rovine la valsugana orientale nella distruzione della grande guerra
con “Il cimitero del trentino� di ottone brentari
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croxarie progetto memoria
croxarie progetto memoria
Rovine La Valsugana orientale nella distruzione della Grande Guerra A cura di Attilio Pedenzini Prima edizione: giugno 2003 Progetto grafico: CROXARIE Collana Progetto memoria Progetto e coordinamento editoriale Attilio Pedenzini Proprietà letteraria e artistica riservata Stampato in Italia - Printed in Italy Tutti i diritti riservati © 2003 C R O X A R I E Piazza Santi, 6 38059 - Strigno (TN) www.croxarie.it - posta@croxarie.it
Stampato su carta Zanders Mega MATT
rovine
La Valsugana orientale nella distruzione della Grande Guerra
In memoria di Carlo Bianco
Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro in un angolo Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca È il mio cuore il paese più straziato.
Giuseppe Ungaretti
(San Martino del Carso, Valloncello dell’albero isolato, 27 agosto 1916)
Guardate, dicono le fotografie, questo fa la guerra. La guerra lacera, spacca. Squarcia, sventra, brucia. Susan Sontag
Provincia Autonoma di Trento Servizio Beni culturali Ufficio Beni storico-artistici Archivio Storico Fotografico
Museo Storico in Trento
Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto
Hanno collaborato alla realizzazione di questo volume: Luca Alberini, Ferruccio Bastiani, Claudio Bellin, Franco Bellin, Andrea Bernabè, Carlo Bianco, Tiziano Bertè, Sandra Boccher, Paolo Borgatta, Vito Bortondello, Katiuscia Broccato, Giuliano Colleoni, Franco Coradello, Giulio Coradello, Renato Giovannini, Silvia Giovannini, Ilda Giuliani, Gruppo ANA Novaledo, Livio Marighetto, Fabio Martinelli, Lucio Melchiori, Floriano Menapace, Claudia Mengarda, Elvio Mengarda, Vitaliano Modena, Elio Moratelli, Fabio Osti, Roberto Paoli, Maurizio Pasquazzo, Adele Paternolli, Bruno Pecoraro, Giorgio Pedenzini, Romina Pedenzini, Decimo Purin, Domenico Ropele, Scuola Elementare di Roncegno, Giuseppe Sittoni, Paolo Sordo, Valerio Stefani, Fernanda Tessaro, Barbara Tiso, Andrea Tomaselli, Annalisa Torghele, Alberto Tomaselli, Nereo Tomaselli, Tiziana Tomaselli, Caterina Tomasi, Federico Valner, Aldo Voltolini, Camillo Zadra.
Società degli Alpinisti Tridentini, sezione di Borgo Valsugana
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Un viaggiatore nella zona nera Questo libro raccoglie circa 140 fotografie che documentano gli effetti della Grande Guerra sul territorio e sui paesi di un lembo del Trentino, la Valsugana orientale, un tempo cerniera fra Austria e Italia. Da sempre terra di conquista e di passaggio, la valle interessata da questa ricerca ha oggi i propri confini amministrativi nel Compresorio della Bassa Valsugana e del Tesino, ma ritrova nella storia i più forti caratteri di unitarietà, spesso messi in secondo piano dai numerosi studi degli ultimi anni, peraltro pregevoli, nei quali prevalgono le vicende delle singole comunità tolte dal più ampio contesto. Di fronte alla dimensione di fenomeni come la Grande Guerra, che dal 1915 al 1918 ha fatto di questa parte del Trentino il campo di battaglia degli eserciti contrapposti, trattare la zona in modo unitario è in un certo senso un obbligo. Ciò ha imposto una scelta, a volte non facile, fra le circa 300 fotografie messe a disposizione da enti, associazioni e singoli ricercatori. I criteri adottati sono stati diversi. In primo luogo abbiamo seguito la traccia indicata da un testimone oculare, Ottone Brentari, nelle sue “Lettere dal Trentino”. Per conto della Lega
Nazionale di Milano, Brentari svolse nei mesi di aprile e maggio del 1919 un’inchiesta sullo stato delle popolazioni redente e sulla ricostruzione, in seguito pubblicata col titolo “Le rovine della guerra nel Trentino”. Nell’autunno dello stesso anno scrisse diverse lettere ai giornali, a membri del Parlamento e del Governo, in seguito raggruppate nell’opuscolo “Lettere dal Trentino”, per lamentare quelle che lui considerava le inefficienze e i ritardi nell’opera di assistenza e di ricostruzione. Le tre lettere che riguardano la Valsugana orientale sono state scritte nei mesi di settembre e ottobre e pubblicate in origine dal giornale “La Perseveranza” di Milano con il titolo “Il cimitero del Trentino”: una definizione che per l’autore ben rappresentava la distruzione provocata dalla guerra. Queste, riprese integralmente all’interno del volume, rappresentano il principale criterio di ordinamento del materiale fotografico, che dunque è stato ripartito in tre sezioni: “Dal Ceggio al Maso” per i comuni di Carzano, Telve, Telve di Sopra e Torcegno; “Dal Maso al Grigno” per i comuni di Scurelle, Spera, Strigno, Samone, Ivano Fracena, Villa Agnedo, Bieno, Ospedaletto, Grigno e la conca
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del Tesino; “Sulle rive della Brenta” per quanto riguarda Novaledo, Roncegno, Borgo e Castelnuovo. Nel corso degli anni gli storici hanno ridimensionato le denunce di Brentari riconducendole all’interno delle problematiche del nuovo Stato e della rifusione dei danni di guerra. Ciò nonostante le lettere che accompagnano le immagini di questo volume, dettate dall’esigenza di risolvere i più stringenti problemi delle comunità e scritte a macerie “ancora fumanti”, traggono la loro legittimazione dal sentire popolare e dalla disperazione di trovarsi di fronte all’immensità della rovina (basti pensare che i danni subiti dai distretti giudiziari di Borgo e Strigno, rapportati al 2001, ammontano a circa 845 milioni di Euro a fronte dei 2,9 miliardi dell’intero Trentino). Il tema della ricerca ha di fatto escluso le immagini relative alle operazioni militari e, più numerose, quelle che ritraggono le postazioni in alta montagna, gli armamenti, le fortificazioni e i soldati di entrambi gli eserciti. Ci si è concentrati sui centri abitati, muti testimoni degli eventi che funestarono la valle dal 1915 al 1918, visti dal generale (grazie anche alle fotografie aeree
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gentilmente concesse dal Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto) al particolare. Tale criterio è stato preferito alla successione cronologica in quanto ha permesso di raggruppare le foto, dove possibile, per zone omogenee all’interno degli abitati. Questo lavoro non ha certamente pretese di esaustività sull’argomento della Grande Guerra e dei suoi effetti nella Valsugana orientale. La sua natura di libro fotografico non gli consente peraltro di trattare compiutamente le vicende belliche, quelle dei civili costretti alla fuga e quelle della difficile ripresa. Vuole essere piuttosto una piccola raccolta di immagini, in buona parte inedite, alla quale si è voluto dare, per quanto arbitrariamente, una certa organicità. Toccherà poi al lettore, se lo desidera, approfondire l’argomento a partire dai testi riportati in bibliografia. Ottone Brentari nasce a Strigno il 4 novembre 1852. Figlio dell’ufficiale giudiziario Michele e di Elisabetta Negrelli, nipote del progettista del Canale di Suez, lascia presto il paese natale per seguire la famiglia a Rovereto, Malè, Fondo e a Cembra. Dopo la morte del padre si stabi-
lisce a Rovereto, dove inizia gli studi tecnici, in seguito abbandonati per il liceo. Ottenuta la maturità, studia storia e geografia a Innsbruck, Vienna e Padova, dove si laurea nel 1877 per poi iniziare la carriera didattica. Brentari insegna a Rovereto, a Pisino in Istria, a Catania. Nella città siciliana sposa Domenica Fusaro e nel 1879 si trasferisce a Bassano del Grappa. Qui insegna al ginnasio e ne assume la direzione. Parallelamente si dedica al giornalismo. A partire dal 1877 collabora con diverse riviste: “Bollettino del Club Alpino Italiano”, “Letteratura”, “Tridentum”, “Nuova antologia”, “Bollettino della Società Bibliografica Italiana”, “Almanacco Bemporad”. Nel 1890 abbandona l’insegnamento e tre anni dopo si trasferisce a Milano, dove collabora con il “Corriere della sera” e altre testate. Nel 1908 lascia il “Corriere” per fondare “Italia Bella”: un mensile turistico venato da un forte patriottismo. Fervente interventista, Brentari accoglie lo scoppio della Grande Guerra fondando la “Lega Nazionale Italiana”. Nell’immediato dopoguerra si occupa della ricostruzione attraverso articoli, lettere aperte e conferenze (famosa quella del 2 giugno 1920 a
Milano: “L’allegra agonia del Trentino”). Nel 1920 è a Trento per assumere la direzione del settimanale liberale “La Libertà”, che lascerà alla fine dell’anno per divergenze di natura politica con la proprietà e con il Partito Liberale Trentino. Nel 1921 l’impegno politico di Brentari si concretizza in una candidatura al Parlamento con il Partito Liberale Democratico. Non viene eletto e nell’autunno dello stesso anno si trasferisce nella casa della moglie a Rossano Veneto. Qui muore il 17 novembre lasciando una corposa produzione di scritti che vanno dalle guide turistiche alla poesia, dai saggi storici alla prosa. A lui è intitolata, tra l’altro, la scuola media di Strigno, suo paese natale, e il rifugio di Cima d’Asta, nel Lagorai. Attilio Pedenzini
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La guerra nella Valsugana orientale
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Il cimitero del Trentino
Dal Ceggio al Maso Ottone Brentari (dal giornale La Perseveranza di Milano, 16 settembre 1919) Torcegno, 11 settembre 1919 Il cimitero del Trentino è la povera Valsugana, già così prosperosa, per la feracità del suolo, la bontà del clima, la ricchezza del suo carbone bianco e delle acque salutari di Roncegno e di Levico (per non ricordare le minori), e specialmente per la laboriosità e parsimonia dei suoi abitanti. Ora i paesi di questa valle, specialmente nella sua parte più bassa od orientale, sono ridotti a cumuli di rovine, sulle quali gravano tre inverni, e per le quali si fece ancora troppo poco. È opportuno ricordare che sino dal principio della guerra, nel 1915, le nostre truppe avanzarono vittoriosamente in questa valle, e che nel 1916, sorpassato il popoloso Borgo, erano giunte sino ai Masi di Novaledo, a 25 chilometri ad est di Trento, 15 chilometri più in quà dal punto sino al quale era giunto nel 1866 il generale Medici, che alla vigilia dell’armistizio era accampato nei prati del Cirè, a soli 8 chilometri da quella città. In soli tre giorni egli era giunto da Bassano a Pergine, marciando per circa 30 chilometri al giorno; e, data la celerità dell’avanzata, i paesi della valle non ebbero a soffrire
quasi alcun danno. Questa volta invece, in seguito all’offensiva austriaca del 1916, i nostri dovettero ritirarsi sino al vecchio confine; avanzando poi ancora, poterono stabilirsi sulla linea del torrente Maso; ed in seguito a Caporetto, abbandonarono la Valsugana, per fermarsi sulla linea Piave-Grappa-Sette Comuni-Pasubio. In questo andare e venire, i paesi della Valsugana, e specialmente quelli delle conche di Carzano e di Strigno, e cioè sulle rive del Ceggio e del Maso, furono presi e ripresi, restarono sotto il tiro delle opposte artiglierie, e furono più volte bombardati ed incendiati. Vogliamo visitare qualcuno di questi paeselli? Non vi troveremo ricevimenti, non vedremo sventolare bandiere, non vi sentiremo né musiche né brindisi, ma vi impareremo molte cose dolorosamente interessanti.
Carzano
Da Borgo, per Castelnuovo, con un percorso di circa 4 chilometri si giunge a Carzano. Il paesello è presso la destra del torrente Maso, (lì ove questo esce dalla sua valle) e va arram-
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picandosi sulla costa del monte. In basso è la chiesetta della Madonna della Neve, che serve a triplice uso: la parte anteriore a scuola, ove vidi una cinquantina di ragazzetti e ragazzette ai quali una paziente maestra cerca di richiamare alla mente quanto avevano imparato prima del 1915; la parte posteriore alla preghiera; la sagrestia e l’organo a dormitorio per reduci dell’esilio. È inutile dire che la scuola manca di abbecedari e di tutto il resto. Di fronte alla chiesa è una baracchetta, sede del Municipio e del magazzino di approvigionamento. Delle 101 case ne furono distrutte 99, e le altre due danneggiate; e quanti non possono trovar posto nelle 12 baracche, dormono negli avvolti, nelle cantine in maniera da far compassione ai sassi, come piangendo mi notava una buona vecchietta. Gli abitanti sono circa 500, e si trovano in numero... superiore a quello dell’anti-guerra; perché dovettero rimpatriare anche quanti da una ventina d’anni dimoravano in partibus infidelium, e giunsero qui ove nessuno li conosce, e coi bambini che non parlano l’italiano. Il paese fu incendiato nel Maggio del 1916 con granate dagli Austriaci che poi si stabilirono, sino a Ca-
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poretto, in questa forte posizione, alta sulla destra del torrente. Nel brolo della villa dei baroni Buffa (sotto la quale il nemico scavò una lunga galleria) restano ancora trincee ed i camminamenti e le piazzole ed i nascondigli; e di lassù si vede scorrere giù in basso il Maso, cavalcato dalla passerella rimasta celebre per il combattimento del 18 Settembre 1917 che se fosse riuscito, come avrebbe dovuto riuscire, ci avrebbe risparmiato, a quanto si assicura, Caporetto. Forse un giorno o l’altro conosceremo la verità anche su quel fatto d’armi; e per ora basti sapere che vi restarono morti 878 nostri bersaglieri (sei volte di più dei nostri morti di Bezzecca!) e 366 Austriaci. Dal giardino e dal cortile della villa Buffa furono esumati 32 cadaveri; ed altri molti dormono quà e là sotto la terra dei campi. In memoria di quei prodi fu qui innalzato un monumentino con questa iscrizione: AI FRATELLI DEL 72° BATTAGLIONE BERSAGLIERI CADUTI IL 18 SETTEMBRE 1917 NEQUIZIA AUSTRIACA LI VOLLE DISPERSI TRA I SOLCHI
CRISTIANA PIETÀ DI POCHI SUPERSTITI POSE SULLE OSSA SENZA NOME MEMORANDO AI NUOVI FIGLI D’ITALIA GLI ARTEFICI DELLA PIÙ GRANDE PATRIA R.I.P. Gli abitanti, che quando erano nel Regno, avviliti e costernati, passavano per fannulloni, ricondotti nel loro ambiente ritrovarono tutta l’antica energia, e lavorarono le loro campagne in modo meraviglioso; ma ora sono (il che avviene in tutti gli altri paesi della valle) assillati dal pensiero: E dove, nel prossimo inverno, ripareremo i nostri raccolti?
Telve di sotto
A poco più di un chilometro in linea d’aria, ad ovest di Carzano, a 125 metri più in alto (Carzano è a 429 m., e Telve a 554) è Telve di Sotto, in amena posizione, stendentesi in pendio, da sud a nord, sulla sinistra del torrente Ceggio,
di là dal quale s’alza il Ciolino (m. 880), coronato dalle rovine del castello di S. Pietro o dei Tre Corni, distrutto sino dal 1385. Anche qui, la solita statistica! Delle 255 case del paese se ne salvarono 5. Il 24 Aprile del 1916 le bombe incendiarie austriache mandarono in fiamme la parte inferiore del paese; ed il 18 Maggio del 1918 distrussero il resto, tempestando, dalle 10 di mattina in avanti, il paese con bombe e granate, scagliate dalle artiglierie del Collo e della Panarotta. Il paese fu fatto sgombrare per circa due terzi dagli Austriaci il 24 Agosto 1915, il resto da noi il 7 maggio 1916; e questi ultimi profughi furono portati quasi tutti a Milano. Qualche centinaio di abitanti fu fatto ritornare sino dal 1918 dagli Austriaci per il lavoro delle campagne; il resto ritornò dallo scorso Novembre in poi; ed anche qui rimpatriarono dai paesi tedeschi molti che erano assenti da anni ed anni. Le brine primaverili rovinarono il raccolto della frutta; tutti gli altri prodotti sono assai promettenti: ma anche qui si chiede: E dove metteremo fieno e granoturco? Il patrimonio zootecnico è in rovina. I 350 bovini sono ridotti a 40, i 100 maiali a 20, le 310 capre a 70, le
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320 pecore a 10; la gallina è una bestia rara; ed il gatto ancora più raro. L’abside della chiesa è sfondata da una bomba nostra, e traverso la breccia si vede il cielo; le due campane maggiori furono portate via dagli Austriaci nel 15, e le altre nel 16; gli Ungheresi (che in ogni dove si dimostrarono i principi dei ladri) portarono via quattro pale degli altari; e le canne dell’organo furono strappate e disperse. I reduci (anche qui avviliti e sconfortati) dormono in 26 baracche (5 x 16), ed in qualche baracchina privata. Qualche lavoro di ricostruzione comincia ora, per opera della Società Edilizia Valsuganese. Il Genio militare (che col 20 Settembre cesserà i suoi lavori, ed ora non attende che a finire quelli incominciati), obbedendo naturalmente ad ordini superiori e d’indole generale, non ricostruì le case, e costruì baracche; e così rovina la piazza innalzandovi nel mezzo un baraccone per il Municipio, ma non copre la casa municipale, che era riparabilissima. Prima della guerra Telve di Sotto era anche meta degli studiosi. Nella casa dei baroni Buffa di Castellalto (qui giurisdicenti sino al 1828), era una preziosa raccolta di pergamene, che erano
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state ordinate e studiate dal padre Maurizio Morizzo. Dove sono andate a finire? In mano dei ladri o in preda alle fiamme? In alto del paese, nella villa (eretta nel 1620) del cavalier nob. Giuseppe d’Anna, era una ricca biblioteca, con classici italiani, latini, greci, francesi, tedeschi (tutti legati in marocchino ed oro), e molti incunabuli e codici in pergamena. Quel tesoro era stato nascosto in una cantina; il buono e meglio fu portato via; ed ora frugando fra le rovine si trovano ancora resti di pergamena e di libri rari, mescolati colle ceneri e colle macerie.
Telve di Sopra
La distanza in linea d’aria fra Telve di Sotto e Telve di Sopra è di forse mezzo chilometro; o poco più del doppio è lunga la strada che congiunge i due paesi, e che gira la valle del Ceggio, correndo prima sulla sinistra e poi, tagliata nella rupe, sulla destra del torrente. Su di fronte verso nord, in mezzo al cupo bosco, biancheggiano le imponenti rovine del Castellalto, che ci fa pensare all’ultimo della famiglia di quei dinasti, Francesco V di Castellalto, valoroso guerriero, e domatore nel 1525 di quella
rivolta dei contadini che si può riguardare come uno dei prodromi del moderno bolscevismo. Ma eccoci a Telve di Sopra, che sorge in splendida posizione (metri 680) verso la vetta del Ciolino, e in vista di tutta la Valsugana orientale; e qui si indicano ancora i tre posti ove gli Austriaci avevano piazzati i loro cannoni, e le breccie aperte nelle case per sparare traverso esse. Il 24 Agosto del 1915 la popolazione fu fatta sgombrare, metà verso occidente e l’altra metà verso oriente: cinque giorni appresso questi ritornarono alle loro case; e quando il 12 Maggio del 1916 essi furono nella necessità di ripartire, alcuni volevano andare verso le linee austriache altri verso le italiane; il parroco don Ermenegildo Dalmaso pose il Santissimo in una gerla, se la infilò sulle spalle, e si avviò verso le linee italiane; e allora tutti lo seguirono ed andarono dispersi in una quindicina di località del regno, sino che furono tutti riuniti a Corropoli in provincia di Teramo. Dal Dicembre in avanti ritornarono quelli che erano in Austria, ed il primo Aprile quelli che erano a Corropoli, e gli abitanti, che prima della guerra erano 620, sono ora 700, perché sono ritornati anche quelli che da
molti anni erano emigrati. I nostri cannoni che erano sul Lefre, rispondendo con bombe incendiarie ai cannoni austriaci che erano qui, il 15 Giugno 1917 appiccarono il fuoco al paese. Dei 137 edifici se ne salvarono tre: le due chiese e la scuola; e tutte le case private furono distrutte. Degli abitanti, circa 100 abitano fra le rovine delle case, e gli altri nelle 36 baracche, alcune delle quali abbastanza buone. Per le condizioni morali e materiali della popolazione, e per le loro speranze, timori, dubbi, desideri, non ci sarebbe che da ripetere quanto si è detto degli altri paesi.
Torcegno
A circa due chilometri in linea d’aria ad ovest di Telve di Sopra, sulla insellatura fra il Ciolino (m. 880) ed il Collo (m. 1821) siede, in amena posizione, in alto di una verde idillica valletta, il paesello di Torcegno (m. 824); o, per essere più esatti, sono qui disperse intorno alla povera chiesuola le rovine del paesello. Delle 84 case ne furono distrutte 83, senza contare quelle distrutte nelle altre frazioni del Comune: 20 ai
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Campestrini, 7 ai Berti, 2 ai Costi, 9 a Castagnè, e così via! Il paese era occupato dai nostri, e pieno di proiettili, quando cominciò l’offensiva austriaca del 16; il 21 Maggio, durante la ritirata, si appiccò il fuoco al paese simultaneamente da cinque parti; e mentre esso abbrucciava e, per lo scoppio dei proiettili, saltava in aria, gli Austriaci compivano l’opera bombardandolo dal Collo. Il paese era stato fatto sgombrare sino dal 23 Gennaio, ed agli abitanti era stata lasciata mezz’ora di tempo per andarsene, abbandonando roba ed animali; e poiché per questi non venne rilasciato il buono, ora si rifiuta qualsiasi indennizzo. I profughi sono ritornati in numero di circa 800 (su 1238) e sono sparsi nelle case meno danneggiate delle frazioni; e fra essi è il parroco don Franzolli, arrestato dagli Austriaci il 17 Novembre del 1915 sotto una tale fila di accuse una sola delle quali avrebbe bastato a costargli la testa; ma la sua franchezza giovò a matenergliela salda sulle spalle. Nella chiesa egli aveva 46 vasi di margherite; ed un giorno venne, con una pattuglia, un ufficiale austriaco a sequestrare quei fiori rivoluzionari, ed al luogo di quei vasi sono ora bossoli di proiettili; ed altri
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bossoli, sospesi ad un albero, e battuti da un paletto di ferro, sostituiscono le campane portate via. I dolori, i lamenti, gli sconforti, i gravi timori e le scarse speranze, sono sempre gli stessi, qui, come negli altri paesi! Nell’ammirare questa splendida valletta (che sarebbe un ottimo soggiorno estivo), e la comoda strada (costruita dagli Austriaci), tutta ombreggiata di castagni per la quale, come traverso un immenso parco, scenderò a Roncegno, sento quasi il rimorso di godere tante bellezze in mezzo a così grandi dolori, e non posso non pensare al sozzo egoismo dei gaudenti che si tengono ben lontani da queste miserie, per non provare così neppure il desiderio di alleviarle!
Carzano, inverno 1918/19, case Capra e Tomaselli (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/6)
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A sinistra: Carzano, inverno 1918/19, veduta delle rovine, in primo piano il monumento ai caduti (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/7) Sotto: Carzano, inverno 1918/19, interno della chiesa della Madonna della neve riattata ad abitazione dopo il rientro dei primi profughi (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/5)
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Nella pagina precedente: panoramica di Telve e Telve di Sopra nel 1918 (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
A destra: Telve nel 1918, a sinistra la chiesa di Santa Maria, a destra è visibile una mimetizzazione antiaerea (Archivio Fabio Martinelli, Samone) Sotto: Telve, inverno 1918/19, il centro del paese con le case Agostini, Tamanini e Campestrin (fotografo don Cesare Refatti, Società degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/21)
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A sinistra: Telve, 1918, interno della chiesa di Santa Maria (Archivio Fabio Martinelli, Samone) A destra: Telve, chiesa di Santa Maria (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, UfďŹ cio Beni storico-artistici, Archivio Storico FotograďŹ co, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna)
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A sinistra: Telve, chiesa di Santa Maria (Archivio Fabio Martinelli, Samone) A destra: Telve, inverno 1918/1919, una via nelle vicinanze della canonica (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana 3/22)
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A destra: Telve, inverno 1918/1919, la piazza con le rovine di casa Fedele (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/18) Nella pagina seguente: Telve e Telve di Sopra (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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Sopra: Panoramica di Telve di Sopra. (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotograďŹ co)
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A destra: Telve di Sopra, inverno 1918/19, vicinanze di casa Strosio (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/4)
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Sopra: Torcegno, inverno 1918/19, maso Castagnè (fotografo don Cesare Refatti, Società degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/14) A sinistra: Telve di Sopra, inverno 1918/19, rovine della piazza (fotografo don Cesare Refatti, Società degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/3)
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Torcegno, inverno 1918/19, case Lenzi in localitĂ Campestrini (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/13)
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Sopra: Torcegno, inverno 1918/19, entrata in paese da Telve, casa Dietre (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/12) A destra: Torcegno, inverno 1918/19, casa Dietre (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/10)
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Il cimitero del Trentino
Dal Maso al Grigno Ottone Brentari (dal giornale La Perseveranza di Milano, 21 settembre 1919) Castel Tesino, 19 Settembre 1919 Ho parlato, nella corrispondenza precedente, (tentando di descrivere le condizioni odierne della Valsugana “cimitero del Trentino”), dei paesi lungo il Ceggio e sulla destra del Maso; e per la strada selciata che scende a questo torrente (già famoso per le sue devastazioni, ed ora ancor più famoso nella storia della guerra), caliamo ad esso, e passiamolo sulla famigerata “passerella”, alla quale si voleva far fare quanto essa non poteva assolutamente fare. Giunto di là da esso, mi fu indicato il luogo dove il 22 Giugno 1915 cadde, fulminato da una fucilata partita da Carzano, il primo nostro morto in Valsugana: un ufficiale di cavalleria che s’era spinto avanti, solo ed a piedi, in esplorazione. Sulla china delle Soiane, che scende a nord-est, sperone estremo del monte Paluati (m. 816) corrono quelle che, dopo l’offensiva del 1916, erano le trincee austriache; e più in alto, sul ciglione su cui siede Spera, quelle italiane.
Scurelle e Spera
Poco più di un chilometro di strada separa Carzano da Scurelle. Una rovina maggiore di questa non si può figurarsela. Delle 176 case se ne salvarono due; una villetta privata ed il fabbricato scolastico (che dal 1916 al 1918 era sede di un comando austriaco), che ha però il tetto rovinato e le travi fradice. Il 19 Maggio del 1916 la popolazione (che contava allora 1140 anime) fu fatta sgombrare, e dispersa fra Saluzzo, Torino, Milano, Ancona e sino nella Sicilia; ed il giorno 14 dalla Panarotta cominciò quel bombardamento austriaco che distrusse in poche ore tutto il paese. S’era salvata allora la Chiesa di San Valentino, un po’ fuori dell’abitato ed in alto; ed essa fu massacrata nel 1917; e così cadevano preda alle fiamme il bell’altare di legno dorato ed il soffitto ad intagli. Scurelle era il paese più industre della valle: ed anzi nei lavori di falegnameria e ferro serviva quasi tutta la Valsugana. Ora chi viene da Carzano trova prima di tutto le ampie rovine della cartiera Weiss, sorta sino alla fine del secolo XVIII, e che ora stava per rinnovarsi secondo i più moderni sistemi; lì presso sono i ruderi del
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lanificio, colle macchine (che erano state di recente importate dal Belgio) tutte contorte ed in frantumi: più avanti, della officina Rigotti non si vede che qualche resto di muro! Arriviamo all’ampia Piazza Maggiore. Dove c’è l’olmo secolare intorno al quale il popolo teneva le sue concioni, per accordarsi contro le vessazioni del dinasta di Castell’Ivano? Da vent’anni esso era tenuto in piedi con puntelli: ma ora anch’esso è caduto: non ne resta che il tronco: ma ai suoi piedi spunta ancora quale pollone: ed anche l’olmo risorgerà, come risorgerà Scurelle. E andiamo alla Chiesa di Santa Maria Maddalena. È scoperchiata: ed è trasformata parte in magazzino e parte in laboratorio del Genio Militare. Presso la Chiesa, nel locale delle scuole, è l’ufficio municipale. Parliamo colle autorità locali, parliamo con qualche contadino, e sentiremo i soliti lamenti: non fu riattivata la luce elettrica, e perciò nelle baracche il pericolo d’incendio è continuo: furono, secondo le disposizioni generali, fabbricate baracche e baracche, ma non riattata una sola casa: la frutticoltura per tanti anni abbandonata,
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è ridotta ai minimi termini: la viticoltura, poiché furono tagliate tutte le viti, è morta, e con essa, la produzione dell’acquavite: la campagna per quanto si sia fatto, è ancora, sconvolta come è dalle trincee e dalle granate, una grande miseria: le condizioni stradali pessime, e il paese è tagliato dal resto del mondo perché non fu rifatto il ponte sul Maso, il che impedì anche all’on. Credaro di giungere fin qui: ed il tesoro zootecnico non è più un tesoro. I 600 bovini dell’anteguerra sono ridotti a 15. È vero che nel 1916 l’intendenza militare comperò tutti gli animali, e pagò bene, dando L. 400 per una bestia la quale non valeva che L. 300: ma ora una bestia simile vale L. 1.600. E come si provvede? Scappiamo via, e andiamo su a Spera (m. 554), paesello che era composto di un centinaio di case, esposto al sole sullo sperone di monte che separa il Maso dal Chiepina. Di quelle cento case non ne resta neppure una; e poiché il paesello è fuor di mano, si vede ancor più abbandonato e si sente più avvilito (se ciò è possibile) degli altri. La baraccomania fece qui erigere per le scuole un baraccone che costa parecchie diecine di migliaia di lire; ma ricostruzioni, nulla!
Strigno e Samone
A cìrca un chilometro, in linea d’aria, ad est di Scurelle (m. 515), un po’ più in alto, siede Strigno(m. 514), in una conca beata corsa dal Cinaga, tributario del Chiepina. È il capoluogo di un distretto giudiziario che comprende una dozzina di comuni, e che è il più danneggiato fra tutti ì distretti del Trentino: più dì centottantacinque milioni di danni! Vidi, dopo la guerra, questa borgata per la prima volta in Aprile; la rividi nel Giugno e nel Luglio; e la rivedo ora, nelle stesse condizioni della prima volta. Il paese era stato libero dal 15 Agosto 1915 al 20 Maggio 1916, e quella liberazione aveva consacrata in una lapide che fu nascosta in tempo e messa in salvo. Il 20 Maggio del 1916, quando cominciò a delinearsi l’offensiva austriaca, la popolazione fu fatta sgombrare; e dal 2 al 6 Giugno granate incendiarie e palle di tutti i calibri provenienti dal Ciolino, dal Salubio, ed anche dallo stradone presso Castelnuovo, ridusse la bella borgata (ampia, ricca, ben fabbricata) ad un mucchio di rovine... come è ancora. Fra quelle rovine, con-
servate religiosamente intatte; furono fatte delle baracche, che non resisteranno all’inverno. Se piove, piove sui letti; se il vento (che qui non ischerza!) soffia forte, si devono tener fermi i tetti colle funi perché non volino via. Alcune baracche vennero... imbiancate; e fanno ricordare i sepolcri imbiancati. Se non si vuole che la popolazione deva venir trasportata via o se ne scappi, è necessario fare quanto non si è fatto in tanti mesi miseramente perduti: restaurare le case restaurabili. Le imprese edilizie capaci di fare non mancano: e qui si è anche costituita la Cooperativa del lavoro, fra una cinquantina di abili operai che rappresentano tutte le specialità: muratori, scalpellini, falegnami, carpentieri, fabbri, lattonieri, vetrai, pittori. La Cooperativa (che ha per presidente Ermagora Tomaselli e per vice presidente Carlo Zanghellini), è piena di buone intenzioni; i soci hanno deciso alla unanimità, senza chiedere maggior mercede, di portare le ore giornaliere di lavoro da otto a nove; e lavoro serio, non lavoro teorico e scandaloso come si deplora troppo di frequente in certi lavori diretti dal Genio Militare; ed ha già cominciato ad
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operare colla riparazione del tetto della chiesa. Ora la società, per procurarsi attrezzi di lavoro e materie prime, ha chiesto alla Lega delle Cooperative un prestito di L. 150.000; ed il Comune (se il Commissario Civile non porrà il suo veto) avallerà la cambiale. E il famoso casermone? Prima della guerra era stato eretto, in alto del paese, un ampio fabbricato, destinato a caserma; interrotti dalla guerra, i lavori furono ripresi dal nostro esercito nei mesi della libertà; interrotti ancora una volta dall’avanzata austriaca, e dalle cannonate che fecero andare in aria tutta la parte occidentale del tetto, non furono ripresi. E dire che lì dentro si poteva riparare tutta la popolazione del paese! Ora si pensa di trasformare, dopo la guerra, il casermone in un istituto di tubercolotici, aspirando alla generosa offerta degli Italiani di Buenos Aires; ma il progetto non incontrerà forse le simpatie generali. Ho rivisto in Municipio l’infaticabile sindaco prof. Guido Suster, che per il risorgimento della sua borgata una ne fa ed una ne pensa, e lavora, e scrive in prosa ed in poesia; e sua è l’ispirata ode offerta dal Municipio di Strigno a Gabriele
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d’Annunzio nel primo anniversario del volo su Vienna, e trascritta su splendida pergamena eseguita da E. Remoli di Firenze. Il poeta gradì assai il dono gentile. A poco più di due chilometri a nord di Strigno, entro la vallata del Cinaga, ai piè dei Paluati (m. 811), giace Samone, troppo fuori di strada perché possa sperare di venir visitato di frequente dalle autorità e dai comitati di beneficenza; e infatti qui più che altrove mancano biancheria e stoviglie e perciò, prima che si riattasse l’acquedotto e si costruissero le latrine, qui più che altrove infierivano il tifo e la dissenteria. E il servizio medico? Il dott. Graziani fa quanto può: ma miracoli egli non può farne, dovendo attendere a Strigno, Samone, Scurelle, Spera, Ivano, Fracena, Villa, Agnedo, Ospedaletto: nove paesi! Delle 109 case del paesello ne andarono distrutte 86, e delle altre (saccheggiate e devastate) non restarono che le vuote scatole coperte dal tetto. Degli 800 abitanti ne sono tornati circa 700; e degli altri, ancora dispersi nel Regno, non si desidera il ritorno, perché non si sa dove metterli, ché non tutti possono trovar posto nelle sei baracche e negli avvolti.
Anche qui si ripete: “Se ci avessero aiutati a fare, se ci avessero lasciato fare, non saremmo a questi estremi”!
Bieno e Castel Tesino
Da Strigno, per la bella strada che va svolgendosi sulla destra del Chiepina, si va a Bieno. Il paesello è nella stessa ed identica condizione nella quale lo trovai nello scorso Aprile, con qualche baracca di più e con qualche speranza di meno. Della popolazione, ritornata tutta sino dai primi mesi dell’anno, forse un sesto (circa 200 persone) trova posto nelle baracche fatte per la misericordia di Dio; e gli altri dormono nelle cantine dell’edificio scolastico e negli avvolti. Manca il latte, scarseggia l’acqua, ed il fieno imputridisce sui prati, perché non si sa dove riporlo. Poiché le baracche costruite dalle autorità non bastano, si vedono uomini e donne e ragazzi scendere dalla montagna strascinando assi tolte dai rifugi e dalle trincee sui Monti Rava e Ravetta, sia per riparare le baracche pericolanti, sia per erigerne di nuove: e Dio non voglia
che a questa povera gente non tocchi quanto è accaduto in simili casi in Vallarsa, ove fu fatta la stima di tali assi per metterle in conto d’indennizzo! Continuiamo per questa interminabile via di dolori, ed andiamo in Tesino. I due paesi più vicini al Salubio (m. 1883), dove sulla strada costruita da noi era stata condotta l’artiglieria austriaca, meno poterono venir colpiti perché posti in parte in angolo morto: Pieve dietro il Silana (m. 1635) e Cinte dietro il Lefre (m. 1306); ma il paese più lontano del Salubio, e cioè Castello, preso d’infilata traverso l’insellatura fra quei due monti, fu bombardato il 28 Maggio 1916 ed incendiato il successivo 9 Giugno. Delle 537 case ne andarono distrutte, assieme colle due chiese, ben 367: la parte centrale e meglio fabbricata del paese che è capoluogo del Comune, (il più popolato dei tre della valle) che contava 2800 abitanti, dei quali 2484 sono già ritornati. È inutile aggiungere che le 170 case non distrutte furono radicalmente danneggiate e completamente saccheggiate. Si costruirono 25 baracche (alcune col focolare scoperto interno, ed in continuo pericolo d’incendio); ed i molti
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Scurelle, i resti della chiesetta di San Valentino (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 125920)
che non possono trovarvi posto dormono negli avvolti, nelle cantine, nell’ospedale, il quale non può perciò venir adibito agli ammalati. Le condizioni del grosso comune (già uno dei più agiati del Trentino, per ricchezza di boschi e pascoli e laboriosità) sono quelle troppe volte ripetute parlando degli altri paesi, e possono venir riassunte in poche parole: è un assurdo il pensare che la popolazione possa venir riportata via, ed è un assurdo ancor più crudele il pretendere che essa possa passare il lungo e rigido inverno nello stato attuale. È doveroso, è urgente provvedere, se si vogliono evitare maggiori danni materiali e morali.
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A destra: Scurelle, inverno 1918/19, piazza dell’olmo (fotografo don Cesare Refatti, Società degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/12) Sotto: Scurelle, inverno 1918/19, la via dalla piazza al lanificio (fotografo don Cesare Refatti, Società degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 3/11)
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Scurelle, inverno 1918/19, la chiesa di Santa Maria Maddalena con le rovine del campanile (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/13)
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A sinistra: Scurelle, interno della chiesa di Santa Maria Maddalena (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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Sotto: Scurelle, interno della chiesa di Santa Maria Maddalena (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 125912)
Sopra: Scurelle, interno della chiesa di Santa Maria Maddalena (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 125910)
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A destra: Scurelle, ricostruzione della zona ovest del paese con la chiesetta di San Valentino (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 125901) Nella pagina seguente: Scurelle, il paese durante la ricostruzione (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 125898)
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Spera, inverno 1918/19, ingresso del paese provenendo da Strigno (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 5/11)
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A sinistra: Spera, i resti della chiesa di Santa Maria Assunta (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126416) A destra: Spera, interno della chiesa di Santa Maria Assunta (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna)
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Nella pagina precedente: Spera, il paese durante la ricostruzione. In alto a sinistra è visibile Borgo Valsugana; in alto a destra Telve e Telve di Sopra (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126414) A sinistra: Spera, ricostruzione della chiesa di Santa Maria Assunta (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126415)
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Strigno, foto aerea italiana del 23 agosto 1918 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 75/249)
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A sinistra, dall’alto: l’incendio di Strigno (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno); (Archivio Carlo Bianco, Strigno) A destra: Strigno, panoramica del paese visto da Col Penile (Archivio Adele Paternolli, Strigno)
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Strigno, piazza Santi (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno)
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A sinistra: Strigno, incrocio fra via Frigati e l’attuale strada per il Tesino, l’edificio sede delle scuole e dell’ospedale (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126785)
Sopra: Strigno, uno scorcio del paese (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno)
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Strigno, particolari delle rovine (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno)
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A sinistra: Strigno, via Pretorio (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno) A destra: Strigno, rovine dell’albergo All’Aquila (Archivio Adele Paternolli, Strigno)
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Sopra: Strigno, piazza del Municipio (Archivio Carlo Bianco, Strigno) A destra: Strigno, piazza del Municipio, lo sgombero dei detriti (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno)
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Sopra e a destra: Strigno, piazza del Municipio (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno)
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A sinistra: Strigno, piazza del Municipio, inizia la costruzione delle baracche (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126784) A destra: Strigno, due scorci di piazza del Municipio (Archivio Nereo Tomaselli, Strigno)
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A sinistra: Strigno, 1919, piazza del Municipio (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, UfďŹ cio Beni storico-artistici, Archivio Storico FotograďŹ co - 101902) A destra in alto: Strigno, piazza del Municipio (Archivio Adele Paternolli, Strigno) A destra in basso: Strigno, piazza del Municipio (Archivio Carlo Bianco, Strigno)
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A sinistra: Strigno, piazza del Municipio e uno scorcio dell’attuale piazza IV novembre. (Archivio Biblioteca comunale di Strigno) Sotto: Strigno, casa Bertagnoni (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126779)
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A sinistra: Strigno, la ricostruzione delle attuali vie Filande e San Vito. In alto a sinistra uno scorcio di Tomaselli (Archivio Adele Paternolli, Strigno) A destra: Strigno, la ricostruzione del paese e della frazione Tomaselli (Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, UfďŹ cio Beni storico-artistici, Archivio Storico FotograďŹ co, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 126787)
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Sopra e a fianco: Samone, 1920, la ricostruzione del paese. Al centro della foto sopra si nota l’area dove sorgerà la chiesa parrocchiale di San Giuseppe (Archivio Elvio Mengarda, Samone) 92
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Samone, la ricostruzione (Archivio Lucio Melchiori, Ivano Fracena)
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A sinistra: Ivano Fracena e Castel Ivano (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
Sotto: Ivano Fracena (Archivio comunale di Ivano Fracena)
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Villa Agnedo, la zona della stazione ferroviaria in una foto aerea italiana del 9 gennaio 1918. L’abitato di Villa è visibile in alto a sinistra. (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 75/246)
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A sinistra: Villa Agnedo, inverno 1918/19, sulla strada per Strigno (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 5/12) Sotto: Villa Agnedo, localitĂ Barricata (Archivio comunale di Villa Agnedo)
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Sopra: Villa Agnedo, inverno 1918/19, rovine nella piazzetta di Villa (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 5/14) A destra: Villa Agnedo, inverno 1918/19, rovine di casa Granello (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 5/13)
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Villa Agnedo nel 1920 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 129/111)
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Bieno, panoramica (Archivio Giuseppe Sittoni, Borgo Valsugana)
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A sinistra: Castello Tesino, 6 giugno 1916, l’incendio del paese (Archivio Carlo Bianco, Strigno) A destra: Castello Tesino, l’incendio del paese (Archivio Carlo Bianco, Strigno)
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A sinistra: Castello Tesino, panoramica delle rovine (Archivio Giulio Coradello, Milano) Sotto: Castello Tesino, uno scorcio (Archivio Giulio Coradello, Milano)
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A sinistra: Castello Tesino, panoramica del paese nell’immediato dopoguerra (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
Sopra: Panoramica di Castello Tesino (Archivio Fabio Martinelli, Samone) Nella pagina seguente: Castello Tesino, panoramica. In centro la chiesa della Madonna delle Grazie (detta della Torricella), in alto a destra la chiesa consacrata ai santi Ippolito e Cassiano (Archivio Giulio Coradello, Milano)
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A sinistra: Castello Tesino, chiesa della Madonna delle Grazie (della Torricella) (Museo Storico in Trento Onlus, archivio fotograďŹ co) A destra: Castello Tesino, chiesa della Madonna delle Grazie (della Torricella) (Archivio Giulio Coradello, Milano)
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Nella pagina precedente a sinistra: Castello Tesino, chiesa di San Giorgio (Archivio Biblioteca comunale di Castel Tesino) Nella pagina precedente in alto a destra: Castello Tesino, panoramica. Sono ben visibili i campanili delle chiese della Madonna delle Grazie (della Torricella) e di San Giorgio (Archivio Carlo Bianco, Strigno) Nella pagina precedente in basso a destra: Castello Tesino, chiese della Madonna delle Grazie (della Torricella) e di San Giorgio (Archivio Carlo Bianco, Strigno) A sinistra: Castello Tesino, interno della chiesa di San Giorgio (Museo storico in Trento Onlus, archivio fotograďŹ co) A destra: Castello Tesino, nelle vicinanze della chiesa di San Giorgio, una delle prime assemblee pubbliche dopo il ritorno dei profughi (Archivio Biblioteca comunale di Castel Tesino)
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A sinistra: Ospedaletto, il campo della 9a Flieger Kompanie in una foto aerea italiana dell’1 agosto 1918 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 745/245)
Sotto: Ospedaletto, estate 1918, il campo della 9a Flieger Kompanie. (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 101/74)
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Ospedaletto, la stazione ferroviaria (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 111/55)
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Ospedaletto, la stazione ferroviaria alla ďŹ ne della guerra (Archivio Giulio Coradello, Milano)
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Grigno, foto aerea italiana del 25 settembre 1918 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 97/7)
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A sinistra: Grigno, inverno 1918/1919, il cimitero del paese (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 132/112)
Sopra: Grigno, inverno 1918/1919, un cimitero militare (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 132/115)
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Sopra: Tezze di Grigno, effetti dello scoppio di un treno munizioni (Archivio Giulio Coradello, Milano) A destra: Tezze di Grigno, effetti dello scoppio di un treno munizioni (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 109/144) Nella pagina seguente: Grigno, panoramica (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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Il cimitero del Trentino
Sulle rive della Brenta Ottone Brentari (dal giornale La Perseveranza di Milano, 15 ottobre 1919) Borgo di Valsugana, 11 Ottobre Per una causa indipendente dalla mia volontà e dal mio desiderio, ho dovuto ritardare questa terza corrispondenza sul cimitero del Trentino, su questa povera Valsugana, così rovinata e così abbandonata, e che vede con vero terrore arrivare l’inverno, che causerà nuovi dolori ed intensificherà i dolori vecchi. Ho già detto di numerosi paesi ridotti a cumuli di macerie (Torcegno, Telve di Sopra; Telve di Sotto, Carzano, Scurelle, Spera, Samone, Strigno, Tomaselli, Bieno, Castel Tesino); minori danni ebbero Tezze, Grigno, Ospedaletto; Pieve Tesino ebbe 30 case distrutte e molte danneggiate, fra le quali gli alberghi, restando così paralizzata l’industria dei forestieri; Cinte Tesino ha sedici case distrutte e più di quaranta danneggiate; di Villa è distrutta la maggior parte dei fabbricati, mentre danni minori ha avuto Agnedo; non molte sono le case distrutte di Fracena, mentre massacrate quasi tutte sono quelle di Ivano, i cui abitanti hanno trovato rifugio nello storico e pittoresco Castell’Ivano; e quasi tutto a terra è anche Castelnuovo, che conserva il nome di quella famiglia dei conti di Castelnuovo che fu potente nella Valsugana quanto i Castel-
barco nella Lagarina. Tutti questi paesi sono, od erano, ad est di Borgo; mentre ad ovest furono distrutti molti dei masi sparsi dei Ronchi, e buona parte di Roncegno con Marter, e quasi tutte le case di Novaledo; e gravi danni ebbe Borgo, che vide quasi per intero distrutta la sua frazione di Olle. Si tratta adunque di 25 paesi, la maggior parte dei quali notevoli per la distrutta ricchezza dei fabbricati e per il numero degli abitanti; e di essi ben quindici sono ridotti a cumuli di macerie, e gli altri più o meno fortemente danneggiati. No! In Italia (distratta da tante altre cure) non c’è la coscienza dei disastri del Trentino, e specialmente della Valsugana!
Roncegno
Circa sessant’anni or sono, Roncegno era un paesello oscuro e sconosciuto; ma esso cominciò a venire in fama dopo che; nel 1859, si cominciò ad utilizzare la miracolosa acqua minerale, scoperta da un contadino nella Valle del Diavolo, ai piè del monte su cui sorgeva un giorno il castello di Tesobbo; e divenne cele-
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bre in tutta Italia, e frequentato da persone di tutte le regioni, dopo che fu eretto il grandioso stabilimento dei fratelli Gerolamo e Francesco Waiz. Lo stabilimento, spogliato di tutti i suoi mobili, e devastato dalla soldataglia austriaca, alberga ora circa 700 profughi, che finiscono di metterlo in ordine! Quando potrà esso risorgere all’antico splendore, ridando vita e ricchezza alla borgata? Le case del Comune (comprese quelle della frazione di Marter ed i molti masi sparsi) erano 880. Di esse, 300 furono distrutte e molte danneggiate; e circa 600 sono le case distrutte sui monti. Delle 300 case distrutte nella borgata ed al Marter, circa 100 sono più o meno riattate. Il 24 Agosto 1915 gli Austriaci abbandonarono Roncegno; il 29 ed il 30 giunsero nella borgata drappelli di bersaglieri italiani; e per punire gli abitanti dell’accoglienza ad essi fatta, il 31 si iniziò dalla maledetta Panarotta il bombardamento con bombe incendiarie, che distrussero 47 case. Poco dopo rientrarono gli Austriaci, che fecero sgombrare la popolazione, condotta prima a Pergine, e poi in Boemia ed a Mittendorf. Gli abitanti dimoranti nel Comune erano prima
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della guerra 3363, ed ora ne sono ritornati... 3620. Come mai ? Ciò avvenne perché gli appartenenti al Comune sono 4500, ma molti di essi da anni ed anni dimoravano nel Vorarlberg, in Austria, in Boemia, in Germania; ed anche di essi non pochi hanno dovuto ritornare, assieme coi loro bambini, che non parlano una parola d’italiano, ma bensì o il tedesco o il czeco; e tutta questa povera gente non aspetta che il momento di tornare là dove aveva trovata una seconda patria. Ubi bene ibi patria.
Olle
A sud di Borgo, a due chilometri di distanza, è la frazione di Olle, posta ai piedi della costa ripida e boscosa di Cima Dieci, nell’angolo formato dai torrenti Moggio, che viene dalla Valle di Sella, e Fumola, che scende da quella del Civeron. Vi si va da Borgo per una strada fra campi, lasciando a destra le vette della Rocchetta e dell’Armentera, ed avendo di fronte la nuda, famosa e contesa Cima Dodici. Il povero paesello, lontano dalle vie comode percorse dal Governo e dagli affrettati benefat-
tori (lontan dagli occhi lontan dal cuore!), è un mucchio di rovine. Delle sue 178 case, ben 128 furono completamente distrutte e le altre (quelle isolate e salve dall’incendio) radicalmente danneggiate. La popolazione vive come può nelle otto o dieci case riattate alla meglio, od è sparsa nelle cascine di Prae, o in Sella e Borgo. È inutile aggiungere che a Olle manca... tutto.
Borgo
Dopo avergli girato attorno, fermiamoci un po’ nel capoluogo della valle e della zona devastata, che siede nella stretta formata dal Ciolino a nord e dalla Rocchetta a sud, e che è traversato dalla strada postale e dalla Brenta, e fiancheggiato dalla lenta ferrovia. Esso è dominato, sulla costa del Ciolino, in basso dal Castello di Telvana (che da un bravo generale era stato, dal 1915 al 1916, molto opportunamente trasformato in una serra di fiori, ai quali quel prode dedicava tutte le sue belliche cure), e più in alto dalle rovine del Castcllo dei Tre Corni o di San Pietro. Nel 1385 i Vicentini, che combattevano sotto
Antonio da Carrara contro Siccone da Caldonazzo, preso d’assalto Borgo, lo saccheggiarono e poi lo distrussero dalle fondamenta; ed un documento pubblicato dal Muratori e dal Montebello, nota che colà inventae fuerunt multae divitiae, et res valoris erant, dictus Burgus pulcher locus erat aptus mercantiae et fertilitati. Dopo più di cinque secoli la borgata aveva potuto risorgere più bella e più ricca di prima; ma la aspettava un disastro poco inferiore a quello. Nelle ore antimeridiane del 17 Giugno 1915 l’autorità austriaca ordinò lo sgombero del paese, e durante quella giornata partirono circa 1600 persone, trasportate nell’interno dell’Austria. Verso sera quell’ordine venne poi ritirato, e così la maggioranza della popolazione rimase a casa. Il 24 Agosto 1915 le nostre truppe occuparono Borgo. Verso la fine di quell’anno il Comando Supremo nominò sindaco di Borgo il dott. Giuseppe d’Anna, che restò in paese, con soli sei contadini, anche dopo che il 5 ed 8 Maggio 1916, alle prime minacce dell’offensiva austriaca, il resto della popolazione fu fatta sgomberare dal nostro Comando militare, e trasportata a Milano ed in altre località del Regno.
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Le nostre truppe si ritirarono il 23 Maggio, ed il 24 entravano le truppe austriache, alle quali il generale Dankl concedeva cinque ore di saccheggio. Il dott. d’Anna portava allora la sede del Comune a Bassano, e la riportava a Borgo il 4 Novembre 1918, e si dimetteva nel Marzo del 1919, quando tutte le antiche autorità comunali avevano fatto ritorno alla loro sede. Sino dal 15 Luglio 1915, quando le nostre pattuglie cominciarono a visitare la borgata, gli Austriaci iniziarono dalla Panarotta il bombardamento, regalandole in dieci mesi circa 2500 granate, oltre alle bombe lasciate cadere in cento attacchi di aereoplani. Durante i primi mesi del 1916 scoppiarono in paese cinque incendi, uno dei quali quando non vi erano rimasti che il sindaco d’Anna colle sue sei guardie del sepolcro. Si può pensare in quali condizioni sia stata trovata la borgata nel giorno della liberazione, e come tali condizioni siano state peggiorate dal continuo passaggio di truppe... che soffrivano il freddo! Chi traversi ora, in fretta come si suol fare, e magari in automobile, la lunga, angusta e tortuosa Via della Redenzione (nuovo nome
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sostituito a quello vecchio ed antipatico di Via Imperiale), nel vedere aperti i negozi e qualche caffè e trattoria, e nel sentire persino il fischio della sirena, può credere che Borgo abbia ripresa la sua antica floridezza; ma anche una rapida occhiata gli basterà per farlo accorto che a quasi tutte le finestre mancano le imposte; e se entrerà nelle case, troverà che esse sono senza pavimenti e travature; e se potrà dedicare una mezz’ora a fare una piccola inchiesta, verrà a sapere che delle 490 case del capoluogo, 10 sono interamente distrutte, 160 scoperchiate, e tutte le altre (ad eccezione di quelle già adibite ad ospedali o Comandi militari), radicalmente danneggiate, e vuotate come ostriche. Non si è fatto nulla per riparare sì grandi danni? Si; si è fatto qualche cosa; ma poco, troppo poco. Quando c’erano i materiali, essi furono portati via come preda bellica; quando la popolazione, dopo d’aver alla meglio riordinate le campagne devastate, avrebbe potuto accingersi alla ricostruzione delle case, dovette starsene in ozio perché mancavano i materiali; ed il Genio, ligio agli ordini superiori, riparò e non ricostrusse, e sperperò i milioni in baracche
e baracchette. Da qualche settimana, in grazia specialmente dell’iniziativa privata, si nota un po’ di risveglio: ma perché non si cominciò a fare sei mesi addietro quanto, adagio adagio, e sporadicamente, si comincia a fare oggi? A chi volesse dire (come molte volte ho sentito) che ciò non era possibile, citerò due esempi. Giorni or sono l’on. Luigi Credaro andò a visitare quell’angolo del nuovo territorio italiano che è di là dai passi di Toblacco e di Monte Croce del Comelico. Di quella gita i giornali diedero ampia relazione, ma dimenticarono di ricordare l’improvvisata che attendeva il nostro Commissario civile. Egli sapeva che il paese di Sesto dalle nostre artiglierie era stato ridotto ad un mucchio di macerie, e pensava alla necessità ed urgenza (visto che si tratta di un paese tedesco) di ricostruirlo. Oh! Dove sono le rovine? L’onorevole Credaro non le trovò più. Nei dieci mesi trascorsi da Caporetto a Vittorio Veneto l’Austria aveva completamente ricostruito il paese. Per chi obiettasse che qui non si trattava che di un solo paese, ecco il secondo esempio. Nella Prussia orientale, durante l’invasione russa furono distrutte 34.000 case; dico tren-
taquattromila. Ebbene; appena liberata quella provincia, il Governo tedesco dispose settecento milioni di marchi per la ricostruzione; mandò subito commissioni sui luoghi ad offrire o la ricostruzione da parte del Governo, o gli indennizzi da impiegarsi nella ricostruzione. La guerra non era ancora finita, e le 34.000 case erano risorte più belle di prima! Ebbene; maledetta l’Austria, maledetta la Germania, ma benedetti codesti sistemi sapientemente spicciativi!
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Novaledo, la chiesa di Maria Ausiliatrice e il cimitero del paese (fotografo Aeronautica Militare, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, UfďŹ cio Beni storico-artistici, Archivio Storico FotograďŹ co, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 124284)
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Novaledo, chiesa di Maria Ausiliatrice (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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A destra: Novaledo, inverno 1918/1919, rovine di casa Cesteli/Baldessari in localitĂ Canopi (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 125/135) Sotto: Novaledo, interno della chiesa di Maria Ausiliatrice (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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Novaledo, rovine del centro e casa Pallaoro (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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Museo della guerra Rovereto, Roncegno, foto aerea 97/44
A sinistra: Roncegno, foto aerea del 22 maggio 1918 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 97/44)
Sopra: Roncegno, panoramica delle rovine (fotografo Aeronautica Militare, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 124238)
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Roncegno, panoramica delle rovine (fotografo Aeronautica Militare, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, Ufficio Beni storico-artistici, Archivio Storico Fotografico, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 124239)
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A sinistra: Roncegno. Sullo sfondo è visibile Borgo Valsugana (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
Sopra: Roncegno, uno scorcio del paese (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotograďŹ co)
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Sopra: Roncegno, inverno 1918/19, entrata da Santa Brigida (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana, 3/5) A destra: Roncegno, localitĂ Villa di sotto vista da piazza Montebello (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotograďŹ co)
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A sinistra in alto: Roncegno, Villa Waiz (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotograďŹ co). A sinistra in basso: Roncegno (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotograďŹ co).
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Sopra: Roncegno, localitĂ Speccheri (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotograďŹ co) 159
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Nella pagina precedente: panoramica delle rovine di Roncegno (Archivio Fabio Martinelli, Samone) A sinistra: Roncegno, i ruderi degli hotel Moro e Stella (fotografo Aeronautica Militare, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni culturali, UfďŹ cio Beni storico-artistici, Archivio Storico FotograďŹ co, Fondo Reale Soprintentenza all’arte medioevale e moderna - 124240)
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A sinistra: Roncegno, uno scorcio del paese (Museo Storico in Trento onlus, archivio fotografico) A destra: Roncegno, inverno 1918/19, località Villa di sotto, case Martinelli e Bonella (fotografo don Cesare Refatti, Società degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana, 3/1)
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Borgo Valsugana, foto aerea del 26 marzo 1917 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 102/84)
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A sinistra: Borgo Valsugana, via Imperiale, l’attuale Corso Ausugum (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotografico)
Sopra: Borgo Valsugana, rovine di casa Bettanini (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotografico)
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Borgo Valsugana, le attuali piazze Romani e Degasperi (Archivio Fabio Martinelli, Samone)
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Sopra: Borgo Valsugana, la chiesa di S. Anna (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotograďŹ co) A destra: Borgo Valsugana, inverno 1918/19, banca cooperativa e case Bettanini e Pola (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 1/7)
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A destra: Borgo Valsugana, Via Fratelli (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotograďŹ co) Sotto: Borgo Valsugana, via Fratelli (Archivio Giuseppe Sittoni, Borgo Valsugana)
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Sopra: Borgo Valsugana, l’ospedale militare (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotografico) A sinistra: Borgo Valsugana, l’albergo Valsugana nell’attuale piazza Romani (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotografico) 177
A destra: Borgo Valsugana, inverno 1918/19, entrata in paese da via per Roncegno (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 1/11) Sotto: Borgo Valsugana, inverno 1918/19, case Capra, Cappello e Zanella in Borgo Vecchio (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 1/12)
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A destra: Borgo Valsugana, inverno 1918/19, via per Olle, casa Dandrea (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 1/8) Sotto: Borgo Valsugana, inverno 1918/19, case Armellini e Armelao (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 1/9)
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A sinistra: Borgo Valsugana, frazione di Olle, inverno 1918/19, rovine del centro (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 2/19) A destra: Borgo Valsugana, frazione di Olle, inverno 1918/19, rovine della chiesa parrocchiale (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 2/20)
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Sopra: Borgo Valsugana, frazione di Olle, inverno 1918/19, strada verso Borgo. Ăˆ visibile la decouville della miniera di lignite della Coalba (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 2/21) A destra: Borgo Valsugana, frazione di Olle, inverno 1918/19, la via principale (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 2/16)
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Sopra: Borgo Valsugana, frazione di Olle, inverno 1918/19 (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 2/22)
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A destra: Borgo Valsugana, frazione di Olle, inverno 1918/19, sulla strada verso la Belesenga (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 2/17)
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Castelnuovo, vista aerea del 30 ottobre 1918 (Museo Storico Italiano della Guerra Rovereto, 75/253)
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Sopra: Castelnuovo, la piazza (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotograďŹ co)
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Sopra: Castelnuovo, inverno 1918/19, casa Coradello (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/16) A destra: Castelnuovo, inverno 1918/19, presso Villa Longo (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/21)
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A destra: Castelnuovo, il ponte sul Maso (Museo Storico in Trento Onlus, Archivio fotograďŹ co) Sotto: Castelnuovo, inverno 1918/19, rovine del centro (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/22)
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Castelnuovo, inverno 1918/19, rovine viste dallo stradone (fotografo don Cesare Refatti, SocietĂ degli Alpinisti Tridentini, Sezione di Borgo Valsugana - 4/15)
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La Grande Guerra e la ricostruzione in Valsugana. Per saperne di più Ottone Brentari, Le rovine della guerra nel Trentino, Tipografia Antonio Cordani, Milano 1919 Comando della Prima Armata, Relazione riassuntiva sull’opera svolta a favore delle popolazioni e dei paesi danneggiati dalla guerra nella giurisdizione del Governatorato di Trento - 3 novembre 1918 - 31 luglio 1919, Trento 1919 Ottone Brentari, Lettere dal Trentino, Libreria Editrice dott. Marcello Disertori, Trento 1920 Istituto Federale di Credito per il risorgimento delle Venezie, Riparazioni nella Venezia Tridentina e nella Venezia Giulia, Quaderno LVI, Venezia 1927 Carlo Zanghellini, La bassa Valsugana tra due fuochi, durante la guerra mondiale 1915-18, Temi, Trento 1973 Armando Costa, La passione del Borgo nella guerra 1914-18, Cassa Rurale di Olle, Trento 1984 Andrea Leonardi (a cura di), Il Trentino nel primo dopoguerra. Problemi economici e sociali, Società di studi trentini di scienze storiche, Trento 1987 Vitaliano Modena, Roncegno e i profughi 1914-1918, Vitaliano Modena, Roncegno 1988 Luciana Palla, Il Trentino orientale e la Grande Guerra - Combattenti, internati, profughi di Valsugana, Primiero e Tesino (1914-1920), Museo Trentino del Risorgimento e della lotta per la libertà, Trento 1994 Luca Girotto, La lunga trincea - 1915/1918. Cronache della Grande Guerra dalla Valsugana alla Val di Fiemme, Gino Rossato Editore, Novale - Valdagno (Vicenza) 1995 Carlo Zanghellini, Le mie guerre, Croxarie, Strigno 2002 199
Indice
Un viaggiatore nella zona nera ................................................................................................................................. 9 La guerra nella Valsugana orientale ....................................................................................................................... 12 Il cimitero del Trentino. Dal Ceggio al Maso ........................................................................................................... 13 Carzano ........................................................................................................................................................ 19 Telve ............................................................................................................................................................. 22 Telve di sopra ............................................................................................................................................... 34 Torcegno ...................................................................................................................................................... 37 Il cimitero del Trentino. Dal Maso al Grigno ........................................................................................................... 43 Scurelle ........................................................................................................................................................ 49 Spera ............................................................................................................................................................ 60 Strigno .......................................................................................................................................................... 69 Samone ........................................................................................................................................................ 92 Ivano Fracena .............................................................................................................................................. 96 Villa Agnedo ................................................................................................................................................. 98 Bieno .......................................................................................................................................................... 106 Castello Tesino ........................................................................................................................................... 108 Ospedaletto ................................................................................................................................................ 122 Grigno ........................................................................................................................................................ 128 Il cimitero del Trentino. Sulle rive della Brenta ..................................................................................................... 137 Novaledo .................................................................................................................................................... 142 Roncegno ................................................................................................................................................... 150 Borgo Valsugana ........................................................................................................................................ 166 Castelnuovo ............................................................................................................................................... 188 La Grande Guerra e la ricostruzione in Valsugana. Per saperne di pi첫 .............................................................. 199
Il Circolo Croxarie nasce a Strigno nell’ottobre 1990 come iniziativa di volontariato dedicata alla promozione culturale. Si occupa di musica (con le rassegne Folktemporanea e Strigno Musica) e cinema (con i cicli tematici). Rifondato nell’aprile 2002, il circolo oggi dedica particolare attenzione alla storia locale. Ha avviato dal dicembre 2001 un programma di catalogazione e digitalizzazione in formato elettronico del materiale riguardante la storia delle comunità locali di Bieno, Ivano Fracena, Samone, Scurelle, Spera, Strigno e Villa Agnedo. Libri. fotografie, documenti reperiti presso enti, associazioni e ricercatori trovano collocazione all’interno del sito web del circolo, all’indirizzo www.croxarie.it. Questa iniziativa, che va sotto il nome di “Progetto Memoria”, intende recuperare e mettere a disposizione in forma organica un corpus di documenti relativi a un’area geografica omogenea della Valsugana, nel Trentino orientale, caratterizzata da avvenimenti, tradizioni e trascorsi storici in buona parte comuni: guerre, dominazioni, alluvioni, ma anche le feste dei coscritti, i malghesi, le leggende dei filò. www.croxarie.it posta@croxarie.it
IL DIRETTIVO
Tiziana Tomaselli (presidente)
Federico Valner (vicepresidente)
Claudia Mengarda (segretaria)
Franco Coradello
Attilio Pedenzini
Barbara Tiso
Andrea Tomaselli
Finito di stampare per conto del Circolo CROXARIE nel mese di luglio 2003 dalla TipograďŹ a Litodelta srl di Scurelle (TN)