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LE RISPOSTE DELLE ASSOCIAZIONI

Inchiesta logistica italiana

associazioni

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Stefano Messina

Presidente ASSARMATORI

4L’intermodalità è la chiave per modernizzare un sistema che attualmente ha margini di miglioramento ed efficientamento significativi. La situazione attuale è particolarmente critica soprattutto nei cosiddetti porti storici. In un porto come Genova, ad esempio, dove vengono lavorati circa 2,5 milioni di TEU all’anno, di cui il 65% arriva via strada, significa avere una media di quasi 4.500 camion che ogni giorno percorrono strade inserite nel tessuto urbano e che congestionano il porto. Trasferire il carico dagli interporti ai terminali via ferrovia significa, per contro, migliorare molti nodi connessi al traffico urbano, decongestionare i porti ed in ultima analisi rendere più sostenibile ed efficiente tutta la supply chain che transita via mare. In secondo luogo, il porto e la nave devono essere intesi quale anello unico della catena logistica. L’ultimo miglio è un anello fondamentale di questo modello e dovrebbero essere privilegiati gli investimenti che consentono di realizzare e di completare questa catena logistica. Il tutto sul presupposto che la cosiddetta “cura del ferro” deve puntare non tanto in estensione quanto in termini di manutenzione e potenziamento della capacità dei nodi, delle tratte congestionate e dell’integrazione con le altre infrastrutture di trasporto in un’ottica multimodale in cui la modalità ferroviaria e quella marittima assumano, in linea con quanto definito dagli indirizzi unionali, rilevanza prioritaria sia per i traffici su scala nazionale che internazionale.

Trasferire il carico dagli interporti ai terminali via ferrovia significa, per contro, migliorare molti nodi connessi al traffico urbano, decongestionare i porti ed in ultima analisi RENDERE PIÙ SOSTENIBILE ED EFFICIENTE TUTTA LA SUPPLY CHAIN CHE TRANSITA VIA MARE

Per quanto riguarda nello specifico lo shipping c’è da osservare che dei circa 30,6 miliardi di euro di dotazione del Fondo complementare al PNRR, al nostro settore andranno solo 500 milioni di euro per il rinnovo delle flotte verdi e proprio perché l’investimento è contenuto, è bene concentrare gli interventi, puntando soprattutto ad ammodernare il sistema di trasporto marittimo a servizio delle comunità insulari che risiedono nelle isole maggiori e minori del Paese o impegnato nelle Autostrade del Mare - in linea con quanto previsto dal Decreto stesso che affida a tali iniziative la priorità nella scelta degli interventi (nel rispetto, tra l’altro, dell’orientamento chiaramente espresso dalle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato, allorquando esaminarono l’ipotesi di stanziamento in questione).

5Quella della transizione ecologica è una grande sfida che richiede altrettanto grande serietà. Gli armatori, che da anni sono impegnati a fondo per rispettare gli obbiettivi fissati dall’IMO nel percorso di de-carbonizzazione del trasporto marittimo, condividono lo spirito dell’accelerazione impressa dall’Unione Europea in questo percorso, ma chiedono che si affronti la questione in modo ragionato e responsabile, sostenendo in primo luogo la ricerca tecnologica per individuare le soluzioni energetiche attivabili nel comparto, e avviare nei tempi più stretti la conseguente produzione su larga scala delle quantità di carburanti puliti necessarie per la nostra industria e la relativa costruzione di infrastrutture di distribuzione e stoccaggio degli stessi, incentivando parallelamente il rinnovo delle flotte o il loro adeguamento all’uso dei nuovi fuel ecologici. Questo sarebbe il percorso più giusto, fissare invece obbiettivi avanzatissimi, senza tenere conto delle tecnologie disponibili è solo un’operazione mediatica. E stabilire penalizzazioni fiscali in assenza di alternative all’uso dei carburanti fossili, servirebbe solo ad alzare i costi del trasporto, senza alcuna contropartita per la collettività e per l’ambiente. L’introduzione nel sistema ETS (“Emission Trading System”) dello shipping intraeuropeo e dello shipping internazionale che scala porti europei e la revisione della ETD (energy taxation directive) con la eliminazione dell’esenzione dal pagamento delle accise sui carburanti destinati al trasporto marittimo, rischierebbero, infatti, di creare sensibili contraccolpi economici per gli operatori marittimi – compagnie di navigazione e porti – europei non controbilanciati da significative ricadute positive in tema ambientale. Tutto questo senza avere peraltro la possibilità di convertire in tempi troppo ravvicinati le navi ai nuovi combustibili a emissioni zero. Idrogeno e ammoniaca sono soluzioni ancora sperimentali. Quello che si deve fare – e si può fare – immediatamente è procedere in modo deciso verso la carbon reduction adoperando soluzioni già mature dal punto di vista tecnico, come il gas naturale liquefatto, i biofuel, il gas da petrolio liquefatto o gli alcool. Alla maturità tecnica deve però affiancarsi anche un accettabile livello di reperibilità e da questo punto di vista il GNL rappresenta oggi l’unica soluzione effettivamente applicabile. Occorre però considerare che la vera partita della transizione energetica delle navi si gioca a terra, sia perché sono industria e logistica terrestri che devono dare alle navi la possibilità di rifornirsi dei fuel alternativi, qualunque essi siano, sia perché tutti i percorsi alternativi descritti sopra e tutti i processi di produzione di fuel alternativi ai combustibili fossili non possono prescindere da una massiccia disponibilità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili o comunque non legate ad emissioni di gas serra. Questo è un presupposto imprescindibile e una condizione che, se non soddisfatta, rende accademico qualsiasi tipo di discorso sul tema “decarbonizzazione dello shipping”.

8Lo scorso anno si è concluso con una crescita economica che non si vedeva da anni, ma che ancora non ha colmato le perdite accumulate durante la grande crisi del 2020 e i difficili anni precedenti. È stato, insomma, un anno tumultuoso costellato di insidie che di volta in volta abbiamo dovuto affrontare. Il virus con il quale abbiamo imparato a convivere ha continuato a creare incertezza nei mercati e nella società che ancora oggi soffrono instabilità e incertezza. Tuttavia, anche nel settore dello shipping abbiamo registrato una ripresa forte nel settore dei contenitori e del carico secco rispetto all’anno precedente seppure in un contesto che risente dell’incertezza generale. In un quadro del genere, Assarmatori si è mossa per cogliere tutte le opportunità che la situazione ha imposto e per superare gli ostacoli che via via si sono manifestati. È stato un lavoro complesso, ma non privo di risultati, anche importanti. Un’ottima base per muoverci ora verso altri obiettivi molto chiari e tra questi il primo riguarda la messa in sicurezza e l’applicazione del nuovo regime di aiuti alle imprese marittime deciso dall’Italia e approvato dall’Unione Europea nel giugno 2020. Va infatti completato l’iter legislativo e regolamentare del nuovo regime, che aggiorna la normativa un tempo legata al solo Registro Internazionale e oggi allargata alle bandiere della UE. Una grande occasione che, se si saprà cogliere a pieno, servirà a rilanciare l’occupazione marittima e non solo.

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Umberto Ruggerone

Presidente ASSOLOGISTICA

1L'emergenza Covid-19 ci ha raccontato tante cose. La prima di queste è che per tanto tempo abbiamo fatto un po’ troppa ingegneria di Excel, come la chiamo io. Abbiamo pianificato il sistema, per un naturale ciclo di miglioramento delle performance, in base ad alcuni assunti considerati invariabili – contrarre tempi, ridurre spazi e scorte – e abbiamo stressato, affinato continuamente un modello che poteva reggere solo a situazione data: non dovevano esserci modifiche. In realtà, la storia ci insegna che le situazioni invariabili non esistono, bensì sono sempre possibili degli eventi imprevedibili o incalcolabili. La pandemia ne è una dimostrazione evidente. Basta quindi passare da una considerazione ingegneristica ad una storica per capire che gli eventi imprevedibili arrivano in modo ciclico: anzi non si possono definire eventi imprevedibili, bensì ciclicità ricorrenti, con le loro conseguenze in termini di shock sociali ed economici. Premesso questo, la pandemia ha dimostrato che questi modelli stressati all'esasperazione creano inefficienze che poi si riflettono sul modo in cui si affronta l’uscita dalla crisi. Per esempio, noi ci siamo trovati con una totale riduzione o smantellamento delle scorte, perché erano già esigue, e con l’incapacità di programmare l'approvvigionamento delle materie prime, nelle fasi iniziali della crisi. Per contro, alcuni Paesi invece questa programmazione hanno saputo farla. Oggi il costo delle materie così alto per noi deriva probabilmente anche dal fatto che, nella fase di crisi, altri hanno avuto maggior capacità di approvvigionarsi di scorte, che in questo momento mancano al resto dell'economia mondiale. Dovremmo porci dunque qualche interrogativo sulla capacità di esprimere una strategia di governo dei sistemi, non solo da parte delle singole aziende, ma anche da parte della nostra politica. Non possiamo lasciare tutto alla logica del mercato, perché non è sufficiente calcolare il risultato migliore nella situazione data. Di fatto la situazione che ci troviamo ad affrontare oggi è una gravissima crisi di sbilanciamento degli approvvigionamenti dovuta a mancanza di capacità programmatoria.

Da parte delle aziende di logistica che noi rappresentiamo – e la rosa dei premi Logistico dell’Anno assegnati negli ultimi anni lo dimostra in modo evidente – c’è stata però una capacità costante di reagire e di proporre soluzioni anche in controtendenza, nell’ambito di una costante collaborazione con i committenti. Queste soluzioni nascono proprio dalla caratteristica intrinseca di chi opera nella logistica: la capacità di affrontare quotidianamente una complessità che forse è seconda solo a quella del mondo sanitario, e a maggior ragione in Italia, dove credo che la resilienza si possa considerare una sorta di “articolo zero” della costituzione. Il ruolo strategico della logistica italiana per lo sviluppo economico del Paese è da noi ribadito in tutte le sedi di dialogo con le istituzioni. Ed è stato ulteriormente confermato con la pandemia. Prima dell’arrivo del Covid-19 eravamo un Paese sfinito, incapace di crescere oltre lo zero virgola. Durante e soprattutto dopo la fase di emergenza, le aziende italiane sono state più rapide e più competitive nella ripresa, anche rispetto ad altri competitor storici in Europa. La nostra capacità di gestire situazioni quotidiane di estrema complessità ci rende più forti sui mercati e questo è sicuramente un segnale di cui bisogna tenere conto, se si vuole riprogrammare lo sviluppo di questo Paese.

2Nella logistica, sicurezza coincide con efficienza. La logistica di fatto è un servizio finalizzato ad aumentare l’efficienza del processo: qualunque evento che ne interrompa l’operatività, come può essere un mezzo fermo per mancanza di manutenzione o altro

tipo di incidente, ne compromette l’efficienza e dunque i risultati. Quello che forse avviene di più in altri settori – togliere alla sicurezza per essere più veloci o per incrementare i margini economici – in logistica diventa particolarmente negativo e va contrastato con la massima forza. Innanzitutto perché, come detto, per noi è sostanzialmente contro natura: il senso del nostro servizio non può essere individuato nell’offerta economica più vantaggiosa ma nella leva competitiva, quindi nella qualità del processo. Purtroppo nella logistica questo concetto ancora deve essere acquisito del tutto e forse è in parte colpa nostra se alla committenza ancora non risulta sempre chiaro. Se alcuni vedono ancora la logistica come una declinazione del trasporto, da fare al prezzo più basso possibile, è forse perché noi stessi non siamo riusciti a trasmetterne l’importanza. In una situazione come quella che stiamo vivendo adesso, che vede la marginalità messa a dura prova dall’aumento dei costi, sarà particolarmente importante comunicare che una minor attenzione alla sicurezza non porterà nessun risultato, e meno che mai la difesa dei margini economici per l’azienda.

4L'Italia è un Paese “mediamente” infrastrutturato, con un forte squilibrio fra nord e sud. La regione logistica milanese, ad esempio, ha già un sistema infrastrutturale paragonabile a quello dei cinque maggiori cluster europei, mentre altre aree hanno ancora un forte deficit infrastrutturale. Questo perché per anni non si è investito a sufficienza e ora ci troviamo una rete infrastrutturale non adeguata alle nuove esigenze. A mio avviso però oggi abbiamo un problema di software, più che di hardware. Dobbiamo lavorare moltissimo sulle regole di utilizzo e di accesso alle infrastrutture. Questo anche in merito ai fondi del PNRR. Con un orizzonte temporale al 2026, penso che possa essere obiettivamente molto difficile realizzare nuove infrastrutture, ferroviarie, portuali o aeroportuali. Invece, in questo lasso di tempo sarebbe più opportuno e fattibile scrivere nuove regole di utilizzo di queste infrastrutture. Questa è la vera sfida: rendere più performanti e più efficienti le infrastrutture che già abbiamo. Ovviamente, dove è necessario l’ammodernamento della struttura, questo va fatto e vi sono delle tratte nelle quali è necessario rimuovere degli effettivi vincoli infrastrutturali per poter avviare tale servizio. Ma oltre a potenziare i punti necessari, dobbiamo intervenire sui vincoli amministrativi e regolamentari che di fatto impediscono un pieno utilizzo delle infrastrutture che abbiamo già oggi. Per esempio: se in una tratta ferroviaria Genova-Milano la manovra in porto costa uguale al resto del viaggio, l’infrastruttura potrà anche essere adeguata, ma il servizio è fuori mercato e il cliente continuerà ad utilizzare il trasporto stradale. Le regole derivano non tanto dalla qualità delle infrastrutture, quanto piuttosto da sistemi di controllo e rendite di posizione che vanno analizzate e nel caso risolte.

5La sostenibilità è un impegno importante e va ben oltre la punta di verde che tanti hanno cominciato a mettere nel logo aziendale. Deve essere una scelta strategica e non solo economica. A mio avviso tale scelta andrebbe condivisa con la committenza, perché richiede investimenti ben strutturati e tante risorse. Pensiamo ad esempio all’uso del GNL per i trasporti. Tante aziende si sono impegnate con l’acquisto di nuovi veicoli a gas, motivando questo investimento con la sostenibilità ambientale. Di fronte all’aumento del costo del gas, diversi operatori hanno ricominciato ad usare i veicoli a gasolio, dimostrando che in realtà in questa scelta vi era un solo criterio: quello economico. Per questo dico che, innanzitutto, questa valutazione dovrebbe andare insieme ad altre, più profonde e a lungo termine. Inoltre, dobbiamo capire meglio come la sostenibilità ambientale possa diventare un vantaggio competitivo.

E questo a maggior ragione dato che sta scomparendo, e scomparirà sempre più, l’idea che la logistica possa essere un servizio di bassa qualità, da pagare il meno possibile: SERVIRANNO AL CONTRARIO IMPORTANTI COMPETENZE TECNICHE E INFORMATICHE

Ad esempio, quest'anno Stellantis acquista da Tesla 1.200 milioni di dollari di certificati verdi, poter operare nel mercato americano. Da parte di Tesla quindi la scelta di sostenibilità ha permesso anche un importante ritorno economico. Anche noi dobbiamo capire come si possa rendere incentivante il meccanismo della sostenibilità. Potremmo applicare questo modello anche al trasporto: chi opera senza emettere CO2 può vendere certificati verdi a chi invece viaggia senza tale certificazione; la sostenibilità in questo modo sarà valorizzata dal punto di vista economico. Sarebbe un sistema per rendere effettivamente pagante e vantaggioso avviare delle politiche sostenibili, anche da parte della committenza.

6In questi diciotto mesi, dal punto di vista dell'innovazione tecnologica, abbiamo compiuto il balzo in avanti che era previsto per i prossimi cinque anni. La spinta che abbiamo vissuto

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sul fronte informatico – dallo smart working, agli acquisti via e-commerce - pone comunque le aziende di fronte a sfide importanti, legate all’utilizzo delle nuove tecnologie. Innanzitutto quella della formazione, a tutti i livelli, dai giovani ai dipendenti fino ai top manager. E questo a maggior ragione dato che sta scomparendo, e scomparirà sempre più, l’idea che la logistica possa essere un servizio di bassa qualità, da pagare il meno possibile: serviranno al contrario importanti competenze tecniche e informatiche. Su questo abbiamo avviato una collaborazione importante con la Fondazione ITS per erogare formazione a tutti i livelli, dalla scuola superiore al post diploma, di ragazzi che possano entrare nel mercato del lavoro. Considerando che la logistica offre un tasso di crescita e di occupazione molto interessante e che offre ruoli di qualità elevata, pensati per gestire le esigenze di un mercato del lavoro sempre più tecnologico.

Lato aziende, indubbiamente ci confrontiamo con tutti i tipi di innovazione tecnologica, guardando con attenzione a tutte le novità: dalle soluzioni di guida automatica o di platooning, al 5G per le applicazioni di gestione dei magazzini. Fra queste, particolarmente strategica è, a mio avviso, l’area della blockchain e con questa la possibilità di dematerializzare i contratti e certificare le transazioni, perché non è solo una nuova soluzione tecnologica ma introduce un nuovo approccio strategico. Le grandi aziende hanno sicuramente la possibilità di investire su questo fronte, mentre è compito nostro come associazione far sì che anche le piccole e medie imprese possano beneficiare di questa importante svolta nel paradigma tecnologico. Una sfida importante per un sistema normativo come il nostro, che dal punto di vista delle garanzie è rimasto fermo a qualche decennio, se non secolo, fa. In Italia infatti vige una legge che è stata approvata nel 2019, che ha ammesso l'esistenza degli smart contract, cioè dei contratti su blockchain, delegando però all'Agid di emettere l'elenco degli smart contract ammissibili entro sei mesi dal varo della normativa. Questo non è ancora accaduto e di fatto ha impedito alle aziende italiane di impegnarsi su questo fronte, poiché non hanno la certezza che il proprio contratto sarà ammissibile oppure no. Naturalmente questa norma esiste solo in Italia, mentre nel resto d’Europa questo mercato ha potuto svilupparsi grazie a contesti normativi più consoni. Come associazione, ci stiamo impegnando affinché tale norma venga eliminata e sia possibile sviluppare sistemi innovativi di smart contract attraverso tecnologie blockchain, che ci permettano di essere competitivi rispetto ai mercati internazionali. 8 Sono presidente di Assologistica da giugno 2021. Il mio bilancio

Fra queste, particolarmente strategica è, a mio avviso, L’AREA DELLA BLOCKCHAIN E CON QUESTA LA POSSIBILITÀ DI DEMATERIALIZZARE I CONTRATTI E CERTIFICARE LE TRANSAZIONI, perché non è solo una nuova soluzione tecnologica ma introduce un nuovo approccio strategico

è positivo: tante cose sono state fatte da quel momento, tantissime cose sono ancora da fare con importanti obiettivi da raggiungere nel 2022. Il primo che ci dobbiamo porre tutti noi che operiamo in logistica è fare il massimo sforzo affinché tutti i nostri interlocutori – le aziende, i cittadini, che sicuramente ci conoscono meglio rispetto a due anni fa, ma anche i decisori locali e centrali – abbiano maggior consapevolezza della strategicità di questo settore. Fra i temi che affronteremo sicuramente nel 2022 vi è la questione urbanistica. Di certo, la logistica ha un impatto importante sui territori, perché utilizza strutture e infrastrutture, porti e aeroporti, binari e magazzini. Però, dobbiamo ricordarci che la legge urbanistica in Italia risale al 1942 e certamente non parlava di logistica; mentre il 3% del territorio nazionale è composto di aree industriali dismesse. Dobbiamo affrontare questo tema in modo unitario e coerente. Altrimenti andremo avanti come adesso: con progetti di valenza strategica realizzati in modo discontinuo o affidati alla discrezionalità del singolo funzionario per ciascun singolo comune. Dobbiamo affrontare questo tema in modo che la logistica diventi un sistema “logico”, realizzando così la sua vera natura come indicato anche dalla comune radice etimologica.

Rodolfo Giampieri

Presidente ASSOPORTI

1È ormai da parecchio che si sente parlare di ‘shortage’, ovvero la carenza di materie prime che il mercato sta attualmente vivendo. Mancano legno, ferro, rame e molti altri elementi necessari per realizzare svariati beni, dai mobili da arredamento alle playstation, dalle latte in alluminio per alimenti ai cavi per le telecomunicazioni… La causa principale va individuata nella pandemia che ha ritardato le operazioni di estrazione e distribuzione di queste materie dai Paesi di provenienza, nonché la loro lavorazione per realizzare i componenti secondari di pari importanza. Alcuni Stati

e aziende più previdenti, poi, si sono ‘accaparrati’ la gran parte delle scorte esistenti e oggi le impiegano a loro uso e consumo. Il rallentamento dell’export e degli scambi commerciali legato al Covid-19 ha ulteriormente contribuito alla crisi. I fornitori di semiconduttori producono per lo più in Cina. Nel marzo e aprile dello scorso anno, in pieno lockdown cinese, le fabbriche hanno interrotto o rallentato considerevolmente la produzione. Chi detiene gli stock di semiconduttori naturalmente ha tra le mani qualcosa di molto simile all’oro. I prezzi sono in costante rialzo. In questo contesto, la portualità e la logistica hanno un ruolo essenziale nel ridurre l’impatto che questi fenomeni hanno avuto e, in parte, stanno ancora avendo sulla catena logistica. Certamente, occorrerà intervenire anche a livello politico per dare ulteriore forza ad un settore che si è rivelato essenziale per l’economia del Paese.

2Per la portualità il concetto della sicurezza è stato sempre posto in primo piano proprio per la peculiarità delle attività portuali. Diciamo che con il Covid-19 si sono aggiunti quegli accorgimenti che hanno riguardato (e riguardano) tutti gli ambiti lavorativi come il distanziamento, le mascherine e l’igiene delle mani. Queste ulteriori misure di sicurezza sono state implementate molto velocemente anche perché il comparto dedica da sempre molta attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori. La comprova che tutto sia stato applicato bene e rapidamente si rileva nel fatto che i porti non si sono mai fermati nelle varie fasi che hanno caratterizzato la pandemia. Per quanto riguarda l’implementazione di sistemi di tracciabilità alcuni di questi sono in uso, ad esempio, nelle navi da crociera per facilitare il tracciamento di eventuali persone positive al Covid-19.

3Senz’altro la forte transizione digitale che in atto necessita di particolare attenzione per i possibili atti di cybercrime. Come Assoporti insieme al Ministero e alle AdSP stiamo lavorando molto sui sistemi di digilitalizzazione che prevedono molte restrizioni e sistemi di sicurezza dedicati.

4Non ci sono dubbi che le reti di connessione stradali e ferroviari vanno implementate a favore di una portualità più moderna e funzionale. È di tutta evidenza che ciascuna opera realizzata necessita di manutenzione attenta per garantirne la funzionalità. Non voglio sembrare banale ma l’opportunità che abbiamo avanti è unica. Ne va del rafforzamento info e infra-strutturale del nostro sistema. Devo sottolineare con soddisfazione che il governo si sta impegnando fattivamente in questa direzione. Semplificare significa avere consapevolezza della straordinarietà dei compiti da affrontare. Il 2026 è dietro l’angolo e serve un supplemento di responsabilità in tutti i ruoli e a qualsiasi livello. In questa partita vinciamo tutti o perdiamo tutti.

5Nel PNRR sono stati inseriti diversi investimenti per il settore portuale.Nello specifico, la tabella a valere sulla programmazione complementare prevede una serie di stanziamenti per la sostenibilità ambientale nei porti. Si va dallo sviluppo dell’accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici, agli interventi per l’aumento selettivo della capacità portuale e per l’ultimo e il penultimo miglio stradale e ferroviario. E ancora, sono previsti fondi per l’efficientamento energetico per l’elettrificazione delle banchine e, infine, per la generale sostenibilità ambientale dei porti (cosiddetti Green Ports). Per noi, la grande trasformazione in atto necessita di accorgimenti che riguardano una sostenibilità a 360°, quindi sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In questo senso stiamo lavorando per un lavoro inclusivo per giovani e donne. Per assicurare una sostenibilità generale e transnazionale, occorre un grande senso di responsabilità per la grande sfida di cui ci troviamo avanti al fine di evitare che i paesi più virtuosi sull’argomento ne siano penalizzati.

6Certamente per la modalità con cui il cosiddetto smart working è stato implementato durante la fase acuta dell’emergenza sanitaria, lo stesso ha riscontrato qualche criticità. La risposta del settore è stata immediata ed efficiente. Lo smart working strutturale è certamente tutt’altra cosa che richiede una riorganizzazione del mondo del lavoro anche riguardo il tema della flessibilità. Direi che il Covid-19 ha velocizzato diversi processi che erano già in atto. Credo che anche in futuro, in un’ottica di sostenibilità sociale e ambientale, un sistema anche di lavoro in “smart” possa costituire un’interessante opportunità lavorativa anche nell’ottica di una riduzione dei costi di impresa.

LO SMART WORKING STRUTTURALE è certamente tutt’altra cosa che richiede una riorganizzazione del mondo del lavoro anche riguardo il tema della flessibilità.

Inchiesta logistica italiana

8Quello in procinto di chiudersi era l’anno della ripartenza, dopo gli eventi inattesi e imprevedibili del 2020. La pandemia ha imposto una nuova visione della sicurezza sanitaria, con tutte le misure rese necessarie per garantire la piena operatività delle attività portuali. Il test è stato superato. Dal punto di vista delle merci i traffici sono ripresi in modo sostenuto mentre permangono le criticità legate al settore passeggeri, in particolar modo alle crociere. Eppure proprio da questo segmento è arrivato un segnale più che incoraggiante. Il comparto, dopo essere stato praticamente azzerato nell’anno precedente, è riuscito a ripartire proprio dall’Italia. Le regole concertate tra i grandi player e i porti rappresentano un grande atto di responsabilità e professionalità. Un modello anche per le realtà estere.

Silvia Moretto

Presidente FEDESPEDI

1A cavallo tra il 2020 e il 2021, in occasione del suo 75° compleanno, Fedespedi ha avviato un importante progetto di studio e valutazione del nuovo fabbisogno di competenze interne richiesto alle imprese di spedizioni internazionali e su come queste possano essere reperite nel mercato del lavoro. Come le nostre imprese possono diventare competitive nell’attuale mercato del lavoro? quali sono le leve più innovative rispetto all’organizzazione interna? Come attrarre e mantenere in azienda le menti più brillanti e qualificate? Quali sono le nuove competenze necessarie alle imprese di spedizioni per crescere ed essere competitive nel “new normal”? Sono tutte domande cui abbiamo cercato di dare una risposta con la ricerca “Disclosing the forwarding world”, realizzata con il partner ODM-Consulting (società del gruppo Gi Group), disponibile sul sito www.fedespedi.it. Si tratta di uno strumento prezioso che abbiamo voluto dare alle nostre imprese per orientarsi in questo periodo di forti cambiamenti, per guardare con fiducia al futuro e investire nel loro asset di maggior valore: le persone.

4Uno dei principali limiti del sistema infrastrutturale italiano è sicuramente geografico: un territorio per il 75% non pianeggiante, porti storicamente inseriti nel contesto urbano (tra le poche eccezioni, Brindisi e Taranto) e stretti tra monti e mare, l’Arco Alpino che taglia fuori l’Italia dal resto d’Europa. Diciamo che tutte queste problematiche di base avrebbero dovuto essere affrontate e risolte grazie ad una pianificazione strategica e lungimirante delle infrastrutture del Paese, che tuttavia si è arenata subito dopo lo sprint del primo dopoguerra. L’incapacità di programmazione e di realizzazione delle infrastrutture da parte dei Governi che si sono succeduti negli anni sono una sorta di peccato originale dal quale speriamo di riscattarci definitivamente ora, con la realizzazione del PNRR. Un’occasione unica e storica per pianificare e realizzare le infrastrutture che servono alla logistica e all’industria italiana per crescere: digitali (in primis Sudoco, che è ad un passo dall’essere operativo, e la Piattaforma Logistica Nazionale, con l’affidamento a RAM) e fisiche (infrastrutture ferroviarie di ultimo miglio, linee di adduzione ai valichi alpini, TAV, green e smart port, etc.)

5Gli obiettivi green dell’Unione Europea crediamo avranno grande rilievo e grande impatto sul settore della logistica e dei trasporti: il nostro settore dovrebbe provvedere al taglio del 90% delle proprie emissioni inquinanti entro il 2050. Per questo Fedespedi segue questo importante dossier da vicino: sia a livello europeo – con la partecipazione ai lavori della Commissione Sostenibilità del CLECAT (nostra associazione europea) – per valutare passo per passo impatto e ripercussioni delle novità normative europee per le nostre imprese; sia a livello nazionale – con la costituzione all’interno di Fedespedi Giovani di un gruppo di lavoro dedicato a sostenibilità e transizione green in cui traduciamo in attività a sostegno delle imprese associate gli input che ci arrivano dall’Europa. Nel 2021 siamo partiti raccogliendo informazioni, proposte, best practices delle imprese di spedizioni e nel 2022 puntiamo a costruire un progetto di Fedespedi per supportare le aziende in questa importante fase di transizione. Tuttavia, oltre alle nuove normative che entreranno in vigore nel prossimo futuro, bisogna guardare al nuovo e mutato contesto in cui le imprese, di tutti i settori operano: la società civile, l’opinione pubblica chiedono già oggi una maggiore coscienza ambientale agli operatori economici. Le imprese di spedizioni già si confrontano quotidianamente con nuovi target – in termini di impatto ambientale – richiesti ai servizi di spedizione dal mercato. Il nostro obiettivo come Federazione è quello di affrontare la transizione verde anche come un’opportunità di business oltre che un dovere verso le generazioni future. Le imprese di spedizioni internazionali saranno chiamate sempre di più a offrire servizi di alta qualità e tailor made, a essere consulenti a 360° delle imprese che producono e che vogliono esportare le proprie eccellenze in tutto il mondo valutando tra tutti i fattori - tempi, costi, modalità di trasporto – anche l’efficienza e l’impatto ambientale della spedizione.

8Il 2021 è stato un anno complesso e insieme di transizione. Complesso, perché ereditavamo dal 2020 una situazione critica da un punto di vista economico e del commercio internazionale; di transizione, perché molte delle dinamiche di mercato emerse nel 2020 (basti pensare al settore dello shipping) hanno raggiunto il loro acme per arrivare a una nuova stabilità in uno scenario completamente mutato. Tuttavia, anche in questo contesto difficile e con la stanchezza accumulata in due anni di emergenza pandemica, la Federazione è riuscita a raggiungere alcuni importanti risultati anche e soprattutto grazie al lavoro di squadra che siamo stati in grado di esprimere in Fedespedi e con Confetra. Oltre al già citato progetto "Disclosing the Forwarding World", portato avanti dal Training & Development Advisory Body di Fedespedi, sotto la Guida del Presidente Guglielmo Davide Tassone e alla quale hanno partecipato 35 imprese associate, Fedespedi ha raggiunto: • l'approvazione da parte del Parlamento della nostra proposta di aggiornamento e ammodernamento della disciplina del contratto di spedizione, inserita tra le riforme del PNRR, a soli due anni dalla sua elaborazione da parte del Legal Advisory Body, sotto la guida del Presidente Ciro Spinelli; • l'esito positivo sul fronte Regime IVA, con tutte le istanze di Fede-

Tuttavia, oltre alle nuove normative che entreranno in vigore nel prossimo futuro, BISOGNA GUARDARE AL NUOVO E MUTATO CONTESTO IN CUI LE IMPRESE, DI TUTTI I SETTORI OPERANO: la società civile, l’opinione pubblica chiedono già oggi una maggiore coscienza ambientale agli operatori economici

spedi e Confetra accolte dal Parlamento grazie al sapiente lavoro del Tax Advisory Body presieduto da Giancarlo Saglimbeni, che ha fatto sintesi dei preziosi contributi arrivati dalle imprese associate; • le notizie positive che ci arrivano dall'iter di approvazione del Sudoco e dell'e-CMR, che dovrebbero diventare presto realtà operative e che abbiamo fortemente voluto inserire nel pacchetto riforme del PNRR.

Per il 2022 ci auguriamo possa proseguire il clima di ascolto e dialogo che ha caratterizzato il lavoro di Governo, operatori economici e corpi intermedi sul PNRR. Questo piano può davvero cambiare volto alla logistica italiana: le risorse stanziate sono adeguate, gli obiettivi individuati – infrastrutture, misure per le imprese e semplificazioni – sono condivisi e la strategia di sviluppo del settore è organica e di lungo periodo. Fedespedi si è da subito impegnata, in prima linea, insieme a Confetra: abbiamo condiviso con i nostri interlocutori istituzionali esperienza, visione, progettualità concrete, anche grazie al lavoro del nostro IT & Digital Innovation Advisory Body sotto la guida del Presidente Alessandro Pitto. Inoltre, Confetra ci ha affidato il coordinamento del Tavolo ministeriale sulla digitalizzazione (anche in chiave sostenibile). Un’occasione unica per arrivare – lato imprese – ad attivare bandi per promuovere investimenti che vadano nella direzione di una transizione digitale ed ecologica davvero sostenibili.

Inchiesta logistica italiana

Massimo Marciani

Presidente FREIGHT LEADERS COUNCIL

1Nel 2021 la carenza di materie prime ha pesantemente rallentato la produzione manifatturiera e le catene di approvvigionamento, tendenza che persisterà anche per la maggior parte del 2022. La carenza globale di chip per semiconduttori ha causato gravi problemi in vari settori, come nell'industria automobilistica. Gli esperti affermano che potremmo vedere questa carenza continuare per tutto il 2022 e forse fino al 2023. Un altro problema relativo alle materie prime è la carenza di magnesio. Le esportazioni cinesi di magnesio, un materiale utilizzato in vari manufatti, sono crollate nel 2021 quando il paese ha ridotto la produzione a causa delle limitazioni al consumo di energia. Di conseguenza, l'Europa sta esaurendo le scorte già in questo inizio del 2022. La carenza di questi materiali può avere un enorme "effetto a catena" su tutti i materiali in acciaio e metallo utilizzati nei prodotti manifatturieri, inclusa la lamiera d'acciaio. La pandemia ha colpito duramente tutti gli ambiti delle catene di approvvigionamento con problemi e limitazioni che possiamo facilmente prevedere che andranno avanti almeno per tutta la prima metà del 2022. Un aumento delle problematiche relative all’insorgere dei focolai di virus e il previsto rallentamento delle spedizioni durante il Capodanno lunare cinese sono un paio di fattori che potrebbero contribuire a interruzioni nella catena di approvvigionamento.

L'INDUSTRIA DEGLI AUTOTRASPORTI, IN PARTICOLARE, STA AFFRONTANDO UNA GRAVE CARENZA DI MANODOPERA. La carenza di autisti ha raggiunto il massimo storico di 17.000 nel 2021 e questo numero continuerà solo a salire

Tuttavia, potremmo assistere a un allentamento della pressione sulle catene di approvvigionamento nella seconda metà del 2022 con l'attenuarsi della domanda da parte dei consumatori. Le scorte raggiungeranno quindi i livelli pre-pandemia e aumenterà la capacità di spedizione globale. I trasporti hanno evidenziato una grande fragilità durante la pandemia e possiamo aspettarci che le problematiche in questo settore continueranno per tutto il 2022 e oltre. Non solo l'aumento dei prezzi del carburante ha portato a un'inflazione delle tariffe di trasporto per tutte le modalità di spedizione, ma la carenza di manodopera sta rendendo difficile per le aziende mantenere i livelli di servizio richiesti. L'industria degli autotrasporti, in particolare, sta affrontando una grave carenza di manodopera. La carenza di autisti ha raggiunto il massimo storico di 17.000 nel 2021 e questo numero continuerà solo a salire. Per risolvere la carenza di manodopera nei trasporti dovrà essere messo in campo uno sforzo congiunto delle società di autotrasporto, del governo e delle aziende che ricevono le spedizioni, perché non esiste un'unica soluzione al problema. Anche l’evoluzione normativa renderà sempre più sfidante questo mercato con interventi di regolazione volti a contenere le condotte scorrette nell’autotrasporto.

Come abbiamo visto, dunque, i problemi di trasporto possono influire sulle tariffe di trasporto associate al trasporto d'acciaio e sulla capacità di trovare capienza per il trasporto dei materiali. Come accennato poco sopra, quindi, la carenza globale di scorte come microchip e semiconduttori e l’aumento dei costi di spedizione e dei costi per i consumatori hanno messo in crisi interi settori economici, alcuni dei quali strategici. Di fronte a questo scenario, un elemento da tenere in considerazione sarà il tramonto dell’approccio cosiddetto “just in time”, le cui fragilità sono state ampiamente evidenziate dalla pandemia che ha rivelato le criticità nella gestione di una Supply Chain globale. Con la fine del “just in time”, dunque, si assisterà presumibilmente a un ritorno dell’approccio “just in case”. Per garantire la reperibilità immediata delle merci e una maggiore efficienza della supply chain, inoltre, una valida soluzione da tenere in considerazione per il prossimo futuro sarà il reshoring, cioè la produzione domestica almeno dei prodotti ritenuti indispensabili per garantire la sicurezza nazionale. Il reshoring andrà così a sostituirsi al fenomeno dell’offshoring che, mirando al puro risparmio, ha invece causato lo svuotamento di interi settori produttivi.

5-6 Possiamo ragionevolmente sostenere che l’evoluzione della logistica avverrà su due pilastri ben definiti: la sostenibilità e la digitalizzazione.

Per quanto concerne la sostenibilità, la logistica verde non è solo una tendenza, ma un requisito indispensabile per il futuro. Ridur-

certificato

re l’inquinamento e l’aumento dell’efficienza energetica sono obiettivi che possono permettere ad un’azienda logistica di crescere e migliorare il proprio business. I benefici che ne derivano però sono sia economici che etici, aumentando le performance nella gestione aziendale e ricadendo positivamente su tutta la collettività. Per quanto riguarda la trasformazione digitale, questa interviene su un ecosistema particolarmente complesso ed articolato, come è possibile vedere nell’immagine che segue. Infatti, si parla di digitalizzazione già da diversi anni. Gli strumenti normativi - anche se imperfetti - ci sono e l’offerta tecnologica è fin sovrabbondante. Perché allora tanti settori, tra cui quello logistico, presentano ancora una forte resistenza a aderire a paradigmi cooperativi pienamente digitali?

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Nel settore bancario e finanziario, ad esempio, così come in quello delle telecomunicazioni, il processo di digitalizzazione è andato molto avanti rispetto alla logistica perché, pur essendo settori in cui la competizione è fortissima, l’omogeneità tra stakeholder ha consentito la condivisione di procedure e standard facilitando così la strada alla digitalizzazione dei processi.Purtroppo, l’ambito logistico è ben diverso e comporta un grado di complessità superiore a livello di interazioni tra gli attori. La logistica è costituita da stakeholders di diverso tipo e dimensione che spesso giocano ruoli cliente-fornitore in cui la trasparenza di processo, una delle prerogative della digitalizzazione, non è sempre così attesa. Inoltre, in una catena del valore che vede il trasferimento di luogo della merce e delle responsabilità ad essa legate è sufficiente che un solo attore non sia in grado di gestire le informazioni elettroniche perché anche il resto della catena perda convenienza nell’adozione di un processo veramente digitalizzato in quanto i passaggi cartacei restano comunque necessari. Vi è poi un motivo più umano alla difficoltà di digitalizzazione, soprattutto in un settore così “man-power intensive” come la logistica: la digitalizzazione implica sempre un cambiamento profondo nell’organizzazione dove si inserisce. Per esempio, occorre formare il personale, riscrivere i mansionari, riorganizzare l’azienda, i processi devono essere rivisti e di conseguenza le procedure modificate. E come nelle persone, anche nella logistica, i cambiamenti sono ostacolati dall’inerzia. Dalla difficoltà ad approcciare in modo nuovo attività che già conosciamo. Chi studia il comportamento umano sostiene che il cervello funzioni principalmente per abitudini, le abitudini vengono cambiate (sostituite da altre abitudini) a causa di irresistibili contingenze esterne, oppure se viene identificata una prospettiva di convenienza (benessere futuro) talmente forte da poter superare la resistenza al cambiamento. Serve quindi un’operazione di ingegneria sociale per creare una leva che progressivamente e inesorabilmente, evitando di creare resistenze o spaccature dovute ad accelerazioni non gestibili, crei una prospettiva concreta e misurabile dei benefici della digitalizzazione anche in ambito logistico.

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INTRALOGISTICA DI PRIMA MANO 101010 IL SETTORE SI RI-INCONTRA A STOCCARDA Non mancate!

Inchiesta logistica italiana

Guglielmo Davide Tassone

Consigliere SOS-LOGISTICA e membro del consiglio direttivo di Fedespedi

1Alla fine, i nodi sono giunti al pettine: così credo che si possa commentare la situazione. A mio avviso, negli anni passati si è assistito ad un eccesso di delocalizzazione che teneva in alcuna considerazione gli effetti logistici. Il costo inferiore della manodopera giustificava lo spostamento della produzione verso il Far East perché comunque la logistica non era nient'altro che marginale. Non si facevano considerazioni di qualità del servizio o di velocità, ma solo di tipo economico. Quello che è successo ci ha fatto capire che probabilmente si è tirata troppo la corda. Adesso assistiamo a tanti fenomeni di rientro di produzione più vicine al cliente finale, e comunque in Europa, anche per quanto riguarda prodotti a basso valore aggiunto, dai pannelli fotovoltaici alle famose mascherine di cui c'è ancora tanto bisogno. Questo per due motivi: innanzitutto perché la velocità di asservimento ai clienti è diventata un parametro importante, visto anche lo sviluppo dell'e-commerce; e allo stesso modo lo è diventata la vicinanza ai clienti, con punti di consegna e stoccaggio più dislocati anziché centralizzati a livello europeo, come avveniva fin dagli anni Novanta. Vi è anche un tema di costo, legato in particolare allo shortage del trasporto marittimo: anche questo ha avuto un effetto importante sulla rilocalizzazione della produzione. Il fenomeno del riavvicinamento dei siti di produzione è dunque evidente e consente di rispondere a due grandi elementi: una considerazione complessiva dei costi della supply chain e l’esigenza di erogare un servizio più veloce al cliente finale.

Per il futuro, è difficile fare previsioni ma vi sono diversi possibili scenari. Da un lato, vi è chi sostiene che prima o poi arriveranno in consegna nuove navi, dunque gli armatori potranno mettere sul mercato nuova capacità di carico, cosa che dovrebbe portare ad un miglioramento della situazione. Dipenderà anche dalla domanda, sulla quale hanno pesato diversi elementi contingenti, come la crescita repentina dovuta alla ripresa o fenomeni puntuali come l'incaglio nel canale di Suez con il conseguente blocco temporaneo della circolazione navale. L’impatto più evidente è stato comunque l’incontro fra l'esplosione dei volumi, molto repentina e inattesa rispetto alla situazione pandemica, da un lato, e shortage di capacità di trasporto, dall’altro. Per questa ragione abbiamo assistito a questa situazione quasi “schizofrenica” che ha visto il costo dei noli aumentare fino a dieci volte. Ricordiamoci anche che il mondo in cui viviamo viene definito ormai VUCAD, quindi Volatile, Incerto, Complesso, Ambiguo, a cui si aggiunge la D di digitale. Al momento, per effetto dell’ondata invernale del Covid-19, mi aspetto una ripresa più contenuta rispetto a quelle che erano le prime aspettative. Spero soprattutto che l’andamento della pandemia sia davvero in discesa e non, come visto negli ultimi due anni, un alternarsi quasi ciclico fra miglioramento estivo e peggioramento invernale.

2-7 La pandemia ci ha costretti a ripensare alcune logiche, a partire dalla condivisione degli spazi. Nel nostro settore il lavoro da remoto sembrava impensabile, perché tipicamente il nostro è un lavoro fatto a contatto con la parte operativa; la pandemia invece lo ha reso possibile. Da parte delle aziende abbiamo visto implementare, con una velocità impressionante, diverse nuove misure: oltre allo smart working, possiamo citare le soluzioni per il controllo degli accessi mediante scanner manuali oppure fissi, oppure la possibilità di accedere alle postazioni di lavoro condivise prenotandole mediante app. Grazie ad una serie di elementi di tipo tecnologico, abbiamo potuto ripensare il lavoro dal punto di vista organizzativo. La pandemia con le relative costrizioni ci ha costretti a rivedere alcune logiche e ha fatto emergere diversi benefici. Tante di queste soluzioni sono rimaste in maniera strutturale dentro le nostre organizzazioni: anche nei mesi più tranquilli si è continuato ad organizzare dove possibile il lavoro in modalità agile. E questo si lega a un altro tema importante: l'attrattività rispetto alle nuove risorse. Nel nostro settore le risorse umane sono diventate un elemen-

to critico e, anche in fase di selezione, le giornate di smart working vengono considerate ormai la norma e non più l’eccezione. I nostri servizi sono fatti di persone: dobbiamo essere attenti alle nuove generazioni e ai plus che queste ricercano, se vogliamo dare continuità al nostro business. Lo smart working, o comunque un’organizzazione del lavoro più flessibile, è sicuramente uno di questi.

4-5 La sostenibilità ambientale è un tema imprescindibile, nella sua complessità. Ce lo chiedono le nuove generazioni e ce lo chiedono i clienti. C'è sempre più attenzione su queste tematiche: ancora non abbiamo completato un vero e proprio percorso culturale, ma sicuramente siamo nella direzione giusta in termini di cambiamento e di sviluppo. In questo senso, il PNRR è sicuramente un'opportunità imperdibile. Vista l’entità dei fondi destinati a progetti di adeguamento infrastrutturale, spero che riusciamo a gestirli al meglio, evitando sprechi e ritardi che invece caratterizzano la nostra storia. Di fatto ancor oggi la percentuale di trasporto ferroviario rispetto a quello su gomma è ancora lontanissima rispetto alle nostre potenzialità e rispetto a quello che accade in altri Paesi. Da un lato c'è un tema infrastrutturale, dall’altro l'infrastruttura diventa l'elemento abilitante per poter superare i vincoli che ancora rallentano lo sviluppo del business. Da vent'anni si parla dell’Italia come della piattaforma logistica d'Europa, in particolare per quanto riguarda l’inbound marittimo. Tante buone idee che si sono poi scontrate con complessità di varia natura. Non siamo ancora riusciti a scaricare a terra il potenziale che abbiamo come Paese. Il momento però è molto delicato: direi ora o mai più. Se dovessimo fallire questa occasione, potrebbe essere un punto di non ritorno da cui sarebbe molto difficile rialzarsi. Tornando alla sostenibilità, la mia sensazione è che passo dopo passo, con grande fatica, stiamo assistendo ad un cambio di mentalità. Dopo tanti anni di attività in questo settore, percepisco chiaramente un'evoluzione. Oggi c’è una sensibilità diversa nei confronti della sostenibilità, che va oltre il semplice obbligo o approccio di facciata. Un po' perché le nuove generazioni sono naturalmente portate a considerare questo aspetto nella scelta di un'azienda: come detto prima dobbiamo considerare attentamente il modo in cui risultiamo attrattivi verso i nuovi talenti, per poter dare continuità al nostro business, e dunque capire bene quelli che sono i loro valori. Le nuove generazioni danno molta importanza alla diversità, all'inclusività e naturalmente alla sostenibilità ambientale: in questo modo ci indicano la direzione e ci impongono maggior attenzione a queste tematiche. Da parte delle aziende associate a Sos-Log, gli esempi sono numerosi e vanno dall’utilizzo di veicoli con motori alternativi (principalmente GNL, ma anche, dove possibile, l’elettrico) alla riduzione dei consumi nei magazzini e nelle strutture logistiche, con l’utilizzo di impianti fotovoltaici, il riciclo delle acque e così via, insomma con tutto l’apparato di tecnologie e sistemi organizzativi che vanno in questa direzione.

6L’informatica e la logistica hanno ricevuto una spinta importante durante la pandemia. Pensiamo ad esempio all’esplosione dell’e-commerce. Quando siamo rimasti chiusi in casa, di fatto quello che ha funzionato bene sono state la tecnologia e la logistica: la prima per effettuare gli ordini, la seconda per riceverli a casa. E questa tendenza non accenna a rallentare, anzi sembra che sia rimasta nel nostro modus operandi. Come tecnologie, dunque, vediamo sempre di più soluzioni di automazione nei magazzini, per sostituire le attività più faticose. Ma più in generale, il fronte tecnologico che riteniamo più interessante è costituito dall'integrazione dell'informazione e dei flussi all'interno della supply chain. Ancora una volta penso che questo sia un punto di non ritorno, un nuovo livello da cui penso che non si tornerà più indietro.

IL FENOMENO DEL RIAVVICINAMENTO DEI SITI DI PRODUZIONE È DUNQUE EVIDENTE e consente di rispondere a due grandi elementi: una considerazione complessiva dei costi della supply chain e l’esigenza di erogare un servizio più veloce al cliente finale

8In generale, per le aziende del nostro settore, il 2021 è stato un anno straordinario come risultati. Paradossalmente, la pandemia prima e la ripresa dopo hanno dato entrambe sviluppo al settore, quindi registriamo in generale un buon livello di crescita. Anche per il gruppo che rappresento, Rhenus Logistics, il 2021 è stato un anno record da questo punto di vista. Tutti auspicavamo che l'inizio del 2022 potesse essere in continuità con quanto avvenuto nell'anno precedente, in termini di ulteriore crescita e sviluppo. Tuttavia, per effetto della cosiddetta quarta ondata di pandemia, penso che i primi mesi di quest'anno saranno ancora dominati dall'incertezza. L’auspicio per il resto dell’anno è uno solo, e penso di non essere il solo a formularlo: l’uscita definitiva dalla pandemia. Il ritorno ad una situazione di normalità, alla vita che possiamo dire normale soprattutto in termini di relazioni sociali e contatti. Da questo punto di vista, siamo tutti molto stanchi.

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