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Spesa più cara, ambiente più pulito: da gennaio shopper bio anche in ortofrutta
from GSA 12/2017
by edicomsrl
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DICEMBRE 2017
spesa più cara, ambiente più pulito: da gennaio shopper bio anche in ortofrutta
Dal prossimo 1° gennaio anche i sacchetti per frutta e verdura vendute sfuse in Gdo dovranno essere biodegradabili: lo stabilisce una previsione inserita nel decreto Mezzogiorno. Diminuisce l’impatto ambientale ma aumentano i costi: si stimano circa 20 euro ogni anno. Non saranno più gratis e potranno arrivare fino a 5 centesimi o più cadauno, per incoraggiare un utilizzo più coscienzioso. Multe salate per chi non sarà in regola.
Avete presente quei rotoli di sacchetti, solitamente appaiati con guanti monouso trasparenti, che ci guardano dagli angoli dei reparti frutta e verdura dei supermercati e che poi piazziamo sulla bilancia per il calcolo automatico del prezzo con tanto di etichetta adesiva? Ecco, dimenticateli -almeno per come si presentano oggi- perché molte cose stanno cambiando. Per la gioia dell’ambiente e, bisogna dirlo, un po’ meno delle nostre tasche.
Tutti i sacchetti biodegradabili Infatti dal prossimo 1° gennaio sarà obbligatorio l’uso di sacchetti biodegradabili anche per l’acquisto di frutta e verdura in GDO: lo prevede un passaggio della legge di conversione del decreto legge Mezzogiorno, che definisce i nuovi requisiti per tutte le buste con spessore inferiore ai 15 micron. La nuova norma, che colma una lacuna (già dal 2012, come sappiamo, gli shopper per la spesa devono essere bio), riguarda tutti i sacchetti che vengono impiegati per trasportare la spesa, imbustare la frutta e la verdura venduta sfusa e inoltre altri generi alimentari come carne, pesce, prodotti da forno e di gastronomia che si acquistano al banco nella GDO. Non fa alcuna differenza fra sacchetti con o senza manico.
Mai più gratis Insomma, tempo pochi giorni e non ci saranno più scuse che tengono: dovranno essere biodegradabili e compostabili, rispettando lo standard internazionale Uni En 13432. Per questa ragione, fra l’altro, avranno bisogno di una certificazione rilasciata da enti accreditati. In pratica, tali contenitori dovranno necessariamente: essere realizzati con un contenuto di materia prima rinnovabile di almeno il 40% (che, progressivamente, diventerà il 50% dal 2020 e si innalzerà al 60% nel 2021) determinato in base allo standard Uni Cen/Ts; disporre dell’idoneità per uso alimentare; essere cedute esclusivamente a pagamento. Questo è un punto che fa discutere. Infatti, proprio come avviene già oggi per gli shopper, nemmeno i sacchetti per ortofrutta sfusa potranno essere ritirati gratis, ma dovranno risultare dallo scontrino. D’altra parte questo aspetto della norma è comprensibile, e senza dubbio aiuterà non solo l’ambiente, ma anche chi pulisce: oltre ad uniformare gli shopper che vengono venduti alle casse a quelli che si prendono durante gli acquisti, la legge senza dubbio porrà un freno al consumo a volte selvaggio e incontrollato dei sacchettini per frutta e verdura, che molte volte vediamo abbandonati sui carrelli o, ancor peggio, per terra fra le corsie e i bancali. Una cattiva abitudine che la normativa cerca di andare a colpire, con grande beneficio dell’ambiente.
Ma quanto ci costeranno? A questo punto la domanda è d’obbligo: quanto ci verranno a costare i nuovi sacchetti per frutta e verdura sfusi? Qui le opinioni si rincorrono, con scarti che arrivano anche a multipli di
di Antonio Bagnati
10. Le previsioni più ottimistiche si fermano a 2 centesimi, ma quelle più catastrofiche arrivano a 10 cents. Nel dubbio ci atterremmo al criterio del giusto mezzo, prevedendo un esborso intorno a 5 centesimi a pezzo, una cifra che comunque ci spingerebbe ad utilizzare tali contenitori con meno nonchalance, se non con parsimonia. A conti fatti, comunque, il carrello a fine anno sarà giocoforza ancora più pesante: di una ventina di euro o qualcosa in più sulla spesa media, si calcola. Per l’ambiente, però, ne vale la pena. Almeno per sei italiani su dieci, secondo le prime stime.
Le sanzioni: fino a 100mila
euro per chi prova ad eludere la legge La nuova norma, fra l’altro, conferma quanto era già stato previsto dalla 28/2012 sui sacchetti monouso per la spesa: i soli shopper a rimanere legalmente commercializzabili sono quelli monouso biodegradabili e compostabili certificati Uni 13432, o in alternativa quelli riutilizzabili con percentuali minime di plastica riciclata e spessori ricompresi tra 60 e 200 micron. Rimane invariato il sistema sanzionatorio vigente, che prevede multe anche molto salate. Le cifre vanno infatti da 2.500 a 100mila euro nel caso la violazione del divieto riguardi ingenti quantitativi di borse di plastica oppure il valore delle buste fuori legge superi un decimo del fatturato del trasgressore. Sarà considerato un tentativo di elusione della legge anche il malcostume (peraltro appunto illegale) di apporre sui sacchetti diciture come “sacchetti ad uso interno” o simili. A nulla varranno tali escamotage, è il caso di fare attenzione: anche perché se i grandi soggetti si adegueranno in fretta, come è già accaduto per gli shopper, c’è da scommettere che la grande platea dei medio-piccoli farà più fatica.
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