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Il Metaverso: la nuova frontiera degli eventi? Luca Corsi

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Roma e dintorni

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Il Metaverso: la nuova frontiera degli eventi?

Il Metaverso è appena nato e già si applaude alla nuova frontiera degli eventi virtuali. Sarà davvero così o stiamo mettendo (di nuovo) il carro davanti ai buoi? Io penso la seconda…

LUCA CORSI Responsabile eventi Vorwerk Italia luca.corsi@vorwerk.it

Partiamo dall’inizio: che cos’è il Metaverso, tanto per cominciare? Il Metaverso è l’ultima creatura di Facebook, annunciata come una vera e propria rivoluzione da Mark Zuckerberg in persona, lo scorso 28 ottobre durante l’ultima edizione di Connect. In realtà l’idea non è del tutto nuova: il termine “metaverso” è stato coniato trent’anni fa dallo scrittore Neal Stephenson, nel romanzo di fantascienza “Snow Crash”, per descrivere un mondo digitale completamente realizzato, che esiste al di là di quello fisico in cui viviamo. Insomma, un universo alternativo, parallelo e virtuale, in tutto e per tutto simile a ciò che oggi sta creando Zuckerberg, per traghettare la sua azienda da semplice social media a piattaforma digitale per esperienze immersive in 3D, in realtà aumentata e in forma olografica. «La qualità distintiva del Metaverso – ha spiegato Zuckerberg – sarà una sensazione di presenza, come se fossi proprio lì con un’altra persona o in un altro luogo. Sentirsi veramente presenti con un’altra persona è l’ultimo sogno della tecnologia social». Detta così, il campo di applicazione del Metaverso è potenzialmente infinito: videogame multiplayer da giocare con gli amici, repliche digitali di edifici e appartamenti progettati e arredati dagli architetti per un virtual tour molto realistico, shopping online tramite il proprio avatar, concerti in streaming, ma con la sensazione di essere davvero sotto il palco, cene con amici e parenti a chilometri di distanza, riunioni di lavoro, viaggi e molto altro ancora. Quindi – perché no? – anche congressi, eventi, convention, lanci di prodotto e via discorrendo. Mah, sarà anche possibile e il futuro magari mi smentirà, ma personalmente nutro forti dubbi. E almeno per ora, la storia recente pare darmi ragione. Un conto, infatti, è andare a fare un sopralluogo virtuale, ma ben altra cosa è vedere la location con i propri occhi, rendersi conto della luminosità di un ambiente nei diversi momenti della giornata o con differenti condizioni atmosferiche, ascoltare i rumori che filtrano dalle pareti più o meno insonorizzate, percepire il profumo di un centrotavola, toccare con mano i materiali delle poltrone, delle tovaglie, dei tendaggi, del tavolo riunioni… Tutte cose che la virtualità può fare intuire – e questo è già un grande aiuto per gli event manager –, ma che non può restituire con l’esattezza plastica della realtà vera. Lo stesso si può dire del bisogno di socialità e di relazioni umane che gli eventi nascono per soddisfare. Non dimentichiamoci, infatti, che l’emergenza Covid sembrava aver dato un incredibile slancio alle riunioni via Zoom, ai virtual tour nei musei, agli eventi digitali, salvo poi vedere che – non appena sono venute meno le restrizioni imposte dai governi – la gente è immediatamente tornata al face-to-face, alle riunioni fisiche, agli eventi in presenza. Ecco perché, secondo me, tra il dire e il fare – ovvero tra un evento reale e uno digitale davvero coinvolgente –, c’è di mezzo il mare. Un mare che nemmeno lo spartiacque della pandemia ha saputo arginare. Insomma, sia sul piano organizzativo, sia su quello relazionale (anzi, su quello relazionale ancora di più), penso che il Metaverso e ogni altra diavoleria virtuale siano ancora lontani dal poter rispondere alle reali esigenze degli esseri umani. Almeno fino a quando resteremo umani.

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