2.2.A Rubriche 2011-2012-2013

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1 fan 1 albero

Attraverso la campagna 1 fan 1 albero, Unimondo sostiene Tree is Life, un progetto nato nel 2002 in Kenya, che s'impegna a gestire le risorse naturali in maniera sostenibile. E' sufficiente diventare fan della pagina Unimondo su Facebook e far diventare fan i nostri amici: verrà piantato all'equatore un albero per ogni fan. Verrà infatti devoluto un euro per albero che corrisponde all'impianto di un albero autoctono. L'anima del progetto è un gruppo di giovani agroforestali che coinvolgono nel loro lavoro i ragazzi di molte scuole primarie e secondarie. Assieme si vuole fermare l'avanzata del deserto che dista a soli 30 km, a nord dall'equatore, dalla città di Nyahururu, in Kenya. Per aderire è sufficiente entrare in Facebook, cercare "Unimondo Face2Facebook", diventare fan e suggerire agli amici che hai in Facebook di diventare fan di Unimondo. Unimondo pubblicherà periodicamente sul portale e su Facebook lo stato di avanzamento del progetto. Non solo. Il lettore di Unimondo potrà scrivere direttamente al coordinatore di Tree is Life in Kenya per avere un aggiornamento del progetto. Ogni singolo lettore potrà, solo se lo vorrà, in seguito contribuire a sostenere il progetto di riforestazione. La campagna rientra nell'ambito dell'iniziativa ONU "2011 - Anno Internazionale delle Foreste", volta a sostenere l'impegno di favorire la gestione, conservazione e lo sviluppo sostenibile delle foreste di tutto il mondo.

Fai del tuo Natale un giorno speciale!

Durante il Natale, scegliere un regalo è una bella occasione per pensare alla persona che lo riceverà, alle sue passioni, ai desideri e ai suoi gusti. Sono momenti di gioia, di doni, ma spesso di consumo superfluo da parte di chi ha già tanto. E se il regalo fosse anche etico e solidale? Un regalo che aiuti economicamente chi è nato nei luoghi difficili del pianeta può arricchirsi di un contenuto speciale e prezioso.


Ormai il mercato propone innumerevoli idee regalo adatte a tutte le età, per l'arredamento, il vestiario, la cucina e la cura del corpo: prodotti in cui riconoscere i valori e il lavoro dei produttori del sud del mondo, o attraverso i quali sostenere direttamente le popolazioni meno fortunate. E per i patiti del virtuale sono disponibili e acquistabili on line anche simpatiche ecard o videocartoline con certificato di donazione, che attestano di aver concretamente sostenuto un progetto nel sud del mondo. Per le imprese poi, il Natale può anche rappresentare l'occasione per far crescere e migliorare l'immagine aziendale, scegliendo la regalistica natalizia solidale tra le tante proposte delle Ong e delle associazioni del terzo settore. Scegli di festeggiare il Natale nel segno della solidarietà: per non rinunciare alla tradizione del regalo natalizio e per dare un aiuto concreto a chi ha più bisogno.

Il libro di Giorgio Cingolani: "La Via dei Conventi"

La storia dell'organizzazione segreta Ustascia, creata nel 1930 da Ante Paveliç, che si batteva per l'indipendenza della Croazia dal Regno di Jugoslavia e che operò innumerevoli massacri ai danni di serbi, rom ed ebrei, durante la Seconda guerra mondiale è raccontata in maniera coinvolgente dai due autori che mettono in luce gli intrecci che l'organizzazione ebbe con le potenze che segretamente la sostennero tra cui il Fascismo prima e il Vaticano poi. In una breve intervista Giorgio Cingolani racconta la storia della "Via dei Conventi". Come e quando vi è venuta l'idea di scrivere un libro sugli Ustascia? L'idea di questo libro è maturata all'indomani dell'11 settembre, in pratica dopo l'attentato alle torri gemelle. Molti ricorderanno il clima di paura e di spaesamento che quel terribile attentato aveva diffuso in tutto il mondo. In quella temperie, sia a Pino Adriano che a me è sembrato utile raccontare la storia di un'organizzazione terroristica, in fondo da un paio di secoli la civiltà occidentale è costretta a misurarsi col terrorismo e le organizzazioni terroristiche di solito si muovono in modo molto simile. Perciò se ripercorrendo la vicenda storica del terrorismo ustascia, questo lavoro fornirà qualche stimolo per riflettere anche sul presente, avrà raggiunto uno dei risultati che gli autori si auguravano. Gli Ustascia erano dei nazionalisti che si macchiarono di atroci delitti? In serbo-croato ustascia significa "insorto" e l'insurrezione armata per la creazione di uno Stato croato indipendente fu la parola d'ordine del movimento che Ante Pavelić fondò intorno al 1930. Ma essendo gli Ustascia un'esigua minoranza all'interno di una popolazione pacifica, il movimento si connotò fin dall'inizio come una fazione estremistica e settaria, rapidamente costretta all'emigrazione. Nel decennio che precedette la seconda guerra mondiale Pavelić visse in Italia e combatté la sua battaglia sotto l'ala del fascismo, dedicandosi alla propaganda sovversiva e alla pratica sistematica del terrorismo. L'episodio culminante fu il regicidio di Marsiglia del 1934. Pavelić e il suo protettore Mussolini si aspettavano che l'uccisione del re Alessandro di Jugoslavia provocasse l'insurrezione della Croazia: non avvenne alcuna rivolta ma il movimento ustascia divenne popolare in tutta Europa come sinonimo di organizzazione segreta sovversiva. Nei quattro anni in cui furono al potere in Croazia, gli Ustascia praticarono il terrorismo di stato generando una catena di lutti. Con le persecuzioni razziali contro le minoranze di Ebrei e Zigani e, soprattutto, con i massacri della popolazione serbo-ortodossa in nome della fede cristiana, la milizia di Pavelić compì uno dei peggiori crimini del ventesimo secolo.


E' singolare che un libro sulla storia di un'organizzazione terroristica si intitoli "La Via dei Conventi". Mi può spiegare le ragioni di questo titolo? Una costante nella storia degli Ustascia, che spiega peraltro la scelta del titolo del libro, sono i conventi. Ancor prima che i servizi segreti americani coniassero la metafora della ratline (la gomena su cui cercano scampo i topi quando la nave affonda), la via di fuga dei criminali di guerra attraverso l'Austria e le Alpi verso l'Italia era già nota come la via dei conventi. I riscontri documentali non mancano: un agente speciale del controspionaggio americano la chiamava monastery-road; un capo-centro del controspionaggio italiano la indicava come la strada dei conventi; per vari ex-SS in fuga era la klosterweg, e così via. Ma per quanto riguarda gli Ustascia, la via dei conventi non fu soltanto quella della fuga. Sfogliando le pagine del libro il lettore si renderà conto che nel corso della storia del movimento di Pavelić, dalle sue origini fino agli anni Sessanta, i frati francescani, i conventi, i religiosi croati e bosniaci sparsi per il mondo rappresentarono un riferimento costante.

Il Regno d'Italia

Nel documento della legge n.4671 del Regno di Sardegna, e che vale come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, si legge: "Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo del Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861". Fino al 1859 alla penisola italiana era applicabile la definizione formulata dal Cancelliere austriaco Metternich: "L'Italia era solo un'espressione geografica". Al suo interno convivevano sette Stati di tipo monarchico, ad eccezione della Repubblica di San Marino, divisa da confini secolari e rivalità e ordinamenti politico-amministrativi disomogenei. All'Italia Unita il cessato Regno di Sardegna non si limitò a dare una dinastia regnante, un esercito, una burocrazia, ma le trasmise anche la carta Costituzionale, ovvero lo Statuto Albertino, i codici civili, penali, militari, di commercio, un ordinamento giuridico compreso il sistema politico delineatosi tra il 1849 e il 1861 sotto la guida dei Ministri Massimo d'Azeglio (1849-1852) e Camilo Benso Conte di Cavour (1852-186). Si trattava di un sistema politico improntato sulle istituzioni francesi della Monarchia di Luglio (1830-1848) di Luigi Filippo d'Orléans, proprio quando quel regime era caduto a causa di un sistema elettorale ultracensitario che riconosceva i diritti politici a pochi cittadini maschi maggiorenni. Cavour fece funzionare quelle istituzioni orleaniste trapiantate per otto anni, fino al regno d'Italia senza che si ritenesse necessaria una transitoria fase costituente per strutturare la nuova entità demografica e territoriale. Il nuovo Stato Italiano veniva a configurarsi come un ampliamento del vecchio Regno sabaudo di cui conservava i vecchi ordinali dinastici (il re veniva individuato come V. Emanuele II e non I di un nuovo regno) e legislativi (deputati eletti e senatori nominati dal re non costituivano la prima legislatura del Regno d'Italia ma ottava legislatura continuando la numerazione di quelle precedenti del Parlamento subalpino).

Il riciclo, un gioco da ragazzi


Nell'intenso programma di interventi attivati dalla Regione Marche in materia di gestione di rifiuti, una delle esperienze più significative è quella delle ludoteche regionali del recupero che hanno preso il nome di Riù. Riù nasce come centro di raccolta e valorizzazione, attraverso il gioco, dei materiali di scarto facilmente riutilizzabili, come laboratorio operativo di attività didattiche creative e luogo di diffusione della cultura del recupero. Lo spirito di Riù è infatti quello di riflettere sull'importanza di riconoscere tutti quei materiali, generalmente considerati rifiuti destinati alla discarica, che invece possono essere riutilizzati e trasformati in validi strumenti didattici per l'educazione ambientale. I bambini portano il materiale di scarto - scampoli di stoffa, liste d'acciaio e blocchetti di legno - e gli educatori insegnano loro i trucchi per costruire giochi e decorazioni. Il tutto in un territorio ricco di calzaturifici e pelletterie che producono grandi quantità di scarti di lavorazione. Di mattina le ludoteche sono riservate alle scuole, mentre nel pomeriggio le porte si aprono a tutti. Dal 2000 ad oggi, la ludoteca regionale Riù, con le sue 4 sedi di Fermo, Pesaro, Santa Maria Nuova e Tolentino, si è sempre più caratterizzata come laboratorio creativo di manualità ed espressività, dove l'aspetto ludico si coniuga con quello didattico, divenendo una precisa proposta di educazione ambientale alternativa, istruttiva e divertente.

Il vegetarianesimo come filosofia di vita: parola di Umberto Veronesi

Pubblicati alla vigilia della Giornata Mondiale dei vegetariani (1 ottobre), i dati del rapporto Eurispes 2011 parlano chiaro: sono circa 5 milioni gli italiani vegetariani, di cui lo 0,4% ha optato per la scelta vegan, escludendo dalla dieta anche latte e uova. Scelgono il vegetarianesimo soprattutto le donne: il 7,2% contro il 5,3% degli uomini; mentre le vegane sono lo 0,5% contro lo 0,3% dei maschi. Ma cosa c'è alla base della scelta della "dieta verde"? Per circa la metà dei vegetariani si tratta di una questione di salute - convinzione scientificamente ben fondata. A tal proposito, il celebre oncologo Umberto Veronesi ha dichiarato: "vegetariani non solo si può, ma si deve". Secondo il prof. Veronesi va sfatato il mito che la carne è componente imprescindibile di una dieta evoluta, perché la carne fa male: vari studi testimoniano infatti una stretta relazione tra il consumo


di proteine animali e l'incidenza di tumori all'intestino, mentre la dieta vegetariana previene il cancro e i mali della vecchiaia. Tra i vegetariani, molto alta è anche la percentuale di coloro che sono mossi da ideologie animaliste, secondo le quali gli animali sono, come l'uomo, esseri capaci di provare emozioni a cui dovrebbero essere riconosciuti gli stessi diritti alla vita, alla libertà e a non essere uccisi. Infine, in costante aumento coloro che scelgono la dieta verde per ragioni di tipo ambientalista: è infatti provato che questo tipo di dieta comporti un minore spreco di risorse e provochi meno danni all'ambiente rispetto all'alternativa carnivora. Forse non tutti lo sanno ma, a livello mondiale, allevare animali da destinare all'alimentazione umana inquina ben più del trasporto su gomma, come ha testimoniato un recente rapporto dell'Unep, il Programma delle Nazioni Unite sull'Inquinamento. Gli effetti dannosi sull'ambiente derivano sia dalle notevoli emissioni di gas serra connessi agli allevamenti intensivi sia dalle ingenti quantità di concimi e pesticidi che possono danneggiare i terreni e contaminare le falde acquifere e i corsi d'acqua. "I prodotti agricoli a livello mondiale sarebbero in realtà sufficienti a sfamare tutti se venissero equamente divisi, e soprattutto se non fossero in gran parte utilizzati per alimentare gli animali da allevamento. Il vegetarianesimo non e' soltanto una scelta alimentare, ma una filosofia di vita; anzi, io penso che l'essere vegetariani da scelta responsabile si stia trasformando in necessità ". Parola di Umberto Veronesi.

La campagna sociale e il web?

Se lo sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione ha cambiato il nostro modo di comunicare, di lavorare e di relazionarci è vero anche che quasi l’80% delle persone in Italia quotidianamente usa i social media. La militanza on-line ha scardinato le forme tradizionali di impegno sociale e umanitario consentendo anche alle Ong italiane di partecipare ai cambiamenti. Una campagna sociale su web è in grado di mobilitare tantissime persone consentendo in tempo reale di controllare le situazioni sociopolitiche in vari paesi. Come sostiene Silvia Pochettino, direttore di Vips “I recenti eventi storici dimostrano che il rapido evolvere delle tecnologie della comunicazione sta cambiando radicalmente non solo il modo di comunicare e lavorare, ma anche il modo stesso di pensare la società tanto al nord quanto al sud del mondo”. Tuttavia, secondo Silvia Pochettino “Le ong e più in generale il non profit italiano è ancora lento nel cogliere le straordinarie opportunità del cambiamento, rispetto ai colleghi americani ed europei”. Eppure sempre di più nei prossimi anni “pensare 2.0”, padroneggiare gli strumenti più avanzati del web, muoversi in modo disinvolto e creativo in rete e nei social network sarà un prerequisito per esercitare qualunque forma di cittadinanza attiva”. Senza dubbio l’utilità del web per la cooperazione internazionale è almeno duplice: da una parte si presenta come un potente mezzo per diffondere iniziative e campagne sociali anche per associazioni con pochi mezzi e budget ristretti e dall’altra parte gli strumenti web possono venir utilizzati dalle stesse popolazioni locali beneficiarie dei progetti per implementare interventi sanitari, strutture di microcredito ecc, e per soddisfare da sé le proprie necessità. Il primo italiano che dal 2005 vive di solo Web ed il primo ad aver fatturato oltre un milione di dollari a Google. Dopo aver lavorato per oltre 15 anni a curare l’immagine della FAO, del Pam (programma alimentare mondiale) e di altre agenzie delle Nazioni unite, ha lasciato tutto e si è dedicato solo al web, in modo del tutto indipendente. Oggi oltre 30.000 persone ogni giorno seguono le sue news in quattro lingue diverse. E’ citato come case-history di successo in oltre 100 libri in tutto il mondo. Dal 1999 Robin


Good è il fondatore ed editore di MasterNewMedia, una rivista online dedicata ad aiutare un pubblico di non-tecnici a capire come utilizzare al meglio Internet e come comunicare e fare marketing in maniera efficace usando queste nuove tecnologie. Quindi, non ci rimane altro che confrontarsi con le nuove regole di comunicazione su web e utilizzare al meglio gli strumenti on-line per lanciare campagne sociali, realizzare progetti, ottimizzare il lavoro e i costi.

La seconda vita degli oggetti

Reoose è il primo eco-store del riutilizzo e del baratto asincrono che crede in una seconda vita degli oggetti e dove non si usa il denaro. Attraverso il sito web di Reoose infatti, puoi scambiare i tuoi oggetti inutilizzati con chi vuoi e "acquistare"ciò che ti serve veramente grazie a dei crediti. Nasce nel 2011 su iniziativa di Luca e Irina, i valori della famiglia, l'amore verso i figli e la voglia di lasciargli un mondo più equo li ha spinti a creare questo servizio. Il progetto si ispira alla filosofia delle 3R: Riduzione dei rifiuti, Risparmio e Riciclo. L'utilità, il risparmio, lo scambio, l'attenzione all'ambiente e la partecipazione allargata sono il motore di questa community. Tramite Reoose è possibile inoltre fare una beneficienza intelligente donando i crediti guadagnati ad una Onlus partner. In breve, perché usare Reoose? Perchè è gratis! Perchè ogni giorno sul web cerchiamo cose che ci servono, e magari il nostro vicino ha quelle cose in cantina ma non lo sappiamo! Perchè permette di annullare il limite del baratto legato ad uno scambio bilaterale tra i due soggetti. Perchè permette ad ognuno di liberarsi di un oggetto inutilizzato, ricavando un beneficio. Perchè contribuisce alla diminuzione della produzione di rifiuti. Perchè permette di fare una beneficenza mirata ed intelligente. Perchè c'è una sovrapproduzione di materiali che arricchiscono sempre le stesse tasche e contribuiscono irrimediabilmente all'inquinamento del pianeta. Perché, facendo un gesto utile per te contribuisci alla salvaguardia della terra.

Reoose nasce per creare una nuova forma di consumo sostenibile cercando di coniugare l'esperienza del baratto, del social network, dello sharing con i nuovi modelli di store online.


"La cosa che ci galvanizzava era che sentivamo che un servizio come "Reoose" poteva soprattutto essere utile per le persone con poche possibilità economiche, per gli studenti fuori sede, per le mamme e i papà come noi, per i nostri figli". Crediamo che i social network debbano semplificare la vita delle persone e aiutarle a cercare nella condivisione la forza per migliorare il presente" Luca e Irina

"Last minute" solidali

Tra le varie proposte va ricordata quella di Legambiente Turismo che recensisce strutture turistiche che praticano il cosiddetto "decalogo ecologico" dell'associazione e che possono quindi fregiarsi del marchio ecolabel , che contraddistingue le strutture ricettive che adottano misure per ridurre l'impatto delle proprie attività sull'ambiente e per promuovere il territorio circostante. La Guida Blu, redatta da Legambiente insieme al Touring Club, si concentra invece sulle zone marittime e lagunari, con una sezione dedicata alle strutture ricettive e turistiche che si fregiano della già menzionata etichetta ecologica di Legambiente Turismo. La Guida sottolinea il valore aggiunto dato dalle scelte degli amministratori in tema di rifiuti, energia, tutela e conservazione del territorio e qualità della ricettività. Per gli appassionati della montagna esistono invece le iniziative della Carovana delle Alpi: una campagna di sensibilizzazione che Legambiente promuove da dieci anni al fine di difendere e valorizzare il territorio alpino. Da luglio a ottobre i circoli Legambiente promuovono appuntamenti in collaborazione con operatori turistici, amministratori e associazioni locali, che interessano tutto l'arco alpino. Per i più giovani vi sono poi i numerosi Campi di volontariato di Legambiente e quelli di tantissime associazioni e ong, dedicati all'ecologia, alla sostenibilità ed alla solidarietà.

Le ferrovie dimenticate

Forse non tutti sanno che il 6 marzo di ogni anno si celebra in Italia la Giornata nazionale delle Ferrovie dimenticate. Promotore ed organizzatore dell'evento una confederazione di associazioni che si occupano di mobilità alternativa, tempo libero e attività all'aria aperta.


Obiettivo principale di Co.Mo.Do, questo il nome della confederazione, è la promozione di una rete nazionale di mobilità dolce che abbia come requisiti fondamentali:

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il recupero delle infrastrutture territoriali dismesse (ferrovie, strade arginali, percorsi storici ecc.) e loro conversione in strade per le bici e l'utenza non motorizzata la compatibilità e l'integrazione fra diversi utenti; la separazione dalla rete stradale ordinaria, o in certi casi la protezione della mobilità dolce sulle strade promiscue con i mezzi motorizzati l'integrazione con il sistema dei trasporti pubblici locali e con la rete dell'ospitalità diffusa

La giornata delle ferrovie dimenticate si propone ogni anno come momento di riscoperta del patrimonio ferroviario nazionale sia in termini storici che attuali. L'obiettivo primario è infatti quello di valorizzare le linee minori e quelle dismesse per le quali, da tempo si avanzano proposte e istanze di riutilizzo o trasformazione in percorsi ciclo-pedonali. L'iniziativa è sostenuta, tra gli altri, dal Club Alpino Italiano, Legambiente, Wwf, Touring Club, Italia Nostra e da quest'anno per la prima volta si avvale del patrocinio e della partecipazione del Gruppo FS. Numerose le iniziative in tutta Italia: dalle ferrovie ex-minerarie della Sicilia, ai treni a vapore del Piemonte; dai depositi delle locomotive di Rimini alla stazione-museo di Colonna vicino a Roma; dai binari scomparsi della Treviso-Ostiglia a quelli abbandonati della Bra-Ceva, nel Cuneese. Ma anche mostre, incontri e dibattiti, visite guidate e tanto altro. In occasione della giornata delle ferrovie dimenticate di quest'anno, è stato presentato il volume "Dalle rotaie alle bici" curato da FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) che riporta i risultati di un'indagine sui tratti ferroviari italiani dismessi e poi trasformati in percorsi per le bici. Dichiara il Presidente FIAB: "In Italia ci sono più di 5.000 chilometri di linee ferroviarie dimesse. Pochissimi i chilometri chiusi per la modifica dei tracciati. La maggior parte per scelte che, col senno di poi, si sono rivelate decisamente sbagliate, frutto di valutazioni superficiali da parte di Istituzioni poco lungimiranti che avevano come modello di riferimento una società basata sulla prevalenza del mezzo privato a motore. L'obiettivo condiviso è quello di un recupero totale di questo immenso patrimonio ferroviario dismesso per prevenirne l'assoluto degrado e distruzione, puntando preferibilmente alla sua funzione originaria e, in seconda battuta, alla tutela dell'infrastruttura e alla sua riconversione, come parte essenziale di una rete nazionale di percorribilità ciclistica e ciclopedonale secondo il progetto FIAB BicItalia".

Mostar: viaggio nella città della luce

Il Vecchio Ponte - Mostar Esistono molte città famose per essere state le protagoniste dei mutamenti della storia del mondo, una di queste è Mostar. Nella sua architettura si riscontrano gli influssi orientali ed occidentali, ed ogni epoca ha la sua espressione. Una delle attrattive più note di Mostar è il "Vecchio Ponte" costruito nel 1566 dall'artista turco Hajrudin. Da sempre il simbolo di tolleranza il "Vecchio Ponte" era il punto di congiunzione tra diverse culture e religioni, un luogo d'incontro e di pacifica convivenza. Tutto fino agli anni '90 del XX secolo quando la città è stata duramente colpita dai bombardamenti diventando uno dei luoghi più martoriati dell'intero paese. Grazie ad un costante lavoro dei cittadini e della Comunità Europea, Mostar è tornata a vivere.


Ricostruito nel 2004, oggi il " nuovo Vecchio Ponte" è patrimonio dell'UNESCO. Il suo fascino è ritornato alla ribalta conquistando il cuore dei turisti provenienti da ogni parte del mondo. Su entrambi i lati del ponte sorge il centro storico di Mostar; il quartiere di epoca ottomana con botteghe artigiane di battitori di rame. L'insieme degli artisti, degli artigiani e degli innumerevoli e caratteristici caffè animano la città lasciando un piacevole ricordo ai turisti che si soffermano a sorbire il caffè turco ed ammirare la bellezza del ponte. Si ammirano i tuffi dei ragazzi che da oltre venticinque metri d'altezza offrono uno spettacolo messo in scena dai membri del club dei tuffatori. Su ciascun lato del ponte si ammirano le due torri, Tara e Helebija costruite nel XVII secolo, mentre nei pressi si trova un piccolo ponte chiamato "Ponte Storto" o "Kriva Cuprija". Un'attrazione davvero unica quella dell'antico quartiere di Kujundiluk e degli innumerevoli monumenti che la città offre compresi i suoi dintorni immersi in una natura incontaminata. La luminosità di Mostar è la prima, incancellabile impressione che colpisce il visitatore. Lo testimoniano anche le parole di Ivo Andric, premio Nobel per la letteratura, quando scrive: "Per questa luce io ricordo Mostar".

Peso lordo meno tara uguale?

Quando la spesa è sfusa Peso netto è il nome del primo negozio di prodotti interamente alla spina e a Km 0 delle Marche: prodotti del territorio, stoccati in spinatori, dispenser e cassette per dare la possibilità ai clienti di stabilire autonomamente le quantità ottimali al proprio fabbisogno. Selezionando i prodotti del territorio spogliati del superfluo, Pesonetto propone un sistema di acquisto consapevole per chi compra e compatibile con l'ambiente. Dietro a Pesonetto ci sono 9 pesaresi di età e professioni molto diverse, mossi dal rispetto di sè, dell'ambiente e dei prodotti del territorio. In negozio è possibile trovare alimenti (pane, pasta, riso, frutta, verdura, formaggi, salumi, latte, vino, birra, olio ecc) ma anche prodotti per l'igiene personale e della casa fino alle biciclette. Il logo di Pesonetto è un passerotto che solleva un peso da bilancia: "Rappresenta la forza della leggerezza, - spiega Marco uno dei soci-, poiché Pesonetto dimostra la sua forza spogliando i propri prodotti dal superfluo e dal dannoso. Sceglie responsabilmente. Il nostro nome vien da sè: Pesonetto, ciò che serve, niente di più".

Qualità ambientale: le pagelle delle città italiane


Secondo quanto emerge dal dossier "Ecosistema Urbano - La città sicura: dalla dimensione individuale al valore comunitario della riduzione del pericolo", il diciottesimo per la precisione, nelle città italiane la qualità della vita non migliora. Quest'anno, però, le 104 città-capoluogo sono state raggruppate in tre differenti categorie, in base al numero di abitanti:

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15 grandi città con oltre 200mila abitanti 44 medie città tra i 200mila e gli 80mila abitanti

45 piccole città con meno di 80mila abitanti.

In questo modo, risulta difficile effettuare un confronto diretto con gli anni precedenti, ma è più semplice farlo tra le città della stessa categoria, offrendo una visione più vicina alla realtà. Le migliori e le peggiori. Ed ecco i tre primi posti. Tra le città dove si vive meglio troviamoVenezia per le grandi città, Bolzano per le medie e Belluno per le città con meno di 80mila abitanti. Il loro primato è legato ad alcuni importanti fattori presi in considerazione: innanzitutti la qualità dell'aria, seguita da un basso tasso di motorizzazione e da ampie superfici pedonalizzate (4,87 mq/abitante). E poi un alto numero di passeggeri nel trasporto pubblico, in media 558 viaggi per abitante all'anno. Andiamo alle peggiori. In questo caso, il triste primato va a tre città siciliane, rispettivamente Palermo, Siracusa e Caltanissetta. Le note stonate riguardano in particolare una bassa percentuale di depurazione delle acque reflue così come diraccolta differenziata e una ridotta superficie pedonalizzata. Smog. Più in generale, esaminando nel complesso i dati forniti dal rapporto, la prima emergenza da affrontare riguarda lo smog. Oltre cinquanta città presentano aree critiche per le concentrazioni da biossido di azoto, mentre per le polveri sottili sono 6 le città (Siracusa, Frosinone, Caserta, Torino, Pavia e Napoli) dove il valore medio annuo è superiore al valore limite per la protezione della salute umana (40 microgrammi/mc). Dispersione idrica. Pochi i passi avanti nel settore della dispersione idrica, visto che 12 comuni hanno continuato ad avere perdite idriche superiori al 50% (Siracusa, L'Aquila, Potenza, Catania, Grosseto, Avellino, Pescara, Trieste, Latina, Campobasso, Gorizia e Cosenza). In generale in 50 città più del 30% dell'acqua immessa nella rete viene perduta. Depurazione. Problemi anche per la depurazione, visto che in 6 comuni solo la metà della popolazione è servita dal depuratore. Male ad Imperia, che è ancora sprovvista di impianto, a Benevento e a Catania seguite da Treviso, Palermo e Nuoro. Rifiuti. Altro tema che scotta, quello della produzione dei rifiuti. Solo 14 città hanno raggiunto gli obiettivi di legge fissati al 55%. Densità automobilistica . Da nord a sud, le cose non cambiano molto. Non regge il paragone con le altre capitali europee, come Londra, Berlino e Parigi, nei quali i valori di auto per abitante sono molto bassi (32 auto/100 abitanti circa), contro il tasso medio di motorizzazione dei capoluoghi italiani, pari a 63,7 auto ogni 100 abitanti. Non molto ottimistico il commento del presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza: "Al di là della posizione in classifica se si va a guardare il punteggio di ogni città, salta agli occhi che non ci sono


sostanziali variazioni rispetto al 2009, e se ci sono, nella maggioranza dei casi, sono in negativo. E questo vale per Varese come per Reggio Calabria. Le città sono praticamente ferme e questo perché le amministrazioni locali hanno paura di cambiare passo e di imboccare con determinazione la strada del cambiamento ma soprattutto perché manca la politica, a livello nazionale".

REFERENDUM 12-13 GIUGNO 2011

Il 12 e 13 giugno 2011 saremo chiamati a esprimerci su 4 quesiti referendari. E' indispensabile ricordare che, per legge, affinché i referendum abrogativi abbiano effetto, occorre che la percentuale dei votanti raggiunga il 50% più uno degli aventi diritto al voto (il cosiddetto quorum ). Inoltre essendo abrogativi, se volete ad esempio dire no al nucleare, OCCORRE VOTARE SI, si dice SI all'abolizione del decreto-legge.

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Il primo quesito riguarda il "legittimo impedimento", cioè l'istituto giuridico che permette all'imputato in un processo di giustificare, in alcuni casi, la propria assenza in aula, ed è quello che ha le conseguenze politiche più rilevanti. Il secondo quesito, particolarmente lungo e articolato, punta ad abrogare la norma per la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione nucleare. E' il cosiddetto 'referendum sul nucleare', tema oggi giorno particolarmente scottante, dopo quanto accaduto a seguito del terremoto in Giappone. Gli ultimi due quesiti si occupano della privatizzazione dell'acqua: uno in particolare riguarda le modalità di affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, l'altro la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito.

BUON VOTO!


Un amaro cioccolato

Più spesso di quanto immaginiamo il cioccolato è connesso allo sfruttamento e al lavoro minorile: parola di Miki Mistrati, un giornalista danese che si occupa di responsabilità sociale d'impresa. Per sapere se per realizzare una barretta di cioccolato è stato utilizzato lavoro schiavo minorile basta verificarne la provenienza. E preoccuparsi, se non è specificato nulla (come nel caso di Nutella), perché potrebbe venire dalla Costa d'Avorio o dal Ghana, stati in cui v'è un'alta concentrazione di bambini che lavorano nelle farm di cacao. Secondo Mistrati, il problema dello sfruttamento del lavoro minorile legato alla produzione del cioccolato è di dimensioni enormi e non coinvolge solo la Nestlè, che fu denunciata per lavoro minorile in Africa, bensì numerose multinazionali presenti nel mercato quali ADM, Cargill, Ferrero, Kraft Foods e Mars, che non sembrano volerlo affrontare in modo definitivo. Alcune di queste stanno tentando la via del "commercio equo", un atto simbolico utile per i media, ma rispetto al problema, a nulla o a molto poco sono valsi gli accordi, i protocolli internazionali, le esortazioni dell'ILO. Opinione diffusa è che la parola chiave per combattere il dramma dello sfruttamento minorile nella produzione di cioccolato sia l'informazione. Le multinazionali non hanno paura delle Nazioni Unite o degli accordi internazionali, infatti, ma solo dei consumatori. Per questo si moltiplicano gli appelli responsabili alle comunità d'internet affinché si diffonda tale denuncia e si ottengano risultati concreti. Solo così il cioccolato che affolla i nostri supermercati sarà davvero dolce. Per tutti.

Un ponte tra civiltà diverse: Pane Nostro

La storia del pane è una ricca storia di arte e poesia. Un viaggio straordinario attraverso i luoghi, la storia, la religione, l'arte il tutto con un univoco filo conduttore: il Pane Nostro. "Anche se il Mediterraneo non è la vera culla del pane, come spiega Matvejevic, il pane collega le diverse sponde del mare nostrum, raggiungendo un alto livello di significazione rispetto a quello del semplice alimento". Insomma, un ponte tra civiltà diverse. Il pane abbraccia l'intera storia dell'umanità: dal giorno in cui i nostri antenati si stupirono per la simmetria dei chicchi sulla spiga, fino a oggi, quando miliardi di esseri umani ancora soffrono la fame e sognano il pane, mentre altri lo consumano e lo sprecano nell'abbondanza. Sulle rive del Mediterraneo, dalla Mesopotamia alle tavole del mondo intero, il pane è stato il sigillo della cultura. Si è ritrovato al centro di dispute sanguinose e interminabili: le guerre per procacciarsi il cibo.


Quello del pane è un racconto antropologico, sociologico e teologico e come spiega Matvejevic "basta pensare alla lotta dei popoli per il pane, al pane come eucarestia e corpo di Cristo, che diventa ostia per i cattolici e assolve a funzioni rituali nelle altre religioni. Man mano che si scopre la metafora, il piano poetico - la scrittura - fa da collante e unisce tutti gli aspetti, portandoli a un livello più profondo: il significato del pane come fatto culturale". Il pane nostro è il rito dell'accoglienza che rischia di creare un vuoto dato che è diventato secondario. Secondo Matvejevic , "nel passato tutto ciò di cui ci cibavamo era definito companatico, un termine che già nell'etimologia indicava la subordinazione di tutto al pane. Oggi, ma da almeno cinquant'anni è così, il pane è diventato secondario, un contorno. E se tra vent'anni saremo otto miliardi sulla Terra, di cui due senza pane, il pane nostro diventa una grande metafora della civiltà".

Una crociera insolita...

Si tratta di un nuovo modo di fare vacanza adatto a chi ama il mare e l'avventura, viaggiando sui mercantili che trasportano container di merci di ogni tipo. Il passeggero, in un certo senso ospite pagante, deve adeguarsi alle esigenze legate al trasporto delle merci quindi dovrà viaggiare alle stesse condizioni dell'equipaggio e del personale di bordo che sono spesso molto spartane. Il vero lusso dei cargo è la loro tranquilla lentezza. Le rotte che si possono seguire sono le più diverse, dagli Stati Uniti all'America Latina all'Asia, oppure attraverso i paesi del Mediterraneo, fino a grandi distanze come nel caso dell'Australia. Ciò significa che il viaggio in cargo può durare dai pochi giorni a più settimane e non dipende solo dalle miglia marine da coprire, ma anche dalle operazioni di carico e scarico merci nei porti. I collegamenti sono a frequenza regolare, molti settimanali, con partenza a giorno fisso e c'è anche la possibilità di imbarcare il proprio veicolo (macchina, caravan, camper, motocicletta ecc.). Su una nave cargo il viaggio comincia appena saliti a bordo e tutto ciò che occorre è spirito di adattamento, tempo e un passaporto.

Non rimane che decidere la rotta!

Acqua: obiettivo raggiunto!


Secondo il dossier Progress on Drinking Water and Sanitation 2012 di UNICEF e OMS, alla fine del 2010 l'89% della popolazione mondiale, ossia oltre 6 miliardi di persone ha avuto accesso a fonti migliorate d'acqua potabile, l'1% in più rispetto alla soglia dell'88% prevista nel 2000 dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Continuando di questo passo, entro il 2015 si raggiungerà il 92%. Si tratta di un ottimo risultato dovuto soprattutto ai progressi raggiunti nelle paesi dell'Africa subsahariana, dove attualmente ad avere accesso all'acqua potabile è il 61% della popolazione. Il paese che ha registrato i risultati migliori è stato il Malawi, salito all'83% con un incremento del 48,4% rispetto ai dati registrati nel 1995. Segue il Burkina Faso che ha raggiunto una percentuale del 79% con un incremento della disponibilità di acqua potabile del 45,5%. Bene anche il Ghana in cui dal 1995 l'accesso all'acqua potabile è cresciuto del 42,2% servendo l'86% della popolazione. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon in una nota diffusa dall'Unicef ha dichiarato: "Abbiamo raggiunto un grande traguardo per tutte le persone del mondo. Questo è il primo Obiettivo di Sviluppo del Millennio conseguito. Gli sforzi per ampliare le possibilità di accesso all'acqua potabile rappresentano un segnale concreto per coloro che hanno pensato che questi Obiettivi non fossero un sogno, ma uno strumento vitale per migliorare la vita di milioni di persone tra le più povere al mondo." "Abbiamo raggiunto un traguardo importante, ma non possiamo fermarci qui" ha concluso il Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon. "Il nostro prossimo passo è il più difficile, raggiungere le persone più povere e svantaggiate del mondo. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari come un diritto umano. Ciò significa che dobbiamo assicurare che ogni persona al mondo ne abbia accesso." "Questa è una buona notizia specialmente per i bambini", dichiara il Direttore dell'UNICEF Anthony Lake. "Ogni giorno più di 3.000 bambini muoiono per malattie legate alla diarrea. Il raggiungimento di questo obiettivo segnerà una lunga via per salvare molti bambini. I numeri sono ancora provvisori ma il risultato annunciato oggi dimostra che gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio possono essere raggiunti con volontà, sforzi e risorse".

“Balcani. Una storia di violenza?”

Stefano Petrungaro, nel libro "Balcani. Una storia di violenza?", svela e rivisita i Balcani che non sono un’isola della storia. Nemmeno la violenza che li ha attraversati è un moto fuori dal tempo. Occorre allora individuarne le caratteristiche, le dinamiche, le cause di lungo e breve termine. Il volume offre dieci approfondimenti tematici scelti come segnavia di una "guida ragionata" attraverso i fenomeni violenti


avvenuti nei Balcani dell’Otto e Novecento. Per decostruire convinzioni preconcette e fuorvianti, per avanzare suggerimenti sul modo migliore di interpretare quei fatti. Per legarli saldamente alle dinamiche socio-storiche che li strutturano, al loro entroterra, contestualizzandoli così rispetto alla regione che li ha ospitati. E restituendo ai Balcani lo status di penisola. Come osserva l’autore, se si pensa che la violenza balcanica sia particolarmente cruenta, è in parte per via di pregiudizi…, in parte perché ciò permette di allontanare dal presunto cuore di una presunta Europa civile ciò che invece le appartiene: la moderna violenza istituzionalizzata, che in varie forme e gradi ha attraversato l’intero secolo…”. Secondo Petrungaro, ci sono delle specificità della violenza nei Balcani in questi ultimi due secoli. Sia i loro risorgimenti ottocenteschi che le guerre novecentesche hanno avuto ritmi ed intensità rilevanti con il coinvolgimento frequente di civili e l’uso spregiudicato delle espulsioni coatte e degli stupri etnici. Ed è un Novecento che in certe aree – Bosnia, Kosovo, Macedonia – sembra ancor oggi trascinarsi senza aver disinnescato le sue potenzialità di violenza. Scrive Petrungaro: “Per quanto riguarda specificamente i Balcani, il livello della violenza è sensibilmente aumentato a partire dalle guerre balcaniche del 1912-13. Una certa, moderna crudeltà ha iniziato a caratterizzare i conflitti di quella penisola, rimanendo una costante nei decenni successivi. Pertanto, sì, i balcanici sono crudeli. Più o meno, però, come tutti gli altri”.

Balcani Bio. Attori, politiche e istituzioni: una prospettiva regionale

Il tema principale del libro riguarda la politica agricola comunitaria dei Balcani e l'integrazione europea. Se da una parte la produzioni biologica sta conquistando uno spazio sempre più ampio nell'ambito delle produzioni agricole tout court, da l'altra parte il processo di avvicinamento dei Balcani all'Europa, con il prossimo ingresso della Croazia previsto per il 1° giugno 2013, e a seguire della Serbia, è un processo che comporta la necessità per questi paesi di armonizzare la loro legislazione con quella in vigore nella Ue. Come sostiene Natalija Bogdanov, Docente di Economia Agraria all'Università di Belgrado, i Balcani occidentali e i cambiamenti economici e sociali che hanno caratterizzato gli anni Novanta hanno provocato importanti trasformazioni nella struttura produttiva e nella distribuzione della popolazione sul territorio. "Le aree rurali hanno affrontato migrazioni, abbandono delle aziende agricole e incapacità di sfruttare e valorizzare le risorse presenti, mentre i centri urbani sono stati segnati da una rapida concentrazione della popolazione e delle attività produttive. Queste dinamiche hanno avuto effetti negativi sul territorio rurale in termini tanto economico-sociali che ambientali. Il motore dell'economia rurale, nonché la principale fonte di occupazione, è ancora un'agricoltura di tipo estensivo, basata soprattutto sul basso costo della manodopera. Secondo Bogdanov, settore primario e politiche agricole e alimentari possono contribuire a offrire risposte ad alcune delle problematiche legate alle sfide dell'alimentazione, dell'ambiente, dei cambiamenti climatici e dell'energia". La stessa crisi economica mondiale, secondo Dacian Cioloş, commissario UE per l'Agricoltura e Sviluppo Rurale, "induce al ripensamento ai modelli di produzione dei beni e dei consumi, all'uso della terra e della produzione agroalimentare". Negli ultimi anni l'agricoltura biologica è riuscita a conquistare la fiducia dei cittadini europei e senza dubbio il biologico ha un ruolo chiave da giocare nel futuro agricolo dell'UE e può quindi dare un contributo significativo allo sviluppo agricolo dei Balcani occidentali. Come sostiene Cioloş, questo si può ottenere attraverso l'allineamento alla legislazione UE e il sostegno economico offerto dallo Strumento di Assistenza Preadesione.


Secondo l'autore del libro, Matteo Vittuari, nei Balcani, con l'eccezione della Croazia, il biologico è ancora un settore lontano dalla maturità, con la produzione rivolta prevalentemente all'esportazione e il potere di acquisto dei consumatori limitato. Nonostante il mercato interno è ancora poco integrato e non sempre organizzato in modo efficiente il dinamismo del settore sta mostrando che il settore ha una prospettiva di sviluppo, non soltanto per le favorevoli condizioni climatiche, ma anche per l'interesse espresso da molti degli stakeholder che lavorano lungo la filiera agroalimentare.

Cous Cous: l’integrazione del Mediterraneo

Il cous cous Fest è il Festival internazionale dell’integrazione culturale che coinvolge tutti i paesi dell’area euro-mediterranea e non solo. In effetti, la prossima edizione della manifestazione è a San Vito Lo Capo che si terrà dal 25 al 30 settembre 2012. Il principale protagonista sarà il cous cous. Per eccellenza un piatto ricco di storia ed un intreccio di diverse culture e identità. Attraverso la gara gastronomica internazionale, alla quale partecipano chef provenienti da tutto il mondo si darà vita alle ricette più fantasiose provenienti da tutti i paesi partecipanti al Festival. La manifestazione, un’occasione di festa e sfide gastronomiche tra grandi chef, è anche il momento di approfondimento e spettacoli che vedranno alternarsi sul palco del Cous Cous Fest numerosi artisti di fama internazionale. Saranno nove i paesi protagonisti della manifestazione di quest’anno che si sfideranno a suon di delizie proponendo i loro cous cous a una giuria composta da giornalisti, esperti e una giuria popolare. In gara si sfideranno Costa d'Avorio, Egitto, Francia, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Senegal e Tunisia. Dall’unione nascerà una nuova musica con i suoi ritmi che coinvolgerà tutto il Mediterraneo. Ogni sera un artista diverso porterà i partecipanti in un viaggio animato e colorato dipingendo il Mediterraneo con i colori più belli e fantasiosi.

Ferrovie Dimenticate

Ha riscosso un grande successo la V Giornata nazionale delle Ferrovie Dimenticate, organizzata da Co.Mo.Do., una confederazione di Associazioni che si occupano di mobilità alternativa, tempo libero e attività outdoor. Oltre a questa giornata celebrativa, durante la quale numerose sono state le iniziative e gli eventi proposti, Co.Mo.Do. è un tavolo allargato di discussione e proposta sui temi della mobilità dolce, dell'uso del tempo libero, del turismo e dell'attività all'aria aperta con mezzi e forme ecocompatibili. Obiettivi di Co.Mo.Do. sono la promozione di una rete nazionale di mobilità dolce che abbia come requisiti fondamentali: il recupero delle infrastrutture territoriali dismesse (ferrovie, strade arginali, percorsi storici ecc.); la compatibilità e l'integrazione fra diversi utenti; la separazione dalla rete


stradale ordinaria della mobilità dolce sulle strade promiscue con i mezzi motorizzati a bassa intensità di traffico; l'integrazione con il sistema dei trasporti pubblici locali e con la rete dell'ospitalità diffusa. Nelle Marche curiosità e interesse ha destato la camminata "a piedi da Fermo a Porto S. Giorgio lungo il tracciato dell'ex Ferrovia Adriatico - Appennino (F.A.A.)", pensata con l'obiettivo di sensibilizzare sull'opportunità, la necessità e l'urgenza di intervenire per salvare e recuperare il patrimonio storico, architettonico e paesaggistico della linea che ha collegato, tra il 1908 e il 1956, la montagna e la collina alla costa. E' l'ennesimo appello che lancia l'Associazione per ribadire l'importanza dello storico collegamento, utilizzabile come pista ciclopedonale per la mobilità dolce, con prospettiva di riattivare i 57 km della Porto S. Giorgio - Fermo - Amandola come ferrovia turistica, dall'Adriatico ai Monti Azzurri.

Filippine: il riso e gli Sms

Lo aveva comunicato l'International Rice Research Institute, che stava lavorando con il Dipartimento Agricoltura delle Filippine per "istituire un sistema che avrebbe fornito agli agricoltori di riso una consulenza specialistica tramite sms". Il ricercatore dell'Istituto, Roland Buresh aveva detto che una volta che il sistema sarà impostato, gli agricoltori riceveranno raccomandazioni sugli importi, le fonti e tempi di applicazione di fertilizzante per garantire la miglior "produzione redditizia di riso". Per Buresh, i coltivatori dovranno rispondere a una serie di semplici domande sui loro campi di riso, prima di ricevere i suggerimenti dal sistema, che l'istituto pensa di approntare entro l'anno. In effetti, così è stato. "Le tecnologie dell'informazione e l'uso di telefoni cellulari offrono la possibilità di portare agricoltura di precisione per i piccoli agricoltori", secondo Buresh. La tecnologia permette agli agricoltori di trovare fornitori di fertilizzanti e di opzioni di finanziamento attraverso i telefoni cellulari. Gli agricoltori hanno bisogno di consulenze su misura, perché "per la gestione delle colture non c'è una soluzione sola che vada bene per tutti i problemi". "La gestione delle colture deve essere adattata alle esigenze specifiche della località al fine di produrre più cibo con maggiore redditività e ridurre i rischi per l'ambiente". Tutto questo è possibile grazie agli Sms. Le richieste vanno inviate allo 09209111398, il numero del "Farmers Text Center", un centro informativo a distanza gestito dall'istituto governativo di ricerca sul riso PhilRice. Dal lunedì al venerdì i massaggiatori dell'istituto rispondono alle domande degli agricoltori di tutto il paese.

Il riscaldamento globale


Il surriscaldamento globale all'origine del gran caldo delle ultime estati è una conseguenza delle attività dell'uomo. Lo ha affermato lo scienziato americano James Hansen, direttore dell'Istituto Goddard per gli studi della Nasa. In un articolo pubblicato dal Washington Post, Hansen, secondo il quale la situazione e' più grave di quella ipotizzata 20 anni fa, ha spiegato che le previsioni del rapporto presentato negli Usa nel 1988 sono già state superate. Per Hansen sono quindi dovuti ai cambiamenti climatici causati dall'uomo fenomeni come la grande ondata di caldo del 2003 in Europa, l'estate torrida in Russia nel 2010 e le siccità che hanno colpito negli ultimi anni il Texas e l'Oklahoma. "L'aumento della temperatura mondiale è ora dimostrata, ma non so dire quanto velocemente l'incremento medio potrebbe portare a conseguenze estreme", ha detto lo scienziato.

Forti ondate di calore, insomma, che sono aumentate nella loro frequenza così come nella superficie del pianeta su cui si abbattono. Ma non è finita qui, commentano i ricercatori: il legame con il riscaldamento climatico già avvenuto è palese e "queste anomalie estreme non sarebbero avvenute se il pianeta non si stesse riscaldando", concludono senza mezzi termini gli scienziati americani. Il riscaldamento globale causato dall'uomo è ancora la causa di tutto e quello che rischia di fare diventare normalità ciò che i dati climatici storici segnavano come rarità. Quindi, bisogna prepararci alle nuove estati caldi e all'aumento di eventi di siccità, ma anche di rovesci torrenziali e di inondazioni. E poi le epidemie, il diffondersi di parassiti, gli effetti sulla biodiversità e sulla salute umana. C'è modo di evitare tutto questo? Difficile rispondere, secondo gli esperti della Nasa. Per il momento l'unica opzione rimane una drastica riduzione delle emissioni di CO2 e una rapida transizione a sistemi energetici più puliti. Tutto ciò ad un costo elevato per la nostra società, ma sempre meno di quanto riserva un futuro costellato di eventi meteorologici estremi.

Il ristorante a rifiuti zero

Nei suoi 4 punti vendita di Chicago punta tutto su riciclo, imballaggi biodegradabili e, soprattutto, compostaggio. Per unire il mangiar sano con la sostenibilità. "Il cibo può contribuire criticamente al modo in cui vivete la vita, se ti tratti bene, ti senti più libero e più puro", spiega Pfahler, che serve solo piatti 100% biologici e salutari. Per questo ha voluto fare di più per alleggerire l'impatto sull'ambiente della sua attività e nel 2005 è stato tra i primi a passare agli imballaggi unicamente 100% biodegradabili, eliminando un'enorme parte dei rifiuti. Eppure solo questo non bastava: anche con scelte più attente sugli imballaggi, i ristoranti Hannah Bretzel producevano ancora troppi rifiuti. Pfahler allora ha introdotto una serie di programmi di riciclaggio fai-


da-te in ciascuno dei punti vendita, ma i bidoni non erano del tutto vuoti nemmeno in questo modo. Si poteva fare di più. Come? Arrivando dove davvero pochi ristoranti sono giunti finora. Scegliendo di iniziare a effettuare il compostaggio. "Il compostaggio è stato una grande sfida. Il problema non è tanto fare il compost, ma è dove mettere il compost. Perché se non c'è un impianto di compostaggio nelle vicinanze, bisogna trasportare i rifiuti compostabili molto lontano". Come è capitato ad Hannah Bretzel, da dove ogni volta si devono percorrere 45 minuti all'andata e 45 al ritorno per consegnare gli scarti alimentari all'impianto più vicino. E con poche opzioni di compostaggio nella zona Pfahler ha visto un aumento grandissimo dei costi di rimozione dei rifiuti da quando ha iniziato il programma, anche se è rimasto piacevolmente sorpreso di vedere i cestini dei rifiuti del ristorante finalmente vuoti. Pfahler fa sapere che intende attuare il compostaggio anche in un secondo punto vendita entro l'anno prossimo. "Voglio dimostrare che esiste un modo per essere moderni e progressisti senza perdere le nostre tradizioni e il rispetto per l'ambiente, che essere sani non vuol dire perdere il gusto, il divertimento o il piacere", conclude il ristoratore, restando certamente sulla buona strada per ottenere l'obiettivo rifiuti zero. Un risultato che, si spera, possa ispirare altri imprenditori verso una drastica riduzione dei propri rifiuti.

Il Treno Verde torna a viaggiare

Per monitorare, informarli e, sensibilizzare e promuovere le buone pratiche di tantissime città verso la sostenibilità ambientale e la qualità della vita, torna anche quest'anno il giro d'Italia del Treno Verde 2012 di Legambiente e Ferrovie dello Stato, la grande campagna di rilevamento dell'inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane. Partito da Roma lo scorso 6 marzo, il convoglio si dirigerà a Potenza e Napoli, per poi ritornare a fare tappa nella capitale e proseguire ancora verso Grosseto, Genova, Milano e Venezia, concludendo il suo itinerario il 7 aprile, nella città di Ancona. Giunto alla ventitreesima edizione, il Treno Verde è realizzato con la partecipazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Grazie al contributo di Enel Green Power - main partner della campagna - porterà in giro per lo Stivale le ultime tecnologie nel campo della produzione delle energie rinnovabili, settore in cui la società è leader mondiale. "Come Enel Green Power crediamo fortemente nel valore e nelle potenzialità dell'efficienza, del risparmio energetico e della produzione da fonti rinnovabili. Iniziative come questa del 'Treno Verde' promossa da Legambiente contribuiscono a formare una coscienza diffusa della sostenibilità ambientale", ha dichiarato Francesco Starace, suo Amministratore Delegato. In base agli ultimi dati raccolti, la qualità dell'aria in Italia non accenna a migliorare. Ossidi di azoto, ozono troposferico, ma soprattutto PM10 continuano a soffocare le nostre città rendendo l'aria irrespirabile e mettendo la salute dei cittadini a serio rischio. A soli due mesi dall'inizio del 2012, infatti, sono 27 i capoluoghi della nostra Penisola che hanno già esaurito i 35 superamenti annuali del limite medio giornaliero di emissioni per la protezione della salute umana. A guidare l'infausta classifica troviamo Parma, Cremona e Vicenza, mentre nel Centro-Sud rientrano nell'elenco delle città più inquinate Frosinone e Benevento. Il treno, quindi, porterà a termine un completo monitoraggio scientifico, per ognuna delle otto città in cui farà tappa, grazie al Laboratorio mobile dell'Istituto Sperimentale di Rete Ferroviaria Italiana, la società dell'infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato. Inoltre, per rendere l'analisi ancora più dettagliata, l'equipaggio del convoglio, con l'ausilio di attrezzature scientifiche fornite da Con.tec, effettuerà ulteriori monitoraggi sulla concentrazione delle polveri sottili anche in altre zone delle città visitate.


Intervenire sulle principali fonti di emissione, prima fra tutte il traffico veicolare, raggiungere un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni, promuovere le energie pulite, l'efficienza e il risparmio energetico, contrastare il consumo di suolo e ridurre i consumi: è questo il modello per la città del futuro che viaggia a bordo del Treno Verde 2012. Come ha spiegato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, "Con l'edizione 2012, il Treno Verde partecipa all'anno internazionale dell'energia sostenibile per tutti promosso dall'ONU e la sua adesione rientra nelle iniziative di Legambiente verso Rio + 20, un appuntamento significativo per raggiungere obiettivi di sostenibilità globale. Tutto questo non è un'utopia - continua - ma è già un alternativa concreta e realizzabile. Come dice il motto del Treno Verde 2012 il futuro è già qui, resta solo da lasciare spazio all'innovazione, per capire il futuro e cambiare il presente".

In memoria del Vecchio Ponte di Mostar

Si è celebrato il 19° anniversario della distruzione barbarica del Vecchio Ponte, uno tra i più bei monumenti del periodo ottomano in Europa. Costruito nel 1566 dall'artista turco Hajrudin il "Vecchio Ponte" rappresentava il punto di congiunzione tra diverse culture e religioni, un luogo d'incontro e di pacifica convivenza. Tutto fino agli anni '90 del XX secolo quando la città è stata duramente colpita dai bombardamenti diventando uno dei luoghi più martoriati dell'intero paese. Il 9 novembre 1993 i miliziani croati dell'HVO del Presidente Tudjman s'accanirono con più colpi di mortaio fino alla distruzione del Vecchio Ponte. Con la distruzione del Ponte, per i 55.000 abitanti a larghissima maggioranza musulmana precipitò nella Neretva l'unica via di accesso all'acqua potabile, situata nella parte croata della città e fino a quel momento conquistata al prezzo di esporsi al tiro dei cecchini. Il comandante dell'Hvo, Slobodan Praljak, sta attualmente subendo un processo davanti al Tribunale internazionale per i crimini di guerra all'Aia che comprende anche un capo di imputazione per la distruzione del ponte.

Quel ponte era pietra narrante e simbolo di una comunità e come tale è stato ferocemente abbattuto. La sua ricostruzione è stata essenziale per rigenerare una città che del ponte -"most" ha il nome e la sua ragion d'essere. La distruzione fu un gravissimo colpo per il morale non solo dei bosniaci ma di tutti quanti stavano vivendo l'esasperazione di una guerra che sarebbe riduttivo definire solo "civile", ma che delle guerre civili aveva acquistato i tratti più truci. Tutti piansero per quelle pietre che diventarono il simbolo della sopravvivenza e della speranza. Grazie ad un costante lavoro dei cittadini e della Comunità Europea, Mostar ha avuto il suo nuovo-vecchio ponte. Ricostruito nel 2004, il " nuovo Vecchio Ponte" è patrimonio dell'UNESCO mentre il suo fascino è ritornato alla ribalta conquistando il cuore dei turisti provenienti da ogni parte del mondo. "Fra le diverse religioni le distanze sono talvolta così grandi che solo l'odio ogni tanto riesce a superarle". Ivo Andrić, Racconti di Sarajevo, 1946

La Giornata Mondiale dei Diritti Umani 2012


La Giornata Mondiale dei Diritti Umani è una celebrazione sovranazionale che si celebra in tutto il mondo il 10 dicembre tutti gli anni. La giornata, uno degli eventi più importanti per il quartier generale delle Nazioni Unite, si celebra con conferenze di alto profilo politico ed eventi in materia dei diritti umani. Inoltre, in questa giornata vengono tradizionalmente attribuiti i due più importanti riconoscimenti in materia, ovvero il quinquennale Premio delle Nazioni Unite per i diritti Umani ed il Premio Nobel per la pace che quest’anno è stato assegnato all’Unione Europea. Il tema della Giornata internazionale 2012 riguarda i diritti delle persone delle donne, dei giovani, delle minoranze, dei disabili, dei povere e dei marginalizzati. In occasione delle celebrazioni il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon ha rilasciato il seguente messaggio. “Ognuno ha il diritto di essere ascoltato e contribuire a determinare l’assetto della comunità in cui vive. Si tratta di un diritto sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e pienamente integrato nel diritto internazionale, in particolare nell’articolo 25 del Patto internazionale sui diritti civili e politici. E’ innegabile che durante lo scorso secolo siano stati fatti progressi lungo il cammino dell’inclusione. Tuttavia troppi gruppi e individui sono ancora alle prese con troppi ostacoli. Le donne godono del diritto di voto pressoché ovunque, ma la loro rappresentanza resta del tutto minoritaria nei parlamenti nazionali e all’interno dei processi di pace, nelle posizioni governative di alto livello, nei consigli di amministrazione del mondo industriale, e in altre posizioni che contano nei processi decisionali. Le popolazioni indigene sono spesso confrontate da una discriminazione che nega loro l’opportunità di utilizzare appieno i loro diritti garantiti o manca di tener conto delle loro specifiche circostanze di vita. Alle minoranze religiose ed etniche, così come alle persone disabili o a quelle con opinioni politiche o orientamenti sessuali differenti è spesso precluso l’accesso a istituzioni e processi chiave in una società. Le istituzioni, il dibattito pubblico, devono poter rappresentare le società in tutta la loro diversità. Più in generale, in diverse parti del mondo, con allarme abbiamo visto minacciate acquisizioni ottenute a caro prezzo nei processi di governo. Vi sono Paesi in cui gruppi della società civile sono ostacolati da pressioni e restrizioni crescenti. In altri casi, normativa specifica è stata introdotta a danno di organizzazioni della società civile, che rende il loro operato quasi impossibile. Fautori e sostenitori della democrazia hanno dovuto affrontare nuove misure restrittive. Tale arretramento dovrebbe allarmarci tutti. Perfino in società che hanno buone credenziali sui diritti umani, esistono spazi di miglioramento. Non c’è alcuno Stato che sia riuscito a garantire ai propri cittadini piena partecipazione agli affari pubblici, compresi i diritti di elettorato attivo ad uffici pubblici e quello di uguale accesso ai servizi pubblici. L’applicazione di nuovi diritti o la rimozione di leggi ingiuste non sempre è sufficiente. Troppo spesso, infatti, la discriminazione continua nella pratica, creando barriere e resistenze mentali che può rivelarsi arduo superare. L’esistenza di gruppi attivi della società civile è uno degli elementi cruciali ai fini del benessere e del funzionamento di qualunque nazione, e le Nazioni Unite deplorano le misure che vengono adottate per reprimerli. Questo è il motivo per cui, in occasione di questa Giornata, l’ONU mette in risalto il diritto di partecipazione e i diritti associati che lo rendono possibile – libertà di espressione e opinione, di associazione e di riunione pacifica. Il diritto internazionale è chiaro. Chiunque tu sia, ovunque tu viva, la tua voce conta. In questa Giornata uniamoci dunque per difendere e far ascoltare i tuoi diritti”.

La Giornata Mondiale dell’Alimentazione


“Le cooperative agricole nutrono il mondo” è il tema scelto perla Giornata Mondialedell’Alimentazione. Oggi, il 16 ottobre 2012 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) mette in rilievo il ruolo delle cooperative in tema di sicurezza alimentare e la lotta alla fame nel mondo. L’interesse nelle cooperative e nelle organizzazione rurali viene inoltre evidenziato nella decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di designare il 2012 come “Anno Internazionale delle Cooperative”. In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2012 la Coldiretti ha diffuso alcuni dati che evidenziano la mancanza del cibo. In Italia il 5% delle persone non ha abbastanza cibo e si rivolge alle associazioni no-profit per chiedere un pacco alimentare mentre sono 3,3 milioni gli italiani poveri che hanno avuto bisogno di un sostegno alimentare. In realtà, l’allarme si estende a tutti i Paesi ricchi dove, nel triennio 2010-2012, è aumentato del 7% il numero di chi non ha a disposizione cibo a sufficienza per alimentarsi correttamente. Nonostante la difficile situazione alimentare il 3,2% della produzione agricola italiana è andata sprecata. Sono rimaste in campo oltre 15 milioni di tonnellate di frutta e verdura, mentre nel mondo gli sprechi sono pari a un terzo del cibo prodotto: 1,3 miliardi di tonnellate l'anno, con una quantità pro capite in Europa e Nord-America di 95-115 kg/anno, mentre in Africa sub-sahariana e nel Sud/Sud-Est asiatico è di soli 6-11 kg/anno. ''Se le nazioni si impegneranno ad aumentare i loro sforzi per ridurre la fame nel mondo, può ancora essere raggiunto l'obiettivo di sviluppo del millennio di dimezzare la proporzione di persone affamate entro il 2015'' ha detto il direttore generale della Fao, Josè Graziano da Silva. Uno dei compiti fondamentali è quello di educare e sensibilizzare le nuove generazioni in tema della fame nel mondo e della sana e corretta alimentazione. Conoscere e promuovere i prodotti del territorio aiuterà sia i singoli che la salvaguardia del territorio e dell’agricoltura.

La lingua di Ana. Chi sei quando perdi radici e parole?

La protagonista di questo libro è un'adolescente moldava Ana, che raggiunge la madre lavoratrice da tempo in Italia. Il mondo di Ana ruota attorno al misterioso mondo della lingua: Ana non sa esprimersi totalmente né in italiano né in moldavo. E’ capitato a molti emigrati non saper parlare e dover imparare una nuova lingua. Il disagio creato si trasforma nel vuoto e nella difficoltà di esistere. Il libro di Elvira racconta il passaggio da una lingua all’altra che non è un semplice cambio di simboli e significati, ma è una ricerca emozionale tra le


ibridazioni dell’Io. I suoi ricordi risvegliano quelli di molti emigrati: “Emigrando perdi quasi tutto. Fai un paio di valige nelle quali bisogna mettere tutta una vita. Le poche cose che puoi portare senza che nessuna dogana te le requisisca sono le tue parole, la tua lingua madre e proprio quelle parole continueranno a restituirti, almeno in parte, il tuo Paese, le affettività e le emozioni che hai lasciato andando via. Spesso, però, il Paese in cui arrivi e la nuova lingua si impongono, rendendo difficile una coesistenza. E allora può accadere di iniziare anche a perdere la propria lingua madre che non è semplicemente un insieme di simboli e significati che servono a farsi intendere dagli altri, ma è molto di più. Con la perdita delle parole si perdono pezzi della propria vita e della propria identità che è radicata in quella particolare lingua. Perdi gli odori, i colori, la musica e allora la questione è: Che cosa sei senza tutto questo?". “Forse non parlare e non capire una lingua è un po’ come perdere uno dei cinque sensi. O forse, più probabilmente, è come perdere un pochino di ogni senso. Come se la realtà fosse percepita solo a metà e il resto andasse perso nella confusione. Inoltre, il mio non voler parlare era anche il mio non voler vivere qui, non volermi interessare di nulla e lasciare che il mondo se ne andasse per i fatti suoi, senza che io ne dovessi fare parte…”. “Crescere sradicati, in un altro Paese, alieno, in una lingua sconosciuta, più che problemi umani provoca problemi sovrumani, extraterrestri. Il dramma della lingua, delle parole nascita e rinascita è antico quanto l’essere umano. Domare la lingua è come cavalcare un cavallo selvaggio. È difficile per tutti, ma ancor più per le donne, per le donne straniere, che scrivono nella lingua non materna. Elvira è riuscita a farmi stringere il cuore, come ha fatto Elsa Morante a darmi quell’energia extra: tutt’e due con il virus della parola nomade, che si trasmette da una lingua all’altra. La lingua è contagiosa, attenti, tutti voi che prendete in mano i libri di letteratura! Mordono!”. (Jasmina Te¨anović)

L’autrice ELVIRA MUJČIĆ è nata in Serbia nel 1980; è vissuta a Srebrenica, in Bosnia, fino al 1992, quando ha iniziato il suo girovagare per stabilirsi, infine, a Roma. Laureata in Lingue e letterature straniere, scrittrice e traduttrice letteraria, ha scritto pezzi teatrali, saggi e reportage per diverse riviste italiane. Per i tipi di Baldini, Castoldi & Dalai ha tradotto in italiano Il letto di Frida di Slavenka Drakulić. Con Infinito edizioni ha pubblicato Al di là del caos (2007), E se Fuad avesse avuto la dinamite? (2009) e l’ebook Sarajevo: la storia di un piccolo tradimento (2011).

L'economia dell'Abbastanza

Diane Coyle è una signora sulla cinquantina, capelli corti e accento tipicamente inglese e compostezza da studiosa attenta e impassibile. Un' immagine quasi rigida che non lascia trapelare quel tocco umano con cui riesce a raccontare la crisi di questi ultimi anni e soprattutto a cercare di inquadrarne le possibili soluzioni. La sua è una narrazione semplice e immediata, a partire dal titolo del suo libro. " Economia dell'abbastanza " è l'economia riportata ai suoi concetti originari, dove la misura dell'efficienza viene calcolata sulla capacità di gestire risorse scarse e dare a tutti qualcosa.


Diane Coyle si definisce piuttosto un'economista illuminata e lo evidenzia a partire dal sottotitolo quasi rivoluzionario del libro " Gestire l'economia come se del futuro ci importasse qualcosa ", in altri termini " far sì che le politiche dei governi e le azioni degli individui e delle imprese private siano più utili a tutti nel lungo termine, e assicurarci che le conquiste del presente non siano raggiunte a spese del futuro ." Sostenibilità è la parola chiave. Ma non solo intesa in termini consueti. " Siamo abituati a parlare di uso sostenibile delle risorse ambientali, ma un discorso simile può essere fatto anche per il mondo economico e finanziario che negli ultimi decenni ha mal gestito le sue risorse producendo disuguaglianze e mettendo in discussione la fiducia tra le persone " dice la Coyle. Diane Coyle fa parte di quella schiera sempre più numerosa di economisti disposti a mettere in discussione i parametri che fino a oggi hanno decretato la ricchezza di una Paese e trovarne di nuovi. Il fondamento da cui parte è empirico e presuppone che non c'è effettiva proporzione tra crescita del PIL e felicità . " Dovremmo considerare una gamma più ampia di indicatori. E magari farli scegliere dalle persone stesse". Sono questi i valori su cui Diane Coyle fonda una rinascita della società, gli unici che possono compensare a una riqualificazione dei bisogni e dei desideri che ci è inevitabilmente richiesta dal periodo storico ed economico nel quale viviamo.

L'Università del Saper Fare

Oggi una parte di questo "sapere popolare" l'abbiamo dimenticato, accantonato. Lo consideriamo superfluo, superato, poco tecnologico. L'Università del Saper Fare nasce a Torino nel 2008 nell'ambito del Movimento della Decrescita Felice. "Volevamo rimettere in circolazione tutti quei saperi in via di estinzione" dice Paola Cappellazzo, ideatrice del progetto. L'idea originaria prevedeva che a tenere i corsi fossero anziani, le figure che della comunità ne conservano la memoria storica. Non sempre però era facile trovare le persone giuste per il corso giusto. "Ci siamo affidati allora a chi sapevamo che per formazione poteva avere certe cognizioni ed essere capace di trasmetterle" continua Paola.A Torino oggi si fanno circa 40 corsi l'anno: si impara a fare il pane, i formaggi, gli yogurt, i regali di natale e le creme idratanti, a montare i pannelli solari e a coltivare pomodori e melanzane. Genova, Roma, Reggio Emilia, Como hanno seguito l'esempio e fanno altrettanto. Nella città emiliana ci si specializza in pasticceria naturale; in quella romana si fanno i dentifrici, si cuce e si rammenda sotto la guida di sarte e si impara a fare la maglia; a Genova si insegna a costruire un forno in terra cruda. E molto altro. All'Università del Saper Fare ci si va anche per "vivere il sapere" insieme: ci sono uomini e donne di tutte le età. E insieme attraverso la rivalorizzazione dei bisogni primari si inizia a costruire un nuovo stile di vita.

Marzabotto: primo borgo ecologico d'Europa


Il territorio coinvolto è quello attorno al comune di Marzabotto, ormai compreso nell'hinterland bolognese. Terra di solerti e vivaci emiliani che negli ultimi decenni hanno visto molte delle eccellenze industriali locali fallire sotto i colpi della globalizzazione, della crisi e delle difficoltà economiche. A riprenderne le redini, questa volta è un gruppo di imprenditori emiliano-romagnoli che, guidati dall'azienda Dismeco srl , ha deciso di investire 10 milioni di euro per dare corpo a un sito industriale nel quale le istanze della green economy si uniscono ai principi della responsabilità sociale. "Eravamo alla ricerca di un sito in cui ampliare la nostra azienda ma l'idea era che non fosse sufficiente realizzare una nuova fabbrica" racconta Claudio Tedeschi, presidente di Dismeco srl, "Volevamo cercare di dare un valore aggiunto alla nostra operazione". La Dismeco appartiene a quella categoria di imprese già da tempo presenti sul mercato, ma anonime fino a quando l'eco della crisi ambientale non le ha dato finalmente autorevolezza. Nata nel 1977, è stata la prima azienda italiana a occuparsi della gestione dei rifiuti elettronici . Oggi, progetta, brevetta e applica macchinari altamente tecnologici per lo smaltimento dei RAEE. Vedendo velocemente crescere il proprio business ha deciso di intraprendere un'azione di sviluppo non solo finalizzata alla crescita del proprio profitto, ma anche alla ricaduta sul benessere sociale locale. Le vecchie cartiere della Burgo, storica azienda del settore, sebbene dismesse da anni, sono state restaurate sulla base di uno scrupoloso lavoro di recupero architettonico. Al posto della cellulosa oggi qui si recupera materiale, a partire da lavatrici e piccoli elettrodomestici. Il nuovo processo di selezione che presto sarà introdotto consentirà di ricavare il 98% di risorsa di seconda generazione da questi "ferri vecchi". Il tetto della struttura ospita impianti fotovoltaici di ultima generazione, integrati da apparati sperimentali applicati al mondo del geotermico e del mini-eolico, e da turbine idriche che utilizzano la forza motrice del fiume Reno. Attorno si distende il Parco del Montesole, anch'esso rimesso a disposizione della cittadinanza insieme con Villa Rizzoli, che ospiterà un centro didatticoall'interno del quale poter imparare cosa significa il termine impresa. Parallelamente, è stata attivata una partnership con l'Università di Bologna e quella svedese di Goteborg per l'analisi e lo studio delle materie prime ai fini di un loro sempre più efficace recupero. "La convinzione è che il lavoro debba essere un valore universale. E il ruolo dell'imprenditore è fondamentale nella riaffermazione di questo principio. Dal canto suo, egli deve dare lavoro in maniera etica: ciò significa lasciare che la fabbrica sprigioni creatività, passione e potenzialità di un territorio".

Olio extra vergine d'alta quota


L'iniziativa " Promotion of Olive Production and Consumption in Nepal" coinvolge l'università "La Tuscia" di Viterbo in qualità di partner del progetto e si inserisce all'interno dell'Agriculture perspective plan, una strategia a lungo termine messa a punto dal governo nepalese per rilanciare il settore agricolo, principale fonte di sostentamento della popolazione. Nel settembre 2011, dopo uno stop di circa due anni, il progetto è potuto nuovamente ripartire coordinato dall'Istituto Agronomico d'Oltre Mare (IAO) di Firenze e proseguirà fino al 2014. Oggi nell'azienda sperimentale le nuove piante di olivo crescono rigogliose e la popolazione del villaggio partecipa e assiste incuriosita alla costruzione del nuovo frantoio. La sfida più grande rimane quella della sensibilizzazione degli agricoltori alla nuova coltura introdotta. Agli agricoltori viene spiegato come l'olivo introdotto occuperebbe le zone marginali, non entrando in competizione con i territori destinati all'agricoltura di sussistenza, e oltre a rendere guadagno alle famiglie tramite la produzione di olio di oliva, garantirebbe un miglioramento nella stabilizzazione dei versanti degradati.

Uno dei maggiori problemi connessi allo sviluppo agricolo del paese rimane costantemente quello della divisione delle terre. Il problema della mancanza di terra coltivabile è al giorno d'oggi un dato di fatto, che colpisce le zone marginali e non solo. A rendere difficile la situazione sono i ricchi proprietari terrieri, che svolgendo esclusivamente il ruolo di feudatari non permettono ai piccoli agricoltori di possedere terreni propri. "La buona ristrutturazione del paese dovrà ripartire anche da una seria riforma agricola" commenta il direttore dell'Ufficio dell'Agricoltura di Kolti, Bajura. Proprio in questi mesi il Paese è alle prese con una forte instabilità politica ed istituzionale, che ha spinto il governo provvisorio ad imboccare la strada della riforma politica e territoriale per puntare ad un assetto più equo nei confronti dei vari distretti.

Stragi naziste: Berlino vince il ricorso contro Roma

Nella sentenza la Corte ha ribadito che queste sono in violazione dell'immunità legale internazionale ottenuta dalla Germania per i crimini commessi dal nazismo. Berlino aveva presentato ricorso contro la sentenza della Cassazione del 2008 per il risarcimento delle vittime del massacro nazista avvenuto il 29 giugno 1944 a Civitella, in Toscana. Nel documento della Corte si spiega che il tribunale, ha stabilito al punto primo, con 12 voti a favore e tre contrari che la Repubblica italiana ha mancato ai suoi obblighi di rispetto dell'immunità riconosciuta alla Repubblica federale di Germania dal diritto internazionale consentendo che venissero intentate contro di essa azioni civili basate su violazioni del diritto internazionale umanitario commesse dal Reich tra il 1943 ed il 1945. La Corte ha quindi stabilito al punto secondo con 14 voti a favore ed uno contrario che la Repubblica italiana ha mancato al suo obbligo di rispettare l'immunità riconosciuta alla Repubblica federale di Germania dal diritto internazionale adottando misure esecutive su


Villa Vigoni, di proprietà dello stato tedesco. I giudici al punto terzo hanno deciso che la Repubblica italiana ha mancato al suo obbligo di rispettare l'immunità riconosciuta alla Repubblica federale di Germania dal diritto internazionale dichiarando esecutive sul territorio italiano decisioni giudiziarie greche fondate su violazioni del diritto internazionale umanitario commesse in Grecia dal Reich tedesco. Inoltre per 14 voti a uno, i giudici hanno stabilito che la Repubblica italiana dovrà - promulgando una legislazione appropriata o ricorrendo ad altro metodo di sua scelta - fare in modo che le decisioni dei propri tribunali e quelle di altre autorità giudiziarie che contravvengano all'immunità riconosciuta alla Repubblica federale di Germania dal diritto internazionale vengano considerate prive di effetti. Al punto quinto, all'unanimità la Corte decide di respingere le conclusioni aggiuntive della Repubblica federale di Germania. La sentenza verrà anche definita storica, ma è soprattutto ingiusta.

Metti i colori in comune

E' stata la riapertura di una speranza, e cioè che dal basso, dai territori, si possa ripartire per reimmaginare nuove rotte, davanti ad una società civile che sembra a volte senza un orientamento. La recente corsa alle elezioni sembra dire «non esiste un'altra opzione al seggio nel Palazzo, solo attraverso l'azione istituzionale è possibile cambiare le cose». Ma il lavoro da fare, dal basso e tra le reti, è ancora molto: cucire, facilitare, creare, consolidare. Mettere in connessione la difesa dei beni comuni sotto attacco con la necessità di liberare spazi sociali e spazi mentali, di riappropriarsi della politica, ma a partire dai territori che sono le uniche dimensioni che mettono assieme bisogni e i desideri delle persone, diritti delle comunità e dell'ambiente. United Colors of Commons è nata come iniziativa locale, per riannodare una rete pisana e toscana sui beni comuni, ma si è trasformata rivolgendosi all'intero Paese. Tre giorni non solo di dibattiti, ma anche e soprattutto di tavoli di lavoro tematici e un'assemblea plenaria, per rianalizzare teorie e contenuti, e per riapplicarli nel concreto. Dalla transizione ecologica all'economia solidale, dalla cultura dal basso all'informazione indipendente, dai beni comuni al disarmo: i tavoli di confronto del sabato produrranno documenti operativi che verranno discussi alla domenica. Pisa vuole essere il primo passo di un percorso più vasto, senza vertici né apici, senza soggetti politici da creare, ma una rete che sempre di più si alimenta e cresce. Alla stagione dei movimenti si sta sostituendo la primavera dei territori. E l'arcobaleno dell'ex colorificio pisano non può essere che di buon auspicio.

Scegli la biodiversità!


Dal 4 al 9 gennaio sulle reti RAI sarà possibile vedere lo spot "Scegli la diversità", prodotto da ACRA nell'ambito del progetto "Good practices in sustainable agriculture and Food Sovereignty" finanziato dall'Unione Europea e con il contributo del Comune di Milano. Nello spot, il suono di un registratore di cassa scandisce il passaggio di frutta e verdura dal nastro della cassa di un qualunque supermercato a un immaginario carrello della spesa. Peperoni, pomodori, patate, zucchine, lattuga.... Basandosi solo su immagini e grafiche, lo spot " Scegli la biodiversità" racconta di un carrello sempre più povero di varietà, con alimenti sempre più omologati tra di loro, industrializzati, standardizzati fino ad essere identificabili solo attraverso un codice a barre. Un'omologazione che soffoca l'agrobiodiversità, la biodiversità coltivata: scomparse dalle nostre tavole le centinaia di varietà che si coltivavano un tempo e che oggi non rispondono più alle necessità dell'industria agroalimentare. Centinaia di varietà che sono state ridotte alle due o tre disponibili sugli scaffali della grande distribuzione organizzata (tra le tante, lo spot si focalizza su alcuni dati allarmanti: perse il 90% delle varietà di mais, perse l'86% di varietà di mele). La riduzione della varietà di frutta e verdura coltivate nei campi è inesorabile. Negli ultimi 20 anni abbiamo rinunciato a coltivare e consumare i 3/4 delle varietà che si coltivavano un tempo. Una perdita gravissima per la biodiversità coltivata, che è la prima garanzia per la qualità dell'alimentazione, ma anche un rischio ambientale (meno varietà coltivate vuol dire meno capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici e, quindi, più pesticidi e fertilizzanti chimici). Vuol dire anche meno saperi, quelli legati alla produzione e quello legati al consumo di alimenti ormai scomparsi. Vuol dire infine meno cura del territorio, meno paesaggio. Vuol dire meno diritti per chi il cibo lo produce e meno sicurezza per lo consuma.In una parola, vuol dire meno sovranità alimentare che è il diritto imprescindibile di ogni popolo a produrre e consumare cibo in quantità e qualità adeguate. Cibo che rispetti e riaffermi le identità, i saperi specifici del territorio, il patrimonio ambientale tutelandolo per le generazioni future... Giuseppe de Santis, desk sovranità alimentare ACRA: "Abbiamo voluto questo spot per sensibilizzare i cittadini europei (lo spot sarà tradotto e distribuito in 12 paesi europei e nord africani coinvolti nel progetto "Farmers' seeds", ndr) ai diritti legati al cibo e ribadire che non si può affrontare il tema dell'alimentazione senza interrogarsi sulle questioni che la sovranità alimentare ci pone con urgenza. Ognuno di noi può fare qualcosa per riappropriarsi del diritto al cibo più buono, più pulito e più giusto semplicemente facendo la spesa...". Cambiare è possibile. Ed è proprio sui consumatori che punta lo spot. Scegliere la diversità vuol dire consumare alimenti prodotti in prossimità, con metodi biologici e con un modello di agricoltura che possiamo definire contadina senza nostalgie bucoliche, ma per riaffermare una modalità di produzione più sostenibile e capace di garantire diritti, innovazione, sviluppo ed efficienza.

Un caffé da Lutvo


L'associazione Viaggiare i Balcani vi accompagna in un lungo viaggio che da Trieste giunge sino al Mar Nero attraversando i territori della ex Jugoslavia, l'Albania, la Bulgaria e la Romania: dieci capitoli-nazioni pensati come altrettante finestre spalancate su una parte d'Europa ancor oggi poco conosciuta se non nei suoi stereotipi e luoghi comuni. Duecentocinquanta pagine dense di sguardi "altri" rispetto alle tradizionali narrazioni (anche turistiche) su questi territori. Pubblichiamo l'introduzione al libro a firma di Michele Nardelli. Se penso a ciò che rimane di tanto viaggiare nell'Europa di mezzo, attraverso le strade e i paesaggi di una guerra che prima abbiamo scelto di ignorare e poi di non capire, più ancora dei volti delle persone mi vengono in mente i luoghi. Grazie anche al contributo di realtà e persone che in questi anni hanno incrociato i loro passi con quelli della nostra associazione - in particolare la redazione di Osservatorio Balcani e Caucaso, Slow Food, le ONG italiane operanti nei Balcani sui temi dello sviluppo locale e del turismo responsabile - è nato un affascinante ibrido a metà strada tra libro di suggestioni e classica guida turistica, per scoprire accanto alle mete tradizionali anche splendidi luoghi minori, narrazioni e memorie, ricette, poesie, antiche leggende, le comunità di contadini e produttori appartenenti a Terra madre, la rete mondiale di Slow Food... per viaggiare in modo consapevole rispettando ambiente, culture e persone. Come se in ognuno di essi i segni della tragedia trovassero quiete e il fascino della natura e della storia avesse il sopravvento, nonostante tutto. Qui, dove Oriente e Occidente si sono intrecciati, dove il vento freddo del nord s'incontra con il Mediterraneo, dove "si produce più storia di quella che si riesce a digerire", a saperli guardare i luoghi diventano altrettanti moderni paradigmi. Come nelle opere di Ivo Andrić, immagini del "romanzo della storia". Quella di un villaggio verde smeraldo, dove la vita era scandita dai vecchi mulini e dal fruscio dell'acqua che accompagnava il sonno di Marta. Un grande acquarello naïf, dove perfino la ferrovia si è fermata di fronte al riapparire di confini che ne attraversavano ad ogni curva il tracciato. O di una kafana, il cui nome del vecchio proprietario si tramanda di generazione in generazione, dove gli anziani si ritrovavano nell'approssimarsi dell'ora della preghiera pomeridiana per scrutare l'orizzonte e quanto il tempo gli andava riservando. Penso al mio angolo del mattino, quando il sole fa capolino a riscaldare "il vecchio". Per cinquecento anni, giorno dopo giorno, fin quando la moderna follia dei nuovi talebani decise di prenderlo a cannonate, per togliere di mezzo la testimonianza del genio umano di un'altra religione. Ho negli occhi l'Europa che s'incontra sotto la grande fortezza, laddove i fiumi si uniscono mescolando in uno scenario mozzafiato le loro acque tedesche, magiare, slave, romanze ed ebraiche, in quella convivenza della natura che dà vita al fiume della melodia. E come non ricordare quella locanda dove, a dispetto del tempo, ancora resiste l'immagine sbiadita del vecchio capo partigiano. Come se a rimuoverla, in quella pazza città, scomparissero d'incanto anche gli avventori che riverberano il loro canto nel collo di una bottiglia di Coca Cola. Oppure l'antico caravanserraglio dove dalla notte dei tempi alloggiavano i viandanti ai quali si riservava l'acqua fresca e il pane caldo. Ed oggi luogo d'incontro nel cuore ottomano della Gerusalemme d'Europa, che abbiamo lasciato bruciare insieme alla nostra storia, a due passi dal ponte latino in cui, nel giorno di San Vito, si diede il là al secolo degli assassini. E, ancora, quel fiume che sgorga dalla roccia, accanto alla tekija che diede il nome, ventinove anni prima del grande pogrom che con la fine di Sefarad cambiò lo sguardo europeo, all'editto della tolleranza. Il silenzio e la raffinatezza del posto ancora emozionano il viaggiatore o il pellegrino, nonostante l'ingombrante vicinanza del grande centro commerciale dei trafficanti d'armi (e di miracoli). Seduti al fresco di un grande tiglio o dell'acqua che scorre, prendete un caffè. Non l'espresso, simbolo delle nostre


vite di corsa, ma la kafa, turca, bosanska o domaÄ?a che sia. Quel rito lento di cui abbiamo bisogno per riconnetterci con lo scorrere del tempo. Con una piccola donazione all'associazione Viaggiare i Balcani è possibile ricevere una copia cartacea della guida assieme alla tessera socio 2013. Per chi fosse interessato, si prega di mandare una mail a info@viaggiareibalcani.net o chiamare il numero +39 3398084928.


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