GESTIONE BONUS SANIFICAZIONE
Bonus sanificazione, quella falsa chimera di Carlo Ortega
34 OTTOBRE 2020
Conti alla mano, il credito di imposta sulle operazioni di sanificazione, introdotto dal decreto “Rilancio”, non ammonta nemmeno al 10% delle spese totali sostenute. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate lo scorso 11 settembre. Troppe le richieste, oltre non si può andare. Un grande danno per tutte le aziende che hanno giustamente investito in sanificazione, affidandosi a professionisti. Alla fine, scontenti tutti. Si può sintetizzare così il senso del provvedimento con cui lo scorso 11 settembre l’Agenzia delle Entrate, a fronte delle numerosissime richieste di credito di imposta sulle spese sostenute per la sanificazione, ha fissato la percentuale spettante al 15,6423% del 60% della somma richiesta fino ad un massimo di 60 mila euro, ovvero il 9,3853% del totale. Poco più di 90 euro su mille, per farla breve: una cifra che suona ben lontana dalle “chimere” prospettate, appena pochi mesi fa, dall’art. 125 del “decreto rilancio”.
Per cosa è riconosciuto
Il lodevole obiettivo del provvedimento, come si ricorderà, era quello di supportare tutte le realtà aziendali che a causa della pandemia hanno dovuto sostenere delle spese per la sanificazione e per l’acquisto di appositi dispositivi di protezione. Il credito d’imposta, vale la pena riepilogarlo, è riconosciuto per le spese sostenute per: la sanificazione degli ambienti
nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività; l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea; l’acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti; l’acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui alla lettera b), quali termometri, termo scanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione; l’acquisto di dispositivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione.
Quando si pensava che ne “valesse la pena…”
I più attenti rammenteranno anche come, all’indomani dell’annuncio del Governo, si fosse scatenata una sorta di “guerra fratricida” fra le imprese di pulizia e sanificazione a colpi di Codici Ateco, poi sopita da opportuni chiarimenti sul quadro terminologico e definitorio (che in buona parte resta comunque atecnico). Ai tempi tuttavia si immaginava che tale “bonus” sarebbe stato decisamente più sostanzioso. E invece…
Un semplice “miraggio”
Invece di tutto questo è rimasto ben poco: appena un “miraggio”, di fatto. Il motivo è molto semplice: il rapporto tra il tetto di spesa stabilito dal Governo, vale a dire 200 milioni di euro, e l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti, la cui deadline era fissata allo scorso 7 settembre.