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Sardegna: insolita e misteriosa
Insolita e misteriosa
Che la Sardegna sia un luogo diverso e unico, lo aveva già intuito nel Settecento il gesuita Francesco Cetti, uno dei primi naturalisti a occuparsi dell’isola, che scrisse: “Non v’è in Italia ciò che v’è in Sardegna, né in Sardegna v’è quel d’Italia”…
di ANTONELLA ANDRETTA La Sardegna è percorsa da una storia antica testimoniata dal fascino (in parte tuttora misterioso) dei nuraghe, dei menhir, delle domus de janas e di tanti altri resti archeologici; è caratterizzata da una fl ora e fauna autoctone capaci di disegnare paesaggi peculiari ed evocativi; ed è attaccata a gestualità e a riti che hanno radici profonde e tuttora molto sentite, lontane anni luci dal folklore a uso turistico di molte altre destinazioni (e basta partecipare a una qualsiasi delle centinaia di processioni, sagre e feste religiose per capire che è tutto autentico). Dare indicazioni è sempre diffi cile, soprattutto quando si tratta di un territorio così vasto costellato di posti super famosi. Abbiamo quindi scelto alcuni spunti che spingano a una visione più “aperta” alla destinazione e luoghi meno noti, appetibili non solo per vacanzieri e turisti, ma anche per organizzatori di eventi, tour operator, Pco e professionisti del settore in genere.
IL NUOVO CHE AVANZA? È LA TRADIZIONE
La tendenza a un turismo più rispettoso del territorio e la ricerca su come implementarlo sono al centro dell’attenzione degli amministratori sardi da tempo. Lo scopo è quello di incentivare un turismo che allunghi la stagione e che funga da richiamo anche per le zone interne, puntando su aspetti “emotivi”, dal piacere della lentezza alla suggestione per i luoghi dove vivono i centenari, il cui Dna vale più dell’oro. Quelli che seguono sono proprio alcuni progetti incentrati su questa visione e portati avanti da Sardegna Ricerche la quale, attraverso un bando da 3,4 milioni di euro conclusosi alla fi ne del 2021, ha messo a fuoco numerose proposte per un turismo sostenibile. L’obiettivo del bando era anche quello di unire le forze in reti d’impresa e i progetti fi nanziati sono 21, divisi in tre linee di attività, che coprono gran parte del territorio sardo e numerosi settori produttivi.
Al momento non è ancora possibile fornire indicazioni precise sulla fruibilità dei singoli progetti, ma ciò non toglie che siano da tenere d’occhio perché con ogni probabilità forniranno spunti nuovi e interessanti per gli organizzatori. Ne citiamo solo alcuni, come il progetto di “Sardinia ride, riciclovia dei giganti”, che intende sviluppare un doppio anello da seicento chilometri che tocchi tutti i capoluoghi di provincia passando per i principali siti culturali presenti in Sardegna, (tra cui Barumini, Cabras e Nora), le panoramiche Bosa-Alghero, e la 125 tratto Genna Silana, Orgosolo e Mamoiada. Il percorso prevede al cinquanta per cento viabilità interna, quindi non lungo la costa e tratti di questo percorso potrebbero essere inseriti per esempio in un team building all’insegna dello sport, tra biciclette e cene tipiche. Interessante anche il progetto “Rete Lakesos 2020”, che mette in rete il Logudoro e il Meilogu con la Valle dei Nuraghi, il lago Coghinas, il circuito delle chiese romaniche e altre tappe che mettono d’accordo spirito e ambiente: anche in questo caso lo spunto può essere ripreso per mixare attività tradizionali in un post evento con altre meno scontate, come la visita alle spettacolari basiliche romaniche del Logudoru tra cui la Santissima Trinità di Saccargia che svetta solitaria nella campagna
UN POZZO DI MERAVIGLIA
Tra mille siti archeologici sardi ce n’è uno che meriterebbe di essere più famoso, per quanto è di Santa Cristina. Situato nei Oristano, è costituito da tre nuclei cristiano composto da bellissimi muristenes (case di pellegrinaggio a un grande piazzale inondato Sacro, il pezzo forte del luogo. Si risalente a circa tremila anni fa, realizzato con massi squadrati, perfettamente incastrati con una geometria perfetta ed è il pozzo di Codrongianos (Sassari) o un birdwatching al tramonto sulle acque del fi ume Coghinas che sfocia placido nel mare poco lontano da Castelsardo, creando un ecosistema salmastro di grande interesse ecologico.
QUANDO LA SPIRITUALITÀ INCONTRA IL TURISMO SLOW
Da qualche anno l’assessorato al turismo e la chiesa sarda si sono impegnate per promuovere i cammini che partono da una valenza religiosa per arrivare a una “nuova”, per quanto antichissima, fruizione del territorio (come insegna la più famosa delle case history a riguardo, il Cammino di Santiago di Compostela). Sono spunti più che mai validi per dare una risposta all’esigenza di nuovi team building che puntano sull’empatia e sull’arricchimento personale in termini di conoscenza di se stessi, del prossimo e del
intrecciano tra loro. Scendere i l’acqua è un’esperienza che ha un sapore magico e mistico allo stesso un buon modo per riconnettersi alla nostra parte più antica e ancestrale. multifunzionale del complesso archeologico.
territorio in cui si svolge l’attività. Al momento i cammini presenti nel registro sono sette (l’ottavo è atteso a breve) e vanno dal pellegrinaggio di Nostra Signora di Bonaria, a quello minerario di Santa Barbara, nella provincia del Sulcis Iglesiente (patrona dei minatori). Il settimo è l’Itinerario dei martiri che si snoda attraverso i luoghi legati al culto dei martiri dove cioè subirono il martirio o vissero o in cui furono rinvenute le reliquie come Sant’Antioco, Cagliari, Pula, Santa Giusta, Porto Torres, Olbia, Decimomannu, Cuglieri e altre località. Anche in questo caso, ognuno di questi cammini può fornire idee che arricchiscano tour e incentive: basti pensare a un percorso che contempli, tanto per fare un esempio, l’isola di Sant’Antioco, con la l’antichissima basilica omonima e le sue catacombe cristiane, uniche dell’isola.
CULUCCIA: L’ISOLA CHE NON C’È
E dopo aver parlato di progetti e quindi di futuro, torniamo al presente, raccontando di “attrazioni” pienamente fruibili. La prima è l’Isola di Culuccia, anche se si tratta in realtà di una penisola: siamo in Gallura, su quel tratto di costa che va da Palau a Santa Teresa, a un passo dalla celebre e aff ollatissima spiaggia di Porto Pollo dove si rincorrono i windsurf e i kite. Culuccia, prima ancora che una meta turistica, è un sogno: quello di un imprenditore, Marco Boglione (patron di Robe di Kappa, Superga, K-Way e altri celebri marchi) che dopo aver acquistato questo angolo di terra selvaggia ha deciso che selvaggia doveva restare. Culuccia, 260 ettari di macchia mediterranea, baiette d’acqua cristallina, zone umide e sentieri, si è infatti preservata dalla turistifi cazione delle zone limitrofe solo per la testardaggine dell’antico proprietario, Ziu Agnuleddu, morto nel 1996, che pare avesse detto di no persino all’Aga Khan. Boglione ha acquistato i terreni nel 2017 con l’intenzione di farne un’azienda agricola d’alto livello e di aprire l’isola al pubblico, una sorta di “riserva naturale” privata ma resa accessibile a tutti attraverso un progetto di tutela ambientale, realizzato per step. Ci sono voluti anni per innalzare chilometri di muretti a secco, recuperare l’antico stazzo e un casolare, le vigne, le aree pascolo: perché sì, ci sono anche le mucche, gli asinelli e le capre, il tutto con l’intento non solo di conservare ma di implementare la biodiversità. Vi si produce miele, olio, vermentino, gin con le bacche di ginepro selvatico e fantastiche ostriche allevate alla peschiera dell’isola, che si possono consumare nel chiosco bar Macchiamala, molto easy e informale, che si aff accia sull’omonima piccola baia e dove non è insolito incontrare lo stesso Boglione che gira in bermuda tra i tavolini chiacchierando con gli avventori, un esempio di come sia possibile compendiare turismo e rispetto del territorio e dove il vero
lusso stia nell’unicità e nella naturalità del luogo. Il progetto è in divenire, se ne possono seguire le novità sulla pagina Facebook mentre per accedere all’isola, anche in piccoli gruppi (l’ingresso è contingentato), è necessario prenotare tramite l’app Culuccia.
MOLTO PIÙ CHE ESCLUSIVO: L’ASINARA IN BARCA A VELA
Per restare nel nord dell’isola, spostandosi verso ovest, puntiamo ora all’Asinara, altro concentrato di natura incontaminata. E se la Sardegna è già di per sé un mondo a parte, l’Asinara lo è ancora di più. Essendo stata a lungo un luogo di pena dal quale era impossibile evadere (e le numerose carceri di varie epoche ancora esistenti e visitabili ne sono la prova), l’Asinara è rimasta intatta grazie a questo isolamento. Parco Nazionale e Area Marina Protetta sin dal 2002 (due enti che, tra l’altro, regolano l’accesso alle boe, autorizzato solo nelle zone di Fornelli, Cala Reale e Cala d’Oliva), l’isola, coi suoi cinquanta chilometri quadrati è in grado di off rire un’esperienza indimenticabile, soprattutto in barca a vela, (ideale per eventi top o incentive di livello). La crociera tipo, da affi dare a operatori specializzati di Stintino, Porto Torres o Alghero, può comprendere due o tre notti in rada cui si possono abbinare escursioni a terra: l’isola è disabitata (l’ultimo carcere è stato chiuso negli anni Novanta), ma non mancano i servizi turistici come il noleggio di jeep, macchinette elettriche e mountain bike o le escursioni a cavallo. L’eff etto è quello di essere approdati in un luogo lontano dal mondo non solo nello spazio ma anche nel tempo, dove camminare tra le case disabitate del piccolo villaggio di Cala d’Oliva, osservare con commozione la cappella e l’ossario austroungarico dei prigionieri della Prima guerra mondiale nei pressi di Cala Reale, aggirarsi tra gli asinelli bianchi che pascolano liberi e ascoltare il rumore del vento.
CITTÀ FANTASMA E ANTICHE MINIERE
Altra peculiarità sarda è la presenza di città fantasma. Ce ne sono diverse, abbandonate per vari motivi ma tutte ugualmente suggestive ed è proprio la loro collocazione fuori dai circuiti di turismo tradizionali, insieme alla loro storia, a farne set emotivamente perfetti per ambientare inusuali e inaspettati momenti conviviali, quelli che creano esperienza e rimangono indelebili nei ricordi. C’è Rebeccu (Sassari), che nel 1300 era una fi orente cittadina ma che, leggenda narra, venne via via abbandonata in seguito alla maledizione lanciata dalla principessa Donoria, fi glia del re Beccu, feudatario del luogo, accusata di stregoneria che se ne andò lanciando una maledizione: «Rebeccu, Rebecchei da ‘e trinta domos non movei!» (che Rebeccu non superi le trenta case). Più probabilmente a causa di pestilenze e carestie, gli abitanti si trasferirono nella piana sottostante, fondando Bonorva che, negli anni, divenne un centro molto popoloso. A Rebeccu invece si passeggia nel silenzio e si respira un’atmosfera misteriosa: non a caso, il borgo è diventato scenografi a per fi lm e scatti fotografi ci. Da ricordare anche Gairo Vecchio, un paesino dell’Ogliastra, semidistrutto da un’alluvione nel 1951: l’abitato è stato ricostruito più a monte, ma le vecchie case diroccate resistono ancora e si può camminare tra le vie del paese. L’eff etto straniante è assicurato e il paesaggio circostante bellissimo, coronato da rilievi montuosi calcarei che nascondono cascate, grotte (alcune visitabili, come quella, bellissima, di Su Murmuri), percorsi da trekking (come un po’ ovunque in Ogliastra). Ci sono poi i luoghi legati al passato minerario dell’isola, la maggior parte dei quali si trovano nella zona di Iglesias, come il Villaggio Asproni, dal nome dell’ingegner Asproni che aveva acquistato la miniera di Seddas Moddizzis a fi ne Ottocento, uno dei paesi fantasma più aff ascinanti (e remoti) di tutta l’isola. E per un’istruttiva visita guidata a una ex miniera, ci si può invece dirigere alla Miniera di Montevecchi, a Guspini (Arbus, Medio Campidano), un vasto complesso dove il recupero dell’esistente e l’azione di associazioni, sono diventate volano di un turismo più attento alla sostanza e alla storia. Qui si può scendere nelle gallerie e provare il freddo dei minatori, visitare il villaggio degli operai, le offi cine e la Palazzina della Direzione, un bell’edifi cio di fi ne Ottocento riccamente decorato dove rifl ettere, tra l’altro, sulle enormi diff erenze della società dell’epoca.
LO ZIGGURAT CHE NON T’ASPETTI
Duno ziggurat, tale e quale agli antichi templi mesopotamici. Si tratta della massima espressione il suo nome esatto è Tempio di altare a piramide ricoperto di femminile, scolpita in una stele granitica accanto al monumento. Secondo la leggenda fu costruito da un principe-sacerdote fuggito dal Medio Oriente che lo dedicò alla Luna (e non al Sole come 1.600 metri quadri ed è alta quasi per gruppi da lasciare a bocca aperta per lo stupore.