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Plastica in natura, il WWF lancia l’allarme

in collaborazione con il WWF

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gennaio-marzo 2019 Cento milioni di tonnellate all’anno disperse in natura: il nuovo report WWF fotografa gli impatti del problema della plastica e propone possibili soluzioni. Solo senza monouso si risparmierebbe il 40% di plastica dai rifiuti a livello globale.

Responsabilità e rendicontazione i valori-guida da seguire. E servirebbe un Trattato vincolante.

Il problema dei rifiuti in materiale plastico sta raggiungendo livelli allarmanti a livello nazionale, continentale e planetario. Urge una presa di coscienza collettiva del problema, da affrontare con le armi della “responsabilità” e della “rendicontazione”.

Non siamo sulla giusta strada

Già, perché ad oggi la strada con cui viene gestita la plastica su scala globale è profondamente sbagliato: a lanciare l’allarme è il WWF, nel report del 5 marzo scorso, “Responsabilità e rendicontazione, le chiavi per risolvere l’inquinamento da plastica”, pubblicato a ridosso dell’Assemblea delle Nazioni Unite sull’Ambiente svoltasi a Nairobi. Per il WWF, inoltre, i costi ambientali e sociali dell’inquinamento da plastica ricadono in maniera eccessiva sui consumatori e su chi ha la responsabilità della gestione dei rifiuti.

Necessario l’impegno di tutti i settori

La lotta all’inquinamento da plastica in natura non sarà risolutiva finché non vi sarà l’impegno di tutti i settori coinvolti nel ciclo di vita della plastica. È l’ora di affrontare il problema con strumenti efficaci su scala internazionale perché il mare non ha confini: urge un Trattato globale vincolante e un approccio unitario e condiviso che punti sulla responsabilità e la rendicontazione. Per appoggiare tale richiesta il WWF ha anche lanciato una petizione a livello mondiale: oltre 25mila cittadini del mondo hanno già chiesto l’adozione di un nuovo Trattato globale sulla plastica che sia legalmente vincolante e stabilisca un obiettivo globale di riduzione, target nazionali di riduzione, meccanismi di rendicontazione condivisi dei risultati conseguiti e che fornisca assistenza tecnica ed economica ai paesi più poveri.

Numeri da brivido

I numeri sulla plastica sono impressionanti: 396 milioni le tonnellate di plastica vergine che vengono prodotte su scala globale ogni anno, circa 100 milioni di tonnellate (pari a un terzo dei rifiuti plastici prodotti, che ammontano a 310 milioni di tonnellate) sono quelle che vengono disperse in natura al mondo per colpa della scorretta gestione della filiera della plastica (dal-

la produzione, al consumo, al riciclaggio, allo smaltimento). Se il contesto rimarrà immutato entro il 2030 l’inquinamento da plastica raddoppierà rispetto all’attuale e gli oceani saranno gli habitat più colpiti poiché oggi è più economico scaricare la plastica in natura piuttosto che gestirla efficacemente fino a fine vita.

Ma cambiare si può

Ma c’è anche spazio per un po’ di ottimismo: lo scenario per una natura #plasticfree contenuto nel report dimostra che questa generazione ha il potere di invertire la rotta: entro il 2030, con un approccio più sistemico lungo tutto il ciclo di vita della plastica, si potrebbe ridurre del 57% i rifiuti plastici (pari a 188 milioni di tonnellate di plastica in meno). Il bando della plastica monouso (quella che ‘vive’ meno di 1 anno) può ridurre la domanda di plastica del 40%. Questo, unito ad una crescita di plastica riciclata, potrebbe abbattere della metà la produzione di plastica vergine. Inoltre, migliorare la gestione dei rifiuti e incrementare il riutilizzo creerebbe un’economia della plastica priva di forme di inquinamento capace di creare oltre 1 milione di posti di lavoro nella filiera del riciclo e rilavorazione.

Anche Europa e Italia fortemente coinvolte

Insomma, si può fare: a patto che tutti i soggetti coinvolti nell’economia di questo materiale lavorino per l’obiettivo comune di porre fine alla dispersione in natura e risanare la catena del valore della plastica. Come cittadini europei, bisogna ammetterlo, abbiamo una grossa responsabilità: l’Europa è il secondo produttore di plastica al mondo e 2,1 milioni di tonnellate di imballaggi di plastica sono consumati ogni anno dagli italiani. In media, va sottolineato, ogni italiano produce ogni 5 giorni 1 chilo di rifiuti plastici. Lo studio ricorda anche che nei prossimi 15 anni la produzione di rifiuti potrebbe aumentare del 41% a causa dell’accelerazione della produzione di materie plastiche dovute al calo dei costi di produzione. Inoltre il recente bando cinese alle importazioni di rifiuti farà sì che, dal 2030, 111 milioni di tonnellate di rifiuti plastici dovranno essere ridistribuiti a livello globale. In una situazione in cui su scala europea il 40% della plastica viene persa e non avviata al riciclo.

Senza contare i costi per comunità ed ecosistemi

Inoltre, nella catena del valore della plastica non vengono calcolate le esternalità ambientali, i costi per le comunità umane e per gli ecosistemi: ammonta a 8 miliardi di dollari il costo annuale degli effetti negativi diretti su pesca, commercio marittimo, turismo e sugli ecosistemi marini. Al mondo sono oltre 270 le specie animali vittime dell’intrappolamento in reti da pesca abbandonate e in altri rifiuti plastici; sono 240 le specie che presentano rifiuti plastici nello stomaco. Si aggiunga che, se non vengono invertiti i trend attuali, al 2030 rischiamo che aumentino del 50% le emissioni di CO2 dovute alla plastica e triplichino quelle derivanti dal suo incenerimento.

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