SPECIALE COVID19
PRODOTTI SANIFICANTI
L’uso corretto dei prodotti per la sanificazione delle superfici di Vincenzo Cama
Oggi, a seguito della ben nota pandemia da COVID19, tutti parlano di “sanificazione ambientale”. Argomento questo che richiama anche quello delle procedure di disinfezione negli ambienti sanitari (ospedali, cliniche, ambulatori, ecc). Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria “mortificazione”di queste procedure a seguito dei ben noti tagli effettuati sulla sanità pubblica in Italia.
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Mi piace ricordare, a questo proposito, una preziosa indagine fatta dall’Università di Bergamo nel 2004 su 33 strutture ospedaliere che dimostrava (se ce ne fosse stato bisogno) che più si spende per la pulizia e disinfezione ambientali e più bassa è l’incidenza delle giornate di degenza ospedaliera. L’indagine statistica concludeva con un dato significativo: € 58,00 (del 2004) in meno, spesi nei costi delle pulizie producono 4 infezioni in più tra i pazienti ospedalizzati e € 100,00 di costo in più per le strutture sanitarie per la prolungata degenza. Ma ben più importanti sono i costi collaterali sostenuti dall’organizzazione sanitaria, quali i costi di diagnosi, di terapia, di ulteriore monitoraggio dovuto alle complicazioni. Da tenere presente gli ulteriori costi sostenuti dai pazienti e dai loro famigliari quali gli spostamenti, l’assenza del lavoro, le spese per le collaborazioni domestiche e di assistenza, ecc. A tutto questo ci sono da aggiungere i costi morali e di sofferenza del paziente e le complicazioni che portano al decesso del paziente. I dati sono noti da anni. Le infezioni acquisite dai pazienti in ospedale, interessano il 5,6% (dati ANMDO) delle persone ospedalizzate con un 10% di decessi causati dalle complicazioni sopraggiunte. La speranza è che questa pandemia faccia prendere coscienza al mondo politico che di infezioni acquisite nell’ambiente ospedaliero si può anche morire e che
investano i soldi non solo per il benessere dei cittadini che soffrono nella degenza, ma altresì per diminuire i costi ad essa collegati. Forse non tutti i mali vengono per nuocere con il COVID19. Se questo è un problema l’altro altrettanto importante aspetto è quello di capire il comportamento dei microrganismi con relative procedure di abbattimento della carica microbica. Si sono scritti volumi su questo argomento. Purtroppo, molto spesso questi lavori sono stati disattesi nella pratica o non correttamente applicati. Non mi occupo della pratica delle sterilizzazioni degli strumenti e attrezzature chirurgiche sulle cui procedure altri potrebbero dire molto, ma quella della disinfezione ambientale, in particolare delle superfici. In pandemia da Coronavirus gli italiani sono diventati degli esperti virologi come quando gioca la nazionale italiana di calcio che diventano tutti dei grandi allenatori. Voglio parlare dell’uso dei disinfettanti e delle procedure per la loro applicazione corretta ricavati da documenti ufficiali.
I prodotti a base alcoolica
Tutti abbiamo avuto l’occasione di farci prelevare il sangue o di farci fare un’iniezione. Chiunque sia che lo fa, dall’infermiera diplomata di lunga esperienza professionale, anche sotto gli occhi del chirurgo di fama, alla moglie, al marito, alla zia, nessuno si pone un problema molto semplice “il tempo di contatto per ottenere l’effetto disinfettante”. L’alcool è sempre stato il prodotto più usato per la disinfezione della cute “pre-puntura”, oggi si usano anche altri principi attivi con proprietà Biocida, anche più lenti nell’azione. In tempi di Coronavirus andiamoci a leggere quello che dice l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sui tempi di contatto dell’alcool sulle superfici e sulla cute in particolare per le mani per ottenere l’effetto virucida e quale sia la concentrazione dell’alcool migliore per ottenerlo. Ricordo che il Coronavirus correttamente chiamato SARS COV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2)