GSA Igiene Urbana 1-20

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TERZA PAGINA DOSSIER CLIMA

Il cambiamento climatico brucia l’Australia Dopo l’Amazzonia,il continente australiano è rimasto per settimane in preda del fuoco. Il riscaldamento globale attiva, favorisce, potenzia e generalizza gli incendi che hanno devastato l’Australia. I negazionisti si mobilitano per cancellare l’evidenza, attribuendo la responsabilità a una ventina di presunti piromani. I media diffondono notizie false (fake news) mettendo alla berlina gli ecologisti. di Bruno Giorgini

Le vittime umane si contano attorno al numero di trenta per ora, gli sfollati oltre centomila in crescita. Gli altri esseri viventi riarsi, flora e fauna, sono centinaia di migliaia, qualcuno azzarda numeri che vanno oltre il miliardo, e oltre centomila capi di bestiame domestico. Numeri destinati a aumentare. Dai minuscoli insetti fino ai koala e canguri, con tutta la vegetazione: i koala rischiano l’estinzione, come le api. A memoria d’uomo una catastrofe ecologica di questa portata non si era mai vista.

Una catastrofe…negata Il 18 dicembre scorso la temperatura media era dell’ordine di 42 gradi, con punte di 49-51 gradi, cioè caldissima, dopo una siccità che dura da oltre due anni in forma estrema – la totale assenza di piogge – e con precipitazioni assai limitate negli anni precedenti, che hanno ridotto le riserve d’acqua al lumicino. Ma, a detta dei negazionisti tra cui il governo australiano conservatore, il riscaldamento

globale non c’entra né poco né punto. Infatti, dicono e scrivono, la polizia ha fermato e arrestato alcune decine di persone, tra cui una ventina di minorenni, che potrebbero avere acceso alcuni focolai. La notizia non è verificata, ma ammettiamolo pure: questo può essere stato l’innesco, almeno in parte. Pare per il 50%, e diamoglielo per buono sebbene appaia un filo esagerato - essendo il resto attivato dalle tempeste di fulmini a secco, tipici fenomeni diventati assai frequenti nel clima determinato dal riscaldamento globale, poiché la crescita della temperatura atmosferica significa aumento dell’energia elettromagnetica che poi si scarica sotto forma di fulmini e saette. Ma se questo è l’innesco, che dire della propagazione? Perché l’intero continente, parecchio esteso, ha preso fuoco come uno zolfanello, senza che i presunti incendiari dovessero soffiarci sopra. A volerla dire come è, i negazionisti, tutti conservatori, appaiono del tutto stupidi, né più né meno come i prelati e filosofi naturali chiesastici dell’inquisizione quando negavano il movimento della terra – e dei pianeti – attorno al sole, o della luna attorno alla terra, provocando in Galileo – dice la leggenda – l’esclamazione diventata simbolica di un intero modo d’essere e pensare: e pur si muove!

La battaglia delle multinazionali petrol-carbonifere Ma si sa: più della conoscenza e della realtà stessa, può il profitto. L’Australia è il più grande esportatore di carbone al mondo, e l’idea di una decarbonizzazione onde diminuire drasticamente l’immissione nell’atmosfera (e negli oceani) di CO2 – responsabile in gran parte del riscaldamento gobale – fa venire l’orticaria all’intera panoplia di magnati del petrolio e del carbone. Più seriamente: qualunque ipotesi di transizione ecologica verso energie alternative e rinnovabili è aspramente combattuta dalle multinazionali petrol-carbonifere, senza esclusione di colpi. Per avere un’idea delle dimensioni del problema facciamo qui un solo esempio. La JPMorgan Chase, la più grande banca al mondo in termini azionari, nei tre anni dopo il vertice di Parigi sul clima (COP21, 2015) avrebbe – il condizionale è d’obbligo – investito 196 miliardi di dollari nell’industria dei combustibili fossili (gas, carbone, petrolio). Inoltre, un gruppo di scienziati ha pubblicato su Nature – con Science la più prestigiosa rivista scientifica al mondo – una lista dei giacimenti di idrocarburi più pericolosi per il pianeta, quelli che assolutamente non bisognerebbe toccare, tra cui i giacimenti di petrolio dell’Artico e le sabbie bituminose


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