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TUTELA DEI CONSUMATORI: LA DIRETTIVA OMNIBUS E IL SUO RECEPIMENTO

Scopo della direttiva omnibus è una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione sulla protezione dei consumatori da clausole e condizioni abusive e in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti di consumo

Foto di Steve Buissinne da Pixabay.

La Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 2022 ripubblica la legge 4 agosto 2022 di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti normativi dell’Unione europea- Legge di delegazione europea 2021, corredata dalle relative note. Si segnala che la prima pubblicazione (G.U. del 26 agosto 2022) non conteneva le note. Tale legge prevede, tra l’altro, che sia recepita la direttiva (UE) 2019/2161 (cd. direttiva omnibus), che modifica le direttive 93/13/ CEE, 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE concernenti una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione sulla protezione dei consumatori, Sono stabiliti i principi e i criteri direttivi del recepimento stesso. Nel recepimento della direttiva omnibus vanno osservati i principi e i criteri generali di cui all’art. 32 della legge 234/2012 recante norme generali della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’UE. In particolare l’articolo dispone, inter alia, che i decreti legislativi derivanti da un legge di delegazione europea siano informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali: a) le amministrazioni interessate attuano i decreti legislativi secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni dei servizi; b) per un miglior coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare sono introdotte le modifiche necessarie delle discipline stesse, anche attraverso il

riassetto e le semplificazioni normativi, con l’indicazione esplicita delle norme abrogate; c) gli atti di recepimento di direttive UE non possono contenere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dalla direttive stesse; d) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, se necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Oltre ai principi sopra esposti, nel recepimento della direttiva (UE) 2019/2161, si devono adottare i seguenti principi e criteri direttivi specifici: a) apportare al codice del consumo, di cui al decreto legislativo 206/2005, le modifiche e le integrazioni necessarie per il recepimento delle disposizioni contenute nella direttiva; b) coordinare le disposizioni relative all’indicazione dei prezzi, da introdurre nel codice del consumo, in attuazione delle modifiche apportate alla direttiva 98/6/CE, con le altre disposizioni vigenti in materia di indicazione dei prezzi, con particolare attenzione alle disposizioni dell’art. 15 (vendite straordinarie) del decreto legislativo114/1998; c) revisionare e adeguare le sanzioni amministrative, già contenute nel codice del consumo, nelle materie oggetto della direttiva (UE) 2019/2161. Le sanzioni devono essere efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni; d) stabilire che i poteri sanzionatori previsti dalla direttiva omnibus siano esercitati dall’autorità garante della concorrenza e del mercato; e) prevedere che il massimo delle sanzioni inflitte a norma dell’art. 21 del regolamento (UE) 2017/2394 (sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori) sia almeno pari al 4% del fatturato dl professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati; f) stabilire le specifiche modalità di indicazione del prezzo precedente in caso di riduzione di prezzo per prodotti immessi sul mercato da meno di trenta giorni, nonché in caso di aumenti progressivi della riduzione di prezzo. Si escludono dall’indicazione del prezzo precedente i beni che possono deteriorarsi o scadere rapidamente.

LA DIRETTIVA OMNIBUS Come abbiamo detto sopra, la direttiva modifica le direttive 93/13/ CE, 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/8/UE, di tutela dei consumatori. Vogliamo ora vedere come questi provvedimenti si presentano nella versione vigente.

La direttiva 93/13/CE Premettiamo che la direttiva 93/13/CE, del 5 aprile 1993, concerne le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. La direttiva è stata modificata dalla direttiva 2011/83/UE (G.U. UE 22 novembre 2011), rettificata in G.U. UE 4 giugno 2015 L137 e, da ultimo, modificata dalla direttiva 2019/2161/UE.

La versione consolidata della direttiva in oggetto ha come obiettivo l’armonizzazione delle disposizioni degli Stati membri concernenti la protezione dei consumatori da clausole e condizioni abusive che potrebbero essere inserite nei contratti di adesione per i beni e i servizi acquistati dai consumatori stessi. Una clausola contrattuale, che non è stata negoziata individualmente, si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina a danno del consumatore, uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto. Segnaliamo che la disposizione risulta in questa formulazione nella rettifica sopra citata. Una clausola non è stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente, in particolare nell’ambito di un contratto di adesione, e il consumatore non ha quindi potuto esprimersi sul suo contenuto. Se solamente alcune parti della clausola o alcune clausole sono state oggetto di negoziato individuale, le disposizioni sulle clausole abusive possono trovare applicazione nella restante parte del contratto, se una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione. Inoltre se il professionista afferma che una clausola standardizzata è stata oggetto di un negoziato individuale, incombe su di lui l’onere della prova. L’allegato alla direttiva 93/13/CE contiene un elenco indicativo delle clausole che possono essere considerate abusive (per esempio è abusiva la clausola che esclude o limita la responsabilità giuridica del professionista in caso di morte o lesione personale del consumatore, risultante da un atto da un’omissione del professionista stesso). La natura abusiva di una clausola contrattuale è valutata in base alla natura dei beni e servizi oggetto del contratto e considerando, al momento della conclusione di quest’ultimo, le circostanze che accompagnano la conclusione e tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui dipende. Il carattere abusivo della clausola non può riguardare né la definizione dell’oggetto principale del contratto né il prezzo effettivo pagato per i beni e i servizi, purché tali clausole siano chiare e comprensibili. Nel caso di contratti in cui tutte le clausole o talune clausole siano scritte, esse devono essere chiare e comprensibili. Qualora si verifichino dubbi interpretativi, si utilizza l’interpretazione più favorevole al consumatore. Questa disposizione non si applica alle procedure giudiziarie o amministrative di cui all’art. 7, par. 2. Ai sensi dell’art. 6, gli Stati membri devono prevedere che le clausole abusive di un contratto tra professionista e consumatore non vincolino il consumatore, alle condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, e che il contratto, se possibile, rimanga in essere per le altre clausole. Inoltre, nell’interesse dei consumatori e dei professionisti, gli Stati membri si devono attivare per far cessare l’inserimento di clausole abusive nei contratti tra un professionista e i consumatori. A tal fine possono essere emanate disposizioni che consentono a persone e organizzazioni, con interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire le autorità giudiziarie e amministrative competenti affinché esse stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, siano abusive e applichino gli strumenti atti a far cessare l’inserimento delle stesse (art. 7, par. 2). I ricorsi di cui sopra possono essere indirizzati, separatamente o in comune, contro più professionisti di un settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l’inserzione di clausole abusive. Gli Stati membri possono adottare o mantenere disposizioni più severe di quelle poste dalla direttiva in oggetto per la protezione dei consumatori, compatibilmente a quanto previsto dal Trattato UE (art. 8). Se uno Stato adotta disposizioni ai sensi dell’art. 8, ne deve informare la Commissione in particolare se: estendono la valutazione di abusività a clausole contrattuali negoziate individualmente o all’adeguatezza del prezzo o della remunerazione o contengono liste di clausole che devono essere considerate abusive. La Commissione garantisce che le informazioni di cui sopra siano facilmente accessibili a consumatori e a professionisti, anche attraverso un sito web. Segnaliamo che il provvedimento omnibus modifica la direttiva 93/13/CE, inserendo in quest’ultima l’articolo 8 ter in base al quale gli Stati membri determinano le norme sanzionatorie applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in conformità alla direttiva stessa. Le sanzioni di cui sopra possono essere limitate ai casi in cui le clausole contrattuali sono espressamente definite abusive dal diritto nazionale o ai casi in in cui il fornitore o venditore continui a utilizzare clausole contrattuali che sono dichiarate abusive con una decisione definitiva adottata conformemente all’art. 7. Per l’irrogazione delle sanzioni gli Stati assicurano che siano rispettati i seguenti criteri indicativi e non esaustivi, ove applicabili: a) natura, entità, gravità, durata della violazione; b) eventuali azioni intraprese dal venditore o fornitore per attenuare il danno subito dai consumatori e porvi rimedio; c) eventuali violazioni pregresse del fornitore o venditore; d) benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal fornitore o venditore in conseguenza della violazione; e) sanzioni inflitte al venditore o fornitore per la stressa violazione in altri Stati membri in casi transfrontalieri in cui le informazioni relative alle sanzioni sono disponibili in applicazione del regolamento (UE) 2017/2394; f) eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti il caso specifico. Fatto salvo quanto sopra scritto, gli Stati membri provvedono a fare in modo che, quando le sanzioni devono essere inflitte a norma dell’art.21 del regolamento (UE) 2017/2934, esse possano essere pecuniarie, inflitte attraverso un procedimento giudiziario e/o amministrativo, e per un importo massimo almeno pari al 4% del fatturato del venditore o del fornitore nello Stato membro o negli Stati membri interessati. Se, ai sensi di quest’ultima disposizione, deve essere inflitta una sanzione pecuniaria, ma le informazioni sul fatturato annuo di venditore o fornitore non sono disponibili, gli Stati membri introducono la possibilità di imporre sanzioni pecuniarie con importo minimo di 2 milioni di euro.

Direttiva 98/6/CE Il secondo provvedimento modificato dalla direttiva omnibus è la direttiva 98/6/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti di consumo (G.U. UE 18 marzo 1998 L80). L’intento è quello di migliorare l’informazione de consumatori stessi e rendere più agevole il raffronto dei prezzi. La direttiva del ’98 prevede l’obbligo d’indicazione del prezzo di

vendita (prezzo finale valido per un’unità di prodotto o una certa quantità di prodotto) e del prezzo per unità di misura (litro, chilogrammo ecc), comprensivi di IVA e altre imposte. In linea generale, il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura sono indicati per tutti i prodotti offerti ai consumatori, fatto salvo quanto disposto dall’art. 5 ai sensi del quale gli Stati membri possano esonerare dall’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per i quali quest’indicazione non risulti utile o generi confusione. Il prezzo per unità di misura non va indicato se è identico al prezzo di vendita. Per i prodotti commercializzati sfusi deve essere indicato solo il prezzo per unità di misura. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili. Il prezzo per unità di misura si riferisce ad una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni nazionali e UE. La direttiva (UE) 2019/2161 inserisce l’art. 6 bis nella direttiva 98/6/ CE. Esso dispone che ogni annuncio di riduzione del prezzo deve riportare il prezzo precedente applicato dal professionista per un certo lasso di tempo prima dell’applicazione della riduzione del prezzo stesso. Segnaliamo che, per prezzo precedente, s’intende il prezzo più basso applicato durante un periodo di tempo di almeno trenta giorni prima dell’applicazione della riduzione in questione. Eccezioni sono previste per i beni immessi sul mercato da meno di trenta giorni e per i beni che possono deteriorarsi o scadere rapidamente. È sostituito l’art. 8. Il testo vigente dispone che gli Stati membri stabiliscono le disposizioni sanzionatorie applicabili alle violazioni delle norme nazionali adottate in conformità alla direttiva 98/6/ CE e adottano le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Ai fini dell’applicazione delle sanzioni, gli Stati membri devono tener conto degli stessi criteri che abbiamo sopra elencato in riferimento all’art. 8 ter della direttiva 93/13/CE come modificata. Da ultimo ricordiamo che gli Stati membri possono adottare o mantenere disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi.

Direttiva 2005/29/CE La direttiva concerne le pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. Essa vuole contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al raggiungimento di un livello elevato di protezione dei consumatori contrastando tali pratiche. Contiene una lunga serie di definizioni, riportate dall’articolo 2 modificato e integrato dalla direttiva (UE) 2019/2161. Le novità consistono in: - una nuova definizione di prodotto inteso come “qualsiasi bene o servizi, compresi i beni immobili, i servizi digitali e il contenuto digitale, nonché i diritti e gli obblighi”; - introduzione delle definizioni di classificazione e mercato online. La classificazione è intesa come “rilevanza relativa attribuita ai prodotti, come illustrato, organizzato e comunicato dal professionista a prescindere dai mezzi tecnologici usati”. Mercato online è definito come un “servizio che utilizza un software, compresi siti web, parti di siti web o un’applicazione, gestito da o per conto del professionista, che permette ai consumatori di concludere contratti a distanza con altri professionisti o consumatori”. La direttiva 2005/29/CE, come modificata, si applica alle pratiche commerciali sleali tra consumatori, prima, durante e dopo una transazione commerciale relativa a un prodotto. Segnaliamo la sostituzione dei paragrafi 5 e 6 dell’art. 3. Il vigente paragrafo 5 dispone che non è impedito agli Stati membri di adottare disposizioni volte a tutelare l’interesse legittimo dei consumatori in relazione a pratiche di marketing o vendite aggressive o ingannevoli. Il paragrafo successivo prevede che tali disposizioni siano notificate alla Commissione e che questa renda tali informazioni facilmente accessibili ai consumatori e professionisti su un sito web dedicato. Sono vietate le pratiche commerciali sleali. Una pratica è considerata tale se: a) è contraria ai requisiti della diligenza professionale; b) distorce sostanzialmente o è suscettibile di falsare materialmente il comportamento economico nei confronti del prodotto del consumatore medio cui si rivolge o del membro medio del gruppo quando la pratica commerciale è diretta a un determinato gruppo di consumatori. In particolare sono sleali le pratiche ingannevoli o aggressive. L’allegato 1 della direttiva 2005/29/CE, aggiornato dalla direttiva omnibus, contiene l’elenco delle pratiche commerciali che, in ogni circostanza, sono considerate sleali. È considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni false o non veritiere o che può ingannare il consumatore medio, anche se le informazioni possono essere corrette, e quindi portarlo a una decisione d’acquisto che non avrebbe altrimenti preso. Le informazioni false e ingannevoli possono riguardare, ad esempio, uno o più dei seguenti elementi: a) l’esistenza o la natura del prodotto; b) le principali caratteristiche del prodotto, come disponibilità, vantaggi, rischi ecc.; c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo in relazione alla sponsorizzazione o approvazione diretta o indiretta del professionista o del prodotto; d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio in riferimento al prezzo; e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione; f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente; g) i diritti del consumatore. È anche ingannevole una pratica commerciale che induca o sia idonea a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso e che comporti: a) una qualsiasi attività di marketing, compresa la pubblicità comparativa, che ingeneri confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi del concorrente; b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si è impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile e il professionista indichi in una pratica commerciale che è vincolato dal codice;

c) una qualsivoglia attività di marketing che promuova un bene, in uno Stato membro, come identico a un bene commercializzato in altri Stati membri, mentre questo bene ha una composizione o caratteristiche significativamente diverse, salvo che ciò sia giustificato da fattori legittimi e oggettivi. Si segnala che questa disposizione è stata introdotta con la direttiva (UE) 2019/2161. L’art. 7 della direttiva 2005/29/CE, come modificata, disciplina le omissioni ingannevoli. È ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale induca o possa indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. Una pratica commerciale è considerata omissione ingannevole se un professionista occulta o presenta in modo non chiaro le informazioni di cui sopra o non indica l’intento commerciale della pratica stessa quando non risultano già evidenti dal contesto e quando, nell’uno e nell’altro caso, ciò induce o può indurre il consumatore a una decisione commerciale diversa da quella che avrebbe preso. Nel caso di un invito all’acquisto sono considerate rilevanti le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto: a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso; b) l’indirizzo e l’identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, se questa informazione è pertinente, l’indirizzo e l’identità del professionista per il quale egli agisce; c) il prezzo, comprensivo delle imposte, o se la natura del prodotto è tale da comportare l’impossibilità di prevedere il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali o l’indicazione che tali spese saranno a carico del consumatore; d) le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti alla diligenza professionale; e) l’esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti o le operazioni commerciali che comportino tale diritto; f) per i prodotti offerti su mercati online, se il terzo che offre i prodotti è un professionista o meno, la dichiarazione del terzo stesso al fornitore del mercato online (disposizione introdotta dalla direttiva UE 2019/2161). La direttiva del 2019 ha inoltre inserito nell’art. 7 il paragrafo 4 bis. Ai sensi di quest’ultimo, qualora sia fornita ai consumatori la possibilità di cercare prodotti offerti da professionisti diversi o da consumatori sulla base di una ricerca per parola chiave, frase o altri dati, indipendentemente da dove le operazioni siano effettivamente concluse, sono considerate rilevanti le informazioni generali, rese disponibili in una sezione apposita dell’interfaccia online che sia direttamente e facilmente accessibile dalla pagina in cui compaiono i risultati della ricerca, in merito ai parametri principali che determinano la classificazione dei prodotti presentati al consumatore come risultato della sua ricerca e all’importanza relativa di questi parametri rispetto ad altri parametri. Il paragrafo 4 bis non si applica ai fornitori di motori di ricerca online come definiti dal regolamento (UE) 2019/1150. Introdotta dalla direttiva omnibus è anche la disposizione in base alla quale se un professionista fornisce l’accesso alle recensioni dei consumatori sui prodotti, sono considerate rilevanti le informazio-

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ni che indicano se e in che modo il professionista garantisce che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto. Gli articoli 8 e 9 concernono le pratiche commerciali aggressive. È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, mediante molestie, coercizione o indebito condizionamento limiti o sia idonea a limitare in modo considerevole la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e quindi lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. Per valutare se una pratica è aggressiva occorre tener conto di vari elementi, quali: - la natura, il luogo, la durata della pratica; - il possibile ricorso alle minacce fisiche o verbali; - lo sfruttamento da parte del professionista di una circostanza grave tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore; - le eventuali condizioni sproporzionate imposte al consumatore (es. risoluzione del contratto). Segnaliamo che il testo vigente della direttiva 2005/29/CE contiene l’art. 11 bis, introdotto dalla direttiva del 2019. In base a tale articolo i consumatori lesi da pratiche commerciali sleali devono avere accesso a rimedi proporzionati ed effettivi, compresi il risarcimento del danno subito dal consumatore e, se pertinente, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Gli Stati membri possono stabilire l’applicazione per le condizioni e gli effetti di tali rimedi e possono tener conto, se del caso, della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, del danno subito dal consumatore e di altre circostanze pertinenti. Infine ricordiamo che anche l’art. 13 sulle sanzioni è stato inserito nella direttiva 2005/29/CE dalla direttiva (UE) 2019/2161. Ai sensi di tale articolo, gli Stati membri determinano le norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla direttiva in oggetto e prendono tutti i provvedimenti necessari a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. I criteri di cui tener conto nell’irrogazione delle sanzioni sono gli stessi che abbiamo già citato riferendoci alle altre direttive modificate dalla direttiva 2019/2161. Se le sanzioni devono essere inflitte a norma dell’art. 21 del regolamento (UE) 2017/2394, sopra citato, esse possono essere pecuniarie, inflitte attraverso un procedimento amministrativo e/o giudiziario, e per un importo massimo almeno pari al 4% del fatturato annuo del professionista nello Stato o negli Stati membri interessati. Sono previste deroghe. Se deve essere inflitta una sanzione pecuniaria di cui sopra, ma informazioni sul fatturato annuo del professionista non sono disponibili, gli Stati membri introducono la possibilità di imporre sanzioni pecuniarie il cui importo massimo sia almeno due milioni di euro.

Direttiva 2011/83/UE La direttiva in oggetto ha lo scopo di migliorare la tutela dei consumatori attraverso l’armonizzazione delle disposizioni degli Stati membri in materia di contratti conclusi tra professionisti e consumatori ed incoraggiare gli scambi commerciali tra gli Stati membri. La direttiva omnibus modifica la direttiva 2011/83/UE migliorando la protezione dei consumatori dell’Unione in diversi ambiti, tra cui gli acquisti online, la trasparenza dei prezzi, la classificazione di offerte online. Il testo vigente della direttiva 2011/83/UE si applica a un ampio ventaglio di contratti conclusi tra professionisti e consumatori, in particolare contratti di vendita contratti di servizio. Segnaliamo che la direttiva modificata estende l’ambito di applicazione ai contratti in cui il professionista fornisce o s’impegna a fornire servizi digitali o contenuti digitali al consumatore e quest’ultimo fornisce o s’impegna a fornire dati personali.

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Per una maggiore chiarezza riteniamo opportuno riportare le principali definizioni, come risultano dal testo modificato: - beni: qualsiasi bene mobile materiale, compresa acqua, gas ed elettricità quando sono messi in vendita in un volume delimitato o in quantità determinata e qualsiasi bene mobile materiale che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale in modo tale che la mancanza di detto contenuto digitale o servizio digitale ne impedirebbe lo svolgimento delle funzioni; - dati personali: tutte le informazioni relative a una persona fisica identificata o identificabile; - contratto di vendita: qualsiasi contratto in base al quale il professionista trasferisce o s’impegna a trasferire la proprietà dei beni al consumatore, incluso qualsiasi contratto avente come oggetto sia beni che servizi; - contratto di servizio: qualsiasi contratto diverso dal contratto di vendita nell’ambito del quale il professionista fornisce o s’impegna a fornire un servizio, compreso un servizio digitale al consumatore; - servizio digitale: un servizio che consente al consumatore di creare, trasformare, memorizzare i dati o di accedervi in formato digitale, oppure un servizio che consente la condivisione di dati in formato digitale caricati o creati dal consumatore o da altri utenti di tale servizio; - contenuto digitale: i dati prodotti e forniti in formato digitale; - mercati online: un servizio che utilizza un software, compresi siti web, parti di siti web o un’applicazione, gestito da o per conto del professionista, che permette ai consumatori di concludere contratti a distanza con altri professionisti o consumatore. Va segnalato che, secondo la versione vigente della direttiva, prima di concludere un contratto i professionisti devono fornire ai consumatori in modo chiaro e comprensibile informazioni quali: - la propria identità, l’indirizzo e il numero di telefono; - le caratteristiche principali del prodotto; - le condizioni applicabili, ivi compresi i termini di pagamento, i tempi di consegna, le prestazioni, la durata del contratto e le condizioni di recesso. Se il contratto è stipulato in un negozio occorre fornire soltanto le informazioni che non risultano già evidenti. Con le modifiche introdotte dalla direttiva omnibus, gli obblighi di informazioni, soprattutto in merito al diritto di recesso, sono più dettagliati per i contratti conclusi a distanza. Sono inoltre aggiunti requisiti specifici in materia di informazioni per i mercati online. I mercati online devono, tra l’altro: - informare i consumatori che le norme UE a tutela dei consumatori non si applicano a contratti conclusi con non professionisti; - spiegare chi è la persona responsabile dell’esecuzione dl contratto. La direttiva omnibus inoltre richiede ai professionisti di informare i consumatori quando il prezzo offerto è personalizzato in base a un processo decisionale automatizzato. Ai sensi della direttiva modificata, i consumatori possono recedere da contratti a distanza e fuori sede e entro 14 giorni dalla consegna del bene o della conclusione del contratto di servizio, con alcune eccezioni (es. beni deperibili, beni sigillati aperti dal consumatore). Eccezioni sono previste anche per contratti per la fornitura di contenuti digitali. Al momento del recesso, il consumatore non può utilizzare il contenuto digitale e il servizio digitale o metterlo a disposizioni di terzi. La direttiva 2011/83/UE infine richiede agli Stati di introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per punire violazioni delle disposizioni nazionali che recepiscono la direttiva. L’apparato sanzionatorio ricalca quello della direttiva 2005/29/CE. u

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