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L’Italia è la prima nazione che dice NO alla carne sintetica
Commento allo schema di disegno di legge recante disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici
Con una proposta legislativa ancora in fase prodromica, l’Italia è il primo Paese europeo che manifesta la volontà di vietare alimenti e mangimi sintetici attraverso un provvedimento ufficiale.
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Il Disegno di Legge in esame si dice ispirato dalla necessità di tutelare la salute dei consumatori, il lavoro, l’ambiente, la tradizione e il territorio.
Questo provvedimento solleva inoltre importanti questioni afferenti alla sicurezza alimentare ed alla sostenibilità a lungo termine delle pratiche di produzione degli alimenti.
Più in particolare, lo schema del disegno di legge recante disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, coi suoi 7 articoli, va a sancire il totale divieto per gli operatori del settore alimentare e per quelli del settore dei mangimi, di impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare oppure distribuire per il consumo alimentare, alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati.
Il divieto è principalmente rivolto alla cosiddetta “carne sintetica” o “in vitro”, prodotta in laboratorio da cellule staminali animali, già autorizzata negli Stati Uniti, in seguito all’approvazione della Food and Drug Administration (FDA), dove precursore è una azienda califor- niana che produce carne in provetta, in particolare di “pollame”.
Come indicato all’art. 1, la bozza di legge nostrana “reca disposizioni dirette ad assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini nonché preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia, di rilevanza strategica per l’interesse nazionale”.
Il divieto è principalmente rivolto alla cosiddetta “carne sintetica” o “in vitro”, prodotta in laboratorio da cellule staminali animali, già autorizzata negli Stati Uniti
Il provvedimento si basa sul principio di precauzione sancito dall’art. 2 dello stesso, in considerazione del fatto che attualmente non ci sono studi scientifici sugli effetti di questi cibi. Si tratta infatti di alimenti “costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati” che non vantano una storia di consumo significativo nell’Unione Europea.
Il c.d. principio di precauzione, in effetti, informa e deve informare di sé tutta la legislazione alimentare già sulla base di quanto indicato all’art. 7 del Reg. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la
Il provvedimento si basa sul principio di precauzione sancito dall’art. 2 dello stesso, in considerazione del fatto che attualmente non ci sono studi scientifici sugli effetti di questi cibi sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, ai sensi del quale “Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio. 2. Le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente”.
Le sanzioni amministrative pecuniarie vengono definite dall’art. 4 e vanno “da un minimo di euro 10 mila fino ad un massimo di euro 60 mila, ovvero fino al 10% del fatturato totale annuo realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a euro 60 mila”. Inoltre, alle eventuali violazioni conseguono “la confisca del prodotto illecito, l’applicazione delle sanzioni amministrative del divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di un anno e fino al massimo di tre anni, nonché la chiusura dello stabilimento di produzione, per lo stesso periodo”.
Il Ministero della Salute, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Aziende sanitarie locali, il Comando carabinieri per la Tutela della salute, attraverso i Nuclei Anti- sofisticazione territorialmente competenti, il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri (C.U.F.A), attraverso i Comandi dipendenti competenti, il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, nonché, per i prodotti della filiera ittica, il Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera, ognuno per i profili di rispettiva com-
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petenza, svolgono i controlli sull’applicazione della presente legge.
Interessante notare che, trattandosi di materia non armonizzata a livello comunitario, l’art. 6 della bozza di provvedimento in esame prevede la c.d. clausola di mutuo riconoscimento in virtù della quale “Le disposizioni della presente legge non si applicano ai prodotti …(omissis).. legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in Turchia o in uno Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo”.
In base alla clausola sopra riportata un operatore di diverso Stato membro dell’UE potrebbe, in ipotesi, commercializzare in Italia carne sintetica legalmente fabbricata e venduta nel diverso Paese di produzione in base alle norme ivi applicabili.
Tanto premesso è doveroso evidenziare che, ad oggi, tale tipologia di prodotti potrebbe essere eventualmente immessa sul mercato dell’UE solo in seguito al positivo esito della articolata procedura di autorizzazione rilasciata in base al Regolamento 2015/2283 relativo ai nuovi alimenti, ed ai Regolamenti 1829 e 1830 del 2003 sugli organismi geneticamente modificati.
Tale complesso e articolato iter di approvazione, passa attraverso l’ineludibile valutazione scientifica di sicurezza da parte dell’Efsa, in assenza della quale tali prodotti non potrebbero tanto meno essere importati da Paesi terzi (extra UE).
Per le esposte argomentazioni il divieto di cui alla bozza di decreto nazionale è stato tacciato di essere più formale che sostanziale, quasi una altisonante enunciazione di principio che
Un operatore di diverso Stato membro dell’UE potrebbe, in ipotesi, commercializzare in Italia carne sintetica legalmente fabbricata e venduta nel diverso Paese di produzione una risposta ad una problematica concreta ed attuale.
Resta inoltre insormontabile la problematica connessa al divieto di ostacolare la libera circolazione delle merci all’interno dell’UE, in virtù del quale il bando alla carne sintetica potrebbe eventualmente colpire gli operatori italiani ma non anche, nell’ipotesi futura ed incerta che tali prodotti vengano autorizzati nell’UE, quelli di altri Stati UE che potrebbero commercializzare il prodotto in Italia in base alla clausola del mutuo riconoscimento.
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