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Molto stupore per nulla – Luca Corsi
Molto stupore per nulla
LUCA CORSI Responsabile eventi Vorwerk Italia luca.corsi@vorwerk.it
Con il lavoro che faccio, pandemie permettendo, viaggio spesso in lungo e in largo per i sopralluoghi in alberghi, ristoranti, locali d’intrattenimento e location per eventi di varia natura. E ogni volta, per ottimizzare i tempi, l’agenda degli appuntamenti è così fitta che i canonici orari del pranzo, della cena e del dormire con regolarità vanno a farsi allegramente a benedire. Niente di strano, s’intende, perché chi fa l’event manager lo sa da sempre: si pranza e si cena quando capita, se la cucina è ancora aperta, altrimenti ci si arrangia con un petit déjeuner improvvisato, giusto per spezzare la fame e non andare a letto anche a stomaco vuoto, oltre che a notte fonda. Capirete, allora, quanto si è positivamente colpiti quando incontriamo un direttore d’albergo, o un ristoratore, che si fa in quattro per garantire un’accoglienza extra(ordinaria), certamente non compresa nel servizio, ma offerta comunque per gentilezza, per una forma di umana empatia. Un tempo era prassi comune, ma oggi, quando mi accade, mi lascia piacevolmente stupito. Perché ormai, pur nella sua “normalità”, questa forma di attenzione è merce sempre più rara. Negli ultimi due anni, infatti, i rapporti umani sono stati progressivamente “dematerializzati”, quasi a sottintendere che siano un superfluo, se non dannoso, retaggio del passato. I lockdown, i distanziamenti interpersonali, lo smart working, le riunioni via Zoom e gli eventi virtuali sono stati inizialmente una misura necessaria, condivisibile, per “fare la guerra” al Covid-19, ma hanno anche veicolato una certa diffidenza per il prossimo, per l’amico magari asintomatico, chissà… Poi è arrivata la guerra, quella vera, quella con i missili e i carrarmati, che ci ha rigettato indietro di cent’anni, quando i confini d’Europa erano fatti di muri e filo spinato, per tenere fuori i vicini, i nemici, gli invasori. Ecco, dopo due anni trascorsi così, sempre più connessi ma contemporaneamente più soli, chiusi nelle nostre case-rifugio, incattiviti dalle continue avversità, dall’inflazione, dalle incertezze del futuro e chi più ne ha più ne metta, mi stupisce che esistano ancora strutture con un barista, un maître o un direttore d’albergo disponibili a organizzare una cena fuori orario, nel cuore della notte, nonostante la brigata di cucina abbia già staccato da un pezzo. Ma allora, se il rapporto umano, a conti fatti, continua a essere così vincente agli occhi del cliente, perché il mondo moderno punta tutto sulla destrutturazione delle relazioni, sull’aumento delle distanze, sullo smart working, sugli eventi virtuali, sul metaverso, sugli avatar e via dicendo? Non lo capisco. E forse non lo accetto. Vorrei semplicemente tornare a non sorprendermi più per l’attenzione alle persone di un albergatore. E vorrei che non soltanto io, ma tutti noi tornassimo a considerarla una cosa normale. Perché anormale, francamente, mi pare tutto il resto.