Ragazze per l’ambiente

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Donne nella scienza I testi di Vichi De Marchi sono: Eva Crane, Caitlin O’Connell, Maria Klenova, Mária Telkes, Gitanjali Rao Pubblicato in accordo con Grandi&Associati, Milano I testi di Roberta Fulci sono: Rachel Carson, Barbara Mazzolai, Eunice Newton Foote, Anne Innis Dagg, Susan Solomon Illustrazioni: Giulia Sagramola Progetto grafico: Alessandra Zorzetti www.editorialescienza.it www.giunti.it © 2021 Editoriale Scienza srl via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia via C. Beccaria, 6 – 34133 Trieste – Italia Prima edizione: ottobre 2021

Stampato in Serbia


Vichi De Marchi • Roberta Fulci

RAGAZZE

PER L’AMBIENTE STORIE DI SCIENZIATE E DI ECOLOGIA Illustrazioni di Giulia Sagramola



S

e hai questo libro tra le mani è perché hai a cuore l’ambiente. Ma “ambiente” significa un milione di cose. Prova a

pensare: che cosa ti interessa dell’ambiente? Magari hai fatto un viaggio in un posto lontano e hai visto piante esotiche e splendidi animali. O magari gli animali ti interessano perché il tuo cane o il tuo gatto ti hanno insegnato ad amarli. Oppure adori passeggiare nei boschi vicino casa, o fai attenzione alla raccolta differenziata e sei proprio tu a dire ai tuoi genitori che devono spegnere la luce quando non serve. O ancora, forse hai aderito a Fridays For Future e stai lottando per la lotta al riscaldamento globale. L’umanità è in pericolo. Ma perché siamo arrivati a questo punto? Che cos’è che riscalda il mondo? Forse non sai che la prima persona a capirlo è stata una donna. Ci sono tante scienziate che hanno studiato e studiano l’ambiente, ma ambiente non è solo il cambiamento climatico. L’ambiente è una rete complessa fatta di esseri viventi, acque, suolo. Ma anche energia, sostanze chimiche, inquinamento. Dagli elefanti ai pesticidi, dall’energia solare al buco nell’ozono, questo libro ti accompagnerà alla scoperta delle storie di dieci scienziate che hanno svelato e svelano ogni giorno i meccanismi della natura. Ti accorgerai che fai parte di questa grande rete, in cui ogni aspetto influenza tutti gli altri. Vedere l’ambiente come un sistema di nodi che comunicano tra loro è il primo passo per proteggerlo. E puoi farlo anche tu!


RACHEL CARSON

BARBARA MAZZOLAI

p. 11

p. 35

EVA CRANE p. 23

GITANJALI RAO p. 129

EUNICE NEWTON FOOTE p. 61


MÁRIA TELKES p. 103

ANNE INNIS DAGG p. 89

MARIA KLENOVA

p. 75

CAITLIN O’CONNELL p. 47

SUSAN SOLOMON p. 115



RACHEL CARSON Gli accordi della natura per salvare la primavera

Baltimora, Maryland, 1935

“A

vete ascoltato Romanzo sott’acqua”, scandì una voce gradevole sul motivo che chiudeva la puntata. “Testi di Rachel Carson.” Spensi la radio con un sospiro di soddisfazione. La stessa soddisfazione di quando, a 10 anni, avevo visto il mio primo racconto pubblicato sul Saint Nicholas Magazine. Era solo un mensile per ragazzi, ma ne ero stata felicissima. Come mi piaceva leggere da bambina, e anche scrivere storie! I miei racconti erano pieni di animali, probabilmente perché la casa dove sono cresciuta, in Pennsylvania, era in campagna. Facevo le mie corse lungo gli argini del fiume Allegheny e sognavo l’oceano. Spesso mia madre mi accompagnava e mi indicava i nomi di piante e animali. Insieme raccoglievamo foglie da conservare, guardavamo gli insetti da vicino, ci nascondevamo in silenzio tra i cespugli per ascoltare il canto di un passero. Allora, certo, non immaginavo che sarei stata anche un’autrice radiofonica. Misi da parte i ricordi e tornai al lavoro: ero da poco impiegata al Dipartimento della Pesca e ci tenevo a fare bella figura. Poche ore dopo, quello stesso pomeriggio, la porta del mio uf-

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RACHEL CARSON ficio si spalancò e Mary Scott Skinker fece il suo ingresso nella stanza. – Ottimo lavoro, Rachel! La guardai interrogativa. – Buonasera, professoressa! Ha ascoltato la trasmissione? – Certamente. Potevo perdermi la prima puntata di un programma scritto da te? Dopo tutto sono io che ti ho trovato un impiego qui. – Già, non finirò mai di ringraziarla. Dopo la morte di mio padre avevo davvero bisogno di questo lavoro… Mary Scott Skinker era stata una mia professoressa ai tempi del college, quando studiavo zoologia alla John Hopkins University. Le ero molto affezionata, anche perché era accorsa in mio aiuto quando, per far quadrare i conti a casa, avevo dovuto lasciare il dottorato. Avevo bisogno subito di uno stipendio più alto che mi permettesse di mantenere sia me che mia madre, e lei mi aveva indirizzata al Dipartimento della Pesca. – Sciocchezze, sciocchezze, cara. Un posto meritatissimo. In quel momento udimmo bussare lievemente alla porta e una testa brizzolata si affacciò all’interno. Era il mio capo, Elmer Higgins. – Sono perfettamente d’accordo! – disse stringendo calorosamente la mano alla mia professoressa – Mary, mandando Rachel a lavorare qui con noi ci hai fatto un grande regalo. Anzi, a dire il vero… – esordì, giocherellando con il temperamatite che era sulla mia scrivania – Rachel, secondo me qui sei un po’ sprecata. – In che senso? – chiesi allarmata. Mi stavano licenziando? – Ho letto il dépliant che hai preparato per pubblicizzare le attività di quest’ufficio, e beh... io credo che tu debba scrivere.

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RACHEL CARSON Si sedette di traverso sulla poltrona davanti a me e riprese: – Scrivere seriamente, intendo. Non pubblicità su dépliant e brochure – aggiunse con enfasi, allargando le braccia – ma articoli su grandi giornali! – Scrivere sui giornali? Ma io ho studiato zoologia. Di che cosa potrei scrivere? – Ma della tua grande passione, naturalmente! – si intromise la professoressa, annuendo convinta. – Ciò a cui hai già dedicato un programma radiofonico che durerà 52 puntate. L’oceano! Già, l’oceano. Sembra incredibile che la passione più grande di una che non sa nuotare e ha paura delle barche sia l’oceano, ma è proprio così. Quel giorno qualcosa nella mia mente, una rotellina iniziò a girare: davvero scrivere del mare poteva diventare il mio mestiere? Il mare e la scrittura, insieme: sembrava un sogno. Il mio.

Southport Island, Maine, 1953 – Dottoressa Carson! È proprio lei! Che piacere incontrarla! Un braccio sventolava al di là del cancello della mia nuova casetta nel Maine. Mi ero trasferita da appena un paio di giorni insieme a mia madre: avevo bisogno di un bel posto tranquillo dove scrivere in pace. Eh sì, ero una scrittrice, ormai. Famosa, perfino! Al punto che questa signora che si sbracciava oltre l’ingresso sapeva, evidentemente, chi fossi. – Mi chiamo Dorothy Freeman. Abito qui vicino. Le ho mandato un biglietto al suo arrivo, ricorda? Ah, certo. Una cortesissima lettera di benvenuto. Le andai incontro ad accoglierla.

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RACHEL CARSON – Sono una sua grande ammiratrice. Ho letto Sotto il vento del mare tutto d’un fiato, ma l’altro libro, Il mare intorno a noi, mi è piaciuto ancora di più! Era stato proprio il successo di quel libro, Il mare intorno a noi, che mi aveva consentito di trasferirmi in quella bella villetta nuova. Finalmente adesso avrei potuto dedicare tutto il mio tempo alla scrittura. Basta ore di sonno rubate alla notte per scrivere la sera tardi, dopo un’intera giornata di lavoro al Dipartimento della Pesca! Certo, lì avevo imparato moltissimo. Ero diventata la caporedattrice ed era stata un’esperienza fantastica. Ma ora, finalmente, era arrivato il momento di fare la scrittrice a tempo pieno. Per festeggiare mi ero anche regalata un nuovo microscopio, così potevo osservare le minuscole creature che popolavano i prati e l’acqua. – Io vivo a pochi chilometri da qui, con mio marito e i miei figli – riprese la mia nuova conoscenza. – Quando ho saputo che si sarebbe trasferita nelle vicinanze, mi creda, ne sono stata felicissima. Non capita tutti i giorni di incontrare i propri autori preferiti. Quel primo giorno facemmo una lunga passeggiata insieme. La signora Freeman mi accompagnò a visitare l’isola: Southport Island è un isolotto vicinissimo alla costa, contornato da molte isolette più piccole tutte affacciate sull’Atlantico. Non potevo desiderare ispirazione migliore per i miei libri. – Il mare intorno a noi – riprese Dorothy entusiasta – prima ho letto un paio di capitoli sul New Yorker... – Già, è vero, il New Yorker ne ha pubblicata una buona parte. – Poi però mi son stancata di aspettare: ho comprato l’intero libro in modo da poterlo leggere tutto di seguito. Che meraviglia!

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RACHEL CARSON – È stato un libro molto fortunato. Il pubblico l’ha amato moltissimo, e ho anche ricevuto premi importanti. Mi dica, a lei perché è piaciuto? La signora Freeman parve riflettere. – È… poetico. E allo stesso tempo pieno di informazioni. Ho imparato tante cose che non sapevo, ed è stata anche una lettura appassionante come un romanzo d’avventura. E poi si vede che per scriverlo deve aver studiato a lungo, e anche viaggiato! – È così. Soprattutto ho intervistato moltissime persone: esperti oceanografi che mi hanno aiutata a esporre tutto correttamente. Quella fu la prima di moltissime passeggiate. Dorothy ed io diventammo amiche inseparabili per tutta la vita. Southport Island, Maine, 1958 La mia vita cambiò di nuovo un mattino di qualche anno dopo, al tavolo della colazione. Mia madre sfogliava la posta nel salottino a fianco. Con noi ora viveva anche Roger, il figlio di una mia nipote. Allora aveva sei anni. – Roger, dai questa a zia Ray – gli disse mia madre porgendogli un pacco. Mio nipote corse a portarmi la scatola. Diedi un’occhiata al mittente: “Olga Owens Huckins”. Una mia vecchia amica scrit-

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RACHEL CARSON trice! Strappai la carta, impaziente. Il pacco conteneva una lettera e un ritaglio di giornale. Cara Rachel, ti invio un mio trafiletto, pubblicato sul Boston Herald, nel quale ho sollevato una questione che mi sta molto a cuore. Il tema purtroppo non sembra suscitare l’attenzione che merita. Mi rivolgo a te nella speranza che tu, consapevole di come sia sciocco non agire nel rispetto della natura, possa interessarti al problema. E, chissà, forse un giorno scriverne. Con l’affetto di sempre, Olga Ero molto incuriosita. Corsi a leggere il ritaglio di giornale: la mia amica raccontava che la sua tenuta a Duxbury, nel Massachusetts, era stata sorvolata da un aereo che spruzzava insetticida sull’intera regione. I suoi uccellini erano morti tutti, alcuni subito, altri il giorno dopo. Da allora non c’era più traccia di grilli e di api. E quando lo stesso insetticida era stato cosparso su Long Island, nello Stato di New York, nemmeno i pesci erano sopravvissuti. “Bisogna immediatamente”, scriveva Olga in maiuscolo, “smettere di spruzzare veleni finché non ci saranno prove, scientifiche e a lungo termine, dei loro effetti sugli animali selvatici e sugli esseri umani.”

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RACHEL CARSON Ancora gli insetticidi. Una sigla in particolare mi tornò alla mente: DDT. Dicloro-Difenil-Tricloroetano. Quanto ne avevo sentito parlare in ufficio! Le aziende che producevano il DDT e simili pesticidi insistevano su quanto fossero favolosamente efficaci contro i parassiti e “innocui” per gli esseri umani. Il mio capo però, Elmer Higgins, era scettico. Tra gli esperti se ne parlava da anni, ma il pubblico non ne sapeva quasi niente. Era il momento di rimediare: mi misi al lavoro. Nel giro di qualche settimana intrecciai una fitta corrispondenza con tutti gli entomologi, naturalisti, chimici, medici e biologi più preparati che conoscevo. Qualche mese dopo avevo accumulato parecchio materiale. Un pomeriggio, mentre battevo a macchina, Dorothy, seduta in poltrona nel mio studio, leggeva. Roger giocava sul tappeto. – Che cosa scrivi, zia? – chiese a un tratto. – Una storia – risposi sorridendo. – Una storia lunga... – Me la racconti? – Beh, è una storia triste. – La voglio sentire lo stesso. – La voglio sentire anch’io! – disse Dorothy, chiudendo il suo libro. – Va bene, allora. Qualche anno fa, nel New England, gli olmi hanno iniziato ad ammalarsi per via di un fungo. Il fungo parassita passava da un albero all’altro attraverso i coleotteri. – Come, i coleotteri? – Sì, quando i coleotteri si posavano sui rami malati le spore del fungo rimanevano attaccate alle loro zampette, così poi toccando un olmo sano lo facevano ammalare. – Un po’ come succede con le api e il polline! – si affrettò a dire lui.

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RACHEL CARSON – Esatto. Per curare gli olmi, vaste aree sono state irrorate col DDT. L’obiettivo era uccidere i coleotteri e fermare il contagio. – E ha funzionato? – chiese Dorothy. – Ecco, questo è il punto. Con l’autunno, le foglie degli olmi hanno ricoperto il suolo. Ma sulle foglie c’era ancora una bella patina di DDT.

– Non viene via col tempo? – Purtroppo no. E chi striscia tra le foglie cadute per terra? – I vermi! – esclamò Roger. – Bravo: i lombrichi. Col passare dell’inverno, i lombrichi sono sempre più contaminati. Molti muoiono. Qualcuno, un po’ malconcio, sopravvive. Con la primavera, arrivano i pettirossi. E sapete cosa mangiano i pettirossi? – Lombrichi! – esclamò Dorothy inorridita. – Proprio così. Bastano 11 lombrichi al DDT per uccidere un pettirosso. Praticamente basta una merenda. Mi fissarono costernati. – Beh, ve l’avevo detto che era una storia triste. A forza di spruzzare DDT, in primavera non canterà più nessuno. – Ma gli alberi almeno stanno meglio? – chiese Roger.

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RACHEL CARSON – Non sempre, in realtà. In molte aree irrorate muoiono comunque, nonostante il DDT. – Ma succede solo nel New England…? – ribattè Dorothy. –No, purtroppo! Questo dei pettirossi è solo un esempio. Ovunque sia impiegato massicciamente, l’uso del DDT o anche di altri insetticidi tossici porta conseguenze inaspettate che colpiscono a catena tantissime specie. Non sono insetticidi… sono “biocidi”, pericolosi per tutti i viventi. Esseri umani compresi. – E come farebbero gli agricoltori, senza pesticidi? Non possono giocarsi il raccolto di un intero anno per colpa di un parassita! – Non dico che gli insetticidi non vadano usati mai. Dico che bisognerebbe andarci piano e non consentire un uso così indiscriminato di sostanze pericolose come il DDT. Il mio lavoro di ricerca durò quattro lunghi anni. Per pubblicare un libro che criticava così direttamente le multinazionali dei pesticidi – e anche il governo che aveva permesso che fossero impiegati – dovevo essere documentatissima. Dovevo essere inattaccabile! – Ray, forse dovresti scriverlo sotto pseudonimo... – mi disse un giorno il mio editore, cauto. – Che vuoi dire? – Beh, firmare il libro con un nome falso. – Non ci penso nemmeno! – Rachel, tu sei un’autrice di successo. La trilogia sul mare è già un best-seller. Sei famosa in tutti gli Stati Uniti. Pensa alle aziende che producono pesticidi: il tuo libro per loro sarà una catastrofe economica. Ti faranno la guerra! – E io risponderò! – risposi decisa, alzandomi in piedi. – E

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RACHEL CARSON poi, non ho mica inventato niente! – aggiunsi con un sorrisetto, versandomi un bicchiere di aranciata – Quel che scrivo è scienza. Da quando sapevo quanto il DDT fosse pericoloso, sentivo che non mi sarei più potuta fermare finché non avessi suscitato l’attenzione di tutti. E ci riuscii. Il libro andò in stampa nel 1962. Si intitolava Primavera silenziosa. Fu un successo strepitoso, incredibile, senza precedenti. E insieme al mio nome divenne famosa una nuova parola: “ecologia”. Certo, non mancarono le critiche: “femmina isterica”, “zitella che chissà perché si interessa alla genetica”, “fissata con uccellini e coniglietti”... Guarda caso, venivano sempre da chi aveva interessi nella commercializzazione degli insetticidi. Ma la cosa più bella fu che il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, istituì un comitato scientifico per vagliare il contenuto del mio libro. E appena un anno dopo la pubblicazione, il rapporto del comitato parlava chiaro: l’uso massiccio del DDT andava interrotto al più presto. “L’accumulo di residui nell’ambiente può essere tenuto sotto controllo soltanto da una riduzione regolamentata di pesticidi resistenti.” Ce l’avevo fatta! Che soddisfazione con chi diceva che raccontavo favole. Mai sottovalutare le favole. Del resto, ne scrivevo fin da piccola. E sapete come inizia Primavera silenziosa? Con “C’era una volta...”

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RACHEL CARSON Dice Rachel “L’essere umano è parte della natura e la sua guerra contro la natura è, inevitabilmente, una guerra contro se stesso.”

Numeri Il DDT è usato ancora oggi nelle aree tropicali contro le zanzare portatrici di malaria. Il suo utilizzo però è stato radicalmente ridotto: la quantità di DDT che era cosparsa negli anni Cinquanta su 100 ettari di campi di cotone in una sola stagione oggi è ritenuta sufficiente a proteggere dalla malaria tutta la regione dell’Uganda settentrionale (85 000 volte più grande!) per un anno intero.

Cosa puoi fare tu Vuoi entrare a far parte di una comunità internazionale di appassionati birdwatcher? Potrai condividere le tue foto e anche i cinguettii che riuscirai a registrare, tutto a beneficio della scienza. Visita https://ebird.org

E adesso… Se vuoi fare la conoscenza di un’altra scienziata scrittrice, vai a > p.89

Se vuoi scoprire perché le api sono così preziose, vai a > p. 23


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