La Grande guerra nella cartografia satirica europea

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La Grande Guerra nella cartografia satirica d’Europa


La Grande Guerra nella cartografia satirica d’Europa


La Grande Guerra

in collaborazione con

nella cartografia satirica d’Europa

ORGANIZZAZIONE E CURATELA Sistema Bibliotecario Intercomunale Lagorai Comune di Strigno - Assessorato alla cultura IDEAZIONE E REALIZZAZIONE GRAFICA Associazione culturale Giovane Europa COMITATO DI STUDIO E CURATELA Attilio Pedenzini Paolo Sordo TESTI Attilio Pedenzini Edoardo Boria Giuseppe Ferrandi Alberto Pellegrino COLLEZIONE CARTOGRAFICA Gianni Brandozzi - AP Collezioni speciali - Università di Amsterdam

STRIGNO (TN) RINGRAZIAMENTI Daiana Boller Paolo Borgatta Giuseppe Corona Istituto Scolastico Comprensivo Strigno e Tesino

Salone scuole elementari / Piazzetta Carbonari

dal 4 al 20 Luglio 2014


La Grande Guerra

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nella cartografia satirica d’Europa

ORGANIZZAZIONE E CURATELA Sistema Bibliotecario Intercomunale Lagorai Comune di Strigno - Assessorato alla cultura IDEAZIONE E REALIZZAZIONE GRAFICA Associazione culturale Giovane Europa COMITATO DI STUDIO E CURATELA Attilio Pedenzini Paolo Sordo TESTI Attilio Pedenzini Edoardo Boria Giuseppe Ferrandi Alberto Pellegrino COLLEZIONE CARTOGRAFICA Gianni Brandozzi - AP Collezioni speciali - Università di Amsterdam

STRIGNO (TN) RINGRAZIAMENTI Daiana Boller Paolo Borgatta Giuseppe Corona Istituto Scolastico Comprensivo Strigno e Tesino

Salone scuole elementari / Piazzetta Carbonari

dal 4 al 20 Luglio 2014


Ricordare lo scoppio della Grande Guerra è questione complessa. Può significare, a seconda dell’approccio, la ricerca di un potente motore economico e turistico generato dai manufatti ancora esistenti, dagli eventi, dai musei e dalle istituzioni, oppure può favorire una riflessione profonda sul corto circuito della ragione che ha attraversato tutta la prima parte del Ventesimo secolo, a partire dal conflitto che dal 1914 al 1918 ha causato distruzione, sradicamento e follia. E morte, morte che la contabilità di guerra non riesce a rappresentare nella sua enormità. La seconda strada è quella che il Comune di Strigno segue con convinzione da anni, attraverso l’opera di ricerca di associazioni come il Circolo Croxarie e le proposte della stessa Amministrazione comunale. Indagare cause ed effetti della guerra è il principale vaccino civile che possiamo offrire a noi stessi e alle nuove generazioni, nei confronti delle quali il centenario rischia di apparire solo nei suoi tratti più spettacolari. Sono queste le ragioni che ci fanno privilegiare alla storiografia militare quella che indaga gli effetti del conflitto nel territorio (la mostra “Paesaggi di guerra” proposta nel 2010 nell’ambito della Rete Trentino Grande Guerra), e sulla popolazione (la mostra “Vite internate: Katzenau 1915-1917” allestita nel 2009 in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino). Ora, nell’anno di apertura del centenario, rivolgiamo lo sguardo al clima che ha preceduto e accompagnato la guerra: un clima testimoniato dal “sentire” popolare, da un lato guidato e dall’altro restituito dal più pervasivo mezzo di comunicazione dell’epoca: la stampa. La mostra “La Grande Guerra nella cartografia satirica d’Europa”, con le sue rappresentazioni antropomorfe e stereotipate delle nazioni all’alba dei conflitto, ci offre uno spaccato prezioso delle paure, dei pregiudizi, dei luoghi comuni che hanno animato l’Europa e gli europei di fine Ottocento e del primo ventennio del secolo breve quando, per esempio, il sentire popolare non faceva fatica ad associare alla Russia zarista l’im-

magine di un grande orso, di uno schiacciasassi o di una minacciosa piovra con i tentacoli protesi verso gli imperi centrali. Nelle sue dimensioni “globali” la Grande Guerra ha significato l’annientamento delle terre di confine come il Trentino, annichilito nella sua complessità dal montare dei nazionalismi. La “sola igiene del mondo” mal si concilia con le zone grigie, le travolge con il suo essere per definizione pro o contro, bianco o nero, di qua o di là. Lo si può vedere bene nelle carte in mostra, dove le “terre di mezzo” spariscono, cancellate dalle caricature delle nazioni che si fronteggiano. Per questo può sembrare paradossale che proprio il Trentino ospiti questa mostra straordinaria, un evento reso possibile dalla disponibilità di Gianni Brandozzi e dell’Associazione culturale Giovane Europa di Ascoli Piceno. Crediamo però che il Trentino, e più in generale le terre di confine, abbiano bisogno di misurare la propria “specialità” all’interno di contesti più ampi e abbiano il compito, mentre ancora nel mondo sono in corso oltre trenta guerre, di rappresentare modelli di convivenza feconda e pacifica come antidoto ai conflitti. Allo stesso modo in cui in uno statista trentino, Alcide Degasperi, si è incarnato l’ideale di una Europa unita e in pace. Claudio Tomaselli, sindaco di Strigno Attilio Pedenzini, assessore alla cultura


Ricordare lo scoppio della Grande Guerra è questione complessa. Può significare, a seconda dell’approccio, la ricerca di un potente motore economico e turistico generato dai manufatti ancora esistenti, dagli eventi, dai musei e dalle istituzioni, oppure può favorire una riflessione profonda sul corto circuito della ragione che ha attraversato tutta la prima parte del Ventesimo secolo, a partire dal conflitto che dal 1914 al 1918 ha causato distruzione, sradicamento e follia. E morte, morte che la contabilità di guerra non riesce a rappresentare nella sua enormità. La seconda strada è quella che il Comune di Strigno segue con convinzione da anni, attraverso l’opera di ricerca di associazioni come il Circolo Croxarie e le proposte della stessa Amministrazione comunale. Indagare cause ed effetti della guerra è il principale vaccino civile che possiamo offrire a noi stessi e alle nuove generazioni, nei confronti delle quali il centenario rischia di apparire solo nei suoi tratti più spettacolari. Sono queste le ragioni che ci fanno privilegiare alla storiografia militare quella che indaga gli effetti del conflitto nel territorio (la mostra “Paesaggi di guerra” proposta nel 2010 nell’ambito della Rete Trentino Grande Guerra), e sulla popolazione (la mostra “Vite internate: Katzenau 1915-1917” allestita nel 2009 in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino). Ora, nell’anno di apertura del centenario, rivolgiamo lo sguardo al clima che ha preceduto e accompagnato la guerra: un clima testimoniato dal “sentire” popolare, da un lato guidato e dall’altro restituito dal più pervasivo mezzo di comunicazione dell’epoca: la stampa. La mostra “La Grande Guerra nella cartografia satirica d’Europa”, con le sue rappresentazioni antropomorfe e stereotipate delle nazioni all’alba dei conflitto, ci offre uno spaccato prezioso delle paure, dei pregiudizi, dei luoghi comuni che hanno animato l’Europa e gli europei di fine Ottocento e del primo ventennio del secolo breve quando, per esempio, il sentire popolare non faceva fatica ad associare alla Russia zarista l’im-

magine di un grande orso, di uno schiacciasassi o di una minacciosa piovra con i tentacoli protesi verso gli imperi centrali. Nelle sue dimensioni “globali” la Grande Guerra ha significato l’annientamento delle terre di confine come il Trentino, annichilito nella sua complessità dal montare dei nazionalismi. La “sola igiene del mondo” mal si concilia con le zone grigie, le travolge con il suo essere per definizione pro o contro, bianco o nero, di qua o di là. Lo si può vedere bene nelle carte in mostra, dove le “terre di mezzo” spariscono, cancellate dalle caricature delle nazioni che si fronteggiano. Per questo può sembrare paradossale che proprio il Trentino ospiti questa mostra straordinaria, un evento reso possibile dalla disponibilità di Gianni Brandozzi e dell’Associazione culturale Giovane Europa di Ascoli Piceno. Crediamo però che il Trentino, e più in generale le terre di confine, abbiano bisogno di misurare la propria “specialità” all’interno di contesti più ampi e abbiano il compito, mentre ancora nel mondo sono in corso oltre trenta guerre, di rappresentare modelli di convivenza feconda e pacifica come antidoto ai conflitti. Allo stesso modo in cui in uno statista trentino, Alcide Degasperi, si è incarnato l’ideale di una Europa unita e in pace. Claudio Tomaselli, sindaco di Strigno Attilio Pedenzini, assessore alla cultura


È particolarmente interessante osservare la cartografia satirica che ritrae l’Europa nei decenni precedenti il conflitto e nel momento in cui si consuma la tragedia della Prima guerra mondiale. È un’Europa rappresentata come divisa e lacerata, dove le contrapposizioni e gli stereotipi esaltano le ragioni degli uni contro quelle degli altri. Pur cambiano il punto di vista, e quindi gli alleati e i nemici, le impostazioni di fondo si assomigliano, rendendo queste opere d’arte abbastanza simili e uniformi. Le carte satiriche, insieme ad altri prodotti artistici e culturali, divengono prove di una sempre maggiore capacità dei nazionalismi nell’agire in profondità. Intellettuali e artisti svolgono un ruolo decisivo nel mobilitare le masse, nell’alimentare il conflitto, nell’individuare e nel rappresentare il nemico. Anche se la cartografia satirica non è il “medium” necessariamente più potente e moderno, quello che potrebbe riassumere i tratti più innovativi della comunicazione e della propaganda per vincere la guerra, la stessa rappresenta una fonte documentaria che può integrare altre forme di narrazione e di rappresentazione della storia. In questo caso ci aiuta a comprendere la rilevanza di queste strategie comunicative e di propaganda per prevalere in uno scontro logorante per durata e per entità del sacrificio richiesto ai combattenti. Nello specifico la satira fornisce temi, motivazioni, immagini alla legittimazione della guerra e alla “creazione” del nemico affinché lo stesso conflitto possa assumere caratteri di contrapposizione radicale tra civiltà, culture, concezioni del mondo. Impiegati nella “guerra delle idee”, i contenuti della cartografia satirica diventano parte integrante dell’eredità della guerra stessa e caratterizzano il suo ruolo fondante nel corso del Ventesimo secolo. Anche se superficiale la visione delle rappresentazioni geografico-satiriche dell’Europa in guerra permette di constatare quanto non vi sia spazio per le sfumature, le zone grigie, le “identità territoriali” problematiche. A essere rappresentati, probabilmente per esigenze

propagandistiche e per le necessarie “semplificazioni”, sono le macchine statali, le potenze nazionali, le grandi alleanze. In questo schema ciò che è difficilmente etichettabile viene schiacciato e sacrificato secondo la logica delle legittime rivendicazioni e dei confini tra stati nazionali. Il Trentino è un territorio che appartiene in modo esemplare a questa tipologia non facilmente etichettabile perché, nel senso più ricco della definizione, è “regione di confine”. È un territorio di piccole dimensioni che finisce stritolato, insieme alla sua popolazione, negli ingranaggi di una guerra di dimensione europea e mondiale. I numeri possono aiutarci a comprendere il “caso Trentino”. Sono circa 55.000 gli uomini chiamati alle armi nel 1914 e inviati, con la divisa austro-ungarica, sui campi di battaglia della Galizia, a contrastare l’esercito russo. A questi si aggiungono altre migliaia di arruolati nel corso della guerra. Più di 800 furono i trentini che aderirono come volontari nell’esercito italiano. Il più noto di loro, il geografo socialista Cesare Battisti, era deputato al Parlamento austriaco e aveva condotto battaglie politiche importanti per la concessione dell’autonomia del Trentino e per la creazione di una Università italiana nell’ambito della monarchia austro-ungherese. Più di 110.000 furono invece i profughi che vennero evacuati dalle zone più interessate ai combattimenti. La stragrande maggioranza venne trasferita nelle aree più interne dell’Impero, mentre circa 30.000 verso le regioni italiane. Si tratta di numeri che divengono drammaticamente importanti perché riferiti a una popolazione trentina che si aggirava attorno ai 360.000 abitanti. 12.000 i soldati che persero la vita, migliaia coloro che vennero fatti prigionieri dai russi. Molti di loro, già segnati dal trauma di un’esperienza bellica assolutamente nuova e devastante, si trovarono coinvolti nella rivoluzione russa e nella guerra civile. Si è parlato a ragione del Trentino come di un “popolo scomparso”. Scomparso dal proprio territorio perché fisicamente allontanato dalla guerra: come combattente e come profugo. Ma anche scomparso dalla storia e

dalla memoria per lungo tempo. Difficilmente, nel primo dopoguerra, potevano trovare spazio le complicate storie che avevano riguardato i trentini e il Trentino. Anche nel secondo dopoguerra, per lunghi decenni non vi fu spazio per il riconoscimento di tale vicenda. Nel frattempo la storiografia e l’attività dei musei storici che operano in Trentino è riuscita a dare un contributo originale e di rilievo. Segnalo che al “popolo scomparso” è stato dedicato un grande libro fotografico edito nel 2003: Il popolo scomparso: il Trentino, i Trentini nella prima guerra mondiale (a cura di Quinto Antonelli e Diego Leoni). Sempre Quinto Antonelli nel 2008 ha pubblicato il fondamentale I dimenticati della Grande guerra. L’auspicio è che il Centenario della Prima guerra mondiale possa servire a consolidare queste interpretazioni e queste narrazioni storiografiche del conflitto 19141918. Studiare il “caso trentino” e inquadrarlo, ancor di più, nelle coordinate più generali della storia europea, credo possa davvero essere operazione utile. Giuseppe Ferrandi Direttore Fondazione Museo Storico del Trentino


È particolarmente interessante osservare la cartografia satirica che ritrae l’Europa nei decenni precedenti il conflitto e nel momento in cui si consuma la tragedia della Prima guerra mondiale. È un’Europa rappresentata come divisa e lacerata, dove le contrapposizioni e gli stereotipi esaltano le ragioni degli uni contro quelle degli altri. Pur cambiano il punto di vista, e quindi gli alleati e i nemici, le impostazioni di fondo si assomigliano, rendendo queste opere d’arte abbastanza simili e uniformi. Le carte satiriche, insieme ad altri prodotti artistici e culturali, divengono prove di una sempre maggiore capacità dei nazionalismi nell’agire in profondità. Intellettuali e artisti svolgono un ruolo decisivo nel mobilitare le masse, nell’alimentare il conflitto, nell’individuare e nel rappresentare il nemico. Anche se la cartografia satirica non è il “medium” necessariamente più potente e moderno, quello che potrebbe riassumere i tratti più innovativi della comunicazione e della propaganda per vincere la guerra, la stessa rappresenta una fonte documentaria che può integrare altre forme di narrazione e di rappresentazione della storia. In questo caso ci aiuta a comprendere la rilevanza di queste strategie comunicative e di propaganda per prevalere in uno scontro logorante per durata e per entità del sacrificio richiesto ai combattenti. Nello specifico la satira fornisce temi, motivazioni, immagini alla legittimazione della guerra e alla “creazione” del nemico affinché lo stesso conflitto possa assumere caratteri di contrapposizione radicale tra civiltà, culture, concezioni del mondo. Impiegati nella “guerra delle idee”, i contenuti della cartografia satirica diventano parte integrante dell’eredità della guerra stessa e caratterizzano il suo ruolo fondante nel corso del Ventesimo secolo. Anche se superficiale la visione delle rappresentazioni geografico-satiriche dell’Europa in guerra permette di constatare quanto non vi sia spazio per le sfumature, le zone grigie, le “identità territoriali” problematiche. A essere rappresentati, probabilmente per esigenze

propagandistiche e per le necessarie “semplificazioni”, sono le macchine statali, le potenze nazionali, le grandi alleanze. In questo schema ciò che è difficilmente etichettabile viene schiacciato e sacrificato secondo la logica delle legittime rivendicazioni e dei confini tra stati nazionali. Il Trentino è un territorio che appartiene in modo esemplare a questa tipologia non facilmente etichettabile perché, nel senso più ricco della definizione, è “regione di confine”. È un territorio di piccole dimensioni che finisce stritolato, insieme alla sua popolazione, negli ingranaggi di una guerra di dimensione europea e mondiale. I numeri possono aiutarci a comprendere il “caso Trentino”. Sono circa 55.000 gli uomini chiamati alle armi nel 1914 e inviati, con la divisa austro-ungarica, sui campi di battaglia della Galizia, a contrastare l’esercito russo. A questi si aggiungono altre migliaia di arruolati nel corso della guerra. Più di 800 furono i trentini che aderirono come volontari nell’esercito italiano. Il più noto di loro, il geografo socialista Cesare Battisti, era deputato al Parlamento austriaco e aveva condotto battaglie politiche importanti per la concessione dell’autonomia del Trentino e per la creazione di una Università italiana nell’ambito della monarchia austro-ungherese. Più di 110.000 furono invece i profughi che vennero evacuati dalle zone più interessate ai combattimenti. La stragrande maggioranza venne trasferita nelle aree più interne dell’Impero, mentre circa 30.000 verso le regioni italiane. Si tratta di numeri che divengono drammaticamente importanti perché riferiti a una popolazione trentina che si aggirava attorno ai 360.000 abitanti. 12.000 i soldati che persero la vita, migliaia coloro che vennero fatti prigionieri dai russi. Molti di loro, già segnati dal trauma di un’esperienza bellica assolutamente nuova e devastante, si trovarono coinvolti nella rivoluzione russa e nella guerra civile. Si è parlato a ragione del Trentino come di un “popolo scomparso”. Scomparso dal proprio territorio perché fisicamente allontanato dalla guerra: come combattente e come profugo. Ma anche scomparso dalla storia e

dalla memoria per lungo tempo. Difficilmente, nel primo dopoguerra, potevano trovare spazio le complicate storie che avevano riguardato i trentini e il Trentino. Anche nel secondo dopoguerra, per lunghi decenni non vi fu spazio per il riconoscimento di tale vicenda. Nel frattempo la storiografia e l’attività dei musei storici che operano in Trentino è riuscita a dare un contributo originale e di rilievo. Segnalo che al “popolo scomparso” è stato dedicato un grande libro fotografico edito nel 2003: Il popolo scomparso: il Trentino, i Trentini nella prima guerra mondiale (a cura di Quinto Antonelli e Diego Leoni). Sempre Quinto Antonelli nel 2008 ha pubblicato il fondamentale I dimenticati della Grande guerra. L’auspicio è che il Centenario della Prima guerra mondiale possa servire a consolidare queste interpretazioni e queste narrazioni storiografiche del conflitto 19141918. Studiare il “caso trentino” e inquadrarlo, ancor di più, nelle coordinate più generali della storia europea, credo possa davvero essere operazione utile. Giuseppe Ferrandi Direttore Fondazione Museo Storico del Trentino


La satira politica in Europa tra Settecento e Ottocento di Alberto Pellegrino La satira nasce e si sviluppa all’interno di un preciso contesto nel quale confluiscono le ideologie, gli schieramenti politici e le condizioni sociali di un’epoca, pertanto la satira, oltre ad avere uno specifico valore estetico, contribuisce in modo rilevante a fornire la rappresentazione di una determinata società, diventando un documento storico capace di riflettere aspetti importanti della vita politica, sociale e culturale di un’intera epoca. Nella Grecia classica la satira si presenta come una forma di provocazione basata sulla “parodia” nei confronti del potere costituito e dei modelli di comportamento più diffusi, determinando una serie di prescrizioni censorie e restrittive. Essa entra nel vivo della società ateniese soprattutto per merito di Aristofane, il più grande satirico di Atene per il suo senso del ridicolo e la forza della sua ironia; egli riversa nelle commedie le sue antipatie e le sue simpatie, la sua rabbia e i suoi rancori, prendendo di mira una società che considera una inesauribile fonte di comicità. E’ evidente che, da quelle forme scherzose di canzonatura e di derisione, emerge una denuncia dei vizi e dei mali insiti nella realtà quotidiana e nei costumi umani, una forte tensione morale che appare in modo chiaro soprattutto nelle commedie maggiori (Nuvole, Vespe, Gli uccelli, I cavalieri), nelle quali è possibile individuare un progetto utopico di società concepito secondo un modello di satira universale che trae la sua indiscussa efficacia dal motto ridentem dicere verum (Orazio). Nel Medioevo la satira è guardata con sospetto ed è considerata una forma di devianza sia dal potere civile sia dal controllo della Chiesa, la quale vede nella satira una imago diaboli. Essa è tollerata solo durante il Carnevale e le feste dei folli, quando i meccanismi satirici diventavano riti d’infrazione dei tabù sociali ed è possibile assumere atteggiamenti eversivi e contestatari che possono persino sconfinare nell’osceno

e nell’orgiastico, nell’irrisione e nell’invettiva, perché viene concessa una sospensione di veti e di controlli normalmente esercitati (semel in anno licet insanire). Al di fuori del periodo carnevalesco, l’uso della satira è consentito soltanto ai giullari, quegli straordinari personaggi produttori di una serie di testi teatrali espressione di una cultura laica che irride i costumi sessuali, i riti del matrimonio e della famiglia, il potere politico ed ecclesiastico. Nel Cinquecento gli autori satirici (Erasmo da Rotterdam, Rabelais, Cevantes, Ariosto, Aretino, i comici dell’Arte) amano esibire la loro capacità di mordere il potere, di assumere le vesti dei fustigatori di costumi, di cauterizzare i difetti e le debolezze umane, di usare la penna come il bisturi del chirurgo che taglia e guarisce ogni cancrena. Nel Seicento, con l’affermazione del razionalismo e la progressiva “laicizzazione” della società, con il fiorire del romanzo e del teatro, la satira acquista in Europa un nuovo vocabolario fatto di termini filosofici e psicologici, diventa espressione di una morale che colpisce le passioni e le debolezze che fuorviano l’uomo dalla Ragione e che devono essere combattute con la sferza del Ridicolo, per convincere l’umanità a vedere le proprie azione sregolate come riflesse in uno specchio, in modo da adottare comportamenti consoni alla propria dignità morale e al “retto giudicare”. John Milton afferma che non può esistere una satira priva di mordente, poiché essa “nata dalla tragedia, dovrebbe sempre ricordarsi della sua origine, colpire in maniera decisa e avventurarsi pericolosamente tra i vizi che germogliano tra i potenti, e non strisciare tra oscure bettole che temono più lo sbirro che la satira. Quindi che un tal genere letterario debba essere senza denti è un controsenso, perché gli verrebbe a mancare l’essenza stessa che lo caratterizza” (Apologie against Smectymnuus, 1642). In epoca moderna la satira svolge in Europa la duplice funzione di essere al servizio dei centri di potere, oppure di contestare il potere in tutte le sue forme. Nel primo caso, la satira è usata in senso censorio e cor-

rettivo da parte delle classi dominanti attraverso quei meccanismi satirici che il potere costituito impiega per ricondurre a un comportamento comune quanti derogano dai principi e dalle regole sociali che sono alla base di una determinata società, per portare gli individui verso l’integrazione o addirittura l’emarginazione. Nel corso della rivoluzione industriale la satira diventa uno strumento persecutorio usato dall’aristocrazia e dai poteri dominanti (esercito, burocrazia, alto clero) contro la borghesia, una forma di scherno nei confronti del proletariato urbano e del mondo contadino. Nello stesso tempo essa assume una posizione di sudditanza verso i potenti di turno ed è usata come strumento di propaganda per diffondere e consolidare a livello popolare i valori della conservazione, per promuovere e rafforzare il consenso attraverso l’uso dell’invettiva contro gli avversari politici, l’esaltazione dei pregiudizi, la denigrazione delle culture subalterne. A sua volta la borghesia, attraverso i suoi intellettuali, fa in modo che la satira abbia una connotazione libertaria e democratica, diventi uno strumento di critica politica sociale più articolato e complesso: si caratterizzi come satira culturale, quando prende per bersaglio la cultura stessa, le sue mode, i suoi stereotipi e carismi; si proponga come satira di costume, quando investe le strutture della società, i rapporti di classe, le relazioni sociali, i modelli culturali e i comportamenti del costume; si distingua infine come satira politica, quando si batte contro coloro che detengono il potere politico ed economico; si schieri a favore e a difesa delle libertà civili e politiche, della libertà di parola, del diritto di critica, usando l’arma dell’ironia e della parodia per contraffare gli elementi caratteristici di un determinato personaggio, per smontare il carisma dei politici, per mettere in evidenza i limiti morali e gli aspetti più deteriori della loro personalità.

1. La satira in Inghilterra Lo storico Eric J. Hobsbawm ha chiamato il periodo compreso tra la fine del Settecento e il 1848 l’età della rivoluzione perché, sotto il profilo economico e sociale, la rivoluzione industriale ha dato origine al moderno sistema di fabbrica e alla formazione della classe operaia, mentre con la Rivoluzione francese sono nati gli attuali concetti di partito, nazione, cittadinanza, opinione pubblica, democrazia e liberalismo; si sono create nuove forme di cultura, nuovi assetti politici in tutto il continente europeo. La prima rivoluzione industriale provoca in Inghilterra un rapido passaggio dalla manifattura alla fabbrica capitalistica nella quale si concentrano gli investimenti, la mano d’opera e le nuove macchine a vapore che in parte sostituiscono le braccia degli operai. Il volano di trasformazione dell’economia e della società inglese diventa l’industria cotoniera che dà nuovo impulso al settore siderurgico con l’introduzione dei telai meccanici e al settore minerario del carbone e del ferro, materie prime necessarie per la produzione del vapore e dell’acciaio. Nasce una nuova società dinamica, anche se piena di contraddizioni, che vede il formarsi delle prime città industriali, il diffondersi dell’urbanizzazione di masse popolari, il sorgere dei quartieri operai sovraffollati e malsani. La rivoluzione industriale inglese si propone come “la più fondamentale trasformazione della vita umana in tutta la storia universale” (Hobsbawm) per una precisa concatenazione di cause: un’impetuosa crescita demografica che offre alle industrie manodopera a basso costo; le trasformazioni agricole determinate dalla recinzione delle terre, che passano dalle comunità ai grandi proprietari e che riducono in miseria i piccoli coltivatori, accelerando l’esodo verso le città; la politica economica governativa che tutela la produzione tessile nazionale, triplicando i dazi d’importazione. Tutto questo comporta la nascita di nuove figure sociali e la formazione di nuovi equilibri politici: cresce il divario tra ricchi e poveri; la borghesia, che sé impossessata del potere economico, aspira ora alla conqui-


La satira politica in Europa tra Settecento e Ottocento di Alberto Pellegrino La satira nasce e si sviluppa all’interno di un preciso contesto nel quale confluiscono le ideologie, gli schieramenti politici e le condizioni sociali di un’epoca, pertanto la satira, oltre ad avere uno specifico valore estetico, contribuisce in modo rilevante a fornire la rappresentazione di una determinata società, diventando un documento storico capace di riflettere aspetti importanti della vita politica, sociale e culturale di un’intera epoca. Nella Grecia classica la satira si presenta come una forma di provocazione basata sulla “parodia” nei confronti del potere costituito e dei modelli di comportamento più diffusi, determinando una serie di prescrizioni censorie e restrittive. Essa entra nel vivo della società ateniese soprattutto per merito di Aristofane, il più grande satirico di Atene per il suo senso del ridicolo e la forza della sua ironia; egli riversa nelle commedie le sue antipatie e le sue simpatie, la sua rabbia e i suoi rancori, prendendo di mira una società che considera una inesauribile fonte di comicità. E’ evidente che, da quelle forme scherzose di canzonatura e di derisione, emerge una denuncia dei vizi e dei mali insiti nella realtà quotidiana e nei costumi umani, una forte tensione morale che appare in modo chiaro soprattutto nelle commedie maggiori (Nuvole, Vespe, Gli uccelli, I cavalieri), nelle quali è possibile individuare un progetto utopico di società concepito secondo un modello di satira universale che trae la sua indiscussa efficacia dal motto ridentem dicere verum (Orazio). Nel Medioevo la satira è guardata con sospetto ed è considerata una forma di devianza sia dal potere civile sia dal controllo della Chiesa, la quale vede nella satira una imago diaboli. Essa è tollerata solo durante il Carnevale e le feste dei folli, quando i meccanismi satirici diventavano riti d’infrazione dei tabù sociali ed è possibile assumere atteggiamenti eversivi e contestatari che possono persino sconfinare nell’osceno

e nell’orgiastico, nell’irrisione e nell’invettiva, perché viene concessa una sospensione di veti e di controlli normalmente esercitati (semel in anno licet insanire). Al di fuori del periodo carnevalesco, l’uso della satira è consentito soltanto ai giullari, quegli straordinari personaggi produttori di una serie di testi teatrali espressione di una cultura laica che irride i costumi sessuali, i riti del matrimonio e della famiglia, il potere politico ed ecclesiastico. Nel Cinquecento gli autori satirici (Erasmo da Rotterdam, Rabelais, Cevantes, Ariosto, Aretino, i comici dell’Arte) amano esibire la loro capacità di mordere il potere, di assumere le vesti dei fustigatori di costumi, di cauterizzare i difetti e le debolezze umane, di usare la penna come il bisturi del chirurgo che taglia e guarisce ogni cancrena. Nel Seicento, con l’affermazione del razionalismo e la progressiva “laicizzazione” della società, con il fiorire del romanzo e del teatro, la satira acquista in Europa un nuovo vocabolario fatto di termini filosofici e psicologici, diventa espressione di una morale che colpisce le passioni e le debolezze che fuorviano l’uomo dalla Ragione e che devono essere combattute con la sferza del Ridicolo, per convincere l’umanità a vedere le proprie azione sregolate come riflesse in uno specchio, in modo da adottare comportamenti consoni alla propria dignità morale e al “retto giudicare”. John Milton afferma che non può esistere una satira priva di mordente, poiché essa “nata dalla tragedia, dovrebbe sempre ricordarsi della sua origine, colpire in maniera decisa e avventurarsi pericolosamente tra i vizi che germogliano tra i potenti, e non strisciare tra oscure bettole che temono più lo sbirro che la satira. Quindi che un tal genere letterario debba essere senza denti è un controsenso, perché gli verrebbe a mancare l’essenza stessa che lo caratterizza” (Apologie against Smectymnuus, 1642). In epoca moderna la satira svolge in Europa la duplice funzione di essere al servizio dei centri di potere, oppure di contestare il potere in tutte le sue forme. Nel primo caso, la satira è usata in senso censorio e cor-

rettivo da parte delle classi dominanti attraverso quei meccanismi satirici che il potere costituito impiega per ricondurre a un comportamento comune quanti derogano dai principi e dalle regole sociali che sono alla base di una determinata società, per portare gli individui verso l’integrazione o addirittura l’emarginazione. Nel corso della rivoluzione industriale la satira diventa uno strumento persecutorio usato dall’aristocrazia e dai poteri dominanti (esercito, burocrazia, alto clero) contro la borghesia, una forma di scherno nei confronti del proletariato urbano e del mondo contadino. Nello stesso tempo essa assume una posizione di sudditanza verso i potenti di turno ed è usata come strumento di propaganda per diffondere e consolidare a livello popolare i valori della conservazione, per promuovere e rafforzare il consenso attraverso l’uso dell’invettiva contro gli avversari politici, l’esaltazione dei pregiudizi, la denigrazione delle culture subalterne. A sua volta la borghesia, attraverso i suoi intellettuali, fa in modo che la satira abbia una connotazione libertaria e democratica, diventi uno strumento di critica politica sociale più articolato e complesso: si caratterizzi come satira culturale, quando prende per bersaglio la cultura stessa, le sue mode, i suoi stereotipi e carismi; si proponga come satira di costume, quando investe le strutture della società, i rapporti di classe, le relazioni sociali, i modelli culturali e i comportamenti del costume; si distingua infine come satira politica, quando si batte contro coloro che detengono il potere politico ed economico; si schieri a favore e a difesa delle libertà civili e politiche, della libertà di parola, del diritto di critica, usando l’arma dell’ironia e della parodia per contraffare gli elementi caratteristici di un determinato personaggio, per smontare il carisma dei politici, per mettere in evidenza i limiti morali e gli aspetti più deteriori della loro personalità.

1. La satira in Inghilterra Lo storico Eric J. Hobsbawm ha chiamato il periodo compreso tra la fine del Settecento e il 1848 l’età della rivoluzione perché, sotto il profilo economico e sociale, la rivoluzione industriale ha dato origine al moderno sistema di fabbrica e alla formazione della classe operaia, mentre con la Rivoluzione francese sono nati gli attuali concetti di partito, nazione, cittadinanza, opinione pubblica, democrazia e liberalismo; si sono create nuove forme di cultura, nuovi assetti politici in tutto il continente europeo. La prima rivoluzione industriale provoca in Inghilterra un rapido passaggio dalla manifattura alla fabbrica capitalistica nella quale si concentrano gli investimenti, la mano d’opera e le nuove macchine a vapore che in parte sostituiscono le braccia degli operai. Il volano di trasformazione dell’economia e della società inglese diventa l’industria cotoniera che dà nuovo impulso al settore siderurgico con l’introduzione dei telai meccanici e al settore minerario del carbone e del ferro, materie prime necessarie per la produzione del vapore e dell’acciaio. Nasce una nuova società dinamica, anche se piena di contraddizioni, che vede il formarsi delle prime città industriali, il diffondersi dell’urbanizzazione di masse popolari, il sorgere dei quartieri operai sovraffollati e malsani. La rivoluzione industriale inglese si propone come “la più fondamentale trasformazione della vita umana in tutta la storia universale” (Hobsbawm) per una precisa concatenazione di cause: un’impetuosa crescita demografica che offre alle industrie manodopera a basso costo; le trasformazioni agricole determinate dalla recinzione delle terre, che passano dalle comunità ai grandi proprietari e che riducono in miseria i piccoli coltivatori, accelerando l’esodo verso le città; la politica economica governativa che tutela la produzione tessile nazionale, triplicando i dazi d’importazione. Tutto questo comporta la nascita di nuove figure sociali e la formazione di nuovi equilibri politici: cresce il divario tra ricchi e poveri; la borghesia, che sé impossessata del potere economico, aspira ora alla conqui-


sta del potere politico; comincia a formarsi una classe operaia che vive drammaticamente la separazione tra vita lavorativa e vita domestica, che avverte la continua minaccia della disoccupazione, che subisce una condizione d’inferiorità rispetto alla classe che detiene la proprietà dei mezzi di produzione. La prima reazione a questa situazione sociale è il luddismo (1830), che si manifesta attraverso la distruzione delle macchine, ma rappresenta anche una prima forma di contrattazione salariale e un primo rifiuto dell’economia liberista. Il suo fallimento, determinato dalla mancanza di una guida politica, apre però la strada a un movimento radicale che si batte per la libertà di associazione, di riunione e di stampa e che porta a una sorta di compromesso tra un nuovo sistema economico e una società tradizionale, per cui in Gran Bretagna la mobilità sociale finisce per combinarsi con una salda gerarchia dei valori sociali. La rivoluzione industriale favorisce la diffusione delle gazzette e della carta stampata e questo consente l’affermazione della grande satira disegnata che comincia a esercitare una forte pressione sull’opinione pubblica borghese in un periodo compreso tra il 1750 e il 1830. La satira inglese trova un terreno particolarmente fertile, perché i diritti civili, la libertà di pensiero e la libertà di stampa sono riconosciute e tutelate dal Parlamento inglese fin dal Settecento. La satira politica diventa la passione dell’epoca e Johann von Archenholtz afferma che “niente è più difficile che far conversare un inglese, perché a qualunque domanda risponde con un sì o con un no; ma se lo spinge alla discussione politica subito il viso vive, apre la bocca e diventa eloquente” (Tableau d’Angleterre, 1788). L’influenza esercitata sull’opinione pubblica dai valori della Rivoluzione americana (“Vita, Libertà, Ricerca della Felicità”) e della Rivoluzione francese (“Libertà, Eguaglianza, Fratellanza”), la diffusione della stampa libera, fanno crescere l’interesse della borghesia verso la politica e favoriscono la voglia di un cambiamento della società che si manifesta nello scontro per la spar-

tizione del potere tra la Camera dei Pari di nomina regia ed ereditaria e la Camera dei Comuni elettiva e quindi aperta in teoria a tutti i cittadini. Gli schieramenti politici si diversificano sotto il profilo ideologico, per cui nasce la figura del “radical” che si oppone ai privilegi della monarchia, alla politica conservatrice del governo, all’ingerenza della Chiesa d’Inghilterra, al controllo esercitato dall’aristocrazia sul Parlamento, sull’esecutivo e sulla magistratura. L’ascesa al trono di Guglielmo IV (1830-1837) favorisce una serie di riforme: l’unione tra borghesia e classe operaia porta alla formazione di un governo più democratico, all’approvazione dell’Atto della Emancipazione Cattolica (1829) che elimina ogni discriminazione verso i cattolici, all’Atto di Riforma (1832) che allarga l’elettorato a 500 mila votanti, accrescendo il potere politico della borghesia. Cominciano a stamparsi quotidiani a grande diffusione come l’Observer (1791), che per primo illustra le notizie con disegni, caricature e vignette, seguito da altri giornali e periodici che ospitano la satira politica con disegni di grandi artisti, alcuni dei quali usano per la prima volta il “fumetto” all’interno della vignetta, per dare maggiore forza significativa al messaggio che si vuole trasmettere. Sulla scena satirica appaiono non solo figure di uomini presi dalla strada, ma anche personaggi politici importanti come il primo ministro William Pitt il Giovane (1759-1806), il re Giorgio III (1738-1820), il principe di Galles poi reggente con il nome di Giorgio IV (1811-1820). Diventano oggetto di satira grandi eventi come la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, che inducono gli autori a fare ricorso a eccessi psicologici e passionali basati sull’oscenità, l’invettiva, la crudeltà e la calunnia, alla “deformazione” caricaturale dei vari soggetti. Sul piano socio-politico si verifica un ribaltamento, perché l’ironia e il sarcasmo non sono più esercitati dall’aristocrazia e dell’alta borghesia nei confronti del popolo, ma da un nuovo pubblico di autori e di lettori che attaccano apertamente il “potere”. Entrano in ballo tematiche

specifiche e mai affrontate in precedenza, riguardanti gli aspetti sociali e le vicende politiche interne al paese e gli eventi internazionali: il conflitto tra i partiti e le fazioni, la debolezza della Corona nei confronti del governo, la politica rivoluzionaria francese, la stagione napoleonica, il confronto tra l’Inghilterra e il continente europeo. Nasce nel 1791 la prima rivista satirica, The Anti-Jacobine Magazine, che sostiene una linea dichiaratamente antifrancese e si batte contro il partito radicale che è equiparato al movimento giacobino e sanculotto francese. Un personaggio di fondamentale importanza è William Hogart (1697-1764), detto il “pittore del genere umano”, autore di una straordinaria rappresentazione della società inglese con una serie di opere ironiche e spietate, crudeli e raffinate che riguardano ambienti e personaggi tra i più disparati: i manicomi e le carceri, le bische e i bordelli, le banche e le botteghe artigiane, una complessa e difforme umanità di politici corrotti, aristocratici e grassi borghesi viziosi, un proletariato urbano brulicante di prostitute e libertini, assassini e imbroglioni, intellettuali e poeti. Hogart ha creato una sterminata serie di characters e di caricaturas, ampliando a dismisura la tipologia satirica, raffigurando vizi, debolezze e delitti di aristocratici, borghesi e popolani londinesi. Egli muove questi personaggi sul palcoscenico della società come un grande burattinaio, perseguendo finalità essenzialmente morali. La sua intuizione di usare cicli d’immagini in senso narrativo trova una corrispondenza nei romanzi “morali” di Fielding, Defoe e Richardson, nel capolavoro teatrale L’opera del medicante d John Gay (1728), per cui opere come La carriera di una prostituta (1732), La carriera di un libertino (1735), Matrimonio alla moda (1745), Operosità e pigrizia (1747), I Quattro stadi della crudeltà (1751) costituiscono altrettante tappe di un percorso narrativo finalizzato a esplorare gli aspetti più corrotti di tutta la società, i vizi e i difetti della borghesia, il mondo degli arrivisti e speculatori incapaci di raggiungere una qualsiasi forma di riscatto morale.

Hogart si affida allo studio dei caratteri, alla minuziosa descrizione di ambienti e situazioni, alla definizione psicologica dei personaggi, alla trattazione realistica di argomenti scabrosi e grotteschi, polemici e persino crudeli, valorizzando ai massimi livelli la libertà della satira, compiendo esperimenti fino allora mai tentati da nessun pittore “serio”, per indicare la via maestra allo sviluppo della futura arte satirica. James Gillray (1757-1815) deve considerarsi l’inventore di quella semplificazione stilistica che ha consentito di adattare la grafica satirica alle esigenze della stampa giornalistica. I suoi disegni hanno una natura prevalentemente politica e possono essere raggruppati in tre categorie: le opere di costume, che mettono in ridicolo gli abiti e gli usi mondani; le opere politiche che riguardano la famiglia reale; le opere più strettamente politiche che riguardano il primo ministro William Pitt e il suo oppositore Charles James Fox, il re Giorgio III, la regina Charlotte, il dissoluto Principe di Galles. Sul piano internazionale le sue vignette diventano un formidabile e brutale strumento di propaganda contro la Francia rivoluzionaria e successivamente contro Napoleone, con un sarcasmo caratterizzato dalla forza delle deformazioni fisiognomiche dei personaggi, dall’arguzia nel saper cogliere determinate tipologie psicologiche, dalla ferocia con cui descrive il comportamento dei sanculotti. Con l’avvento della Restaurazione, la passione politica di Gillray comincia a declinare anche perché sono venute meno le motivazioni legate alla Rivoluzione francese, per cui le sue vignette riflettono soprattutto la vita sociale inglese e continuano a rimanere molto popolari e apprezzate da un pubblico colto e raffinato. Accanto a questi due grandi personaggi è possibile individuare una fitta schiera di artisti di notevole valore. Henry William Bunbury (1750-1811) è un autore impegnato a tradurre in disegni grotteschi gli aspetti sociali, politici e storici del suo tempo. Robert Dighton (1752-1814), dopo un inizio come ritrattista tradizionale, si afferma per i suoi ritratti caricatura


sta del potere politico; comincia a formarsi una classe operaia che vive drammaticamente la separazione tra vita lavorativa e vita domestica, che avverte la continua minaccia della disoccupazione, che subisce una condizione d’inferiorità rispetto alla classe che detiene la proprietà dei mezzi di produzione. La prima reazione a questa situazione sociale è il luddismo (1830), che si manifesta attraverso la distruzione delle macchine, ma rappresenta anche una prima forma di contrattazione salariale e un primo rifiuto dell’economia liberista. Il suo fallimento, determinato dalla mancanza di una guida politica, apre però la strada a un movimento radicale che si batte per la libertà di associazione, di riunione e di stampa e che porta a una sorta di compromesso tra un nuovo sistema economico e una società tradizionale, per cui in Gran Bretagna la mobilità sociale finisce per combinarsi con una salda gerarchia dei valori sociali. La rivoluzione industriale favorisce la diffusione delle gazzette e della carta stampata e questo consente l’affermazione della grande satira disegnata che comincia a esercitare una forte pressione sull’opinione pubblica borghese in un periodo compreso tra il 1750 e il 1830. La satira inglese trova un terreno particolarmente fertile, perché i diritti civili, la libertà di pensiero e la libertà di stampa sono riconosciute e tutelate dal Parlamento inglese fin dal Settecento. La satira politica diventa la passione dell’epoca e Johann von Archenholtz afferma che “niente è più difficile che far conversare un inglese, perché a qualunque domanda risponde con un sì o con un no; ma se lo spinge alla discussione politica subito il viso vive, apre la bocca e diventa eloquente” (Tableau d’Angleterre, 1788). L’influenza esercitata sull’opinione pubblica dai valori della Rivoluzione americana (“Vita, Libertà, Ricerca della Felicità”) e della Rivoluzione francese (“Libertà, Eguaglianza, Fratellanza”), la diffusione della stampa libera, fanno crescere l’interesse della borghesia verso la politica e favoriscono la voglia di un cambiamento della società che si manifesta nello scontro per la spar-

tizione del potere tra la Camera dei Pari di nomina regia ed ereditaria e la Camera dei Comuni elettiva e quindi aperta in teoria a tutti i cittadini. Gli schieramenti politici si diversificano sotto il profilo ideologico, per cui nasce la figura del “radical” che si oppone ai privilegi della monarchia, alla politica conservatrice del governo, all’ingerenza della Chiesa d’Inghilterra, al controllo esercitato dall’aristocrazia sul Parlamento, sull’esecutivo e sulla magistratura. L’ascesa al trono di Guglielmo IV (1830-1837) favorisce una serie di riforme: l’unione tra borghesia e classe operaia porta alla formazione di un governo più democratico, all’approvazione dell’Atto della Emancipazione Cattolica (1829) che elimina ogni discriminazione verso i cattolici, all’Atto di Riforma (1832) che allarga l’elettorato a 500 mila votanti, accrescendo il potere politico della borghesia. Cominciano a stamparsi quotidiani a grande diffusione come l’Observer (1791), che per primo illustra le notizie con disegni, caricature e vignette, seguito da altri giornali e periodici che ospitano la satira politica con disegni di grandi artisti, alcuni dei quali usano per la prima volta il “fumetto” all’interno della vignetta, per dare maggiore forza significativa al messaggio che si vuole trasmettere. Sulla scena satirica appaiono non solo figure di uomini presi dalla strada, ma anche personaggi politici importanti come il primo ministro William Pitt il Giovane (1759-1806), il re Giorgio III (1738-1820), il principe di Galles poi reggente con il nome di Giorgio IV (1811-1820). Diventano oggetto di satira grandi eventi come la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, che inducono gli autori a fare ricorso a eccessi psicologici e passionali basati sull’oscenità, l’invettiva, la crudeltà e la calunnia, alla “deformazione” caricaturale dei vari soggetti. Sul piano socio-politico si verifica un ribaltamento, perché l’ironia e il sarcasmo non sono più esercitati dall’aristocrazia e dell’alta borghesia nei confronti del popolo, ma da un nuovo pubblico di autori e di lettori che attaccano apertamente il “potere”. Entrano in ballo tematiche

specifiche e mai affrontate in precedenza, riguardanti gli aspetti sociali e le vicende politiche interne al paese e gli eventi internazionali: il conflitto tra i partiti e le fazioni, la debolezza della Corona nei confronti del governo, la politica rivoluzionaria francese, la stagione napoleonica, il confronto tra l’Inghilterra e il continente europeo. Nasce nel 1791 la prima rivista satirica, The Anti-Jacobine Magazine, che sostiene una linea dichiaratamente antifrancese e si batte contro il partito radicale che è equiparato al movimento giacobino e sanculotto francese. Un personaggio di fondamentale importanza è William Hogart (1697-1764), detto il “pittore del genere umano”, autore di una straordinaria rappresentazione della società inglese con una serie di opere ironiche e spietate, crudeli e raffinate che riguardano ambienti e personaggi tra i più disparati: i manicomi e le carceri, le bische e i bordelli, le banche e le botteghe artigiane, una complessa e difforme umanità di politici corrotti, aristocratici e grassi borghesi viziosi, un proletariato urbano brulicante di prostitute e libertini, assassini e imbroglioni, intellettuali e poeti. Hogart ha creato una sterminata serie di characters e di caricaturas, ampliando a dismisura la tipologia satirica, raffigurando vizi, debolezze e delitti di aristocratici, borghesi e popolani londinesi. Egli muove questi personaggi sul palcoscenico della società come un grande burattinaio, perseguendo finalità essenzialmente morali. La sua intuizione di usare cicli d’immagini in senso narrativo trova una corrispondenza nei romanzi “morali” di Fielding, Defoe e Richardson, nel capolavoro teatrale L’opera del medicante d John Gay (1728), per cui opere come La carriera di una prostituta (1732), La carriera di un libertino (1735), Matrimonio alla moda (1745), Operosità e pigrizia (1747), I Quattro stadi della crudeltà (1751) costituiscono altrettante tappe di un percorso narrativo finalizzato a esplorare gli aspetti più corrotti di tutta la società, i vizi e i difetti della borghesia, il mondo degli arrivisti e speculatori incapaci di raggiungere una qualsiasi forma di riscatto morale.

Hogart si affida allo studio dei caratteri, alla minuziosa descrizione di ambienti e situazioni, alla definizione psicologica dei personaggi, alla trattazione realistica di argomenti scabrosi e grotteschi, polemici e persino crudeli, valorizzando ai massimi livelli la libertà della satira, compiendo esperimenti fino allora mai tentati da nessun pittore “serio”, per indicare la via maestra allo sviluppo della futura arte satirica. James Gillray (1757-1815) deve considerarsi l’inventore di quella semplificazione stilistica che ha consentito di adattare la grafica satirica alle esigenze della stampa giornalistica. I suoi disegni hanno una natura prevalentemente politica e possono essere raggruppati in tre categorie: le opere di costume, che mettono in ridicolo gli abiti e gli usi mondani; le opere politiche che riguardano la famiglia reale; le opere più strettamente politiche che riguardano il primo ministro William Pitt e il suo oppositore Charles James Fox, il re Giorgio III, la regina Charlotte, il dissoluto Principe di Galles. Sul piano internazionale le sue vignette diventano un formidabile e brutale strumento di propaganda contro la Francia rivoluzionaria e successivamente contro Napoleone, con un sarcasmo caratterizzato dalla forza delle deformazioni fisiognomiche dei personaggi, dall’arguzia nel saper cogliere determinate tipologie psicologiche, dalla ferocia con cui descrive il comportamento dei sanculotti. Con l’avvento della Restaurazione, la passione politica di Gillray comincia a declinare anche perché sono venute meno le motivazioni legate alla Rivoluzione francese, per cui le sue vignette riflettono soprattutto la vita sociale inglese e continuano a rimanere molto popolari e apprezzate da un pubblico colto e raffinato. Accanto a questi due grandi personaggi è possibile individuare una fitta schiera di artisti di notevole valore. Henry William Bunbury (1750-1811) è un autore impegnato a tradurre in disegni grotteschi gli aspetti sociali, politici e storici del suo tempo. Robert Dighton (1752-1814), dopo un inizio come ritrattista tradizionale, si afferma per i suoi ritratti caricatura


li di militari, attori, uomini politici, affrontando con un’autentica e attenta vena umoristica la corruzione e l’arroganza del potere, gli aspetti più significativi della vita sociale. Thomas Rowlandson (156-1827), dopo avere dimostrato notevoli doti artistiche come pittore e incisore, dal 1782 si dedica alla caricatura e alla satira, dimostrando di essere un acuto osservatore della società che esplora in profondità per tirare fuori tutto il potenziale comico dei comportamenti umani, senza porsi però quelle finalità morali proprie di Hogart. Infine, George Murgatroyd Woodward (1760-1809) si rivela un autore dalla personalità poliedrica (pittore, incisore, scrittore), particolarmente versato nella satira, rivelando particolari qualità tecniche e artistiche nelle raccolte Eccentric Excursions in England (1798), The Musical Mania (1802) e The British Sailoy Ashore. Insieme a Rowlandson, collabora alla Rivista della caricatura (1807-1812) e a The Caricatute Magazine. Dopo la Restaurazione, lo scontro politico via via si affievolisce con la normalizzazione della vita politica, lo sviluppo economico e un lungo periodo di pace, per cui la satira politica e sociale più pungente attraversa la Manica per approdare in Francia, dove vivrà una grande stagione grazia alla presenza di prestigiosi disegnatori satirici. Durante il primo Ottocento disegnatori e incisori lavorano prevalentemente per i giornali e mettono spesso la loro arte al servizio del governo e dei partiti, per incidere nel modo più vasto possibile sull’opinione pubblica attraverso uno stile semplice, accattivante e quindi “popolare”. Oltre al già citato Caricature Magazine, conquistano grande popolarità le riviste North Briton (la più antica pubblicazione satirica), The Scourge, The Meteor, The Humorist, Life in London. George Cruikshank (1792-1878) è la personalità di maggiore spicco che si distingue come caricaturista e disegnatore satirico di grande spessore, impegnato nel campo politico-sociale così da essere considerato come legittimo erede di Hogart e Gillroy. Egli produce fino al 1840 alcuni grandi cicli politici, dai quali emergono le sue idee antifrancesi, anticattoliche e radicali,

rivolgendo i propri attacchi satirici contro Napoleone ma anche contro il re Giorgio IV e la Regina Carolina. Negli anni successivi egli assume una posizione politica più moderata e diminuisce il suo interesse per la satira politica, per cui le sue opere satiriche si concentrano su determinati aspetti della vita sociale con un particolare impegno nella lotta contro l’alcolismo e il tabagismo. L’affermarsi della rivoluzione industriale ha portato al centro della scena politica la questione operaia per merito delle lotte portate avanti dalle varie componenti della classe operaia che chiedono migliori condizioni di vita con l’appoggio del movimento radicale, espressione della piccola borghesia. Negli anni Trenta la classe dirigente, divisa tra tories e whigs, cerca di fronteggiare la situazione, alternando forme di repressione e caute riforme liberali che prevedono la creazione dei primi sindacati di mestiere (Trade Unions), l’abolizione della schiavitù nelle colonie, l’approvazione di una legge che limita la giornata lavorativa dei fanciulli e tutela il lavoro femminile. La mancata applicazione di quest’ultima normativa causa una maggiore divisione tra capitalisti e proletari come dimostra la nascita del cartismo, un movimento politico che tenta di far approvare dal Parlamento la Carta del popolo nella quale si chiede, tra l’altro, il suffragio universale maschile e il voto segreto, l’abolizione dei limiti di censo per essere eletti e la retribuzione dei deputati. Il movimento liberista sfrutta i vantaggi dello sviluppo economico per conquistare il consenso di una parte della classe operaia, per cui si forma un’alleanza tra borghesia imprenditoriale e borghesia operaia che agevola la politica dei governi conservatori e l’applicazione dei principi liberisti in economia. La diffusione della ricchezza, facilitata dalla conquista di un vasto impero coloniale e dal controllo dei mercati internazionali, favorisce il formarsi di un’aristocrazia operaia che rinuncia a contestare il sistema capitalistico in cambio di una moderata politica di riforme, realizzate dai governi di Henry Palmerston, William Gladstone e Benjamin Disraeli,


li di militari, attori, uomini politici, affrontando con un’autentica e attenta vena umoristica la corruzione e l’arroganza del potere, gli aspetti più significativi della vita sociale. Thomas Rowlandson (156-1827), dopo avere dimostrato notevoli doti artistiche come pittore e incisore, dal 1782 si dedica alla caricatura e alla satira, dimostrando di essere un acuto osservatore della società che esplora in profondità per tirare fuori tutto il potenziale comico dei comportamenti umani, senza porsi però quelle finalità morali proprie di Hogart. Infine, George Murgatroyd Woodward (1760-1809) si rivela un autore dalla personalità poliedrica (pittore, incisore, scrittore), particolarmente versato nella satira, rivelando particolari qualità tecniche e artistiche nelle raccolte Eccentric Excursions in England (1798), The Musical Mania (1802) e The British Sailoy Ashore. Insieme a Rowlandson, collabora alla Rivista della caricatura (1807-1812) e a The Caricatute Magazine. Dopo la Restaurazione, lo scontro politico via via si affievolisce con la normalizzazione della vita politica, lo sviluppo economico e un lungo periodo di pace, per cui la satira politica e sociale più pungente attraversa la Manica per approdare in Francia, dove vivrà una grande stagione grazia alla presenza di prestigiosi disegnatori satirici. Durante il primo Ottocento disegnatori e incisori lavorano prevalentemente per i giornali e mettono spesso la loro arte al servizio del governo e dei partiti, per incidere nel modo più vasto possibile sull’opinione pubblica attraverso uno stile semplice, accattivante e quindi “popolare”. Oltre al già citato Caricature Magazine, conquistano grande popolarità le riviste North Briton (la più antica pubblicazione satirica), The Scourge, The Meteor, The Humorist, Life in London. George Cruikshank (1792-1878) è la personalità di maggiore spicco che si distingue come caricaturista e disegnatore satirico di grande spessore, impegnato nel campo politico-sociale così da essere considerato come legittimo erede di Hogart e Gillroy. Egli produce fino al 1840 alcuni grandi cicli politici, dai quali emergono le sue idee antifrancesi, anticattoliche e radicali,

rivolgendo i propri attacchi satirici contro Napoleone ma anche contro il re Giorgio IV e la Regina Carolina. Negli anni successivi egli assume una posizione politica più moderata e diminuisce il suo interesse per la satira politica, per cui le sue opere satiriche si concentrano su determinati aspetti della vita sociale con un particolare impegno nella lotta contro l’alcolismo e il tabagismo. L’affermarsi della rivoluzione industriale ha portato al centro della scena politica la questione operaia per merito delle lotte portate avanti dalle varie componenti della classe operaia che chiedono migliori condizioni di vita con l’appoggio del movimento radicale, espressione della piccola borghesia. Negli anni Trenta la classe dirigente, divisa tra tories e whigs, cerca di fronteggiare la situazione, alternando forme di repressione e caute riforme liberali che prevedono la creazione dei primi sindacati di mestiere (Trade Unions), l’abolizione della schiavitù nelle colonie, l’approvazione di una legge che limita la giornata lavorativa dei fanciulli e tutela il lavoro femminile. La mancata applicazione di quest’ultima normativa causa una maggiore divisione tra capitalisti e proletari come dimostra la nascita del cartismo, un movimento politico che tenta di far approvare dal Parlamento la Carta del popolo nella quale si chiede, tra l’altro, il suffragio universale maschile e il voto segreto, l’abolizione dei limiti di censo per essere eletti e la retribuzione dei deputati. Il movimento liberista sfrutta i vantaggi dello sviluppo economico per conquistare il consenso di una parte della classe operaia, per cui si forma un’alleanza tra borghesia imprenditoriale e borghesia operaia che agevola la politica dei governi conservatori e l’applicazione dei principi liberisti in economia. La diffusione della ricchezza, facilitata dalla conquista di un vasto impero coloniale e dal controllo dei mercati internazionali, favorisce il formarsi di un’aristocrazia operaia che rinuncia a contestare il sistema capitalistico in cambio di una moderata politica di riforme, realizzate dai governi di Henry Palmerston, William Gladstone e Benjamin Disraeli,


che consolidano l’impero coloniale in Africa e in Asia. Agli inizi del Novecento l’ascesa al governo dei liberali coincide con la necessità di dare un nuovo assetto organizzativo all’impero che ormai comprende un quarto della popolazione mondiale. Si comincia pertanto a tenere conto degli interessi di alcuni paesi che hanno raggiunto un proprio sviluppo culturale ed economico: lo status di dominion è accordato a Canada, Australia, Nuova Zelanda e Unione Sudafricana, con un’autonomia politica e amministrativa che esclude soltanto la politica estera, militare e commerciale. La vittoria dei liberali nel 1906 indirizza le risorse provenienti dalle colonie nel potenziamento dell’istruzione elementare e secondaria, nel rafforzamento del Welfare State, ma anche nella corsa agli armamenti al pari di altri paesi europei. Nella seconda metà dell’Ottocento la rivista satirica più celebre è il Punch Magazine, che prende il nome da una maschera clownesca e un po’ malvagia derivata dal nostro Pulcinella. Essa cine fondata il 7 luglio 1841 da Henry Mauyhew, dal disegnatore Ebenezer Landells e dal commediografo Douglas Jerrold, il quale mette la sua penna al servizio della rivista con articoli particolarmente pungenti, che contribuiscono a conquistare rapidamente il favore del pubblico. Successivamente Mark Lemon diventa il principale animatore del giornale (“punchis nothing wiyhout lemon”, “il punch non è niente senza limone”), che affronta tematiche politiche, si batte contro le ingiustizie sociali e si scontra con il partito dei Tories, per cui viene etichettato come un foglio “radicale”. Negli ultimi anni del secolo la rivista attenua la carica politica delle sue vignette e dei suoi articoli, diventando particolarmente popolare nei salotti della borghesia per il suo humour sofisticato molto diverso dalla restante stampa satirica del tempo. Il giornale annovera tra i suoi collaboratori importanti scrittori come Georges de Maurier, William Makepace Thackeray e P. G. Wodehouse, mentre tra i numerosi disegnatori si distinguono Richard Doyle (1824-1883), che è stato nel 1849 l’inventore della classica versione

grafica della rivista; John Leech (1817-1864), celebre per le sue vignette satiriche sui costumi e sui caratteri antropologici dei londinesi; John Tenniel (1820-1914) diventato famoso per le sue vignette di satira politica e per essere stato l’illustratore di tutte le opere di Lewis Carroll. In questa fase storica gli strali della satira sono indirizzati verso la Regina Vittoria e contro le politiche dei vari governi che si succedono nell’età vittoriana. Per esempio il Punch, in occasione della nomina della regina a Imperatrice dell’India, ritrae Disraeli nelle vesti del crudele stregone Jafar della Lampada di Aladino, raffigurato nell’atto di offrire alla sovrana la corona imperiale, ricevendo in cambio la corona reale per sottolineare lo sterminato potere di cui gode in quel momento il primo ministro inglese. Il Punch, restando fedele al suo stile, continua le pubblicazioni per tutto il Novecento fino al 1992, quando è costretto a chiudere l’attività, avendo cominciato a perdere progressivamente la sua presa. 2. La satira in Francia La Rivoluzione francese ha prodotto effetti così profondi e duraturi in Europa e in altri continenti da essere sottoposta ancora oggi a contrastanti valutazioni storiche e ideologiche: secondo la storiografia marxista si è trattato del trionfo della borghesia capitalistica e quindi di un necessario passaggio verso un nuovo ordine sociale; per la storiografia repubblicana e socialista è stata un evento caratterizzato soprattutto dalla fase giacobina, quando la borghesia rivoluzionaria, pur avendo scelto il Terrore come linea difensiva per la salvaguardia della Repubblica, ha introdotto importanti innovazioni sociali come la nozione di cittadinanza, il riconoscimento dei diritti politici fondamentali riguardanti l’elettorato attivo e passivo, il diritto all’istruzione e al lavoro; gli storici liberali rivalutano il periodo successivo alla caduta del Comitato di salute pubblica con l’ascesa al potere del Direttorio, smontando il concetto stesso di “rivoluzione” per negarne il contenuto e per

riconoscerne solo il valore della fase moderata. In ogni caso la Rivoluzione francese, comunque si valuti, deve essere considerata un evento che ha cambiato il corso della storia, producendo effetti che hanno avuto una straordinaria importanza politica: l’affermazione dei diritti civili in nome dell’uguaglianza giuridica (diritti di opinione, di stampa, di culto), l’idea di Nazione e di uno Stato basato sulla separazione dei poteri e sulla rappresentanza dei cittadini, una concezione laica dello Stato e della società; una opinione pubblica che si forma e si esprime attraverso i primi partiti moderni, per mezzo dei giornali e di altri mezzi di comunicazione; l’introduzione nella fase napoleonica di nuovi codici e di un nuovo sistema amministrativo. Non è per caso che nella seconda metà del Settecento nascono in Francia i primi quotidiani moderni come il Journal de Paris, Le Moniteur, Le Journal de Debats, ma è soprattutto durante la Rivoluzione che si verifica una straordinaria fioritura di giornali, poiché tra il 1789 e il 1800 si possono contare 1350 testate, in molte delle quali fa la sua apparizione la satira disegnata che ha svolto un ruolo importante nella formazione dell’opinione pubblica durante la lotta del Terzo Stato contro la monarchia assoluta, l’aristocrazia e il clero; nel successivo periodo della Repubblica e del Terrore; nella fase conclusiva fase del Termidoro e nel corso dell’età napoleonica. La satira è usata anche per colpire i nemici esterni della Rivoluzione, cioè i fuoriusciti monarchici, i sovrani e i governi degli imperi di Austria e Germania, in particolare dell’Inghilterra, considerata la maggiore nemica della Francia. Le testate più famose, che trattano temi politici e che ospitano caricature, vignette satiriche e illustrazioni allegoriche, sono Les Révolutions de Paris, Le Révolution de France et de Brabant, Le Patriote français, Le Moniteur, Le Journal de Paris, Les Amis du Roi, Le Journal de Provence, Annales Patriotiques, Courier de Versailles, L’Ami du Peuple, Le Père Duchesne, Courier de Lyon, Courier de Provence, Journal de Mariseille et des départimentents méridionaux.

Le caricature e le vignette satiriche consentono di ricostruire il percorso politico, sociale e culturale della Rivoluzione francese, partendo dalla fase prerivoluzionaria per poi attraversarne tutte le fasi fino alla presa del potere da parte di Napoleone. L’importanza della satira disegnata è avvertita anche nel corso della Rivoluzione, perché si comprende sia il valore del suo contributo per analizzare e capire le mutazioni del carattere nazionale e le trasformazioni politiche, sia la sua funzione di testimonianza storica a futura memoria. Nel 1792 il giornalista Boyer-Brun, pur essendo di parte realista, pubblica una Histoire des caricatures de la révolte des Français che riconosce l’importanza di questo fenomeno. Nell’Ottocento invece il valore della satira è sottovalutato dagli avversari della Rivoluzione come i fratelli Goncourt, che considerano la caricatura francese priva di radici e di scarso valore storico-artistico: “Più la caricatura francese si sviluppa, più essa cammina verso il Terrore e più la vedete depressa e impoverita, inerme di fronte all’epoca spaventosa cui tenta di strappare un sorriso”. Ci vorrà del tempo per capire che la satira politica è un formidabile strumento d’indagine storica, quando si afferma che la caricatura rivoluzionaria non è meno importante di altre caricature come quella inglese, perché “la sua maschera, sebbene assuma diverse espressioni durante il periodo rivoluzionario e smorfie minacciose ne intorbidino le linee, nonostante la sua fisionomia grave e astiosa, appartiene al museo della parodia” (Champfleury). Nel 1789 la satira esalta le giornate del 14 luglio e del 4 agosto, inneggia alla libertà e all’Assemblea costituente; si scaglia contro i due ordini superiori, mettendo in evidenza i soprusi e le ingiustizie subite dal Terzo Stato, invocando parità di diritti per tutti comprese le donne. La satira contribuisce al crollo dell’Ancien Regime, inneggiando alla sconfitta del dispotismo, alla Libertà e all’Eguaglianza sancite dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Essa mostra il suo volto più duro contro l’aristocrazia e contro chi ha un atteggiamento politico ambiguo come il generale La


che consolidano l’impero coloniale in Africa e in Asia. Agli inizi del Novecento l’ascesa al governo dei liberali coincide con la necessità di dare un nuovo assetto organizzativo all’impero che ormai comprende un quarto della popolazione mondiale. Si comincia pertanto a tenere conto degli interessi di alcuni paesi che hanno raggiunto un proprio sviluppo culturale ed economico: lo status di dominion è accordato a Canada, Australia, Nuova Zelanda e Unione Sudafricana, con un’autonomia politica e amministrativa che esclude soltanto la politica estera, militare e commerciale. La vittoria dei liberali nel 1906 indirizza le risorse provenienti dalle colonie nel potenziamento dell’istruzione elementare e secondaria, nel rafforzamento del Welfare State, ma anche nella corsa agli armamenti al pari di altri paesi europei. Nella seconda metà dell’Ottocento la rivista satirica più celebre è il Punch Magazine, che prende il nome da una maschera clownesca e un po’ malvagia derivata dal nostro Pulcinella. Essa cine fondata il 7 luglio 1841 da Henry Mauyhew, dal disegnatore Ebenezer Landells e dal commediografo Douglas Jerrold, il quale mette la sua penna al servizio della rivista con articoli particolarmente pungenti, che contribuiscono a conquistare rapidamente il favore del pubblico. Successivamente Mark Lemon diventa il principale animatore del giornale (“punchis nothing wiyhout lemon”, “il punch non è niente senza limone”), che affronta tematiche politiche, si batte contro le ingiustizie sociali e si scontra con il partito dei Tories, per cui viene etichettato come un foglio “radicale”. Negli ultimi anni del secolo la rivista attenua la carica politica delle sue vignette e dei suoi articoli, diventando particolarmente popolare nei salotti della borghesia per il suo humour sofisticato molto diverso dalla restante stampa satirica del tempo. Il giornale annovera tra i suoi collaboratori importanti scrittori come Georges de Maurier, William Makepace Thackeray e P. G. Wodehouse, mentre tra i numerosi disegnatori si distinguono Richard Doyle (1824-1883), che è stato nel 1849 l’inventore della classica versione

grafica della rivista; John Leech (1817-1864), celebre per le sue vignette satiriche sui costumi e sui caratteri antropologici dei londinesi; John Tenniel (1820-1914) diventato famoso per le sue vignette di satira politica e per essere stato l’illustratore di tutte le opere di Lewis Carroll. In questa fase storica gli strali della satira sono indirizzati verso la Regina Vittoria e contro le politiche dei vari governi che si succedono nell’età vittoriana. Per esempio il Punch, in occasione della nomina della regina a Imperatrice dell’India, ritrae Disraeli nelle vesti del crudele stregone Jafar della Lampada di Aladino, raffigurato nell’atto di offrire alla sovrana la corona imperiale, ricevendo in cambio la corona reale per sottolineare lo sterminato potere di cui gode in quel momento il primo ministro inglese. Il Punch, restando fedele al suo stile, continua le pubblicazioni per tutto il Novecento fino al 1992, quando è costretto a chiudere l’attività, avendo cominciato a perdere progressivamente la sua presa. 2. La satira in Francia La Rivoluzione francese ha prodotto effetti così profondi e duraturi in Europa e in altri continenti da essere sottoposta ancora oggi a contrastanti valutazioni storiche e ideologiche: secondo la storiografia marxista si è trattato del trionfo della borghesia capitalistica e quindi di un necessario passaggio verso un nuovo ordine sociale; per la storiografia repubblicana e socialista è stata un evento caratterizzato soprattutto dalla fase giacobina, quando la borghesia rivoluzionaria, pur avendo scelto il Terrore come linea difensiva per la salvaguardia della Repubblica, ha introdotto importanti innovazioni sociali come la nozione di cittadinanza, il riconoscimento dei diritti politici fondamentali riguardanti l’elettorato attivo e passivo, il diritto all’istruzione e al lavoro; gli storici liberali rivalutano il periodo successivo alla caduta del Comitato di salute pubblica con l’ascesa al potere del Direttorio, smontando il concetto stesso di “rivoluzione” per negarne il contenuto e per

riconoscerne solo il valore della fase moderata. In ogni caso la Rivoluzione francese, comunque si valuti, deve essere considerata un evento che ha cambiato il corso della storia, producendo effetti che hanno avuto una straordinaria importanza politica: l’affermazione dei diritti civili in nome dell’uguaglianza giuridica (diritti di opinione, di stampa, di culto), l’idea di Nazione e di uno Stato basato sulla separazione dei poteri e sulla rappresentanza dei cittadini, una concezione laica dello Stato e della società; una opinione pubblica che si forma e si esprime attraverso i primi partiti moderni, per mezzo dei giornali e di altri mezzi di comunicazione; l’introduzione nella fase napoleonica di nuovi codici e di un nuovo sistema amministrativo. Non è per caso che nella seconda metà del Settecento nascono in Francia i primi quotidiani moderni come il Journal de Paris, Le Moniteur, Le Journal de Debats, ma è soprattutto durante la Rivoluzione che si verifica una straordinaria fioritura di giornali, poiché tra il 1789 e il 1800 si possono contare 1350 testate, in molte delle quali fa la sua apparizione la satira disegnata che ha svolto un ruolo importante nella formazione dell’opinione pubblica durante la lotta del Terzo Stato contro la monarchia assoluta, l’aristocrazia e il clero; nel successivo periodo della Repubblica e del Terrore; nella fase conclusiva fase del Termidoro e nel corso dell’età napoleonica. La satira è usata anche per colpire i nemici esterni della Rivoluzione, cioè i fuoriusciti monarchici, i sovrani e i governi degli imperi di Austria e Germania, in particolare dell’Inghilterra, considerata la maggiore nemica della Francia. Le testate più famose, che trattano temi politici e che ospitano caricature, vignette satiriche e illustrazioni allegoriche, sono Les Révolutions de Paris, Le Révolution de France et de Brabant, Le Patriote français, Le Moniteur, Le Journal de Paris, Les Amis du Roi, Le Journal de Provence, Annales Patriotiques, Courier de Versailles, L’Ami du Peuple, Le Père Duchesne, Courier de Lyon, Courier de Provence, Journal de Mariseille et des départimentents méridionaux.

Le caricature e le vignette satiriche consentono di ricostruire il percorso politico, sociale e culturale della Rivoluzione francese, partendo dalla fase prerivoluzionaria per poi attraversarne tutte le fasi fino alla presa del potere da parte di Napoleone. L’importanza della satira disegnata è avvertita anche nel corso della Rivoluzione, perché si comprende sia il valore del suo contributo per analizzare e capire le mutazioni del carattere nazionale e le trasformazioni politiche, sia la sua funzione di testimonianza storica a futura memoria. Nel 1792 il giornalista Boyer-Brun, pur essendo di parte realista, pubblica una Histoire des caricatures de la révolte des Français che riconosce l’importanza di questo fenomeno. Nell’Ottocento invece il valore della satira è sottovalutato dagli avversari della Rivoluzione come i fratelli Goncourt, che considerano la caricatura francese priva di radici e di scarso valore storico-artistico: “Più la caricatura francese si sviluppa, più essa cammina verso il Terrore e più la vedete depressa e impoverita, inerme di fronte all’epoca spaventosa cui tenta di strappare un sorriso”. Ci vorrà del tempo per capire che la satira politica è un formidabile strumento d’indagine storica, quando si afferma che la caricatura rivoluzionaria non è meno importante di altre caricature come quella inglese, perché “la sua maschera, sebbene assuma diverse espressioni durante il periodo rivoluzionario e smorfie minacciose ne intorbidino le linee, nonostante la sua fisionomia grave e astiosa, appartiene al museo della parodia” (Champfleury). Nel 1789 la satira esalta le giornate del 14 luglio e del 4 agosto, inneggia alla libertà e all’Assemblea costituente; si scaglia contro i due ordini superiori, mettendo in evidenza i soprusi e le ingiustizie subite dal Terzo Stato, invocando parità di diritti per tutti comprese le donne. La satira contribuisce al crollo dell’Ancien Regime, inneggiando alla sconfitta del dispotismo, alla Libertà e all’Eguaglianza sancite dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Essa mostra il suo volto più duro contro l’aristocrazia e contro chi ha un atteggiamento politico ambiguo come il generale La


Fayette; si attaccano sempre più apertamente il re Luigi XVI e la regina Maria Antonietta, oggetto di vignette che alludono alla sua dissolutezza e che rasentano l’oscenità. Con l’avvento dei Giacobini la polemica satirica si scaglia contro la monarchia, soprattutto dopo la fuga di Varennes e l’arresto del re, mentre essa esalta i valori popolari, la Guardia nazionale e l’esercito chiamato a difendere la repubblica dall’attacco delle nazioni nemiche. La satira, al pari dell’illustrazione, accompagna la cronaca politica di quegli anni e, tra la fine del 1791 e la primavera del 1792, diventa particolarmente aggressiva la caricatura controrivoluzionaria d’ispirazione realista che attacca gli esponenti politici giacobini e “foglianti” e cerca di difendere la monarchia dall’assedio dei rivoluzionari. Per reazione, la caricatura rivoluzionaria denigra in tutti i modi la figura di Luigi XVI e rappresenta la necessità di abbattere tutti i troni europei, auspicando la caduta dei tiranni per il bene dell’umanità. La satira d’ispirazione giacobina attacca Brissot e la parte moderata dello schieramento politico, quella reazionaria rappresenta i sanculotti come degli straccioni, propaganda la miseria di operai, mercanti e disoccupati parigini. Questo tema è ripreso dalla satira inglese, da Gillray e da altri caricaturisti, per sottolineare che la Rivoluzione francese ha prodotto delle gravi difficoltà economiche, mentre l’Inghilterra gode di una stagione di grande prosperità. Dopo la vittoria di Valmy (10 agosto 1792), la satira francese si accanisce contro l’esercito prussiano costretto a un’indecorosa ritirata; a sua volta gli autori inglesi deridono l’inutile coalizione dei sovrani europei e l’iniziativa del papa che mobilita le sue sante coorti per marciare contro la Rivoluzione, mentre l’arma segreta inglese è il personaggio di John Bull che, con un peto, distrugge le navi francesi che vogliono invadere l’Inghilterra. La satira anglosassone si accanisce in modo particolare contro i sanculotti rappresentati con espressioni truculente e bestiali, come esseri assetati di sangue e accusati da

Gillray persino di antropofagia. La situazione diventa drammatica con la caduta dei Girondini, perché si susseguono le esecuzioni capitali e c’è poca voglia di satira: da un lato si esalta la ghigliottina come sostegno e “sentinella” della Libertà, dall’altra si condanna il “Mostro Ghigliottina”, raffigurata da Gillray come una macchina mostruosa assetata di sangue. L’assassinio di Marat aggrava la situazione, perché Hebert, che è sostituto procuratore del Comune di Parigi, guida il gruppo dei Cordiglieri per accentuare la lotta ai tiranni, agli aristocratici e agli accaparratori, conducendo questa battaglia sulle pagine del Papà Duschene con articoli e caricature contro i nobili, i preti e i moderati. Questa radicalizzazione politica coalizza gli avversari contro i giacobini e i montagnardi così che, quando Hebert proclama la necessità dell’insurrezione per la salvezza della Repubblica, è arrestato e condannato a morte insieme ai suoi amici. Da quel momento la Repubblica divora i suoi figli migliori: cadono le teste di Danton, Robespierre e Saint-Just e si apre la strada al Terrore bianco, al governo del Direttorio e alla nuova Costituzione del 1799. E’ il momento della rivincita dei moderati, dei Moscardins e delle Merveilleuses, della nuova borghesia post-rivoluzionaria, per cui la satira si scaglia contro l’arrembante classe sociale, sbeffeggiando l’ostentazione dei nuovi ricchi. Con l’inizio dell’epoca napoleonica la satira condanna i poveri Giacobini all’Inferno, si occupa della campagna d’Italia e d’Egitto, della seconda coalizione antifrancese, prendendo a modello lo stile di Gillray per evocare la rovina delle armate inglesi e alleate, la rovina della “perfida Albione”. Sulla base di questa grande tradizione, nella Francia dell’Ottocento si sviluppa la stagione d’oro della satira che si apre con due riviste: La Caricature (1830) fondata e diretta da Charles Philipon e Gabriel Aubert, periodico repubblicano soppresso nel 1835; Le Charivari (1832) che acquista rapidamente una grande popolarità grazie alla collaborazione di alcuni grandi artisti come Daumier, Gavarni, Grandivil-

le, Gris e Nadar. Honoré Daumier (1808-1897), pittore, incisore, scultore, è il primo a dedicarsi alle vignette di satira politica, ottenendo risultati di altissimo livello con una serie di opere che raffigurano tutte le classi sociali, argomenti politici, caricature dei rappresentanti del potere politico e della magistratura, oppure esponenti delle professioni liberali (avvocati, medici). Memorabile rimane il personaggio di Robert Macaire, un uomo d’affari corrotto e arrivista sempre pronto a sfruttare qualsiasi occasione da cui è possibile trarre un profitto. Un altro grande autore è Paul Gavarni (1804-1866), pseudonimo di Guillaume Sulpice Chevalier, che inizia la sua carriera di disegnatore satirico nel 1832 con le raccolte Physionomies de la population de Paris e Travestiments. Per la rivista Le Charivari crea le serie Fourberies des femmes en matière de sentiments (1837), Loretts (1841), Etudians à Paris (1847); quindi chiude la sua carriera con l’album Typies Français (1858) nel quale sono rappresenti in modo caricaturale i costumi e i comportamenti dei personaggi tipici della società francese del suo tempo. Il terzo grande è Nadar (1820-1910), il maggiore fotografo francese dell’Ottocento, che è anche un brillante disegnatore satirico famoso soprattutto per la serie Vie publique et privèe de Mossieu Réac, storia di un borghese immorale e profittatore, il quale fin dall’infanzia cerca di farsi strada con l’inganno e l’imbroglio, riuscendo a diventare ricco e potente fino a ottenere nel1848 la carica di Prefetto nello stesso momento in cui lo raggiunge la notizia della fuga del Re e della proclamazione della Repubblica. Durante la Restaurazione comincia a diffondersi in Francia l’ideale di “nazione” intesa come un gruppo sociale integrato di diverse componenti politiche, amministrative, economiche, linguistiche, culturali, religiose, geografiche e storiche tendenti a formare una “coscienza collettiva”; parallelamente nasce l’idea di Stato-nazione secondo la quale i confini territoriali devono coincidere con la sovranità statale per garantire

l’unità culturale della nazione. Il movimento politico fondato sugli ideali di libertà, indipendenza e democrazia assume ben presto dimensioni europee e provoca nel 1848 un’esplosione rivoluzionaria continentale che in Francia determina la caduta della monarchia e la proclamazione della Repubblica ispirata ai principi dell’Ottantanove. Il colpo di Stato attuato nel 1851 da Luigi Bonaparte, che era stato nominato primo presidente della repubblica, istaura un governo conservatore che ottiene l’appoggio della Chiesa, anche se sono introdotte alcune riforme sociali per acquisire il consenso delle fasce più deboli della popolazione. L’anno delle rivoluzioni segna anche lo spartiacque tra le pubblicazioni del primo Ottocento e la grande fioritura della stampa satirica che inizia con la Revue comique des gens sérieux (1848-1849) decisamente schierata contro Luigi Napoleone e per questo rapidamente soppressa, malgrado abbia degli illustri collaboratori come Nadar. Dopo il 1850 vengono fondate numerose e prestigiose riviste: le Petit journal pour rire (1856), che si avvale di grandi disegnatori fra cui Gilbert Randon e Gustave Doré; Le Petit Journal (1863), L’Almanach du Charivari, L’Almanach du Parisiennes (1870), Le fils du Père Duchène (1871), La revue comique (1871), Le Grelot journal illustrè, politque et satirique (18711899), La Scie (1872), Le Sifflet journal humoristique de la famille (1872-1873). Una rivista particolarmente popolare è La Lune (18651868), che arriva a vendere cinquantamila copie soprattutto per merito di André Gill (1840-1885), un maestro della caricatura divenuto celebre per i ritratti velenosi dei maggiori personaggi dell’epoca e per le sue graffianti copertine. Egli conquista una grande popolarità e pensa che questo possa tenerlo al riparo dai colpi della censura, ma arriva a colpire troppo in alto, quando rappresenta Napoleone III come Rocambole, mezzo dandy e mezzo assassino. La rivista viene immediatamente soppressa, ma Gill fonda Eclipse journal hebdomadaire politique satirique et illustrè (18681877), un foglio repubblicano e anticlericale, dove


Fayette; si attaccano sempre più apertamente il re Luigi XVI e la regina Maria Antonietta, oggetto di vignette che alludono alla sua dissolutezza e che rasentano l’oscenità. Con l’avvento dei Giacobini la polemica satirica si scaglia contro la monarchia, soprattutto dopo la fuga di Varennes e l’arresto del re, mentre essa esalta i valori popolari, la Guardia nazionale e l’esercito chiamato a difendere la repubblica dall’attacco delle nazioni nemiche. La satira, al pari dell’illustrazione, accompagna la cronaca politica di quegli anni e, tra la fine del 1791 e la primavera del 1792, diventa particolarmente aggressiva la caricatura controrivoluzionaria d’ispirazione realista che attacca gli esponenti politici giacobini e “foglianti” e cerca di difendere la monarchia dall’assedio dei rivoluzionari. Per reazione, la caricatura rivoluzionaria denigra in tutti i modi la figura di Luigi XVI e rappresenta la necessità di abbattere tutti i troni europei, auspicando la caduta dei tiranni per il bene dell’umanità. La satira d’ispirazione giacobina attacca Brissot e la parte moderata dello schieramento politico, quella reazionaria rappresenta i sanculotti come degli straccioni, propaganda la miseria di operai, mercanti e disoccupati parigini. Questo tema è ripreso dalla satira inglese, da Gillray e da altri caricaturisti, per sottolineare che la Rivoluzione francese ha prodotto delle gravi difficoltà economiche, mentre l’Inghilterra gode di una stagione di grande prosperità. Dopo la vittoria di Valmy (10 agosto 1792), la satira francese si accanisce contro l’esercito prussiano costretto a un’indecorosa ritirata; a sua volta gli autori inglesi deridono l’inutile coalizione dei sovrani europei e l’iniziativa del papa che mobilita le sue sante coorti per marciare contro la Rivoluzione, mentre l’arma segreta inglese è il personaggio di John Bull che, con un peto, distrugge le navi francesi che vogliono invadere l’Inghilterra. La satira anglosassone si accanisce in modo particolare contro i sanculotti rappresentati con espressioni truculente e bestiali, come esseri assetati di sangue e accusati da

Gillray persino di antropofagia. La situazione diventa drammatica con la caduta dei Girondini, perché si susseguono le esecuzioni capitali e c’è poca voglia di satira: da un lato si esalta la ghigliottina come sostegno e “sentinella” della Libertà, dall’altra si condanna il “Mostro Ghigliottina”, raffigurata da Gillray come una macchina mostruosa assetata di sangue. L’assassinio di Marat aggrava la situazione, perché Hebert, che è sostituto procuratore del Comune di Parigi, guida il gruppo dei Cordiglieri per accentuare la lotta ai tiranni, agli aristocratici e agli accaparratori, conducendo questa battaglia sulle pagine del Papà Duschene con articoli e caricature contro i nobili, i preti e i moderati. Questa radicalizzazione politica coalizza gli avversari contro i giacobini e i montagnardi così che, quando Hebert proclama la necessità dell’insurrezione per la salvezza della Repubblica, è arrestato e condannato a morte insieme ai suoi amici. Da quel momento la Repubblica divora i suoi figli migliori: cadono le teste di Danton, Robespierre e Saint-Just e si apre la strada al Terrore bianco, al governo del Direttorio e alla nuova Costituzione del 1799. E’ il momento della rivincita dei moderati, dei Moscardins e delle Merveilleuses, della nuova borghesia post-rivoluzionaria, per cui la satira si scaglia contro l’arrembante classe sociale, sbeffeggiando l’ostentazione dei nuovi ricchi. Con l’inizio dell’epoca napoleonica la satira condanna i poveri Giacobini all’Inferno, si occupa della campagna d’Italia e d’Egitto, della seconda coalizione antifrancese, prendendo a modello lo stile di Gillray per evocare la rovina delle armate inglesi e alleate, la rovina della “perfida Albione”. Sulla base di questa grande tradizione, nella Francia dell’Ottocento si sviluppa la stagione d’oro della satira che si apre con due riviste: La Caricature (1830) fondata e diretta da Charles Philipon e Gabriel Aubert, periodico repubblicano soppresso nel 1835; Le Charivari (1832) che acquista rapidamente una grande popolarità grazie alla collaborazione di alcuni grandi artisti come Daumier, Gavarni, Grandivil-

le, Gris e Nadar. Honoré Daumier (1808-1897), pittore, incisore, scultore, è il primo a dedicarsi alle vignette di satira politica, ottenendo risultati di altissimo livello con una serie di opere che raffigurano tutte le classi sociali, argomenti politici, caricature dei rappresentanti del potere politico e della magistratura, oppure esponenti delle professioni liberali (avvocati, medici). Memorabile rimane il personaggio di Robert Macaire, un uomo d’affari corrotto e arrivista sempre pronto a sfruttare qualsiasi occasione da cui è possibile trarre un profitto. Un altro grande autore è Paul Gavarni (1804-1866), pseudonimo di Guillaume Sulpice Chevalier, che inizia la sua carriera di disegnatore satirico nel 1832 con le raccolte Physionomies de la population de Paris e Travestiments. Per la rivista Le Charivari crea le serie Fourberies des femmes en matière de sentiments (1837), Loretts (1841), Etudians à Paris (1847); quindi chiude la sua carriera con l’album Typies Français (1858) nel quale sono rappresenti in modo caricaturale i costumi e i comportamenti dei personaggi tipici della società francese del suo tempo. Il terzo grande è Nadar (1820-1910), il maggiore fotografo francese dell’Ottocento, che è anche un brillante disegnatore satirico famoso soprattutto per la serie Vie publique et privèe de Mossieu Réac, storia di un borghese immorale e profittatore, il quale fin dall’infanzia cerca di farsi strada con l’inganno e l’imbroglio, riuscendo a diventare ricco e potente fino a ottenere nel1848 la carica di Prefetto nello stesso momento in cui lo raggiunge la notizia della fuga del Re e della proclamazione della Repubblica. Durante la Restaurazione comincia a diffondersi in Francia l’ideale di “nazione” intesa come un gruppo sociale integrato di diverse componenti politiche, amministrative, economiche, linguistiche, culturali, religiose, geografiche e storiche tendenti a formare una “coscienza collettiva”; parallelamente nasce l’idea di Stato-nazione secondo la quale i confini territoriali devono coincidere con la sovranità statale per garantire

l’unità culturale della nazione. Il movimento politico fondato sugli ideali di libertà, indipendenza e democrazia assume ben presto dimensioni europee e provoca nel 1848 un’esplosione rivoluzionaria continentale che in Francia determina la caduta della monarchia e la proclamazione della Repubblica ispirata ai principi dell’Ottantanove. Il colpo di Stato attuato nel 1851 da Luigi Bonaparte, che era stato nominato primo presidente della repubblica, istaura un governo conservatore che ottiene l’appoggio della Chiesa, anche se sono introdotte alcune riforme sociali per acquisire il consenso delle fasce più deboli della popolazione. L’anno delle rivoluzioni segna anche lo spartiacque tra le pubblicazioni del primo Ottocento e la grande fioritura della stampa satirica che inizia con la Revue comique des gens sérieux (1848-1849) decisamente schierata contro Luigi Napoleone e per questo rapidamente soppressa, malgrado abbia degli illustri collaboratori come Nadar. Dopo il 1850 vengono fondate numerose e prestigiose riviste: le Petit journal pour rire (1856), che si avvale di grandi disegnatori fra cui Gilbert Randon e Gustave Doré; Le Petit Journal (1863), L’Almanach du Charivari, L’Almanach du Parisiennes (1870), Le fils du Père Duchène (1871), La revue comique (1871), Le Grelot journal illustrè, politque et satirique (18711899), La Scie (1872), Le Sifflet journal humoristique de la famille (1872-1873). Una rivista particolarmente popolare è La Lune (18651868), che arriva a vendere cinquantamila copie soprattutto per merito di André Gill (1840-1885), un maestro della caricatura divenuto celebre per i ritratti velenosi dei maggiori personaggi dell’epoca e per le sue graffianti copertine. Egli conquista una grande popolarità e pensa che questo possa tenerlo al riparo dai colpi della censura, ma arriva a colpire troppo in alto, quando rappresenta Napoleone III come Rocambole, mezzo dandy e mezzo assassino. La rivista viene immediatamente soppressa, ma Gill fonda Eclipse journal hebdomadaire politique satirique et illustrè (18681877), un foglio repubblicano e anticlericale, dove


l’artista continua la sua battaglia politica durante la Comune e la Terza Repubblica, colpendo Bonapartisti, Orleanisti e Gesuiti. Per la chiusura de L’Eclipse, Gill fonda La Petite Lune (1878-1879), ma nel 1880 abbandona la satira per dedicarsi alla pittura e alla poesia; ammalato di mente, è ricoverato nel tristemente celebre manicomio di Charenton, nel quale resterà fino alla morte. Quasi tutte le pubblicazioni satiriche del tempo hanno un indirizzo politico repubblicano, democratico, antibonapartista e antigermanico, perché sono fortemente coinvolte dalla guerra prussiana e dalle vicende della Comune di Parigi (1871), primo esempio di governo rivoluzionario, operaio e democratico. Il governo conservatore di Thiers, spinto dalla paura di un’eventuale affermazione del socialismo, chiude rapidamente la vicenda della Comune attraverso una feroce repressione con la fucilazione di ventimila comunardi e la deportazione in massa nelle colonie penali. Dopo la guerra franco-prussiana, la Terza Repubblica è caratterizzata da forti contrasti politici tra reazionari e radicali. Queste lotte non impediscono tuttavia una modernizzazione della Francia sotto il profilo amministrativo ed economico, con l’introduzione del servizio militare obbligatorio, della riforma dell’istruzione elementare gratuita e obbligatoria, con l’espansione dei domini coloniali soprattutto in Asia. Il primo decennio del Novecento prende il nome di Belle Epoque, nel corso della quale la Francia gode di un periodo di pace, raggiunge un imponente sviluppo economico e tecnologico come avviene in altri paesi europei (le invenzioni della bicicletta, dell’automobile, della luce elettrica, del cinema), mentre Parigi diventa il principale centro di una grande fioritura artistica. Oltre alla borghesia imprenditoriale, crescono i ceti medi attivi nel terziario e nelle libere professioni, si amplia il mercato dei beni di consumo. Nascono nuovi partiti, associazioni industriali e operaie, cresce il peso dell’opinione pubblica grazie all’aumento dell’alfabetizzazione e alla diffusione della stampa che esprime

gli orientamenti dei vari gruppi politici conservatori, radicali, socialisti e cattolici. Si afferma il nazionalismo, un’ideologia che vuole perseguire una stretta unità tra nazione e popolo per creare una coesione e un maggiore senso di appartenenza allo Stato (“nazionalizzazione delle masse”). Questo movimento ha anche una connotazione antisemita che prende corpo con l’ affaire Dreyfus (1894), quando un ufficiale di origine ebraica è ingiustamente accusato di spionaggio a favore dei tedeschi. A seguito dello scandalo che travolge l’esercito e le istituzioni, i nazionalisti monarchici e i cattolici dell’Action française, capeggiati da Maurice Barrès e Charles Maurras, sono sconfitti dall’unione di repubblicani, radicali e socialisti, ma il loro governo ha una breve durata e i conservatori ritornano al potere nel 1913 con il presidente Raymond Poincaré, che opera una svolta di tipo nazionalista e militarista. Negli ultimi anni del secolo escono numerose riviste come Les chambres comiques: revue satirique des débats parlamentaires (1886); il settimanale di piccolo formato intitolato L’illustré de Poche (1895), Le Rire (18941950), a cui collaborano grandi pittori come Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Hermann, Juan Gris, Gewroger Meunier, gli italiani Leonetto Cappiello (18751942) e Cesare Giri (1877-1941); Le cri de Paris (1897) e Le sourire (1899-1901), dove troviamo come collaboratori ancora Cappiello e Giri che hanno ormai conquistato una posizione di prestigio, La vie pour Rire dove collabora ancora Cesare Giri. Durante la Belle Epoque, le riviste satiriche vivono una stagione rigogliosa, perché la loro satira graffiante prende di mira la politica e la vita sociale dei Francesi grazie all’apporto di grandi disegnatori e caricaturisti come Henry Gerbault e Caran d’Ache (1858-1909). Riprende vigore La Vie Parisienne (1863), uno dei più famosi settimanali francesi che ha sempre avuto tra i suoi collaboratori illustri artisti e scrittori. Nel primo Novecento la rivista cambia in parte indirizzo e rivolge una maggiore attenzione al pubblico femminile con un taglio moderatamente erotico, occupandosi non solo


l’artista continua la sua battaglia politica durante la Comune e la Terza Repubblica, colpendo Bonapartisti, Orleanisti e Gesuiti. Per la chiusura de L’Eclipse, Gill fonda La Petite Lune (1878-1879), ma nel 1880 abbandona la satira per dedicarsi alla pittura e alla poesia; ammalato di mente, è ricoverato nel tristemente celebre manicomio di Charenton, nel quale resterà fino alla morte. Quasi tutte le pubblicazioni satiriche del tempo hanno un indirizzo politico repubblicano, democratico, antibonapartista e antigermanico, perché sono fortemente coinvolte dalla guerra prussiana e dalle vicende della Comune di Parigi (1871), primo esempio di governo rivoluzionario, operaio e democratico. Il governo conservatore di Thiers, spinto dalla paura di un’eventuale affermazione del socialismo, chiude rapidamente la vicenda della Comune attraverso una feroce repressione con la fucilazione di ventimila comunardi e la deportazione in massa nelle colonie penali. Dopo la guerra franco-prussiana, la Terza Repubblica è caratterizzata da forti contrasti politici tra reazionari e radicali. Queste lotte non impediscono tuttavia una modernizzazione della Francia sotto il profilo amministrativo ed economico, con l’introduzione del servizio militare obbligatorio, della riforma dell’istruzione elementare gratuita e obbligatoria, con l’espansione dei domini coloniali soprattutto in Asia. Il primo decennio del Novecento prende il nome di Belle Epoque, nel corso della quale la Francia gode di un periodo di pace, raggiunge un imponente sviluppo economico e tecnologico come avviene in altri paesi europei (le invenzioni della bicicletta, dell’automobile, della luce elettrica, del cinema), mentre Parigi diventa il principale centro di una grande fioritura artistica. Oltre alla borghesia imprenditoriale, crescono i ceti medi attivi nel terziario e nelle libere professioni, si amplia il mercato dei beni di consumo. Nascono nuovi partiti, associazioni industriali e operaie, cresce il peso dell’opinione pubblica grazie all’aumento dell’alfabetizzazione e alla diffusione della stampa che esprime

gli orientamenti dei vari gruppi politici conservatori, radicali, socialisti e cattolici. Si afferma il nazionalismo, un’ideologia che vuole perseguire una stretta unità tra nazione e popolo per creare una coesione e un maggiore senso di appartenenza allo Stato (“nazionalizzazione delle masse”). Questo movimento ha anche una connotazione antisemita che prende corpo con l’ affaire Dreyfus (1894), quando un ufficiale di origine ebraica è ingiustamente accusato di spionaggio a favore dei tedeschi. A seguito dello scandalo che travolge l’esercito e le istituzioni, i nazionalisti monarchici e i cattolici dell’Action française, capeggiati da Maurice Barrès e Charles Maurras, sono sconfitti dall’unione di repubblicani, radicali e socialisti, ma il loro governo ha una breve durata e i conservatori ritornano al potere nel 1913 con il presidente Raymond Poincaré, che opera una svolta di tipo nazionalista e militarista. Negli ultimi anni del secolo escono numerose riviste come Les chambres comiques: revue satirique des débats parlamentaires (1886); il settimanale di piccolo formato intitolato L’illustré de Poche (1895), Le Rire (18941950), a cui collaborano grandi pittori come Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Hermann, Juan Gris, Gewroger Meunier, gli italiani Leonetto Cappiello (18751942) e Cesare Giri (1877-1941); Le cri de Paris (1897) e Le sourire (1899-1901), dove troviamo come collaboratori ancora Cappiello e Giri che hanno ormai conquistato una posizione di prestigio, La vie pour Rire dove collabora ancora Cesare Giri. Durante la Belle Epoque, le riviste satiriche vivono una stagione rigogliosa, perché la loro satira graffiante prende di mira la politica e la vita sociale dei Francesi grazie all’apporto di grandi disegnatori e caricaturisti come Henry Gerbault e Caran d’Ache (1858-1909). Riprende vigore La Vie Parisienne (1863), uno dei più famosi settimanali francesi che ha sempre avuto tra i suoi collaboratori illustri artisti e scrittori. Nel primo Novecento la rivista cambia in parte indirizzo e rivolge una maggiore attenzione al pubblico femminile con un taglio moderatamente erotico, occupandosi non solo


di satira ma pubblicano anche reportage di moda, novelle, articoli sportivi, musica e arte. La rivista gode di una grande successo fino alla seconda guerra mondiale, divenendo lo specchio dell’intellettualismo, dell’umorismo e della satira della borghesia con l’apporto di validi artisti come George Barbier, Cherì Herouard, Georges Léonnec e Mauruce Milliera, l’italiano Cesare Giri. Nel nuovo secolo si afferma L’Assiette au Beurre (19011912), la più feroce rivista di satira politica e sociale di tutta la Belle Epoque, che si afferma per la massima cura del rapporto parola-immagine per la capacità di affrontare temi di grande attualità: il capitalismo, gli scandali finanziari, le guerre la religione, il nazionalismo, il militarismo, i monopoli, la povertà, l’alcolismo, la prostituzione e l’abuso delle donne, la parodia di sovrani e di esponenti della classe dirigente, senza trascurare argomenti più “leggeri” come il café chantant, la moda, l’amore, la musica, i viaggi. I seicento numeri della rivista ospitano 9600 immagini realizzate da grandi illustratori come Jules Grandjouan, Kees Van Donge, Felix Vallotton, Juan Gris, gli italiani Gabriele Galantara, Cesare Giri, Umberto Brunelleschi, Leonetto Cappiello, Ardengo Soffici. L’ultima delle grandi riviste satiriche è Le Canard enchainé (1915), la quale conquista rapidamente rispetto e considerazione da parte di un pubblico che ancora oggi ha una tiratura di 400 mila copie. 3. La satira in Germania A differenza del resto dell’Europa, nel 1848 la Germania rimane indenne dall’ondata rivoluzionaria che investe gli altri paesi, grazie a una struttura statale fortemente gerarchizzata secondo il modello prussiano, il quale permette di valorizzare la cultura e le capacità di quanti svolgono un servizio utile allo Stato, formando una borghesia intellettuale composta di funzionari pubblici, imprenditori, esponenti delle professioni liberali, insegnanti, giornalisti e scrittori. Questa classe sociale condivide le responsabilità pubbliche con l’ari-

stocrazia terriera e una tale alleanza rappresenta una variante rispetto all’affermazione della borghesia europea, perché in Germania essa riesce a conquistare il potere senza traumi sociali e violenze politiche. I punti di forza di questo gruppo dirigente sono l’alto livello d’istruzione, il possesso di un “talento” che è richiesto insieme al censo per esercitare i diritti politici, l’importanza della famiglia come luogo di autorealizzazione soprattutto maschile. Negli anni centrali dell’Ottocento, la particolare situazione politica e sociale fa sì che la satira tedesca sia indirizzata verso la satira di costume piuttosto che verso la politica come dimostra il Fliegende Blatter, il primo e importante giornale satirico fondato nel 1845. Questo giornale raccoglie un vasto gruppo di autori, tra i quali spicca il nome di Adolf Oberlander (1845-1923), il disegnatore stabile della rivista considerato il maggiore umorista tedesco, unitamente a Wilhelm Busch, soprattutto per i suoi animali umanizzati, infatti il capolavoro di Oberlander è Das Krokodil, storia di un uomo che indossa una pelle di coccodrillo e che passa attraverso varie disavventure. Nello stesso periodo conquista una rapida fama Heinrich Hoffmann (1809-1894), un medico che inizia a insegnare anatomia per poi dedicarsi alla psichiatria, pubblicando diversi trattati e diventando il direttore dell’Ospedale psichiatrico di Francoforte. Egli diventa però celebre in tutta l’Europa con la pubblicazione di De Struwwelpeter Pierino Porcospino (1844), che è l’opera più rappresentativa della “pedagogia della crudeltà”, secondo la quale il bambino racchiude in sé un misto di malvagità e bontà, serenità e angoscia, coraggio e paura, per cui le sue tendenze negative devono essere represse con una educazione autoritaria che prevede severe punizioni anche corporali. La pubblicazione di Hoffmann costituisce un modello per la successiva opera di Wilhelm Busch, del nostro Cuore, e di altri autori di storie venate da un umorismo un po’ macabro, a volte persino violento e venato da un certo sadismo. Le storielline di Hoffmann tendono a illustrare

le conseguenze negative di certi comportamenti dei bambini riguardo all’igiene personale, a giochi ritenuti pericolosi, alla crudeltà verso gli animali, alla mancata osservanza delle regole familiari. I giovanissimi protagonisti compiono azioni ingenuamente trasgressive, risultano iperattivi, disubbidienti, distratti, trascurati, a volte violenti, ma sono sistematicamente castigati con punizioni molto severe rispetto alla colpa commessa, ritenute però “giuste” secondo la legge del contrappasso. In alcuni casi le punizioni sono tremende (mutilazioni e rapimenti) o addirittura portano alla morte dei protagonisti, quando finiscono bruciati per aver giocato con i fiammiferi o per aver fatto dei capricci, rifiutando il cibo e finendo col morire di fame. Un autore di fondamentale importanza è Rodolphe Topffer (1799-1846), considerato l’inventore del “fumetto” moderno con i suoi racconti per immagini che egli chiama la littérature en estampes, sostenendo di aver appreso da Hogarth l’idea di legare le vignette attraverso una sorta di narrazione, infatti egli dice che le sue opere sono composte “da una serie di disegni accompagnati da una o due righe di testo. I disegni senza testo avrebbero un significato oscuro. I testi senza disegno non avrebbero alcun significato”. Si tratta di un autore garbato che ha sempre esercitato una satira “morbida” nei confronti della società e dei costumi in una serie di opere pubblicate a partire dal 1845 (M. Vieux-Bois, M. Trictrac, Le Docteur festus, M. Cryptogame, M. Crépin, M. Jabot, M. Penci, M. Albert), dove i protagonisti sono al centro di bizzarre avventure frutto di una valida sintesi tra fantasia, comicità e senso del grottesco. Goethe, a proposito dei suoi lavori, ha detto: “Topffer non segue le orme di nessuno; se mai mi è capitato di imbattermi in un talento originale, questo è il suo”. Con Grande arguzia questo autore scriveva in apertura delle sue opere: “Va’, libriccino, e scegliti bene la compagnia, perché chi non ride delle strampalerie vi sbadiglia sopra, chi non si lascia andare resiste, chi ragiona prende delle cantonate, e chi vuole restar serio, padrone”.

Adolf Schrodter (1805-1875) è un altro notevole disegnatore che nel1848 pubblica l’album Herr Piepmeyer, considerato l’opera di passaggio da Topffer e Busch. A differenza di questi due autori, Schrodter crea delle storie dai forti contenuti di satira politica, in quanto il personaggio principale è un arrampicatore sociale fatuo e narcisista che vuole diventare a tutti i costi e con ogni mezzo un rappresentante del popolo ma, quando finalmente entra a far parte del parlamento, scopre che i suoi discorsi cadono nella noia e nel disinteresse generale. L’autore più celebre della satira tedesca è Wilhelm Busch (1832-1908), che fa il suo esordio come disegnatore sul settimanale Fliegende Blatter di Monaco di Baviera. Tra il 1859 e il 1876 pubblica una serie di raccontini umoristici per immagini sulla rivista Munchener Bildebogen, dove appare il suo primo capolavoro Diogenes und die bosen Buben von Korinth (1859), la storia di due pestiferi ragazzi che compiono una serie di “canagliate” ai danni del filosofo greco. Fra le sue opere vanno segnalati per importanza Der Heilege Antonius von Padua (1870) e Hans Huckebein der Unglucksrabe (1870). Die fromme Helene (1872) è il feroce ritratto di una pia donna che diventa il simbolo dell’ipocrisia umana; Pater Filicius (1876) è un attacco satirico contro la Chiesa Cattolica e i Gesuiti; Plisch e Plum (1882) è la storia di due cagnetti dalla forte connotazione antisemnita, poiché il protagonista è l’usuraio ebreo Schmulchen Schievelbein. Il capolavoro assoluto di Busch deve essere considerato Max und Moritz (1865), una storia di humour nero, suddivisa in sette episodi e commentati con versetti in rima baciata. Al centro di tutte le vicende ci sono due bambini che architettano scherzi crudeli ai danni di innocenti personaggi senza provare alcuna vergogna o rimorso, per cui alla fine rimangono vittime della loro stessa cattiveria. Nel primo episodio rubano tutti i polli di una povera vedova; nel secondo divorano i polli dopo averli arrostiti; nel terzo fanno cadere nel fiume un sarto che si salva aggrappandosi a due oche;


di satira ma pubblicano anche reportage di moda, novelle, articoli sportivi, musica e arte. La rivista gode di una grande successo fino alla seconda guerra mondiale, divenendo lo specchio dell’intellettualismo, dell’umorismo e della satira della borghesia con l’apporto di validi artisti come George Barbier, Cherì Herouard, Georges Léonnec e Mauruce Milliera, l’italiano Cesare Giri. Nel nuovo secolo si afferma L’Assiette au Beurre (19011912), la più feroce rivista di satira politica e sociale di tutta la Belle Epoque, che si afferma per la massima cura del rapporto parola-immagine per la capacità di affrontare temi di grande attualità: il capitalismo, gli scandali finanziari, le guerre la religione, il nazionalismo, il militarismo, i monopoli, la povertà, l’alcolismo, la prostituzione e l’abuso delle donne, la parodia di sovrani e di esponenti della classe dirigente, senza trascurare argomenti più “leggeri” come il café chantant, la moda, l’amore, la musica, i viaggi. I seicento numeri della rivista ospitano 9600 immagini realizzate da grandi illustratori come Jules Grandjouan, Kees Van Donge, Felix Vallotton, Juan Gris, gli italiani Gabriele Galantara, Cesare Giri, Umberto Brunelleschi, Leonetto Cappiello, Ardengo Soffici. L’ultima delle grandi riviste satiriche è Le Canard enchainé (1915), la quale conquista rapidamente rispetto e considerazione da parte di un pubblico che ancora oggi ha una tiratura di 400 mila copie. 3. La satira in Germania A differenza del resto dell’Europa, nel 1848 la Germania rimane indenne dall’ondata rivoluzionaria che investe gli altri paesi, grazie a una struttura statale fortemente gerarchizzata secondo il modello prussiano, il quale permette di valorizzare la cultura e le capacità di quanti svolgono un servizio utile allo Stato, formando una borghesia intellettuale composta di funzionari pubblici, imprenditori, esponenti delle professioni liberali, insegnanti, giornalisti e scrittori. Questa classe sociale condivide le responsabilità pubbliche con l’ari-

stocrazia terriera e una tale alleanza rappresenta una variante rispetto all’affermazione della borghesia europea, perché in Germania essa riesce a conquistare il potere senza traumi sociali e violenze politiche. I punti di forza di questo gruppo dirigente sono l’alto livello d’istruzione, il possesso di un “talento” che è richiesto insieme al censo per esercitare i diritti politici, l’importanza della famiglia come luogo di autorealizzazione soprattutto maschile. Negli anni centrali dell’Ottocento, la particolare situazione politica e sociale fa sì che la satira tedesca sia indirizzata verso la satira di costume piuttosto che verso la politica come dimostra il Fliegende Blatter, il primo e importante giornale satirico fondato nel 1845. Questo giornale raccoglie un vasto gruppo di autori, tra i quali spicca il nome di Adolf Oberlander (1845-1923), il disegnatore stabile della rivista considerato il maggiore umorista tedesco, unitamente a Wilhelm Busch, soprattutto per i suoi animali umanizzati, infatti il capolavoro di Oberlander è Das Krokodil, storia di un uomo che indossa una pelle di coccodrillo e che passa attraverso varie disavventure. Nello stesso periodo conquista una rapida fama Heinrich Hoffmann (1809-1894), un medico che inizia a insegnare anatomia per poi dedicarsi alla psichiatria, pubblicando diversi trattati e diventando il direttore dell’Ospedale psichiatrico di Francoforte. Egli diventa però celebre in tutta l’Europa con la pubblicazione di De Struwwelpeter Pierino Porcospino (1844), che è l’opera più rappresentativa della “pedagogia della crudeltà”, secondo la quale il bambino racchiude in sé un misto di malvagità e bontà, serenità e angoscia, coraggio e paura, per cui le sue tendenze negative devono essere represse con una educazione autoritaria che prevede severe punizioni anche corporali. La pubblicazione di Hoffmann costituisce un modello per la successiva opera di Wilhelm Busch, del nostro Cuore, e di altri autori di storie venate da un umorismo un po’ macabro, a volte persino violento e venato da un certo sadismo. Le storielline di Hoffmann tendono a illustrare

le conseguenze negative di certi comportamenti dei bambini riguardo all’igiene personale, a giochi ritenuti pericolosi, alla crudeltà verso gli animali, alla mancata osservanza delle regole familiari. I giovanissimi protagonisti compiono azioni ingenuamente trasgressive, risultano iperattivi, disubbidienti, distratti, trascurati, a volte violenti, ma sono sistematicamente castigati con punizioni molto severe rispetto alla colpa commessa, ritenute però “giuste” secondo la legge del contrappasso. In alcuni casi le punizioni sono tremende (mutilazioni e rapimenti) o addirittura portano alla morte dei protagonisti, quando finiscono bruciati per aver giocato con i fiammiferi o per aver fatto dei capricci, rifiutando il cibo e finendo col morire di fame. Un autore di fondamentale importanza è Rodolphe Topffer (1799-1846), considerato l’inventore del “fumetto” moderno con i suoi racconti per immagini che egli chiama la littérature en estampes, sostenendo di aver appreso da Hogarth l’idea di legare le vignette attraverso una sorta di narrazione, infatti egli dice che le sue opere sono composte “da una serie di disegni accompagnati da una o due righe di testo. I disegni senza testo avrebbero un significato oscuro. I testi senza disegno non avrebbero alcun significato”. Si tratta di un autore garbato che ha sempre esercitato una satira “morbida” nei confronti della società e dei costumi in una serie di opere pubblicate a partire dal 1845 (M. Vieux-Bois, M. Trictrac, Le Docteur festus, M. Cryptogame, M. Crépin, M. Jabot, M. Penci, M. Albert), dove i protagonisti sono al centro di bizzarre avventure frutto di una valida sintesi tra fantasia, comicità e senso del grottesco. Goethe, a proposito dei suoi lavori, ha detto: “Topffer non segue le orme di nessuno; se mai mi è capitato di imbattermi in un talento originale, questo è il suo”. Con Grande arguzia questo autore scriveva in apertura delle sue opere: “Va’, libriccino, e scegliti bene la compagnia, perché chi non ride delle strampalerie vi sbadiglia sopra, chi non si lascia andare resiste, chi ragiona prende delle cantonate, e chi vuole restar serio, padrone”.

Adolf Schrodter (1805-1875) è un altro notevole disegnatore che nel1848 pubblica l’album Herr Piepmeyer, considerato l’opera di passaggio da Topffer e Busch. A differenza di questi due autori, Schrodter crea delle storie dai forti contenuti di satira politica, in quanto il personaggio principale è un arrampicatore sociale fatuo e narcisista che vuole diventare a tutti i costi e con ogni mezzo un rappresentante del popolo ma, quando finalmente entra a far parte del parlamento, scopre che i suoi discorsi cadono nella noia e nel disinteresse generale. L’autore più celebre della satira tedesca è Wilhelm Busch (1832-1908), che fa il suo esordio come disegnatore sul settimanale Fliegende Blatter di Monaco di Baviera. Tra il 1859 e il 1876 pubblica una serie di raccontini umoristici per immagini sulla rivista Munchener Bildebogen, dove appare il suo primo capolavoro Diogenes und die bosen Buben von Korinth (1859), la storia di due pestiferi ragazzi che compiono una serie di “canagliate” ai danni del filosofo greco. Fra le sue opere vanno segnalati per importanza Der Heilege Antonius von Padua (1870) e Hans Huckebein der Unglucksrabe (1870). Die fromme Helene (1872) è il feroce ritratto di una pia donna che diventa il simbolo dell’ipocrisia umana; Pater Filicius (1876) è un attacco satirico contro la Chiesa Cattolica e i Gesuiti; Plisch e Plum (1882) è la storia di due cagnetti dalla forte connotazione antisemnita, poiché il protagonista è l’usuraio ebreo Schmulchen Schievelbein. Il capolavoro assoluto di Busch deve essere considerato Max und Moritz (1865), una storia di humour nero, suddivisa in sette episodi e commentati con versetti in rima baciata. Al centro di tutte le vicende ci sono due bambini che architettano scherzi crudeli ai danni di innocenti personaggi senza provare alcuna vergogna o rimorso, per cui alla fine rimangono vittime della loro stessa cattiveria. Nel primo episodio rubano tutti i polli di una povera vedova; nel secondo divorano i polli dopo averli arrostiti; nel terzo fanno cadere nel fiume un sarto che si salva aggrappandosi a due oche;


nel quarto caricano con la polvere da sparo la pipa del loro maestro, che rimane con la faccia ustionata; nel quinto riempiono di maggiolini il letto dello zio Fritz; nel sesto si calano in una pasticceria attraverso la cappa del camino, ma cadono nella vasca dell’impasto per cui sono scambiati per due forme di pane e sono messi a cuocere nel forno, ma i due riescono a liberarsi e a fuggire dopo aver rosicchiato la crosta che li ricopre; nell’ultimo episodio Max e Moritz tagliano tutti i sacchi di grano in un granaio, ma il contadino cattura i due ragazzi, li porta dal mugnaio, li fa macinare e, ridotti in briciole, li dà in pasto alle oche. Queste storie riflettono l’autoritarismo educativo e l’umorismo “nero” tipicamente germanico: il mondo di Busch appare dominato dal Male; è un universo impietoso dove la malvagità dei ragazzi si contrappone a quella degli adulti che si trasformano da vittime in carnefici, senza che vi siano delle leggi, delle motivazioni e delle giustificazioni logiche che spieghino quelle azioni e quelle punizioni. Lo humour di Busch è l’espressione di un mondo unidimensionale dominato da un brutale moralismo, dal cinismo e dalla crudeltà; esso riflette una Germania postclassica e postmoderna che non ha mai accolto gli ideali e lo slancio innovatore del Quarantotto, che è dominata da una borghesia perbenista, arrogante e culturalmente mediocre, senza prospettive filosofiche, politiche e religiose, destinata a cadere in preda del totalitarismo. Dice a questo proposito Claudio Magris: “La riduzione della vita a un cantuccio di assennata rassegnazione borghese non trova in questo piccolo rifugio un asilo contro l’aggressione della storia, bensì una trappola imbarazzante e indecorosa: l’insicurezza politica ed esistenziale si trasferisce nei particolari minuti e nei dettagli insignificanti, viene vissuta nell’immediatezza dei gesti abituali e delle consuetudini familiari”. Nella Germania del secondo Ottocento si consolida il patto tra borghesia industriale e i grandi proprietari terrieri (Junker), che favorisce la modernizzazione dell’economia, ma frena lo sviluppo democratico a

favore di uno Stato autoritario. La lunga stagione politica dominata dalla figura di Bismarck è caratterizzata dalla costruzione di un sistema politico e sociale che impedisce una rivoluzione liberale e che è segnata dal forte ruolo dello Stato, dal predominio del potere esecutivo sostenuto da un burocrazia politicizzata, da un intervento statale nell’economia con l’introduzione del protezionismo doganale e del sostegno fornito alle grandi industrie nazionali. Lo Stato tedesco ha un assetto federale con un Parlamento composto da una Camera eletta a suffragio universale (Reichstag) e un Consiglio federale (Bundesrat) formato dai rappresentanti nominati dai 25 Stati della federazione e politicamente dominato dalla Prussia che ha 17 voti su 58, ha posto la capitale a Berlino e ha rivendicato per l’imperatore di Prussia la carica di presidente del Consiglio federale. Nonostante le contraddizioni e i contrasti sul piano sociale, questo sistema politico favorisce una rapida crescita economica, per cui la Germania diventa la protagonista della seconda rivoluzione industriale grazie alla ricchezza delle materie prime, a una forte crescita demografica, alla costruzione di nuove infrastrutture, al protezionismo doganale, a un moderno sistema creditizio, a scoperte tecnologiche avanzate. Lo Stato tedesco si propone come una grande potenza che vuole esercitare la propria egemonia sull’Europa. Bismarck e il Partito nazional-liberale, nonostante le tensioni sociali legate alla presenza del più forte Partito socialdemocratico europeo, puntano sulla promozione del Kulturkampf, sul nazionalismo e sul militarismo, sulla creazione di un vasto impero coloniale. Il cancelliere da un lato si allea con il Partito cattolico (Zentrum), dall’altro cerca l’integrazione e l’addomesticamento della classe operaia con una politica sociale avanzata con la quale riesce a prevenire i conflitti sociali. La politica “del bastone e della carota” è rafforzata da un forte sentimento nazionale che trova il proprio radicamento nella scuola, nella diffusione di messaggi patriottici che creano il consenso dell’opinione, nell’esaltazione della potenza militare tedesca. Bismarck e

i successivi governi conducono un complesso gioco diplomatico per affermare la supremazia germanica in Europa, mentre all’interno attuano una forma di “socialimperialismo”, una miscela di autoritarismo e politica sociale che serva a garantire la solidità dello Stato con il favore della borghesia e delle classi lavoratrici. La sua politica estera non riesce a tenere sotto controllo le altre potenze europee che temono la forza economica e militare della Germania. Questa politica provoca la reazione della Gran Bretagna, della Francia e della Russia che costituiscono la Triplice Intesa per isolare la Germania e l’Austria, gettando le premesse per lo scoppio della prima guerra mondiale. Nella seconda metà dell’Ottocento arrivano indirettamente alcune novità introdotte in Europa dopo l’ondata rivoluzionari del 1848, per cui anche in Germania si allentano in controllo che limitano la liberta di stampa, per cui le vignette e le caricature diventano un importante mezzo di comunicazione di critica e di agitazione politica, conquistando una vasta popolarità presso l’opinione pubblica. Secondo il modello francese nasce una moltitudine di riviste satiriche diffuse su tutto il territorio di lingua tedesca: il Leuchtkugeln e il Munchener Punsch a Monaco di Baviera; l’Eulenspiegel a Stoccarda; i Dusseldorfer Monatshefte a Dussenldorf; i Berliner Wespen, il Berliner Chavirari e il Kladderadatsch a Berlino; il Reichsheremse a Lipsia; il Wiener Charivari a Vienna. Particolare importanza politica, per il suo ruolo di opposizione al governo, ha la rivista satirica Der wahre Jakob fondata nel 1879 e vicina al Partito Socialdemocratico, presente ininterrottamente nelle edicole dal 1884 al 1933, quando viene soppressa dal regime nazista. I bersagli preferiti di questa pubblicazione sono Bismark e l’Imperatore Guglielmo, i vari centri di potere fino a Hitler e al nazismo, la Chiesa cattolica e quella protestante, di cui si denunciano le posizioni reazionarie e l’appoggio alle istituzioni governative, esaltando per reazione le figure di Gesù (il primo socialista) e di Giordano Bruno, martire della repressione clericale. Dal 1899 al 1905 collabora alla

rivista anche Gabriele Galantara con bellissime tavole nelle quali attacca l’Impero, l’esercito e la Chiesa. Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento fanno la loro apparizione diverse riviste umoristiche come Lustige Blatter (1885), Munchner Bilderbogen, Der wahre Jacob (1879-1933), Humoristische Monatshette (1889), il viennese Die Muskete (1905-1941), che spesso criticano la politica imperialista, nazionalista e militarista di Bismarck e dei partiti conservatori. Il più celebre giornale satirico tedesco di questo periodo è Semplicissimus (1896-1944; 1954-1967), un periodico di tendenze radicali fondato dall’editore Albert Langer con lo scopo di denunciare i mali politici e sociali della Germania. La rivista diventa la bandiera della libertà democratica e rimane un capolavoro di quella satira politica che ha avuto il coraggio di criticare i tre pilastri del potere dell’Imperatore Guglielmo (esercito, burocrazia e clero), di mettere in ridicolo le sue manie oratorie e le sue velleità artistiche. Al giornale collaborano grandi giornalisti e illustri scrittori come Thomas Mann, Frank Wedekind e Luwig Thoma; disegnatori dalla penna velenosa come Thomad Theodor Heine, Bruno Paul, Wilheim Schultz, Ferdinand von Reznicek, Olaf Gulbransson, Karl Arnold, George Grosz. Questo quadro della satira tedesca si chiude con la misteriosa e inquietante figura di Heinrich Kley (18631945 o 1952), un artista che agli inizi del Novecento si trasforma da pittore di soggetti industriali e storici in un feroce autore satirico che rappresenta le fabbriche come luoghi infernali, gli uomini come animali, mettendo in ridicolo la borghesia e la burocrazia tedesca con uno stile spesso al limite dell’oscenità. Nel 1908 Kley esordisce sul periodico letterario Die Jugend con alcuni disegni graffianti e fortemente grotteschi; successivamente collabora a Simplicissimus e pubblica quattro libri di disegni prima dello scoppio della Grande Guerra, nei quali emerge una visione individualistica della società tedesca vista attraverso lo specchio deformante di una congenita “perfidia”. Il mondo figurativo di Kley è segnato da paradossi sa


nel quarto caricano con la polvere da sparo la pipa del loro maestro, che rimane con la faccia ustionata; nel quinto riempiono di maggiolini il letto dello zio Fritz; nel sesto si calano in una pasticceria attraverso la cappa del camino, ma cadono nella vasca dell’impasto per cui sono scambiati per due forme di pane e sono messi a cuocere nel forno, ma i due riescono a liberarsi e a fuggire dopo aver rosicchiato la crosta che li ricopre; nell’ultimo episodio Max e Moritz tagliano tutti i sacchi di grano in un granaio, ma il contadino cattura i due ragazzi, li porta dal mugnaio, li fa macinare e, ridotti in briciole, li dà in pasto alle oche. Queste storie riflettono l’autoritarismo educativo e l’umorismo “nero” tipicamente germanico: il mondo di Busch appare dominato dal Male; è un universo impietoso dove la malvagità dei ragazzi si contrappone a quella degli adulti che si trasformano da vittime in carnefici, senza che vi siano delle leggi, delle motivazioni e delle giustificazioni logiche che spieghino quelle azioni e quelle punizioni. Lo humour di Busch è l’espressione di un mondo unidimensionale dominato da un brutale moralismo, dal cinismo e dalla crudeltà; esso riflette una Germania postclassica e postmoderna che non ha mai accolto gli ideali e lo slancio innovatore del Quarantotto, che è dominata da una borghesia perbenista, arrogante e culturalmente mediocre, senza prospettive filosofiche, politiche e religiose, destinata a cadere in preda del totalitarismo. Dice a questo proposito Claudio Magris: “La riduzione della vita a un cantuccio di assennata rassegnazione borghese non trova in questo piccolo rifugio un asilo contro l’aggressione della storia, bensì una trappola imbarazzante e indecorosa: l’insicurezza politica ed esistenziale si trasferisce nei particolari minuti e nei dettagli insignificanti, viene vissuta nell’immediatezza dei gesti abituali e delle consuetudini familiari”. Nella Germania del secondo Ottocento si consolida il patto tra borghesia industriale e i grandi proprietari terrieri (Junker), che favorisce la modernizzazione dell’economia, ma frena lo sviluppo democratico a

favore di uno Stato autoritario. La lunga stagione politica dominata dalla figura di Bismarck è caratterizzata dalla costruzione di un sistema politico e sociale che impedisce una rivoluzione liberale e che è segnata dal forte ruolo dello Stato, dal predominio del potere esecutivo sostenuto da un burocrazia politicizzata, da un intervento statale nell’economia con l’introduzione del protezionismo doganale e del sostegno fornito alle grandi industrie nazionali. Lo Stato tedesco ha un assetto federale con un Parlamento composto da una Camera eletta a suffragio universale (Reichstag) e un Consiglio federale (Bundesrat) formato dai rappresentanti nominati dai 25 Stati della federazione e politicamente dominato dalla Prussia che ha 17 voti su 58, ha posto la capitale a Berlino e ha rivendicato per l’imperatore di Prussia la carica di presidente del Consiglio federale. Nonostante le contraddizioni e i contrasti sul piano sociale, questo sistema politico favorisce una rapida crescita economica, per cui la Germania diventa la protagonista della seconda rivoluzione industriale grazie alla ricchezza delle materie prime, a una forte crescita demografica, alla costruzione di nuove infrastrutture, al protezionismo doganale, a un moderno sistema creditizio, a scoperte tecnologiche avanzate. Lo Stato tedesco si propone come una grande potenza che vuole esercitare la propria egemonia sull’Europa. Bismarck e il Partito nazional-liberale, nonostante le tensioni sociali legate alla presenza del più forte Partito socialdemocratico europeo, puntano sulla promozione del Kulturkampf, sul nazionalismo e sul militarismo, sulla creazione di un vasto impero coloniale. Il cancelliere da un lato si allea con il Partito cattolico (Zentrum), dall’altro cerca l’integrazione e l’addomesticamento della classe operaia con una politica sociale avanzata con la quale riesce a prevenire i conflitti sociali. La politica “del bastone e della carota” è rafforzata da un forte sentimento nazionale che trova il proprio radicamento nella scuola, nella diffusione di messaggi patriottici che creano il consenso dell’opinione, nell’esaltazione della potenza militare tedesca. Bismarck e

i successivi governi conducono un complesso gioco diplomatico per affermare la supremazia germanica in Europa, mentre all’interno attuano una forma di “socialimperialismo”, una miscela di autoritarismo e politica sociale che serva a garantire la solidità dello Stato con il favore della borghesia e delle classi lavoratrici. La sua politica estera non riesce a tenere sotto controllo le altre potenze europee che temono la forza economica e militare della Germania. Questa politica provoca la reazione della Gran Bretagna, della Francia e della Russia che costituiscono la Triplice Intesa per isolare la Germania e l’Austria, gettando le premesse per lo scoppio della prima guerra mondiale. Nella seconda metà dell’Ottocento arrivano indirettamente alcune novità introdotte in Europa dopo l’ondata rivoluzionari del 1848, per cui anche in Germania si allentano in controllo che limitano la liberta di stampa, per cui le vignette e le caricature diventano un importante mezzo di comunicazione di critica e di agitazione politica, conquistando una vasta popolarità presso l’opinione pubblica. Secondo il modello francese nasce una moltitudine di riviste satiriche diffuse su tutto il territorio di lingua tedesca: il Leuchtkugeln e il Munchener Punsch a Monaco di Baviera; l’Eulenspiegel a Stoccarda; i Dusseldorfer Monatshefte a Dussenldorf; i Berliner Wespen, il Berliner Chavirari e il Kladderadatsch a Berlino; il Reichsheremse a Lipsia; il Wiener Charivari a Vienna. Particolare importanza politica, per il suo ruolo di opposizione al governo, ha la rivista satirica Der wahre Jakob fondata nel 1879 e vicina al Partito Socialdemocratico, presente ininterrottamente nelle edicole dal 1884 al 1933, quando viene soppressa dal regime nazista. I bersagli preferiti di questa pubblicazione sono Bismark e l’Imperatore Guglielmo, i vari centri di potere fino a Hitler e al nazismo, la Chiesa cattolica e quella protestante, di cui si denunciano le posizioni reazionarie e l’appoggio alle istituzioni governative, esaltando per reazione le figure di Gesù (il primo socialista) e di Giordano Bruno, martire della repressione clericale. Dal 1899 al 1905 collabora alla

rivista anche Gabriele Galantara con bellissime tavole nelle quali attacca l’Impero, l’esercito e la Chiesa. Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento fanno la loro apparizione diverse riviste umoristiche come Lustige Blatter (1885), Munchner Bilderbogen, Der wahre Jacob (1879-1933), Humoristische Monatshette (1889), il viennese Die Muskete (1905-1941), che spesso criticano la politica imperialista, nazionalista e militarista di Bismarck e dei partiti conservatori. Il più celebre giornale satirico tedesco di questo periodo è Semplicissimus (1896-1944; 1954-1967), un periodico di tendenze radicali fondato dall’editore Albert Langer con lo scopo di denunciare i mali politici e sociali della Germania. La rivista diventa la bandiera della libertà democratica e rimane un capolavoro di quella satira politica che ha avuto il coraggio di criticare i tre pilastri del potere dell’Imperatore Guglielmo (esercito, burocrazia e clero), di mettere in ridicolo le sue manie oratorie e le sue velleità artistiche. Al giornale collaborano grandi giornalisti e illustri scrittori come Thomas Mann, Frank Wedekind e Luwig Thoma; disegnatori dalla penna velenosa come Thomad Theodor Heine, Bruno Paul, Wilheim Schultz, Ferdinand von Reznicek, Olaf Gulbransson, Karl Arnold, George Grosz. Questo quadro della satira tedesca si chiude con la misteriosa e inquietante figura di Heinrich Kley (18631945 o 1952), un artista che agli inizi del Novecento si trasforma da pittore di soggetti industriali e storici in un feroce autore satirico che rappresenta le fabbriche come luoghi infernali, gli uomini come animali, mettendo in ridicolo la borghesia e la burocrazia tedesca con uno stile spesso al limite dell’oscenità. Nel 1908 Kley esordisce sul periodico letterario Die Jugend con alcuni disegni graffianti e fortemente grotteschi; successivamente collabora a Simplicissimus e pubblica quattro libri di disegni prima dello scoppio della Grande Guerra, nei quali emerge una visione individualistica della società tedesca vista attraverso lo specchio deformante di una congenita “perfidia”. Il mondo figurativo di Kley è segnato da paradossi sa


tirici ed è popolato da mostri che sono i rappresentanti di una piccola borghesia di bottegai e di pubblici impiegati, destinati a essere spazzati via dall’incombente tragedia europea. Egli è solito rappresentare degli esseri umani deformati da una strisciante follia: le donne sono belle e quasi sempre denudate (al massimo portano un cappellino), ridotte a elementi erotici e decorativi, raffigurate con espressioni sciocche o infantili, spesso alle prese con una bestiale arroganza maschile; gli uomini sono esseri deformi, dei fauni con zoccoli e corna, dei centauri assatanati e crudeli, dei suini panciuti con monocolo e panciotto, dei ridicoli coccodrilli, delle scimmie afflitte dalla stupidità. In questo universo crudele, perverso e tenebroso solo l’elefante ha i caratteri di un simbolo positivo. 4. La satira in Italia Durante la Restaurazione i valori della libertà e dell’indipendenza nazionali sono tenuti vivi dalla Carboneria e dalla Giovane Italia e soltanto dopo i moti rivoluzionari del 1831 cominciano a maturare delle proposte politiche d’impronta liberale che si contrappongono alle teorie repubblicane e costituzionali di Mazzini. Negli anni Quaranta si manifesta tra la borghesia e in parte dell’aristocrazia una insofferenza nei confronti del dominio austriaco e della frantumazione politica del paese, per cui si cerca di trovare delle soluzioni per risolvere la questione nazionale secondo una visione moderata e monarchico-costituzionale. Vincenzo Gioberti con il saggio Del primato morale e civile degli italiani (1843) getta le basi del movimento neoguelfo, proponendo una confederazione degli Stati italiani sotto la guida del Pontefice e protetta dall’esercito piemontese; Cesare Balbo nelle Speranze d’Italia (1844) auspica una confederazione delle regioni del nord sotto la guida di Casa Savoia; il repubblicano Carlo Cattaneo propone una federazione di Stati, rifiutando un rigido accentramento statalista e mantenendo l’autonomia delle regioni tradizionali; infine i liberal-moderati confidano nel Piemonte di Carlo Alberto per rea-

lizzare l’unità della nazione posta sotto la guida di una monarchia costituzionale. Nel biennio 1848-1849 la penisola è sconvolta da un’ondata di moti rivoluzionari e dalla prima guerra d’indipendenza e questo periodo segna la nascita della stampa satirica italiana con ben 52 testate che hanno un’impronta ideologica mazziniana, liberal-moderata, monarchica o addirittura filoaustriaca o favorevole al potere temporale della Chiesa. Il primo giornale satirico è il napoletano L’Arlecchino (1848), seguito da un elevato numero di pubblicazioni disseminate lungo tutta la penisola: Il Fischietto (1848) a Torino, Lo Spirito folletto (1848-1861) e L’uomo di pietra (1856) a Milano, Il Lampione (1848) a Firenze, il filoaustriaco Il Diavoletto (1848-1870) a Trieste. A Roma escono Il Don Pirlone (1848), il conservatore Cassandrino (1848) e il Cassadrino repubblicano (1849). Il fenomeno diventa in seguito talmente rilevante che tra il 1848 e il 1900 in Italia escono 465 riviste, le quali contribuiscono a formare l’opinione pubblica, anche se hanno breve durata e tirature non elevate. Dopo la conclusione del percorso risorgimentale, i giornali satirici più diffusi sono La Rana (Bologna 1865-1912), Il Pasquino (1856-1956) e Il diavolo rosa (1877-1879) a Torino, Il Fanfulla (1870-1902) a Firenze; il Cassandrino (1872-1881), che rimane fedele alla sua linea clericale, il Capitan Fracassa (1880-1911) e il Don Chisciotte della Mancia (1887) a Roma; il Mondo Umoristico (1890-1916) e il Guerin Meschino (18821943) a Milano. Nel 1873 Augusto Grossi (1835-1919), dopo aver debuttato come disegnatore satirico sulla rivista La Rana, fonda a Bologna Il Papagallo, una pubblicazione che diventa talmente popolare da uscire con due edizioni in Inghilterra (The Parrot) e in Francia (Le Perroquet). Egli disegna per 42 anni, fino al 1915 anno della chiusura, la grande tavola centrale a colori nella quale sono affrontati argomenti riguardanti la politica italiana ed europea. Grossi deve essere considerato uno degli inventori della cartografia satirica, cioè della rappresentazione simbolica e grafica dei


tirici ed è popolato da mostri che sono i rappresentanti di una piccola borghesia di bottegai e di pubblici impiegati, destinati a essere spazzati via dall’incombente tragedia europea. Egli è solito rappresentare degli esseri umani deformati da una strisciante follia: le donne sono belle e quasi sempre denudate (al massimo portano un cappellino), ridotte a elementi erotici e decorativi, raffigurate con espressioni sciocche o infantili, spesso alle prese con una bestiale arroganza maschile; gli uomini sono esseri deformi, dei fauni con zoccoli e corna, dei centauri assatanati e crudeli, dei suini panciuti con monocolo e panciotto, dei ridicoli coccodrilli, delle scimmie afflitte dalla stupidità. In questo universo crudele, perverso e tenebroso solo l’elefante ha i caratteri di un simbolo positivo. 4. La satira in Italia Durante la Restaurazione i valori della libertà e dell’indipendenza nazionali sono tenuti vivi dalla Carboneria e dalla Giovane Italia e soltanto dopo i moti rivoluzionari del 1831 cominciano a maturare delle proposte politiche d’impronta liberale che si contrappongono alle teorie repubblicane e costituzionali di Mazzini. Negli anni Quaranta si manifesta tra la borghesia e in parte dell’aristocrazia una insofferenza nei confronti del dominio austriaco e della frantumazione politica del paese, per cui si cerca di trovare delle soluzioni per risolvere la questione nazionale secondo una visione moderata e monarchico-costituzionale. Vincenzo Gioberti con il saggio Del primato morale e civile degli italiani (1843) getta le basi del movimento neoguelfo, proponendo una confederazione degli Stati italiani sotto la guida del Pontefice e protetta dall’esercito piemontese; Cesare Balbo nelle Speranze d’Italia (1844) auspica una confederazione delle regioni del nord sotto la guida di Casa Savoia; il repubblicano Carlo Cattaneo propone una federazione di Stati, rifiutando un rigido accentramento statalista e mantenendo l’autonomia delle regioni tradizionali; infine i liberal-moderati confidano nel Piemonte di Carlo Alberto per rea-

lizzare l’unità della nazione posta sotto la guida di una monarchia costituzionale. Nel biennio 1848-1849 la penisola è sconvolta da un’ondata di moti rivoluzionari e dalla prima guerra d’indipendenza e questo periodo segna la nascita della stampa satirica italiana con ben 52 testate che hanno un’impronta ideologica mazziniana, liberal-moderata, monarchica o addirittura filoaustriaca o favorevole al potere temporale della Chiesa. Il primo giornale satirico è il napoletano L’Arlecchino (1848), seguito da un elevato numero di pubblicazioni disseminate lungo tutta la penisola: Il Fischietto (1848) a Torino, Lo Spirito folletto (1848-1861) e L’uomo di pietra (1856) a Milano, Il Lampione (1848) a Firenze, il filoaustriaco Il Diavoletto (1848-1870) a Trieste. A Roma escono Il Don Pirlone (1848), il conservatore Cassandrino (1848) e il Cassadrino repubblicano (1849). Il fenomeno diventa in seguito talmente rilevante che tra il 1848 e il 1900 in Italia escono 465 riviste, le quali contribuiscono a formare l’opinione pubblica, anche se hanno breve durata e tirature non elevate. Dopo la conclusione del percorso risorgimentale, i giornali satirici più diffusi sono La Rana (Bologna 1865-1912), Il Pasquino (1856-1956) e Il diavolo rosa (1877-1879) a Torino, Il Fanfulla (1870-1902) a Firenze; il Cassandrino (1872-1881), che rimane fedele alla sua linea clericale, il Capitan Fracassa (1880-1911) e il Don Chisciotte della Mancia (1887) a Roma; il Mondo Umoristico (1890-1916) e il Guerin Meschino (18821943) a Milano. Nel 1873 Augusto Grossi (1835-1919), dopo aver debuttato come disegnatore satirico sulla rivista La Rana, fonda a Bologna Il Papagallo, una pubblicazione che diventa talmente popolare da uscire con due edizioni in Inghilterra (The Parrot) e in Francia (Le Perroquet). Egli disegna per 42 anni, fino al 1915 anno della chiusura, la grande tavola centrale a colori nella quale sono affrontati argomenti riguardanti la politica italiana ed europea. Grossi deve essere considerato uno degli inventori della cartografia satirica, cioè della rappresentazione simbolica e grafica dei


principali problemi politici dell’Italia e dell’Europa. I bersagli preferiti di queste pubblicazioni satiriche sono Cavour, Garibaldi, Mazzini, Pio IX e la Chiesa, Vittorio Emanuele II, i governi della Destra e della Sinistra, il trasformismo di Depretis, l’autoritarismo e il militarismo di Crispi, la corruzione e gli scandali politici, le tragiche imprese africane, l’azione repressiva dei governi di Pelloux e De Rudinì. Con la proclamazione dell’unità d’Italia e dopo la prematura scomparsa di Cavour, la guida del paese è affidata a un gruppo politico moderato (la Desta storica), che dà vita a tredici governi con nove presidenti del Consiglio piemontesi e sempre piemontesi sono gli alti gradi della diplomazia e dell’esercito, che estende le leggi sabaude a tutta la penisola e decide per una forte centralizzazione della Stato. La Destra è chiamata ad affrontare la “questione meridionale” e il brigantaggio, la riduzione del deficit di bilancio, la costruzione delle infrastrutture necessarie alla modernizzazione del paese. Nel 1876 si ha una svolta politica con l’ascesa al potere della Sinistra, espressione della borghesia industriale del nord e della classe dirigente meridionale, la quale inizia la lotta all’analfabetismo, attua una prima riforma elettorale che apre la strada alla partecipazione politica dei ceti medi, rende elettivi i sindaci e i consigli provinciali, introduce un nuovo codice penale che abolisce la pena di morte, riorganizza la sanità, introduce il protezionismo a favore dell’industria e dell’agricoltura, stringe la Triplice Alleanza con Austria e Germania. Questo schieramento politico si deve confrontare con le opposizioni repubblicana e socialista, con le prime lotte della masse operaie che chiedono migliori condizioni di vita e il riconoscimento di alcuni fondamentali diritti civili. A causa di una profonda crisi politica e sociale, che si chiude nel 1900 con l’uccisione a Monza del re Umberto I, ha inizio un decennio dominato dalla personalità di Giovanni Giolitti, il quale affronta la nuova situazione politica caratterizzata dal rafforzamento del Partito socialista e del Partito repubblicano, dalla nascita del Partito radicale (1904)

e della Lega democratica nazionale (1905), il primo partito cattolico fondato da Romolo Murri, dell’Associazione nazionalistica italiana (1910), che si batte per la liberazione delle zone “irredente”, per un’ulteriore espansione coloniale e per trasformare l’Italia in una potenza militare. Alcune profonde trasformazioni economiche e sociali, favorite dalla seconda rivoluzione industriale, producono un nuovo benessere che rimane concentrato soprattutto nel Nord e che non è equamente distribuito fra tutte le classi. La società italiana continua a essere segnata da profonde differenze sociali; le masse popolari restano escluse dalla gestione del potere; il mondo agricolo è ancora caratterizzato dalle posizioni dominanti del padronato, dalla presenza del latifondo e dalla sopravvivenza di forme feudali di sfruttamento. Vi sono tuttavia dei segnali positivi, perché nel 1898 è istituita la Cassa Nazionale di Previdenza; nel 1901 nascono i primi sindacati operai del settore metalmeccanico e tessile e la Federazione italiana dei lavoratori della terra; nel 1902 è approvata la legge per la protezione del lavoro femminile e minorile; nel 1906 vengono fondate la Confederazione generale del Lavoro (Cgdl) e la Confederazione italiana dell’industria (1910); è riconosciuto il diritto di sciopero. Le differenze di classe sono ancora più marcate, perché i nuovi modelli culturali e di comportamento riguardano soprattutto l’alta e media borghesia Nel campo della salute, malgrado i progressi fatti dalla medicina, continuano a essere diffuse le malattie dei “poveri” (pellagra, tubercolosi, malaria); la precedente legge sulla scuola dell’obbligo e la nuova legge sull’istruzione obbligatoria non hanno sanato la piaga dell’analfabetismo che nel 1910 colpisce ancora il 48% della popolazione. Giolitti è convinto che il Nord costituisca l’elemento trainante della nazione e si adopera per far nascere un’alleanza tra le forze liberali e i socialisti riformisti, mentre governa il Sud con metodi clientelari e autoritari, meritandosi da Gaetano Salvemini il titolo dispregiativo di “ministro della malavita”. Per allargare

l’area del consenso elettorale, nel 1912 egli introduce il suffragio universale maschile e nel 1913 vince le elezioni stringendo un accordo con l’ala conservatrice del movimento cattolico; cedendo alle pressioni della destra, egli impegna il Paese nella guerra di Libia, diffondendo nell’opinione pubblica l’idea che questa nuova avventura coloniale possa inaugurare una “nuova era storica”, creando “milioni di posti di lavoro”, grazie alla “favolosa ricchezza di quelle regioni”. Solo il partito socialista si oppone all’impresa africana, denunciando queste menzogne e falsificazioni. La guerra, che era iniziata nel settembre 1911 e che doveva concludersi con una “facile conquista” e con “una penetrazione pacifica”, termina nell’ottobre 1912 con il trattato di pace tra Italia e Turchia, anche se per anni la colonia sarà sconvolta dalla guerriglia. La crisi del “giolittismo”, con il sostanziale fallimento del liberalismo moderato, provoca nel 1914 una situazione di confusione e d’instabilità politica che determina la crisi del partito liberale e del cattolicesimo democratico, la spaccatura del partito socialista diviso tra riformismo e radicalismo mussoliniano, il rafforzamento del partito nazionalista come movimento antiparlamentare e militarista che si presenta come alternativo allo Stato liberale. Nel periodo compreso tra il 1901 e il 1914, la satira vive una fase di particolare sviluppo che porta alla nascita di 124 testate di varia impostazione politica. Il settimanale più popolare a livello nazionale è L’Asino (1892) di Guido Podrecca e Gabriele Galantara, che con la sua satira “spietata” antiborghese e anticlericale rappresenta la voce più genuina della sinistra militante, impegnata a difendere il proletariato operaio e contadino oppresso come “l’asino utile paziente e bastonato”. Il giornale attacca la classe dirigente e in particolare Giolitti, il mondo economico e finanziario del capitalismo rampante, Pio X e l’istituzione ecclesiale, il militarismo e le imprese coloniali considerate un’inutile e dannosa avventura politica. Galantara si dichiara ostile a ogni tipo di guerra, affermando che la sua “opera è stata e sarà sempre contro tutte le commedie e gli atti di vol-

gare brigantaggio che il nazionalismo di qualunque paese compie all’ombra di una falsa civiltà”. Il quotidiano socialista L’Avanti, fondato nel 1896, avverte l’opportunità di pubblicare L’Avanti della Domenica, un supplemento satirico ampiamente illustrato che nasce a Firenze nel 1903, si trasferisce a Roma nel 1907, dove ha tra i collaboratori Scarpelli, Sacchetti, Boccioni, Angoletta e Gabriele Galantara fino al 1911; poi il giornale si trasferisce a Milano, dove esce fino al 1912. L’uomo di punta del settimanale è Giuseppe Scalarini (1873-1948), un geniale disegnatore politico costantemente impegnato nella difesa della libertà e della democrazia. Le sue vignette satiriche sono un puntuale commento delle vicende politiche del nostro Paese e invitano il lettore a riflettere sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sui miti della “gloriosa” civiltà industriale, sull’ipocrisia borghese, sul nazionalismo, il militarismo e il clericalismo. Sul versante politico opposto appaiono numerose riviste satiriche e tra le più importanti c’è il periodico romano Il Bastone (1907-1917), d’impostazione dichiaratamente antisocialista, che sceglie come principale “nemico” L’Asino di Podrecca e Galantara; a Bologna si pubblica Il Mulo (1907-1925), il più celebre settimanale cattolico che si definisce “anticanagliesco” e che assume una posizione dichiaratamente antisocialista e velatamente filoaustriaca. Si avvale della collaborazione di una grande disegnatore come Moroni Celsi, il quale realizza in particolare delle splendide copertine che rivaleggiano per bellezza ed efficacia con quelle che Galantara disegna per L’Asino. Al di fuori degli schieramenti politici nasce a Roma Il Travaso delle idee (1900-1966), che rimane una delle riviste umoristiche italiane più longeve. Fondato dai disegnatori Carlo Montani, Filiberto Scarpelli e Enrico Novelli (Girus), annovera tra i suo collaboratori illustri scrittori e giornalisti come Yorick, Trilussa e Guglielmo Guasta. Il settimanale segue una linea democratico-moderata, aspirando a diventare la voce del “cittadino che protesta” contro il potere e le istituzioni.


principali problemi politici dell’Italia e dell’Europa. I bersagli preferiti di queste pubblicazioni satiriche sono Cavour, Garibaldi, Mazzini, Pio IX e la Chiesa, Vittorio Emanuele II, i governi della Destra e della Sinistra, il trasformismo di Depretis, l’autoritarismo e il militarismo di Crispi, la corruzione e gli scandali politici, le tragiche imprese africane, l’azione repressiva dei governi di Pelloux e De Rudinì. Con la proclamazione dell’unità d’Italia e dopo la prematura scomparsa di Cavour, la guida del paese è affidata a un gruppo politico moderato (la Desta storica), che dà vita a tredici governi con nove presidenti del Consiglio piemontesi e sempre piemontesi sono gli alti gradi della diplomazia e dell’esercito, che estende le leggi sabaude a tutta la penisola e decide per una forte centralizzazione della Stato. La Destra è chiamata ad affrontare la “questione meridionale” e il brigantaggio, la riduzione del deficit di bilancio, la costruzione delle infrastrutture necessarie alla modernizzazione del paese. Nel 1876 si ha una svolta politica con l’ascesa al potere della Sinistra, espressione della borghesia industriale del nord e della classe dirigente meridionale, la quale inizia la lotta all’analfabetismo, attua una prima riforma elettorale che apre la strada alla partecipazione politica dei ceti medi, rende elettivi i sindaci e i consigli provinciali, introduce un nuovo codice penale che abolisce la pena di morte, riorganizza la sanità, introduce il protezionismo a favore dell’industria e dell’agricoltura, stringe la Triplice Alleanza con Austria e Germania. Questo schieramento politico si deve confrontare con le opposizioni repubblicana e socialista, con le prime lotte della masse operaie che chiedono migliori condizioni di vita e il riconoscimento di alcuni fondamentali diritti civili. A causa di una profonda crisi politica e sociale, che si chiude nel 1900 con l’uccisione a Monza del re Umberto I, ha inizio un decennio dominato dalla personalità di Giovanni Giolitti, il quale affronta la nuova situazione politica caratterizzata dal rafforzamento del Partito socialista e del Partito repubblicano, dalla nascita del Partito radicale (1904)

e della Lega democratica nazionale (1905), il primo partito cattolico fondato da Romolo Murri, dell’Associazione nazionalistica italiana (1910), che si batte per la liberazione delle zone “irredente”, per un’ulteriore espansione coloniale e per trasformare l’Italia in una potenza militare. Alcune profonde trasformazioni economiche e sociali, favorite dalla seconda rivoluzione industriale, producono un nuovo benessere che rimane concentrato soprattutto nel Nord e che non è equamente distribuito fra tutte le classi. La società italiana continua a essere segnata da profonde differenze sociali; le masse popolari restano escluse dalla gestione del potere; il mondo agricolo è ancora caratterizzato dalle posizioni dominanti del padronato, dalla presenza del latifondo e dalla sopravvivenza di forme feudali di sfruttamento. Vi sono tuttavia dei segnali positivi, perché nel 1898 è istituita la Cassa Nazionale di Previdenza; nel 1901 nascono i primi sindacati operai del settore metalmeccanico e tessile e la Federazione italiana dei lavoratori della terra; nel 1902 è approvata la legge per la protezione del lavoro femminile e minorile; nel 1906 vengono fondate la Confederazione generale del Lavoro (Cgdl) e la Confederazione italiana dell’industria (1910); è riconosciuto il diritto di sciopero. Le differenze di classe sono ancora più marcate, perché i nuovi modelli culturali e di comportamento riguardano soprattutto l’alta e media borghesia Nel campo della salute, malgrado i progressi fatti dalla medicina, continuano a essere diffuse le malattie dei “poveri” (pellagra, tubercolosi, malaria); la precedente legge sulla scuola dell’obbligo e la nuova legge sull’istruzione obbligatoria non hanno sanato la piaga dell’analfabetismo che nel 1910 colpisce ancora il 48% della popolazione. Giolitti è convinto che il Nord costituisca l’elemento trainante della nazione e si adopera per far nascere un’alleanza tra le forze liberali e i socialisti riformisti, mentre governa il Sud con metodi clientelari e autoritari, meritandosi da Gaetano Salvemini il titolo dispregiativo di “ministro della malavita”. Per allargare

l’area del consenso elettorale, nel 1912 egli introduce il suffragio universale maschile e nel 1913 vince le elezioni stringendo un accordo con l’ala conservatrice del movimento cattolico; cedendo alle pressioni della destra, egli impegna il Paese nella guerra di Libia, diffondendo nell’opinione pubblica l’idea che questa nuova avventura coloniale possa inaugurare una “nuova era storica”, creando “milioni di posti di lavoro”, grazie alla “favolosa ricchezza di quelle regioni”. Solo il partito socialista si oppone all’impresa africana, denunciando queste menzogne e falsificazioni. La guerra, che era iniziata nel settembre 1911 e che doveva concludersi con una “facile conquista” e con “una penetrazione pacifica”, termina nell’ottobre 1912 con il trattato di pace tra Italia e Turchia, anche se per anni la colonia sarà sconvolta dalla guerriglia. La crisi del “giolittismo”, con il sostanziale fallimento del liberalismo moderato, provoca nel 1914 una situazione di confusione e d’instabilità politica che determina la crisi del partito liberale e del cattolicesimo democratico, la spaccatura del partito socialista diviso tra riformismo e radicalismo mussoliniano, il rafforzamento del partito nazionalista come movimento antiparlamentare e militarista che si presenta come alternativo allo Stato liberale. Nel periodo compreso tra il 1901 e il 1914, la satira vive una fase di particolare sviluppo che porta alla nascita di 124 testate di varia impostazione politica. Il settimanale più popolare a livello nazionale è L’Asino (1892) di Guido Podrecca e Gabriele Galantara, che con la sua satira “spietata” antiborghese e anticlericale rappresenta la voce più genuina della sinistra militante, impegnata a difendere il proletariato operaio e contadino oppresso come “l’asino utile paziente e bastonato”. Il giornale attacca la classe dirigente e in particolare Giolitti, il mondo economico e finanziario del capitalismo rampante, Pio X e l’istituzione ecclesiale, il militarismo e le imprese coloniali considerate un’inutile e dannosa avventura politica. Galantara si dichiara ostile a ogni tipo di guerra, affermando che la sua “opera è stata e sarà sempre contro tutte le commedie e gli atti di vol-

gare brigantaggio che il nazionalismo di qualunque paese compie all’ombra di una falsa civiltà”. Il quotidiano socialista L’Avanti, fondato nel 1896, avverte l’opportunità di pubblicare L’Avanti della Domenica, un supplemento satirico ampiamente illustrato che nasce a Firenze nel 1903, si trasferisce a Roma nel 1907, dove ha tra i collaboratori Scarpelli, Sacchetti, Boccioni, Angoletta e Gabriele Galantara fino al 1911; poi il giornale si trasferisce a Milano, dove esce fino al 1912. L’uomo di punta del settimanale è Giuseppe Scalarini (1873-1948), un geniale disegnatore politico costantemente impegnato nella difesa della libertà e della democrazia. Le sue vignette satiriche sono un puntuale commento delle vicende politiche del nostro Paese e invitano il lettore a riflettere sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sui miti della “gloriosa” civiltà industriale, sull’ipocrisia borghese, sul nazionalismo, il militarismo e il clericalismo. Sul versante politico opposto appaiono numerose riviste satiriche e tra le più importanti c’è il periodico romano Il Bastone (1907-1917), d’impostazione dichiaratamente antisocialista, che sceglie come principale “nemico” L’Asino di Podrecca e Galantara; a Bologna si pubblica Il Mulo (1907-1925), il più celebre settimanale cattolico che si definisce “anticanagliesco” e che assume una posizione dichiaratamente antisocialista e velatamente filoaustriaca. Si avvale della collaborazione di una grande disegnatore come Moroni Celsi, il quale realizza in particolare delle splendide copertine che rivaleggiano per bellezza ed efficacia con quelle che Galantara disegna per L’Asino. Al di fuori degli schieramenti politici nasce a Roma Il Travaso delle idee (1900-1966), che rimane una delle riviste umoristiche italiane più longeve. Fondato dai disegnatori Carlo Montani, Filiberto Scarpelli e Enrico Novelli (Girus), annovera tra i suo collaboratori illustri scrittori e giornalisti come Yorick, Trilussa e Guglielmo Guasta. Il settimanale segue una linea democratico-moderata, aspirando a diventare la voce del “cittadino che protesta” contro il potere e le istituzioni.


Cercando di strappare qualche sorriso, la carta satirico-politica francese rappresenta gli stati europei antropomorfizzati alludendo alle tensioni venutesi a creare tra i vari stati a seguito dello scoppio della guerra franco-prussiana, nel luglio del 1870. Al centro c’è la Prussia, fatta assomigliare al “Cancelliere di ferro” Otto Van Bismark, intenta a schiacciare i suoi vicini: in ginocchio sull’Austria, un soldato addormentato, coprendo con la sua mano destra i Paesi Bassi. Il Belgio, troppo piccolo per essere antropomorfizzato, è stato schiacciato tra Prussia e Francia, rappresentata come un soldato zuavo armato di baionetta e pronto a colpire. L’Inghilterra è una vecchia zia, alle prese con l’Irlanda, un cagnolino irrequieto a suo guinzaglio. Spagna e Turchia sono ritratti di donna immerse nel relax, rispettivamente con una sigaretta e un narghilè. Corsica e Sardegna diventano una figura maliziosa che sbeffeggia lo spettatore. La Danimarca è un piccolo soldato fanfarone che spera di recuperare Holstein, il territorio vinto dalla Prussia in una guerra pochi anni prima. Le varie tensioni e rivalità tra le nazioni sono descritte nella didascalia: “L’Inghilterra isolata, pazza di rabbia e si dimentica quasi dell’Irlanda che tiene al guinzaglio. La Spagna fuma, appoggiandosi al Portogallo. La Francia respinge gli attacchi della Prussia, la quale avanza una mano sull’Olanda, l’altra sull’Austria. L’Italia, anche, dice a Birsmack:Allontana i piedi da lì. La Corsica e la Sardegna un vero Gravoche, che ride di tutto. La Danimarca che ha perduto le sue gambe nello Holstein, spera di riprenderle. La Turchia d’Europa sbadiglia e si sveglia. La Turchia d’Asia aspira il fumo dal suo narguilhè. La Svezia fa un salto da pantera. La Russia assomiglia ad un uomo che voglia riempire la sua sporta.”

P. Hadol (1835-1875) Carte drolatique d’Europe pour 1870 Stampato a Parigi da Marchandeau 1870 24x39 cm


Cercando di strappare qualche sorriso, la carta satirico-politica francese rappresenta gli stati europei antropomorfizzati alludendo alle tensioni venutesi a creare tra i vari stati a seguito dello scoppio della guerra franco-prussiana, nel luglio del 1870. Al centro c’è la Prussia, fatta assomigliare al “Cancelliere di ferro” Otto Van Bismark, intenta a schiacciare i suoi vicini: in ginocchio sull’Austria, un soldato addormentato, coprendo con la sua mano destra i Paesi Bassi. Il Belgio, troppo piccolo per essere antropomorfizzato, è stato schiacciato tra Prussia e Francia, rappresentata come un soldato zuavo armato di baionetta e pronto a colpire. L’Inghilterra è una vecchia zia, alle prese con l’Irlanda, un cagnolino irrequieto a suo guinzaglio. Spagna e Turchia sono ritratti di donna immerse nel relax, rispettivamente con una sigaretta e un narghilè. Corsica e Sardegna diventano una figura maliziosa che sbeffeggia lo spettatore. La Danimarca è un piccolo soldato fanfarone che spera di recuperare Holstein, il territorio vinto dalla Prussia in una guerra pochi anni prima. Le varie tensioni e rivalità tra le nazioni sono descritte nella didascalia: “L’Inghilterra isolata, pazza di rabbia e si dimentica quasi dell’Irlanda che tiene al guinzaglio. La Spagna fuma, appoggiandosi al Portogallo. La Francia respinge gli attacchi della Prussia, la quale avanza una mano sull’Olanda, l’altra sull’Austria. L’Italia, anche, dice a Birsmack:Allontana i piedi da lì. La Corsica e la Sardegna un vero Gravoche, che ride di tutto. La Danimarca che ha perduto le sue gambe nello Holstein, spera di riprenderle. La Turchia d’Europa sbadiglia e si sveglia. La Turchia d’Asia aspira il fumo dal suo narguilhè. La Svezia fa un salto da pantera. La Russia assomiglia ad un uomo che voglia riempire la sua sporta.”

P. Hadol (1835-1875) Carte drolatique d’Europe pour 1870 Stampato a Parigi da Marchandeau 1870 24x39 cm


Affascinate mappa politico-umoristica dei Paesi d’Europa, conosciuta come la mappa Octopus dalla presenza minacciosa dell’Impero russo raffigurato come un polpo massiccio, i cui tentacoli si estendono verso l’Europa. In questa mappa l’Octopus trattiene la Turchia e la Persia ma è stato ferito dalla Crimea ed è respinto dalla Germania. La maggior parte delle nazioni sono osservatori prudenti.

Komisk Krigskarta for ar 1877 1877


Affascinate mappa politico-umoristica dei Paesi d’Europa, conosciuta come la mappa Octopus dalla presenza minacciosa dell’Impero russo raffigurato come un polpo massiccio, i cui tentacoli si estendono verso l’Europa. In questa mappa l’Octopus trattiene la Turchia e la Persia ma è stato ferito dalla Crimea ed è respinto dalla Germania. La maggior parte delle nazioni sono osservatori prudenti.

Komisk Krigskarta for ar 1877 1877


Lilian Lancaster è autrice di una raccolta di disegni umoristici realizzati probabilmente all’età di quindici anni, per intrattenere il fratello malato che era costretto a rimanere a letto. Le 9 di 12 mappe antropomorfe dei paesi europei sono apparse per la prima volta in “Geographical Fun, Humorous Outlines of Various Countries”, pubblicato a Londra nel 1869 da Hodder e Staughton. L’introduzione ai lavori e i versi umoristici in rima che accompagnano le mappe furono scritti da Aleph, lo pseudonimo del giornalista William Harvey (1796-1873).

Lilian Lancaster Tennant Geographical Fun, Humorous Outlines of Various Countries Pubblicato a Londra da Hodder & Stoughton 1869


Lilian Lancaster è autrice di una raccolta di disegni umoristici realizzati probabilmente all’età di quindici anni, per intrattenere il fratello malato che era costretto a rimanere a letto. Le 9 di 12 mappe antropomorfe dei paesi europei sono apparse per la prima volta in “Geographical Fun, Humorous Outlines of Various Countries”, pubblicato a Londra nel 1869 da Hodder e Staughton. L’introduzione ai lavori e i versi umoristici in rima che accompagnano le mappe furono scritti da Aleph, lo pseudonimo del giornalista William Harvey (1796-1873).

Lilian Lancaster Tennant Geographical Fun, Humorous Outlines of Various Countries Pubblicato a Londra da Hodder & Stoughton 1869












IL PAPAGALLO

Nella stampa satirica la componente testuale è spesso inscindibile da quella iconografica. Ecco allora le grandi tavole a colori che occupano le due pagine centrali della rivista Il Papagallo, particolarmente attenta alla politica internazionale (tanto da pubblicare in italiano e in francese), che costituiscono un vero “teatro pittorico universale”. Questo tipo di tavole, a volte in forma di fogli sciolti da vendersi separatamente e dare in omaggio ai sottoscrittori, venivano spesso utilizzate come decorazione e affisse al muro in case, uffici e negozi, un uso ricordato anche a proposito delle forti copertine a colori dell’Asino di Podrecca e Galantara.

A. Grossi L’Agnello pasquale “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico” 1873


IL PAPAGALLO

Nella stampa satirica la componente testuale è spesso inscindibile da quella iconografica. Ecco allora le grandi tavole a colori che occupano le due pagine centrali della rivista Il Papagallo, particolarmente attenta alla politica internazionale (tanto da pubblicare in italiano e in francese), che costituiscono un vero “teatro pittorico universale”. Questo tipo di tavole, a volte in forma di fogli sciolti da vendersi separatamente e dare in omaggio ai sottoscrittori, venivano spesso utilizzate come decorazione e affisse al muro in case, uffici e negozi, un uso ricordato anche a proposito delle forti copertine a colori dell’Asino di Podrecca e Galantara.

A. Grossi L’Agnello pasquale “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico” 1873


A. Grossi Guerra dei nani contro il gigante “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Maggio 1874


A. Grossi Guerra dei nani contro il gigante “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Maggio 1874


A. Grossi Pesci pescati “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Ottobre 1880


A. Grossi Pesci pescati “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Ottobre 1880


A. Grossi Attenti al Telegrafo! “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Settembre 1881


A. Grossi Attenti al Telegrafo! “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Settembre 1881


A. Grossi Il congresso dei cuochi a Vienna “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Maggio 1873


A. Grossi Il congresso dei cuochi a Vienna “Il Papagallo. Giornale colorato, politico, umoristico� Maggio 1873


LA RANA

A. Grossi Nuovo Olimpo politico europeo “La Rana. Giornale umoristico settimanale� Settembre 1901


LA RANA

A. Grossi Nuovo Olimpo politico europeo “La Rana. Giornale umoristico settimanale� Settembre 1901


A. Grossi La Rana e la Pace - Augurio pel nuovo anno 1902 “La Rana. Giornale umoristico settimanale� Dicembre 1901


A. Grossi La Rana e la Pace - Augurio pel nuovo anno 1902 “La Rana. Giornale umoristico settimanale� Dicembre 1901


A. Grossi Risurrezione! ossia “Basilio sol contro l’Europa tutta!” “La Rana. Giornale umoristico settimanale” Aprile 1901


A. Grossi Risurrezione! ossia “Basilio sol contro l’Europa tutta!” “La Rana. Giornale umoristico settimanale” Aprile 1901


F. B. Vervaardiger Das heutige Europa Edita da ZĂźrich Verlag von Caesar Schmidt ca. 1875 Litografia a colori, 32 x 50,5 cm Collezioni Speciali, UniversitĂ di Amsterdam


F. B. Vervaardiger Das heutige Europa Edita da ZĂźrich Verlag von Caesar Schmidt ca. 1875 Litografia a colori, 32 x 50,5 cm Collezioni Speciali, UniversitĂ di Amsterdam


Il capolavoro del caricaturista e artista grafico vittoriano Fred W. Rose ritrae lo sconvolgimento e la delicata situazione geopolitica del tardo imperialismo europeo. Ogni paese contiene personaggi e situazioni emblematiche verificatesi nei loro confini. Alcuni paesi stanno pescando e il risultato della pesca sono i possedimenti coloniali. La Francia della terza repubblica è impegnata nella lotta tra la sfera civile e militare per il controllo della politica interna; la Spagna è rappresentata da un torero triste, scontento della monarchia e dei leader che hanno portato aventi la disastrosa guerra; Svezia e Norvegia sono due cani gemelli; la Danimarca, pacifica, saluta la nascita degli eredi reali; l’impero austro-ungarico è in lutto per l’assassinio dell’imperatrice Elisabetta; l’Italia coperta da debiti; lo Zar russo offre un ramoscello di ulivo in segno di pace, ma molti temono ancora le armi in suo possesso; la Turchia si è macchiata del genocidio in Armenia e in Bulgaria mentre la Grecia indica il suo desiderio di possedere Creta.

Fred W. Rose Angling in troubled waters. A serio-comic map of Europe Stampata a Londra da G.W. Bacon Litografi a colori 1899 48,5 x 69 cm


Il capolavoro del caricaturista e artista grafico vittoriano Fred W. Rose ritrae lo sconvolgimento e la delicata situazione geopolitica del tardo imperialismo europeo. Ogni paese contiene personaggi e situazioni emblematiche verificatesi nei loro confini. Alcuni paesi stanno pescando e il risultato della pesca sono i possedimenti coloniali. La Francia della terza repubblica è impegnata nella lotta tra la sfera civile e militare per il controllo della politica interna; la Spagna è rappresentata da un torero triste, scontento della monarchia e dei leader che hanno portato aventi la disastrosa guerra; Svezia e Norvegia sono due cani gemelli; la Danimarca, pacifica, saluta la nascita degli eredi reali; l’impero austro-ungarico è in lutto per l’assassinio dell’imperatrice Elisabetta; l’Italia coperta da debiti; lo Zar russo offre un ramoscello di ulivo in segno di pace, ma molti temono ancora le armi in suo possesso; la Turchia si è macchiata del genocidio in Armenia e in Bulgaria mentre la Grecia indica il suo desiderio di possedere Creta.

Fred W. Rose Angling in troubled waters. A serio-comic map of Europe Stampata a Londra da G.W. Bacon Litografi a colori 1899 48,5 x 69 cm


Affascinante carta politica satirica di Frederick Rose dei paesi d’Europa, nota come Octopus Map dalla presenza minacciosa dell’impero russo raffigurato come una piovra enorme, i cui tentacoli si estendono verso l’Europa. La Cina è mostrata nella morsa della Russia, così come la Persia e la Polonia. Francia e Spagna sono donne attraenti, mentre Germania, Italia e Inghilterra sono comandanti militari. La carta di Rose ha seguito il modello ideato da un francese, Joseph Goggin, mostrando la Russia come una piovra.

Fred W. Rose John Bull and His Friends. A Serio-Comic Map of Europe Pubblicato a Londra 1900 71x50,8 cm


Affascinante carta politica satirica di Frederick Rose dei paesi d’Europa, nota come Octopus Map dalla presenza minacciosa dell’impero russo raffigurato come una piovra enorme, i cui tentacoli si estendono verso l’Europa. La Cina è mostrata nella morsa della Russia, così come la Persia e la Polonia. Francia e Spagna sono donne attraenti, mentre Germania, Italia e Inghilterra sono comandanti militari. La carta di Rose ha seguito il modello ideato da un francese, Joseph Goggin, mostrando la Russia come una piovra.

Fred W. Rose John Bull and His Friends. A Serio-Comic Map of Europe Pubblicato a Londra 1900 71x50,8 cm


Lilian Lancaster Tennant (1852-1939), disegnatrice di mappe divertenti e inusuali, attribuisce forme e caratteristiche di creature umane e animali ai soggetti delle sue carte. In questa carta satirica, datata 1910, compare la piccola figura dello zar Pietro protetto dall’imponente madre.

L. Lancaster Tennant Russia ca. 1910 18 x 14 cm


Lilian Lancaster Tennant (1852-1939), disegnatrice di mappe divertenti e inusuali, attribuisce forme e caratteristiche di creature umane e animali ai soggetti delle sue carte. In questa carta satirica, datata 1910, compare la piccola figura dello zar Pietro protetto dall’imponente madre.

L. Lancaster Tennant Russia ca. 1910 18 x 14 cm


Ampia carta geografica a soggetto politico dell’Europa con note di Walter Emanuel, disegnata e stampata da Johnson, Riddle & Co. a Londra e pubblicata nel 1914 ca da G. W. Bacon. Descrive e raffigura le tensioni politiche in Europa all’inizio della Prima Guerra Mondiale definendo gli stati attraverso rappresentazioni canine. “I cani della guerra sono stati lasciati liberi in europa…” inizia così il testo che accompagna la mappa. La Germania è rappresentata come un bassotto aggressivo con l’elmetto, il suo alleato austriaco, legato al guinzaglio, abbaia. La Francia è un barboncino dandy e la Gran Bretagna un bulldog vigile che azzanna il naso del bassotto tedesco. Gli altri paesi europei sono raffigurati da figure altrettanto divertenti: un torero spagnolo, un olandese sorridente, un greco armato pronto a colpire i suoi vicini alle spalle, un carabiniere italiano con la pistola in mano, un orso russo al cui fianco viaggia una schiacciasassi guidata dallo Zar diretta verso l’Europa, un turco inginocchiato con un cagnolino francese al guinzaglio a suo seguito; la Gran Bretagna è raffigurata da un marinaio dalle proporzioni giganti dalle cui mani parte un flusso di corde a cui sono collegate numerose navi da battaglia, un riferimento all’imponente forza navale britannica.

Johnson, Riddle and Co Hark! Hark! The dogs do bark! Pubblicato a Londra 1914 76,2x56 cm


Ampia carta geografica a soggetto politico dell’Europa con note di Walter Emanuel, disegnata e stampata da Johnson, Riddle & Co. a Londra e pubblicata nel 1914 ca da G. W. Bacon. Descrive e raffigura le tensioni politiche in Europa all’inizio della Prima Guerra Mondiale definendo gli stati attraverso rappresentazioni canine. “I cani della guerra sono stati lasciati liberi in europa…” inizia così il testo che accompagna la mappa. La Germania è rappresentata come un bassotto aggressivo con l’elmetto, il suo alleato austriaco, legato al guinzaglio, abbaia. La Francia è un barboncino dandy e la Gran Bretagna un bulldog vigile che azzanna il naso del bassotto tedesco. Gli altri paesi europei sono raffigurati da figure altrettanto divertenti: un torero spagnolo, un olandese sorridente, un greco armato pronto a colpire i suoi vicini alle spalle, un carabiniere italiano con la pistola in mano, un orso russo al cui fianco viaggia una schiacciasassi guidata dallo Zar diretta verso l’Europa, un turco inginocchiato con un cagnolino francese al guinzaglio a suo seguito; la Gran Bretagna è raffigurata da un marinaio dalle proporzioni giganti dalle cui mani parte un flusso di corde a cui sono collegate numerose navi da battaglia, un riferimento all’imponente forza navale britannica.

Johnson, Riddle and Co Hark! Hark! The dogs do bark! Pubblicato a Londra 1914 76,2x56 cm


Louis Raemaekers era un disegnatore olandese e quindi, tecnicamente, un neutrale. Ha attraversato il Belgio, sulla scia dell’avanzata tedesca, e ciò che ha visto lo ha spinto a creare vignette anti-tedesche di tale ferocia che il governo tedesco spinse gli olandesi a metterlo sotto processo per non compromettere la neutralità olandese. Fu assolto, ma cambiò schieramento a Londra per poter continuare il suo lavoro. Se uno ha qualche dubbio su quanto sia significativo questo tipo di propaganda così come è stata pensata, è opportuno ricordare che il governo tedesco mise una taglia di 12000 fiorini sulla testa di Raemaekers, vivo o morto. Pubblicato ad Amsterdam da Senefelder nel 1915 il titolo “Het Gekkenhuis (Oud Liedje, Nieuwe Wijs)” si può tradurre come “Manicomio folle (vecchia canzone, nuova melodia)”. Questo sembra abbastanza appropriato per un osservatore neutrale in un mondo impazzito. Infatti, anche se l’Olanda neutrale sta osservando e pacificamente sta fumando una pipa, ha un revolver a portata di mano; a differenza di Spagna e Portogallo, che sono intenti ai propri affari, l’Olanda è vigile, e sta sbirciando da sopra la spalla il suo vicino bellicoso. Le figure di Raemakers riempiono lo spazio, spingendo e tendendo i confini nazionali, ma è significativo che siano tutte umane. La miscela di personaggi zoomorfi e antropomorfi nelle carte tende da essere molto consapevole: i nemici sono meno che umani. In questa mappa non ci sono veri personaggi mostruoso, anche se Raemakers esprime abbastanza chiaramente le sue simpatie. Raemakers presagisce anche la fine degli imperi: dopo qualche tergiversazione l’Italia aveva aderito alla guerra a fianco degli Alleati nel 1915, e Russia e Italia insieme stanno strattonando gli austro-ungarici in ogni modo. La raffigurazione della Turchia, in particolare, è ben pensata. L’impero ottomano si è unito ai Poteri Centrali e ha ricevuto munizioni e consiglieri dalla Germania. Il turco di Raemaekers si sta tagliando la gola, lungo la linea dei Dardanelli e il Mar di Marmara, fino alla stessa Costantinopoli, utilizzando una spada con il marchio “made in Germany”. Mentre gli italiani sono rappresentati come partecipanti attivi. Questo impiego ben utilizzato di una caratteristica geografica esistente potrebbe anche essere letto come riferimento alle prime fasi della campagna di Gallipoli, quando il successo degli Alleati sembrava ancora essere sulla carta. Louis Raemaerkers Het Gekkenhuis (Oud Liedje, Nieuwe Wijs) Pubblicata a Amsterdam 1915


Louis Raemaekers era un disegnatore olandese e quindi, tecnicamente, un neutrale. Ha attraversato il Belgio, sulla scia dell’avanzata tedesca, e ciò che ha visto lo ha spinto a creare vignette anti-tedesche di tale ferocia che il governo tedesco spinse gli olandesi a metterlo sotto processo per non compromettere la neutralità olandese. Fu assolto, ma cambiò schieramento a Londra per poter continuare il suo lavoro. Se uno ha qualche dubbio su quanto sia significativo questo tipo di propaganda così come è stata pensata, è opportuno ricordare che il governo tedesco mise una taglia di 12000 fiorini sulla testa di Raemaekers, vivo o morto. Pubblicato ad Amsterdam da Senefelder nel 1915 il titolo “Het Gekkenhuis (Oud Liedje, Nieuwe Wijs)” si può tradurre come “Manicomio folle (vecchia canzone, nuova melodia)”. Questo sembra abbastanza appropriato per un osservatore neutrale in un mondo impazzito. Infatti, anche se l’Olanda neutrale sta osservando e pacificamente sta fumando una pipa, ha un revolver a portata di mano; a differenza di Spagna e Portogallo, che sono intenti ai propri affari, l’Olanda è vigile, e sta sbirciando da sopra la spalla il suo vicino bellicoso. Le figure di Raemakers riempiono lo spazio, spingendo e tendendo i confini nazionali, ma è significativo che siano tutte umane. La miscela di personaggi zoomorfi e antropomorfi nelle carte tende da essere molto consapevole: i nemici sono meno che umani. In questa mappa non ci sono veri personaggi mostruoso, anche se Raemakers esprime abbastanza chiaramente le sue simpatie. Raemakers presagisce anche la fine degli imperi: dopo qualche tergiversazione l’Italia aveva aderito alla guerra a fianco degli Alleati nel 1915, e Russia e Italia insieme stanno strattonando gli austro-ungarici in ogni modo. La raffigurazione della Turchia, in particolare, è ben pensata. L’impero ottomano si è unito ai Poteri Centrali e ha ricevuto munizioni e consiglieri dalla Germania. Il turco di Raemaekers si sta tagliando la gola, lungo la linea dei Dardanelli e il Mar di Marmara, fino alla stessa Costantinopoli, utilizzando una spada con il marchio “made in Germany”. Mentre gli italiani sono rappresentati come partecipanti attivi. Questo impiego ben utilizzato di una caratteristica geografica esistente potrebbe anche essere letto come riferimento alle prime fasi della campagna di Gallipoli, quando il successo degli Alleati sembrava ancora essere sulla carta. Louis Raemaerkers Het Gekkenhuis (Oud Liedje, Nieuwe Wijs) Pubblicata a Amsterdam 1915


Questa mappa simbolica d’Europa è stata pubblicata a Varsavia da Vladislav Levinsky , approvata dal censore il 9 aprile 1915 e ovviamente, essendo stato approvata dal censore, ricalca la linea ufficiale. Molte mappe satiriche mostrano la Polonia mentre lotta per la libertà, ma la Polonia era stata frazionata da più di un secolo quando questa carta fu realizzata, e Varsavia era quindi la terza città più grande dell’Impero Russo. La mappa è dominata dalla figura serena dello zar, che tiene al guinzaglio il furioso toro tedesco senza alcuno sforzo. Lo Zar stesso è la personificazione della Russia, e lo stesso Zar riporterà la vittoria. Una versione della mappa è stata pubblicata anche a Parigi (da Edizioni G - D, come “Carte Symbolique de l’Europe ... Guerre Liberatrice de 1914-1915”; la firma è la stessa, ma la carta è datata 1914) e questa connessione francese può spiegare il contrasto tra una Marianne glamour in sella a un bell’esemplare di un galletto e la sciatta ascia da battaglia su una nave corazzata grigia che rappresenta la Britannia. Il vignettista è abbastanza gentile con i paesi alla periferia della mappa. I vicini neutrali della Russia , la Svezia e la Norvegia , sono ritratti come due belle donne in un abbraccio.

B. Critè Europe in 1914 Pubblicata a Varsavia 1914


Questa mappa simbolica d’Europa è stata pubblicata a Varsavia da Vladislav Levinsky , approvata dal censore il 9 aprile 1915 e ovviamente, essendo stato approvata dal censore, ricalca la linea ufficiale. Molte mappe satiriche mostrano la Polonia mentre lotta per la libertà, ma la Polonia era stata frazionata da più di un secolo quando questa carta fu realizzata, e Varsavia era quindi la terza città più grande dell’Impero Russo. La mappa è dominata dalla figura serena dello zar, che tiene al guinzaglio il furioso toro tedesco senza alcuno sforzo. Lo Zar stesso è la personificazione della Russia, e lo stesso Zar riporterà la vittoria. Una versione della mappa è stata pubblicata anche a Parigi (da Edizioni G - D, come “Carte Symbolique de l’Europe ... Guerre Liberatrice de 1914-1915”; la firma è la stessa, ma la carta è datata 1914) e questa connessione francese può spiegare il contrasto tra una Marianne glamour in sella a un bell’esemplare di un galletto e la sciatta ascia da battaglia su una nave corazzata grigia che rappresenta la Britannia. Il vignettista è abbastanza gentile con i paesi alla periferia della mappa. I vicini neutrali della Russia , la Svezia e la Norvegia , sono ritratti come due belle donne in un abbraccio.

B. Critè Europe in 1914 Pubblicata a Varsavia 1914


Questa “Karte von Europa im Jahre 1914” è un lavoro relativamente giovane di Walter Trier, un ragazzo a quel tempo, a metà degli anni Venti. A differenza di Raemaekers, la cui carriera è stata segnata dalla Grande Guerra, Trier è appena agli inizi. Egli realizzò le illustrazioni del libro di Erich Kästner “Emil and the detective”, e le sue illustrazioni per i bambini sono probabilmente la sua eredità più duratura. In realtà , poco più di 30 anni dopo la pubblicazione della sua carta satirica divenne un cittadino britannico. Trier è nato in una famiglia ebrea di lingua tedesca a Praga e dal 1910 ha dovuto gravitare, abbastanza naturalmente, a Berlino, ma poi fuggì da Berlino per Londra nel 1936. Le sue vignette di satira politica della seconda guerra mondiale sono arrabbiate, a volte viscerali, sempre ben fatte. Tornato nella vecchia Berlino del 1914, Trier sembra aver avuto un problema particolare con i montenegrini, che ha raffigurati come pidocchi, a differenza di tutti gli altri personaggi raffigurati sul questa mappa che sono umani. Gli alleati non sono presentati sotto una luce particolarmente lusinghiera. I francesi si stanno ritirando, scacciati con nient’altro che un calcio veloce, ma una rabbia speciale è riservata alla Britannia, rappresentata da uno scozzese, con i denti sporgenti e le sopracciglia folte, che protegge la grande flotta della Royal Navy sotto le pieghe del suo gonnellino. I tentativi del gigante russo di deglutire l’Europa sono controllati da figure tedesche e austriache molto più che eroiche. Tuttavia, è interessante notare uno o due discrepanze tra il testo e l’immagine. Il testo redatto si riferisce alla fedeltà dell’Italia, che si aspettava inizialmente di unire le Potenze centrali di cui lei era partner in una Triplice Alleanza difensiva. Come si è scoperto, lei aveva inizialmente scelto di rimanere neutrale, così il testo ha senso solo se la mappa è stata mandata in fretta alle stampe subito dopo la dichiarazione di ostilità . Allo stesso modo la Romania , anche oscurata, rimase neutrale fino a quando anche lei si unì agli Alleati. Tuttavia, nessuna delle due è presentata in modi particolarmente lusinghieri sulla mappa . L’Italia in particolare, con il suo enorme nasone spinto verso l’Austria, ha le mani in tasca in un atteggiamento decisamente neutrale.

Walter Trier (1890-1951), Karte von Europa im Jahre 1914, 1914 Edita da Berlin Werner & Schumann ca. 1935 Stampata a Berlino da Reklameverlag Ernst Marx Litografia a colori 24,5 x 38,5 cm Collezioni Speciali, Università di Amsterdam


Questa “Karte von Europa im Jahre 1914” è un lavoro relativamente giovane di Walter Trier, un ragazzo a quel tempo, a metà degli anni Venti. A differenza di Raemaekers, la cui carriera è stata segnata dalla Grande Guerra, Trier è appena agli inizi. Egli realizzò le illustrazioni del libro di Erich Kästner “Emil and the detective”, e le sue illustrazioni per i bambini sono probabilmente la sua eredità più duratura. In realtà , poco più di 30 anni dopo la pubblicazione della sua carta satirica divenne un cittadino britannico. Trier è nato in una famiglia ebrea di lingua tedesca a Praga e dal 1910 ha dovuto gravitare, abbastanza naturalmente, a Berlino, ma poi fuggì da Berlino per Londra nel 1936. Le sue vignette di satira politica della seconda guerra mondiale sono arrabbiate, a volte viscerali, sempre ben fatte. Tornato nella vecchia Berlino del 1914, Trier sembra aver avuto un problema particolare con i montenegrini, che ha raffigurati come pidocchi, a differenza di tutti gli altri personaggi raffigurati sul questa mappa che sono umani. Gli alleati non sono presentati sotto una luce particolarmente lusinghiera. I francesi si stanno ritirando, scacciati con nient’altro che un calcio veloce, ma una rabbia speciale è riservata alla Britannia, rappresentata da uno scozzese, con i denti sporgenti e le sopracciglia folte, che protegge la grande flotta della Royal Navy sotto le pieghe del suo gonnellino. I tentativi del gigante russo di deglutire l’Europa sono controllati da figure tedesche e austriache molto più che eroiche. Tuttavia, è interessante notare uno o due discrepanze tra il testo e l’immagine. Il testo redatto si riferisce alla fedeltà dell’Italia, che si aspettava inizialmente di unire le Potenze centrali di cui lei era partner in una Triplice Alleanza difensiva. Come si è scoperto, lei aveva inizialmente scelto di rimanere neutrale, così il testo ha senso solo se la mappa è stata mandata in fretta alle stampe subito dopo la dichiarazione di ostilità . Allo stesso modo la Romania , anche oscurata, rimase neutrale fino a quando anche lei si unì agli Alleati. Tuttavia, nessuna delle due è presentata in modi particolarmente lusinghieri sulla mappa . L’Italia in particolare, con il suo enorme nasone spinto verso l’Austria, ha le mani in tasca in un atteggiamento decisamente neutrale.

Walter Trier (1890-1951), Karte von Europa im Jahre 1914, 1914 Edita da Berlin Werner & Schumann ca. 1935 Stampata a Berlino da Reklameverlag Ernst Marx Litografia a colori 24,5 x 38,5 cm Collezioni Speciali, Università di Amsterdam


Germania. Il Michel tedesco ha messo l’elmetto in testa, si estende e si espande a piena forza, ha già il francese per la gola e batte per bene la pelle dell’orso russo. L’Austria-Ungheria combatte con astuzia contro la Russia e la Serbia e dà calci alle spalle del Montenegro. Uniti insieme, con entusiasmo, tutti i suoi popoli assaliscono lo spauracchio russo. La Francia in ritirata chiede aiuto all’Inghilterra, mentre il gallo gallico si vanta delle vittorie secondo la ricetta del 1870/71. La Russia con un’orribilmente coccarda che raffigura l’Angelo della Pace apre le sue fauci per inghiottire la Germania e l’Austria per intero, e agita la bottiglia di vodka e la frusta della rivoluzione, mentre gli “insetti “ tedeschi sondano il suo dente cavo e colpiscono il suo dente avvelenato. L’orso russo, desideroso dell’alveare tedesco, è guidato fuori dalle api, mentre la Finlandia chiama un liberatore. L’Inghilterra , che ha provocato l’Egitto per dichiarare guerra, fa conoscenza con il guanto di sfida, cioè un pugno corazzato, mentre sta in piedi sui suoi sacchi di denaro. Il serpente indiano soffoca il bulldog , e l’Irlanda tenta di recidere la catena che la lega all’Inghilterra. Il Belgio, il cui popolo dimostra di essere un rospo velenoso, è già stato infilzato da uno spillo per essere inserito nella collezione tedesca . Il personaggio della Serbia , che ha innescato la guerra mondiale con il suo omicidio-bomba , è curvo, preso per le orecchie dall’aquila austriaca. Montenegro. Il grasso Nikita combatte stupidamente contro la Germania e l’Austria-Ungheria e riceve rubli russi per il suo sforzo. L’Italia, vincolata dalla Triplice Alleanza, attende nel suo stivale il momento di intervenire, armato e fornito di sardine. Spagna. Re Alfonso conta il suo bottino di guerra, la sua famiglia è contro le spese inutili, mentre il cavaliere don Chisciotte alza già la lancia. Il Portogallo si appoggia comodamente sulla Spagna mentre legge i resoconti di guerra. L’Olanda viene sgarbatamente interrotta durante la sua colazione da una bomba vagante che atterra nella sua tazza di cioccolato. La Danimarca fa pacificamente le sue consegne di burro alla Germania. La Norvegia , come amico e fratello dei tedeschi, ci applaude. La Svezia guarda attentamente e in armi gli sviluppi in Russia. La Svizzera guarda la distruzione del mondo in tutta comodità ed è già un asilo per granduchi russi senzatetto. La Romania forgia energicamente la sua spada. Bulgaria. Ferdinando lava alacremente la sciabola, ancora insanguinata dalla guerra balcanica. La Grecia, con il suo pezzetto di Turchia conquistato, considera astutam ente la sua prossima mossa. Albania. La “Commissione” continua ad aspettare in silenziosa preghiera. Turchia . Il sultano, ferito nella guerra dei Balcani si sta riprendendo sul suo letto da ammalato, ma non è contrario a dare alla Russia una luce, che causerebbe l’esplosione del barile di polvere della Russia meridionale. Il Giappone viene trascinato dall’Inghilterra nel teatro europeo della guerra e mostra i suoi denti da predatore alla Germania .

K. Lehmann-Dumont, Leutert & Schneidewind, Humoristische Karte von Europa im Jahre 1914, 1914


Germania. Il Michel tedesco ha messo l’elmetto in testa, si estende e si espande a piena forza, ha già il francese per la gola e batte per bene la pelle dell’orso russo. L’Austria-Ungheria combatte con astuzia contro la Russia e la Serbia e dà calci alle spalle del Montenegro. Uniti insieme, con entusiasmo, tutti i suoi popoli assaliscono lo spauracchio russo. La Francia in ritirata chiede aiuto all’Inghilterra, mentre il gallo gallico si vanta delle vittorie secondo la ricetta del 1870/71. La Russia con un’orribilmente coccarda che raffigura l’Angelo della Pace apre le sue fauci per inghiottire la Germania e l’Austria per intero, e agita la bottiglia di vodka e la frusta della rivoluzione, mentre gli “insetti “ tedeschi sondano il suo dente cavo e colpiscono il suo dente avvelenato. L’orso russo, desideroso dell’alveare tedesco, è guidato fuori dalle api, mentre la Finlandia chiama un liberatore. L’Inghilterra , che ha provocato l’Egitto per dichiarare guerra, fa conoscenza con il guanto di sfida, cioè un pugno corazzato, mentre sta in piedi sui suoi sacchi di denaro. Il serpente indiano soffoca il bulldog , e l’Irlanda tenta di recidere la catena che la lega all’Inghilterra. Il Belgio, il cui popolo dimostra di essere un rospo velenoso, è già stato infilzato da uno spillo per essere inserito nella collezione tedesca . Il personaggio della Serbia , che ha innescato la guerra mondiale con il suo omicidio-bomba , è curvo, preso per le orecchie dall’aquila austriaca. Montenegro. Il grasso Nikita combatte stupidamente contro la Germania e l’Austria-Ungheria e riceve rubli russi per il suo sforzo. L’Italia, vincolata dalla Triplice Alleanza, attende nel suo stivale il momento di intervenire, armato e fornito di sardine. Spagna. Re Alfonso conta il suo bottino di guerra, la sua famiglia è contro le spese inutili, mentre il cavaliere don Chisciotte alza già la lancia. Il Portogallo si appoggia comodamente sulla Spagna mentre legge i resoconti di guerra. L’Olanda viene sgarbatamente interrotta durante la sua colazione da una bomba vagante che atterra nella sua tazza di cioccolato. La Danimarca fa pacificamente le sue consegne di burro alla Germania. La Norvegia , come amico e fratello dei tedeschi, ci applaude. La Svezia guarda attentamente e in armi gli sviluppi in Russia. La Svizzera guarda la distruzione del mondo in tutta comodità ed è già un asilo per granduchi russi senzatetto. La Romania forgia energicamente la sua spada. Bulgaria. Ferdinando lava alacremente la sciabola, ancora insanguinata dalla guerra balcanica. La Grecia, con il suo pezzetto di Turchia conquistato, considera astutam ente la sua prossima mossa. Albania. La “Commissione” continua ad aspettare in silenziosa preghiera. Turchia . Il sultano, ferito nella guerra dei Balcani si sta riprendendo sul suo letto da ammalato, ma non è contrario a dare alla Russia una luce, che causerebbe l’esplosione del barile di polvere della Russia meridionale. Il Giappone viene trascinato dall’Inghilterra nel teatro europeo della guerra e mostra i suoi denti da predatore alla Germania .

K. Lehmann-Dumont, Leutert & Schneidewind, Humoristische Karte von Europa im Jahre 1914, 1914


Sommerschau über Europa 1915 Edito ad Amburgo da Lucas Gräfe 1915 Stampato ad Amburgo da Gebrüder Lüdeking Litografia a colori 51 x 66,5 cm Collezioni Speciali, Università di Amsterdam


Sommerschau über Europa 1915 Edito ad Amburgo da Lucas Gräfe 1915 Stampato ad Amburgo da Gebrüder Lüdeking Litografia a colori 51 x 66,5 cm Collezioni Speciali, Università di Amsterdam


Gedrängte Frühjahrsübersicht von Europa im Jahre 1915 Edito ad Amburgo da Lucas Gräfe 1915 Stampato a Amburgo da Gebrüder Lüdeking Litografia a colori 51 x 66,5 cm Collezioni Speciali, Università di Amsterdam


Gedrängte Frühjahrsübersicht von Europa im Jahre 1915 Edito ad Amburgo da Lucas Gräfe 1915 Stampato a Amburgo da Gebrüder Lüdeking Litografia a colori 51 x 66,5 cm Collezioni Speciali, Università di Amsterdam


J. Amschewitz European Revue. Kill That Eagle Stampato a Londra 1914 cm 81,3x56


J. Amschewitz European Revue. Kill That Eagle Stampato a Londra 1914 cm 81,3x56


C’è un intero genere in cartografia , che prevede l’utilizzo di figure antropomorfe o zoomorfe nelle mappe. Questa è una tradizione che ha avuto inizio nel medioevo e continua fino ai giorni nostri. Ci sono diversi sottogeneri di queste mappe antropomorfe, uno dei quali è la mappa satirico - politica del tipo vignetta, che usa animali o persone a creare i confini delle nazioni. Questi sono realizzati con abilità, e rappresentano spesso brillanti commenti su eventi o circostanze della giornata, di solito esponendo un punto di vista dei fatti di parte. In qualche modo, questi sono una derivazione del sotto-genere delle carte di propaganda, e raggiunsero il loro apice appena prima e durante la Prima Guerra Mondiale in Europa. Purtroppo, gran parte della iconografia è perduta per gli spettatori moderni, che non hanno più familiarità con il significato dei simboli rappresentati. Ma gli spettatori contemporanei del periodo in cui le carte sono state pubblicate si sarebbero fatti indubbiamente una grande risata riconoscendo il modo in cui molte delle loro nazioni confinanti, sia nemiche che alleate, erano state ritratte, alimentando stereotipi e pregiudizi profondamente radicati. La maggior parte di questi tipi di mappe sono del periodo 1870-1920. C’è una ricca tradizione nella cartografia europea di disegnare bestie mitiche e persone immaginarie a margine delle mappe, non solo da usare come “riempitivi” per parti sconosciute del globo, ma anche per illustrare (almeno nella mente del cartografo) che tipo di creature si sarebbero potute trovare da quelle parti. Queste mappe sono state i precursori delle mappe antropomorfe.

Tanaka, L’illustrazione della Grande Guerra europea N. 16 - Un Atlante divertente del mondo, 1914


C’è un intero genere in cartografia , che prevede l’utilizzo di figure antropomorfe o zoomorfe nelle mappe. Questa è una tradizione che ha avuto inizio nel medioevo e continua fino ai giorni nostri. Ci sono diversi sottogeneri di queste mappe antropomorfe, uno dei quali è la mappa satirico - politica del tipo vignetta, che usa animali o persone a creare i confini delle nazioni. Questi sono realizzati con abilità, e rappresentano spesso brillanti commenti su eventi o circostanze della giornata, di solito esponendo un punto di vista dei fatti di parte. In qualche modo, questi sono una derivazione del sotto-genere delle carte di propaganda, e raggiunsero il loro apice appena prima e durante la Prima Guerra Mondiale in Europa. Purtroppo, gran parte della iconografia è perduta per gli spettatori moderni, che non hanno più familiarità con il significato dei simboli rappresentati. Ma gli spettatori contemporanei del periodo in cui le carte sono state pubblicate si sarebbero fatti indubbiamente una grande risata riconoscendo il modo in cui molte delle loro nazioni confinanti, sia nemiche che alleate, erano state ritratte, alimentando stereotipi e pregiudizi profondamente radicati. La maggior parte di questi tipi di mappe sono del periodo 1870-1920. C’è una ricca tradizione nella cartografia europea di disegnare bestie mitiche e persone immaginarie a margine delle mappe, non solo da usare come “riempitivi” per parti sconosciute del globo, ma anche per illustrare (almeno nella mente del cartografo) che tipo di creature si sarebbero potute trovare da quelle parti. Queste mappe sono state i precursori delle mappe antropomorfe.

Tanaka, L’illustrazione della Grande Guerra europea N. 16 - Un Atlante divertente del mondo, 1914


Finito di stampare Giugno 2014

Stampa Fastedit - Acquaviva Picena (AP) Š diritti riservati Associazione Giovane Europa - AP


Finito di stampare Giugno 2014

Stampa Fastedit - Acquaviva Picena (AP) Š diritti riservati Associazione Giovane Europa - AP



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