Radioattività in famiglia

Page 1


Ringraziamenti: • Luisa Crismani • Amanda de Felice • Giorgio e Ottavia Häusermann

Donne nella scienza Testo: Simona Cerrato Illustrazioni: Grazia Nidasio Progetto grafico: Alessandra Zorzetti Crediti fotografici: la foto è dell’archivio di Adobe Stock www.editorialescienza.it www.giunti.it © 2004, 2021 Editoriale Scienza srl via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia via C. Beccaria, 6 – 34133 Trieste – Italia Prima edizione: gennaio 2004

Stampato presso Lito Terrazzi srl Stabilimento di Iolo


Simona Cerrato

RADIOATTIVITÀ IN FAMIGLIA Marie Curie si racconta

Illustrato da Grazia N–idasio



Capitolo 1

UNA GARA PERSA

-B

asta! Smetto, è finito tutto. Rinuncio a fare la scienziata... Entro nella stanza di mia figlia Irène e la trovo distrutta, le tremano le mani dalla rabbia, i suoi begli occhi grigi sono rossi dal pianto, lei che è sempre così calma e compassata. Mi accorgo che posa per caso lo sguardo sullo specchio della stanza d’albergo. È solo un attimo, poi si volta di scatto da un’altra parte per non vedersi in quello stato. Non sopporta le persone che fanno pena.


– Irène! Non dici sul serio, lo so... e lo sai anche tu. Non voglio che si lasci andare. – Ma non hai visto? C’eri anche tu al congresso, Mé. Un’umiliazione terribile. Quella donna non la sopporto! Piccola e nera, con quegli occhietti... si vede che ci provava gusto... Avrei voluto sprofondare, scomparire e non essere mai esistita. Continuo a sentire le sue parole, tutta la notte mi sono rigirate nella testa. E ogni volta mi viene in mente una risposta elegante, appropriata, giusta... e invece lì per lì sono rimasta muta. Quasi mi mettevo a piangere di fronte a tutti... – Fa parte del gioco. La scienza è anche questo. Non dirmi che tu e Frédéric vi sareste comportati diversamente, al suo posto. Se aveste, voi due, trovato degli errori nei suoi esperimenti. – Forse, anzi, no! No, non così. Avremmo fatto le nostre critiche con garbo... non siamo dei barbari, noi... Quante volte le ho scritto delle belle lettere, mai una risposta… Credo che non le abbia nemmeno lette! Comunque, io non ce la faccio più. Con la scienza ho chiuso. È il 1933. Irène e io siamo a Bruxelles per l’importante Congresso Solvay. Io sono vecchia, ma mia figlia è nel pieno della sua carriera scientifica. Ha appena presentato i risultati di un esperimento che lei e suo marito Frédéric Joliot-Curie hanno condotto all’Institut du Radium, a Parigi, fondato da me dopo la prima guerra mondiale. Si tratta di un lavoro sul bombardamento dell’alluminio con neutroni, frutto della loro ricerca

8


sui positroni, le prime particelle di antimateria scoperte appena un anno fa negli Stati Uniti. L’atomo, le particelle elementari, la radioattività sono gli argomenti di punta della fisica mondiale. E Irène è una delle protagoniste di queste ricerche. Insieme a Lise Meitner, la fisica austriaca che lavora a Berlino, è considerata la massima esperta mondiale di radioattività. Lavorando nello stesso campo, Irène e Lise si incontrano spesso ai convegni internazionali e sulle pagine delle riviste scientifiche. Non mancano tra loro dissidi piuttosto aspri. Il convegno di Bruxelles non fa eccezione. L’ipotesi di Irène che il protone sia formato da un neutrone e un positrone viene smontata senza pietà con poche frasi taglienti da Lise che, dopo il suo intervento, si siede compiaciuta, certa di avere il congresso dalla sua parte. Irène rimane senza parole, con gli occhi di tutti i fisici, tutti gli scienziati più importanti del mondo, puntati su di lei. Non è in grado di ribattere. Sta zitta e immobile per un po’, poi abbandona la sala. Lise Meitner, la vecchia signora autorevole della fisica tedesca, ha sconfitto questa volta i giovani francesi Joliot-Curie. Il famoso nome Curie, che mia figlia e suo marito portano, non basta a salvarli dal fallimento. – Figurati se non ce la fai più – insisto. – Non ti scoraggerai mica alla prima difficoltà. Se si sbaglia si deve avere il coraggio e la forza di ricominciare. La scienza è così, ed è anche una gara a chi arriva primo. Certo la

9


cosa più importante, il motore che ci spinge ad andare avanti giorno dopo giorno, è il desiderio di capire e conoscere sempre meglio la natura. Ma non basta. Lo spirito di competizione è uno stimolo in più, a guardare più a fondo, a fare meglio e più in fretta. Sempre sotto tensione. Una fatica, ma anche una soddisfazione. – Proprio tu parli di difficoltà e competizione! Tu che sei sempre andata avanti diritta. Prima la scoperta del polonio, poi il radio, poi il primo Premio Nobel, il laboratorio più grande, un altro Premio Nobel e infine un riconoscimento indiscusso, mondiale... Sempre e solo successi! Tu non sai che cosa vuol dire “fallire”. – Figlia mia, sei cieca e sorda, se pensi veramente queste cose. Guarda le mie mani: sembrano le mani di un lebbroso, la pelle è diventata cartavetro, ci sono giorni che non riesco nemmeno a tenere una penna in mano dal dolore. Guarda i miei occhi: non vedono quasi niente, solo ombre vaghe, le operazioni e gli occhiali non servono più... e sicuramente non mi restano più molti anni da vivere. Non sono certo questi i segni lasciati dai premi e dalla gloria. Per quel che ha sempre importato poi, a me e a tuo padre, dei premi e della gloria! Ho fatto fatica già solo per poter studiare. Non avevamo mica soldi in casa. A quel tempo mio padre guadagnava poco, quello che ricavava dalle lezioni doveva servire per tutta la famiglia. L’università l’ho dovuta andare a fare lontano da casa, perché in Polonia le ragazze non avevano il diritto di studiare. E poi i primi

10


tempi della mia carriera, tuo padre e io avevamo strumenti miseri, raccattati qua e là. Ci arrangiavamo. Un vero laboratorio ce lo sognavamo! Ma siamo sempre andati avanti. Anche quando ci siamo accorti che avevamo sbagliato. Abbiamo buttato il lavoro di due anni e abbiamo ricominciato. Così si fa. Non serve piagnucolare per la minima difficoltà. Tu sei già una privilegiata in confronto a me e a quelli della mia generazione. Per non parlare poi dei due grandi dolori della mia esistenza: la morte di mia madre quando ero ancora una bambina, e la morte di tuo padre che mi ha spezzato la vita... – Smettila, Mé, lasciami in pace! Non ti voglio ascoltare... – E invece sì, adesso mi ascolti! Vieni, usciamo. Andiamo a fare un giro. Un po’ d’aria ti farà bene. Sciacquati gli occhi, pettinati i capelli e andiamo, su...

11


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.