Cervia IN Magazine 03 2021

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CERVIA

Alessandro

FANELLI

IMPRENDITORE VULCANICO

ANDREA NEYROZ / Acrobazie mozzafiato FOCACCIA GROUP / Mobilità per tutti GERARDI LAMATTINA / Guardare oltre

N° 3 AGOSTO/SETTEMBRE 2021


Royal Beach +39 0544 422210 Arenile demaniale 289, Traversa VI Milano Marittima


EDITORIALE

SOMMARIO

U

Un numero estivo speciale, con una doppia copertina: per Ravenna, l’atleta e acrobata internazionale Andrea Neyroz, per Cervia, l’imprenditore Alessandro Fanelli. Incontriamo Focaccia Group di Cervia, tra i primi produttori mondiali dell’automotive, e l’architetta Aida Morelli, la nuova presidente del Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna. Il regista Gerardo Lamattina racconta del successo del suo film Il Drago di Romagna, mentre Maria Grazia Piscaglia parla del progetto O.A.S.I. rivolto ai malati di sclerosi multipla. Ripercorriamo poi la storia dei Giardini Pubblici, e intervistiamo: Eva Andrini, influencer e food creator; Eugenio Sideri, drammaturgo, regista e ora scrittore; Sofia Ceccarello, campionessa di tiro a segno che ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo; Guido Onofri, pittore di paesaggi e nature. Buona lettura! Andrea Masotti

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Andrea Neyroz

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ESSERE

Alessandro Fanelli

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INTRAPRENDERE

Mobilità per tutti

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PIANIFICARE

Sensibilità Ambientale

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CREARE

Gerardo Lamattina

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Bezzi ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XX - N. 3 Chiuso per la stampa il 30/07/2021 Collaboratori: Alessandra Albarello, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna de Lutiis, Lucia Lombardi, Serena Onofri, Aldo Savini. Fotografi: Lidia Bagnara, Luca Concas, Massimo Fiorentini. Pubblicazione abbinata al numero 3 agosto/settembre 2021 di Ravenna IN Magazine. Seguici su FB: www.facebook.com/ edizioni.inmagazine

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SCRIVERE

Teatro di parola

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COMPETERE

Sofia Ceccarello

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DIPINGERE

Guido Onofri

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CURARE

Maria Grazia Piscaglia

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SCOPRIRE

Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.

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I Giardini Pubblici

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CUCINARE

Eva Andrini

42 IN MAGAZINE

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ANNOTARE

Marchetti, DOPO YOOX

Dragone d’Oro A DONATINI

RAVENNA Tra gli applausi dei

CASOLA VALSENIO Con il suo

suoi dipendenti, che l’hanno salutato durante il suo ultimo giro in azienda nella sede bolognese, il ravennate Federico Marchetti ha ufficialmente lasciato Yoox Net-A-Porter lo scorso 23 luglio. Il fondatore della nota start-up, da molti definita l’Amazon della moda, sarà presidente del settore Fashion nel progetto green Sustainable Markets Initiative lanciato dal principe Carlo d’Inghilterra. Su Instagram, Marchetti ha scritto: “Sono emozionato perché lascio l’azienda che ho creato, che amo e dove ho osato fare l’impossibile: trasformare una start-up in un unicorno e poi in un gruppo globale.” Marchetti ha fondato e guidato dal 2000 uno degli e-tailer più influenti nel panorama mondiale della moda.

film San Donato Beach, prodotto dalla Zarathustra Film, il regista di Casola Valsenio Fabio Donatini ha vinto il Dragone d’Oro come miglior regista nella sezione E.R. Filmmaker del Ferrara Film Festival. Il film è caratterizzato da ritratti dei personaggi, allenatori, baristi, tabaccai e parrucchieri, che popolano il quartiere San Donato, situato nella periferia di Bologna. Con una troupe ridotta e attrezzatture leggere, il regista si è mosso facilmente tra le strade della periferia scoprendo un linguaggio visivo essenziale e intimo, il più idoneo a rivelare l’essenza dei suoi personaggi. Il premio è il riconoscimento del talento e del valore artistico espressi da Donatini nella sua attività di regista.

La mostra fotografica IN ZIR DI LIDIA BAGNARA RAVENNA Resterà aperta fino al prossimo 24 settembre, nei prestigiosi spazi di Nonostante Marras a Milano, la mostra In zir. I miei viaggi verso Gerusalemme della fotografa ravennate Lidia Bagnara, collaboratrice di Ravenna IN Magazine. Circa un centinaio di scatti che raccontano vent’anni di viaggi e, soprattutto, un orizzonte luminoso e colorato di frammenti di luoghi, persone, distanze e prossimità che unisce India, Cappadocia, Libano, Siria, Giordania, Egitto, Israele e Italia. “Da quando la fotografia mi ha scelto, oltre vent’anni fa,” ama ripetere Bagnara, “vivo una seconda vita straordinariamente ricca perché i luoghi delle mie foto sono anche quelli del mio cuore e questo mi basta per dare senso al tutto.” Contemporaneamente alla mostra è uscito il suo ultimo libro Jerusalem, edito da Danilo Montanari, con testi di Giovanna Calvenzi e Manuela Dviri. Nata a Ravenna nel 1959, Bagnara inizia come ritrattista collaborando con la Granata Press Service di Milano. Dal 2002 al 2005 crea lookbook di moda, segue gli eventi e gli show per alcuni designer italiani e stranieri tra cui Stuart Weitzman che la supporta nella realizzazione di due mostre a Milano. Alcune sue foto sono conservate al Dipartimento Stampe e Fotografie della Biblioteca Nazionale di Parigi.

Terza stagione SUMMERTIME MARINA DI RAVENNA Si sta registrando la terza stagione della nota serie

Netflix Summertime prodotta da Cattleya che, sinora, ha raccontato le vicende di Summer (Coco Rebecca Edogamhe), Ale (Ludovico Tersigni), Dario (Andrea Lattanzi), Sofia (Amanda Campana) ed Edo (Giovanni Maini), sempre ricche di colpi di scena. Anche questa volta tra le location è stata scelta Marina di Ravenna. “Uno dei set più amati è stata la diga foranea di Marina, la nostra palizzata,” affermano il sindaco Michele de Pascale e l’assessore al Turismo Giacomo Costantini, “dove Summer ed Edo incontrano gli amici per l’aperitivo. Oltre ai tanti altri luoghi tra i più affascinanti del nostro territorio, dalla Darsena di Città alle valli di Marina Romea, dalla spiaggia di Marina Romea a quella della Bassona e di Casalborsetti. Luoghi unici, con tramonti, mare e natura mozzafiato, tanto da essere stati d’ispirazione per la serie di Netflix.” 4

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La vita è dolce se glielo concedi

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ANNOTARE

Pane & Panettieri D'ITALIA

In viaggio con CAVEZZALI

FAENZA C’è anche O’Fiore Mio Hub di Faenza tra i 50 migliori panettieri premiati con il punteggio massimo nella Guida Pane & Panettieri d’Italia 2022, realizzata da Gambero Rosso. Si tratta dell’unico forno segnalato per la provincia di Ravenna, tra i sei della regione Emilia Romagna, già premiato con i Tre Pani del Gambero Rosso nel 2019. Dal 2011 il locale crea pizze gourmet con ingredienti di prima qualità quali: mozzarella fior di latte e di bufala campana, pomodori pelati San Marzano, capperi di Salina e olive di Gaeta, salumi di mora romagnola. L’impasto è realizzato con lievito madre, mentre la cottura avviene nel forno a legna su refrattario, in modo da garantire un impasto leggero e molto digeribile.

RAVENNA Si intitola

Il festival RAVENNA JAZZ RAVENNA Durerà fino al 19 novembre l’edizione diffusa del

festival Ravenna Jazz. Da non perdere in particolare, alla Rocca Brancaleone, la monumentale produzione originale Pazzi di Jazz Young Project, dedicata quest’anno a Miles Davis. Sul palco saliranno un’immensa compagine orchestrale e corale formata da giovanissimi musicisti guidati dal direttore e arrangiatore Tommaso Vittorini, dal trombettista Enrico Rava, dal trombonista Mauro Ottolini e dal beatboxer Alien Dee. Sono cinque gli appuntamenti in programma in autunno per questa quarantottesima edizione, come diverse sono anche le ‘ambientazioni’ che accolgono i concerti, tra club e teatri. Il 29 ottobre, il Teatro Socjale di Piangipane ospita il quartetto della vocalist francese Camille Bertault. Al Cisim di Lido Adriano, il 12 e 19 novembre si tengono poi il solo di Derek Brown, che applica la tecnica del beatbox al sassofono, e il live del Tingvall Trio che porterà le ultime tendenze del jazz scandinavo. Il Bronson di Madonna dell’Albero, infine, ospita il rapper Dj Gruff con il trombonista Gianluca Petrella e il duo austriaco Bartolomey Bittmann il 23 ottobre e 13 novembre.

Supercamper il terzo libro dello scrittore ravennate Matteo Cavezzali, che regala ai lettori un viaggio sorprendente tra memoria personale e resoconto di tradizioni, miti, credenze e gusti. Un cambio di rotta dopo aver raccontato dell’ascesa e caduta di Raul Gardini in Icarus e della storia dell’anarchico romagnolo che fece saltare in aria Wall Street in Nero d’Inferno. L’autore racconta dei mitici viaggi fatti con i genitori e la sorella a bordo di un furgone Volkswagen T3 giallo adibito a camper, attraverso l’Europa, dal Portogallo alla Grecia e sino a Capo Nord, e prosegue poi con i viaggi organizzati in treno o in autobus negli Stati Uniti, in Sudamerica o in Oriente.

Un alloro PER DANTE CESENA Si intitola Un alloro per Dante l’opera-installazione inaugurata nei giorni scorsi nel giardino del Palazzo della Provincia di Ravenna, per rendere omaggio al Sommo Poeta nell’anno del settimo centenario della morte. L’opera, ideata dall’architetta e designer Luisa Bocchietto e realizzata dall’azienda Regenesi, in collaborazione con l’assessorato al turismo del Comune di Ravenna, intende idealmente incoronare Dante con quell’alloro che in vita non fece in tempo a ricevere dopo la proposta del professore bolognese Giovanni del Virgilio nel 1320. I ravennati e i turisti potranno non solo ammirarla ma anche dare il proprio contributo attraverso la posa della foglia di rame consegnata all’ingresso. Un gesto che vale l’inserimento nel registro donatori-contributori, fino al raggiungimento del numero previsto di 1.423 foglie, in riferimento simbolico agli endecasillabi della Divina Commedia.

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ESSERE

Acrobazie

MOZZAFIATO DOPO UN PASSATO DA GINNASTA DI LIVELLO INTERNAZIONALE, IL RAVENNATE ANDREA NEYROZ HA CALCATO LE SCENE IN TEATRO E TV COME ACROBATA E ORA È UNO DEI MASSIMI ESPONENTI DEL CALISTHENICS. di Chiara Bissi / ph Massimo Fiorentini

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Assoluta concentrazione, equilibrio, forza, eleganza. Nella vita di Andrea Neyroz la ginnastica artistica è stata prima pratica in palestra, poi agonismo e anni di vittorie in gara, fino a diventare una professione da insegnare ad altri, ma non prima di avere calcato le scene come acrobata nel musical Notre Dame de Paris e in televisione con la partecipazione a Italia’s Got Talent. Del sacrificio, della fatica non c’è traccia sul suo volto, Neyroz antepone sempre il sorriso e lascia spazio a una bellezza solare e alla soddisfazione per le mete raggiunte. Diretto, semplice, scherza parlando del proprio fisico scolpito e assicura che la fama raggiunta e l’incredibile numero di follower sui social non lo hanno cambiato. Nato nel 1987 è cresciuto come atleta nell’Edera Ravenna, per poi trasferirsi a Ferrara per perfezionarsi. Ha militato per 9 anni nel Campionato di serie A, vincendo medaglie a ripetizione nei Campionati Italiani di specialità. È istruttore della Federazione Italiana Fitness e forma gli istruttori della disciplina nota come Calis-

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thenics. Legatissimo a Ravenna torna spesso da Cittadella, luogo dove ormai risiede e lavora da qualche anno, quando non è in giro per l’Italia per seminari ed eventi. Neyroz, come ha avvicinato la ginnastica? “Da bambino ero molto vivace, iperattivo, non stavo mai fermo. Mia sorella faceva ginnastica così i miei genitori decisero di lasciare anche me in palestra. A 7 anni ho vinto le prime gare provinciali, così è diventata una passione che ha modificato il mio carattere, mi ha messo in riga. Giunto al liceo classico ho imparato a organizzare il mio tempo: mi allenavo tre ore e mezza al giorno. Poi durante gli anni universitari ho continuato a gareggiare. Mi sono laureato in Giurisprudenza e ho proseguito gli studi per l’abilitazione all’esercizio dell’attività forense. Ma ho capito che non sarebbe stata la mia vita. Aspettavo un segnale per cambiare.” Ed è arrivato? “Sì, dopo la partecipazione a Italia’s Got Talent mi è stato chiesto di prendere parte al tour italia-


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ph Luca Concas

DOPO LA PARTECIPAZIONE A ITALIA’S GOT TALENT HA PRESO PARTE AL TOUR ITALIANO DEL MUSICAL NOTRE DAME DE PARIS E DAL 2015 AL 2018 HA FATTO 300 REPLICHE. IL PASSAGGIO DALL’AGONISMO ALLA SCENA LO HA AIUTATO A USCIRE DAGLI SCHEMI.

IN QUESTE PAGINE, IL RAVENNATE ANDREA NEYROZ. IN ALTO, L’ATLETA IN PAGLIACCI AL RAVENNA FESTIVAL DURANTE LA TRILOGIA D’AUTUNNO 2017.

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no del musical Notre Dame de Paris e dal 2015 al 2018 ho fatto 300 repliche. Mi ha aiutato a uscire dagli schemi, allora avevo una mentalità quasi militare per quanto riguarda la preparazione, come se avessi sempre davanti un giudice. Questa esperienza mi ha reso più spontaneo.” E il salto dall’agonismo alla scena come è andato? “Mi sono ritrovato tra ballerini provenienti dalla breakdance o dal parkour, liberi nei movimenti. Da agonista eseguivo perfettamente i movimenti ma non era sufficiente, dovevo anche esprimere un personaggio. L’addestramento è stato molto pesante, quasi peggio che per le gare. Dopo, però, in scena mi sono divertito, lì

sei un ginnasta libero dai vincoli dell’esecuzione perfetta. Si vive con valigia sempre pronta, ed è una grande esperienza, ricordo in particolare l’emozione provata davanti a 14.000 spettatori all’Arena di Verona.” Massima concentrazione, quindi? “Sì. Ricordo una scena, quella della festa dei folli, quando si scopre che quella di Quasimodo non è una maschera: io, tra i giullari, dovevo arrampicarmi per 9 metri e lassù fare la verticale e saltare su campane poste a un’altezza di 5 metri. Finito il tour italiano mi hanno chiamato per quello in Canada, Russia e Corea in autunno, ma questo significava resettare la mia vita. Per non abbandonare le attività che avevo ripreso in italia non ho accettato.” La vedremo ancora in scena in Italia? “Ravenna Festival mi ha chiamato come acrobata per Pagliacci nel corso di Trilogia d’Autunno qualche anno fa. È stato bellissimo. Se Cristina Muti vorrà tornerò volentieri in teatro. È stato un bellissimo incontro.” Dopo il musical si è fatta spazio nella sua vita un’altra attività… “Sì, sono docente della Fede-

razione Italiana Fitness, formo istruttori nella mobilità articolare e nell’acrobatica già dal 2015 e poi istruttori di Calisthenics, la disciplina basata sulla ginnastica a corpo libero, che sviluppa la forza, l’equilibrio, la coordinazione. È vicina alla ginnastica artistica perché comprende delle figure, chiamate skill. Chi parte da zero invece migliora la forza e il controllo. Ma è una disciplina che richiede tempo e concentrazione. I miei allievi hanno quasi tutti più di trent’anni, i ragazzi lasciano presto. Tengo corsi per istruttori, all’interno della Federazione siamo tre docenti.” Ciò che colpisce guardando la pratica è la bellezza delle figure e l’assenza di fatica. Sembra tutto senza sforzo, ma è così? “Si chiama espressione del movimento, fatta di eleganza, leggerezza e controllo totale. Ho maturato un metodo sulla mobilità articolare e sullo stretching, sono elegante nonostante la mia altezza. Di solito i ginnasti sono brevilinei e massicci, io compenso l’altezza con la mobilità articolare. È molto importante lavorare sullo stretching, così si evitano infortuni e le skill vengono eseguite al meglio.”


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“IL CALISTHENICS HA L’ASPETTO DELL’ACROBATICA MA IL LAVORO È DI TESTA, SE NO RISCHI DI FARTI MALE. QUANDO DEVI ESEGUIRE UN ELEMENTO DEVI ESTRANIARTI DA TUTTO, SEI TU E IL TUO CORPO. È UNA DISCIPLINA MOLTO SERIA, CHE RICHIEDE MATURITÀ MENTALE.”

SOTTO, ANDRE REYNOZ ESEGUE UN’ACROBAZIA.

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Chi governa: mente o corpo? “Il Calisthenics ha l’aspetto dell’acrobatica ma il lavoro è di testa, se no rischi di farti male. Quando devi eseguire un elemento devi estraniarti da tutto, sei tu e il tuo corpo. È una disciplina molto seria, che rich iede mat ur it à ment a le.” Com’è la sua vita fuori dalla palestra? “Ora sono più tranquillo e faccio una vita normale. Mi alleno tutti i giorni, ma non penso più all’esercizio nel quale si deve dare l’a-

nima in 70 secondi. Se mi capita un aperitivo o una birra la bevo, e una volta a settimana mangio anche una pizza.” Cosa mangia un ginnasta? “Quando facevo le gare avevo le schede da nutrizionista, la bistecca prima della gara rallenta la digestione e non va bene. In allenamento meglio i carboidrati, ma ora mangio pesce, carne, legumi e frutta secca. Tre mandorle dopo un esercizio o come spuntino.” Con l’emergenza sanitaria e le palestre chiuse lunghi mesi come ha vissuto questo anno? “Ci siamo reinventati. Ho avuto una flessione nell’attività, prima giravo l’Italia come formatore. Così ho lavorato online e sui social, poi mi sono dedicato al libro di pratica del Calisthenics che ho scritto con i miei colleghi della Federazione Italiana Fitness. Ho usato il tempo che in condizioni normali non avrei avuto. Poi ho deciso di fare un corso da massaggiatore sportivo, perché sono competenze legate al mio ambito.” Come si fa ad avvicinare i

bambini alla ginnastica? “La ginnastica è stata la mia linfa vitale, il mio più grande amore, non posso vivere senza perché mi ha dato la possibilità di fare un lavoro che è anche la mia passione. Spesso i bambini mollano perché non è considerato uno sport da maschio come il calcio, anche se la mentalità sta cambiando. E poi si deve dare anima e corpo. In futuro, da genitore non costringerò mio figlio a fare ginnastica. Ma da piccoli due ore a settimana di concentrazione e coordinamento restituiscono capacità uniche, agilità e maggiore coordinazione. È uno sport fondamentale per tutti.” Come gestisce la notorietà? “Nel mio settore sono conosciuto e grazie a questo ho uno sponsor che mi segue, ma di sicuro non farò l’influencer. La notorietà mi ha facilitato a livello lavorativo perché mi permette di far conoscere i miei corsi anche grazie ai social, ma non mi ha cambiato. Nell’ambiente mi conoscono per una figura, una skill che si chiama Manna, dal nome dell’ideatore. Esige grande controllo.”


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ESSERE

Imprenditore

VULCANICO LA NUOVA SFIDA DELL’IMPRENDITORE ALESSANDRO FANELLI È LO STABILIMENTO BALNEARE BANDITO 211, CHE COMPLETA L’OFFERTA DEI SUOI QUATTRO ALTRI LOCALI

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di Roberta Bezzi / ph Lidia Bagnara

Crede nel concetto di gruppo per far crescere e valorizzare il marchio aziendale e ha una vera passione per gli eventi. Caldeggia il recupero di una certa etica quando si parla di prodotti che devono essere la migliore espressione del territorio e di quel patrimonio del lusso che distingue il buon mangiare dal mero nutrimento. Potrebbe essere riassunta così la filosofia del vulcanico imprenditore cervese Alessandro Fanelli: dopo aver iniziato come PR per locali ed essersi fatto le basi come commerciale e sommelier, a 25 anni ha capito di voler investire nel settore della ristorazione, quello che più amava visto che gli è sempre piaciuto stare fuori e mangiare insieme agli amici. Se si aggiunge poi che è figlio di imprenditori, è facile capire come un certo dinamismo e il pallino per gli affari facciano parte del suo stesso DNA. In questa calda estate, in cui ancora imperversano le incognite legate alla pandemia da Covid-19, è facile trovarlo allo stabilimento balneare Bandito 211 a Cervia, aperto a maggio: la sua ultima sfida. Fanelli, come sta andando la stagione? “Il periodo è quanto mai comples-

so e necessita di continue analisi e cambi di rotta a livello imprenditoriale. Ogni giorno bisogna capire cosa succede anche in termini di normative. All’improvviso ci siamo trovati in un mondo a più velocità e a più marce. Noi abbiamo cercato di continuare a investire partendo dal fatto che l’azienda è sana e in crescita, in attesa di un mondo migliore che certamente verrà.” Tutto è iniziato ben diciannove anni fa con il ristorante Felix a Milano Marittima… “Sì. Oggi rappresenta il nostro comparto forte, cresciuto puntando sulla qualità delle materie prime e sull’alto servizio. Otto anni fa abbiamo aperto anche l’omonima Bottega dove realizziamo piadine gourmet e burger artigianali. Risale a sei anni fa poi il vero salto imprenditoriale con l’apertura dell’osteria-ristorante Officine del Sale, un luogo polivalente molto apprezzato da cervesi e turisti, nato sulle ceneri di un antico magazzino. Nel tentativo di rafforzare la posizione aziendale e di completare l’offerta spaziando a 360°, abbiamo poi creato il bistrot Sale Dolce, ossia il grande bar di piazza che offre dalle colazioni agli aperitivi. Durante la IN MAGAZINE

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pandemia, infine, abbiamo ideato la piattaforma Ghost Kitchen che permette di ricevere a casa l’intera gamma di offerta dei quattro locali.” In tutti questi anni, lei ha sempre fatto ricerca, inventandosi nuovi prodotti a partire dalle eccellenze del territorio cervese, insieme al celebre profumiere Baldo Baldinini. Può parlarne? “Abbiamo creato prima un Vermouth e altri prodotti, tutti legati al sale de La Camillona, una produzione di estrema eccellenza. Poi è arrivato il nostro Gin Bandito, ossia un gin a km 0, con botaniche locali e un pizzico di sale dolce di

IN TUTTI QUESTI ANNI HA SEMPRE FATTO RICERCA, INVENTANDOSI NUOVI PRODOTTI. CON IL NOTO PROFUMIERE BALDO BALDININI, HA CREATO GIN BANDITO, OSSIA UN GIN A KM 0, CON BOTANICHE LOCALI E IL SALE DOLCE DI CERVIA DE LA CAMILLONA.

Cervia per completare la sua identità del territorio.” È corretto dire che l’idea di rilevare lo stabilimento balneare Bandito 211 è venuta, non solo per ulteriormente arricchire l’offerta, ma anche come base aziendale per promuovere Bandito Gin? “Esattamente. Dopo che Gin Bandito si è consolidato bene come marchio grazie a una rete di agenti italiani e internazionali, abbiamo subito cercato di dedicargli un locale nuovo, in spiaggia, una garanzia di successo visto quanto accaduto l’anno scorso in cui si è registrato un boom del settore. Bandito 211 è poi anche un agriturismo ittico con pesce appena pescato e i prodotti dell’orto bio, per far vivere ai turisti sia 16

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italiani sia stranieri un’esperienza vera che li metta in contatto con la cultura del territorio. Per questo è facile vedere il nostro chef in sala per cercare di spiegare questo bel progetto di filiera.” I suoi locali restano aperti dalle 5 di mattina alle 3 di notte. Lei riesce mai a staccare? “Cerco di ritagliarmi i miei spazi ma il lavoro è la mia vita. Mi piace pensare che ci sia quasi sempre qualcuno che consuma o vive la filosofia dei miei locali.” L’avvento del web e dei social hanno molto cambiato il concetto di convivialità. Che cambiamenti ha osservato?

IN QUESTE PAGINE, L’ IMPRENDITORE ALESSANDRO FANELLI, TITOLARE DELLE OFFICINE DEL SALE, E ORA ANCHE DELLO STABILIMENTO BALNEARE BANDITO 211.



“UN PRODOTTO DEVE ESSERE ETICO DALL’INIZIO ALLA FINE. NON BISOGNA PREOCCUPARSI SOLO DELLA LISTA DEGLI INGREDIENTI MA ANCHE DELLA FILIERA,” AFFERMA FANELLI. “DOPPIAMO RIPRENDERE IL PATRIMONIO DEL LUSSO DEL BUON MANGIARE.”

“Si sono create delle accelerazioni pazzesche. Negli anni Sessanta e Settanta si andava al ristorante per vivere la convivialità, oggi spesso la gente consuma tutto in fretta e fatica a percepire lo sforzo dell’artigianalità perché non si sofferma più di tanto su ciò che sta mangiando. Purtroppo, ci stiamo sempre più avvicinando al modello americano da cui ci tenevano ben alla larga in passato. Il rischio è di impoverirsi e di perdere un patrimonio importante come quello legato alla nostra grande scuola di camerieri e professionisti. Al contrario l’Oriente sta recuperando valori nostri. Bisogna ripartire dai contenuti e capire che il vero lusso nel futuro sarà mangiare una volta a settimana il manzo di filiera e gli altri giorni un buon pane biologico o delle verdure bio.” 18

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Dalle sue parole traspare un certo amore per i viaggi… “Sì, ho avuto la fortuna di farne tanti. Il nome del locale Felix nasce da un viaggio a Hong Kong, dove sono rimasto colpito da un progetto di Philippe Starck che invitava a vivere l’esperienza culinaria con i colori del mondo. Sui social si trova un po’ di tutto, ma solo il viaggio restituisce il valore della propria esperienza.” Cosa vuol dire fare etica oggi nel suo settore, un concetto a lei caro? “Un prodotto deve essere etico dall’inizio alla fine. Non bisogna preoccuparsi solo della lista degli ingredienti ma anche della filiera: un gambero allevato in Cina sarà sempre qualcosa di estremamente diverso da un gambero di Mazara, solo per fare un esempio. Doppiamo riprendere il patrimo-

nio del lusso del buon mangiare, altrimenti è solo nutrimento.” È anche segretario della Pro Loco di Milano Marittima e gestisce tutti gli eventi dal 2009. Un ruolo che le piace? “Sì, perché amo coniugare arte, cultura e benessere. L’ultimo progetto, Sound of Light, è stato completato nel luglio scorso: un’installazione sonora e luminosa per le vie del centro commerciale naturale di Milano Marittima.” Qual è lo stato di salute di Milano Marittima? “Milano Marittima è un marchio ormai consolidato che ora sta subendo quello che Cortina o Riccione hanno già vissuto. Molti imprenditori hanno spostato i locali verso Cervia che, al contrario, è cresciuta. La località, oggi, il sabato è strapiena come negli anni migliori, ma non il resto della settimana. La chiusura delle discoteche ha creato qualche problema, ma la località resta prestigiosa, vivibile e con prezzi alti. Bisogna trovare il modo di far tornare imprenditori sani che la aiutino a invertire la rotta.” Quanto conta, nello sviluppo di una località, un buon rapporto tra amministratori pubblici e privati? “Direi che è fondamentale, il vero segreto. Bisogna sedersi allo stesso tavolo, coinvolgendo non solo gli imprenditori ma l’intera comunità, e fare progetti d’insieme. Per quanto mi riguarda, avere coerenza vuol dire battagliare. Tengo la mia posizione e vado avanti. Negli anni c’è chi mi ha dato ragione.”



INTRAPRENDERE

Mobilità

PER TUTTI FOCACCIA GROUP DI CERVIA, NOTA PER AVER PRODOTTO LA PAPAMOBILE, È TRA I PRIMI TRE PRODUTTORI MONDIALI DELL’AUTOMOTIVE E OCCUPA IL 60% DEL TRASPORTO DISABILE SUL MERCATO ITALIANO. di Lucia Lombardi / ph Lidia Bagnara

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F

Forma e sostanza sono i principi secondo cui la famiglia Focaccia fonda il proprio know how, quel saper fare tipicamente italiano, romagnolo nella fattispecie. Riccardo Focaccia rappresenta la terza generazione dedita all’automotive con alti standard internazionali. La sua famiglia ha iniziato la propria attività di carrozzeria con 4 dipendenti per arrivare a 150. Si trova nella pianura di Cervia, dove “nel 2017 abbiamo acquisito 33.000 mq di struttura per gli allestimenti di auto speciali.” Nel comparto degli allestimenti per veicoli accessibili, auto delle forze dell’ordine e veicoli speciali, sono attivi da oltre 60 anni: “Ho sempre saputo che avrei portato avanti il lavoro di mio padre Licio,” chiosa con grande orgoglio. La sua azienda si piazza tra i primi tre produttori a livello mondiale, mentre nel mercato italiano occupa il 60% del trasporto disabili. Con due filiali estere in Svizzera e Brasile e una rete distributiva internazionale che si estende in oltre 50 Paesi. “Con i nostri modelli superiamo i limiti strutturali delle automobili,” spiega. “Mettiamo in campo competenza artigianale e visione industriale. Mio padre mi diceva che avrei potuto fare qualsiasi cosa, e così è. Noi crediamo sia possibile raggiungere l’impossibile e affrontiamo le sfide con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Ai tempi dell’università ho avuto un fast food a Cervia, con un nome alla Bill Gates, Pensa con la tua fame, che mi ha permesso di mettermi alla prova e comprendere le mie stesse capacità!” Per loro è fondamentale poter offrire strumenti di mobilità per chiunque non si muova su due gambe in autonomia, allestendo ad hoc auto e veicoli per trasporto disabili: “La carrozzeria è il nostro fiore all’occhiello, caratterizza il nostro saper fare, cioè intervenire su ciò che sta attorno a telaio e motore.” I clienti di Focaccia Group sono concessionarie, case automobilistiche e privati: “La nostra visione, lun-

gimirante rispetto a questo settore, nel tempo è diventata fonte di ispirazione per molte case automobilistiche,” che ora comprendono l’importanza dei loro progetti e li sposano in pieno, dando in mano a Focaccia interi comparti di allestimenti speciali. Dario Fo commissionò loro il sollevatore Fiorella che fece realizzare per beneficenza nel ‘95, con il denaro del Premio Nobel. Il sollevatore Fiorella ha sancito il loro ingresso nel settore delle soluzioni per la mobilità delle persone in carrozzina. Nel tempo gli ingegneri hanno sviluppato anche allestimenti con pianale ribassato sui veicoli più compatti presenti sul mercato, per donare comfort, ergonomia e affidabilità, nel pieno rispetto delle normative nazionali ed europee in materia, con un occhio sempre volto all’estetica. “Per noi ciò che conta è porre la persona al centro

I CLIENTI SONO CONCESSIONARIE, CASE AUTOMOBILISTICHE, FORZE DELL’ORDINE, POSTE ITALIANE. TRA I PRIVATI, SI RICORDA DARIO FO CHE COMMISSIONÒ PER BENEFICENZA IL SOLLEVATORE FIORELLA NEL 1995, CON IL DENARO RICEVUTO PER IL PREMIO NOBEL.

del progetto,” afferma il manager. “I numeri sono importanti, permettono di rivolgersi ad altri segmenti. Dalle nostre officine, trasformazioni fisiche e omologate dei veicoli avvengono dopo mesi e mesi di progettazioni per giungere poi ai prototipi. Con cambi di categoria per il mezzo trasformato.” Per fare un esempio, i numeri degli appalti vinti per Poste Italiane sono notevoli: 2.300 macchine e 390 furgoni da preparare. “Da allestitori di mezzi speciali, possiamo dire che per l’evoluzione

IN QUESTE PAGINE, L’IMPRENDITORE RICCARDO FOCACCIA, MANAGER DI FOCACCIA GROUP.

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PER LORO È FONDAMENTALE POTER OFFRIRE STRUMENTI DI MOBILITÀ PER CHIUNQUE NON SI MUOVA SU DUE GAMBE IN AUTONOMIA, ALLESTENDO AD HOC AUTO E VEICOLI PER TRASPORTO DISABILI: “LA CARROZZERIA È IL NOSTRO FIORE ALL’OCCHIELLO.”

IN ALTO, LA PAPAMOBILE REALIZZATA DA FOCACCIA GROUP NEL 2011. SOTTO UN ESEMPIO DI ALLESTIMENTO DI VEICOLO PER DISABILI.

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dell’auto non c’è fine,” rivela Focaccia, mentre orgoglioso gira tra i suoi dipendenti, li saluta uno a uno per nome, passando da un padiglione all’altro, dove ogni settore segue delle precise specificità. “Sono anche un po’ psicologo,” confessa. “Le piccole aziende

permettono al dipendente di trovare il proprio spazio in base alle proprie attitudini, sacrificio e volontà premiano. Mio nonno Dino serbava in sé il senso di democrazia, che abbiamo ereditato e portato avanti, quale sinonimo di industrialità, coinvolgimento delle persone, il saper far sposare ai collaboratori la causa aziendale, sentirsi parte del gruppo, permette di delegare e occuparsi di nuove sfide per il futuro.” Riccardo non è solo il loro dirigente, qui c’è molto entusiasmo e anche nei duri momenti del Covid, quando tutti chiudevano, loro hanno messo in campo l’inventiva che li caratterizza, producendo un macchinario per purificare l’aria dei motoveicoli, ma declinabile ad altri ambienti. Per le forze dell’ordine coprono un’ampia gamma di esigenze: dalla

realizzazione di vani tecnici a quella dei più accessoriati uffici mobili. “La nostra ricerca continua, applicata alla cura artigianale delle finiture, assicura un elevato standard qualitativo ai nostri prodotti. Così come sono molti i brand internazionali delle case costruttrici che si affidano a noi per lo sviluppo della gamma vetture autocarro che permette alle aziende di avere fino al 100% di deducibilità fiscale sul loro parco auto. Ci stiamo spingendo ancora oltre per cogliere nuove sfide e opportunità, in un ciclo infinito per lo sviluppo.” Racconta poi che, nel 2011, per la visita di Papa Benedetto XVI in Piazza San Marco a Venezia è stata realizzata un’auto speciale, tuttora in dotazione alla Gendarmeria Vaticana. Utilizzata, anche da Papa Francesco durante il saluto ai fedeli a conclusione di una sua visita pastorale a Milano. L’ormai nota Papamobile è una minicar elettrica con modifiche sostanziali per garantire maggiore comfort ai passeggeri e consentire al Pontefice di poter stare in piedi a salutare la folla durante il tragitto. “Conoscere nuovi mercati significa sperimentare nuove soluzioni per dare risposte ancora più innovative alle esigenze di persone e operatori professionali,” conclude. I suoi figli sono ancora piccoli, ma quando vengono in azienda cominciano a familiarizzare col luogo. “Mio nipote vorrebbe portare avanti l’azienda, ma sono sicuro che il futuro della Focaccia Group sarà più lungo della famiglia stessa.”


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PIANIFICARE

Sensibilità

AMBIENTALE L’ARCHITETTA RAVENNATE AIDA MORELLI, CHE DA ANNI SI OCCUPA DI PROGETTAZIONE E VOLONTARIATO AMBIENTALE, È LA NUOVA PRESIDENTE DEL PARCO DEL DELTA DEL PO DELL’EMILIA-ROMAGNA.

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di Chiara Bissi / ph Lidia Bagnara

“Maneggiare con cura: il parco è delicato.” Lo ripete spesso la presidente, l’architetta ravennate Aida Morelli, mentre racconta i primi mesi di lavoro dall’insediamento avvenuto il 30 aprile 2021 e spiega come vede il futuro del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna. Per lei, socia fondatrice dello Studio Arc Lab, la progettazione ambientale è un’attitudine e una professione, a cui si aggiunge una lunga esperienza nel volontariato ambientale e sul territorio: progetti Life a Volta Scirocco, il Parco dei diritti dei bambini a Cervia, interventi a Casola Valsenio, un bosco a Fusignano, sono solo alcuni dei lavori che costellano la carriera. Ora, a 65 anni, è arrivato l’impegno quinquennale nella gestione del parco. Nel suo studio, di sé racconta di essere sposata da 38 anni, della figlia di 32 anni, astrofisica, anch’essa al lavoro in campo ambientale, mentre la labrador Nym veglia a distanza la conversazione. Com’è arrivata la chiamata? “All’improvviso. Non ho mai avuto incarichi politici, sono una persona vera, romagnola, di poche parole. Vivo da molti anni a Ravenna, ma sono originaria

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del Lughese, terre di bonifiche e di fiumi. La mia è un’estrazione, diciamo, di palude. E con questo incarico mi sento di essere tornata a casa.” L’attenzione e l’amore per l’ambiente quindi hanno radici profonde? “Dall’infanzia. Ho una sorella più grande, i miei genitori erano imprenditori e lavoravano entrambi, perciò eravamo spesso sole con i nostri cani e i miei giocattoli erano fabbricati tutti con oggetti trovati in natura. Mi divertivo a stare sugli alberi. Da adulta è stato ovvio declinare questa passione nella professione. Guidare lo sguardo, insegnare a capire le differenze e la diversità presenti in natura ha riflessi importanti anche nella società. È una forma di educazione.” La sensibilità ambientale è riconosciuta come valore, ma non è sempre stato così… “Un tempo questa sensibilità si rivolgeva esclusivamente al sociale, 30 anni fa il volontariato ambientale era considerato di serie B. Oggi non è così e, insieme a quello che svolgo da tempo nel Rotary, per me è importanti. Recentemente abbiamo avuto un’emergenza: alcuni fratini hanno


“IL PARCO SI ESTENDE PER 53.000 ETTARI DA GORO A CERVIA FINO A CAMPOTTO. VORREI CHE LE PERSONE NE FOSSERO ORGOGLIOSE. OCCORRE SNELLIRE LE PROCEDURE, ANCHE QUI, E FAR CAPIRE CHE LA TUTELA DELL’HABITAT SERVE A TUTTI.”

nidificato in spiaggia. Un venerdì pomeriggio è arrivato l’allarme dai volontari e, in accordo con Comune, Hera, Corpo forestale e Parco, abbiamo in un’ora bloccato la pulizia programmata della spiaggia. Un gran bel lavoro. Grazie ai miei trascorsi ho riallacciato rapporti che si rivelano preziosi.” Che cosa fa il presidente del Parco? “Il presidente deve dare le linee. Ma se voglio dare indicazioni devo partire da quello che c’è e da quello che già è stato fatto. E in più è necessario rendere le persone più partecipi. Occorre snellire le procedure, anche qui, e far

capire che la tutela dell’habitat serve a tutti. Non solo per le aree inserite nel Parco ma anche per quelle vicine. Sono orgogliosa di vivere in una città Unesco e mi piacerebbe che le persone fossero altrettanto orgogliose di abitare nel Parco.” Qual è la sua idea di Parco? “Penso a un grande parco nazionale con il Veneto, sul modello dei grandi parchi americani. Più grande sei, più conti anche dal punto di vista della promozione. E poi agli animali e alle piante non importa nulla dei confini amministrativi.” Nel recente passato ci sono stati episodi drammatici IN MAGAZINE

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IN QUESTE PAGINE, L’ARCHITETTA A IDA MORELLI, NUOVA PRESIDENTE DEL PARCO DEL DELTA DEL PO DELL’EMILIA-ROMAGNA.

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come la moria di anatidi nella Valle della Canna. Cosa si può fare perché non accadano più? “Si è trattato di un episodio di scarsa attenzione che non deve ripetersi. Il Parco si estende per 53.000 ettari da Goro a Cervia fino a Campotto. Ha un problema di controllo e le aree non sono tutte uguali. Con il Parco cerchiamo di contrastare l’impatto antropico, gli appetiti e gli usi. Ma c’è una modifica in atto a causa dei cambiamenti climatici: abbiamo il fenomeno dell’abbassamento del suolo, dell’ingressione marina, il cuneo salino che rientra di 20-30 km nella pianura. Il Parco può fungere da barriera, ma sappiamo che nel tempo molte aree non potranno restare zone umide di acqua dolce. È importante salvare le pinete e le dune costiere. Il sistema non è più in equilibrio, non possiamo pensare di ricreare un paradiso all’interno del Parco mentre fuori è l’esatto opposto. Stiamo cercando di rallentare il processo.” Che cos’ha in agenda? “Nel 2021 il Parco andrà a regime, dopo la mia nomina ci sarà quella del direttore e anche il comitato esecutivo è cambiato. Sono in costante contatto con tutti i sindaci. Poi c’è la raccolta e il monitoraggio dei progetti comunitari che seguiamo con altri soggetti e che dobbiamo portare a compimento. Quindi lo svi-

“PENSO A UN GRANDE PARCO NAZIONALE CON IL VENETO, SUL MODELLO DEI GRANDI PARCHI AMERICANI. PIÙ GRANDE SEI, PIÙ CONTI ANCHE DAL PUNTO DI VISTA DELLA PROMOZIONE. E POI AGLI ANIMALI E ALLE PIANTE NON IMPORTA NULLA DEI CONFINI AMMINISTRATIVI.”

luppo anche dal punto di vista turistico, sempre mirando a una tipologia di visitatore informato e rispettoso. Se un turista parcheggia l’auto, si inoltra nel parco per fare birdwatching e si ritrova la vettura vandalizzata e subisce dei furti, oppure trova percorsi non mantenuti, è un pessimo biglietto da visita. Chiederò un incontro con i prefetti, con i presidenti delle Province, la Regione e la Forestale per trovare azioni comuni per fronteggiare il fenomeno.” Un progetto che le sta a cuore? “Il programma Mab Unesco, Man and Biosphere, che attualmente coinvolge il Parco del Delta del Po Veneto e la parte della Provincia di Ferrara. Ravenna e Cervia non sono comprese. Lavorerò per presentare la richiesta di ampliamento, sarà la mia battaglia anche se ci sono delle resistenze.”


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CON IL SUO DOCUFILM IL DRAGO DI ROMAGNA SUL GIOCO DEL MAH JONG, IL REGISTA GERARDO LAMATTINA È STATO CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2021. ORA STA LAVORANDO AL SEQUEL.

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di Alessandra Albarello / ph Massimo Fiorentini

Si definisce un flâneur punk con una deriva un po’ dandy e un po’ anarchica. Il regista, autore e attore Gerardo Lamattina vive da molti anni a Ravenna ma è originario di Pertosa, un paesino in provincia di Salerno. “A tre anni avevo già capito di essere un alieno, estraneo a quel luogo. A volte pensavo addirittura di non essere figlio dei miei genitori, per cui il sentimento di sradicamento ha sempre fatto parte della mia vita.” Spiega così il suo talento nell’attraversare o farsi attraversare con disinvoltura e passione da mondi diversi, nel conoscere e osservare persone di tutti i tipi, facendo social crossing e creando la distanza necessaria per mimetizzarsi con l’ambiente. Senza giudizi e pregiudizi. A questo proposito viene in mente l’artista cinese Liu Bolin, che diventa invisibile, riproducendo sul suo corpo il paesaggio circostante in cui si inserisce come la tessera di un puzzle. Un’assonanza e una citazione non certo casuali perché è proprio quel distacco e quello sguardo altrove, alieno, che ha permesso a Gerardo Lamattina di introdursi in un varco ravennate che porta direttamente in Cina. Il suo ultimo docufilm Il

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Drago di Romagna, candidato all’edizione 2021 dei David di Donatello, parte infatti da un’attenta osservazione della realtà, che spesso supera di gran lunga la fantasia. “Facendo il flâneur al mare, mi sono accorto che alcuni bimbi sciamavano da soli in spiaggia senza che nessuno li controllasse. Mi sono quindi chiesto: ma dove sono finite le mamme? Erano tutte a giocare a Mah Jong!” racconta. Come al solito ha preso appunti (ne prende a centinaia) e ha cercato poi di capire quale fosse la vera essenza di un gioco cinese ma anche molto romagnolo, quale l’esatto punto di raccordo umano tra le due culture, risalendo a quel Michele Valvassori, personaggio eccentrico e visionario, che l’aveva introdotto all’inizio del 1900, modificandolo a uso e consumo dei ravennati. Ha quindi immediatamente proposto la sua idea alla produttrice Giusi Santoro di POPCult che, detto fatto, ha deciso di realizzare il docufilm in collaborazione con Micromedia Communication Italy, prima casa di produzione sino-italiana fondata da Jack Jiang a Milano, con il supporto della Regione Emilia-Romagna e


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IL DRAGO DI ROMAGNA DEL REGISTA LAMATTINA È UNA SAPIENTE IBRIDAZIONE TRA DOCUMENTARIO E FICTION, SINTESI DI UNA SOTTILE E PROFONDA ANALISI SOCIALE E SOCIOLOGICA CHE RESTITUISCE, SULLO SCHERMO, UN CONCETTO UNICO DI INCLUSIONE.

IN QUESTE PAGINE, IL REGISTA GERARDO LAMATTINA. IN ALTO, DILVA RAGAZZINI, INTERPRETE DELLA PROTAGONISTA “LA LUISA” PER IL DOCUFILM IL DRAGO DI ROMAGNA.

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del Comune di Ravenna. Il primo titolo era È magiò, proprio in dialetto romagnolo, rendendo così perfettamente l’idea di un gioco diventato “uno straordinario esempio di ibridazione culturale tra Cina e Romagna,” per usare la stessa definizione che ne dà Gerardo Lamattina. Ma si tratta anche di una sapiente ibridazione tra documentario e fiction, sintesi di una sottile e profonda analisi sociale e sociolo-

gica che restituisce, sullo schermo, un concetto unico di inclusione. Per interpretarlo sono stati scelti esclusivamente dei non attori. “Da sempre preferisco lavorare con persone vere che poi si trasformano in personaggi,” spiega Gerardo. Tra queste ‘La Luisa’ (alias Dilva Ragazzini), la protagonista, un’azdora che sogna di andare in Cina cullata, nella sua illusione, dal ticchettio ipnotizzante delle tessere del Mah Jong e da un immaginario affollato da draghi e ideogrammi. L’unica professionista del film è Fabiola Ricci, attrice e cantante, che interpreta il ruolo della figlia, cantando magistralmente la versione cinese di Romagna mia. “Ha fatto un lavoro davvero eccezionale sulla pronuncia, tanto che alla prima rappresentazione del film i 400 cinesi presenti in sala erano entusiasti.” Una versione audace che è piaciuta molto anche all’entourage di Raoul Casadei. La musica, altro elemento importante del docufilm, è stata curata

con sensibilità e passione dal musicista Riccardo Nanni, con arrangiamenti di Giancarlo di Maria, compresa una citazione alla colonna sonora del film Il Tempo delle mele. Dopo un’interruzione dovuta al Covid, Il Drago di Romagna è uscito nuovamente nelle sale e, da poco, è disponibile in versione dvd. Da sempre sensibile alle tematiche sociali, attualmente Gerardo Lamattina sta lavorando anche al documentario dei 30 anni di Linea Rosa e a un’iniziativa del Sert. Ma ha un altro progetto ambizioso nel cassetto: una serie tv in tre stagioni intitolata W.A.R. (We Are Revolutionary) che parla delle difficoltà e dei pregiudizi affrontati da un ragazzo di 17 anni, italiano ma nero che, come lui stesso spiega, “vuole finalmente fare la rivoluzione, perché poco incline ad accettare un lavoro malpagato e i tanti soprusi che la nostra società capitalistica riserva agli ultimi.” Una storia che si snoda ancora una volta a Ravenna, nei luoghi amati dal regista, come la Pialassa e Porto Corsini, mettendo in luce il fascino, i limiti e le contraddizioni della provincia che è poi, in definitiva, la storia emblematica di tutte le province del mondo. Ritornando al film Il Drago di Romagna, ce la farà Luisa a esaudire il suo desiderio di andare in Cina? A questo proposito Gerardo Lamattina dà qualche anticipazione sul sequel, già in lavorazione e che ha anche un titolo provvisorio: Il Drago dalla Romagna alla Cina con furore. “Ma sì, spoileriamo alla grande! La Luisa raggiungerà la Cina ma non si sa se riuscirà poi a tornare…” conclude.


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LA CNA DI MATTEO LEONI CONOSCENZA, CORAGGIO E UMILTÀ

LA CNA DI RAVENNA HA UN NUOVO PRESIDENTE: MATTEO LEONI, 42ENNE FAENTINO DEL SETTORE DELL’AUTOMOTIVE, CHE SUCCEDE A PIERPAOLO BURIOLI.

IN ALTO, DA SINISTRA, IL NEOPRESIDENTE MATTEO LEONI E IL DIRETTORE MASSIMO MAZZAVILLANI. SOTTO, LA SEDE DELLA CNA DI RAVENNA. NELLA PAGINA ACCANTO, LA VICEPRESIDENTE MARIANNA PANEBARCO INSIEME A LEONI E MAZZAVILLANI.

L’Assemblea elettiva della CNA Territoriale di Ravenna ha eletto il nuovo Presidente e la Presidenza chiamati a guidarla per i prossimi quattro anni. È Matteo Leoni il neopresidente eletto, imprenditore faentino del settore dell’automotive di 42 anni, sposato e con due figli, laureato in Economia Aziendale con lode all’Università di Bologna. Sarà affiancato da una presidenza composta da altri 6 imprenditori, a rappresentare le tante anime che compongono l’Associazione sia in termini di territorio sia di settori produttivi: Marianna Panebarco, vicepresidente, imprenditrice ravennate del settore della produzione audio, video e animazione; Andrea Antonioli, imprenditore ravennate del settore della meccanica, taglio e piegatura di lamiere; Massimo Baroncini, imprenditore di

Conselice impegnato nel settore dell’impiantistica termoidraulica; Sauro Bernabei, imprenditore cervese del settore agroalimentare; Giuliano Pasi, imprenditore di Fusignano del settore dell’impiantistica elettrica; e Katia Ponzi, imprenditrice del settore agroalimentare di Castel Bolognese. Dopo la sua elezione, Matteo

Leoni ha fin da subito delineato le prospettive sugli anni a venire e sui temi e i valori che guideranno l’attività dell’Associazione: “Lo scenario economico e sociale attuale è tutt’altro che semplice e ciò ci suggerisce di farci guidare, nella nostra azione nei prossimi quattro anni, da tre pilastri: la conoscenza, il coraggio e


ADVERTORIAL

“IL LAVORO E LE IMPRESE DEVONO TORNARE AL CENTRO DELLE AZIONI E DEGLI OBIETTIVI DI CHI CI GOVERNA,” AFFERMA LEONI. “GLI ARTIGIANI E LE PICCOLE IMPRESE HANNO UN RUOLO FONDAMENTALE PER IL RILANCIO DEL PAESE.”

l’umiltà. La pandemia ha fatto emergere con più evidenza che il lavoro e le imprese, specialmente quelle piccole e medie, devono tornare al centro delle azioni e degli obiettivi di chi ci governa. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrà necessariamente coinvolgere gli artigiani e le piccole imprese, perché sono in grado di svolgere un ruolo fondamentale per il rilancio del Paese. In quest’ottica, risulterà decisivo concentrare le risorse in progetti infrastrutturali destinati a migliorare, in maniera permanente, l’efficienza e la competitività del sistema Paese. La ripartenza tuttavia non deve dimenticare il concetto di sostenibilità, economica, ambientale e sociale; una visione che condividiamo con tutte le parti sociali nel Patto per il Lavoro e per il Clima, trovando il giusto equilibrio tra lo sviluppo

del tessuto imprenditoriale e i grandi progetti di transizione ecologica, digitale e sociale.” “È fondamentale,” prosegue, “che le azioni della politica e delle Istituzioni sostengano il sistema dell’artigianato e delle PMI, evitando che gli effetti di questa nuova crisi colpiscano più pesantemente la dimensione della piccola impresa – patrimonio italiano e vero motore del nostro paese – che può diventare il perno dei nuovi modelli di sviluppo. Sento il peso della responsabilità, perché l’asticella è molto alta, ma lavoreremo, insieme alla nuova presidenza, per i prossimi 4 anni per ottenere il miglior risultato possibile.” “Il nostro è un territorio che vive molto anche di tradizioni, cultura e turismo,” ha dichiarato la vicepresidente Marianna Panebarco, “ed è anche da questi settori che deve pren-

dere il via una vera e profonda stagione di rilancio: l’arte, declinata in ogni suo aspetto da quello più tradizionale all’innovazione digitale, la cultura e il turismo come sistema devono essere destinatari di interventi strutturali e duraturi e politiche incentivanti. Solo così le imprese creative di ogni genere potranno contribuire efficacemente al rilancio dell’economia.” Riconfermato anche il Direttore della CNA Territoriale di Ravenna, Massimo Mazzavillani: “Ci aspettano anni con sfide importanti,” ha dichiarato, “e la CNA di Ravenna è pronta a coglierle e trasformarle in opportunità. Sono certo che il nuovo gruppo dirigente saprà lavorare in modo efficace perseguendo sempre gli interessi degli artigiani, degli imprenditori e dei professionisti del territorio.”

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CURARE

La scienza

VINCENTE MARIA GRAZIA PISCAGLIA, DIRIGENTE MEDICO DI NEUROLOGIA DI RAVENNA, PARLA DEL PRESTIGIOSO PREMIO DELL’AZIENDA ROCHE, VINTO PER IL PROGETTO O.A.S.I. RIVOLTO AI MALATI DI SCLEROSI MULTIPLA. di Roberta Bezzi / ph Lidia Bagnara

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Se la vita dei malati di sclerosi multipla può essere più serena e migliore sotto il profilo qualitativo lo si deve anche a progetti come O.A.S.I., acronimo che sta per Organizzazione, Assistenza, Scienza e Innovazione, presentato da Maria Grazia Piscaglia, dirigente medico di Neurologia dell’Ospedale di Ravenna. Il progetto, che propone servizi e percorsi innovativi, ha ottenuto di recente il prestigioso premio dell’azienda Roche – e un assegno di 25.000 euro – insieme ad altri undici vincitori, dopo un’attenta valutazione e selezione della Fondazione Sodalitas, partner esterno. “Il progetto è stato anche un’importante sfida al Covid-19, visto che la pandemia ha oscurato le patologie croniche,” afferma con orgoglio la dottoressa che dal 2010 è responsabile del Centro Sclerosi Multipla di Ravenna. Piscaglia, come siete arrivati a candidare il vostro progetto al bando della Roche? “Fondamentale è stato il nostro stesso Centro Sclerosi Multipla che ha in carico 900 pazienti affetti da tale patologia, che possono

fare riferimento agli ambulatori dedicati nei tre presidi sanitari di Ravenna, Faenza e Lugo. D’altra parte, prerequisito essenziale per poter partecipare al bando era avere almeno 600 pazienti. Nel nostro Centro almeno 120 persone effettuano terapie intensive in day hospital. Ci occupiamo inoltre del trapianto di cellule staminali autologo nelle forme più aggressive della malattia, un elemento che ci contraddistingue e ci inserisce tra i centri neurologici più avanzati d’Italia.” Quanto è cresciuta l’attività del Centro Sclerosi Multipla in questi ultimi anni e quanto potrà crescere anche grazie a questo premio? “Il Centro ha fatto passi da gigante ed è sempre più stimato considerando che ormai è un polo attrattivo anche per chi viene da Ferrara, Forlì-Cesena e da altre regioni. Il progetto, iniziato due anni fa, consentirà l’accesso di dodici nuovi pazienti entro la fine dell’anno ed è un ottimo risultato.” Qual è l’idea vincente sottesa al progetto?

“Quella di formare il paziente per farlo diventare competente e soggetto attivo nel nostro percorso di cura e assistenza. A livello organizzativo, però, siamo sempre stati molto avanzati al punto che da tempo presentiamo il nostro modello ai colleghi dell’area emiliana e anche nelle università come la Bocconi. Abbiamo creato una figura di case manager che gestisce i tre ambulatori sul territorio, sia per quanto riguarda lo spostamento dei professionisti sia per la programmazione esami, fra cui la preziosa risonanza magnetica. Siamo fortunati.” Cosa vuol dire oggi essere innovativi? “Essere capaci di coinvolgere il paziente, proprio come stavo dicendo. Per i giovani malati le problematiche spesso riguardano il lavoro e la famiglia. Serve una rete medica e sociale ancora più forte perché ci sono ancora discriminazioni e il territorio ancora non è in grado di essere presente quanto necessario.” Si sente sempre più parlare di telemedicina… “Sì, anche questo è un approccio IN MAGAZINE

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“ESSERE INNOVATIVI VUOL DIRE FORMARE IL PAZIENTE PER FARLO DIVENTARE COMPETENTE E SOGGETTO ATTIVO NEL NOSTRO PERCORSO DI CURA E ASSISTENZA. SERVE UNA RETE MEDICA E SOCIALE ANCORA PIÙ FORTE PERCHÉ CI SONO ANCORA DISCRIMINAZIONI.”

IN QUESTE PAGINE, MARIA GRAZIA PISCAGLIA, DIRIGENTE MEDICO DI NEUROLOGIA DI RAVENNA.

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che ci interessa, da affiancare a quello in presenza, soprattutto per avere dati sempre monitorati. La telemedicina sarà una scommessa anche per l’azienda sanitaria, che fra l’altro è in attesa di altri fondi in arrivo. Potremo diventare un modello anche da questo punto di vista. Poi ci piacerebbe costruire una carta dei servizi dedicata ai malati e pensata insieme a loro, per riassumere come funziona il nostro centro.” Parlando della malattia, chi colpisce la sclerosi multipla oggi? “Principalmente le donne nell’età fertile dai 20 ai 40 anni, motivo per cui è importante seguirle nella pianificazione familiare e durante le gravidanze. In tal senso il progetto O.A.S.I. è un laboratorio per un approccio che tiene conto delle differenze di genere, sia per le terapia farmacologiche sia per la costruzione di percorsi assistenziali personalizzati. Gli uomini sono molti di meno, per contro però la malattia li colpisce in modo più aggressivo e progressivo. Non mancano però, va detto, anche casi negli adolescenti e nei bambini piccoli.”

Par di capire che, come per tutte le malattie autoimmuni, la tendenza sia in crescita… “Purtroppo sì, i dati sono in aumento. Ma non è facile smistarli perché l’epidemiologia è instabile. A ogni modo, si stimano 198 casi su 100.000 abitanti, con una media di 3.400 nuovi casi l’anno. Però, rispetto al passato, ci sono molte più terapie grazie a più di 10 farmaci in commercio che anche se non guariscono, migliorano la qualità di vita e riducono notevolmente il rischio di disabilità. Fra i nostri pazienti, ci sono non più di 15 persone che hanno perso l’uso di gambe e arti superiori, mentre circa il 20-25% ha problemi di deambulazione.” Quanto conta una diagnosi precoce? “Molto, significa poter iniziare prima la terapia. Per fortuna nei giovani i sintomi si evidenziano maggiormente che nelle persone anziane, dove alcuni disturbi di deambulazione sono riconosciuti come di origine neurologica solo dopo aver passato in rassegna le varie problematiche ortopediche.”


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SCOPRIRE

Il verde

STORICO REALIZZATI NEL 1933 DALL’ARCHITETTO GIULIO ULISSE ARATA, I GIARDINI PUBBLICI RAPPRESENTANO UNO DEI LUOGHI PIÙ SUGGESTIVI DI RAVENNA CON LA NOTA LOGGETTA LOMBARDESCA.

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di Andrea Casadio / ph Massimo Fiorentini

Quando si chiede a un ravennate quale sia, a suo parere, l’angolo più suggestivo del centro storico della città, di solito la risposta cade sulla zona dantesca o su via Galla Placidia. Eppure, anche la trina marmorea della Loggetta Lombardesca, nel suo candore esaltato dalla prospettiva dei

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giardini pubblici, è una visione che meriterebbe altrettanta considerazione. Forse, il motivo di tale sottovalutazione sta nella eccentricità di questo luogo nel contesto urbano ravennate. In uno scenario fatto soprattutto di scorci impreziositi dagli scrigni esternamente poco appariscenti dei mo-

numenti paleocristiani, l’ariosa visuale di uno sfondo che parla di Rinascimento sembra davvero fuori posto, perfino ai suoi stessi abitanti. Del resto, l’essere in qualche modo la periferia del centro urbano è davvero una costante nella storia di questa parte della città. Mentre la Ravenna anti-


ca nasceva e si sviluppava a est dell’odierno asse di via di Roma, questa era una landa solitaria a pochi passi dalla spiaggia, allora vicinissima, destinata prevalentemente a un uso cimiteriale. Solo con l’ascesa della città al ruolo di capitale dell’impero d’Occidente, nel V secolo, proprio il suo essere una tabula rasa la fece individuare come il luogo più adatto dove erigere il nuovo centro del potere, e cioè il complesso dei palazzi imperiali. Tutta questa zona divenne dunque il teatro degli eventi politici di quei convulsi decenni, compreso quello capitale della deposizione dell’ultimo imperatore, il giovanissimo Romolo Augustolo, nel 476. In particolare qui, nella parte più meridionale del complesso, l’imperatore Valentiniano III aveva fatto costruire il palazzo chiamato ad Lauretum, che a sua volta, nel 493, fu cornice di uno degli episodi più efferati di quei tempi: l’uccisione dello stesso Odoacre e la strage dei suoi fedeli, compiute a tradimento da Teodorico durante un finto banchetto pacificatore dopo la conquista della città. Dagli ultimi imperatori a Odoa-

cre e Teodorico, fino agli esarchi bizantini, queste mura restarono la sede del potere fino a quando, con Carlo Magno, questo non si trasferì altrove. Iniziò allora una lunga decadenza sulla quale sappiamo ben poco, ma che ebbe come risultato la scomparsa di ogni residuo vestigio degli antichi palazzi. Quando questa zona riemerse dalla nebbia dei secoli, nel tardo Medioevo, era ormai tornata talmente marginale da essere il luogo più adatto per chi cercava pace e tranquillità, oltre che uno spazio libero su cui intervenire senza troppi vincoli. Fu così che, alla fine del Quattrocento, i canonici lateranensi dell’abbazia di S. Maria in Porto la scelsero come sede del loro nuovo monastero dentro le mura cittadine. Mentre l’ingresso fu ricavato sull’attuale via di Roma, la parte più preziosa del complesso, quella che noi oggi conosciamo come Loggetta Lombardesca, si affacciava sul retro. Qui si estendeva una grande area dai toni quasi rurali, che ospitava l’orto-giardino del convento ma anche parti più selvagge, talvolta addirittura semi-paludose. Questa situazione non mutò sostan-

NEL V SECOLO, L’AREA DELLA LOGGETTA LOMBARDESCA DIVENNE IL NUOVO CENTRO DEL POTERE CON IL COMPLESSO DEI PALAZZI IMPERIALI. ALLA FINE DEL QUATTROCENTO VENNE SCELTA COME SEDE DEL NUOVO MONASTERO DENTRO LE MURA CITTADINE.

zialmente fino a dopo l’unità d’Italia, quando il monastero fu chiuso e riconvertito a caserma militare. A questo punto l’area alle sue spalle, per l’ennesima volta nella sua storia, tornò a essere luogo di sperimentazione, ora per gli interventi urbanistici di fine Ottocento. Quando, nel 1883, le mura antiche furono abbattute per fare spazio alla linea ferroviaria verso Rimini, parallelamente a essa fu tracciato il nuovo percorso alberato (viale Santi Baldini) che collegava porta Alberoni a porta Nuova. Nel vecchio prato di Porto, fra il viale e la Loggetta, fu realizzato

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LA RECENTE DECISIONE, DA PARTE DELLA DIREZIONE DEL MAR, DI FARE DELLA LOGGETTA IL NUOVO INGRESSO DEL MUSEO APPARE ASSAI OPPORTUNA, ED È AUSPICABILE CHE SIA UN PRIMO PASSO VERSO UNA NUOVA E DEFINITIVA RINASCITA.

IN QUESTE PAGINE, UNA VEDUTA D’INSIEME DEI GIARDINI PUBBLICI COME SONO OGGI E UNA FOTO STORICA DEI TEMPI IN CUI FU REALIZZATO L’IPPODROMO CITTADINO CON IL SUO GRANDE ANELLO STERRATO.

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l’ippodromo cittadino, con il suo grande anello sterrato cui si aggiunse, una decina di anni dopo, quello del velodromo. Nel 1903 anche la Loggetta fu restaurata, non senza l’esplosione di un’accesa polemica fra Corrado Ricci e Gaetano Savini sulla forma da conferire alla balaustra, da ricostruire ex novo essendo andata perduta quella originale. Nel giro di qualche anno aveva dunque preso forma un grande spazio polivalente, destinato a uso sportivo ma anche a manifestazioni pubbliche di vario genere, come ad esempio l’Esposizione romagnola del 1904. Una quindicina di anni dopo anche l’area all’interno del circuito fu valorizzata ricavandone il

campo da calcio, e regalando così alla squadra cittadina il primo stadio stabile della sua storia, oltre che un invidiabile sfondo per le partite casalinghe. A quel punto, però, stavano maturando i tempi per un’ulteriore trasformazione. Nel 1921 l’apertura del nuovo ippodromo in piazza d’Armi tolse infatti gran parte della sua funzione alla vecchia pista della Loggetta. Quando allora, all’inizio degli anni Trenta, nei vecchi giardini pubblici accanto alla stazione venne eretta la nuova Casa del Balilla, fu naturale individuare qui l’area più adatta su cui realizzare quelli destinati a sostituirli. Il relativo incarico fu affidato all’architetto Giulio Ulisse Arata, già noto per diversi interventi in città, fra i quali il palazzo della Provincia e la stessa Casa del Balilla. Il progetto da lui approntato fu assai efficace nel valorizzare il punto forte del sito, e cioè la Loggetta. Su quest’ultima convergevano le direttrici topografiche e visive del complesso, che al tempo stesso vedeva un’equilibrata compresenza di elementi diversi: la parte centrale ribassata, definita dalle scalinate e da aiuole all’italiana, nonché impreziosita dalla fontana di marmo, e quelle laterali, dove i sentieri si piegavano in tracciati

curvilinei in un contesto dal tono quasi inglese, e dove trovò posto anche lo chalet. Realizzati nel giro di pochi mesi nel 1933, i giardini furono senza dubbio una delle opere meglio riuscite fra gli interventi urbanistici della Ravenna fascista, e ottennero un complessivo apprezzamento da parte della cittadinanza. Favore che si rinnovò anche dopo la guerra, una volta riparati i danni dei bombardamenti che qui, per fortuna, ebbero esiti meno distruttivi rispetto a quelli riservati al vicino monastero portuense. Le fotografie degli anni ‘60 mostrano ancora un ambiente assai piacevole, con i viali ben tenuti, le aiuole, le siepi basse a contornare la fontana. La svolta in negativo era però vicina, e coincise qui come altrove (caso emblematico, quello della zona dantesca) con il degrado sociale degli anni ‘70, unito a un colpevole disimpegno nella manutenzione ordinaria da parte dell’amministrazione comunale. Era l’ennesimo ritorno della marginalizzazione di un luogo divenuto nel giro di pochi anni una sorta di terra di nessuno, destinato a frequentazioni improprie e sempre più deteriorato nella struttura e nel patrimonio arboreo. Solo a partire dagli anni ‘80 furono effettuati alcuni interventi tesi a favorire quantomeno un controllo della frequentazione e il ritorno della fruizione da parte della cittadinanza, come la costruzione del Planetario, l’impianto della cancellata esterna, la riapertura dello chalet. Ciò che è mancato, nel corso degli anni, è stato però un progetto organico di recupero. A ogni modo, la situazione appare oggi migliore rispetto a quella dei tempi più bui. La recente decisione, da parte della direzione del MAR, di fare della Loggetta il nuovo ingresso del museo appare a questo proposito assai opportuna, ed è auspicabile che sia un primo passo verso una nuova e definitiva rinascita di quello che resta a tutti gli effetti uno dei luoghi più suggestivi di Ravenna.



CUCINARE

Food

CREATOR LA DICIASSETTENNE EVA ANDRINI HA CONQUISTATO OLTRE 140.000 FOLLOWER SU INSTAGRAM DOVE PUBBLICA APPREZZATE VIDEO-RICETTE. ORA CREA CONTENUTI PER GIALLOZAFFERANO.

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di Roberta Bezzi / ph Lidia Bagnara

Si chiama Eva Andrini l’inconfondibile ragazza dai capelli ricci e biondi che cucina a ritmo vorticoso, conosciuta su Instagram come evasfoodaddiction, dove ha conquistato oltre 140.000 follower. Nata l’1 gennaio 2004 non è dunque ancora maggiorenne, e l’anno prossimo frequenterà il quinto anno del liceo classico di Ravenna. Ora che è estate ha rallentato gli impegni legati allo studio e alla pallavolo, ma non ha smesso di mettersi ai fornelli e di pubblicare le sue brevi videoricette, concentrandosi su piatti freschi e sfiziosi più legati alla stagione. “Me la sto prendendo comoda ma senza lasciare a bocca asciutta i miei follower,” afferma, “anche perché questa potrebbe essere la mia ultima o penultima estate davvero libera, prima che comincino gli impegni legati all’università e al lavoro.” Ma di fatto quello di Eva è già diventato un lavoro, grazie alle numerose collaborazioni da parte di aziende e realtà importanti come GialloZafferano, che gestisce insieme ai genitori. Ma per capire il presente è sempre necessario partire da un po’ più lontano. “Ho iniziato a cucinare da piccola con mia nonna,” ricorda, “men-

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tre con mia madre mi divertivo a fare torte, il suo punto di forza. In alcuni periodi cucinavo tanto, in altri meno. Cucino per passione o semplicemente perché mi dà gioia e soddisfazione, perché mi distrae quando sono triste e, soprattutto, perché mi permette di creare qualcosa che rende felici le persone in modo semplice.” Nel febbraio 2019, le è venuta l’idea di creare un profilo Instagram. Il passo successivo è stata la creazione del suo primo blog e di una piccola community legata più che altro al territorio. “La svolta è arrivata nel gennaio scorso con l’avvento dei Reels, che mi ha portato a una impennata di follower. Ricevevo anche 1.200 richieste al giorno.” Per chi non fosse pratico di Instagram, i Reels sono video di breve durata, a cui è possibile aggiungere audio, testi ed effetti visivi in realtà aumentata, simili a quelli che è possibile pubblicare su TikTok. Dopo aver superato quello che Eva definisce lo scoglio più difficile, i 3.000 follower, per cui ha impiegato circa un anno e mezzo, poi la strada è stata tutta in discesa: i 10.000 sono arrivati in appena 10 giorni, i 100.000 in poche settimane. A chi le chiede

IN ALTO, EVA ANDRINI IN CUCINA.


“HO INIZIATO A CUCINARE DA PICCOLA CON MIA NONNA, MENTRE CON MIA MADRE MI DIVERTIVO A FARE TORTE. CUCINO PER PASSIONE PERCHÉ MI DÀ SODDISFAZIONE E MI PERMETTE DI CREARE QUALCOSA CHE RENDE FELICI LE PERSONE IN MODO SEMPLICE.”

se si fa aiutare da qualcuno per fare le foto o montare i video, Eva risponde con orgoglio: “Faccio tutto da sola, con il mio smartphone. Considerando che sono una perfezionista, dietro c’è però un duro lavoro. Per una video-ricetta, tra realizzazione ed editing, impiego anche tre ore.” L’organizzazione è la prima regola: Eva alterna giorni in cui si concentra solo sullo studio ad altri in cui cucina a raffica. La soddisfazione più grande è

stata quella di essere contattata da GialloZafferano, la più nota piattaforma online di cucina, appena raggiunti i 20.000 follower. “Mi hanno chiesto di far parte della famiglia, con tanto di contratto per contenuti in esclusiva, per aiutarli a ringiovanire il marchio.” Cosa ama cucinare Eva? “Mi piace preparare piatti tradizionali, quelli che mi ha insegnato la nonna. Ma visto che, spesso, sono purtroppo ad alto contenuto di grassi e zuccheri, mi diverto anche a sperimentare nuove ricette per chi è celiaco, intollerante o semplicemente attento alla linea, in modo da coprire un po’ tutte le esigenze,” rivela. Il suo piatto preferito è la pizza, mentre la focaccia è il suo cavallo di battaglia. Guardando ai dolci, impossibile non citare il suo salame dolce al pistacchio che è diventato persino virale. A seguire evasfoodaddiction sono soprattutto donne, nell’80% dei casi, soprattutto di età compresa tra i 18 e 35 anni. “Ne vado fiera perché spesso questo sfata il mito dell’invidia fra donne,” commenta. Consapevole di non potersi definire una cuoca o una pasticcera, perché le mancano i necessari studi che potrà tranquillamente compensare data la giovane età, è inevitabile chiederle se c’è qualche chef o pasticcere che la ispira. “Un mio sogno nel cassetto è quello di incontrare l’emergente Damiano Carrara e il mito Iginio Massari, fermandosi alla pasticceria. Non sono invece molto esperta di chef stellati, visto che io sono per le cose semplici… Mi piacerebbe però un giorno cucinare con Gordon Ramsey e capire se è così severo come sembra.” A ogni modo il desiderio più grande di Eva Andrini è di trasformare un giorno tutta questa sua passione in un lavoro ancora più redditizio. Intanto ha gettato buone basi. IN MAGAZINE

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ADVERTORIAL

GRUPPO MEDOC DALLA PARTE DELLA SALUTE

OLTRE 20 ANNI DI ATTIVITÀ PER LA PREVENZIONE, LA SALUTE E LA SICUREZZA SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE.

Il Gruppo Medoc, nato nel 1998 come Poliambulatorio che si occupava prettamente di Medicina del Lavoro, rivolta alle Aziende del territorio romagnolo, oggi rappresenta un punto di riferimento di notevole interesse, non solo per le Aziende della nostra Regione, ma anche per Aziende presenti su tutto il territorio nazionale. Questo era l’obiettivo del Dott. Ricci Bruno, Direttore sanitario e Medico Competente, che si era prefissato sin dall’anno di fondazione di Medoc di garantire un servizio di prevenzione capillare alle aziende italiane. Obiettivo largamente raggiunto, in quanto ad oggi si contano 1.400 Aziende clienti e 50.000 lavoratori serviti che usufruiscono dei servizi di Prevenzione di Medicina del Lavoro, Medicina Specialistica e di Igiene e Sicurezza anche attraverso una rete capillare

di collaborazione con i centri esterni sul territorio nazionale. Questo grazie a varie strategie messe a punto nel corso degli anni, in primis l’utilizzo di Cliniche mobili Medoc: per prima ha ideato la clinica di medicina del lavoro in Romagna, e ha fornito da sempre i propri servizi direttamente presso l’Azienda cliente. Ad oggi con 8 Cliniche Mobili copre tutto il territorio nazionale e con 3 sedi principali a Forlì, Cesena, Bologna e altri 5 ambulatori in Romagna, è sempre presente con il suo Staff sanitario. Altro aspetto importante, che differenzia l’operosità del Gruppo, è l’essersi diversificato anno dopo anno fornendo svariati progetti innovativi e servizi che spaziano a 360° sempre in ambito della Prevenzione della Salute e del Benessere psicofisico, rivolti non solo alle aziende ma anche ai lavora-

tori, alle loro famiglie e quindi al cittadino. Tanti i Progetti sviluppati e consolidati in questi anni, come il progetto nato nel 2014 “Romagna Cardio Protetta” che ha inserito nel territorio ad oggi oltre 400 defibrillatori ed effettuato i relativi corsi BLSD in aziende, palestre, comuni, enti pubblici, quando ancora non c’erano obblighi di legge. Ha svolto quindi un’importante attività di sensibilizzazione rivolta alla popolazione e alle istituzioni con l’obiettivo di diffondere la Cultura della Prevenzione. Ha attivato anche dal 2013 il Progetto “Prenditi a Cuore” per migliorare la salute e il benessere dei lavoratori in particolare per le malattie cardiovascolari e oncologiche, promuovendo stili di vita sani per aumentare energia e vitalità. In merito all’emergenza Co-


ADVERTORIAL

IL GRUPPO MEDOC FORNISCE SVARIATI SERVIZI E PROGETTI INNOVATIVI CHE SPAZIANO A 360° IN AMBITO DELLA PREVENZIONE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE PSICOFISICO, RIVOLTI ALLE AZIENDE, AI LAVORATORI, AI CITTADINI E ALLE LORO FAMIGLIE.

vid-19, Medoc ha fornito un forte sostegno alle imprese e ai cittadini per limitare la diffusione del contagio aumentando la propria reputazione come punto di riferimento mediante prestazioni diagnostiche quali test sierologici da aprile 2020 ed i tamponi da settembre 2020 sia presso le sedi Medoc sia presso le aziende con le cliniche mobili e in infermerie aziendali. Ad oggi in MEDOC molti privati e imprese, a seguito della vaccinazione anti Covid, effettuano il test degli anticorpi IGG neutralizzanti attraverso un prelievo di sangue per valutare la presenza degli anticorpi e per quantificare la risposta del proprio sistema immunitario al vaccino oppure post infezione per stabilire quando poter somministrare la dose di vaccino. Medoc ha sostenuto le imprese nella gestione del Covid, fornendo da subito mascherine chirurgiche e attraverso il servizio Help Desk Covid attivato all’inizio della pandemia nel marzo 2020 che si è tradotto nella gestione da parte di personale sanitario Medoc di oltre 30.000 lavoratori intervistati telefonicamente per attività di contact tracing nella comunità aziendale e invio all’azienda e al lavoratore di certificazione medica di astensione tempo-

ranea dal lavoro o di ripresa del lavoro o di necessità di tampone e sorveglianza sanitaria prima del rientro al lavoro. Tale servizio ha consentito una maggiore tutela dell’impresa, in particolare nei primi tempi della pandemia quando non erano ancora disponibili sistemi diagnostici come i tamponi. L’innovazione attuale è nella riabilitazione degli esiti da Covid, effettuata in Medoc con terapie strumentali rapide di ripresa per ridurre o eliminare le “cicatrici” che a livello polmonare può aver creato la

polmonite interstiziale causata dall’infezione al fine di riabilitare la persona anche dal punto di vista psicofisico. Medoc è un’impresa sviluppata da una passione di famiglia che oggi conta oltre 50 collaboratori e che nell’ultimo anno ha aumentato considerevolmente la propria reputazione. Una crescita continua grazie al contributo essenziale di un team organizzato di validi professionisti, il contatto continuo con i Clienti, le Imprese ed i Lavoratori, il motore pulsante delle Imprese guidate da Leader coraggiosi.

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SCRIVERE

Teatro di

PAROLA

DOPO AVER A LUNGO SCRITTO PER IL TEATRO, IL DRAMMATURGO E REGISTA EUGENIO SIDERI DEBUTTA NELLA NARRATIVA. IL FONDATORE DI LADY GODIVA PARLA DEL SUO TEATRO CIVILE, O POLITICO, CHE AFFASCINA TUTTI.

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di Serena Onofri / ph Massimo Fiorentini

Drammaturgo, regista e docente di recitazione e storia del teatro, fondatore nel 2001 di Lady Godiva Teatro, Eugenio Sideri ha scritto di recente il suo primo romanzo, Ernesto faceva le case, pubblicato per i tipi di Pendragon. Eugenio, dove e come è nato il percorso che ti ha portato al mondo del teatro? “Sono nato in Romagna, preci-

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samente a San Zaccaria, poi da bambino ho seguito la famiglia a Ravenna. L’incontro con il teatro risale al periodo tra la quarta e la quinta liceo, nel 1986, anno in cui inizio a scrivere poesie con la mia Olivetti M20. Era il mio strumento di protesta, la mia voce. Vengo dalla musica, dal punk, e i miei erano testi di negazione, di ribellione, di rivoluzione. Però il


Teatro, quello con la lettera maiuscola, l’ho incontrato solo tre anni dopo. Un micro mondo in cui posso raccontare veramente quello che voglio, e lo devo a Marco Martinelli ed Ermanna Montanari. Marco, in particolare, era diventato il mio maestro e mentore, mi ha passato il senso del teatro. Ed è così, a 24 anni, che capisco che devo fare teatro: il mio fare teatro che chiamiamo teatro civile, o politico, è quello che ho sempre desiderato.” Come nasce la compagnia Lady Godiva e da dove viene questo nome? “Nasce nel 2001, mentre lavoravo a un progetto con Maurizio Lupinelli. In quel periodo incontro nelle mie letture la figura di Lady Godiva, nobildonna anglosassone che secondo la leggenda cavalcò nuda per le vie della sua città per ottenere la soppressione di un tributo imposto dal marito ai propri sudditi. I cittadini, sapendo della sua purezza, decidono di chiudersi in casa e non guardarla. Questa storia che parla di ribellione e sfida mi piacque molto e decisi di chiamare la compagnia con questo nome.” Per chi è il vostro teatro? Chi vi segue?

“Penso sempre a un teatro per tutti. Il nostro pubblico è trasversale. Realizziamo molti progetti per ragazzi, giovani delle scuole superiori. Facciamo laboratori da oltre cinque anni anche nelle carceri di Ravenna.” Storie partigiane: da dove arriva questo interesse che poi esponi nelle tue opere? “Sono antifascista, fin da ragazzino, fa parte della mia indole. Sono per la democrazia e per la libertà e i temi partigiani sono da sempre di mio interesse. Ho sempre parlato con i miei nonni e con le persone più anziane per ascoltare i loro vissuti e i racconti partigiani. Quindi è venuto naturale portarli nelle mie rappresentazioni.” Un cor to sulla t ragedia Mecnavi: quanto è ancora importante parlarne? Ravenna dimentica o ricorda? “Lo Squalo è in realtà un monologo teatrale che ha vinto anche dei premi, che fa parte dello stesso filo e stesso percorso che racconto nei miei spettacoli, nel mio teatro di impegno civile. Tutti a Ravenna si ricordano dov’erano il 13 marzo 1987. Ravenna non dimentica. Il tema è ancora attuale e ancora da raccontare. Il


“PENSO SEMPRE A UN TEATRO PER TUTTI,” RACCONTA. “IL NOSTRO PUBBLICO È TRASVERSALE. RACCONTIAMO PICCOLE STORIE, CHE CI AIUTANO A LEGGERE LA MACRO STORIA. LA LETTURA DEL PASSATO PER CAPIRE IL PRESENTE E PROVARE A PREDIRE IL FUTURO.”

porto di Ravenna è importante e ancora oggi si lavora per la sicurezza dei suoi lavoratori. Sono temi, quelli del lavoro e della sicurezza, che fanno parte del mio percorso.” Qual è il vostro punto di forza? “Lo spettatore percepisce la nostra sincerità nel raccontare piccole storie che fanno la Storia con la esse maiuscola. Il nostro è un teatro di parola. Raccontiamo piccole storie, che ci aiutano a leggere la macro storia. La lettura

IN QUESTE PAGINE, IL REGISTA E DRAMMATURGO RAVENNATE EUGENIO SIDERI RITRATTO CON IL SUO PRIMO ROMANZO DI NARRATIVA INTITOLATO ERNESTO FACEVA LE CASE.

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del passato per capire il presente e provare a predire il futuro.” Parliamo di futuro: cosa c’è all’orizzonte? Progetti? “Sto scrivendo un nuovo copione del quale non posso svelare nulla. Vorrei presto riprendere a girare con i nostri spettacoli che a causa Covid si sono dovuti fermare per tanto tempo. Un altro progetto prossimo è un mio monologo tutto scritto in romagnolo, con Tania Eviani e accompagnata dal musicista Andrea Fioravanti.” Veniamo al libro, appena uscito, Ernesto faceva le case. È un’autobiografia? “Ernesto mette un punto sul mio essere prima di tutto un ascoltatore da un lato, e dall’altro sul mio desiderio di sperimentarmi su una linea nuova, quella narrativa. È un romanzo, composto dopo aver ascoltato tanto, soprattutto i miei nonni che mi hanno insegnato a sentire la terra, la Romagna. Come dico io, sono nato nelle terre piatte dalle grandi nebbie.” Come viene vissuta la vostra

realtà in una città come Ravenna? “La nostra base è Ravenna, ho scelto di rimanere qui perché quello che cercavo lo avevo. Mi sono battuto da sempre per avere spazi, e rispetto. E devo dire che Ravenna è una città che ha sempre avuto un occhio di riguardo sul nostro mondo e su quello del teatro e dell’arte.” Come rispondono i giovani al mondo del teatro? “C’è una grande fascinazione. Sembra molto facile da fare ma in realtà c’è tanto lavoro e studio. Il teatro è anche molto tecnico. Devi studiare tutti i giorni. Tra i miei giovani, oltre a un compagno storico quale Enrico Caravita, ci sono Tania Eviani, Carlo Garavini, Alice Cottifogli: studiano e lavorano con me.” Il cinema ha in qualche modo influenzato il tuo teatro? “Certamente! Tutti i film di Pasolini, ma anche quelli di Totò, Alberto Sordi, Valter Chiari, tutto il bianco e nero. E poi lo ammetto, tutti i fumetti e supereroi.”



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COMPETERE

Tiri da

OLIMPIADI CAMPIONESSA DELL’EUROPEO SENIOR DI OSIJEK NEL TIRO A SEGNO SPECIALITÀ CARABINA, A SOLI 18 ANNI SOFIA CECCARELLO HA RAGGIUNTO IL TRAGUARDO DI RAPPRESENTARE L’ITALIA ALLE OLIMPIADI DI TOKYO.

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di Anna De Lutiis / ph Ufficio stampa

Sofia Ceccarello porta con sé tante esperienze e importanti risultati. D’altra parte non potrebbe che essere così, vista la giovanissima età dell’atleta – 18 anni – che deve il successo alla sua determinazione e alla sua volontà di riuscire, ma che si basa soprattutto sul grande impegno, giorno dopo giorno, guardando con fiducia e divertimento il futuro. Ravennate, si è arruolata nelle Fiamme Oro della Polizia di Stato il 15 luglio del 2020, appena un anno fa. Ora è agente e segue la disciplina tiro a segno nella specialità Carabina. La sua passione in appena sei anni l’ha portata a collezionare un titolo Ragazzi, un titolo europeo Juniores –abbattendo il record italiano a 15 anni – e mondiale Juniores. Ha poi eguagliato quello Senior conquistando così la qualificazione alle Olimpiadi grazie alla vittoria dell’Europeo Senior di Osijek, in Croazia, nella categoria Carabina 50 metri 3 posizioni. Grazie a quest’ultimo risultato, quest’anno ha avuto l’onore di debuttare nella massima competizione sportiva al mondo, le Olimpiadi di Tokyo, dove è stata l’unica donna della nazionale italiana di tiro.

È già un personaggio ed è piacevole sentire da lei come è arrivata a tanti successi in così breve tempo. “Ho sempre amato fare sport,” racconta. “Ho voluto provarli tutti, poi ho avuto un periodo di stanchezza o ripensamento. In occasione di un open day al poligono di tiro, mia madre Annalisa, che è stata campionessa juniores di tiro a segno, mi ha suggerito di provare. Avevo appena 12 anni, ho abbracciato la carabina ed è scoccata la

scintilla e l’innamoramento. Da quel giorno ho capito che quello sport sarebbe stato parte importante della mia vita.” Sofia è una ragazza solare con una voce cristallina e un ritmo di linguaggio velocissimo che fa pensare alle sequenze degli spari quando abbraccia la sua carabina, ma è anche una ragazza semplice, sebbene consapevole. Nel conversare con lei, tra un’esercitazione e l’altra prima delle Olimpiadi, rivelava di essere mol-

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ALLE OLIMPIADI DI TOKYO È STATA L’UNICA DONNA DELLA NAZIONALE ITALIANA DI TIRO. LA SCINTILLA CON QUESTO SPORT È SCATTATA A 12 ANNI QUANDO LA MADRE, UN TEMPO CAMPIONESSA JUNIOR DI TIRO A SEGNO, L’HA ACCOMPAGNATA AL POLIGONO.

to emozionata. “Devo all’ultima competizione, l’Europeo Senior di Osijek in Croazia, la possibilità di potervi partecipare,” raccontava. “Ci vado con lo spirito, prima di tutto, di divertirmi, godermi ogni istante e, naturalmente impegnarmi fino in fondo.” Una giovane donna determinata e volitiva che ha sempre avuto la passione per lo sport nelle vene: “Ho sempre sentito la necessità di mettermi alla prova, di concentrarmi nell’attività fisica per allenare la mente, cosa che lo sport mi ha sempre aiutato a fare. Sentivo il bisogno di iso-

larmi dai problemi, dagli impegni quotidiani, senza però mai tralasciare lo studio. Poi per un po’ mi sono fermata a meditare fino a quando, come ho già raccontato, ho incontrato la carabina.” Naturalmente uno sport fatto a livello agonistico richiede ore e ore di allenamento, per Sofia interi pomeriggi al poligono di tiro mentre i suoi coetanei si dedicano ai loro hobby o, semplicemente, si incontrano. “Non ho mai sentito il sacrificio,” spiega, “perché ho scelto una cosa che amo fare. Per essere ancor più concentrata mi sono arruolata nel Corpo della Polizia di Stato. Ho seguito tanti corsi per capire il significato del Corpo stesso, per imparare i regolamenti, ma sono molto agevolata perché il mio principale lavoro consiste nell’allenarmi. Per quanto riguarda i miei coetanei riesco comunque a incontrarmi con loro e, sinceramente, devo dire che loro hanno sempre condiviso con gioia i miei successi. Inoltre anche all’interno del Corpo c’è molta socializzazione, sono nate amicizie, insomma mi trovo molto bene.” Le Olimpiadi di Tokyo 2020 ri-

marranno nella storia, perché iniziate con un anno di ritardo a causa della pandemia e perché non era ammesso il pubblico. “Mi è dispiaciuto molto,” commenta Sofia. “Mi sarebbe piaciuto avere con me a Tokyo i miei genitori, che mi hanno sempre sostenuta e mi seguono con molto orgoglio. Invece mi hanno seguito a distanza insieme al Corpo delle Fiamme Oro.” Mentre incombeva la data della partenza e gli allenamenti erano sempre più serrati, Sofia ha affrontato l’esame di maturità superandolo brillantemente. Dopo Tokyo ha già un’idea: “Sicuramente andrò all’Università e vorrei frequentare la facoltà di Scienze della Comunicazione, ma dopo l’esperienza di Tokyo voglio trascorrere un po’ di tempo con gli amici, facendo le cose semplici che fanno i ragazzi della mia età, come una passeggiata al mare, parlare dei progetti futuri o semplicemente trascorrere del tempo insieme. Poi tutto ricomincerà con gli stessi ritmi di questi ultimi anni, ma sempre vissuti con uno spirito positivo… come faccio sempre.”

IN QUESTE PAGINE, L’ATLETA CAMPIONESSA DI TIRO AL BERSAGLIO SOFIA CECCARELLO, IMPEGNATA IN IMPORTANTI COMPETIZIONI.

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CRISTINA BANDINI MIGLIOR FLOWER DESIGNER D’ITALIA

DUE BOUQUET, VERE E PROPRIE OPERE D’ARTE, DI CRISTINA BANDINI DEL NEGOZIO ROSA SCARLATTA DI RAVENNA SONO STATI SELEZIONATI E PUBBLICATI DAL CELEBRE ANNUARIO INTERNATIONAL FLORAL ART 20212022.

Via Bovini, 30 Ravenna T. 349 2983111 www.rosascarlatta.com

Da accessorio indispensabile per una sposa impeccabile a vera e propria opera d’arte. Il bouquet si trasforma a piacimento nelle sapienti mani di Cristina Bandini, titolare del negozio Rosa Scarlatta, aperto undici anni fa in via Bovini 30 a Ravenna per appagare la sua grande passione per i fiori. Nel tempo sono arrivati i numerosi apprezzamenti da parte degli esigenti clienti che si fidano del suo buon gusto e delle sue ispirazioni. E poi alcuni ambiti riconoscimenti, fra cui l’incoronazione come artista da parte del famoso International Floral Art 20212022, l’annuario mondiale dei migliori flower designer, da sempre punto di riferimento per un’arte difficile ma di grande bellezza, capace di regalare emozioni. La selezione dei giudici è stata molto dura, ma Bandini è riuscita a essere tra i soli quattro fioristi italiani (l’unica in Emilia-Romagna), dimostrando che con l’impegno e la determinazione si può ambire a traguardi prestigiosi. Convinta che di imparare non

si finisca mai, dopo anni di attività, ha intrapreso gli studi in una prestigiosa scuola italiana che vanta tra i suoi docenti i migliori flower designer internazionali. Così si è guadagnata l’opportunità di fare esperienza oltre confine e di lavorare creando numerosi allestimenti con migliaia di varietà dei fiori più belli per grandi ambientazioni insieme ai grossi nomi dell’arte floreale. Un curriculum d’eccellenza che le ha consentito di poter entrare nel famoso annuario, con un paio di suoi bouquet da sposa. “Si tratta di veri e propri lavori artistici,” spiega Cristina Bandini, “frutto di un notevole impegno in termini di tempo e di artigianalità. Uno di questi è particolarmente scenografico perché realizzato con dei pezzi di ferro arrugginito, appositamente tagliati per reggere una cascata di fiori. L’effetto è notevole anche se, chiaramente, non sono molte le spose che potrebbero portarlo con disinvoltura. Ma è giusto

sperimentare, stupire e dare il proprio contributo per offrire uno sguardo diverso al mondo floreale.” E ora Bandini, dopo essersi diplomata in Wedding design e dopo il bel premio, è pronta per ripartire con gli allestimenti negli hotel, con i matrimoni di quest’estate e le progettazioni per quelli del prossimo anno già prenotati, per dedicarsi alla sua ampia clientela proponendo sempre stili e creazioni capaci di distinguersi e di affascinare con il bello e il profumo dei fiori. “Le tendenze del momento,” racconta Cristina Bandini, “portano il nome di bohémien, liberty e garden, con un evidente richiamo ai grandi giardini fioriti in cui si alternano nuance tenui ad altre più forti, a contrasto. Non solo per il bouquet ma per tutti gli allestimenti floreali di un matrimonio. Aiuto le spose, che vengono da me già con un’idea in testa, a concretizzare il loro sogno di un evento altamente personalizzato, in cui nulla è lasciato al caso.”



DIPINGERE

Tra conchiglia

E VIOLINO GUIDO ONOFRI È PITTORE DI PAESAGGI, MA ANCHE DI NATURE MORTE CON UNA CURA DEI DETTAGLI SECONDO I CANONI DELLA PITTURA FIAMMINGA.

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Talvolta, nella storia e anche nelle vicende artistiche locali, bastano pochi anni o un evento di rilevanza collettiva a segnare la distanza o l’appartenenza generazionale. Con la scomparsa di Sergio Cicognani si è chiusa la generazione dei protagonisti della scena artistica a Ravenna del secondo Novecento. La generazio-

di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara

ne successiva, che è transitata dal secolo scorso all’attuale, è quella di artisti che hanno coniugato pittura e mosaico, proponendo un nuovo modo di intendere l’arte e aprendosi a una visione non puramente localistica. Guido Onofri si è trovato praticamente in una zona di mezzo con alcuni compagni di viaggio, tra cui Angelo

Ranzi, Pino Morgagni, Vittorio Basigli, riuniti nel Cenacolo da lui costituito, con i quali si incontrava una volta alla settimana per dipingere e poi confrontarsi. Nato nel 1932 a Ravenna nella zona popolare del Borgo San Rocco, vive l’esperienza della guerra e negli anni successivi, difficili per le vicissitudini familiari,

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IL RAPPORTO EQUILIBRIO E SQUILIBRIO, IMMOBILITÀ E MOVIMENTO, È UNA COSTANTE DELLA PITTURA DI GUIDO ONOFRI, SENZA DEI FUORI POSTO CHE POTREBBERO SBILANCIARE LA COMPOSIZIONE, IN CONFORMITÀ ALLA LEZIONE CHE VIENE DAL RINASCIMENTO.

NELLA PAGINA PRECEDENTE E IN ALTO, IL PITTORE GUIDO ONOFRI RITRATTO DAVANTI AD ALCUNE DELLE SUE OPERE QUALI IL CICLO DEDICATO A COMACCHIO.

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deve trasferirsi con la famiglia a Rimini. Rientrato a Ravenna nel 1956, inizia una nuova vita, frequenta per due anni i corsi serali di Teodoro Orselli alla locale Accademia e inizia a dipingere e a partecipare a concorsi, ottenendo riconoscimenti, tra cui il prestigioso Primo Premio di pittura estemporanea Marina di Ravenna nel 1964. In via Mura San Vitale 4 apre uno studio che trasforma prima in laboratorio di cornici, poi in galleria per mostre e infine in ne-

gozio d’antiquariato. Diplomatosi nel 1968 all’Istituto d’Arte per il Mosaico, nel 1972 entra come assistente al Liceo Artistico di Ravenna, poi docente di Discipline pittoriche fino al 1990, rinunciando alla cattedra al Liceo Artistico di Firenze. Non aveva mai smesso di dipingere e, diversamente dai pittori ravennati che andavano in pineta, in valle o in collina per dipingere en plein air come gli impressionisti, controcorrente cerca ispirazione a Comacchio. Il paesaggio urbano di questo agglomerato di case si presta per essere interiorizzato, rivissuto in studio tanto da rispecchiare i suoi stati d’animo, da momenti di disagio interiore ad altri di serenità. In quegli anni va tutte le settimane a Comacchio e, lui stesso ricorda, “anche due volte per dipingere non tanto come si presentava, quanto piuttosto i muri e il colore che avevano, i personaggi che uscivano dalle case che sembravano delle macchie colorate in un grigiore diffuso. Non ho mai dipinto i Tre

Ponti. Piano piano mi sono inventato il mio Comacchio come una composizione, come una natura morta che rimanda a un sommerso emotivo da scoprire nell’immagine dipinta.” Pittore di paesaggi, senza escludere gli altri generi tradizionali, dalla figura all’autoritratto, dagli interni alla natura morta. Nelle recenti nature morte, gli oggetti curati nei minimi dettagli secondo i canoni della pittura fiamminga sono proiettati in una dimensione metafisica con vaghi accenni surrealistici. La conchiglia sospesa nel vuoto cerca il mare perduto, la zuppiera con frutta posta al bordo dello sgabello potrebbe cadere da un momento all’altro e, tra i tanti, il violino appeso con una chiave accanto resta in attesa di essere suonato. Il rapporto equilibrio e squilibrio, immobilità e movimento, è una costante della sua pittura, senza dei fuori posto che potrebbero sbilanciare la composizione, in conformità alla lezione che viene dal Rinascimento. “Onofri è e resta sempre rigoroso e, spesso, ben più che autocritico (come si conviene a un artista che è anche un conoscitore di arte antica e insegnante) nelle scelte, nelle ipotesi, nelle domande, fedele a quella curiositas inesauribile che lo accompagna da sempre e lo porta a interrogarsi sul mondo attraverso l’arte e la pittura,” così Sabina Ghinassi concludeva il suo testo di presentazione in catalogo per la mostra retrospettiva alla Galleria FaroArte di Marina di Ravenna del 2014.



ADVERTORIAL

LIBERATI DALLA GABBIA IL LIBRO DI GIULIA TEREC PER SUPERARE LA PAURA

IN PROCINTO DI APRIRE IL SUO STUDIO DI COACHING A RAVENNA, GIULIA TEREC HA SCRITTO UN LIBRO CHE AIUTA A SUPERARE LA PAURA DI NON ESSERE ABBASTANZA, GRAZIE ALLE STRATEGIE APPRESE DA ROBERTO CERÈ.

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A sentirla parlare trasmette entusiasmo, energia e positività, tutte caratteristiche che Giulia Terec cercherà di trasmettere agli altri nell’ambito di un percorso di autosviluppo, appena aprirà il suo studio di coaching a Ravenna. Un primo importante tassello lo ha messo, visto che è appena uscito il suo libro Liberati dalla gabbia. Come superare la paura di non essere abbastanza , pubblicato da Mind Editore di Milano per la collana diretta da Roberto Cerè Se vuoi, puoi. “Si tratta del coronamento di un cammino di crescita personale,” racconta Terec, “condotto soprattutto in questi ultimi tre anni, ossia da quando ho intrapreso il Master internazionale in Coaching ad alte prestazioni di Cerè, imprenditore ed executive coach dei top manager di grandi aziende, ma anche di piloti di Formula 1 e di altri noti sportivi, i cui metodi si ispirano a quelli dello statunitense Tony Robbins. Il libro nasce proprio durante il corso, quando ci è stato chiesto di scrivere una tesina che avesse a che fare con le nostre esperienze di vita e con le motivazioni che ci spingono a intraprendere questa professione.” Nel libro, l’autrice guida il lettore in un percorso illuminante e

liberatorio – sperimentato in prima persona – per aiutarlo a evadere dalla gabbia della mente, per riconquistare la libertà e tornare a essere padroni della propria vita. “La libertà è una condizione fondamentale della nostra mente,” spiega Terec, “perché ci permette di vivere la nostra vita con leggerezza, di affrontare ciò che accade con serenità e ottimismo, di godere senza riserve, nel qui e ora, tutte le opportunità che ci si presentano. Tutto ciò pare scontato ma non lo è perché l’impronta che abbiamo ricevuto dal nostro ambiente sociale fin dalla nascita, in famiglia, a scuola, al lavoro, nelle amicizie e relazioni, e dalla esperienze che abbiamo vissuto condiziona pesantemente questa libertà. Convinzioni e pensieri limitanti, bassa autostima, pregiudizi e tante, troppe, paure costituiscono per molti di noi una vera e propria gabbia che ci imprigiona e tarpa le nostre ali.” Giulia Terec parla anche per esperienza perché cresciuta in Romania, in una vera dittatura che limitava anche le libertà più basilari, da cui ha deciso di scappare a 22 anni. “Ero uno spirito libero e ho trovato, lontano da casa, la possibilità di realizzarmi,” rivela. “Non è

stato facile ma ho imparato a credere in me stessa e questi recenti studi mi hanno donato la giusta robustezza e forza mentale. Anche senza avere alle spalle il mio vissuto, le paure possono colpire tutti, anche persone apparentemente realizzate da tutti i punti di vista perché, spesso, più si va avanti e più si diventa perfezionisti, trovando sempre qualcosa che non va. Subentrano così la paura del fallimento o di deludere gli altri, con tutta una serie di pensieri negativi che si moltiplicano come un virus se non bloccati per tempo.” La risposta di Terec è semplice, ma richiede impegno: mettere in pratica alcune strategie per cambiare mentalità e tornare a credere in se stessi e nelle proprie potenzialità. Le tre chiavi per aprire la gabbia sono decido, agisco e costruisco. “Un mental coach non offre consigli ma aiuta a trovare soluzioni per affrontare la vita ordinaria in modo straordinario. Il suo ruolo è quello di SCOPRIRE i tuoi talenti e le tue risorse, SVILUPPARLI, e SOSTENERTI con strategie mirate affinché tu riesca ad affrontare le sfide con un atteggiamento mentale sicuro, proattivo e motivato, sentendoti nel pieno del tuo potenziale.“


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