GSA Igiene Urbana 01-18

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TERZA PAGINA LETTURE

la monnezza come impresa di Guido Viale

Ne “L’impresa senza fine” gestione dei rifiuti e fare impresa diventano quasi la stessa cosa.

42 igiene urbana igiene urbana gennaio-marzo 2018

L’impresa senza fine (Marsilio, 1998) è uno degli ultimi romanzi pubblicati dallo scrittore veneziano Paolo Barbaro, morto nel 2014. La copertina del libro riproduce una delle tante opere realizzate dallo scultore francese César comprimendo dentro una pressa rifiuti metallici di vario genere. E i rifiuti, veri protagonisti di questo romanzo, crescono insieme alle dimensioni dell’impresa preposta alla loro raccolta, alla loro gestione e al loro smaltimento (in realtà, solo a farli scomparire dalla vista dei normali cittadini), senza che si intravveda un termine a questa accoppiata. Entrambi, rifiuti e impresa, sono infatti processi “senza fine”, destinati ad inglobare progressivamente tutto il mondo e tutta la vita di chi entra in contatto con loro. Ma procediamo con ordine. All’inizio Stefano, personaggio centrale della vicenda, è uno studente di storia sfigato, perché proveniente da una famiglia modesta di un paese minore dell’entroterra veneto, che non può permettersi di mantenerlo agli studi, e che abita, insieme al fratello Franco detto Piva, anch’egli studente, ma di medicina, in una stanza buio a délabré, sita in una calle secondaria della Venezia povera, quella che si concentra intorno al campo Celestia, che si chiama così perché una volta era un cimitero: “Mio fratello Franco detto Piva e io abitiamo al piano terra, una stanza per studenti, “con doccia e WC”. Detto e ripetuto nel cartello qui fuori: per studenti. Come dire per negri, barboni, terzo mondo…Poca luce in stanza, nel WC la giusta penombra. Muri scrostati, bolle gialle e blu, niente male. Puzza tra orina di gatto e avanzi di frigo. La scena però è in centro: anzi “in Centro Storico” – secondo

il cartello. Molto storico. In un vicolo che qui chiamano Calle del Rimedio o “Rimedio”. Un budello stretto così, tutto un intestino di vicoli, chissà dove va a finire il Rimedio”. Per mantenersi agli studi, che il Piva segue diligentemente e Stefano no, affascinato soprattutto da due docenti di filosofia sostenitori uno di Democrito e l’altro di Parmenide - uno dell’atomismo materialista e l’altro di una cosmologia panteistica – i due fratelli si arrangiano prima sostituendo i gestori di una bancarella di frutta e verdura in vacanza alle isole Mauritius, poi andando a raccogliere nell’isola di Sant’Ariano, antico cimitero in disuso, teschi umani da rivendere al bidello della facoltà di medicina; e poi ancora, assumendo l’incarico di sgomberare e pulire due antichi palazzi nobiliari per conto dei loro nuovi e ricchi acquirenti. Questo incarico richiede l’impegno di più persone e i due fratelli sono costretti ad assumere dei collaboratori, peraltro abbastanza strani. E per farlo devono costituirsi in impresa: l’Asterclean. Nasce così la loro avventura. Dopo gli sgomberi ottengono, non si sa bene – non lo sanno bene nemmeno loro – l’appalto per la pulizia di alcuni binari della stazione, dove giacciono depositati, da chissà quanto, alcuni vagoni carichi di immondizia. Stefano è ormai immerso, anima e corpo, in un ambiente dominato dai rifiuti: “A casa e in ufficio, tra i palazzi le case i binari, dappertutto lo stesso: vivo nel fetore. Mentre quei vagoni piombati, ciechi, fermi lì, roventi, chissà chi aspettano. I due vagoni staccati irradiano tanfo; puzzano da soli come fogne… Piva mi dice che i vagoni che puzzano non sono i più pericolosi: peggio sono quelli che non puzzano, che non si sentono – quelli non si sa mai, come gli uomini. Sarà; però qui non si respira. Senza respiro non si sa più dove stiamo andando, perché circoliamo, ora, da un vagone all’altro, in cerca di cosa?”.

Il passo successivo è la gestione di alcune discariche dell’entroterra, dove i due fratelli scoprono dove vanno a finire le immondizie che loro raccolgono lungo i binari che hanno in affido. “E così oggi che è lunedì mi chiamano alla Direzione delle Ferrovie. Penso che sia per i vagoni, e invece è per l’estensione. “Estensione del Contratto: sistemazione del materiale nelle discariche naturali in terraferma”. Non capisco bene…Loro spiegano: “Riporto e sistemazione del materiale nelle apposite discariche”. Semplice. Eh già, perché noi dell’Impresa non sappiamo mica dove va a finire, fino a questo momento, la roba che raccogliamo e accumuliamo sulle banchine, carichiamo sui camion o nelle barche. Va a finire “nelle apposite discariche”. Raddoppio del lavoro, insomma, da un momento all’altro - che fortuna”. La prima discarica è piena di rifiuti indifferenziati, ma la seconda è destinata solo alla raccolta di libri – e qui Stefano acquisisce un nuovo e inaspettato socio - e la terza all’accumulo di ossa umane. “Nell’Atlante stradale la prima dove dovremmo “estenderci” è questa macchia verdolina: “I Boschi” o “I Boschetti”, secondo le carte. Si sale un po’ sull’argine ed eccola. Ecco dove vanno a finire i rifiuti dell’Asterclean, dove finiamo in un certo modo noi stessi. Qui, a un passo da casa: cumuli, colline, valli, fiumi, montagne…


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