importanti sono quelli presentati e approvati all’interno del programma europeo “Attori non statali e Autorità Locali nello sviluppo”. Il primo progetto “Costruire uno sviluppo possibile” punta alla creazione di un sistema permanente di Educazione allo Sviluppo a livello regionale, integrandolo con i livelli nazionale e comunitario. Il progetto è concentrato sul miglioramento delle capacità di progettazione dei vari attori dell’Educazione allo Sviluppo, affinché le iniziative non rappresentino eventi sporadici e scoordinati, ma uniti da un filo conduttore sia a livello teorico e che a livello progettuale. Il progetto non
POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
Documento realizzato nell’ambito del progetto EuropeAid/126341/C/ACT/Multi "CONSTRUIRE UN DEVELOPPEMENT POSSIBLE” Rif. DCI-NSA ED/2008/153-805 – co_finanziato dalll’UNIONE EUROPEA
UN PRIMO REPORT
Il contenuto dei lavori presentati è responsabilità esclusiva degli autori e non riflette posizioni ufficiali dell’Unione Europea.
coinvolge solo gli attori del territorio marchigiano, ma si estende a partner nazionali (EmiliaRomagna, Lazio, Piemonte, Toscana), europei (Francia, Portogallo e Albania) e sudamericani (Argentina). Lo stesso dicasi per i destinatari: il progetto si rivolge alle cittadinanze delle Regioni italiane coinvolte, ma prevede anche che i risultati vengano trasferiti in Albania attraverso le attività di cooperazione. Inoltre prevede l’interscambio di esperienze con altri attori europei e sudamericani. Il secondo progetto “Comunicare per lo sviluppo” è incentrato, appunto, sulla comunicazione: in primo luogo vuole aumentare il livello di coscienza nella Regione Marche dell’Educazione allo Sviluppo e la promuovere un insieme di valori sociali attraverso un riorientamento della comunicazione, per adattarla alle nuove tecnologie; in secondo luogo punta alla creazione di un sistema di Comunicazione nell’ambito dell’Educazione allo Sviluppo. Nella Regione troviamo infatti una molteplicità di attori non coordinati, che conduce ad una molteplicità di campagne informative e alla frammentazione del messaggio che si vuole portare alla cittadinanza. Si vogliono quindi promuovere alleanze “di comunicazione” multiattoriali, in modo da recuperare un certo controllo sui processi comunicativi dell’EaS e da creare canali e flussi di interscambio di informazioni e di riflessione. Il progetto coinvolge attori del territorio regionale e ONG attive a livello nazionale ed europeo, in modo da fare proprie le esperienze degli attori ai vari livelli. I destinatari delle iniziative sono concentrati nel territorio marchigiano e variano dai funzionari degli enti pubblici agli studenti universitari: il progetto vuole coprire l’intera cittadinanza della Regione Marche. I risultati ottenuti saranno però estesi sia alla realtà marchigiana che a quella piemontese (attraverso l’azione dell’ONG CIFA ONLUS). È ora possibile riassumere le principali caratteristiche di questi progetti. Costo totale: Contributo UE: Contributo Regione Marche Contributo partner Partner Obiettivo specifico
Risultati attesi
COSTRUIRE UNO SVILUPPO POSSIBILE
COMUNICARE PER LO SVILUPPO
500.000 € 375.000 € (75%) 20.000 €
800.000 € 600.000 € (75%) 60.000 €
105.000 €
140.000 €
10 da Italia, 6 da Albania, Argentina, Francia e Portogallo Contribuire a creare un sistema regionale di Educazione allo Sviluppo attraverso la realizzazione di strumenti che permettano di: – potenziare le capacità di progettazione, e di programmazione degli attori locali; – sostenere la creazione e il consolidamento di un approccio sistemico di risorse per la creazione di una comunità unita per affrontare le sfide dell’Educazione allo sviluppo, prendendo possesso delle migliori esperienze italiane ed europee di reti di EAS.
12 da Italia
– Attivazione di un Sistema in/formativo EaS permanente – Rafforzamento della capacità di programmazione e progettazione di rete
Contribuire a migliorare la comunicazione nel settore dell’educazione allo sviluppo, attraverso: – la creazione di strumenti che favoriscano una relazione continua tra gli attori privati e le autorità locali; – il miglioramento della qualità di comunicazione a livello regionale; – la creazione di una rete che abbia come obiettivo quello di creare una comunità coesa facendo proprie le migliori esperienze di comunicazione a livello nazionale e comunitario nel settore dell’educazione allo sviluppo. – La creazione di un sistema di comunicazione permanente EAS – il miglioramento della qualità della comunicazione a livello regionale nel settore dell’EAS
POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
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UN PRIMO REPORT
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Dai due progetti emerge in primo luogo la necessità di “fare sistema”: il coordinamento e la condivisione di obiettivi e metodologie sono fondamentali per ottenere risultati efficaci. Per quanto riguarda le azioni poste in essere, possono essere così riassunte: Azione trasversale Azione 1
Azione 2
Azione 3
Azione 4
COSTRUIRE UNO SVILUPPO POSSIBILE GESTIONE E COORDINAMENTO DEL PROGETTO – Gestione e coordinamento generale CREAZIONE DI UN SISTEMA PERMANENTE IN/FORMATIVO DI EaS – mappatura delle attività di Eas; – analisi e condivisione dei bisogni educativi del territorio; – di percorsi di in/formazione; – diffusione dei risultati ottenuti; CREAZIONE DI GRUPPI DI LAVORO EaS – Un approfondimento delle conoscenza di EaS nella Regione Marche e in tutti i territori del progetto; – Creazione di 5 gruppi di lavoro su EaS; – Realizzazione della Seconda; Conferenza sulla cooperazione e la solidarietà internazionale ESPERIENZE ITALIANE EUROPEE ED INTERNAZIONALI DI RETI EAS – Un collegamento con la piattaforma nazionale EAS; – L’acquisizione delle esperienze delle reti delle ONG italiane; – L’acquisizione di esperienze europee in Francia e Portogallo; – La Definizione di un sistema di indicatori per l’EAS; – L’acquisizione di esperienze EaS nella provincia di Santa Fe (Argentina); – L'acquisizione di esperienza in Albania; – ipotesi di replicabilità in area Adriatica e Sud America; – Un’azione di Interscambio; – promozione dei risultati ottenuti SPERIMENTAZIONE DI UN PROGRAMMA REGIONALE SULL’EAS – Una valutazione e una analisi delle esperienze di EAS; – Attività di supporto per l’attuazione del piano regionale; – Attività di Sensibilizzazione e promozione e dei risultati raggiunti;
COMUNICARE PER LO SVILUPPO
GESTIONE E COORDINAMENTO DEL PROGETTO – Gestione e coordinamento generale; – Diffusione, comunicazione e capitalizzazione;
CREAZIONE DI UNA RETE DI COMUNICAZIONE REGIONALE – Lo sviluppo di un portale internet regionale; – La creazione di una rete di referenti per la comunicazione di Educazione allo Sviluppo CREAZIONE DI UN SISTEMA PERMANENTE DI COMUNICAZIONE – L’acquisizione di esperienze nazionali e internazionali di comunicazione nel settore dell’EAS; – La formazione sulle tecniche di comunicazione e sui nuovi sistemi di comunicazione; – Applicazione del piano di comunicazione EAS; – Realizzazione di una campagna di approfondimento
AZIONE PILOTA: SPERIMENTAZIONE DI UN PALINSESTO REGIONALE DI COMUNICAZIONE SUI TEMI DELL’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO – Ideazione e sperimentazione di un palinsesto regionale di “CONUMIC-EAD”; Azioni di comunicazione
Come abbiamo visto, i due progetti hanno obiettivi complementari, in quanto non è possibile creare un sistema di formazione e informazione efficiente senza un altrettanto efficiente sistema di comunicazione. Per tale motivo le attività dei due progetti si sovrapporranno temporalmente: si avrà un “coabitazione” di circa sedici mesi,da gennaio 2010 ad Aprile 2011 I progetti coprono una vasta gamma di attività, ma non è ancora possibile sapere se risulteranno efficaci: dipenderà dall’impegno degli attori coinvolti, dall’effettivo rafforzamento del sistema regionale, dal livello di partecipazione della cittadinanza e dalla sostenibilità dei risultati raggiunti. REGIONE PIEMONTE
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Per dare attuazione alla Legge Regionale 67/1995 la Regione Piemonte ha in un primo momento sostenuto le iniziative promosse dalle scuole e dall’associazionismo piemontese, per poi passare al sostegno ai programmi provinciali: “il ruolo della Regione Piemonte è dunque quello di individuare, in collaborazione con le amministrazioni provinciali, le tematiche di interesse su cui orientare le iniziative e, successivamente, individuare le priorità e gli obiettivi, affidando alle Province il compito di identificare i progetti locali meritevoli di sostegno, coinvolgendole a livello promozionale, gestionale e di compartecipazione finanziaria al progetto” 54. Il sostegno regionale vuole quindi favorire la realizzazione di un programma di azione provinciale, sostenendo sia le iniziative direttamente promosse dalle Province 55 che le iniziative ad esse pervenute con richiesta di contributo da parte di altri soggetti (enti, associazioni, ONG, scuole, ecc) 56. La Regione diviene così un punto di riferimento per i diversi Enti Locali che dovranno coordinare le iniziative promosse da istituzioni scolastiche, università, ONG, associazioni culturali e di volontariato. Come si legge nelle “Modalità per la presentazione di Programmi di sostegno alle iniziative di sensibilizzazione promosse dalle Province piemontesi – anno 2009”, le risorse disponibili ammontano a 270.000 €, ripartiti assegnando ad ogni Provincia una quota base di 20.000 € e il rimanete proporzionalmente alla popolazione di ciascuna. È poi previsto che eventuali risorse non utilizzate da una Provincia siano ripartite tra le altre. PROVINCIA DI ALESSANDRIA CONTRIBUTO ASSEGNATO I teatri di pace, Festa dei popoli Premio per la pace € 6.500 Progetto di sensibilizzazione rivolto alle scuole elementari € 3.500 Ovadese terra di pace Proposte di educazione interculturale Storia dell’altro. Conflitti e litigi TOTALE
€ 10.000 € 10.000 € 4.900 € 34.900
PROVINCIA DI ASTI CONTRIBUTO ASSEGNATO Cittadini del mondo 2009 € 29.333 TOTALE € 29.333
PROVINCIA DI BIELLA “E tornò primavera” P come Pace Conoscere per dialogare Scuola di Pace 7 anni in Tibet TOTALE
CONTRIBUTO ASSEGNATO € 3.600 € 4.000 € 7.000 € 8.400 € 5.633 € 28.633
PROVINCIA DI NOVARA Laboratori, incontri con scrittrici e scrittori, animazioni sui temi dell’intercultura, dei conflitti e della solidarietà nelle scuole materne, elementari e medie dei comuni del coord. Prov. pace Mostra interattiva sul tema dell’acqua, diritto umano e bene comune Mostra “il riso che nutre il mondo” 54
CONTRIBUTO ASSEGNATO € 12.580
€ 3.000 € 3.000
Direttive di carattere programmatico con validità triennale 2009-2011, pag. 20
55
In questo caso l’Ente svolge il ruolo di soggetto promotore. Il contributo può coprire fino al 50% del costo del progetto. (Modalità per la presentazione di Programmi di sostegno alle iniziative di sensibilizzazione promosse dalle Province piemontesi – anno 2009; pag 1) 56
Il questo caso la Provincia potrà individuare un programma di iniziative meritevoli di sostegno e richiederne il contributo regionale, che non potrà superare il 70% dei costi complessivi di ogni singola iniziativa (Modalità per la presentazione di Programmi di sostegno alle iniziative di sensibilizzazione promosse dalle Province piemontesi – anno 2009; pag. 1)
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Organizzazione di una giornata di conoscenza e divulgazione sugli interventi e Corpi Civili di Pace Corso di formazione base sul tema dell’intercultura rivolto a cittadini, volontari e operatori delle biblioteche Formazione e attività culturali in tema di pace TOTALE
€ 150 € 2.000 € 11.870 € 32.600
PROVINCIA DI TORINO Insieme per la promozione dei diritti dell’infanzia nel mondo
CONTRIBUTO ASSEGNATO € 36.400
Educare alla pace: cooperazione e non violenza € 3.700 Programma di interventi in materia di scambi scolastici rivolto alle scuole medie superiori di Torino e Provincia € 40.100 TOTALE € 80.200 PROVINCIA DEL VERBANO CUSIO OSSOLA CONTRIBUTO ASSEGNATO Iniziative promosse direttamente iniziative rivolte ad approfondire le problematiche dei paesi del sud del € 4.000 mondo mediante eventi, seminari, dibattiti secondo un calendario concordato con Enti Locali, scuole ed organizzazioni. - Progetto Kenia – Arte solidale: dal VCO a Nairobi e ritorno € 5.300 C’era una volta…storie di ordinaria integrazione € 5.753 “Equità e solidarietà per una vera pace € 4.030 African day Borsa della cooperazione internazionale nel VCO per la creazione di occasioni di incontro, confronto e collaborazione TOTALE PROVINCIA DI VERCELLI 57 Elaborazione di un percorso didattico diretto a favorire una cultura di pace Mostra itinerante con vignette sui diritti del fanciullo Piano di sensibilizzazione con la costituzione di un gruppo di lavoro per organizzare le visite guidate della Mostra Attività di sensibilizzazione del territorio che prevede: Organizzazione dei dibattiti sulle diversità aventi titolo “i nuovi vercellesi” “il razzismo avvelena anche te”,dibattito su cucina e stili di vita avente titolo “panissa e couscous” Sostegno ad iniziative di formazione “cooperando ciclo di formazione alla mondialità” “cooperazione allo sviluppo nel vercellese” TOTALE
€ 4.200 € 4.650 € 27.933 CONTRIBUTO ASSEGNATO
28.518,00
Oltre al sostegno a questo tipo di iniziative, nel corso del 2008 il Consorzio delle Ong Piemontesi ha lavorato in stretta collaborazione con la Regione Piemonte, la Regione Rhone-Alpes (Francia) e RESACOOP - Réseau Rhône-Alpes d'appui à la coopération internationale (Francia) - per arrivare a presentare alla Commissione Europea, nell'ambito del Programma " Attori non statali e Autorità Locali nello sviluppo ", un progetto dal titolo “Dalle Alpi al Sahel! Creazione di una rete transfrontaliera delle scuole, parchi, città, Ong ed associazioni del Piemonte e Rodano-Alpi per un'educazione scolastica che integri l'attenzione all'Educazione Ambientale e allo Sviluppo Sostenibile con la dimensione della Solidarietà Internazionale (EEDDSI), in particolare con l'Africa Sub-sahariana”58. Tale progetto, di durata 24 mesi, è stato approvato a novembre 2008 e ha preso formalmente avvio il 1 febbraio 2009 sulla base di un apposito contratto firmato il 17 dicembre 2008 tra la Regione Piemonte e la Commissione Europea.
57
I dati disaggragati non sono diaponibili
58
"Des Alpes au Sahel ! Création d'un réseau transfrontalier des écoles, parcs, villes, Ong et associations du Piémont et Rhône-Alpes pour une éducation scolaire qui intègre l'attention à l' Education à l'Environnement et au Développement Durable avec la dimension de la Solidarité International ( EEDDSI ), en particulier avec l'Afrique Sub-saharienne ".
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Il progetto prevede un budget totale di 1.007.341 Euro, di cui il 74,45 % cofinanziato dalla Commissione Europea (749.980 Euro) e il resto co-finanziato dalle Regioni Piemonte (188.994 €) e Rhone-Alpes (69.560 €). Per dare un’idea di questo progetto riassumo nella tabella sottostante e azioni e i risultati attesi da esse derivanti. Azione 1 Sarà istituito un Comitato di Pilotaggio della Rete, composto da i rappresentanti dei principali partner italiani e francesi, da esperti italiani e francesi e da rappresentanti degli altri attori. Una ricerca degli attori attivi e delle buone pratiche sarà realizzata come base per l'elaborazione dei indicatori comuni di qualità per una Educazione Ambientale che includa lo Sviluppo Sostenibile e la Solidarietà Internazionale. Un incontro iniziale in Italia, un Forum internazionale in Francia all'inizio del secondo anno ed un Forum finale in Italia permetteranno lo scambio delle buonepratiche e l'elaborazione degli indicatori comuni di qualità sovra citati. 2 - una pubblicazione (due lingue, 200 pagine) contenente il repertorio degli attori attivi e delle buone pratici un video, (di circa 30 minuti, in italiano ed in francese) sulle attività di EEDDSI poste in essere dai Parchi e dalle Scuole del Sud - un kit didattico CD-ROM in due lingue. - Istituzione di un programma di formazione per 400 insegnanti e per il personale specializzato dei Parchi, delle città e delle associazioni - Realizzazione di un sito internet interattivo nelle due lingue. 3 - 6 Workshop territoriali (4 in Italia e 2 in France) per avviare una Campagna europea di EEDDSI. sperimentazione di attività didattiche EEDDSI durante un intero anno scolastico in 100 scuole localizzate nei Parchi e nelle Città impegnate in Italia ed in Francia nei progetti di cooperazione decentrata nel Burkina ed in Senegal.
Risultato atteso Creazione di una rete transfrontaliera delle scuole, parchi, città ed associazioni attive nel Senegal e nel Burkina Faso in progetti di cooperazione decentrata (focalizzati sugli ODM 7 e 2, oltre che l’1 l’8), con lo scopo di promuovere una Educazione Ambientale che includa lo Sviluppo Sostenibile e la Solidarietà Internazionale.
Gli attori membri della rete italo-francofona amministrano le informazioni necessarie e utilizzano i nuovi strumenti innovativi per promuovere l'educazione ambientale, allo Sviluppo Duraturo ed alla Solidarietà Internazionale (EE-DD-SI)
Aumento del numero di scuole che realizzano dei programmi di EE-DD-Si e che partecipano ai progetti di cooperazione decentrata in Africa Sub-sahariana
TOSCANA: DIPLOMAZIA DI PACE La promozione di una cultura di pace è considerata un’attività di grande importanza da parte della Regione Toscana, tanto da approvare uno specifico documento di indirizzo pluriennale che la orienti. In questa sede facciamo riferimento al Piano Regionale per la Promozione di una Cultura di Pace per il periodo 2007-2010. Da esso si evince che gli elementi alla base dell’attività della Regione sono il riconoscimento e la valorizzazione dell’azione delle comunità regionali e locali quali soggetti protagonisti e attivi promotori della cultura della pace. Ci riferiamo alle attività di “diplomazia diffusa di pace” che la Regione, gli Enti Locali, le Associazioni e i cittadini della Toscana stanno attuando da vari anni: i gemellaggi e i partenariati; gli incontri sui conflitti, con particolare riferimento al Vicino Oriente; gli incontri di dialogo fra le diverse religioni; le ricerche sui temi della produzione e del mercato degli armamenti, del disarmo e della riconversione produttiva, sulla riforma delle istituzioni internazionali; l’impegno in favore dei diritti dell’uomo. L’elevata partecipazione alle attività da parte degli Enti Locali (divenuti negli ultimi anni veri e propri “animatori del territorio” per le azioni di sensibilizzazione ed educazione alla cultura di pace), del
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mondo della scuola, dell’associazionismo, la sempre più ampia e partecipe presenza del mondo giovanile alla giornata regionale della pace, che si tiene ogni anno il 10 dicembre (data che ricorda appunto l'approvazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo), il collegamento delle azioni che si svolgono in Toscana con le grandi campagne internazionali per la promozione della pace costituiscono senza dubbio elementi di forte positività. Per quanto riguarda la promozione di una cultura di pace si individuano quindi come finalità: • accrescere il ruolo della Toscana come “centro di eccellenza e laboratorio” sui temi della riconciliazione come sfida per lo sviluppo e del dialogo interculturale e interreligioso, sviluppando la conoscenza e il monitoraggio dei conflitti e del commercio delle armi e per il sostegno alla lotta contro la pena di morte. • Creare il “Sistema toscano integrato della cooperazione internazionale e di promozione di una cultura della pace” rileggendo la cooperazione alla luce della pace e della democrazia e coordinandone gli sforzi reciproci in termini di definizione delle priorità e degli strumenti operativi. Si sostiene la partecipazione dei soggetti locali impegnati in attività di cooperazione e di pace, cercando opportune intese con le Province e con i Comuni per la costituzione di Forum territoriali della cooperazione e della pace. • Valorizzare la storia e la memoria della Toscana come storia e memoria di pace e al tempo stesso studiare e riflettere per definire una nuova cultura della pace, capace di misurarsi con la sfida tragica della guerra e del terrore. • Contribuire al dialogo tra le culture come snodo decisivo per il superamento della opzione dello “scontro delle civiltà”. Ad esempio vanno proseguite e sviluppate le iniziative di dialogo ed accoglienza interculturale e interreligiosa, sul modello dello studentato internazionale di Rondine Cittadella della pace e della Rete internazionale della città rifugio, quali esempi innovativi di partecipazione e creazione di network a valenza internazionale. Per raggiungere tali obiettivi, la Regione Toscana promuove dei Progetti di Iniziativa Regionale (PIR), dividendoli in base alla tematica affrontata. È poi prevista la selezione, attraverso bando pubblico, di progetti integrati, che saranno cofinanziati dalla Regione Toscana 59. Le risorse messe a disposizione sono pari a 513.940,05€60 I principali progetti di Educazione allo Sviluppo e alla promozione di una Cultura di Pace poste in essere dall’ente regionale o da esso cofinanziate possono essere riassunte nella tabella sottostante. PIR strumentali e organizzativi 25.000€ Seminario permanente, consulta per il dialogo tra le religioni, altri seminari ed eventi.
PIR per la promozione del dialogo interculturale e interreligioso 25.000€ “Promozione del dialogo interculturale e interreligioso tra i popoli del Caucaso”
PIR per la promozione dei diritti umani e contro la pena di morte 5.164€ “Contro la pena di morte: percorsi di sensibilizzazione e approfondimento sulla questione della pena di morte per studenti e cittadini toscani attraverso la partecipazione a campagne internazionali.”
59
Tali progetti possono essere presentati dai soggetti riconosciuti dall’art. 2 della L.R. 55/1997, cioè: le Province, i Comuni, le Circoscrizioni di decentramento comunale, le Comunità Montane; i Provveditorati agli Studi, la Sovrintendenza Scolastica Regionale, l’Istituto Regionale di Ricerca, Sperimentazione e Aggiornamento Educativi (IRRSAE), le Istituzioni scolastiche; • le Università degli Studi e gli Istituti di Ricerca; • le Associazioni e i Comitati costituiti ai sensi di legge che per statuto svolgano attività di educazione alla pace e di sensibilizzazione contro la guerra. I progetti devono avere almeno un partner e nel partenariato deve essere presente almeno una scuola, devono avere durata massima di un anno e svolgersi in Toscana. La Regione copre fino al 50% dei costi ammissibili, per un massimo di 15.000€ • •
60
Il documento di attuazione dell’anno 2009 assegna 285.454€ ai PIR e prevede 74.576,81€ da destinare in un secondo momento. A questi vanno aggiunti i 153.909,24€ dei progetti integrati.
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12.140€ Monitoraggio e valutazione ex post progetti 10.000€ Valutazione ex ante progetti a bando
10.000€ Premio per le culture di pace dedicato a Tiziano Terzani 30.000€ Giornate dell’Interdipendenza
Tot: 47.140 €
Tot: 65.000 €
15.000€ “Contro la pena di morte: percorsi di sensibilizzazione attraverso il teatro” “Contro la pena di morte” – Adesione alle campagne promossa dalla Coalizione Mondiale Contro la pena di morte e per l’abolizione della pena di morte. (Progetto realizzato con risorse interne.) 34.150€ Studentato internazionale (Accoglienza e sostegno di studenti provenienti da aree di conflitto) 19.000€ ICORN (Accoglienza e sostegno di intellettuali perseguitati) 100.000€ XIII Meeting sui diritti umani Tot: 173.314,00€
Progetti integrati Educare al conflitto per educare alla pace: il caso israelo-palestinese L'Unione Europea fattore di Pace Corso di formazione su elaborazione e gestione conflitti rivolto a docenti, studenti Laboratorio ambiente di Pace - fase 3 Tutela dell'identità culturale e prospettive di Pace Razza Umana - Tutti i diritti umani per tutti Futuro plurale seconda edizione Immaginando l'Africa Di Terra in Terra Il Palazzo della memoria Con la forza del cuore: strade di trasformazione culturale Il volto plurale della Pace: un nuovo anno Ambientiamoci - percorsi di educazione ambientale TOTALE
€ 4.000 € 15.000 € 4.030 €15.000 €11.088,32 € 15.000 €15.000 €8.575 € 15.000 €15.000 €15.000 €11.060 €10.155,92 €153.909,24
La regione Toscana è anche promotrice delle giornate regionali della pace: il Meeting sui diritti umani “Fai la cosa giusta” il “Meeting di San Rossore”, occasioni di dialogo e di promozione della partecipazione della società toscana sul tema della tutela dei diritti umani e sull'obiettivo di “globalizzare la pace”, istituendo un legame diretto e programmato con i temi delle principali campagne internazionali sui diritti umani e con gli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite. VENETO: DIRITTI UMANI E CULTURA DI PACE La legge regionale n. 55/1999 prevede che la Regione promuova i diritti umani e la cultura di pace attraverso la realizzazioni di interventi culturali, di informazione, di ricerca e di educazione. La politica regionale di promozione dei diritti umani e della cultura di pace persegue i seguenti obiettivi: 1) diffusione e radicamento della cultura dei diritti umani, nella convinzione che l’educazione ai diritti umani sia il presupposto fondamentale per la costruzione di reali percorsi di pace e prevenzione dei conflitti; 2) promozione di una cultura della cittadinanza fondata sul rispetto dei diritti umani e sul dialogo interculturale; 3) promozione di una cultura della non discriminazione e delle pari opportunità, intese tanto come superamento di ogni forma di discriminazione, quanto come valorizzazione delle differenze. La Regione Veneto organizza le attività di cooperazione attraverso la promulgazione di due piani triennali: uno per le attività di cooperazione, l’atro per le attività di promozione dei diritti umani e della cultura di pace.
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Il Programma triennale 2007 – 2009 degli interventi per la promozione dei diritti umani e della cultura di pace individua le seguenti priorità tematiche: 1.a) il sostegno a iniziative di informazione, formazione e ricerca sul diritto internazionale dei diritti umani e sulle istituzioni internazionali, comunitarie e nazionali che si occupano della sua implementazione; 1.b) la diffusione della conoscenza delle istituzioni regionali e locali impegnate a favore della pace e dei diritti umani e la promozione delle loro attività, nonché il sostegno ad iniziative per la creazione delle Istituzioni nazionali per i diritti umani; 2.a) il sostegno a percorsi di educazione e partecipazione alla cittadinanza, con particolare attenzione ai diritti delle donne e delle nuove generazioni; 2.b) il sostegno a percorsi di sensibilizzazione e informazione sulla tematica della promozione dei diritti umani nell’ambito della responsabilità sociale delle imprese e degli Enti Locali; 3.a) il sostegno a iniziative di sensibilizzazione, formazione, indagine e ricerca sul tema del dialogo culturale e interreligioso, evidenziando le specificità nel quadro di una adesione ai diritti internazionalmente riconosciuti; 3.b) la promozione di percorsi di informazione, formazione e ricerca sull’eguaglianza di genere e sui diritti delle donne; 3.c) la promozione di percorsi di informazione, formazione e ricerca sui diritti dell’infanzia, con particolare riferimento alla condizione dei bambini e dei giovani nel territorio veneto; 3.d) la promozione di percorsi di informazione, formazione e ricerca sui diritti, con particolare riferimento alle situazioni di marginalità e violazione dei diritti presenti nel territorio veneto. Il piano di attuazione per l’anno 2009 prevede, come per gli anni passati, tre tipi di attività, come è possibile notare anche dalle tabelle sottostanti. Innanzitutto ci sono gli adempimenti previsti dalla legge regionale 55/1999, a cui sono dedicate risorse per 233.323€ Conferimento Premio regionale denominato “Veneto per la pace e la solidarietà tra i popoli” Sostegno all’Archivio Pace Diritti Umani dell’Università di Padova Conferenza regionale biennale sui temi della Cooperazione allo Sviluppo e dei Diritti Umani Quota di adesione alla Fondazione “Venezia per la ricerca sulla pace”
€ 7.500 €120.000 € 80.000 € 25.823
Troviamo poi le iniziative a contributo, per cui si punta a sviluppare un percorso finalizzato a un sempre maggiore coordinamento delle iniziative e degli attori sul territorio, attraverso la promozione di partenariati tra soggetti pubblici e privati. ProgESF - Educazione Senza Frontiere attraverso un modello partecipativo di formazione TERRITORI DI SOLIDARIETA': conoscere, collaborare, crescere insieme Giovani reporter per i diritti umani: dai laboratori a scuola, alla città come laboratorio per il cambiamento sociale DIRITTI+UMANI. Immagini, documenti e storie sui diritti umani in Italia e nel mondo (V edizione) Comunicare è Condividere ECO 2.0: UN'ECOLOGIA DI PACE E DIRITTI UMANI AMBIENTE, PACE, DIRITTI DIRITTI UMANI IN AZIONE: infanzia, lavoro, protagonismo SAPERI E SAPORI 3. Cibi, culture, confronti solidali per un dialogo fra Nord e Sud del Mondo RI-AMBIENTIAMOCI: nuovi stili di vita, diritti e culture PACE E SVILUPPO IN CAMMINO PER CRESCERE Diritti Umani quotidiani ATTIVAmente III EDIZIONE Vogliamo FARE la Pace Giovani diritti in Veneto" COMINCIAMO DA NOI CHE IMPRONTA?
€15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000 €14.290 €15.000 €15.000 €15.000 €15.000
POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
Documento realizzato nell’ambito del progetto EuropeAid/126341/C/ACT/Multi "CONSTRUIRE UN DEVELOPPEMENT POSSIBLE” Rif. DCI-NSA ED/2008/153-805 – co_finanziato dalll’UNIONE EUROPEA
UN PRIMO REPORT
Il contenuto dei lavori presentati è responsabilità esclusiva degli autori e non riflette posizioni ufficiali dell’Unione Europea.
Il piano per l’anno 200961 prevedeva per questo tipo di attività una spesa pari a 130.677 €, ma i progetti pervenuti e risultati idonei a ricevere il finanziamento regionale sono stati numerosi, implicando la necessità di aumentare le risorse a disposizione. Il maggior onere finanziario è stato reperito utilizzando parte della quota destinata dal medesimo provvedimento ad iniziative dirette che non hanno trovato attuazione: la spesa totale è di 254.290 € Infine ci sono le iniziative dirette, per le quali la Regione continua ad avvalersi della collaborazione di enti ed organismi pubblici, con particolare attenzione ai progetti da realizzare nell’ambito dei programmi di promozione dei diritti umani e della cultura di pace del Governo italiano, dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite o di altre istituzioni nazionali e internazionali attive in materia. Le risorse messe a disposizione sono pari a 336.000€ Corso di Alta Formazione per docenti esperti in “Educazione civica, diritti umani, cittadinanza, costituzione” della Università di Padova, a.a 2009/2010 I giovani e l’Europa. Per un’educazione alla partecipazione e alla responsabilità personale. I anno Ricerca "La norma pace diritti umani negli statuti dei Comuni e delle Province italiane, nonché negli statuti e nelle leggi delle Regioni e delle Province Autonome". Un impegno per i diritti dei bambini e degli adolescenti a vent’anni dall’approvazione della Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia Concorso letterario premio per la pace – sottotenente Giovanni Pezzuolo Summer School in Antropologia Applicata 2009 Rete regionale per la cittadinanza e i diritti umani Dialogo interculturale e diritti umani nell’ottica del capacity building e del curriculum development Iniziativa in occasione del 20° anniversario della Dichiarazione Internazionale sui diritti dell’infanzia Iniziative di informazione e partecipazione a fiere e manifestazioni Diritti dell'Uomo e Diritti dell'Ambiente - campo estivo Campus dei giovani 2009 Progetto pace 2008-2009 V anno Musica oltre i confini Teatro delle Emozioni ImmaginAfrica2009
€15.000 € 20.000 €20.000 €15.000 €1.000 €10.000 €15.000 €20.000 €20.000 €50.000 € 20.000 € 15.000 € 35.000 € 30.000 € 30.000 €20.000
In totale le risorse messe a disposizione per le attività di Educazione allo Sviluppo e promozione di una Cultura di Pace sono pari a 823.613 €.
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DGR n. 1382/2009
POLITICHE E PROGETTI DELLE REGIONI ITALIANE PER L’EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO
Documento realizzato nell’ambito del progetto EuropeAid/126341/C/ACT/Multi "CONSTRUIRE UN DEVELOPPEMENT POSSIBLE” Rif. DCI-NSA ED/2008/153-805 – co_finanziato dalll’UNIONE EUROPEA
UN PRIMO REPORT
Il contenuto dei lavori presentati è responsabilità esclusiva degli autori e non riflette posizioni ufficiali dell’Unione Europea.