10 minute read
DESIGN
CASA-MUSEO UN LUOGO IN CUI IL DESIGN È DECLINATO IN OGNI SUA FORMA BIAGETTIDI ALESSANDRA ALBARELLO
FOTO MASSIMO FIORENTINI
Advertisement
Anche se non c’è più la cucina rosso Ferrari dedicata a sua moglie Paola e ideata da Gualtiero Marchesi, Casa Biagetti a Ravenna respira la stessa atmosfera di quando Raffaello viveva qui con la sua famiglia. Una cuoca eccezionale, la Paola, proprio da Formula Uno, al punto che prima di venire a cena Ettore Sottsass si assicurava sempre che ci fossero le frittelle di fiori di zucca. Ed era proprio in cucina, oppure attorno al lungo tavolo sotto il portico, che accadeva tutto. Tutto, per Raffaello Biagetti, si riassumeva in un’unica parola: il design, declinato in ogni sua forma. Come del resto lui l’aveva sempre pensato, contaminandolo con l’arte, i sentimenti, i sogni e con quella sorta di pragmatismo e ironia tipici romagnoli. In quella casa ci era andato ad abitare nel 1974, appena costruita dall’architetto Danilo Naglia che per il progetto aveva seguito la sua vocazione wrightiana. D’altra parte la modernità passava allora anche attraverso la ruvidezza del cemento, gli spigoli al vivo e una pulizia di linee, fedeli a quel motto di Mies van der Rohe Less is more. 500 metri quadri di superficie suddivisa su due piani e affacciata su un parco di 2 ettari, un vero privilegio nel cuore di Ravenna.
Rimasta chiusa per oltre 10 anni dopo la morte di Raffaello, è stata poi riaperta nel
2019, riscrivendo gli spazi di un’intimità famigliare per restituirli a nuovi sguardi, a nuove sensibilità. Una sorta di casa-museo che è diventata subito ispirazione per designer e architetti, grazie a un sapiente mix di pezzi unici e rari di archivio integrati con collezioni, arredi e opere d’arte già esistenti, a ricreare così una straordinaria scenografia domestica. Con ogni singolo dettaglio a raccontare la storia unica di una grande passione non solo per l’arredo, ma anche per la vita. La voce narrante di questa avventura così singolare e totalizzante nel design è Alberto Biagetti, figlio maggiore di Raffaello, che ci ha guidato in un percorso attraverso quegli spazi a lui così famigliari, indirizzando il nostro sguardo verso i pezzi più iconici. Anche se altrove,
IN QUESTE PAGINE, LA CASA-MUSEO BIAGETTI A RAVENNA. IN BASSO, RAFFAELLO BIAGETTI.
lui ha seguito le tracce di quel padre straordinario, autodidatta, che sentiva nelle mani
e nel cuore il richiamo della materia, così forte da fargli bruciare i legni africani per realizzare mobili, o da spingerlo a recuperare sulle spiagge di Casalborsetti giganteschi tronchi d’albero per trasformarli nei Mostrilli, pezzi unici come tavoli grezzi integrati da una struttura in ferro. L’imperfezione diventava quindi perfezione, attraverso gesti epici che lanciavano inconsapevoli sfide ai canoni estetici del design, assimilabili alle influenze dell’arte povera. Nato nel 1940 a Sant’Arcangelo di Romagna, Raffaello Biagetti aveva solo un diploma di terza media e nessuna voglia di studiare, ma un grande talento per la pittura. È stato quando è andato a lavorare nel negozio di mobili di famiglia che ha riconosciuto il suo destino, la sua strada. E poi, nel 1988, un anno prima del Vitra Museum, quell’idea utopistica di realizzare proprio a Ravenna un
Museo che, attraverso 150 pezzi iconici,
raccontasse 100 anni di design. Attorno, assieme a Giovanni Klaus Koenig, Filippo Alison e Giuseppe Chigiotti, ci ha costruito una narrazione poetica, racchiudendo quell’inestimabile patrimonio in un vero e proprio tempio creato da Ettore Sottsass. Negli anni Novanta Raffaello era stato poi artefice con Alessandro Guerriero di Futurarium, un progetto visionario che aveva portato a Ravenna, lontano dalle solite mete del design, Gaetano Pesce, Ron Arad e Sottsass a lavorare con un gruppo di studenti arrivati da tutto il mondo. Gli amici di una vita che si ritrovano ora nei pezzi contemporanei che arredano questa casa, integrandosi ad altri di epoche diverse, come quadri e specchi ottocenteschi o l’antico tappeto persiano del salotto. Amava descriverlo come “un lago dove sono caduti dei petali di fiori” perché il blu e il rosso erano i suoi colori preferiti. “Andava spesso in Iran e ogni volta ci rimaneva un mese. Dopo un po’ arrivavano bilici carichi di tappeti…” ci dice Alberto. Sempre in salotto, le sedie in pelle e mogano Kentucky di Carlo Scarpa circondano il tavolo e uno
BIAGETTI FU PROMOTORE DI ALCUNI PROGETTI VISIONARI COME IL MUSEO DEL DESIGN A RAVENNA NEL 1988 E FUTURARIUM, NEGLI ANNI NOVANTA. IL FIGLIO ALBERTO SEGUE LE TRACCE DEL PADRE COME DESIGNER.
specchio di Gaudí è accostato alla seduta antropomorfa in bronzo Fausto, disegnata da Novello Finotti per Gavina negli anni Settanta. Fa da contraltare un’accumulazione di Arman con i violini e la panca intarsiata Archena di Joe Tilson per Zanotta, mentre sulla libreria è esposta la rara collezione di miniature Woka degli anni Settanta. Dappertutto, le fragili cromie dei vetri di Borek Sipek si alternano alle collezioni realizzate da artisti per Meta Memphis, o ai pezzi unici di Gaetano Pesce. Alcuni oggetti sono numerati e fanno parte di edizioni limitate, altri sono preziose riedizioni come la vetrinetta Bauhaus della cucina che contiene un piatto di Pierre Alechinski degli anni Venti. Una casa che è una sedimentazione di storie, crocevia di incontri tra persone, tra arte e design. L’ampia scala che conduce al piano superiore culmina con una parete su cui campeggia un enorme dipinto di Mattia Moreni, grande amico di Raffaello. Qui, le camere da letto si affacciano tutte su un unico lato di un lungo corridoio che si trasforma in galleria, speculare a quello del pianterreno. Anche nelle stanze sono inseriti alcuni arredi iconici della storia del design, mescolati a opere d’arte: una scultura di Enrica Borghi, un’opera di Sandro Chia, le surreali lampade Cajones e Muletas di Salvador Dalí, la Superleggera di Gio Ponti, l’appendiabiti Hang It All di Charles & Ray Eames, solo per citarne alcuni. In quella che era la camera di Alberto Biagetti, dell’arredo originale è rimasto solo il lampadario Venini degli anni Sessanta ed è lui a spiegarci il motivo: “È l’unica stanza di cui ho voluto cambiare la disposizione dei mobili, perché mi faceva un certo effetto rivederla. In realtà però quando ritorno qui, mi sento di nuovo a casa mia.”
Viale Bologna, 22 48015 Milano Marittima (RA) T. 0544 995777
LA FORZA DI FIDEURAM
FILIPPO BIONDI ALLA GUIDA DELLO STORICO GRUPPO RAVENNATE
CON PIÙ DI 10 MILA FONDI, FIDEURAM DI RAVENNA, GUIDATA DAL REGIONAL MANAGER FILIPPO BIONDI, COSTRUISCE PRODOTTI FINANZIARI SU MISURA DEL CLIENTE.
Affidabilità, velocità di intervento, risposta e un’ampia gamma di prodotti finanziari, molti dei quali costruiti ad hoc in base alle esigenze della clientela, sono alcuni dei principali pregi di Fideuram - Intesa Sanpaolo Private Banking. A Ravenna, la banca può contare su un gruppo storico importante caratterizzato da nuovi ingressi di professionisti seri, accanto alla cosiddetta vecchia guardia. Un gruppo così significativo che fa area da solo, in virtù del rilevante portafoglio a livello di clienti e patrimonio, e che comprende ben 16 private banker iscritti all’albo a Ravenna di cui due a San Pietro in Vincoli e due a Cervia, a cui si aggiungono due impiegate che seguono lo sportello di Ravenna a supporto dei clienti e sei collaboratrici per il disbrigo delle pratiche burocratiche del classico lavoro di back-office. “Il 2021 è stato un anno da record,” afferma il Regional Manager di Fideuram Filippo Biondi, che guida la zona di Ravenna, “malgrado le difficoltà del periodo a causa della pandemia da Covid-19, a cui si è aggiunta ora la guerra in Ucraina. Al mio arrivo nel 2020 ho avuto la fortuna di trovare un bel clima di unione e collaborazione, unitamente a una sana competizione interna tra i vari consulenti finanziari. Per cui, anche se fra i miei compiti vi è il problem solving, in realtà mi sono limitato a fare da supporto e da ulteriore collante. Non è stato necessario altro. Ciò che ci accomuna è la passione per ciò che facciamo, svegliarsi la mattina ed essere felici di quello che andremo a fare, ha portato a risultati brillanti oltre le più rosee aspettative.” Biondi – classe 1975, una laurea in Economia e commercio e 24 anni di esperienza nel settore, dal 2006 in Banca Fideuram ora Fideuram Spa – ci tiene particolarmente a parlare di mestiere, perché è così che preferisce definire quello che fa. “In latino lavoro, labor, significa fatica,” spiega, “mentre la parola mestiere, che anch’essa deriva dal latino ministerium e significa servigio, officio, rimanda molto alla manualità, all’artigianalità del lavoro. Più ci si esercita, infatti, e più si migliora e nasce una professionalità che ci si può divertire a svolgere. Il vero
A LATO, FILIPPO BIONDI, REGIONAL MANAGER DI FIDEURAM. IN ALTO, LO STAFF DELLA SEDE RAVENNATE. insegnamento avviene sul campo e non solo dai corsi di formazione, peraltro necessari. Quello del consulente finanziario è un mestiere stimolante, che richiede competenze e creatività, e che in un mondo che cambia velocemente comporta una grande capacità di ascolto del cliente e dei suoi bisogni. Questo è ciò che oggi fa la differenza e che porta a individuare lo strumento finanziario migliore per i vari tipi di portafoglio.” In tal senso, il lavoro di Fideuram è diverso da quello delle banche tradizionali che spesso si limitano a collocare prodotti standardizzati. “Per quanto ci riguarda,” aggiunge Biondi, “abbiamo più di 10.000 fondi e persino una SGR interna che può arrivare a fare prodotti ad hoc per i clienti e questo è per noi un vantaggio molto competitivo sul mercato. D’altra parte, in un mercato fortemente dinamico, spesso sono proprio le esigenze dei clienti a suggerirci gli strumenti e noi sappiamo come supportarli. Va poi ricordata la flessibilità di Fideuram che può contare su una struttura snella e ben oliata, un fattore non trascurabile visto che comporta una velocità di intervento e risposta per ogni necessità dei Private Banker e dei suoi clienti. Un valore aggiunto, infine, è quello di essere sotto l’ombrello di Intesa Sanpaolo che ha investito in modo significativo su di noi, visto che ha trasferito il suo private banking, da sempre fiore all’occhiello, e l’ha inserito nell’organigramma di Fideuram. Tutta la gestione ora spetta a noi e lentamente ci stiamo integrando. Una sfida importante anche per noi consulenti che possiamo contare su incentivi di rilievo per premi annuali e triennali, viaggi premio e altri tipi di benefit, ormai rari nel settore. D’altra parte il budget di raccolta netta che era fissato a 8,5 miliardi di euro è in realtà stato di 12 miliardi. Oggi, considerando il periodo che stiamo vivendo, ci siamo fissati come obiettivo per il 2022, 10 miliardi di euro.” Date queste premesse, non c’è da stupirsi che il marchio Fideuram, molto diverso rispetto al passato, sia considerato una realtà consolidata in grado di attirare sia piccoli che grandi patrimoni fino ad arrivare a grossi personaggi del mondo dello sport e della moda. Mi piacerebbe concludere con un aspetto già trattato, non vorrei essere ripetitivo ma è una caratteristica di Fideuram a cui tengo molto, che il Private Banker nella nostra realtà è assieme al proprio cliente il centro del business e pertanto sia la struttura manageriale sia la struttura di rete che quella di prodotti collabora per portare idee e supportare tutto ciò per continuare a crescere e rimanere leader del settore.