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Un ripresa “incoming-centrica” Emanuele Nasti
Un ripresa “incoming-centrica”
Pochi giorni dopo la nomina del nuovo ministro del Turismo,
Novembre è stato un mese chiave per tracciare la roadmap dell’anno che verrà. L’autorevole istituto di ricerca Euromonitor International ha presentato al Wtm il report “Travel and Hospitality – Global Outlook and Innovation Guide”. Per chi crede al valore dei sondaggi, un faro verso le tendenze del turismo che dovrebbe guidare anche le scelte del Mice. Si parla in questo report di “nuove derive tecnologiche” e dell’importanza del concetto di sostenibilità che diventa sempre meno una leva di marketing opzionale e sempre più una reale necessità di efficienza operativa e riqualificazione del viaggio. Sempre al Wtm di Londra, si è tenuto anche il 16esimo Unwto Ministers’ Summit dal titolo: “Rethinking Tourism”, che ha presentato i dati in chiaroscuro di una ripresa definita incalzante, addirittura “senza precedenti” ma che in realtà deve ancora fare i conti con il ritardo dell’Asia, penalizzata dalla politica anti-Covid cinese e con le ripercussioni molto pesanti della guerra Russo-Ucraina. Due fattori che hanno ristretto di un bel po’ il nostro mondo e che si sommano alle incertezze del quadro macroeconomico, anch’esso peraltro, assai condizionato dalla crisi energetica innescata dal conflitto in Ucraina. Poi ci sono i fatti di casa nostra che pure hanno un certo peso. Il cambio della guardia al Ministero del Turismo, per esempio. Una scelta che non ha mancato di suscitare diverse perplessità, non tanto per i giudizi sulla persona del Ministro Santanchè, che lasciamo volentieri agli “hater” da tastiera, ma perché la sua figura, richiama una storia (e temo anche un presente) legata a filo doppio a un modo di intendere il turismo che ho già definito in altre sedi “incoming-centrico”. È l’espressione di una visione assolutamente miope del comparto turistico nella sua complessa interezza e che ahimè coinvolge non soltanto la politica ma anche una larga fetta del frastagliato ed eterogeneo mondo che ruota attorno al turismo stesso: gli enti associativi dell’ospitalità, buona parte della stampa di settore e direi tutta la stampa generalista, assecondano da sempre una lettura unidirezionale dei flussi turistici interpretando il MiTur come un ente di promozione del turismo verso l’Italia. In realtà questo è un compito che per statuto è affidato all’Enit, che pure opera sotto la vigilanza del Ministero del Turismo, che però poi dovrebbe occuparsi anche d’altro e in particolare dovrebbe curare “la programmazione, il coordinamento e la promozione delle politiche turistiche nazionali; i rapporti con le Regioni; i progetti di sviluppo del settore turistico; le relazioni con l’Unione Europea e gli altri enti internazionali in materia di turismo; i rapporti con le associazioni di categoria e le imprese turistiche e con le associazioni dei consumatori”. Invece, come ampiamente previsto, pochi giorni dopo la nomina, hanno cominciato a fioccare comunicati stampa tesi a valorizzare la bontà della nostra offerta enogastronomica, culturale, etc. Che originalità! Nessun cenno significativo purtroppo, all’altra faccia della medaglia, il famigerato “outgoing” che da sempre, dalle parti di Villa Ada, è visto come il fumo negli occhi. Eppure, reiterare questo errore rischia di pesare moltissimo nella nostra economia turistica. Non tanto e non solo perché ci sono centinaia di agenzie di viaggi in difficoltà, ma per una regola elementare di buon senso tale per cui senza il sostegno necessario ad alimentare uno scambio corretto ed equilibrato fra turisti stranieri che visitano l’Italia e turisti italiani che vanno all’estero, oltre all’incalcolabile impoverimento culturale e al conseguente isolamento sociale del nostro Paese, non potremmo che assistere all’evoluzione di un fenomeno già in corso, ovvero la riduzione dei collegamenti aerei e il conseguente aumento delle tariffe. Un aereo che arriva pieno non può
EMANUELE NASTI General manager Htms International enasti@htmsinternational.com
tornare vuoto. Questa è una legge che neanche al MiTur possono cambiare. Dunque, che senso potrà mai avere investire risorse sulla promozione dell’Italia se poi non ci sono i collegamenti per raggiungerci? Davvero vogliamo puntare tutto sul rilancio di Ita? E la nostra amata meeting industry, in tutto ciò come si muove? Come sempre anticipando e spesso indirizzando le scelte del turismo di massa ma sempre con quel modo di vedere le cose dall’alto verso il basso, come se non fosse direttamente interessata alle vicende dell’industria turistica, di cui pure il Mice fa parte. Gli eventi in presenza sono tornati ormai da tempo. Molti sono gli esempi di eventi organizzati anche lontano dai nostri confini e dal nostro punto di vista privilegiato, con quasi cinquanta destinazioni in portfolio, registriamo una forte crescita della domanda anche verso l’estero, ma in un contesto dove il grosso della domanda rimane ancora dentro i confini nazionali. Non è un male di per sé, ma è necessario un maggiore coinvolgimento di tutto il comparto alle decisioni strategiche che nei prossimi mesi segneranno le sorti del nostro turismo. Tutto.