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TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE
BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA
Connect for Shape è un progetto che coinvolge autorevoli esperti del mondo della salute, con l’obiettivo di condividere e valorizzare best-practice e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici.
MASSIMILIANO BRUGNOLETTI
DECRETO SEMPLIFICAZIONI: AFFIDAMENTO DEGLI APPALTI PUBBLICI “SENZA SE E SENZA MA” VITTORIO MINIERO
Prossimi appuntamenti Webinar n.3 Talk Show dedicati all’approfondimento dei contenuti di Connect for Shape presto sul sito
STRUMENTI
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PRIMO IMPATTO DEL DECRETO SEMPLIFICAZIONE SUGLI ACQUISTI SANITARI
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B.REBAGLIATI - C.TUDINI - M.GRECO
NUOVI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO IN EDILIZIA SANITARIA IN EPOCA DI CONTENIMENTO DI SPESA: L’APPLICAZIONE DEL DIALOGO COMPETITIVO NELL’AZIENDA SOCIO SANITARIA LIGURE N. 4
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MARIA FELICITA CRUPI
17 Settembre 2020 24 Settembre 2020 1 Ottobre 2020
ISSN 1723-9338
www.met-channel.com
IL BILANCIO SOCIALE NEL PANORAMA DELLE AZIENDE DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
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21|22|23 aprile 2021
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23|24|25 aprile 2021
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sommario luglio-agosto 2020
editoriale
3 Riflessioni post emergenza Covid -19 nella prospettiva di una semplificazione per le procedure di appalti pubblici in Sanità
4 11 18 30
articoli decreto semplificazioni 4 Decreto Semplificazioni: affidamento degli appalti pubblici “senza se e senza ma” decreto semplificazioni 8 Primo impatto del Decreto Semplificazione sugli acquisti sanitari decreto semplificazioni 11 Panoramica delle novità in materia di appalti pubblici (c.d. “Decreto semplificazione”) confindustria dispositivi medici 18 Enterprise Imaging: un’analisi empirica sul sistema sanitario italiano edilizia sanitaria 23 Nuovi strumenti di finanziamento in edilizia sanitaria in epoca di contenimento di spesa: l’applicazione del Dialogo competitivo nell’Azienda Socio Sanitaria Ligure n. 4 principio di equivalenza 30 Il principio di equivalenza nella valutazione delle offerte bilancio sociale 34 Il bilancio sociale nel panorama delle Aziende del Sistema Sanitario Nazionale reazione avversa ai farmaci 37 Le reazioni avverse da farmaci nella popolazione anziana tra onere economico e inappropriatezza prescrittiva gestione 42 Strumenti per il rilancio della sanità pubblica ad invarianza finanziaria
aziende informano
46 “CONNECT FOR SHAPE: Ridisegnare insieme il futuro del public procurement dei medical devices”
gli esperti rispondono
48 Sull’avvalimento delle certificazioni del sistema qualità.
Le foto all’interno sono di Marco Pasqualini Marco Pasqualini vive e lavora a Roma dove svolge attività di stampa, elaborazione grafica e post-produzione presso la Designer Press, azienda fondata dal padre Norberto Pasqualini nel 1972. La passione per la fotografia e le arti grafiche correlate nasce e si sviluppa parallelamente a questa professione.
Tecnica e metodologia economale Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità. ISSN 1723-9338 Organo ufficiale della FARE Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità
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editoriale Maria Teresa Piras - Presidente ARPES Sardegna
Riflessioni post emergenza Covid -19 nella prospettiva di una semplificazione per le procedure di appalti pubblici in Sanità
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lcuni L’emergenza del CoVID-19, affrontata in prima linea nelle strutture ospedaliere dal personale sanitario, ha dovuto trovare subito una risposta nel complicato sistema degli approvvigionamenti in Sanità. Un settore che si è trovato ad organizzare in urgenza l’acquisto di un volume elevato tra: dispositivi medici, protezioni individuali e attrezzature. Nella Regione Sardegna, l’Assessorato Regionale alla Sanità con la Protezione Civile ha pianificato nell’emergenza un modus operandi tra le varie Aziende Sanitarie al fine tenere sotto controllo la disponibilità dei dispositivi di protezione individuali quali: mascherine, tute per gli operatori ecc., o di apparecchiature ed attrezzature, e quant’altro si rendesse necessario, nell’ambito di tutta la Regione, intervenendo in caso di emergenza per gestire prestiti di materiale tra i magazzini delle diverse Aziende. La Regione Sardegna ha altresì individuato un particolare budget di spesa esclusivamente per gli acquisti per Covid-19, che le amministrazioni sanitarie hanno applicato rigorosamente a livello contabile, non soltanto per un efficace monitoraggio e tracciamento della spesa pubblica, ma anche per reperire una rete affidabile di fornitura sui DPI e i presidi più urgenti, da consultare in qualsiasi momento nella fase di emergenza. Tra l’altro nella gestione dell’emergenza è stato fondamentale l’ausilio di valide piattaforme rese disponibili, in modo gratuito, anche dalla FARE, che con i suoi applicativi e i suoi Webinar sulla formazione, ha spesso consentito un aggiornamento al passo con l’emergenza. Le Aziende si sono trovate a interagire tra loro in tempi brevi utilizzando le procedure di gara più veloci ed immediate e non solo attraverso convenzioni in precedenza attive, ma anche facendo ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara, facendo ordini in autonomia diversificando le richieste ai fornitori che avessero i dispositivi in pronta disponibilità. Un anno sicuramente denso di cambiamenti, che va verso uno snellimento e una facilitazione delle procedure sempre più costante, se si pensa che a distanza di poco più di un anno dal Decreto “Sblocca Cantieri”, ci si ritrova con una nuova riforma del Codice degli Appalti, il c.d. Decreto Semplificazioni, Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76. Tutto questo va inoltre messo sotto la lente della cosiddetta spending review che ha condizionato il valore dell’erogazione delle forniture e l’erogazione dei Servizi soprattutto per le Regioni da tempo sottoposte a piano di rientro, con la vera difficoltà per un Provveditore di poter usare solo il criterio di scelta del prezzo più basso, impossibile da attuare nel periodo di emergenza, e che ha costretto il fornitore nazionale a diventare rivenditore di prodotti interamente fabbricati, ad un prezzo più competitivo, all’estero, ma anche ad approvvigionarsi, nel pieno dell’emergenza, di Dpi con standard di certificazioni in deroga, pur di garantire nell’immediato una pronta sicurezza all’operatore sanitario. Conclusivamente si può affermare che le soluzioni adottate dallo Stato con i decreti e dalle Regioni con le diverse ordinanze, elementi già comunque presenti nel Codice del 2016, potrebbero portare, una volta superata l’emergenza sanitaria, a ritornare a disposizioni sugli appalti più snelle e di facile applicazione. Tutto questo in vista di una maggiore semplificazione che potrebbe apportare anche ai mercati una più stabile ripresa, soprattutto attraverso una fabbricazione di nostri dispositivi “made in Italy” viste le piccole aziende che, pur essendo a semplice conduzione familiare, si sono riconvertite e dedicate alla produzione di mascherine o di altri piccoli dispositivi di protezione individuale.
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decreto semplificazioni Massimiliano Brugnoletti - Brugnoletti & Associati
Decreto Semplificazioni: affidamento degli appalti pubblici “senza se e senza ma”
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l Governo, con il decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020, è intervenuto con l’atteso provvedimento sugli appalti. Non c’è stata la (più volte sbandierata) sospensione del d.lgs. n. 50/2016 - anche perché iniziativa sostanzialmente inutile, visto che sarebbero rimaste vigenti le (molto articolate) direttive europee del 2014 – ma non v’è dubbio che, con il “decreto semplificazioni”, siano state fatte scelte “coraggiose”, talune delle quali, se avranno efficacemente concorso a far ripartire l’economia, potrebbero avere vita successiva al 31 luglio 2021, termine finale delle tante deroghe al codice disposte con il decreto. Il decreto n. 76/20, pubblicato nella serata del 16 luglio, si pone l’obiettivo di “semplificare” ampi settori della Pubblica Amministrazione, per rendere la sua azione più efficace e soprattutto utile alla ripresa del Paese: tra i tanti settori toccati (edilizia, procedimenti amministrativi, amministrazione digitale, ecc.), il decreto è anche intervenuto sugli appalti pubblici (i primi nove articoli), introducendo, accanto ad alcune modifiche definitive all’attuale testo, una normativa speciale valevole per un anno (dal 17 luglio, giorno di entrata in vigore del decreto, al 31 luglio 2021). Il decreto semplificazioni introduce di fatto una normativa speciale che deroga “a tempo” alcune norme del d.lgs. 50/2016, che riacquisteranno piena efficacia dal 1° agosto 2021. La nuova responsabilità erariale (art. 21) Prima di affrontare le singole novità sugli affidamenti pubblici, si deve necessariamente sottolineare la vera portata innovativa del decreto semplificazioni, l’“anima” del provvedimento governativo, che intercetta (e a mio avviso in gran parte risolve) la vera fonte della viscosità della maggior parte dei procedimenti amministrativi, comprese le gare pubbliche: quell’incedere “lento” e farraginoso che
ha fatto assumere un’accezione sempre più negativa, del tutto diversa da quella per cui era stato coniato, al termine “burocrazia”. Il decreto affronta infatti il tema vero, “la questione delle questioni” che, annidandosi in ogni procedimento amministrativo, ne condiziona il “passo”: la sproporzione tra responsabilità “personale” e gli strumenti che vengono messi a disposizione di chi opera nella pubblica amministrazione, in termini di formazione, informazione e risorse. Chi opera nel pubblico ha oggettive difficoltà a districarsi in un ginepraio assoluto di norme e prescrizioni, di leggi e regolamenti, la cui violazione genera una fastidiosissima responsabilità personale, quella erariale, se non addirittura una responsabilità penale: sproporzione che genera quella comprensibile “paura della firma” (mi riferisco ovviamente a chi, ed è la maggioranza, non usa il reticolo normativo per giustificare la propria “pigrizia”), avvalorata da una frequente dimostrazione di poca sensibilità, nel valutare le azioni e le condotte dei pubblici dipendenti, da parte delle Procure di Corte dei Conti e Tribunale penale. Ebbene, anche se a valere per il solo anno della “finestra” che ha aperto, il decreto semplificazioni ha radicalmente modificato il perimetro della responsabilità erariale, corredando l’intervento con l’attenuazione (in questo caso definitiva) del reato di “abuso di ufficio”. L’art. 21 del decreto pone due norme, l’una definitiva e l’altra “a tempo”: con la prima (comma 1), il legislatore impone d’ora in poi alla Corte dei Conti di dimostrare la “volontà dell’evento dannoso”, onerandola pertanto ad un’indagine più rigorosa e profonda allorché valuterà la responsabilità di chi opera nella pubblica amministrazione; con la seconda, che rappresenta una vera e propria rivoluzione in tema di responsabilità erariale, si introduce una norma “a tempo” (perché valevole solo nella “finestra”
Il decreto semplificazioni introduce di fatto una normativa speciale che deroga “a tempo” alcune norme del d.lgs. 50/2016, che riacquisteranno piena efficacia dal 1° agosto 2021
decreto semplificazioni aperta dal decreto: dal 17 luglio 2020 al 31 luglio 2021), ma assolutamente dirompente. Nel comma 2 dell’art. 21 il d.l. n. 76/2020 stabilisce, infatti che “la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti è limitata ai casi in cui la … condotta … è dolosamente voluta”; è dunque punita la sola condotta dolosa (peraltro da valutare con maggiore attenzione rispetto a prima, per effetto della norma, definitiva, dettata dal comma 1), con l’espulsione “a tempo” della “colpa grave”; il vero spettro per chi opera nel pubblico, che non dovrà più temere di commettere errori. La volontà del legislatore di dare una “scossa” ai procedimenti amministrativi si comprende ancor più nell’eccezione che il decreto pone alla regola della (si passi la perifrasi, volutamente “forte”, ma plasticamente efficace) “irresponsabilità erariale di chi agisce”: la limitazione della responsabilità ai fatti dolosi “non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente”. Il decreto semplificazioni ribalta completamente l’assetto attuale, che vedeva nell’“evitare la decisione” lo scudo naturale allo “sbagliare nel decidere”: l’art. 21 del decreto ha dunque il pregio di cancellare la “paura dell’errore”, esentando da responsabilità chi “agisce”, mettendo invece a rischio di dover risarcire la propria amministrazione chi è inerte. La norma tutela il “fare”, anche se “sbagliato”, e sanziona il “non fare”: per un anno, chi opera nella Pubblica Amministrazione, dovrà temere dunque la propria inerzia, non i propri errori. Il reale tentativo di “aiutare” chi opera in ambiente pubblico si perfeziona, come anticipato, con la modifica dell’art. 232 del codice penale, che disciplina l’“abuso di ufficio”, il classico reato connesso all’attività pubblica: l’art. 23 del decreto, con intervento definitivo (non limitato pertanto alla “finestra” di un anno in cui si collocano la maggior parte delle norme dettate dal decreto semplificazioni), toglie definitivamente di scena la categoria dei “regolamenti” (che,
per numero e per la poca pubblicità, creavano molti imbarazzi), limitando la responsabilità penale alla sola violazione di legge; restringendone peraltro i contenuti, passando dalla precedente “violazione di norme di legge” all’attuale “violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi natura di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità …”. In questo nuovo quadro di regole comportamentali, oggettivamente innovativo, si collocano le disposizioni che il decreto ha introdotto in tema di appalti pubblici; disposizioni che si sviluppano su due fronti: una normativa speciale valevole per un anno (sia per le gare inferiori alle soglie europee, sia per quelle sopra soglia) ed interventi definitivi sul codice, chirurgici, ma significativi. Gli affidamenti sotto-soglia (art. 1) Il decreto prevede una nuova normativa sul sotto-soglia che sostituisce “a tempo” quella attualmente dettata dall’art. 36 del d.lgs. 50/2016 (che rivivrà quindi dal 1° agosto 2021). Normativa speciale a tempo, perché varrà esclusivamente per gli affidamenti la cui “determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento” sarà adottata tra il 17 luglio 2020 al 31 luglio 2021. a) Cambia il limite degli affidamenti diretti, che passa da € 40.000 a € 150.000 (art. 1, comma 2, lett. a), con l’avvertenza che l’affidamento deve avvenire entro “due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento” e fermo il principio di rotazione, previsto nel non innovato comma 1 dell’art. 36 del codice. b) Cambiano gli affidamenti tra i € 150.000 e le soglie dettate dall’art. 35, con l’avvertenza che l’affidamento deve essere in questo caso effettuato entro quattro mesi. Di seguito una tavola sinottica dell’art. 36 del d.lgs. 50/2016: nella prima colonna le disposizioni dei codici valevoli per gli affidamenti avviati prima del 17 luglio 2020 e dopo il 1°agosto 2021); nella seconda colonna le
Codice
Decreto Semplificazioni
Lavori, servizi e forniture sino alle soglie
affidamento diretto con 5 preventivi (rotazione degli inviti)
procedura negoziata (art. 63) con consultazione di 5 operatori, con rotazione degli inviti che “tenga conto di una diversa dislocazione territoriale”
lavori fino a 350.000
a) lavori fino a 150.000 > affida-mento diretto con 3 preventivi (ro-tazione degli inviti) b) lavori fino a 350.000 > procedura negoziata (art. 63) con consultazione di 10 operatori (rotazione degli invi-ti)
procedura negoziata (art. 63) con consulta-zione di 5 operatori, con rotazione degli in-viti che “tenga conto di una diversa dislocazione territoriale”
lavori fino a 1.000.000
procedura negoziata (art. 63) con consultazione di 15 operatori (rotazione degli inviti)
procedura negoziata (art. 63) con consulta-zione di 10 operatori, con rotazione degli inviti che “tenga conto di una diversa dislocazione territoriale”
lavori fino alle soglie
procedura aperta (art. 60)
procedura negoziata (art. 63) con consultazione di 15 operatori, con rotazione degli inviti che “tenga conto di una diversa dislocazione territoriale”
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decreto semplificazioni diposizioni dettate per la finestra centrale di un anno, luglio 2020 - luglio 2021: Nelle procedure sotto soglia viene in luce la prima declinazione concreta della nuova responsabilità erariale, che premia chi agisce e sanziona l’inerzia, correlata ai termini per l’affidamento diretto (due mesi) e per quelli sotto soglia (quattro mesi): il decreto sancisce infatti che «Il mancato rispetto dei termini …, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento …” (art. 1, comma 1). Utile segnalare che in tutte le procedure sotto soglia (compresi gli affidamenti diretti), all’evidente fine di “semplificare” le procedure, si prevede che non venga richiesta la fideiussione provvisoria (art. 1, comma 4) e se la Stazione appaltante ritenga (eccezionalmente) di richiederla, la garanzia è dimezzata rispetto a quanto stabilito all’art. 93 del d.lgs. 50/2016 (quindi al netto di tutte le riduzioni che già prevede tale norma del codice).
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Gli affidamenti sopra-soglia (art. 2) Il decreto prevede anche una normativa speciale per le gare sopra soglia, valevole per le procedure “la cui delibera a contrarre o altro avvio del procedimento” sia stata adottata dal 17 luglio 2020 al 31 luglio 2021. Anche in questo caso il decreto fissa un termine, sei mesi, entro cui le gare debbono essere aggiudicate; decorsi i quali scatta la “responsabilità erariale” a carico del RUP (o la responsabilità dell’operatore privato in caso di inerzia
di quest’ultimo), secondo la prescrizione già descritta per le gare sotto soglia (art. 2, comma1). Termine oggettivamente sproporzionato rispetto a quelli previsti per le gare sotto soglia: se i due mesi per l’affidamento diretto appaiono anche “larghi” e probabilmente “giusti” sono i quattro mesi previsti per concludere le gare sotto soglia, sei mesi per aggiudicare una gara europea (con i tempi spesso “biblici” delle commissioni giudicatrici, su cui occorrerà assolutamente intervenire per far rispettare i termini complessivi della procedura) sono probabilmente insufficienti. Per “aiutare” la sollecita aggiudicazione delle gare europee il decreto “bandisce” per un anno le procedure speciali (cfr. art. 59 del codice), permettendo alle Stazioni appaltanti di utilizzare solamente la “procedura aperta” e la “procedura ristretta” (solo eccezionalmente, previa rigorosa motivazione, la procedura negoziata); peraltro, come si vedrà, con termini ridotti per la presentazione delle offerte. Ma la vera novità sulle gare sopra soglia, che suscita forti perplessità sulla coerenza con i principi europei di libera concorrenza e sulla tenuta costituzionale del provvedimento, è dettata dai commi 3 e 4 del decreto. Il comma 3 offre la possibilità di evitare la gara europea “per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia …” e se i termini pur ridotti non soddisfino l’esigenza di intervenire con celerità: in questi casi (prescindendo dal valore dell’affidamento) è possibile avviare una procedura negoziata senza bando, invitando 5 operatori, ai sensi dell’art. 63 del codice. Il comma 4 addirittura “estremizza” l’intervento prevedendo che, nei settori dell’edilizia (scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria), delle infrastrutture (stradali, ferroviarie ed idriche) e per i contratti collegati, le Stazioni appaltanti possano operare
decreto semplificazioni in totale deroga delle norme sugli appalti - quindi senza avviare alcuna procedura anche semplificata - dovendo tenere solamente conto (con un’eccezione che, di fatto, restringe di molto la regola: ferma comunque l’assenza di responsabilità in caso di errore) della normativa penale ed antimafia, dei vincoli UE e dei principi dettati dagli artt. 30 (principi), 34 (sostenibilità ambientale) e 42 (conflitto di interessi) del codice. Invero, il richiamo ai vincoli europei e soprattutto quello all’art. 30 del d.lgs. 50/2016, che è la norma che declina nel codice dei contratti i principi generali dettati dalla normativa europea, rende oggettivamente impossibile disancorarsi totalmente dai canoni fondamentali che vigono sugli affidamenti. Modifiche al codice (art. 8) L’art 8 del decreto è il “contenitore” in cui il governo ha introdotto una serie eterogenea di interventi sugli appalti pubblici ed è l’ultimo preso in esame nel presente lavoro. Al comma 1 sono state introdotte quattro prescrizioni, accomunate dalla loro finalità “semplificatoria”, valevoli per la “finestra” annuale prevista dal decreto: fino al 31 luglio 2021 i) è sempre autorizzata l’esecuzione in via d’urgenza, ii) il sopralluogo deve essere richiesto solo se necessario, iii) nelle procedure ordinarie vige di regola la riduzione dei termini che il codice prevede in caso di urgenza, iv) possono essere avviate procedure concorsuali anche in assenza di programmazione (da adottarsi “a sanatoria” entro il 16 agosto). Il comma 2 ha acceso il timer per aggiudicare le gare in corso: le procedure le cui offerte sono state presentate entro il 22 febbraio 2020 debbono essere aggiudicate entro il 31 dicembre 2020 (si deve sottolineare che, in questo caso, il decreto non ha sanzionato il superamento del termine con
la responsabilità erariale “da inerzia”). Per immettere liquidità, il comma 4 impone ai direttori dei lavori di adottare il SAL di quanto effettuato entro il 1° agosto (anche in deroga alle clausole contrattuali), di emettere il certificato pagamento al massimo entro il 6 agosto, ed effettuare il pagamento nei 15 giorni successivi. Termini strettissimi, ma anche in questo caso non sanzionati espressamente, anche se la regola generale posta dall’art. 21, menzionato all’inizio di questo intervento, consiglia di motivare eventuali ritardi. Lo stesso comma 4, intervenendo su una materia al centro dell’attenzione in questi mesi, pone a carico della Stazione appaltante il costo dei maggiori oneri che gli appaltatori hanno sostenuto e dovranno sostenere per i (più gravosi) protocolli di sicurezza adottati per evitare il contagio. Al comma 5 il decreto ha introdotto una modifica permanente al codice che ha già provocato la reazione che gli addetti ai lavori ebbero quando la medesima norma fu introdotta nel decreto “sblocca cantieri” (decreto legge 32/2019) e, non a caso, eliminata con la relativa legge di conversione: ci si riferisce alla modifica del comma 4 dell’art. 80, che ritiene impeditive della partecipazione alle gare pubbliche le violazioni agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, anche non definitivamente accertate. Nel comma 7 il decreto semplificazioni rinvia di un anno tre interventi dello sblocca cantieri che avrebbero avuto termine il 31 dicembre 2010: la possibilità di bandire gare da parte dei Comuni non capoluogo di provincia, la possibilità di bandire gare aventi ad oggetto sia la progettazione che l’esecuzione (“appalto integrato”), l’efficacia dell’albo unico dei commissari presso l’ANAC.
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decreto semplificazioni Vittorio Miniero - toto@appaltiamo.it
Primo impatto del Decreto Semplificazione sugli acquisti sanitari
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l DL 76/2020 è entrato in vigore portando con sé ancora ulteriori modifiche all’ambito degli appalti pubblici. Solo dopo il 31 luglio 2021 potremo verificare se effettivamente le misure di semplificazione siano state efficaci, ma già ora possiamo permetterci qualche riflessione in merito al testo approvato. Una prima interessante novità è l’inserimento, per la prima volta, di un termine massimo di durata del procedimento di gara superato il quale il Responsabile Unico del Procedimento rischia ripercussioni negative per responsabilità erariali. Gli articoli 1 e 2 del D.L. 76/2020 prevedono che: • un affidamento diretto debba concludersi entro due mesi dalla data di approvazione della determina a contrarre; • una procedura negoziata debba concludersi entro quattro mesi dalla data di approvazione della determina a contrarre; • una procedura ad evidenza pubblica debba concludersi entro sei mesi dalla data di approvazione della determina a contrarre. La prescrizione sull’affidamento diretto è facilmente superabile e non costituisce un problema. L’articolo 1 del D.L. 76/2020 prevede che: “l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento”. Il comma 3 del medesimo articolo, tuttavia, prescrive anche che: “Gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga gli elementi descritti nell’articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016”. Dunque negli affidamenti diretti l’atto di avvio del procedimento è, contestualmente, anche quello di chiusura dello stesso. Mentre tutte le altre procedure devono avere una determina di avvio (solitamente denominata determina o delibera a contrarre) ed un atto di chiusura del procedimento di gara (solitamente denominata aggiudica-
zione), l’affidamento diretto si apre e si chiude con un unico provvedimento disciplinato dall’art.32, comma 2 del Codice (quella famosa determina semplificata che deve contenere in modo semplificato: “oggetto dell›affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti”). Quindi la stragrande maggioranza di affidamenti che le amministrazioni andranno ad effettuare non subirà l’applicazione di questa prescrizione normativa volta ad addossare, potenzialmente, responsabilità erariali su quella figura ormai mitologica definibile “il povero RUP”. Ben diverso discorso occorre fare per le procedure negoziate e per quelle ad evidenza pubblica. La procedura negoziata, in particolare, diventa oggi quella a maggiore rischio per il RUP. I 4 mesi assegnati dall’inconsapevole legislatore (io sono solito affermare che va perdonato perché “non sa quello che fa” ) sono decisamente ristretti. Le procedure negoziate sono avviate con avvisi che, seguendo la Linea Guida di Anac, devono rimanere pubblicati per almeno 15 giorni. Poi occorrerà invitare gli operatori a fare una offerta e sarà opportuno dare loro almeno altri 10 o 15 giorni. Tra l’approvazione della delibera a contrarre e la pubblicazione dell’avviso è presumibile che si perda qualche giorno e così anche per l’attività di selezione degli operatori da invitare ed ancora per le attività di verifica della documentazione amministrativa (con probabili altri 10 giorni da perdere per il soccorso istruttorio). Prevedendo, infine, un paio di mesi per la valutazione delle offerte tecniche, i 4 mesi complessivi previsti dal legislatore per addivenire all’aggiudicazione definitiva possono dirsi già esauriti. Se, per caso, toccasse fare anche la valutazione dell’anomalia della offerta, il RUP sarebbe definitivamente a rischio danno erariale. In verità sono convinto che non avremo nessun RUP
decreto semplificazioni perseguitato per una procedura di gara durata più del dovuto. Al nostro Legislatore piace creare possibili sanzioni che tutti sanno essere, di fatto, inapplicabili. Si aggiunga che il Decreto Legge modifica anche la norma sulla responsabilità erariale, prevedendo all’art.21 la modifica dell’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 che dispone oggi: “La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. La responsabilità erariale è, quindi, dispone il comma 2 dell’art.21 del D.L. 76: “limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente”. Il RUP deve premurarsi di evitare l’inerzia durante la propria procedura, ma se poi le attività che altri realizzano si dilungano, nessuno potrà mai sostenere che la eccessiva durata del procedimento sia dovuta a sua esplicita volontà. Dunque non avremo condanne di RUP per eccessiva durata delle procedure di gara. Tuttavia, al di là dell’efficacia o meno della norma approvata, è “‘l modo ancor m’offende” (Dante, Divina Commedia, Inferno, 102). Mi offende il fatto che il legislatore imponga dei termini precisi di azione al funzionario pubblico, pena la responsabilità erariale, facendo passare il messaggio che sia oggi addebitabile a quest’ultimo la responsabilità delle difficoltà di questo Paese a mantenere il passo con gli altri paesi della Comunità Europea. Mi offende il fatto che a scrivere una norma simile sia un legislatore notoriamente in grave ritardo nell’adempiere alle prescrizioni normative che lui stesso si autoimpone. Si ricorderà che il D.Lgs 50/2016, entrato in vigore il 18 aprile 2016, prescrive una infinità di atti attuativi ed adempimenti che ad oggi sono rimasti ancora da compiersi. Stiamo ancora aspettando da anni il Portale della Trasparenza presente il quale, finalmente, le amministrazioni smetterebbero di pubblicare (del tutto inutilmente e con rilevante dispendio economico per le imprese) il proprio bando di gara sui quotidiani. Stiamo ancora da anni aspettando che lo Stato metta a disposizione delle Amministrazioni la Banca Dati Unica Nazionale.
Il primo a parlare di Banca Dati fu il Governatore Monti nel biennio 2011/2012. Sonno passati quasi dieci anni, se ne parla in continuazione, ma le amministrazioni rimangono, per ora, in attesa di sfruttare questo utile strumento. Stiamo aspettando da anni indicazioni sulla qualificazione delle stazioni appaltanti. Stiamo aspettando da anni l’aggiornamento della normativa sulla qualificazione SOA per le imprese di costruzioni. Stiamo applicando da anni un Codice lasciato a metà, perché una grande parte di atti attuativi non sono mai stati approvati. In tale contesto non si ritiene corretto che, invece, tocchi al funzionario pubblico che si avventura a svolgere quel delicato ruolo di Responsabile Unico del Procedimento rischiare il danno erariale per un adempimento ritardato. Un ulteriore approfondimento meritevole di attenzione si trova disposto dal Decreto nell’articolo 2, in merito alle procedure di gara sopra soglia che le amministrazioni possono realizzare fino al 31 luglio 2021. L’articolo 2, comma 2, dispone che: “Salvo quanto previsto dal comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento (…) mediante la procedura aperta, ristretta o, previa motivazione sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, della procedura competitiva con negoziazione di cui agli articoli”. Il legislatore prevede, dunque, che per appalti soprasoglia le amministrazioni possano: • realizzare procedure negoziate ex art.63 quando sussistono i presupposti di fatto previsti dalla citata norma; • realizzare procedure aperte o ristrette; • realizzare, solo se sussistono i presupposti di Legge, le procedure competitive con negoziazione. Non vengono citate le altre procedure di gara previste dalla direttiva comunitaria. Divengono, quindi, fuorilegge le procedure di gara quali il dialogo competitivo e il sistema dinamico di acquisizione. Non è ben chiara la scelta effettuata dal legislatore e non è comprensibile, soprattutto, se tale scelta sia frutto di una riflessione ovvero tale scelta sia frutto del caso e della balia dell’avversario alla quale è spesso portato chi scrive le Leggi sugli appalti in questo paese. Tuttavia le conseguenze che ne derivano sono gravi. Per dirne una.
Divengono, quindi, fuorilegge le procedure di gara quali il dialogo competitivo e il sistema dinamico di acquisizione.
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decreto semplificazioni Da anni i soggetti aggregatori per acquistare farmaci utilizzano l’efficace procedura del sistema dinamico di acquisizione. Ora, salvo ripensamenti in fase di conversone in Legge del Decreto, questa procedura sarà vietata per oltre un anno. Come compreranno quindi, d’ora in poi, i farmaci i soggetti aggregatori? Con la tradizionale procedura aperta? Si tornerebbe indietro di dieci anni. E viene vietato anche il dialogo competitivo.
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Tale procedura, entrata in vigore in Europa con la Direttiva 2004/18, venne sospesa dal nostro primo Codice dal 2006 fino al 2011. Questa sospensione già comportò un ritardo delle nostre amministrazioni nell’acquisire esperienza con la nuova ed interessante procedura. Ora la stessa subisce una nuova inspiegabile sospensione dalla quale non potranno che derivare ulteriori deficit di competenza ed esperienza tra le nostre amministrazioni e quelle europee.
decreto semplificazioni Luca Griselli - Studio legale Griselli - Salina
Panoramica delle novità in materia di appalti pubblici (c.d. “Decreto semplificazione”) Osservazioni generali Adottando il Decreto legge 16 luglio 2020, n. 76 (in GU n. 178 del 16-7-2020- Suppl. Ordinario n. 24), il Governo ha inteso introdurre “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”. L’obiettivo dichiarato del Decreto è, tra l’altro, agevolare l’accelerazione degli investimenti e la realizzazione delle infrastrutture, semplificando le procedure in materia di contratti pubblici e di edilizia “operando senza pregiudizio per i presidi di legalità” (così è dato leggersi testualmente nel preambolo del decreto). Il presente breve scritto si propone di fornire una prima sintesi delle novità introdotte dal decreto semplificazione a proposito dei contratti pubblici (cui il decreto dedica il Capo I). I primi due articoli del Decreto, al dichiarato fine di “incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19”, dettano una disciplina derogatoria, valida rispettivamente per l’aggiudicazione di contratti pubblici di importo inferiore e superiore alla c.d. soglia comunitaria (di cui all’art. 36 del D.Lgs. 50/2016, Codice dei contratti pubblici). La disciplina in deroga varrà per un arco temporale comunque limitato. Sia l’art. 1 che l’art. 2 infatti prevedono che la stessa trovi applicazione “qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2020”.
L’art. 3 detta misure volte a potenziare e semplificare il sistema delle verifiche antimafia, introducendo novità anche in tema di protocolli di legalità. L’art. 4 dispone modifiche (non transitorie) dell’art. 32 del Codice (in materia di termini per la stipulazione dei contratti) e interviene anche in materia processuale, con norme di tipo transitorio (riferite alle procedure in deroga di cui agli articoli 1 e 2) e con previsioni a regime (novellando l’art. 120 del Codice del processo amministrativo). Sempre in via provvisoria (sino al 31 luglio 2021): - l’art. 5 prevede disposizioni in materia di sospensione dell’esecuzione delle opere pubbliche, in deroga all’art. 107 del Codice contratti; - l’art. 6 introduce un nuovo organo con funzioni consultive e giustiziali per i soli lavori pubblici (Collegio consultivo tecnico). L’art. 7 istituisce un “Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche”, al fine di “garantire la regolare e tempestiva prosecuzione dei lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, nei casi di maggiori fabbisogni finanziari dovuti a sopravvenute esigenze motivate nel rispetto della normativa vigente, ovvero per temporanee insufficienti disponibilità finanziarie annuali (…)”. L’art. 8 introduce “altre disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici”, che riguardano anche le procedure di gara pendenti al momento dell’entrata in vigore del DL semplificazione. L’art. 9, a chiusura del Capo I, detta alcune “Misure di acce-
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lerazione degli interventi infrastrutturali”, tra cui l’individuazione “con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 dicembre 2020, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, …(degli) interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico - amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale, per la cui realizzazione o completamento si rende necessario la nomina di uno o più Commissari straordinari che è disposta con i medesimi decreti”. Procedure sotto soglia (art. 1) L’art. 1 prevede innanzitutto che, per i contratti di valore inferiore alle soglie europee, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avvenga entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento, aumentati a quattro mesi nei casi di cui al comma 2, lettera b). Sancisce, inoltre, che “il mancato rispetto dei termini di cui al secondo periodo, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto”. Si tratta di previsione che, prevedibilmente, darà adito a molteplici dubbi interpretativi e che sarà, altrettanto prevedibilmente, foriera di contenzioso (in particolare dinanzi al Giudice amministrativo, ad esempio per l’ipotesi di esclusione dell’operatore economico decretata a causa della sua presunta condotta in fase di gara, che abbia provocato lo sforamento dei termini di conclusione del procedimento; ma anche innanzi al Giudice ordinario, per l’ipotesi di risoluzione disposta dalla Stazione appaltante in caso di mancato tempestivo avvio dei lavori). In deroga agli articoli 36 comma 2 e 157 comma 2 (quest’ultimo relativo all’affidamento dei servizi di ingegneria e connessi), e fino al 31 luglio 2021, si applicano le seguenti procedure: a) affidamento diretto per lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 150.000 euro e, comunque, per servizi e forniture nei limiti delle soglie di cui all’articolo 35 del Codice; b) procedura negoziata, senza bando, di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate, individuati in base ad indagini di mercato o tramite
elenchi di operatori economici, per l’affidamento di servizi e forniture di importo pari o superiore a 150.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro [il numero minimo degli operatori da invitare cambia per i lavori di importi superiori (almeno dieci operatori per lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a un milione di euro, almeno quindici per lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 del Codice dei contratti)]. Ulteriore profilo di rilievo è costituito dalla deroga dell’art. 95 del Codice, che come è noto impone una preferenza per l’applicazione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rispetto al criterio del prezzo più basso (il cui utilizzo è consentito solo in alcuni casi). L’art. 1, c. 3, del decreto semplificazione, infatti, per gli affidamenti con procedura negoziata di cui al comma 2 lettera b), rimette alle stazioni appaltanti la scelta, ampiamente discrezionale, tra i due criteri, fermo restando il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento. Si prevede che in caso di aggiudicazione con il criterio prezzo più basso vi sia l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del Codice dei contratti, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque. Si deroga anche all’obbligo di presentare la garanzia provvisoria di cui all’art. 93 del Codice ai fini della partecipazione alla gara, salve le ipotesi in cui la peculiarità del contratto da affidare ne giustifichi la richiesta da parte della Stazione appaltante (ma in tal caso il relativo importo sarà dimezzato) (art. 1, c. 4). Infine, il quinto comma estende l’applicazione dell’art. 1 anche alle procedure per l’affidamento dei servizi di organizzazione, gestione e svolgimento delle prove dei concorsi pubblici di cui agli articoli 247 e 249 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, fino all’importo di cui alla lettera d), comma 1, dell’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (pari a € 750.000,00). Procedure sopra soglia (art. 2) Per i contratti di importo superiore alle soglie di cui all’art. 35 del Codice si prevede un termine più lungo (pari a sei mesi) per l’aggiudicazione, per il resto ripetendo la medesima disciplina già vista per i contratti sotto – soglia (quanto all’obbligo di rispettare i termini per concludere il contratto e avviarne l’esecuzione e alle relative conseguenze, a carico del RUP e degli operatori economici). L’art. 2 comma 2 prevede che, salvo quanto previsto dal comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento
decreto semplificazioni delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del Codice dei contratti, mediante la procedura aperta, ristretta o, previa motivazione sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, della procedura competitiva con negoziazione di cui agli articoli 61 e 62 del Codice dei contratti , per i settori ordinari, e di cui agli articoli 123 e 124, per i settori speciali. Si prevede in ogni caso l’applicazione dei termini ridotti di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) (il quale dispone in via generale che, in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del Codice dei contratti e si prevede espressamente che “Nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti”). Il comma 3, in relazione ai medesimi contratti considerati nel comma 2, introduce un’ulteriore ipotesi di ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (art. 63 del Codice per i settori ordinari e art. 125 per i settori speciali). Si dispone infatti che tale procedura possa essere utilizzata nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie non possano essere rispettati. La portata del successivo comma 4 è tutta da chiarire. Esso, infatti, con previsione che avrebbe meritato una maggiore chiarezza, stabilisce che nelle ipotesi di cui al comma 3 e in alcuni settori strategici (edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, ivi compresi gli interventi inseriti nei contratti di programma ANAS-Mit 2016-2020 e RFI-Mit 2017 - 2021 e relativi aggiornamenti, nonchè gli interventi funzionali alla realizzazione della transizione energetica, e per i contratti relativi o collegati ad essi): “le stazioni appaltanti, per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, e per l’esecuzione dei relativi contratti, operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, dei principi di cui agli
articoli 30,34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e delle disposizioni in materia di subappalto”. In altri termini, si tratta all’apparenza del primo tentativo di applicazione diretta (senza mediazione del Codice dei contratti) delle Direttive europee (di cui si è molto parlato negli ultimi tempi). La norma, ad una sua lettura a caldo, sconta una prima, radicale obbiezione. Non sembra infatti realmente percorribile (se non con una buona dose di demagogia) la strada di una procedura di gara (e della fase esecutiva del rapporto contrattuale) avulsa dalla disciplina di dettaglio del Codice dei contratti. Considerata la finalità di semplificazione e acceleratoria, sarebbe stato forse preferibile stabilire con precisione quali norme avrebbero potuto essere derogate, individuando quelle e solo quelle che, a giudizio del Governo, sarebbero potenzialmente foriere di aggravi e ritardi procedurali. L’art. 2 si conclude con i commi 5 e 6, rispettivamente dedicati alla funzione del RUP, di validare ciascuna fase progettuale o di esecuzione del contratto, e alla trasparenza degli atti di gara. Verifiche antimafia e protocolli di legalità (art. 3) L’art. 3 si compone di una parte (commi da 1 a 6) contenente misure transitorie (applicabili sino al 31 luglio 2021) e di un comma conclusivo, che invece dispone a regime un’importante novità in materia di protocolli di legalità. Nella prima parte si prevede, in sintesi estrema: -in materia di richieste di erogazioni di benefici economici (contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, etc.), l’applicazione della procedura d’urgenza e cioè l’accoglimento della richiesta da parte delle Amministrazioni competenti, sotto condizione risolutiva (fatta salva cioè la revoca dell’erogazione, qualora in seguito venga emessa l’informazione interdittiva) (comma 1); - in materia di affidamento ed esecuzione di contratti pubblici, il rilascio dell’informativa liberatoria provvisoria, immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. Si prevede poi che “L’informativa liberatoria provvisoria consente di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture, sotto condizione risolutiva, fermo restando le ulteriori verifiche ai fini del rilascio della documentazione antimafia da completarsi entro trenta giorni” (comma 2); inoltre, si dispone che “nei casi di cui al comma 2, qualora la documentazione successivamente pervenuta accerti la sussistenza di una delle cause interdittive ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite fermo restando quanto previsto dall’articolo 94, commi 3 e 4, del decreto
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legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e dall’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114”. Infine, come si accennava, il comma 7 introduce l’art. 83 bis al D.Lgs. 159/2011, contemplando la possibilità per il Ministero dell’Interno di sottoscrivere protocolli o intese comunque denominate “per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata, anche allo scopo di estendere convenzionalmente il ricorso alla documentazione antimafia di cui all’articolo 84. I protocolli di cui al presente articolo possono essere sottoscritti anche con imprese di rilevanza strategica per l’economia nazionale nonchè con associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale di categorie produttive, economiche o imprenditoriali, e possono prevedere modalità per il rilascio della documentazione antimafia anche su richiesta di soggetti privati, nonchè determinare le soglie di valore al di sopra delle quali è prevista l’attivazione degli obblighi previsti dai protocolli medesimi. I protocolli possono prevedere l’applicabilita’ delle previsioni del presente decreto anche nei rapporti tra contraenti, pubblici o privati, e terzi, nonche’ tra aderenti alle associazioni contraenti e terzi”. Si tratta di novità di rilievo, che apre il sistema delle interdittive anche al comparto privato, superando così l’attuale sistema che ne prevedeva il funzionamento soltanto nell’ambito dei rapporti con le Pubbliche amministrazioni (unici soggetti che, prima della novella, erano tenuti e legittimati a formulare le richieste di informazioni alle Prefetture, ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs. 159/11). La modifica normativa s’inserisce nel solco dei suggerimenti
provenienti dalla giurisprudenza del C. di Stato che, nella sentenza della Sezione III, 20 gennaio 2020 n. 452, ha escluso che la Confindustria di Venezia, associazione privata, potesse farsi promotrice della richiesta di informazioni alla Prefettura competente, per la conclusione di contratti di rilevanza solo privatistica, sottolineando inoltre che la documentazione antimafia può essere utilizzata solo nei rapporti tra una Pubblica amministrazione ed il privato e non nei rapporti tra privati. La sentenza molto significativamente si era posta l’interrogativo “se per rafforzare il disegno del Legislatore, con una sapiente disciplina antimafia che sta portando in modo tangibile i suoi risultati - non possano, le Istituzioni a ciò preposte, valutare il ritorno alla originaria formulazione del Codice Antimafia, nel senso che l’informazione antimafia possa essere richiesta anche da un soggetto privato ed anche per rapporti esclusivamente tra privati”. Tale suggerimento è stato dunque raccolto dal legislatore. Conclusione dei contratti pubblici e ricorsi giurisdizionali (art. 4) L’art. 4 in primo luogo incide sul testo dell’art. 32 del Codice dei contratti, al fine di stimolare una maggiore celerità della stipulazione dei contratti, in seguito alla fase di gara. Vi è così una modifica (più di forma che di sostanza) del comma 8, in cui le parole “ha luogo” sono sostituite dalle parole “deve avere luogo”, con riferimento al termine entro cui, divenuta efficace l’aggiudicazione, deve avvenire la stipulazione del contratto.
decreto semplificazioni Alla fine del medesimo comma 8, con riferimento all’ipotesi del differimento della stipula concordata con l’aggiudicatario, è aggiunta la frase: “purché comunque giustificata dall’interesse alla sollecita esecuzione del contratto”. Dopo il primo periodo del comma 8 sono aggiunti i seguenti: “La mancata stipulazione del contratto nel termine previsto deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante e a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto e viene valutata ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente preposto. Non costituisce giustificazione adeguata per la mancata stipulazione del contratto nel termine previsto, salvo quanto previsto dai commi 9 e 11, la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto. Le stazioni appaltanti hanno facoltà di stipulare contratti di assicurazione della propria responsabilità civile derivante dalla conclusione del contratto e dalla prosecuzione o sospensione della sua esecuzione”. Sul fronte processuale, nel caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto 76/20, l’art. 4, commi 2 e 3, del medesimo decreto, prevede che sia applicata la disciplina di cui all’art. 125 del Codice del processo amministrativo. Come è noto, si tratta di disciplina dettata per le controversie in materia di infrastrutture strategiche che, derogando dal regime ordinario, prevede: - che, in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tenga conto “delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del
preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure”; - che, salva l’ipotesi delle c.d. “gravi violazioni” (di cui agli articoli 121 e 123 del Codice del processo amministrativo), “la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. Si applica l’articolo 34, comma 3”. Infine, l’art. 4 del DL 76/20 modifica alcuni punti dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo (relativo al rito speciale in materia di appalti). In particolare, si prevede: - che di norma il giudizio sia definito in esito all’udienza cautelare ai sensi dell’art. 60 CPA, purché ricorrano i relativi presupposti (ferma restando la necessità che lo stesso sia definito con sentenza in forma semplificata a valle di un’udienza da fissare d’ufficio entro 45 giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente; - che la sentenza che definisce il giudizio sia depositata entro quindici giorni dall’udienza di discussione (sia essa camera di consiglio o Udienza pubblica); - che qualora la stesura della motivazione sia particolarmente complessa, il Giudice depositi il dispositivo entro quindi giorni dall’udienza e comunque la sentenza entro trenta giorni. Il dispositivo in tal caso dovrà comunque indicare anche le domande eventualmente accolte e le misure per darvi attuazione. Si tratta di modifiche che, ad una loro prima disamina, paio-
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no alquanto opinabili. In primo luogo, è criticabile il notevole ampliamento della portata applicativa dell’art. 125 CPA (originariamente pensata come norma eccezionale, per le sole infrastrutture strategiche). Da tale ampliamento discenderà un’abnorme e inevitabile diminuzione della tutela cautelare per le imprese ricorrenti (anche per i contratti di importo inferiore alla soglia europea), così come un altrettanto inevitabile limitazione della tutela in forma specifica, considerato che non è consentito disporre l’inefficacia dei contratti già stipulati, potendosi in tal caso richiedere il solo risarcimento monetario. Ma è noto che, oltre alle difficoltà probatorie del danno economico, l’interesse primario delle imprese è quello di poter eseguire i contratti, per dare continuità all’attività aziendale. In secondo luogo, anche la novella dell’art. 120 CPA desta notevoli perplessità. Il rito appalti è sempre stato connotato da una notevole rapidità e, anche prima della novella, da una certa tendenza alla “sommarietà”. Quest’ultima tendenza è stata pericolosamente accentuata, imponendo (di norma) la definizione dei giudizi a valle della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare. Si tratta di imposizione assolutamente inutile e dannosa, dal momento che, per chi abbia un po’ di confidenza con i giudizi amministrativi, è ampiamente noto che le relative controversie sono mediamente connotate da notevoli difficoltà tecnico-giuridiche. Ciò nondimeno, i giudizi si concludono in tempi estremamente rapidi (se confrontati con qualsiasi altro plesso della giustizia, amministrativa e civile). Chiedere ai Giudici di decidere a valle dell’udienza cautelare costituisce un’inutile forzatura, con pochi benefici (dato che i giudizi si concluderebbero comunque in tempi rapidi e che le misure adottate in sede cautelare sono idonee a considerare anche l’interesse pubblico alla sollecita esecuzione degli appalti più urgenti), a fronte di un inevitabile approssimazione delle decisioni (che non può che nuocere alla concorrenza). Stupisce piuttosto che il decreto non si sia occupato di temi più rilevanti e attuali, quale ad esempio l’esatta individuazione del dies a quo di decorrenza del termine per proporre i ricorsi, in ordine a cui l’Adunanza Plenaria del C. di Stato (n. 12/29), che ha cercato in proposito di fornire alcune coordinate interpretative, aveva persino inviato la propria sentenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sollecitando un intervento normativo chiarificatore, rimasto inascoltato. Sospensione dell’esecuzione e Collegio consultivo tecnico (artt. 5 e 6) Meritano un breve cenno anche gli artt. 5 e 6, che dettano
una disciplina piuttosto articolata e innovativa, valida sino al 31 luglio 2021. L’art. 6 introduce la figura del Collegio consultivo tecnico, chiamato in sintesi a tentare di prevenire l’insorgenza di controversie nella fase di esecuzione dei lavori pubblici. Le funzioni del Collegio, in base all’art. 6 c. 2, consistono nell’assistenza “per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”. La costituzione del Collegio è obbligatoria per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’art. 35 del Codice dei contratti e deve avvenire prima dell’avvio dell’esecuzione o, comunque, non oltre dieci giorni da tale data. Per i contratti la cui esecuzione sia già iniziata alla data di entrata in vigore del decreto, il Collegio consultivo tecnico deve invece essere nominato entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla medesima data. Il Collegio dev’essere composto da un numero dispari di esperti nella materia dei lavori pubblici (giuristi, ingegneri, architetti, etc.), nominati in parti uguali dalla Stazione appaltante e dall’appaltatore (il Presidente andrà scelto dalle parti, o dai componenti da loro nominati, o, in caso di disaccordo, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Regione, dalla Provincia a Statuto Speciale o dalle Città Metropolitane, a seconda del rilievo dell’opera). Il Collegio può essere costituito anche per opere diverse rispetto a quelle sopra indicate, attribuendo ad esso in tutto o in parte gli stessi compiti del Collegio obbligatorio. Di particolare importanza è la previsione per cui: “L’inosservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico viene valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali; l’osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità del soggetto agente per danno erariale, salvo il dolo. Le determinazioni del collegio consultivo tecnico hanno la natura del lodo contrattuale previsto dall’articolo 808-ter del codice di procedura civile, salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse”. E’ inoltre prevista la costituzione facoltativa di un Collegio consultivo per le sole Stazioni appaltanti “per risolvere problematiche tecniche o giuridiche di ogni natura suscettibili di insorgere anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto, ivi comprese le determinazioni delle caratteristiche delle opere e le altre clausole e condizioni del bando o dell’invito, nonche’ la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione, dei criteri di selezione e di aggiudicazione”. Le funzioni del Collegio vengono in rilievo anche nell’ambito a nuova disciplina (transitoria) della sospensione dell’esecuzione dell’opera pubblica, di cui all’art. 5 del
decreto semplificazioni decreto 76/20. Tale ultima norma dispone che, sino al 31 luglio 2021, sempre in relazione ai soli appalti di lavori di importo superiore alla soglia europea (anche se già avviati al momento dell’entrata in vigore del decreto), in deroga all’art. 107 del Codice dei contratti, la sospensione, volontaria o coattiva, può avvenire, esclusivamente, per il tempo strettamente necessario al loro superamento, per le seguenti ragioni: “a) cause previste da disposizioni di legge penale, dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonchè da vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea; b) gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria globale da COVID-19; c) gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti; d) gravi ragioni di pubblico interesse”. Il Collegio consultivo entra in gioco nelle ipotesi di cui alle lettere b), c) e d), essendo chiamato a fornire soluzioni tecniche che permettano di riattivare i lavori il prima possibile, salva l’ipotesi in cui vi sia una assoluta incompatibilità tra la causa di sospensione dei lavori e la relativa ripresa (cfr. più in dettaglio art. 5, commi 2 e 3). Dell’art. 5 pare particolarmente rimarchevole la previsione inserita nel comma 6, a tenore del quale: “Salva l’esistenza di uno dei casi di sospensione di cui al comma 1, le parti non possono invocare l’inadempimento della controparte o di altri soggetti per sospendere l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera ovvero le prestazioni connesse alla tempestiva realizzazione dell’opera. In sede giudiziale, sia in fase cautelare che di merito, il giudice tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonchè del preminente interesse nazionale o locale alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, il giudice valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per l’operatore economico, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto pubblico alla celere realizzazione dell’opera. In ogni caso, l’interesse economico dell’appaltatore o la sua eventuale sottoposizione a procedura concorsuale o di crisi non può essere ritenuta prevalente rispetto all’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica”. Altre disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici (art. 8) Infine, l’art. 8 del DL 76/20 detta una miscellanea di disposizioni di interesse per i contratti pubblici, valide sia per le nuove procedure (sino al 31 luglio 2021), ma anche per quelle già in corso. Le novità più significative sono le seguenti: - a) è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di
urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l’esecuzione del contratto in via d’urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, fermo restando quanto previsto dall’articolo 80 del medesimo decreto legislativo; b) le stazioni appaltanti possono prevedere, a pena di esclusione dalla procedura, l’obbligo per l’operatore economico di procedere alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati ai sensi e per gli effetti dell’articolo 79, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 esclusivamente laddove detto adempimento sia strettamente indispensabile in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell’appalto da affidare; c) in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non e’ necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti; d) le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture possono essere avviate anche in mancanza di una specifica previsione nei documenti di programmazione di cui all’articolo 21 del decreto legislativo n. 50 del 2016, già adottati, a condizione che entro trenta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto si provveda ad un aggiornamento in conseguenza degli effetti dell’emergenza COVID-19. Vi è anche un’importante modifica dell’art. 80 del Codice dei contratti e, segnatamente, dell’art. 80 c. 4, il cui quinto periodo è stato modificato nei seguenti termini: “Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo. Il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purchè l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”. E’ così stata introdotta un’ulteriore causa di esclusione, correlata all’esistenza di gravi violazioni fiscali o contributive, anche qualora esse non siano state accertate in via definitiva (basterà, dunque, un atto di accertamento o una sentenza ancora sub iudice per disporre l’esclusione).
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confindustria dispositivi medici bacchettone Confindustria dispositivi medici e l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano*
Enterprise Imaging: un’analisi empirica sul sistema sanitario italiano
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n linea con quanto rilevato negli ultimi anni, anche nell’ultima Ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, i sistemi dipartimentali si confermano l’ambito su cui le strutture sanitarie italiane hanno investito maggiormente nel 2018, con un budget complessivo di 97 milioni di euro, in crescita rispetto a quello stanziato l’anno precedente (+5%). Coerentemente con gli elevati investimenti, il 49% dei Direttori ne ritiene rilevante lo sviluppo per il perseguimento degli obiettivi strategici, posizionandosi al 6° posto tra gli oltre 20 ambiti censiti. Tra i sistemi dipartimentali più diffusi troviamo il PACS (Picture Archiving and Communication System), cioè quel sistema orientato alla gestione integrata delle immagini generate nei diversi dipartimenti di una struttura sanitaria. Il PACS consente di acquisire immagini provenienti da differenti apparecchiature diagnostiche, così come di visualizzare, trasmettere e archiviare tali immagini senza la necessità di ricorrere alla produzione di pellicole come in passato. La diffusione dei PACS è concentrata soprattutto nei dipartimenti di radiologia, per il trattamento delle immagini prodotte da dispositivi diagnostici, come ad esempio i sistemi di tomografia computerizzata (TC) e di risonanza magnetica (RM); altre applicazioni sono possibili per quelle specialità che utilizzano sistemi diagnostici o terapeutici con produzione di immagini (ad es. endoscopia, dermatologia, oculistica, cardiologia, radioterapia)1. Nell’ultima Ricerca dell’Osservatorio svolta in collaborazione con Confindustria Dispositivi Medici, si è voluto approfondire anche l’ambito dell’Enterprise Imaging, cioè l’insieme di strategie e flussi di lavoro implementati presso una struttura sanitaria atti ad acquisire, visualizzare, archiviare, scambiare e analizzare in modo coerente e completo tutte
le immagini cliniche e i contenuti multimediali provenienti da una pluralità di fonti. Una piattaforma di Enterprise Imaging rende, quindi, possibile accedere a tutti i contenuti multimediali relativi al paziente, in modo da offrire un quadro completo, con benefici sia in termini di efficacia e miglioramento delle prestazioni sia di efficienza e governo dei processi. La disponibilità di contenuti multimediali acquisiti e archiviati in digitale rappresenta un fattore abilitante per l’introduzione di applicazioni di soluzioni di intelligenza artificiale per l’analisi di immagini e/o video orientati al riconoscimento di elementi e all’estrazione di informazioni presenti all’interno del contenuto stesso. La diffusione dei sistemi dipartimentali e dell’Enterprise Imaging in Italia Considerando i diversi sistemi dipartimentali, la Ricerca ha consentito di rilevare che la quasi totalità delle aziende presenta un supporto informatico diffuso (cioè a oltre il 60% delle attività) nella gestione della diagnostica per immagini (88%, considerando radiologia, cardiologia, ecc.) e delle analisi di laboratorio (86%), mentre risultano ancora in via di diffusione la gestione del Pronto Soccorso (74%) dell’anatomia patologica (70%) e soprattutto delle attività di sala operatoria (63%), nonostante quest’ultimo sia un ambito con un forte impatto sulla sicurezza del paziente. In virtù della sempre crescente esigenza di condividere informazioni all’interno della struttura sanitaria, l’Osservatorio ha analizzato anche il fenomeno dell’Enterprise Imaging a tutto tondo, anche al di fuori della sola radiologia in cui è nato. Ad oggi i Direttori ritengono prioritaria una gestione digitalizzata in termini di acquisizione, fruizione nei diversi dipartimenti dell’azienda e archiviazione soprattutto delle
L’Enterprise Imaging risulta un ambito consolidato in radiologia ma ad oggi ancora in via di diffusione in altre discipline, rendendo dunque complesso poter accedere a tutte le immagini cliniche in grado di offrire un quadro completo del paziente
1 “Produrre ed elaborare immagini diagnostiche”, Emanuele Neri, Paolo Marcheschi, Davide Caramella – Edizione Springer
confindustria dispositivi medici immagini radiologiche (come indicato dal 71% del campione). Il 24% dei Direttori ritiene inoltre prioritaria già ad oggi una gestione digitale dei vetrini di anatomia patologica per tutto il ciclo di vita, percentuale che cresce al 39% considerando come orizzonte temporale i prossimi cinque anni, posizionandosi al primo posto. I principali contenuti multimediali gestiti in digitale a livello aziendale sono quelli relativi alla radiologia (con l’84% delle aziende che ha digitalizzato oltre il 60% delle immagini prodotte), mentre i tassi di diffusione si riducono sensibilmente per le ecografie (40%) e i tracciati ECG/EEG (33%), fino ad arrivare a limitate esperienze di digitalizzazione dei video di sala operatoria (7%). Di frontiera e poco diffusi, infine, i sistemi di Digital Pathology (7%), cioè gli strumenti e le applicazioni che consentono di gestire i vetrini di anatomia patologica come immagini digitali ad alta risoluzione, permettendone la condivisione e supportando i workflow clinici di anatomia patologica completamente in digitale. Anche quando digitalizzati, i contenuti multimediali solo in alcuni casi vengono sia acquisiti sia archiviati in digitale. In particolare, è prevista sia l’acquisizione che l’archiviazione in digitale solo nel 44% delle immagini ecografiche e tracciati ECG/EEG, il 26% dei video di sala operatoria e il 16% delle immagini del vetrino di Anatomia Patologica. Questo probabilmente a causa di processi che prevedono la decisione dello specialista – magari direttamente al momento della visita – sull’acquisizione o meno di immagini, così come la presenza di specialità che non prevedono l’archiviazione delle immagini acquisite. Le modalità di acquisizione e archiviazione si rispecchiano sulla possibilità di poter fruire dei diversi contenuti multimediali nei dipartimenti della struttura sanitaria: sono soprattutto le immagini radiologiche a essere rese disponibili anche al di fuori del dipartimento in cui sono state acquisite (77%), seguite dalle immagini ecografiche e tracciati di segnali biomedici, accessibili in circa un terzo delle aziende. Coerentemente con il livello di diffusione, il 69% dei medici specialisti accede a immagini radiologiche digitali, ritenendole fondamentali per le decisioni cliniche. La diffusione, tuttavia, si riduce sensibilmente già per l’ecografia (35%) – spesso non integrata nei PACS aziendali – per poi trovare una penetrazione marginale in ambiti come quello dei video di sala operatoria (5%). Interessante rilevare, inoltre, che mediamente un medico specialista su tre (tra il 29% e il 36%, escludendo le immagini radiologiche), pur non accedendo ai diversi contenuti multimediali, ritiene che sarebbero fondamentali per supportare le decisioni cliniche. Analizzando le risposte dei medici per fasce d’età, emerge come l’accesso e l’importanza di tali sistemi sia inversamente proporzionale alla loro età, mentre analizzando le macro-aree geografiche, che l’utilizzo di tali sistemi diminuisce lievemente da Nord a Sud, probabilmente per una maggior
maturità dei sistemi informativi ospedalieri sottostanti. Come lecito aspettarsi, infine, i medici di diverse specializzazioni utilizzano i diversi contenuti multimediali in modo differente: alle immagini radiologiche, ad esempio, accedono soprattutto i Medici di Medicina Interna e i professionisti di medicina riabilitativa (85%). Relativamente alla condivisione di contenuti multimediali tra diverse discipline e aziende, emerge che un terzo circa dei medici specialisti accede a contenuti multimediali della propria disciplina ospedaliera e di altre discipline della propria struttura sanitaria. Tuttavia, quando si tratta di accedere a contenuti prodotti presso aziende ospedaliere o strutture che erogano servizi sul territorio, le percentuali diminuiscono evidenziando come ci sia ancora una limitata integrazione informativa con gli altri attori del SSN. L’Enterprise Imaging risulta, quindi, un ambito consolidato in radiologia ma ad oggi ancora in via di diffusione in altre discipline, rendendo dunque complesso poter accedere a tutte le immagini cliniche in grado di offrire un quadro completo del paziente. Si riscontra comunque un buon livello di consapevolezza da parte delle Direzioni Strategiche: il 44% dei Direttori ritiene, infatti, prioritario sviluppare quest’ambito per il perseguimento degli obiettivi strategici della propria struttura sanitaria. L’Intelligenza Artificiale: quale ruolo hanno le immagini? Soluzioni dedicate all’elaborazione del linguaggio naturale, dei contenuti multimediali e dei dati, in grado di indirizzare le decisioni dell’utente o avviare autonomamente azioni sulla base delle informazioni estratte sono solo alcuni esempi delle applicazioni possibili di Artificial Intelligence (AI). Il tema dell’AI è senza alcun dubbio una delle tematiche più interessanti e con più prospettive, anche se solo un quinto circa dei Direttori lo indica come un ambito di sviluppo oggi prioritario e sul quale sono stati investiti solo 7 milioni di euro nel 2018 da parte delle aziende sanitarie. In uno scenario in pieno fermento e dal contesto definitorio complesso, l’Osservatorio ha suddiviso le applicazioni di Artificial Intelligence in Sanità in sei categorie principali, in base alla finalità di utilizzo degli algoritmi. • Elaborazione del linguaggio: soluzioni dedicate all’elaborazione del linguaggio naturale con finalità quali la comprensione del contenuto e la produzione autonoma di testo a partire da informazioni date in input. Rientrano, ad esempio, nella prima categoria gli strumenti per valutare l’appropriatezza prescrittiva e la Sentiment Analysis sul web, mentre nella seconda i sistemi di automazione della refertazione in radiologia e anatomia patologica. • Elaborazione dell’imaging: sistemi dedicati all’analisi di immagini e/o video orientati al riconoscimento di elementi e all’estrazione di informazioni presenti all’interno del contenuto multimediale. Rientra ad esempio in questa
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categoria la diagnostica per immagini automatizzata svolta su indagini di anatomia patologica, risonanza magnetica, tomografia computerizzata, screening dermatologici e immagini radiologiche. • Supporto all’elaborazione dati: soluzioni che utilizzando diverse fonti di dati, sia strutturati che non (es. database amministrativi, Cartella Clinica Elettronica, registri degli studi clinici, ecc.), estraggono informazioni per indirizzare le decisioni dell’utente. Rientrano, ad esempio, in questa categoria le soluzioni a supporto delle decisioni cliniche e a supporto della definizione del trattamento. • Automazione dell’elaborazione dati: soluzioni che utilizzando diverse fonti di dati, sia strutturati che non (es. database amministrativi, Cartella Clinica Elettronica, registri degli studi clinici, ecc.), estraggono informazioni per avviare autonomamente azioni di conseguenza. Rientrano ad esempio in questa categoria i sistemi di scheduling automatico (es. scheduling degli esami di laboratorio sulla base dei risultati del precedente test), di automazione delle procedure amministrative, produzione automatica di reportistica. • Assistente virtuale/chatbot: soluzioni in grado di eseguire azioni verso un interlocutore umano, basandosi su comandi recepiti attraverso linguaggio scritto o parlato. Rientrano, ad esempio, in questa categoria gli assistenti virtuali utilizzati per fornire informazioni ai cittadini o
per supportare le attività educazionali dei pazienti. • Robot autonomo: robot in grado di muovere sé stessi o alcune loro parti (es. bracci), manipolare oggetti ed eseguire azioni di vario genere traendo informazioni dall’ambiente circostante. Rientrano, ad esempio, in questa categoria i sistemi robotici per l’automazione del magazzino farmaceutico. Le strutture sanitarie hanno adottato applicazioni di AI, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di prime sperimentazioni, soprattutto per quanto concerne l’elaborazione delle immagini per effettuare attività di supporto alla decisione diagnostica (presenti nel 40% delle aziende del campione) e del testo libero (24%); coerentemente, sono queste le applicazioni che i medici specialisti utilizzano maggiormente (30% e 26%) e che CIO e Direttori ritengono avranno un maggior impatto sul settore sanitario nei prossimi 5 anni, probabilmente per via della maggior consapevolezza delle potenzialità. Allo stesso tempo i medici specialisti indicano l’elaborazione delle immagini come l’applicazione di AI più utile nel supporto della propria pratica clinica (36%) e l’ambito più promettente nel prossimo quinquennio (28%). Gli operatori sanitari non sembrano essere spaventati che l’AI possa sostituirli, anzi, vedono in questi sistemi dei potenti alleati capaci di migliorare l’efficienza dei processi clinici (49% dei medici specialisti e 46% dei MMG), ridurre
confindustria dispositivi medici la probabilità di effettuare errori clinici (48%, 50% e 50%) e aumentare l’efficacia delle cure in termini di precisione e personalizzazione (43%, 45% e 52%). Al contrario, solo una piccola minoranza ritiene che l’AI possa impattare positivamente nella relazione medico-paziente (10%, 12%, 18%), tema connesso alla maggior disponibilità di tempo da parte del medico per relazionarsi con il paziente, qualora venisse supportato da strumenti di AI nella presa di decisioni. L’Artificial Intelligence sta, quindi, iniziando a prendere piede in Italia: accanto alle sperimentazioni diffuse, si registrano alcuni ambiti con presenze significative, anche se ancora in pochi casi si rilevano soluzioni a regime. Ciononostante, si conferma essere un settore dal potenziale ancora inespresso, caratterizzato da limitati investimenti e una ridotta consapevolezza sul tema e sulle opportunità che offre. Il caso di studio: le immagini digitali come risorsa strategica – l’esperienza dell’AUSL di Reggio Emilia Dal 1° luglio 2017 la provincia di Reggio Emilia ha un’azienda sanitaria unica, l’Azienda USL di Reggio Emilia IRCCS, nata dalla fusione tra l’Ausl - costituita nel 1994 come risultato della fusione di sei Unità Sanitarie Locali della Provincia - e l’Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova (ASMN). Con un organico di circa 3.900 dipendenti, l’AUSL di Reggio Emilia insiste sul territorio della Provincia di
Reggio Emilia, costituito da 42 Comuni per un totale di circa 535.000 residenti. La riorganizzazione ha previsto la costituzione di un presidio ospedaliero unico, denominato Presidio Ospedaliero Provinciale Santa Maria Nuova, articolato in sei diversi stabilimenti dislocati sul territorio. Oltre al Presidio Ospedaliero, l’AUSL si articola in 6 Distretti e 4 Dipartimenti territoriali provinciali, dedicati rispettivamente alle cure primarie, alla sanità pubblica, alla salute mentale e al settore farmaceutico. Nel 2012 l’Azienda presentava un processo di gestione delle immagini diagnostiche ormai consolidato in radiologia, mentre erano presenti diverse altre specialità cliniche che chiedevano un supporto informatico per gestire l’acquisizione, l’accesso e la condivisione delle proprie immagini o altri oggetti multimediali di diagnostica (video, segnali, ecc.). Su spinta della Direzione Strategica, l’Azienda ha deciso di non rispondere puntualmente alle richieste provenienti dai diversi reparti con singoli applicativi, bensì di adottare una strategia di Enterprise Imaging che consentisse di analizzare e gestire globalmente le modalità con cui i contenuti multimediali fossero acquisiti, visualizzati, archiviati e scambiati all’interno della struttura. Il progetto ha previsto una prima fase di analisi, della durata di circa due anni, che ha rilevato e analizzato le sorgenti e i formati dei contenuti multimediali acquisiti nei diversi dipartimenti dell’Azienda, procedendo contemporaneamen-
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te a mappare i relativi processi di generazione, conservazione e fruizione dell’imaging. Dall’indagine è emerso un volume enorme di contenuti multimediali stratificato nel tempo, spesso gestito impropriamente: sono, infatti, state rilevate oltre 500 sorgenti di dati – alcune non gestite o gestite con applicativi dipartimentali –, molte specialità (79%) che non archiviavano i contenuti multimediali acquisiti, e diversi dispositivi (28%) che erano gestiti in modo improprio (es. non indicizzati, fuori norma, ecc.). Tale fase di ricognizione ha consentito di documentare tutte le sorgenti di contenuti multimediali per la diagnostica e indirizzare le azioni successive: in particolare, l’Azienda ha optato per l’introduzione di un’architettura aperta secondo il modello Vendor Neutral Archive (VNA), indipendente dal fornitore dei singoli sistemi dipartimentali laddove presenti. L’obiettivo era duplice: da un lato coprire le specialità che fino a quel momento non avevano processi definiti per la gestione dei contenuti multimediali, dall’altro allineare e omogeneizzare i diversi applicativi grazie alla medesima piattaforma nativamente integrata, consentendo così una gestione uniforme e coerente dell’immaging all’interno dell’Azienda. L’Azienda ha quindi avviato una sperimentazione nel 2014, coinvolgendo solo alcune specialità, per poi estendere il progetto all’intera struttura a partire dall’anno successivo. Il progetto è stato condotto da un team multidisciplinare composto sia da personale dell’area sistemi informativi sia da clinici, che hanno definito quali contenuti gestire e come organizzarne l’acquisizione e la fruizione all’interno dell’azienda. Su questo punto di vista è stato deciso di fare leva sugli applicativi normalmente utilizzati per il supporto dei processi clinici di diagnosi e cura, e in particolare la Cartella Clinica Elettronica (CCE) di ricovero e ambulatoriale, che è una componente centrale e ben sviluppata del sistema informativo dell’Azienda (come testimoniato anche dalla certificazione EMRAM – Electronic Medical Record Adoption Model - di livello 6 rilasciata da HIMSS nel dicembre 2017). In particolare, le procedure di acquisizione dell’imaging e di refertazione sono rimaste pressoché inalterate agli occhi dell’utente clinico: l’unica aggiunta è relativa a una funzionalità (un “pulsante”) nella schermata di gestione del singolo episodio clinico che permette l’acquisizione del contenuto multimediale dal singolo dispositivo diagnostico, inviando una richiesta di acquisizione al sistema VNA. Allo stesso modo, i contenuti multimediali sono disponibili e visualizzabili dal personale clinico nella CCE: poiché la piattaforma VNA funge da elemento di convergenza, man mano che si aggiungono nuovi dispositivi medici che possono acquisire contenuti multimediali, in automatico tali contenuti sono visualizzabili in CCE. Le immagini sono quindi visualizzate direttamente insieme ai referti diagnostici, resi poi disponibili sul Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) regionale.
Attualmente l’Azienda ha avviato un progetto sperimentale per consentire ai cittadini il download delle immagini presenti nei propri referti direttamente dal FSE, funzionalità già resa disponibile per le immagini radiologiche. Ad oggi il progetto è esteso in oltre 70 unità operative e in tutti e 6 i distretti dell’AUSL –con l’applicazione recente ad alcune situazioni di assistenza territoriale, ad esempio nell’ambito del piede diabetico – con la possibilità di scambiare immagini con strutture remote rispetto a Reggio Emilia, evitando così lo spostamento dei pazienti – ed in ambito ginecologico. I volumi sono cresciuti negli anni, e nel 2018 sono state gestite complessivamente oltre 364.000 immagini - di cui circa il 90% provenienti da sorgenti conformi allo standard DICOM2 - per un totale di 52.000 studi, il 63% in più rispetto l’anno precedente. In particolare, le specialità con i volumi più elevati sono la cardiologia e la neonatologia, rispettivamente con circa 160.000 e 62.000 immagini gestite nel 2018. Il progetto nel suo complesso è stato accolto con soddisfazione dal personale, che ha potuto godere dei benefici apportati senza modificare i propri flussi di lavoro, in quanto la piattaforma di Enterprise Imaging è “nascosta” all’interno dell’applicativo di supporto dei processi clinici (la Cartella Clinica Elettronica aziendale) che il personale sanitario era già abituato ad utilizzare: in tal senso, non è stato necessario svolgere corsi di formazione, e la facilità di utilizzo ha portato alcuni reparti persino a triplicare il volume di immagini e video acquisiti e portati a fattor comune per una fruizione più completa ed appropriata. La piattaforma è strutturata per evolvere nel tempo, accogliendo nuovi dispositivi come fonti di generazione di contenuti multimediali: per tale motivo, in fase di aggiornamento del parco dispositivi, l’Azienda è solita inserire nei capitolati di gara il requisito di integrazione con il VNA. Ora l’Azienda sta lavorando per implementare sistemi di Intelligenza Artificiale orientati al riconoscimento di elementi e all’estrazione di informazioni presenti all’interno delle immagini diagnostiche, inizialmente in ambito radiologico. Altro ambito di sperimentazione è relativo all’Anatomia Patologica: è in fase di sperimentazione l’utilizzo di uno scanner di acquisizione dei vetrini in modo da poterli gestire come immagini digitali ad alta risoluzione, consentendo così flussi di lavoro completamente digitali. In futuro, infine, si prevede la possibilità di gestire anche contenuti video di lunga durata, in modo da soddisfare le esigenze di alcune specialità, quali ad esempio la neuropsichiatria e la riabilitazione pediatrica. *Gli autori dell’articolo sono: Confindustria dispositivi medici e l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano
2 DICOM - Digital Imaging and COmmunications in Medicine - è uno standard internazionale che definisce i criteri per la comunicazione, la visualizzazione, l’archiviazione e la stampa di informazioni relative all’imaging medico.
edilizia sanitaria B.Rebagliati -Direttore generale Asl4 - C.Tudini -Direttore amministrativo Asl4 - M.Greco -Direttore S.C. Programmazione e gestione beni e servizi Asl4
Nuovi strumenti di finanziamento in edilizia sanitaria in epoca di contenimento di spesa: l’applicazione del Dialogo competitivo nell’Azienda Socio Sanitaria Ligure n. 4
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partire dal 2012, sino alle recenti Leggi di Stabilità 2015 e 2016, il Legislatore nazionale ha stimolato nelle Pubbliche Amministrazioni un processo di ricognizione virtuosa degli immobili finalizzato all’obiettivo di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica. L’Azienda Socio Sanitaria Ligure n.4, al fine di perseguire il suddetto obiettivo, fin dal suo insediamento ha attuato un rilevante e significativo percorso di spending review sugli immobili aziendali al fine di: b) censire gli immobili di proprietà inutilizzati, solo fonte di spese di manutenzione e/o messa in sicurezza, per verificare la possibilità di proporre investimenti per destinarli ad un più appropriato utilizzo. a) dismettere progressivamente le locazioni passive più onerose e riportare le attività istituzionali negli immobili di proprietà che risultavano essere non gestiti in modo ottimale Nell’ambito di tale percorso è stato individuato, fra gli altri, nel patrimonio immobiliare dell’azienda, uno stabile di pregio, inutilizzato nel tempo e soggetto a numerosi vincoli: per il suo recupero l’Azienda ha programmato, dopo aver concordato con la Regione Liguria (A.Li.Sa) la tipologia di utilizzo socio-sanitario della struttura, la ricerca, mediante gara pubblica europea di un partner privato disponibile ad investire per la ristrutturazione dell’immobile finalizzata alla gestione della stessa per un periodo utile ad ammortizzare l’investimento effettuato. La fattispecie giuridica in cui si inquadra questo rapporto è il contratto di Partenariato Pubblico Privato (PPP) previsto dal Codice degli Appalti. L’immobile perveniva all’Azienda a seguito di lascito testamentario con vincolo di destinazione d’uso per l’assistenza e la cura degli anziani. Il complesso immobiliare, vincolato quale bene di interesse monumentale, si compone di una palazzina distribuita su tre piani di circa mq.540 oltre il seminterrato, edificata quindi nei primi decenni del secolo scorso con architettura dai caratteri tipologici in stile storicista successivamente trasformata ed adibita all’attuale uso di struttura a servizi assistenziali. Lo stato di manutenzione dell’immobile imponeva significa-
tive opere di intervento di manutenzione straordinaria e di adeguamento alla normativa relativa ai requisiti minimi strutturali organizzativi e per l’osservanza delle norme in materia antincendio, antisismica, sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro e per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Il mancato utilizzo dell’immobile aveva generato inoltre negli anni un progressivo inevitabile degrado e un continuo impegno della ASL per la vigilanza sulla sicurezza, trattandosi, peraltro, di immobile posizionato nel centro della città. Appariva pertanto indispensabile programmare una ristrutturazione del complesso immobiliare che risultava economicamente non direttamente sostenibile. Gli esiti dell’indagine effettuata, palesavano le seguenti peculiarità: • Necessità di ristrutturazione e valorizzazione dell’immobile per impedirne il deterioramento nel rispetto del vincolo testamentario; • Implementazione di servizi sociosanitari necessari al territorio a seguito di analisi del bisogno; • Nessuna possibilità di sostenere l’onere economico e gestionale per l’ASL; • Valorizzazione del patrimonio al termine della concessione. Si procedeva pertanto ad individuare in primis lo strumento giuridico-amministrativo più idoneo per addivenire in modo efficace ed efficiente a concretizzare le necessarie procedure mentre dal punto di vista sostanziale e di merito, si ravvisava l’opportunità di consultare e condividere con il territorio (Servizi aziendali preposti, Associazioni di portatori di interesse, Istituzioni ecc.) riflessioni utili per individuare il possibile utilizzo socio assistenziale della struttura mediante la predisposizione di un Progetto Gestionale che fosse in linea con la programmazione del Piano Sociosanitario della Regione Liguria e non tradisse il vincolo testamentario di destinazione d’uso. Si riteneva potenzialmente vincente la scelta di appaltare la ristrutturazione dell’immobile all’esterno per cercare un partner atto ad accollarsi gli oneri dell’investimento economico ammortizzandolo con i ricavi di un contratto di concessione
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edilizia sanitaria di servizi con garanzia di restituzione del bene in condizioni ottimali. Pertanto in sintesi, venivano programmate le seguenti fasi operative: • individuazione fattispecie contrattuale idonea; • scelta dello strumento giuridico nel rispetto delle attuali indicazioni normative; • individuazione Gruppo di Lavoro Tecnico per condividere la scelta del miglior possibile utilizzo gestionale della struttura e conseguentemente elaborare la configurazione del progetto preliminare di ristrutturazione immobiliare nel rispetto degli standard di legge; • programmazione dei vari procedimenti tecnico-amministrativi volti ad acquisire le necessarie autorizzazioni istituzionali ( Regione Liguria, A.Li,Sa, Comune ecc.; • predisposizione degli atti amministrativi (deliberazioni) per rendere operativo il progetto nelle varie fasi procedurali per addivenire alla scelta della partnership privata.
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Materiali e Metodi riferimenti in dottrina e riflessioni di convenienza su scelta dello strumento giuridico La fattispecie giuridica atta a soddisfare le esigenze sopra evidenziate è stata immediatamente identificata nel contratto di Partenariato Pubblico Privato, tipologia fortemente introdotta nel nostro Paese dal Governo Monti, che ne ha dato un forte impulso formale in linea con l’agenda della Commissione Europea. Il Partenariato Pubblico Privato rappresenta forse “the only game in town” (ovvero l’unica soluzione o quasi) per la realizzazione di investimenti sanitari e tecnologici sia grandi che piccoli. Risulta infatti da ricerche effettuate sul tema, anche mediante la consultazione di vari studi sul punto effettuati dalla SDA Bocconi (1) che la necessità di rendere la spesa sanitaria, sottoposta a rigidi vincoli di bilancio, più funzionale ed utilizzabile per poter far fronte ad una domanda complessa e diversificata, ha spinto molte aziende sanitarie, negli ultimi anni, all’uso di contratti di partnership pubblico-privata (PPP). Il PPP non costituisce un istituto giuridico a sé stante, quanto piuttosto una “nozione descrittiva” che si riferisce a modelli di relazioni stabili tra soggetti pubblici e privati nell’ambito di una attività a rilevanza pubblica. Nel corso degli anni si è cercato di definire in qualche modo questa tipologia di contratti per estrapolarne gli elementi fondanti ed introdurre al contempo il concetto di “alea imprenditoriale” anche nell’ambito di attività non di libero mercato, quanto piuttosto a tariffazione stabilita dell’amministrazione. L’obiettivo del Legislatore comunitario era di evidenziare in modo marcato che può esistere un’alea imprenditoriale collegata alla dimensione operativa della gestione anche in questa tipologia di attività al fine di poter trasferire questo rischio a
rilevanza economica al concessionario. Se in un appalto infatti il titolare del contratto ha diritto ad un corrispettivo per le prestazioni svolte, in una concessione esso acquisisce il diritto a sfruttare economicamente i lavori/ servizi oggetto del contratto. La caratteristica principale di una concessione è, infatti, l’assunzione da parte del concessionario di un rischio operativo di natura economica, che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e a coprire i costi sostenuti per erogare i servizi oggetto del contratto in condizioni operative normali. La Corte di Giustizia Europea (Corte eur giust.10.03.2017 in causa C-274-09) ha ripreso reiteratamente il concetto di rischio operativo conducendolo alle fluttuazioni del mercato che possono essere legate alla domanda del servizio e/o all’offerta, ovvero all’inadeguatezza dell’opera o dei servizi alle esigenze del mercato o del committente/concedente. In ambito sanitario il rischio operativo parrebbe essere legato alla dimensione dell’offerta del servizio e quindi alla fase di gestione più che all’investimento iniziale. Di seguito si propongono alcune fattispecie di rischio che possono rappresentare al meglio una declinazione del “rischio operativo”: 1. rischio che i costi realizzativi rischio che i costi realizzativi siano superiori a quelli previsti; 2. rischio che i costi realizzativi rischio del rispetto dei tempi di costruzione; 3. rischio che i costi realizzativi rischio di installazione della tecnologia; 4. rischio che i costi realizzativi rischio di aggiornamento tecnologico; 5. rischio che i costi realizzativi rischio che l’usura tecnica dell’investimento possa essere più veloce rispetto agli standard; L’equilibrio economico e finanziario dell’operazione non deve essere soltanto teorico e pertanto vi è la necessità di definire un piano economico-finanziario a valori che potrebbero essere conseguiti nel caso di una gara con un buon grado di competizione sul rapporto costo-qualità. Gli elementi che, secondo la Commissione Europea 2004, caratterizzano un contratto PPP sono: 1. rischio che i costi realizzativi durata temporale tendenzialmente più lunga rispetto a quella dell’appalto tradizionale; 2. rischio che i costi realizzativi allocazione dei rischi tra partner pubblico e partner privato; 3. rischio che i costi realizzativi pagamento dell’operatore privato legato alla performance; Prescindendo dalla natura giuridica dei vari contratti, che sono generalmente riconducibili all’istituto dell’appalto o della concessione, nella prassi internazionale, i PPP possono essere ricondotti alle seguenti fattispecie: Appalto integrato (Design & Build)
edilizia sanitaria Leasing immobiliare in costruendo (Appalto di costruzione e disponibilità del finanziamento) Leasing strumentale (Appalto misto di forniture e servizi) Service-gestione e manutenzione (Appalto misto di lavori, forniture e servizi o concessione di servizi) Costruzione, finanziamento e gestione (Concessione di costruzione e gestione) La scelta del modello contrattuale è fondamentale per consentire un adeguato trasferimento dei rischi all’operatore privato non solo per contabilizzare l’investimento non a debito, ma anche e soprattutto per riuscire a sfruttare in pieno i vantaggi del PPP. L’allocazione dei rischi di progetto e la contrazione delle tempistiche di costruzione sono i suoi veri ed unici vantaggi, perché da un punto di vista finanziario non siamo in presenza di una vera convenienza, considerato che il Ministero del Tesoro inglese ha calcolato, in un suo studio di settore (2), che il costo finanziario è di circa il 4% più oneroso a causa di problemi di diseconomia fiscale ( applicazione “in toto” dell’aliquota IVA ordinaria senza considerare le minusvalenze) Uno dei motivi principali per cui si ricorre al PPP è la possibilità di colmare il cosiddetto “gap infrastrutturale” ed in relazione all’edilizia sanitaria il PPP ha contribuito significativamente nell’ultimo decennio all’ammodernamento della rete sanitaria. Lo strumento contrattuale più utilizzato è stata la concessione di costruzione e gestione, avente per oggetto la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione della struttura ospedaliera, di strutture di supporto e tecnologie che interessino la componente infrastrutturale. Con l’introduzione del “leasing immobiliare in costruendo” nel nostro ordinamento, nel 2006, alcune aziende sanitarie hanno fatto ricorso anche a questo strumento. Tuttavia la concessione rimane la forma contrattuale più ampiamente utilizzata. Anche questa tipologia non è comunque esente da criticità, soprattutto se si considera il numero elevato di iniziative intraprese in questo senso e mai portate a compimento, ma in generale è possibile affermare che il principale beneficio del contratto PPP sia stato il rispetto dei tempi di realizzazione o comunque una maggior disponibilità dell’operatore privato a risolvere le criticità durante la fase di costruzione. Questo perché la remunerazione dell’investimento è subordinata al
collaudo e all’entrata in funzione della struttura. Una delle principali criticità che sono emerse durante la fase di gestione è riconducibile alla non completezza dei capitolati per i servizi, che spesso si sono rivelati non adeguati a garantire livelli prestazionali allineati alle esigenze delle aziende. Questo per due principali ordini di motivi: 1. redazione poco dettagliata in quanto l’attenzione è sempre stata principalmente posta sulla costruzione piuttosto che sulla gestione; 2. periodo temporale troppo significativo ( a volte oltre i cinque anni!) intercorso dalla redazione del capitolato all’entrata in gestione della struttura e la conseguente necessità di rinegoziazione di questi contratti si è rivelata spesso di molto difficile attuazione, sia perché rappresentano una fonte importante di remunerazione per il concessionario, anche alla luce del fatto che gli operatori privati sono in grado spesso di estrarre maggior valore nelle negoziazioni con i subfornitori rispetto alle aziende sanitarie, sia perchè spesso le banche pongono vincoli molto stringenti e costi elevati per la rimodulazione dei piani economico finanziari; 3. spesso questi capitolati prevedono penali determinate secondo le logiche tipiche dell’appalto e non della concessione. In molti casi il sistema delle penali è assolutamente inadeguato a garantire i livelli di servizio previsti; 4. nel confronto fra il piano economico finanziario allegato alla concessione e il bilancio della società si evidenziano maggiori costi finanziari rispetto a quelli effettivi, cosa che genera maggiori marginalità che potrebbero consentire un’anticipazione della distribuzione dei dividendi e quindi maggior tassi di rendimento sul capitale investito; 5. marginalità che il concessionario è stato in grado di conseguire durante la fase di costruzione sia per effetto del fatto che nelle operazioni di PPP vi è minor concorrenza rispetto a quella conseguibile con un appalto tradizionale e, quindi, una minor tensione competitiva sui costi di costruzione e di fornitura sia per il maggior potere negoziale dei grandi operatori soci delle società di progetto, sui piccoli operatori locali, spesso coinvolti come subappaltatori. In buona sostanza possono mettere in evidenza i seguenti punti di attenzione: 1. Preferire modelli PPP light rispetto a contratti caratterizzati
Il percorso di certificazione non è terminato con l’ottenimento della certificazione di qualità ma, nell’ottica del miglioramento continuo, la documentazione deve essere periodicamente revisionata e i processi quanto più standardizzati per velocizzare le attività e ridurre le cause di possibili errori
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da molti servizi non sanitari; 2. Strutturare piani economici e finanziari più coerenti rispetto alle modalità effettive di finanziamento dei progetti; 3. Determinare canoni di disponibilità sulla base di valori di investimento che interiorizzino già margini di costruzione e gestione più ridotti per effetto del maggior potere contrattuale delle società di progetto o, comunque, del fatto che i prezziari ufficiali sono spesso sovrastimati rispetto alle predominanti condizioni di mercato; 4. Ricorrere a modalità “open book” che consentano una maggiore trasparenza dei costi tra concessionario e concedente e, quindi, un vantaggio reciproco nella logica della partnership. Vi è comunque una forte spinta da parte del mercato degli operatori verso questi contratti proprio perché in molti casi sono visti come unica possibilità per mantenere i livelli di fatturato, crollati a seguito della crisi e dei tagli alla spesa pubblica per investimenti. Elemento cruciale ai fini della convenienza del PPP è il risparmio derivante da una migliore allocazione dei rischi all’operatore privato. Certo che, come emerge da studi di settore (3) le aziende che in Italia hanno scelto contratti PPP hanno sperimentato tempi di realizzazione molto veloci se confrontati con il passato. Sarà importante quindi non solo strutturare bene i contratti, ma soprattutto dotare le aziende delle competenze adeguate per monitorarli e gestirli, applicando le penali quando necessario e negoziando con gli operatori privati. Sul primo aspetto una maggior standardizzazione dei contratti potrà essere benefica e potrà comportare importanti ritorni anche in termini di bancabilità delle operazioni, mentre sul trasferimento del rischio trasferito con il PPP non sono ancora state condivise in concreto modalità per effettuare analisi di convenienza in modo standardizzato. Tra l’altro il sistema bancario mostra sempre maggior attenzione nei confronti di questo settore, infatti sono stati lanciati alcuni prodotti finanziari (es. emissioni obbligazionarie) volti a raccogliere “sul territorio” risorse da destinare al finanziamento di progetti di interesse collettivo di tipo locale, contestualizzando la raccolta dei fondi all’impiego concreto. In effetti, in un periodo in cui la parola d’ordine continua ad essere “spending review” sarebbe opportuno mettere la lente d’ingrandimento anche sui contratti PPP attualmente in corso e in fase di stallo, per verificare eventuali spazi di rinegoziazione degli stessi, per migliorarne l’efficienza e la qualità, o, più semplicemente, attraverso una miglior definizione dei livelli di servizio e dei sistemi di monitoraggio delle performance. Sarebbe auspicabile infatti dare maggior “disclosure” alle performance dei contratti di PPP attivi, con particolare riferimento ai rischi di progetto, alle cause di rinegoziazione, ai
tempi o ritardi di costruzione, agli eventuali ritardi di pagamento e così via(4). Questo consentirebbe di costruire dei “benchmark” utili da un lato ai soggetti finanziatori per valutare i reali rischi delle operazioni- specie in fase di costruzione- e dall’altro lato alle amministrazioni concedenti/appaltanti al fine di apprendere dagli errori e dalle buone pratiche, innescando quindi un circolo virtuoso. Discussione Riferimenti normativi Nuovo Codice dei Contratti ( D.Lgs 50/2016) Per l’ASL4 è stato quindi necessario, per predisporre i provvedimenti amministrativi, ispirarsi e fare riferimento al dettato del Nuovo Codice degli Appalti, che provvidenzialmente ha formalizzato la fattispecie del PPP togliendola dal limbo della prassi e dell’indeterminatezza normativa. Il Decreto Legislativo n.50 del 18.04.2016 infatti recepisce, fra le altre, la Direttiva 2014/23/2010UE operando una razionalizzazione della disciplina dei contratti di concessione includendoli tout court nell’ipotesi di Partenariato Pubblico Privato (PPP) definita all’art. 180 (aggiornato poi dal D.Lgs 56 del 19.04.2017) “contratto a titolo oneroso” ai sensi dell’art.3 c.1) lett. eee, e precisamente:” …contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connessa all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore…”. La fattispecie prevista istituisce una forma di sinergia tra poteri pubblici e privati con la finalità di finanziare, costruire o gestire infrastrutture e fornire servizi pubblici. In buona sostanza la nuova normativa estrinseca concetti in materia di PPP che fino a quel momento erano stati attuati in via di prassi e contenuti solamente in vari documenti di indirizzo (es. Comunicazione UE, Linee Guida ANAC, Documenti Eurostat ecc). Al fine di assicurare il raggiungimento del closing finanziario e quindi il buon fine dell’operazione complessiva, la norma prevede che la sottoscrizione del contratto di PPP avvenga contestualmente al perfezionamento del contratto di finanziamento e che fosse risolto di diritto qualora quest’ultimo non fosse perfezionato entro dodici mesi dalla sottoscrizione del contratto di PPP. In relazione alla procedura di affidamento di questa tipologia contrattuale, si sintetizzano alcune previsioni della norma e precisamente:
edilizia sanitaria 1. è previsto che la scelta dell’operatore economico avvenga con procedure ad evidenza pubblica, incluso il “dialogo competitivo”; 2. è stabilito che le amministrazioni –salvo i casi in cui l’affidamento abbia ad oggetto anche la progettazione- che le amministrazioni aggiudicatrici provvedano all’affidamento dei contratti ponendo a base di gara il progetto definitivo e uno schema di contratto e di piano economico finanziario che diano evidenza della corretta allocazione dei rischi fra le parti e la sostenibilità economico finanziaria; 3 peculiare attenzione è rivolta alla fase di esecuzione del contratto a valle della procedura di evidenza pubblica: l’amministrazione aggiudicatrice esercita il controllo sull’attività dell’operatore economico attraverso sistemi di monitoraggio, verificando in particolare la permanenza in capo all’operatore dei rischi trasferiti, tanto è vero che nel caso in cui dovessero verificarsi fatti non riconducibili all’operatore economico e che incidano sull’equilibrio economico finanziario, si dovrà procedere alla revisione dello stesso. Si rammenta che in base all’art.3 a) il rischio di costruzione è “..il rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera..” b) il rischio di disponibilità è “…il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti…” c) il rischio di domanda è “…il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi flussi di cassa…” Procedure di affidamento e indizione Gara europea Al fine di evitare di partire “al buio” per l’indizione di una gara europea, si è ritenuto di sfruttare tutte le possibilità offerte dal Codice degli appalti per testare la misura dell’interesse al progetto da parte degli operatori esterni. A questo proposito è opportuno ricordare che l’art. 66 del D.Lgs 50/2016 “Consultazioni preliminari di mercato”, proprio nell’ottica di queste problematiche, introduce nell’ambito dell’iter di aggiudicazione, una potenziale e mirata fase propedeutica all’avvio della procedura di appalto. Questo è da considerarsi un elemento di modernizzazione (previsto dall’art.40 della D.24/2014/UE ) che si inserisce in un momento procedurale ben definito: tra la programmazione e il primo atto che avvia l’appalto. In buona sostanza si prevede quindi “…la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici, prima dell’avvio di una procedura di appalto, di svolgere consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento dell’intera procedura e per informare gli operatori economici degli appalti da
essi programmati e dei requisiti relativi a questi ultimi. A tal fine è espressamente previso che le amministrazioni aggiudicatrici possono acquisire consulenze, relazioni e altre documentazioni tecniche da parte di esperti.”(v. Relazione Tecnica alla Legge). E’ interessante approfondire le modalità di questa previsione, infatti il Legislatore specifica poi, sempre nella relazione Tecnica, che la consultazione può avere quattro obiettivi e precisamente: 1. la preparazione dell’appalto; 2. lo svolgimento della relativa procedura; 3. l’ informazione agli operatori sull’attività contrattuale; 4. l’ informazione sui requisiti necessari per gli appalti programmati. Quanto sia delicata la prefase in argomento emerge proprio in relazione alle proprie finalità ed in particolare emerge sia in riferimento alla preparazione dell’appalto che sullo svolgimento della relativa procedura, tanto più che la norma non chiarisce chi deve avviare tale attività e in quali ambiti possa essere legittimo tale approccio consulenziale. Sotto il profilo operativo si può ritenere che la richiesta di contributi non possa che essere ricondotta all’attività del RUP e che la procedura più immediata per ottenerli non può che essere data dalla pubblicazione di un avviso pubblico da inserire nell’albo “on line” e sulla sezione trasparenza. Sembra evidente rilevare che il soggetto che partecipa alle consultazioni, se ha anche i requisiti per poter competere, si inserisce in una fase di dialogo contrattuale che potrebbe condizionare il procedimento e/o gli atti di gara pertanto è logico che sappia fin dall’inizio che dalla consultazione non potrà certo acquisire rendite e/o posizioni privilegiate. Anzi, su quest’ultimo punto, ai sensi dell’art. 80 del Codice, dovrà dimostrare l’insussistenza di ogni incompatibilità a penda di esclusione dalla gara. L’Avviso del RUP dovrà curare tutte queste condizioni, come si evince nella pratica dall’allegato Bando predisposto dall’ASL 4 e approvato con deliberazione n.95 del 07.02.2018. Pertanto la Stazione appaltante potrà, in buona sostanza, acquisire: Consulenze Relazioni Altra documentazione tecnica da parte di esperti Documentazione tecnica da parte di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel Codice Documentazione tecnica da parte di autorità indipendenti Il contributo esterno, in una delle suesposte tipologie, dovrà essere ricevuto al Protocollo dell’ente e, specifica la norma “può essere utilizzato nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto, a condizione che non abbia l’effetto di falsare la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e trasparenza”. Solo nel caso in cui non sia in alcun modo possibile assicurare il rispetto del principio della parità di trattamento, la
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norma prevede che il candidato o l’offerente interessato sia escluso dalla procedura, garantendogli però la possibilità di dimostrare che la partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non costituisce causa di alterazione della concorrenza. In realtà le misure di cautela non sono state previste dalla norma, infatti il Consiglio di Stato, in sede di parere, ha evidenziato (restando comunque inascoltato) che il comma 1 dell’art.67 in realtà non indica quali possano essere le misure adeguate a garantire che la concorrenza non sia falsata. In buona sostanza parrebbe sia in capo al RUP l’onere di assicurare trasparenza e visibilità per evitare commistioni e/o condizionamenti che vadano a compromettere il corretto iter, quindi competerà a lui individuare nel caso concreto le misure adeguate in grado di assicurare la par condicio di tutti i partecipanti. Non vi è dubbio che fornire in modo trasparente l’adeguata informazione a tutti possa essere verosimilmente il minimo per evitare conflitti di interesse e fornire la possibilità a tutti i partecipanti di rilevare eventuali anomalie ed eventualmente suggerire dei correttivi volti a ripristinare una situazione di chiarezza e legittimità, tuttavia l’art. 67 precisa che “qualora non sia in alcun modo possibile garantire il rispetto del principio della parità di trattamento, il candidato o l’offerente interessato, è escluso dalla procedura…omissis.. l’amministrazione aggiudicatrice invita i candidati e gli offerenti, entro un termine comunque non superiore a dieci giorni, a provare che la loro partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non costituisce causa di alterazione della concorrenza”.
Nel predisporre il provvedimento di esclusione, la Stazione appaltante dovrà chiaramente indicare le ragioni, che non potranno certo fondarsi sulla mera partecipazione all’attività di consultazione. Il RUP pertanto è costretto ad indicare chiaramente il dettaglio che ha determinato l’esclusione. Se il RUP valuta che il candidato debba comunque essere escluso si deve legittimamente ritenere che il provvedimento di esclusione debba citare anche le ragioni opposte dell’interessato e le ulteriori argomentazioni ribadite dall’amministrazione. Questo secondo comma dell’art. 67 introduce un nuovo compito per il RUP, accrescendone le già pesanti responsabilità e creando complicazioni di varia natura, che rischiano lo stallo nella procedura, allungando e appesantendo le tempistiche dell’intero progetto. Il terzo comma dell’art.67 prevede che le misure adottate dall’amministrazione aggiudicatrice sono indicate nella relazione unica prevista dall’art.99 del Codice degli Appalti. Si dispone in particolare l’obbligo per la stazione appaltante, per ogni appalto o ogni accordo quadro di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, e ogni qualvolta sia istituito un sistema dinamico di acquisizione, di redigere una dettagliata relazione. A seguito della pubblicazione dell’avviso per la manifestazione di interesse, sono pervenute all’ASL4 osservazioni da parte da alcuni operatori esterni, che sono state puntualmente istruite e pubblicizzate in ottemperanza alla normativa più sopra citata, come si evince dalla deliberazione n.340 del 21.05.2018 “Indizione della procedura aperta per l’affidamento della gestione, previa ristrutturazione, di una struttura residenziale per anziani con patologia psichiatrica stabilizzata e centro diurno c/o l’Istituto Castagneto di Rapallo. Periodo contrattuale anni 25 dalla stipula (indicativamente 01.01.2018/31.12.2043). Importo complessivo presunto a base di gara: € 10.213,725,00 oltre IVA) IL CASO CONCRETO IN ASL 4: LE FASI DELLA PROCEDURA DI DIALOGO COMPETITIVO Con specifica deliberazione si procedeva all’avvio di una ricognizione preliminare di mercato finalizzata al successivo esperimento di una procedura di gara diretta all’affidamento della gestione, previa ristrutturazione, di una struttura residenziale per anziani con patologia psichiatrica stabilizzata e centro diurno, da ubicarsi in immobile di proprietà. In esito alla suddetta consultazione di mercato ed apportati gli opportuni adattamenti della documentazione di gara in riscontro alle osservazioni pervenute, con successiva deliberazione si provvedeva all’indizione di una procedura aperta prevista all’art. 60 del precitato D. Lgs. 50/16 ss.mm.ii., in quanto compatibile con la peculiarità della fattispecie (affidamento in concessione di servizi sanitari disciplinato dagli art.
edilizia sanitaria 142 ss. stesso D.Lgs.), previa pubblicazione dei relativi atti ai sensi della medesima disposizione nonché delle indicazioni dell’Autorità nazionale anticorruzione. Agli atti di gara era allegato un progetto sanitario, un capitolato speciale prestazionale e un documento di indirizzo alla progettazione degli aspetti edilizi e impiantistici dell’intervento di recupero dell’immobile. Tale procedura aperta è andata deserta (nessuna offerta pervenuta). Al fine di interloquire ulteriormente con gli operatori economici per verificare le condizioni onde portare a buon esito l’affidamento di che trattasi, in conformità alle esigenze di pubblico interesse cui il medesimo è diretto, si è quindi ritenuto di ricorrere al “dialogo competitivo” previsto e disciplinato dall’art. 64 del richiamato d.lgs. 50/2016 ss.mm.ii.. Si è provveduto, previa condivisione ed autorizzazione di A.Li.Sa (Azienda Ligure Sanitaria) a modificare il relativo progetto sanitario con, in relazione alla rivalutazione del bisogno specifico sul territorio di competenza, la previsione del convenzionamento per n. 5 posti letto. Pubblicato il bando di dialogo competitivo e ricevute le domande di partecipazione si è provveduto all’avvio della seconda fase del dialogo competitivo finalizzato alla chiusura della medesima e al successivo avvio della terza fase. A seguito della ricezione delle manifestazioni di interesse, sono pervenute varie proposte di modifica al capitolato: tutti i partecipanti hanno proposto un prolungamento della durata della concessione; la maggior parte dei partecipanti ha proposto un contributo in conto investimento (variamente quantificato) a carico dell’ASL per i lavori sull’immobile; la maggior parte dei partecipanti ha proposto la conformità della tariffa per i pazienti inseriti dall’ASL; sono state infine presentate 2 proposte specifiche su altri aspetti correlati alle utenze. Tenendo conto della sostanziale convergenza della totalità/ maggioranza delle proposte pervenute, e dell’accoglibilità delle stesse (con una riduzione del contributo economico richiesto per i lavori, di importo troppo elevato per Asl o indeterminato), si è ritenuto che sussistessero le condizioni per poter concludere la seconda fase del dialogo competitivo, accogliendo le proposte previa quantificazione conforme, come da testo di bozza di lettera invito inoltrata agli operatori economici. A fronte pertanto della conclusione della seconda fase del dialogo competitivo, si sarebbe provveduto a inoltrare la lettera invito. Si è chiesto agli operatori economici per quanto sopra, ai sensi di quanto previsto nel Disciplinare di gara, di fornire disponibilità a partecipare alla procedura alle condizioni così specificate nei documenti in bozza (lettera invito e capitolato), salvi eventuali ulteriori proposte di dettaglio che non modifichino la sostanza dell’impianto contrattuale riportato.
Il dialogo competitivo, pertanto, sarebbe proceduto con la terza fase (spedizione degli inviti ad offrire) limitatamente agli operatori economici che avessero fornito la suddetta disponibilità, e sulla base delle bozze di cui sopra. Si è quindi proceduto alla terza e ultima fase del dialogo competitivo in oggetto, con presentazione delle offerte a chiusura del capitolato definitivo che ha avuto pertanto per oggetto, in unico lotto, il servizio di gestione di una struttura residenziale per anziani e centro diurno, secondo le specifiche meglio dettagliate nel progetto sanitario specifico allegato al capitolato per formarne parte integrante e sostanziale, da ubicarsi c/o la suddetta struttura. Con successiva deliberazione si è provveduto a dare atto delle fasi della procedura sopra riepilogate e dell’ammissione dei concorrenti nonché alla nomina della Commissione tecnica giudicatrice. Le condizioni finali dell’affidamento sono quelle riportate negli atti di cui alla terza fase del dialogo competitivo. A seguito della valutazione delle offerte tecnica ed economica si è quindi provveduto all’aggiudicazione e alla stipula del contratto. L’opera è, al momento, in fase di concreta realizzazione. La messa in attività è prevista per i primi mesi dell’anno 2021 Bibliografia. (1)M. Nicolai e W.Tortorella “Partenariato Pubblico Privato e Projet Finance” aprile 2016 Maggioli Editore( http// MAGGIOLIEDITORE:IT/PARTENARIATOPUBBLICO-PRIVATO-E-PROIECT-FINANCE. HTML? ) (1)V. Vecchi e N. Cusumano “Sociale, partenariato low profit” , il Sole 24 ore Sanità del 16.07.2012 V. (1)Vecchi “ Concessione per l’ospedale” , il Sole 24 ore Sanità del 14.10.2012 (1)V.Vecchi e N. Cusumano “Partnership pubblico-privato per gli investimenti sanitari” Forum in “Economia &Management”n.2 aprile 2013. (2) (3) V. Vecchi “Investire con il partenariato”, il Sole 24 ore Sanità del 22.05.2012F. (4)V.Vecchi e N.Cusumano in Rapporto OASI 2012 “Il Partenariato Pubblico Privato light” e limited profit al crocevia tra sostenibilità, bancabilità e vincoli finanziari”, Milano, Egea. Goisis “Concessioni di costruzioni e gestione di lavori e concessione di servizi” in IUS Publicum network review giugno 2011V.Vecchi “Il proget financing per gli investimenti sanitari- il punto di vista degli operatori privati” Milano, Egea in Rapporto OASI 2011 F.Amatucci, N.Cusumano, V.Vecchi in Rapporto OASI 2014 “Il PPP per gli investimenti sanitari:stato dell’arte,lezioni apprese e scenari di sviluppo” Milano, Egea. S.Usai “Le consultazioni preliminari nel nuovo codice degli appalti e delle concessioni” in OggiPA.it giugno 2017.
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principio di equivalenza Filippo Martinez - Alessia Raboni - Martinez & Partners Studio legale associato
Il principio di equivalenza nella valutazione delle offerte
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stata recentemente pubblicata la sentenza n. 634 del 20 luglio 2020 con la quale il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana si è espresso sul principio di equivalenza ribadendone la piena applicabilità in materia di appalti e, nello specifico, nella materia delle forniture di dispositivi medici. La citata sentenza, di cui si dirà a breve, non ha di per sé una portata innovativa. Con la stessa è stata infatti rimarcata la sussistenza di un principio che ha già avuto riconoscimento giuridico nel nostro ordinamento. Ciononostante, è utile segnalare la pronuncia del Supremo Collegio Siciliano e gli argomenti ivi contenuti atteso che, da un lato, non sempre gli operatori sono consapevoli della sussistenza di tale principio e dell’opportunità di farvi ricorso nella predisposizione dell’offerta; dall’altro, capita non di rado che le Stazioni appaltanti non ne facciano applicazione o comunque non ne forniscano una corretta interpretazione. Si tratta di un principio controverso, troppo spesso obliterato, altre volte abusato. Prima di entrare nel merito del contenuto della sentenza è opportuno fare un passo indietro, ed inquadrare il tema dell’equivalenza, prendendo le mosse da un altro tema ad esso inscindibilmente connesso: quello delle specifiche tecniche, che costituiscono il termine di paragone rispetto al quale viene valutata l’equivalenza. Con l’espressione “specifiche tecniche” si intende l’insieme delle caratteristiche tecniche individuate dalla Stazione appaltante nella legge di gara a definizione dello standard che intende perseguire con l’affidamento. In particolare, l’art. 68 comma 1 del D.Lgs. n. 50/2016 stabilisce che le specifiche tecniche “definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture”. Le stesse possono essere di varia natura. Ad esempio, possono essere identificate in termini di prestazioni o di requisiti funzionali oppure mediante riferimento al contenuto di normative tecniche nazionali, comunitarie, internazionali
o ad altri sistemi tecnici di riferimento. La funzione delle specifiche tecniche è quella di delimitare l’ambito tecnico di valutazione delle offerte e di fornire all’aspirante concorrente un parametro per la formulazione del proprio progetto, il quale dovrà essere rispondente a tali specifiche anche eventualmente, come si vedrà, in termini di equivalenza. A tal fine, l’art. 68 comma 4 del D.Lgs. n. 50/2016 stabilisce i criteri in forza dei quali le specifiche tecniche devono essere elaborate dall’Amministrazione e in particolare che “Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”. In altri termini, la legge attribuisce all’Amministrazione un ampio potere discrezionale nell’individuazione delle specifiche tecniche, salvo comunque prescrivere che la relativa formulazione debba avvenire nell’ottica del favor partecipationis e nel rispetto dei principi di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione. In quest’ambito si inserisce il principio di equivalenza, in forza del quale ciascun concorrente ha la facoltà di offrire soluzioni che conducano allo stesso risultato prescritto mediante le specifiche tecniche poste in gara. La legge italiana disciplina il principio di equivalenza nell’articolo 68 del D.Lgs. n. 50/2016. La previsione codicistica nazionale costituisce puntuale recepimento di quella coniata a livello comunitario e contenuta, in materia di appalti nei settori ordinari, nell’art. 42 della Direttiva UE/24/2014 rubricato “Specifiche tecniche”, e prima ancora nel considerando n. 74 della medesima direttiva, secondo cui “Le specifiche tecniche fissate dai committenti pubblici devono permettere l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nonché il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità…Quando si fa riferimento a una norma europea o, in mancanza di quest’ultima, alla norma nazionale, dovrebbero essere prese in considerazio-
l’equivalenza non si pone in termini astratti e teorici, bensì al contrario concreti, ossia nei termini di una effettiva equiparabilità delle soluzioni offerte e dei risultati ottenuti
principio di equivalenza ne dalle amministrazioni aggiudicatrici le offerte basate su altre soluzioni equivalenti. Dovrebbe spettare all’operatore economico il compito di dimostrare l’equivalenza con l’etichettatura richiesta. Per dimostrare l’equivalenza, dovrebbe essere possibile richiedere agli offerenti di fornire elementi di prova verificati da terzi. Tuttavia, dovrebbe essere accettato qualsiasi altro mezzo di prova appropriato (…)”. Il legislatore comunitario ha quindi avvertito l’esigenza di specificare la possibilità per i concorrenti di presentare offerte equivalenti rispetto alle specifiche tecniche individuate nei documenti di gara. Peraltro, l’inserimento di una tale precisazione non solo in una apposita previsione (art. 42) ma anche nelle premesse della direttiva vale ad attribuirle un valore ancora più pregnante, visto che nei considerando viene riportato il sostrato giuridico generale sulla base del quale interpretare le singole norme relative agli affidamenti comunitari, e le relative motivazioni. Quanto alla disciplina nazionale, un richiamo all’equivalenza è presente nel comma 5 lett. b) dell’art. 68 del D.Lgs. n. 50/2016 ove è previsto che ciascun riferimento alle specifi-
che tecniche debba contenere la menzione “o equivalente” e nel comma 6, ove è sancito il divieto di menzione di fabbricazione, provenienza, procedimento particolari, marchi, brevetti origine o produzione specifiche salvo che siano accompagnati dall’espressione “o equivalente”. Il cuore dell’equivalenza è poi sancito nei successivi commi 7 e 8 dell’art. 68 ove è stabilito che, in presenza di una dimostrazione da parte del concorrente della equivalenza dell’offerta alle specifiche tecniche, dimostrazione che deve avvenire “con qualsiasi mezzo appropriato”, “le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento”. Alla luce di quanto detto or ora, emerge che l’individuazione nella legge di gara di specifiche tecniche non potrà essere tale da escludere la valutazione delle offerte il cui contenuto sia sostanzialmente e funzionalmente equivalente a quanto richiesto dalla Stazione appaltante. Chiarito il quadro normativo di riferimento, è possibile ora definire la portata applicativa del principio di equivalenza.
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principio di equivalenza Abbiamo appena visto come la legge consenta al concorrente, in presenza di specifiche tecniche individuate dalla Stazione appaltante, di presentare in offerta soluzioni tecniche equivalenti rispetto alle suddette specifiche, nel rispetto delle prescrizioni dettate dai commi 7 e 8 dell’art. 68 del D.Lgs. n. 50/2016. In concreto, ciò significa che - ad esempio - nell’ipotesi in cui le specifiche tecniche consistano in requisiti prestazionali, il concorrente deve offrire un prodotto che, seppur non identico, sia parimenti idoneo a perseguire il medesimo risultato in termini di funzionalità. Ed infatti, l’equivalenza non si pone in termini astratti e teorici, bensì al contrario concreti, ossia nei termini di una effettiva equiparabilità delle soluzioni offerte e dei risultati ottenuti (Consiglio di Stato sez. III, n.7450, dep. 31.10.2019; Cons. Stato sez. III,
gara senza restare vincolati a rigidi formalismi, ogni limitazione deve essere interpretata restrittivamente e giustificata in termini rigorosi. Peraltro, proprio in considerazione del fatto che costituisce applicazione dei richiamati principi generali, l’equivalenza trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da dichiarazioni ad hoc dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. III, n. 6212 dep. 18.9.2019). Quanto alla valutazione da compiere da parte della Stazione appaltante, la stessa deve porsi nei termini di una verifica della sussistenza dell’equivalenza funzionale del prodotto offerto e non invece della sua identità rispetto alle caratteristiche tecniche di lex specialis. In altri termini, in forza del principio oggetto di trattazione,
n.3778, dep. 05.06.2019). Naturalmente, il concorrente deve dare dimostrazione di tale equiparabilità, e la legge sul punto stabilisce che ciò possa avvenire “con qualsiasi mezzo appropriato”. Ma qual è la ragione per cui l’operatore economico può disporre di un tale strumento? La ragione è presto detta: il principio di equivalenza è espressione dei principi di tutela della concorrenza, di non discriminazione, nonché dei principi della par condicio tra operatori economici e della massima partecipazione alle gare. Rispetto a tali finalità, che comportano appunto la possibilità per l’operatore di valorizzare prodotti sostanzialmente analoghi a quelli espressamente richiesti dalla disciplina di
le Stazioni appaltanti sono tenute a valutare la conformità alle specifiche tecniche in termini sostanziali e non formali, ossia in relazione alla capacità del prodotto di perseguire un risultato analogo a quello che l’Amministrazione intende ottenere. Una valutazione esclusivamente in termini di identità del prodotto significherebbe svuotare di significato il principio stesso dell’equivalenza. Ebbene, restando in tema di valutazione dell’equivalenza funzionale di prodotti offerti in gara viene in rilievo la recente pronuncia del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana. Il Supremo Collegio Siciliano si è espresso su un caso in cui
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principio di equivalenza il secondo classificato di una gara per la fornitura di dispositivi medici aveva contestato l’inammissibilità dell’offerta dell’aggiudicatario in quanto non conforme né equivalente alle specifiche tecniche individuate in gara. Il Tar aveva accolto il ricorso, sul presupposto che il prodotto offerto non fosse equivalente e non rispettasse le specifiche tecniche poste in gara (Tar Sicilia, sez. I, n. 14211/2019). Investito della questione, il CGA disponeva due istruttorie, nella forma delle verificazioni, al fine di chiarire se le caratteristiche del prodotto offerto fossero o meno equivalenti a quelle poste in gara. In entrambe le occasioni i verificatori hanno risposto affermando l’equivalenza del prodotto, nonostante le relative proprietà non fossero identiche alle specifiche tecniche. Ricevute le risultanze dell’incidente istruttorio, il CGA le ha esaminate alla luce dei principi giurisprudenziali in merito (i) “alla rilevanza ed all’ampiezza che deve assegnarsi al principio di equivalenza tecnica delle offerte nella celebrazione delle pubbliche gare di appalto”; (ii) “all’esatto perimetro della verifica giurisdizionale affidata al giudice amministrativo in sede di sindacato sulla scelta dell’aggiudicatario da parte della stazione appaltante”. Sotto il primo profilo, il Collegio ha ripercorso gli approdi giurisprudenziali formatisi in tema di equivalenza richiamando la giurisprudenza secondo cui il suddetto principio costituisce attuazione del principio comunitario di massima concorrenzialità ed è finalizzato a che la scelta del contraente non incontri ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. In quest’ottica, i concorrenti devono poter dimostrare che la relativa proposta ottemperi in modo equivalente allo standard richiesto. Ciò premesso, il CGA ha affermato il principio per cui il criterio dell’equivalenza non possa subire una lettura limitativa o formalistica e che ne debba essere favorita l’applicazione visto che è finalizzato a soddisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici. In altri termini, l’equivalenza va ragguagliata non alla mera formale descrizione del prodotto bensì alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara. Ad ulteriore riprova di tale assunto, il CGA ha poi richiamato alcune pronunce del Consiglio di Stato, tra le quali anche la n. 6212 del 18 settembre 2019 della Terza Sezione, con le quali il Collegio, anche da un punto di vista “più strettamente applicativo” del principio, ha affermato l’esigenza di ribadire che il giudizio di equivalenza resti legato “non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte”. Peraltro - ha fatto notare il Giudice - l’applicabilità del principio dell’equivalenza funzionale è stata recentemente affermata proprio con specifico riguardo ad un appalto attinente
al settore sanitario, in relazione al quale la giurisprudenza ha avuto modo di ribadire che proprio in questo specifico settore il principio di equivalenza si pone con ancor maggior pregnanza che negli altri, poiché esso permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio dell’ampliamento della platea dei concorrenti ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta (Cons. St., III, 14 maggio 2020, n. 3081). Sotto il secondo profilo, il Collegio ha osservato come il giudizio di equivalenza costituisca legittimo esercizio della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione e che il sindacato giurisdizionale debba quindi attestarsi sul vizio di manifesta erroneità ed illogicità: se il giudizio tecnico della Commissione di gara è attendibile e immune da vizi di travisamento, illogicità, irragionevolezza, anche se opinabile, non può essere sostituito con il diverso giudizio tecnico dei consulenti di parte o del giudice. Una volta richiamati i principi vigenti in materia, il CGA ha ritenuto fondato il motivo di appello proposto dall’operatore aggiudicatario della gara. In particolare, il CGA ha ritenuto che potesse formularsi un “giudizio di equivalenza, sotto l’aspetto funzionale, dell’offerta tecnica formulata dalla società oggi appellante”, e ha riconosciuto pertanto la legittimità dell’operato della Commissione di gara, la quale aveva ritenuto conforme alle specifiche tecniche l’offerta dell’impresa poi risultata aggiudicataria essendo equivalente. Ebbene, riformando la pronuncia del giudice di prime cure - il quale non aveva disposto alcun approfondimento istruttorio e si era “appiattito” sulle tesi del ricorrente che aveva contestato che il dispositivo offerto dall’aggiudicataria non fosse identico alle specifiche tecniche - il Giudice di appello ha confermato che la valutazione dell’equivalenza del prodotto debba essere improntata in termini di equiparabilità funzionale rispetto alle specifiche tecniche e non invece di conformità formale (e quindi identità). Ed infatti proprio in quest’ottica il Collegio ha deciso di investire della questione un verificatore esperto in materia. Inoltre, il Giudice ha ribadito l’esigenza che non si verifichino ingiustificate limitazioni alla partecipazione degli operatori economici alle gare e che ciascun concorrente sia messo in condizione di far valere la capacità della propria offerta di raggiungere il risultato richiesto in gara. La pronuncia in commento reca quindi il riconoscimento di una opportunità fondamentale per l’operatore economico e ne individua i limiti di esercizio al fine di evitarne gli abusi; al contempo, costituisce un vero e proprio monito per le Stazioni appaltanti le quali devono sempre tenere in considerazione l’eventualità di fare applicazione di tale principio, naturalmente purché ne sussistano i presupposti previsti dalla legge e le relative modalità probatorie.
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bilancio sociale Maria Felicita Crupi - Dottore di ricerca in Diritto Amministrativo, Direttore Amministrativo IRCCS Centro Neurolesi Bonino Pulejo - Messina
Il bilancio sociale nel panorama delle Aziende del Sistema Sanitario Nazionale
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uando si parla di bilancio sociale, si suole riferirsi al documento, ormai in voga presso aziende private e multinazionali, in cui si affrontano le delicate tematiche della responsabilità sociale, della tutela dell’ambiente, della salvaguardia dei diritti fondamentali, e, più in generale, dell’impatto sociale della produzione sul territorio e sul contesto di riferimento. A partire dal 2000, il Consiglio Europeo aveva posto come obiettivo dell’economia europea quello di diventare un’economia “capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale” ed aveva altresì sancito che “nel lungo termine la crescita economica, la coesione sociale e la tutela dell’ambiente sarebbero andate di pari passo” Con il Libro Verde del 2001, il Consiglio Europeo individua il concetto di Corporate Responsability delle imprese, come integrazione delle implicazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali ed nei loro rapporti con i soggetti a qualsiasi titolo coinvolti (c.d. stakeholders) siano essi interni (es. i dipendenti) o esterni (es. consumatori, fornitori, poteri pubblici). In questo quadro di riferimento, sempre più imprese del settore privato si sono determinate ad inserire all’interno delle loro strategie l’aspetto della responsabilità sociale, anche se prevalentemente per singole tematiche, rivolte soprattutto ai propri dipendenti, ma anche a tutte le parti sociali, con il fine di promuovere il miglioramento delle attività. Si possono così annoverare le relazioni sull’ambiente, sulla salute e sicurezza sociale, i codici di condotta gli audits sociale, etico, ecologico. Il bilancio sociale, che, come si è visto, che nasce nel settore privato, di recente è stato oggetto di applicazione anche nel settore pubblico ed in particolare nel settore sanitario in cui sempre più Aziende si stanno orientando ad adottarlo, e si configura come uno strumento di comunicazione attraverso cui l’ente rende conto agli stakeholders, a consuntivo, delle attività prestate nell’anno di riferimento. Ma come si innesta questo strumento, abbiamo visto,
dedicato ed utilizzato nel settore privato, in un ambito pubblico come quello sanitario? La risposta risiede nei principi di efficienza, efficacia, trasparenza e nel concetto di accountability. L’azienda sanitaria è, per sua natura, soggetto socialmente responsabile in quanto, come mission di base declinata poi in varie direzioni, tutela il diritto fondamentale alla salute della persona e, attraverso le sue scelte ed attività, va da incidere più di ogni altro ente pubblico sul contesto sociale di riferimento. L’esigenza di dar conto agli stakeholders di come viene esercitata la propria funzione sociale, a benvedere, diventa momento cardine per l’ente sanitario che nell’erogazione i servizi al cittadino racchiude la propria mission aziendale. Il bilancio di un ente sanitario se tecnicamente è di tipo contabile, connesso, come è noto all’autonomia contabile e patrimoniale conferita all’Azienda, per un’amministrazione che gestisce salute e che utilizza fondi pubblici per contribuire a mantenere il benessere psico-fisico della persona, non può non arricchirsi di contenuti complementari ma non secondari, in quanto accanto ai risultati della gestione è fondamentale per i cittadini che, in un sistema Beveridge, come il nostro, finanziano, attraverso il prelievo fiscale, il Servizio Sanitario, sapere come sono state allocate le risorse e soprattutto l’impatto che le scelte dell’ente ha avuto sulla comunità di cui si prende cura. In altri termini, il bilancio di un ente sanitario è sociale per definizione. Ecco quindi che la dimensione sociale del bilancio di un ente sanitario non può emergere attraverso un documento contabile, in cui sono riportati dati numerici, spesso di difficile interpretazione da parte dei non addetti ai lavori, ma deve completarsi con un documento di rendicontazione delle scelte e degli obiettivi conseguiti. Non solo, ma la redazione di un bilancio sociale, va di pari passo con la sempre più crescente immagine di amministrazione trasparente, in quanto diviene uno degli strumenti finalizzati a rendere accessibile e valutabile ai cittadini l’operato dell’amministrazione. Con il bilancio sociale, l’ente sanitario si qualifica non
bilancio sociale solo come attore economico ma soprattutto, in virtù della tutela del pubblico interesse che sta alla base delle attività istituzionali, attore sociale finalizzato alla tutela di interessi comuni. Il bilancio sociale diviene pertanto il naturale completamento dei bilanci d’esercizio fornendo, un quadro che va oltre il dato economico: questo documento, infatti, dà contezza alla collettività dei risultati conseguiti e degli obiettivi futuri. Pur essendo entrambi strumenti di rendicontazione che si integrano a vicenda, non si può tuttavia non osservare che, a differenza del bilancio d’esercizio, il bilancio sociale è rimesso alla volontaria adozione da parte della Direzione strategica dell’Ente, nell’ambito degli strumenti (come, ad esempio, la carta dei servizi) attraverso cui si attua la strategia di comunicazione volta a fornire alla collettività informazioni sull’attività e più in generale, sulla performance , dell’Ente. Non solo, ma attraverso questo strumento si crea con il cittadino una interlocuzione dinamica che consente all’Ente cui sono intestati i bisogni di salute di ascoltare le istanze di cui è portatore al fine di orientare le scelte future. In un’epoca in cui la spesa sanitaria pubblica va sempre più accorciandosi e di contro, i bisogni di salute vanno aumentando da parte di una popolazione in uno stato di invecchiamento e di deserto demografico, le parole chiave possono essere due: partecipazione ed estensione. Partecipazione, in quanto le scelte in ordine alle prestazioni da erogare, soprattutto con riferimento alle modalità ed ai volumi, possono essere acquisite con maggiore efficacia laddove il cittadino abbia degli strumenti conoscitivi e collaborativi a sua disposizione, estensione in quanto il catalogo delle prestazioni erogabili, magari isorisorse e con una netta incidenza sui processi organizzativi all’interno della struttura sanitaria, si amplia attraverso le segnalazioni che possono avvenire da parte degli stakeholders. In assenza di una normativa ad hoc, il Dipartimento della Funzione Pubblica, con lo scopo di diffondere la cultura della Social Responsability, ha elaborato, nel 2001, sulla scorta del Documento elaborato dal Gruppo di studio per il bilancio sociale1, il Manuale dal titolo “Rendere conto ai cittadini. Il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche, con allegate linee guida2.
Il documento si articola in tre parti: identità aziendale; produzione e distribuzione del valore aggiunto; relazione sociale. In particolare la prima parte del bilancio sociale “presenta” l’Azienda: costituiscono elementi di questa sezione la storia e l’evoluzione dell’azienda, l’assetto organizzativo, le peculiarità della comunità che l’azienda assiste, la gamma delle prestazioni erogate e le aree di intervento, i valori etici e le norme deontologiche che effettivamente presiedono alle attività, (presenti in documenti legislativi e/o approvati dall’azienda nei codici etici e di comportamento, carte dei servizi) e la mission aziendale articolata nei diversi obiettivi e nelle diverse strategie, aree di intervento a loro volta suddivise in base agli stakeholders destinatari, di modo che la rendicontazione fornisca informazioni idonee a verificare la coerenza tra quanto programmato e le attività svolte per realizzare la strategia. Questa parte del bilancio sociale non è meramente compilativa: se il bilancio sociale ha lo scopo di rendere conto e pertanto far si che il cittadino valuti, verifichi e venga anche ascoltato, ciò postula dati certi e il disegno di un contesto ben definito. La parte relativa alla produzione del valore aggiunto comprende la descrizione dei risultati della produzione e della distribuzione agli stakeholders (personale dipendente e non) e si compone del prospetto ricavi/costi intermedi e del prospetto di riparto dato dalla sommatoria delle remunerazioni degli interlocutori interni e delle liberalità esterne. La relazione sociale, che si pone in sequenza logica con le alte due parti e chiude il bilancio, è finalizzata a consentire agli stakeholders di valutare i risultati raggiunti dall’Azienda e dell’impatto da essi generato sulla salute, sull’ambiente, sulla collettività di riferimento. La relazione sociale deve comprender la presentazione degli impegni assunti degli obiettivi raggiunti e delle norme di comportamento consequenziali ai valori ed alla mission aziendale; le politiche relative ad ogni categoria di stakeholders, dei risultati attesi in coerenza con la mission aziendale; contenuti informazioni che rendano possibile la valutazione d il confronto tra mission obiettivi e risultati raggiunti, una sezione relativa benchmarking (eventuale), una sezione relativa alle opinioni degli stakeholders, gli obiettivi di miglioramento del processo di rendicontazione e degli effetti delle attività.
l’equivalenza non si pone in termini astratti e teorici, bensì al contrario concreti, ossia nei termini di una effettiva equiparabilità delle soluzioni offerte e dei risultati ottenuti
1 Il bilancio sociale, documenti di ricerca n.9 Giuffrè Editore 2 Guri n.63 del 16/3/2006
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bilancio sociale
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L’IRCCS Centro neurolesi Bonino Pulejo di Messina ha pubblicato di recente il bilancio sociale 2019. Si tratta di un documento redatto per la prima volta ed in fase sperimentale che, sicuramente, nelle prossime annualità, sarà suscettibile di ulteriori aggiustamenti ma che già in questa prima edizione presenta i risultati delle attività di ricerca ed assistenziali. Non si tratta di un documento tecnico ma di un elaborato che con linguaggio accessibile, si rivolge a tutti coloro a qualunque titolo coinvolti nei processi dell’Istituto e presenta, in modo sistematico i risultati delle attività e dei programmi di ricerca. Il documento declina in apertura i valori che ispirano le attività istituzionali3 ed è ovviamente, basato sulla specifica mission connessa alle attività di ricerca nel campo delle Neuroscienze4 che connota l’istituto e sui traguardi raggiunti, inserendoli in un’analisi del contesto in cui opera e dei relativi indici demografici per poi passare alla descrizione di tutti gli stakeholders aziendali suddivisi in due macrotegorie: stakeholders interni ( Regione ed istituzioni, personale, consulenti) e stakeholders esterni (territorio, fornitori, pazienti e caregivers). Per ciascuna categoria vengono attribuiti due valori: interesse ed influenza, finalizzati alla loro collocazione all’interno di un quadro sinottico. Una sezione del bilancio è dedicata ai fornitori di beni
e servizi, componente fondamentale al fine di garantire un’adeguata erogazione dei servizi sanitari. Si evidenzia come l’Istituto sia perfettamente compliant alla normativa vigente in materia ed abbia altresì attivato le procedure interne per i tempi di pagamento al fine di garantire la categoria di stakeholders coinvolti. E’ evidente che tali garanzie hanno un forte impatto sociale sull’intero territorio di riferimento consentendo ai fornitori dell’Istituto di non riscontrare problemi economico-finanziari dovuti a ritardi nei pagamenti. Nell’ultima parte del documento si riportano i dati relativi a posti letto, casistica, giornate di degenza e si conclude con una tavola di raffronto del valore aggiunto prodotto del 2017 e nel 2018 e con l’indicazione della ridistribuzione, degli strumenti di comunicazione e delle utilities per l’utenza. In conclusione, questo documento, che, come si ripete, è un punto di partenza, suscettibile nelle prossime edizioni di ulteriori miglioramenti, è stato concepito non come un elaborato per l’Istituto ma come documento restituito dall’Istituto alla collettività con l’intento di generare fiducia e con l’impegno di migliorare la qualità e la quantità delle attività assistenziali e della ricerca, per far capire ad una collettività sempre più attenta e documentata quale sia il “senso di marcia” e per diffondere il messaggio di speranza di guarigione a tutti i pazienti.
3 Autonomia, innovazione, ricerca scientifica, formazione attrattività 4 L’attività di ricerca dell’Istituto è organizzata su tre linee riconosciute dal Ministero della Salute: neuroriabilitazione, neuroscienze cliniche, neuroimmunologia.
reazione avversa ai farmaci Stefano Marcelli - Direttore Attività Didattiche Professionalizzanti - CdL Infermieristica – ASUR Marche Area Vasta N.5 Renato Rocchi - Direttore UOC Servizio Professioni Sanitarie - ASUR Marche Area Vasta N.4 Simona Collecchia - Coordinatrice Infermieristica Medicina Sud - Presidio Ospedaliero di Ascoli Piceno - ASUR Marche Area Vasta N.5 Chiara Gatti - Infermiera – UOC Anestesia rianimazione cardiochirurgica Azienda Ospedaliera Universitaria – Ospedali Riuniti di Ancona Tiziana Traini - Tutor clinico di tirocinio – CdL Infermieristica - ASUR Marche Area Vasta N.5 Fabbrizio Albertini - Infermiere Ambulatorio gestione accessi vascolari - Presidio Ospedaliero di Ascoli Piceno - ASUR Marche Area Vasta N.5. Valentina Ciccola - Infermiera Blocco Operatorio – Ospedale San Gerardo ASST Monza Adoriano Santarelli - Direttore Attività Didattiche Professionalizzanti - CdL Infermieristica - ASUR Marche Area Vasta N.4
Le reazioni avverse da farmaci nella popolazione anziana tra onere economico e inappropriatezza prescrittiva La tutela dei pazienti attraverso un’analisi concettuale Negli ultimi decenni gli sforzi di ogni singola realtà organizzativa che si occupa di outcomes sanitari, ha indirizzato i propri processi verso quella specifica direttiva capace di gestire i rischi assistenziali da una parte legati al paziente e dall’altra al controllo di quel grado di insicurezza intrinseca1. Un numero consistente di pubblicazioni scientifiche, dimostrano che un numero significativo di pazienti viene danneggiato durante le pratiche assistenziali nonostante le competenze dei professionisti e l’introduzione della tecnologia, con conseguenti lesioni permanenti, aumento della durata della degenza o addirittura la morte. La garanzia della sicurezza del paziente a cui viene fornito il trattamento e il servizio di assistenza, dipende dalla cultura della sicurezza in essere, come il prodotto di valori, attitudini, percezioni, competenze e modelli di comportamento che appartengono a un individuo o a un gruppo che definisce lo stile e la competenza della gestione e dell’impegno per la salute e la sicurezza
di un’organizzazione2. Politiche chiare, professionisti competenti, coinvolgimento efficace dei pazienti, leadership organizzative dedicate e professionisti preparati si rivelano necessari3. La necessità di fornire prestazioni sanitarie a salvaguardia del paziente, sicure e migliori, ha comportato la necessità di comprendere il ruolo della leadership rispetto all’incapacità di riconoscere e rispondere alla complessità e al deterioramento dei pazienti. Le riorganizzazioni più recenti in alcuni servizi sanitari si sono posti l’obiettivo di incoraggiare il lavoro collaborativo per ridurre la frammentazione e di conseguenza indagare i fattori contestuali dove si verificano gli eventi avversi come i livelli del personale, il supporto manageriale e la supervisione4. La letteratura include concetti fondamentali legati alle best practices come un processo sistematico di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi attuali e potenziali, dove l’obiettivo primario è quello di aumentare la sicurezza dei pazienti, migliorare l’outcome ed indirettamente diminuire i costi, riducendo gli eventi avversi prevedibili, associato alla legalità e
Le reazioni avverse da farmaco sono associati a costi considerevoli, con valori di spesa media aggiuntiva che si colloca in un intervallo che oscilla tra da 934€ a 5.783€ per ogni singolo episodio
1 RidelbergM. et al. How Can Safer Care Be Achieved? Patient Safety Officers’ Perceptions of Factors Influencing Patient Safety in Sweden. J Patient Saf. 2020 Jun;16(2):155-161. 2 Aiken LH. et al. Nurses’ And Patients’ Appraisals Show Patient Safety In Hospitals Remains A Concern. Health Aff (Millwood). 2018 Nov;37(11):1744-1751. 3 McAuliffe E. et al. Collective leadership and safety cultures (Co-Lead): protocol for a mixed-methods pilot evaluation of the impact of a co-designed collective leadership intervention on team performance and safety culture in a hospital group in Ireland. BMJ Open. 2017 Nov 3;7(11):e017569. 4 Lim JH. et al. Association between Hospital Nurses’ Perception of Patient Safety Management and Standard Precaution Adherence: A Cross-Sectional Study. Int J Environ Res Public Health. 2019 Nov 27;16(23):4744.
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reazione avversa ai farmaci all’accettabilità tecnica dei trattamenti sanitari5.
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La gestione della politerapia: il rischio dell’inappropriatezza prescrittiva nel paziente anziano complesso La fragilità del paziente anziano è collegata al declino età-dipendente, che si contestualizza nella presenza di sindromi geriatriche che possono incidere in maniera rilevante sulla qualità di vita, dove a causa della diminuzione degli equilibri omeostatici, il 25-50% degli over 85 presenta una condizione di fragilità, con sostanziale aumento del rischio di cadute, delirio, disabilità, sindromi post ospedaliere, assistenza a lungo termine e decesso6. Dati epidemiologici indicano che il 40-60% della popolazione ultrasessantacinquenne, è affetta da multimorbilità, spesso caratterizzata da patologie ad andamento cronico, che si attesta a circa l’80% nei soggetti ultraottantenni7. Le innovazioni nel settore scientifico hanno provocato l’innalzamento delle aspettative di vita e esperti di settore affermano che in Europa è previsto un aumento considerevole della popolazione con più di 64 anni d’età che, nei prossimi 40 anni, è destinata a raddoppiare passando dai quasi 87 milioni di persone di oggi a circa 148 milioni8. Secondo le proiezioni epidemiologiche, nel 2060 gli ultrasessantacinquenni rappresenteranno il 30% della popolazione totale europea e il numero degli ultraottantenni toccherà il 12,4 % del totale9. In Italia, oltre la metà della popolazione anziana soffre di patologie croniche gravi dove si è evidenziato che nel 2012 le persone con almeno una patologia grave rappresentavano il 14,8%, con un aumento di 1,5 punti percentuali rispetto al 2005, dove nelle classi di età 65-69 anni e ≥75 anni, le donne che soffrono di almeno una cronicità grave rappresentano, rispettivamente, il 28 e il 51% e gli uomini soffrono di almeno una cronicità grave nel 36% dei casi, nella classe di età 65-69 anni, e nel 57% tra quelli con età ≥75 anni10. Nel mondo, la prevalenza della multimorbilità, si attesta in un range che va dal 55% al 98%, presente in un terzo
della popolazione adulta con un aumento considerevole pari al 60% tra gli individui di età compresa tra 55 e 74 anni11. Negli Stati Uniti più di 120 milioni di persone soffrono di una patologia permanente e il 24% presenta 3 comorbilità, dove la spesa sanitaria per una persona con una condizione cronica è, in media, 2,5 volte maggiore rispetto a quella di un soggetto senza alcuna sindrome irreversibile, mentre aumenta di quasi 15 volte in presenza di 5 o più cronicità12. Van den Bussche et al, attraverso un’analisi dei risultati di uno studio trasversale su un ampio campione di 123.224 soggetti di età ≥65 di una compagnia di assicurazione sanitaria obbligatoria in Germania, ha evidenziato che le multimorbilità pari a ≥3 condizioni patologiche croniche si attestavano intorno al 62%13. Uno studio trasversale condotto in Spagna, che ha interessato una popolazione di 198.670 persone di età superiore ai 14 anni, ha rilevato che circa il 42% dei soggetti era affetto da almeno una malattia cronica e di questi quasi un quarto ne presentava due o più, identificando tre livelli di probabilità in basso, medio e alto richio14. Uno studio multicentrico diretto negli Stati Uniti, su 14.828 soggetti di età ≥45 anni ha dimostrato che il 96,4% dei pazienti aveva almeno una comorbilità, il 51,8% assumeva più di 4 farmaci e le patologie più frequenti erano identificate nell’ipertensione, cronicità polmonare, artrite, ipercolesterolemia, depressione, osteoporosi, diabete, malattia coronarica, cancro e ictus15. In riferimento a ciò, appare evidente che questo target di pazienti risulta comunemente esposto alla politerapia, come evidenziato dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (AIFA), con una spesa pro-capite a carico del SSN fino a 3 volte superiore al valore medio nazionale, con un consumo giornaliero pari a un valore intermedio di 2,7 dosi unitarie di medicinali nei soggetti con più di 65 anni e di 3,7 in quelli con una età maggiore di 74 anni16. Il fenomeno della politerapia, definita come l’impiego contemporaneo di più farmaci prescritti, almeno 5 principi attivi, si collega
5 Fujita S. et al. Patient safety management systems, activities and work environments related to hospital-level patient safety culture: A cross-sectional study. Medicine (Baltimore). 2019 Dec;98(50):e18352. 6 Van Seben R. et al. Insight Into the Posthospital Syndrome: A 3-Month Longitudinal Follow up on Geriatric Syndromes and Their Association With Functional Decline, Readmission, and Mortality. Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2020;75(7):1403-1410. 7 Marengoni A. et al. Aging with multimorbidity: A systematic review of the literature. Ageing Res Rev. 2011;10:430–439. 8 ISS. Sperimentazione Passi d’Argento: verso un sistema nazionale di sorveglianza della popolazione ultre64enne. Rapporti ISTISAN.2013; 13(9). 9 Ortolani E. et al. Linee guida evidence-based e criteri di appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano complesso. Giornale Italiano di Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione. 2014; 6 (3): 30-37. 10 ISTAT. Tendenze demografiche e trasformazioni sociali: nuove sfide per il sistema di welfare. Rapporto annuale 2014 - la situazione del Paese. 2014. 11 Ministero della Salute. Criteri di Appropriatezza clinica, tecnologica e strutturale nell’assistenza al paziente complesso. Quaderni del Ministero della Salute 2013. 12 Tinetti ME.et al. Potential pitfalls of disease-specific guidelines for patients with multiple conditions. N Engl J Med. 2004; 351:2870-4. 13 van den Bussche H. et al. Which chronic diseases and disease combinations are specific to multimorbidity in the elderly Results of a claims data based cross-sectional study in Germany. BMC Public Health. 2011; 11:101. 14 Garcia-Olmos L. et al. Comorbidity patterns in patients with chronic diseases in general practice. PLoS One. 2012; 7:e32141. 15 Schnell K. et al. The prevalence of clinically-relevant comorbid conditions in patients with physician-diagnosed COPD: a cross-sectional study using data from NHANES 1999-2008. BMC Pulm Med. 2012; 12:26. 16 Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali, AIFA. L’Uso dei Farmaci in Italia. Rapporto Nazionale anno 2013. 2014.
reazione avversa ai farmaci spesso, in questi soggetti polipatologici e politrattati, ad una aumentato rischio di reazioni avverse, a prescrizioni potenzialmente inappropriate, che possono determinare ospedalizzazioni prolungate, riduzione della performance funzionali, malnutrizioni e istituzionalizzazioni17-18. Un farmaco viene considerato potenzialmente inappropriato quando il rischio di sviluppare eventi avversi supera il beneficio atteso dal trattamento, soprattutto se è disponibile un’evidenza scientifica a supporto di un’alternativa di trattamento più sicura e/o efficace per la stessa condizione clinica19-20. L’inappropriatezza prescrittiva comprende un inadeguato impiego del farmaco per durata, dosaggio e frequenza delle assunzioni, considerando anche le interazioni farmaco-farmaco e farmaco-patologia, come per esempio quelli che agiscono sul sistema nervoso centrale, benzodiazepine, soprattutto se a lunga emivita plasmatica, antidepressivi triciclici, antipsicotici, FANS e antiaritmici21-22. Studi precedenti, come quello di Maio et al, ha dimostrato che su una corte di 91.741 pazienti anziani, il 26% di prescrizioni farmacologiche era inappropriato e che il 37% di queste comprendevano l’utilizzo di farmaci per il trattamento del dolore cronico23. Gagne prendendo in considerazione le prescrizioni terapeutiche in relazione ai rimborsi associati ad ogni medicinale da parte del Servizio Sanitario Italiano, su 12 coppie di farmaci hanno stimato una possibile prevalenza di interazioni pari a 211 casi ogni 100.000 persone24. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con lo scopo di implementare le strategie finalizzate a garantire l’utilizzo appropriato dei farmaci, ha determinato la grandezza del fenomeno della politerapia e della qualità prescrittiva su 12 milioni di soggetti anziani, target caratterizzato da un 50% con età com-
presa tra i 65 e i 74 anni, 36,4% tra i 75 ed 84 anni e il restante costituito da soggetti over 85 pari al 13,6%. Tale valutazione ha messo in risalto che il 50% degli over 65 assume dai 5 ai 9 farmaci e ben l’11% degli over 65 assume 10 o più farmaci, con un rischio elevato di reazioni avverse in quella fascia di età compresa tra i 75 e gli 84 anni25. Approfondimenti di letteratura confermano che la prescrizione inappropriata di farmaci coinvolge la popolazione di anziani presenti in comunità con tasso variabile dal 2% al 36% e sia quelli ricoverati nelle Residenze Assistenziali con incidenza dal 10% al 55%26. Dall’analisi complessiva di questi dati si deduce che i soggetti anziani sono i più suscettibili a specifiche conseguenze che dati alla mano si contestualizzano in un elevato rischio di danni iatrogeni, incremento dei costi diretti e indiretti, scarsa qualità di vita, maggiore utilizzo dei servizi assistenziali, disabilità e ospedalizzazioni ripetute con elevato rischio mortalità27-28-29, dove i farmaci maggiormente implicati, oltre quelli neurologici ed antinfiammatori non steroidei, ne fanno parte i cardiovascolari come i dicumarolici, l’eparina, i diuretici ad alte dosi, gli antiaritmici, i digitalici, i betabloccanti e gli antipertensivi in generale30-31. Le reazioni avverse da farmaci e i costi aggiuntivi per il sistema assistenziale Le reazioni avverse da terapia farmacologica (ADR), come evidenziato da vari autori, rappresentano una tematica importante dal punto di vista epidemiologico, dove l’incidenza dei ricoveri per tale problematica, si attesta negli Stati Uniti dal 4% al 30% mentre in Europa tale percentuale varia dal 2,5% al 10,6%, dove gli accessi al pronto soccorso dei pazienti anziani, varia
17 Wang P. et al. Relationship Between Potentially Inappropriate Medications And The Risk Of Hospital Readmission And Death In Hospitalized Older Patients. Clin Interv Aging. 2019 Nov 4;14:1871-1878 18 Liperoti R. et al. Antipsychotic Drug Interactions and Mortality Among Nursing Home Residents With Cognitive Impairment. J Clin Psychiatry. 2017 Jan;78(1):e76-e82 19 Qato DM. et al. Use of prescription and over-the-counter medications and dietary supplements among older adults in the United States. JAMA. 2011; 300(24):2867. 20 Beers MH. Explicit criteria for determining potentially inappropriate medication use by the elderly. An Update. Arch Intern Med. 1997; 157: 1531-6. 21 Novaes PH. et al. The “iatrogenic triad”: polypharmacy, drug-drug interactions, and potentially inappropriate medications in older adults. Int J Clin Pharm. 2017 Aug;39(4):818-825. 22 Maclagan LC. et al. Frailty and Potentially Inappropriate Medication Use at Nursing Home Transition. J Am Geriatr Soc. 2017 Oct;65(10):2205-2212. 23 Maio V. et al. Using explicit criteria to evaluate the quality of prescribing in elderly Italian outpatients: a cohort study. J Clin Pharm Ther. 2010; 35(2): 219-229. 24 Gagne JJ. et al. Prevalence and predictors of potential drug – drug interaction in Regione Emilia Romagna, Italy’ – Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutics. 2008;33:141-151. 25 Onder G. et al. High Prevalence of Poor Quality Drug Prescribing in Older Individuals: A Nationwide Report From the Italian Medicines Agency (AIFA). J Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2013 Aug 2. 26 Spinewine A. et al. Appropriate prescribing in elderly people: how well can it be measured and optimised? Lancet. 2007;370:173-84. 27 Makary MA. et al. Medical error: the third leading cause of death in the US. BMJ. 2016;353:i2139. 28 Parameswaran Nair N. et al. Hospitalization in older patients due to adverse drug reactions -the need for a prediction tool. Clin Interv Aging. 2016 May 2;11:497-505. 29 Aronson JK. Distinguishing hazards and harms, adverse drug effects and adverse drug reactions: Implications for drug development, clinical trials, pharmacovigilance, biomarkers, and monitoring. Drug Saf. 2013;36:147-53. 30 Oscanoa TJ. et al. Hospital admissions due to adverse drug reactions in the elderly. A meta-analysis. Eur J Clin Pharmacol. 2017 Jun;73(6):759-770. 31 Budnitz DS. et al. Emergency hospitalizations for adverse drug events in older Americans. N Engl J Med. 2011;365:2002-12.
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dal 11% al 36% negli Stati Uniti, con costi di gestione delle ADR pari a 30 miliardi di dollari con una media di circa 2.200$ per ogni singola reazione da farmaco32. I costi associati a questo fenomeno sono più che raddoppiati negli Stati Uniti33 tra il 1995 e il 2000 dove le ammissioni ospedaliere hanno comportato una spesa totale pari a 121.5 miliardi di $, incremento emerso anche in altre Nazioni come in Spagna34, dove la spesa per le ospedalizzazioni correlate alle ADRs è aumentata da 226 milioni di euro nel 2001 a 272 milioni nel 2006 e nel Regno Unito si è attestata a 2.5 miliardi35. Le ADR, come specificato dall’organizzazione Mondiale della Sanità, vengono definite come una risposta ad un farmaco che sia nociva e non intenzionale e che avviene a dosi che normalmente sono usate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia o che insorga a seguito di modificazioni dello stato fisiologico36, dove rispetto a un giovane adulto, l’anziano presenta un rischio quattro volte superiore di andare incontro ad una ospedalizzazione correlata all’uso di farmaci37. Negli anni sono stati condotti numerosi studi epidemiologici che forniscono un’indicazione della frequenza delle ADR e dei relativi costi sanitari nella pratica clinica. Tali conseguenze includono il ricovero ospedaliero correlato, il prolungamento della degenza ospedaliera e gli accessi ai dipartimenti di emergenza. In particolare, i ricoveri correlati ad ADRs negli anziani sono in continuo e incessante aumento, con un aggravio di costi a carico dei servizi sanitari, come evidenziato da uno studio olandese, che ha dimostrato che, nel periodo 1981-2007, il numero di ricoveri innescati dalle reazioni avverse da farmaci in età geriatrica era aumentato del 143%38. Gurwitz JH et al, attraverso un’indagine di 12 mesi seguendo 27.000 anziani, ha rilevato un’incidenza
di ADRs pari a 50 eventi su 1.000 anni/persona, dove il 38% è stato riconosciuto come grave mettendo in pericolo di vita il soggetto e il 42% di questi è risultato essere prevedibile39. Altri studi hanno dimostrato che la prevalenza di ricoveri causati da ADRs è pari al 10% con una insorgenza durante la degenza ospedaliera pari all’11%40. Stime provenienti dalla Francia41 hanno evidenziato che circa 120.000 pazienti ogni anno si recano dal proprio medico di medicina generale per tale problematica e in Australia il 6-18% accede alle aree di emergenza dando luogo a ricoveri ospedalieri42. Negli Stati Uniti si stima che l’11,4-35,5% delle visite al pronto soccorso sono dovute alle reazioni da terapia farmacologica43 e i pazienti che manifestano ADR hanno un prolungamento della degenza ospedaliera fino a 20 volte maggiore rispetto ai pazienti senza ADR, dove il sesso femminile rappresenta un fattore predittivo importante44. Altri autori hanno dimostrato che uno su otto pazienti anziani ospedalizzati a causa di ADR va incontro ad una riammissione ripetuta per la stessa causa entro 12 mesi dalla dimissione45. Come dimostrato da vari studi internazionali le reazioni avverse da farmaco sono associati a costi considerevoli, con valori di spesa media aggiuntiva che si colloca in un intervallo che oscilla tra da 934€ a 5.783€ per ogni singolo episodio46. Uno studio retrospettivo condotto in Germania su tre strutture ospedaliere ha quantificato la degenza media nei soggetti affetti da ADRs pari a 12,7 – 17,2 giorni, con una spesa annua di 1.058 miliardi di euro47. Cullen DJ et al ha differenziato i costi tra le unità operative non intensive riconducibili ad una spesa pari a 13.994$, rispetto a quelle intensive che si collocano intorno ai 20.000$48. L’incidenza e i costi delle visite nei dipartimenti di emergenza dovuti
32 Sultana J. et al. Clinical and economic burden of adverse drug reactions. Journal of Pharmacology and Pharmacotherapuetics. 2013 Dec;4(Suppl 1):S73-7. 33 Ernst FR. et al Drug-related morbidity and mortality: updating the cost-of-illness model. J Am Pharm Assoc (Wash) 2001 Mar–Apr; 41(2):192–9 34 Carrasco-Garrido P. et al. Trends of adverse drug reactions related-hospitalizations in Spain (2001–2006). BMC Health Serv Res 2010 Oct 13; 10: 287. 35 Frontier Economics. Exploring the cost of unsafe care in the NHS London: NHS; 2014. 36 World Health Organization. International drug monitoring. The role of the hospital. World Health Organ Tech Rep Ser. 1969;425:5–24. 37 Beijer HJM. et al. Hospitalisations caused by adverse drug reactions (ADR): a meta-analysis of observational studies. Pharmacy World & Science 2002; 24: 46-54. 38 Hartholt KA. et al. Adverse drug reactions related hospital admissions in persons aged 60 years and over, the Netherlands, 1981-2007: less rapid increase, different drugs. PLos One 2010;5:1-6. 39 Gurwitz JH. et al. Incidence and preventability of adverse drug events in nursing homes. Am J Med 2000; 109: 87-94. 40 Alhawassi TM. et al. A systematic review of the prevalence and risk factors for adverse drug reactions in the elderly in the acute care setting. Clinical Interventions in Aging. 2014; 9: 2079-86. 41 Lacoste-Roussillon C. et al. Incidence of serious adverse drug reactions in general practice: A prospective study. Clin Pharmacol Ther. 2001;69:458-62. 42 Howard RL. et al. Which drugs cause preventable admissions to hospital? A systematic review. Br J Clin Pharmacol 2007;63:136-47. 43 Budnitz DS. et al. Medication use leading to emergency department visits for adverse drug events in older adults. Ann Intern Med 2007;147:755-65. 44 Davies EC. et al. Adverse drug reactions in hospital in-patients: A prospective analysis of 3695 patient-episodes. PLoS One 2009;4:e4439. 45 Parameswaran Nair N. et al. Repeat Adverse Drug Reaction-Related Hospital Admissions in Elderly Australians: A Retrospective Study at the Royal Hobart Hospital. Drugs Aging. 2017 Oct;34(10):777-783. 46 Raible CA. Arzneimittelmanagement im Krankenhaus. Einetheoretische und empirische Analyse. Frankfurt am Main: Lang, 2007. 47 Rottenkolber D. et al. Costs of Adverse Drug Events in German Hospitals-A Microcosting Study. Value Health Sep-Oct 2012;15(6):868-7 48 Cullen DJ. et al. Preventable adverse drug events in hospitalized patients: A comparative study of intensive care and general care units. Crit
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alle reazioni avverse da farmaci sono stati quantificati in studi precedenti attraverso l’utilizzo di database come l’International Classification of Diseases, 10th RevisionCanadian Enhancement (ICD-10-CA). In riferimento a ciò nel periodo compreso tra aprile 2003 e marzo 2008 sono stati valutati l’incidenza e i costi per ogni visita al pronto soccorso includendo gli adulti di età ≥ 66 anni, dove gli accessi dovuti alle ADRs è stato pari allo 0,75% di cui il 21,6% di questi hanno generato ospedalizzazioni. Il costo per ogni visita al pronto soccorso è stato quantificato in 333$, ogni singolo ricovero in 7.528$, con un onere economico totale annuo di 13.6 milioni di $ in Ontario e di circa 35.7 milioni in Canada49. Uno studio retrospettivo di coorte relativo ad un progetto farmacovigilanza è stato diretto in trentadue dipartimenti di emergenza della Regione Lombardia tra il 1gennaio 2010 e il 31 dicembre 2011, concentrando le singole valutazioni in riferimento alla prevedibilità delle ADRs, la singola gravità, la mortalità successiva a 30 giorni e l’onere economico. Le reazioni avverse dovute alla politerapia sono state 8.862 con un tasso di prevalenza complessivo di 3,5 episodi ogni 1.000 visite, dove il 42% dei casi poteva essere evitato, il 46,4% è stato classificato come evento grave, il 15% ha richiesto il ricovero in ospedale e l’1,5% ha causato il decesso del
paziente. Il costo totale associato alla gestione ADR è stato di 5.184.270 €, con un costo medio per paziente di 585 € dove il 58% del carico economico è stato definito come probabilmente prevenibile50. Implicazioni per la pratica Ad oggi l’incidenza degli eventi avversi innescati da un uso non adeguato della terapia farmacologica presenta un tasso di probabilità molto più elevato rispetto al passato, originato dall’aumento delle patologie multiple, dalla coesistenza di più specialisti che ruotano intorno al paziente e dalla tendenza all’automedicazione con prodotti da banco. Seguendo le linee organizzative fondate sull’appropriatezza vi è la necessità di accrescere quelle strategie multidisciplinari organizzative indirizzate alla riduzione del danno iatrogeno, all’implementazione dei percorsi diagnostici terapeutici prevedendo la responsabilizzazione del singolo e dei caregiver con l’istituzione di percorsi assistenziali finalizzati a migliorare l’asse ospedale territorio. I criteri di Beers rappresentano uno dei possibili criteri espliciti di valutazione dell’appropriatezza prescrittiva nell’anziano e sono largamente adottati nella medicina clinica geriatrica, nella ricerca e nel potenziamento degli indicatori di qualità di processo.
Care Med 1997;25:1289-97. 49 Wu C. et al. Incidence and Economic Burden of Adverse Drug Reactions Among Elderly Patients in Ontario Emergency Departments: A Retrospective Study. Drug Saf. 2012; 35(9): 769–781. 50 Perrone V. et al. Seriousness, preventability, and burden impact of reported adverse drug reactions in Lombardy emergency departments: a retrospective 2-year characterization. ClinicoEconomics and Outcomes Research 2014;(6):505–514.
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gestione Michele Piazzesi - Estar
Strumenti per il rilancio della sanità pubblica ad invarianza finanziaria
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e misure previste dal Meccanismo Europeo di Stabilità -MES (European Stability Mechanism), meccanismo permanente per la gestione della crisi dei paesi membri della U.E., fu istituito con il Trattato sottoscritto il 2 febbraio 2012, ratificato in Italia con la legge del 23/7/2012, n. 116. Secondo la definizione di un illustre autore ( Marco Fratini, “Compendio di Contabilità pubblica”, 2017, p. 46) “ il meccanismo è un’istituzione finanziaria internazionale, con sede in Lussemburgo, che sostiene gli stati membri dell’eurozona, nel caso in cui ciò sia indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria dell’eurozona nel suo complesso e quella dei suoi stati membri”. Senza entrare nel dettaglio delle misure previste nell’originario trattato del 2012, al momento del presente studio risultano in approvazione varie misure di sostegno finanziario a livello europeo. Da un lato il Recovery Fund, piano straordinario di intervento (si parla a tale riguardo di Next generation EU), che permetterà agli stati membri della U.E., previa predisposizione di appositi piani nazionali, da sottoporsi al vaglio degli organi europei, volti alla promozione della crescita occupazionale nonché al potenziamento della resilienza sociale ed economica delle nazioni europee. Il MES, nella sua odierna veste di meccanismo dedicato all’emergenza sanitaria, si pone in netto contrasto con le misure di cui al trattato del 2012, in quanto, secondo il segretario del Mes Nicola Gianmarioli , adesso gli stanziamenti “non hanno nulla a che vedere con i prestiti del passato”, perché, “ non portano a condizionabilità ex post, austerity o restituzione del debito” . Detti fondi si devono usare per coprire i costi sanitari diretti ed indiretti connessi al Covid -19: “dai vaccini alla ricerca, passando per la riorganizzazione della sanità e la ristrutturazione degli
ospedali “...(Omissis). ( Cfr. “Il sole 24 ore , 25 luglio 2020). Un dato è dunque certo, sono in arrivo, per il nostro paese, disponibilità di risorse volte al rafforzamento del SSN. Ma come provvedere al loro utilizzo corretto, senza aver previamente predisposto una diversa connotazione del sistema dell’evidenza pubblica nel suo insieme? Senza un radicale ripensamento del rapporto di partenariato pubblico privato, in senso lato tra pubblica amministrazione e singolo cittadino, al tempo stesso potenziale fornitore di servizi, beni o forniture alla pubblica amministrazione, ed utilizzatore degli stessi, detti fondi potrebbero risultare malgestiti o esaurirsi in modalità non garantiste dei dettami del precetto costituzionale di cui all’articolo 97 della Costituzione, in termini di imparzialità ed indipendenza. A tal fine traiamo ulteriori spunti di riflessione dal vigente codice dei contratti pubblici. Il codice dei contratti quale strumento per la valorizzazione dell’autonomia privata, ex art. 1322, comma 2 del codice civile anche nelle procedure ad evidenza pubblica Partiamo dal dato normativo: sotto la rubrica “Principi per l’aggiudicazione di appalti e concessioni”, l’articolo 30, comma 8 del D.Lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i., recita testualmente:..”per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241,alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”. Accantoniamo il riferimento alla legge n. 241 del 1990, in cui, comunque si esprime un “favor” verso l’attività privatistica della pubblica amministrazione, in quanto retta dalle norme del codice civile, giusto il disposto di cui all’articolo 1, comma 1-bis della legge
il contratto di sponsorizzazione si inquadra nei termini che seguono: è un contratto atipico, consensuale, normalmente a carattere oneroso ed a prestazioni corrispettive
gestione n. 241/1990. Quello che invece mi preme sottolineare è l’accentuazione doverosa del riferimento all’autonomia privata indicata dall’articolo 1322, comma 2 del codice civile, che come noto dispone espressamente: “Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”. Alla luce degli approdi della giurisprudenza tanto civilistica che amministrativa, secondo il criterio della “causa concreta”, intesa come “sintesi degli interessi concreti che le parti intendono perseguire con il negozio” (cfr. la definizione risalente in dottrina al Bianca), ben potrebbe la pubblica amministrazione addivenire alla conclusione di contratti atipici. Tra questi, vengono annoverati nella indagine dottrinale e giurisprudenziale, il contratto di sponsorizzazione, di qui la trattazione nel paragrafo che segue. Ulteriori argomenti a sostegno della tesi proposta: il contratto di sponsorizzazione quale contratto atipico, ma socialmente tipico, solo in parte disciplinato dal codice dei contratti pubblici Partiamo dal dato legislativo: sotto la rubrica “Contratti di sponsorizzione”, l’articolo 19 del d. Lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i. recita testualmente: “1. L’affidamento di contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture, per importi superiori a quarantamila euro, mediante dazione di denaro o accollo del debito, o altre modalità di assunzione del pagamento dei corrispettivi dovuti , è soggetto esclusivamente alla previa pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante, per almeno trenta giorni, di apposito avviso , con il quale si rende nota la ricerca di sponsor per specifici interventi, ovvero si comunica l’avvenuto ricevimento di una proposta di sponsorizzazione indicando sinteticamente il contenuto del contratto proposto. Trascorso il periodo di pubblicazione dell’avviso, il contratto può essere liberamente negoziato, purché nel rispetto dei principi di imparzialità e di parità di trattamento fra gli operatori che abbiano manifestato interesse., fermo restando il rispetto dell’articolo 80. 2.Nel caso in cui lo sponsor intenda realizzare i lavori, prestare i servizi o le forniture direttamente a sue spese, resta ferma la necessità di verificare il possesso dei requisiti degli esecutori, nel rispetto dei principi e dei limiti europei in materia e non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori. La stazione appaltante impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli
stessi”. Evidente il favor del legislatore per tale istituto: è necessaria solamente la pubblicazione di un avviso sul sito della stazione appaltante per la ricerca dello sponsor, con possibilità, una volta spirato il termine di pubblicazione obbligatoria di “negoziare liberamente il contratto”, peraltro sempre nel rispetto dei canoni di imparzialità e par condicio competitorum tra i candidati e che comunque rispettino i requisiti di cui all’articolo 80 del codice degli appalti. Ricordiamo infatti che l’attività della p.a. anche ove strettamente privatistica, sarebbe comunque vincolata “funzionalmente” al perseguimento dell’interesse pubblico: questo l’unico tratto differenziale rispetto all’autonomia del “quisque de populo”. Ciò detto, il contratto di sponsorizzazione si inquadra nei termini che seguono: è un contratto atipico, consensuale, normalmente a carattere oneroso ed a prestazioni corrispettive. Volendo darne una definizione, la sponsorizzazione è il contratto con cui un soggetto detto sponsee o sponsorizzato assume l’obbligo (normalmente dietro corrispettivo) di abbinare alla propria attività il nome o segno distintivo di altro soggetto (sponsor o sponsorizzatore). Dato per acclarato il doveroso rispetto da parte della p.a. dei principi che devono permearne l’attività, ed in particolare: a) che essa sia volta alla funzionalizzazione dell’interesse pubblico; b) l’adozione ed il rispetto di tutte le misure idonee ad evitare ipotesi di conflitto, anche solo potenziale, di interessi ; c) la finalizzazione dell’attività suddetta al contenimento della spesa pubblica. Nei suesposti limiti, da considerarsi assiomi inderogabili nella attività amministrativa in generale, con specifico riferimento al contratto di sponsorizzazione, ripetesi, contratto solo richiamato dall’articolo 19 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i., ma da considerarsi atipico, in quanto, di volta in volta da inquadrarsi in una ben specifica causa concreta, è possibile operare una “summa divisio” tra: a) sponsorizzazione passiva, in tale fattispecie la p.a. è il soggetto sponsorizzato, mentre lo sponsor ottiene la pubblicazione del proprio logo, segno distintivo, o più in generale della propria immagine, per il tramite dell’attività espletata dalla p.a.; il tutto verso il pagamento di un corrispettivo o, comunque, una compartecipazione alla spesa sostenuta dalla p.a.. Gli esempi di tale casistica possono essere molteplici: ad esempio la sponsorizzazione di marchi di produzione di autoveicoli in uso della p.a.; l’utilizzo di cancelleria con le medesime finalità; lo stesso dicasi per camici, mascherine, e quant’altro costituisca l’attività istituzionale dell’ente pubblico. In questo caso la p.a., nella funzionalizzazione dell’interesse pubblico, che deve costituire, in ogni caso, matrice caratterizzante ogni sua attività, trova causa concreta nel recupero
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di risorse finanziarie. La sponsorizzazione passiva è un contratto atipico, consensuale, sinallagmatico ed a titolo oneroso, rientrante della categoria dei contratti attivi degli enti pubblici: comporta un beneficio economico per la collettività, sotto forma di risparmio di spesa, e pertanto, per le predette caratteristiche ha una disciplina che esula dalla normativa sugli appalti pubblici. b) Nella sponsorizzazione attiva , invece, la p.a. riveste il ruolo di sponsor ( talvolta si parla di “patrocinio”), per una attività espletata da un privato dalla quale la p.a. possa ragionevolmente presumere di beneficiare di un importante ritorno di immagine. Anche in questo caso, resta fermo il principio che si esclude l’obbligo per la p.a. del ricorso a procedure concorsuali. Ancora, per completezza, è possibile distinguere tra sponsorizzazione esterna e sponsorizzazione interna, a seconda che sia prevista la corresponsione di un corrispettivo a carico dello sponsorizzato per le prestazioni ricevute in cambio dallo sponsor. Per lo spunto conclusivo del presente studio, volto ad evidenziare la necessità di una impostazione sostanzialmente diversa di tutto il settore dell’evidenza pubblica, utili argomenti ermeneutici possono trarsi dalla giurisprudenza amministrativa e civile, in materia di danno curriculare, di qui la trattazione nel paragrafo che segue. Ulteriore strumento di rimodulazione del rapporto pubblico-privato nel sistema dell’evidenza pubblica teleologicamente orientato al risparmio di spesa: il riferimento al cd. danno curriculare Nel caso di non aggiudicazione di una procedura di gara ad evidenza pubblica, alla quale il concorrente aveva partecipato, rileva il così detto “danno curriculare”, quale riflesso della non aggiudicazione. In concreto, la ditta non aggiudicataria, lamenterà il mancato incremento della propria cifra d’affari: si parla di
mancata fatturazione o della diminuzione delle proprie capacità tecniche, parametri utili per la partecipazione a future gare d’appalto. Peraltro, la giurisprudenza civile di legittimità è costante nel ritenere che sono ricompresi in tali voci di danno anche quelli mediati ed indiretti, purché rientranti nelle conseguenze ordinarie del fatto illecito o inadempimento della p.a., secondo un criterio di regolarità causale secondo “ l’id quod plerumque accidit” del fatto. Dunque, il danno curriculare è dato dall’impossibilità per l’impresa risultata illegittimamente non aggiudicataria, di implementare, arricchire il proprio curriculum che, avrebbe di per sé aumentato le sue possibilità espansive sul mercato concorrenziale. Tale categoria dogmatica costituisce una voce di danno a sé stante, non collegabile alla specifica commessa non ottenuta, risarcibile autonomamente, in aggiunta, come particolare ipotesi di perdita di chance, al mancato guadagno derivante dalla non aggiudicazione. In tal senso si veda la Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 16 agosto 2016, n. 3634 ai sensi della quale: “Nel lucro cessante, conseguente alla mancata assegnazione di appalto pubblico, rientra oltre l’utile che sarebbe stato conseguito, anche il danno curriculare conseguente al mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale, per non poter vantare l’avvenuta esecuzione dell’appalto”. Sotto il profilo probatorio, il danno in oggetto, normalmente quantificato in una percentuale compresa tra l’1% ed il 5% del prezzo offerto in sede di gara, la giurisprudenza ha assunto un atteggiamento restrittivo, in modo da escludere ogni automatismo, nel richiedere in particolare, almeno un principio di prova relativo alle concrete ricadute negative della mancata aggiudicazione sulle future attività dell’imprenditore in gara ( Cfr. in tal senso Consiglio di Stato Sezione IV, 7 novembre 2014, n. 5497).
gestione Conclusioni Dal quadro esposto nei paragrafi che precedono, si deve trarre la conseguenza per cui, una riqualificazione, rimodulazione della ratio sottostante all’intero sistema dell’evidenza pubblica appare quanto mai necessaria. Sappiamo che dall’Europa, attraverso i vari meccanismi come il MES, il Recovery fund etc., giungeranno per il nostro paese appositi fondi , e con specifico riferimento al SSN, il ( nuovo) MES prevede apposite misure di potenziamento della sanità tutta. Come utilizzare al meglio nel modo più funzionale al perseguimento degli interessi pubblici ex art. articolo 97 della Costituzione tali provvigioni? Da una parte occorre dare impulso, laddove il settore merceologico lo permetta, alla concreta attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 19 del codice degli appalti, implementando l’utilizzo dell’istituto della sponsorizzazione in maniera appropriata.Mi domando, cosa importerebbe se ad esempio la cancelleria, le auto aziendali , i camici, le mascherine e quant’altro venissero acquisiti per il tramite di sponsorizzazioni in cui compare ben evidente il logo dello sponsor, se tutto ciò fosse funzionale in quanto teleologicamente volto al risparmio della spesa pubblica? Niente in contrario direi, anzi, l’esatto opposto: sarebbe opera meritoria il comportamento di una stazione appaltante che provvedesse al reperimento ad esempio di camici per uso sanitario con sopra impressa in evidenza la ragione sociale della ditta che li offre in qualità di sponsor. Il paragone è in questo caso, da farsi con il contratto di “endorsing” nello sport professionistico, come nel tennis, nel calcio etc. in cui gli atleti e le società recuperano denaro per il solo fatto di indossare, e di fare utilizzazione del “materiale “tecnico” ( maglie, racchette, scarpe etc.) con su sopra ben evidente la marca del prodotto utilizzato. Peraltro, occorre puntualizzare che non potrà essere utilizzato ad opera della pubblica amministrazione il contratto di “abbinamento”, utilizzabile esclusivamente inter pares, cioè solo tra privati. Con il contratto di abbinamento le squadre professionistiche di taluni settori ad esempio volley, o della pallacanestro, ed anche altri sport, abbinano al proprio nome, ad esempio “Ponterosso Firenze” (società di basket realmente esistita anni fa nella mia città ed in cui mi onoro di avere giocato), il nome della ditta “X”, che appunto compare in tutte le dizioni con cui si fa riferimento alla predetta società, ivi compreso classifiche ufficiali e calendari di campionato. All’utilizzo dell’abbinamento in ambito pubblicistico, o comunque in cui è parte una p.a., osta il dato rinvenibile “a contrario” dall’articolo 4 della legge 20 marzo 1975, n. 70, relativa al parastato ( meglio nota come legge
di abolizione degli enti inutili) , secondo cui .”Nessun nuovo ente pubblico può essere costituito o riconosciuto se non per legge” da qui la tipicità del nomen di ogni ente pubblico determinato ex lege. In conclusione, nei limiti sopra enucleati, la sponsorizzazione costituisce un importante istituto richiamato dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i., teleologicamente volto al risparmio della spesa ( in questo caso) sanitaria. Ma c’è di più: dal dato normativo surrichiamato, vale a dire dall’articolo 30, comma 8 , del codice appalti, in cui si esplicano le coordinate ermeneutiche dell’autonomia privatistica, anche per gli enti pubblici, quanto meno per la parte relativa alla stipula ed alla fase esecutiva del contratto, sarebbe possibile inserire in tutte le tipologie di gara delineate dal legislatore del 2016, quale quota parte del prezzo a carico del fornitore una voce desumibile dal suddetto contratto atipico di sponsorizzazione. Se la giurisprudenza riconosce, seppure in una percentuale ridotta compresa tra l’1% ed il 5 % del prezzo offerto in sede di gara, per il ristoro del cd. danno curriculare, ciò è indice (argumentum a contrario) della natura patrimoniale di per sé della eventuale aggiudicazione di una qualunque procedura di gara, stante il favorevole riverbero sul curriculum della società e per le conseguenti ricadute economiche per l’impresa nei suoi futuri percorsi professionali. Ecco allora dunque la possibilità, anzi, nell’ottica della funzionalizzazione del miglior utilizzo delle risorse pubbliche, la doverosità di inserire nei singoli capitolati clausole contenenti meccanismi di sponsorizzazione, ad esempio per una quota parte del totale del sinallagma, e dunque sotto forma di quota parte del quantum debeatur, da valutarsi volta per volta in ogni caso in una percentuale mediamente non inferiore al 10 % del prezzo di aggiudicazione. Di qui l’importanza della creatività degli operatori operanti nel sistema pubblico, nell’implementare, avvalendosi del disposto di cui all’articolo 1322, comma 2 del codice civile, un diverso approccio del rapporto tra pubblico e privato. Il privato deve trovare la sua giusta remunerazione, in una quota parte del prezzo, da valutarsi di volta in volta a seconda delle caratteristiche del messaggio di sponsorizzazione posto in atto, già per il fatto di essere partecipe dell’attività della p.a., cui pertanto conseguiranno consistenti risparmi di spesa finalizzati alla massimizzazione dell’interesse pubblico nel contesto di una politica di invarianza finanziaria, se non addirittura di contenimento dei costi nel loro complesso. Questo, sarebbe un modo semplice, a legislazione vigente, che permetterebbe, soprattutto adesso, in una fase emergenziale per l’intera economia del paese, di reperire risorse per la ripresa complessiva del sistema Italia.
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“CONNECT FOR SHAPE: Ridisegnare insieme il futuro del public procurement dei medical devices”
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l Progetto Connect for Shape si fonda sulla convinzione che, in tema di politiche di acquisto dei dispositivi medici, l’attenzione da riporre sulla qualità di ciò che si intende acquisire non sia mai abbastanza. E questo soprattutto con riferimento all’alta tecnologia e ai dispositivi delle classi di rischio più elevate. Con l’obiettivo di condividere e valorizzare best practices e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici è quindi nato il progetto “Connect for Shape” (“Connect for Supreme Healthcare and Procurement Excellence”, su iniziativa di Methodos Spa e con il supporto non condizionante da parte di Olympus. Tre sono le macro aree di interesse su cui si fonda tutto il progetto: la prima area è incentrata sul concetto di innovazione; la seconda si focalizza sui fabbisogni; e la terza definisce quelli che sono oggi giorno gli strumenti che le stazioni appaltanti hanno a disposizione in fase di gara. Lo scopo di questo articolo è fornire al lettore un approfondimento sul tema dell’Innovazione.
1. Innovazione: procedure di acquisto dei Dispositivi Medici ad alta tecnologia e valutazioni delle evidenze scientifiche Al fine di effettuare un’adeguata valutazione della letteratura, che tenga opportunamente conto delle specificità dei dispositivi medici, occorrono criteri di valutazione altrettanto specifici, ovvero definiti in funzione del tipo di dispositivo e, in particolare, rispettosi del fatto che: • il mercato dei dispositivi medici è frammentato in numerosi segmenti relativamente piccoli dal punto di vista economico; • il costo-efficacia di un determinato dispositivo medico può dipendere in grandissima parte dalle capacità e dall’esperienza nel suo utilizzo da parte del medico;
la “curva di apprendimento” in questi casi fa sì che le condizioni ottimali di valutazione dei dispositivi innovativi si possano raggiungere solo in un momento successivo alla loro introduzione sul mercato. Le evidenze maggiormente utili sono quelle di costo-efficacia comparata tra specifici dispositivi e non tra famiglie di dispositivi. Tutto ciò detto, la valutazione delle evidenze scientifiche non va scambiata con le attività di Health Technology Assessment (HTA). Quest’ultimo, quando si riferisce a tecnologie consolidate, attiene a un momento precedente il procurement; quando invece si riferisce a tecnologie innovative, attiene a un momento successivo idealmente contestualizzato in appositi managed-entry agreement. Gli attori in gioco nel processo di procurement, dunque, nel primo caso utilizzano le evidenze di HTA ai fini delle loro decisioni di acquisto e nel secondo favoriscono il crearsi dei presupposti una successiva produzione di suddette evidenze. I protagonisti del procurement, dunque, non fanno HTA, ma giocano un ruolo cruciale, sia in quanto possibili fruitori, sia in quanto possibili facilitatori di tali studi.
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47 2. Innovazione: Dialogo tra attività di Procurement e HTA Acquisti di routine e acquisti di innovazioni richiedono approcci differenti. Questo punto è fondamentale al fine di consentire l’accesso al mercato a dispositivi innovativi. Peraltro, anche l’innovazione non è tutta uguale: va distinta quella incrementale da quella dirompente. La prima migliora una tecnologia già esistente sul mercato (upgrade tecnologico); la seconda introduce soluzioni tanto innovative da creare cambiamenti radicali: nuove procedure, nuovi mercati, nuove figure professionali (nuovi paradigmi tecnologici che impattano sull’intero settore). Anche in questi casi servono approcci differenti. Nel caso di dispositivi medici innovativi, è opportuno che si stabilisca un dialogo costante e serrato tra attività di procurement e attività di HTA. Le stazioni appaltanti devono sviluppare, anche in collaborazione con il Mercato e con particolare riferimento alle innovazioni dirompenti, appositi Registri in cui raccogliere evidenze sull’efficacia dei dispositivi in questione. Per lo più, le innovazioni, specie se dirompenti, si affacciano per la prima volta al Mercato con limitate evidenze riguardo alla loro efficacia. Questo, da un lato, è un aspetto fisiologico legato alle specificità del settore dei dispositivi medici; dall’altro, è un fattore critico che va gestito.
Discorso analogo vale per la curva di apprendimento, laddove questa assuma rilevanza. In questi casi è essenziale che l’introduzione sul Mercato di dispositivi medici innovativi sia governata attraverso appositi Managed Entry Agreement (si consideri, per esempio, il caso degli stent medicati in Emilia Romagna) che, da un lato, corresponsabilizzino i fornitori e, dall’altro, agevolino l’accesso dell’innovazione al Mercato. Prossimi appuntamenti Webinar n.3 Talk Show dedicati all’approfondimento dei contenuti di Connect for Shape presto sul sito www. met-channel.com: • 17 Settembre 2020 • 24 Settembre 2020 • 1 Ottobre 2020 È possibile esprimere il proprio accordo rispetto a quando riportato all’interno del presente documento, collegandosi all’indirizzo: www.connectforshape.com. Tutti i sottoscrittori del documento, qualora lo desiderassero, potranno partecipare a eventuali future revisioni di aggiornamento dello stesso documento. L’elenco completo dei sottoscrittori è disponibile nella sezione dedicata allo stesso indirizzo web. www.connectforshape.com
gli esperti rispondono Monica Piovi e Piero Fidanza
Sull’avvalimento delle certificazioni del sistema qualità.
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avvalimento è un istituto di derivazione europea che potremmo definire “aggregativo e pro-competitivo” mediante il quale è consentito agli operatori economici di partecipare a procedure di evidenza pubblica integrando i propri requisiti di partecipazione con quelli di altri operatori economici, avvalendosi dei mezzi, delle risorse e degli strumenti in possesso di questi ultimi. Pertanto, il contratto di avvalimento ha come scopo principale quello di favorire la maggior partecipazione possibile alle gare di appalto anche da parte dei soggetti di per sé privi dei necessari requisiti speciali di partecipazione. Le ricadute positive dell’istituto si verificano sia per la P.A., la quale ha interesse ad ampliare la partecipazione a quanti più operatori possibili al fine di individuare la miglior offerta che il mercato è in grado di produrre; sia per gli operatori economici, i quali sono posti nelle condizioni di accedere anche a procedure che, sulla base delle proprie capacità, sarebbero loro precluse. Come chiarito dalla giurisprudenza (ex multis, Cons. di Stato, Sez. V, n. 6693/2018) l’istituto in parola può essere impiegato al fine di soddisfare la richiesta relativa al possesso, da un lato, dei requisiti di carattere economico-finanziario e, in particolare, del fatturato globale o specifico (c.d. avvalimento di garanzia), dall’altro, dei requisiti di capacità tecnico-professionale. Quest’ultimo caso ricorre qualora l’ausiliaria metta a disposizione le proprie risorse tecnico-organizzative indispensabili per l’esecuzione del contratto (c.d. avvalimento tecnico o operativo). I due tipi di avvalimento rispondono ad un regime giuridico parzialmente diverso: l’avvalimento di garanzia non comporta che il relativo contratto si riferisca alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, ma è sufficiente che dalla dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare ed a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria ed il proprio patrimonio; specularmente l’avvalimento tecnico od operativo presuppone che il contratto sia ben definito in ordine alle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria: per l’avvalimento operativo “sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto” (cfr., Cons. di Stato, sez. V, 30/01/2019, n.755). Orbene, dal momento che anche la certificazione di qualità può esser ricondotta nell’alveo dei requisiti tecnico-professionali, è necessario che il relativo contratto di avvalimento, riconducibile alla categoria dell’av-
valimento “operativo”, fornisca una espressa e specifica elencazione di tutti i mezzi e le risorse aziendali messi a disposizione dall’ausiliaria, per consentire alla Stazione appaltante una previa verifica sulla specificità e determinatezza del contratto stesso e quindi sulla completa ed effettiva soddisfazione del requisito mancante al concorrente. Più nel dettaglio, la giurisprudenza maggioritaria si orienta nel richiedere che l’ausiliaria metta a disposizione l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 17/5/2018, n. 2953). La ratio di tale richiesta risiede nell’esigenza di evitare che il rapporto di avvalimento si trasformi in una sorta di “scatola vuota”, atteso che “l’avvalimento, per com’è configurato dalla legge, deve essere reale e non astratto, cioè non è sufficiente “prestare” il requisito o la certificazione posseduta ed al contempo assumere sul punto impegni del tutto generici, a pena di svuotare di significato l’essenza dell’istituto” (cfr. Cons. di Stato, sez. III, 12/11/2014, n. 5573, richiamata di recente dda Cons. di Stato, sez. V, 30/1/2019, n. 755). Inoltre, lo scopo della specificazione delle “risorse” imposta dallo stesso art. 89 D. Lgs. 50/2016 è raggiunto ogniqualvolta la Stazione appaltante sia messa in grado di comprendere quali siano gli impegni concretamente assunti dall’ausiliaria nei confronti della concorrente e di verificare, in sede di gara, e controllare, in sede di esecuzione, che “la messa a disposizione del requisito non sia meramente cartolare ma sia basata sulla prestazione effettiva di attività e/o di mezzi dall’una impresa in favore dell’altra.” (TAR Lazio, Sez. III, 10/05/2019, n. 5880). Nello stesso senso si esprime anche l’Anac, la quale ha mostrato di aderire all’orientamento giurisprudenziale favorevole alla sua ammissibilità, a condizione che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata la propria organizzazione aziendale (Parere di precontenzioso n. 707 del 24/7/2018). Soddisfatti ed integrati i presupposti richiesti ai fini della legittimità e correttezza dell’avvalimento delle certificazioni di qualità, non vi sono ragioni che ostano al riconoscimento del beneficio della riduzione della garanzia fideiussoria, ai sensi dell’art. 93, co. 7, D. Lgs. 50/2016, pena un’irragionevole differenziazione e discriminazione tra i concorrenti in gara (Cons. di Stato, Sez. V, 10/09/2018, n.5287: “Invero, l’esame del contratto di avvalimento consente a questo Collegio di ritenerne la piena idoneità a trasferire al concorrente i mezzi per l’esecuzione dell’appalto e, con essi, per le ragioni descritte, anche il certificato di qualità […]. Discende dalla disponibilità del certificato di qualità per le ragioni precedentemente esposte la possibilità della concorrente di fornire la garanzia provvisoria in misura ridotta”).
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TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE
BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA
Connect for Shape è un progetto che coinvolge autorevoli esperti del mondo della salute, con l’obiettivo di condividere e valorizzare best-practice e raccomandazioni relative ai processi di acquisto dei dispositivi medici.
MASSIMILIANO BRUGNOLETTI
DECRETO SEMPLIFICAZIONI: AFFIDAMENTO DEGLI APPALTI PUBBLICI “SENZA SE E SENZA MA” VITTORIO MINIERO
Prossimi appuntamenti Webinar n.3 Talk Show dedicati all’approfondimento dei contenuti di Connect for Shape presto sul sito
STRUMENTI
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PRIMO IMPATTO DEL DECRETO SEMPLIFICAZIONE SUGLI ACQUISTI SANITARI
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B.REBAGLIATI - C.TUDINI - M.GRECO
NUOVI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO IN EDILIZIA SANITARIA IN EPOCA DI CONTENIMENTO DI SPESA: L’APPLICAZIONE DEL DIALOGO COMPETITIVO NELL’AZIENDA SOCIO SANITARIA LIGURE N. 4
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MARIA FELICITA CRUPI
17 Settembre 2020 24 Settembre 2020 1 Ottobre 2020
ISSN 1723-9338
www.met-channel.com
IL BILANCIO SOCIALE NEL PANORAMA DELLE AZIENDE DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE