SILVIA CAMPORESI
EDITORIALE
Tra scienza e tecnologie, ci interroghiamo sul futuro insieme a due tra i massimi esperti nel loro campo: la forlivese Silvia Camporesi, bioeticista riconosciuta a livello internazionale in materia di etica dello sport, e il cesenate Andrea Sirotti Gaudenzi, tra i primi giuristi in Europa ad aver scelto di studiare i risvolti giuridici dell’Intelligenza Artificiale. Continuiamo a parlare di ricerca con il nuovo Centro di Documentazione, Studio e Ricerca Alzheimer ‘Giovanni Bissoni’, e di sport con il Museo Nazionale della Ginnastica in ricordo di Bruno Grandi, di prossima apertura. Incontriamo l’insegnante di pilates Michela Vernocchi ed entriamo in una casa in sasso ristrutturata nel rispetto della sua natura e del suo passato. Infine, uno Speciale Romagna dedicato alle eccellenze del territorio, tra gastronomia, cultura e storia. Buona lettura!
DI ANDREA MASOTTI
Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it
Anno XXVI N.5 dicembre/gennaio Reg. di Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n.27
Direttore Responsabile: Andrea Masotti
Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Roberta Invidia
Artwork e impaginazione: Francesca Fantini
Ufficio commerciale: Gianluca Braga Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 16/12/2024
Collaboratori: Barbara Baronio, Dolores Carnemolla, Anna De Lutiis, Milena Massani, Francesca Miccoli. Fotografi: Andrea Bardi, Andrea Bonavita, Tommaso Guermandi, Fabrizio Petrangeli, Gianmaria Zanotti.
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12 PROFILI ANDREA
SIROTTI GAUDENZI
PILLOLE
ICARO, TEDX TERZA EDIZIONE
FORLÌ | Icaro è il tema del TEDxForlì 2025, in programma l’1 febbraio 2025 al Teatro Diego Fabbri, che racconterà la curiosità, l’eterna tensione dell’uomo a superare se stesso, il desiderio di volare oltre la propria condizione. Icaro è l’uomo che oltrepassa i limiti inseguendo la conoscenza. Sul palco si alterneranno speaker che offriranno nuove idee per andare oltre il senso comune delle cose e imparare a vederle da angolazioni diverse. Tra i nomi confermati: Sara Turetta, Francesca Gino, Carlo Imparato e Mireya Cannata, Barbara Schiavulli, Fabrizio Ponti, Enzo Passaro, Alberto Cairo. I biglietti sono disponibili sul sito ufficiale.
FRAMMENTI,
MOSTRA
DI ANDREA BONAVITA
DOPPIO SUCCESSO AL ’TOUR MUSIC FEST’
FORLÌ | Grande vittoria della musica forlivese al ‘Tour Music Fest - The European Music Contest’, uno degli eventi musicali più prestigiosi per gli artisti emergenti europei che si è tenuto al teatro Little Tony di San Marino. A trionfare nella categoria europea degli interpreti è la diciannovenne di Forlì, Matilde Montanari. Vittoria anche per la band dei The Wave, composta da quattro giovanissimi talenti forlivesi, che si è aggiudicata il primo posto nella competizione nazionale tra gruppi musicali.
FORLÌ | Sarà visitabile fino al 6 gennaio Frammenti, la mostra fotografica di Andrea Bonavita alla galleria Curarte Bucoschi. Dalla cronaca agli eventi, dai paesaggi alle inquadrature aeree, la mostra racconta i momenti salienti della sua carriera fotografica. Orario: tutti i giorni 11-12 e 18-19. Ogni sabato aperitivo con l’autore dalle 18 alle 20.
ETICA E SPORT TRA INCLUSIVITÀ E CORPI CYBORG
CAMPORESI SILVIA
Sarà per quell’innata attitudine al viaggio che, appena 17enne, l’ha portata dai banchi del liceo fino in Colorado e che ora la vede dividersi tra Forlì e Lovanio, in Belgio.
Sarà per la formazione multidisciplinare –in Biotecnologia e Filosofia della Medicina –che, fin dai tempi dell’università, le ha fatto amare in egual misura scienza e umanesimo.
Certo è che per lei gli stereotipi e i confini, geografici quanto culturali, hanno significato nella misura in cui possono essere superati in nome della ricerca.
Forlivese di nascita e cosmopolita per vocazione, Silvia Camporesi, bioeticista, è una delle massime esperte – non solo in Italia – di scienza e etica dello sport. Un unicum nel panorama nazionale per campi di ricerca e di applicazione.
Docente di Sports Ethics & Integrity all’università belga KU Leuven, è stata responsabile del Bioethics & Society Programme al King’s College di Londra, è vicepresidente dell’Associazione britannica per la filosofia
dello sport (Bpsa) e fa parte dei quattro External Expert Advisors di Etica della Wada, l’agenzia antidoping.
Un’autorità riconosciuta a livello internazionale in materia di sport paralimpico che di recente è stata chiamata a esprimersi sul caso della pugile algerina Imane Khelif, al centro delle polemiche per la sua partecipazione nella categoria femminile alle Olimpiadi di Parigi. “Imane Khelif è una donna,” ha precisato in una intervista. “Una persona con ‘variazioni delle caratteristiche del sesso’ (Vcs), che possono comportare anche iperandrogenismo, cioè una produzione di ormoni superiori a una ipotetica media femminile. Si tratta di una condizione naturale e di una produzione endogena, non di doping.” Quarantadue anni, sposata con James, conosciuto a Washington durante la tesi di dottorato, è mamma di tre bambini: Arturo di 7 anni, Lorenzo di 4 e Gaia di 3 “Il mio amore per la scienza è nato sui banchi di scuola, al Liceo Scientifico, quello per
lo sport sulle piste del Campo Gotti quando mi allenavo sotto la guida di Antonio Bartoletti e dove ho ancora molte delle mie amicizie.” È qui che Silvia, mezzofondista negli 800 e 1500 metri per la squadra di atletica leggera – “ma mai campionessa,” aggiunge – scopre e coltiva la passione per lo sport fino a farne una professione. Ma da un altro punto di osservazione. “In quinta liceo una mia compagna si ammalò di tumore al polmone,” racconta, “un episodio doloroso che mi colpì molto e mi spinse ad avvicinarmi al mondo della ricerca.” Dopo il diploma si iscrive al primo corso di laurea in Biotecnologie all’Università di Bologna e contemporaneamente frequenta corsi extracurricolari in materie letterarie. Sono gli anni in cui si sedimenta la sua identità – termine che preferisce a ‘carriera’ – legata alla bioetica
FORLIVESE, SILVIA CAMPORESI È
DOCENTE DI INTEGRITÀ
ED ETICA DELLO
SPORT E BIOETICA
ALLA KATHOLIEKE
UNIVERSITEIT LEUVEN, IN BELGIO, E UNA
DELLE MASSIME
ESPERTE NON SOLO
NEL PANORAMA
NAZIONALE DI SCIENZA
ED ETICA DELLO SPORT.
come ponte fra due culture: quella scientifica e quella umanistica. A Milano si iscrive al primo corso in Fondamenti di scienze della vita e bioetica e consegue il dottorato. “Milano mi piaceva molto,” dice, “ma non c’erano sbocchi lavorativi per la mia specializzazione.” E così, dopo un’esperienza a Washington, dove mette a punto la tesi di dottorato sulla sperimentazione del farmaco in fase 1 per pazienti oncologici al National Institutes of Health (Nih), nel 2010 vola al King’s College di Londra e dà avvio alla carriera accademica come professore associato in Bioetica. “Pensavo di restare tre anni e invece sono rimasta fino al 2022.” Sono gli anni in cui inizia a occuparsi in maniera preponderante di etica e sport.
“Avevo iniziato a farlo nel 2008 con il caso di Oscar Pistorius, il primo atleta paralimpico (Ndr, una malformazione congenita lo aveva costretto all’amputazione degli arti inferiori sostituiti da protesi) a competere con atleti normodotati che ha segnato uno spartiacque tra un prima, in cui c’erano le Olimpiadi e le Paralimpiadi, e un dopo, in cui alle Olimpiadi avrebbero potuto partecipare atleti con tecnologia assistiva se si fossero qualificati. Un momento decisivo per gli ideali paralimpici di uguaglianza e di inclusività anche se poi, negli ultimi 12 anni, non abbiamo più visto questi atleti competere alle Olimpiadi.”
Nel suo libro Partire (S)vantaggiati: Corpi Bionici e Atleti Geneticamente Modificati per la collana ‘Icaro’ di Fandango, vengono prese in esame in modo critico le politiche internazionali che regolamentano la partecipazione di atleti e atlete alle competizioni sportive, a partire da alcuni interrogativi di
Pose vincenti.
State ammirando due opere, simbolo di perfezione.
Ristrutturare casa è come conquistare un nuovo territorio.
Per vincere serve un’esecuzione ineccepibile: attenta, competente ed efficiente.
Per vincere serve una qualità superiore, in tutte le fasi. Senza dimenticare la Posa.
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fondo: per quale ragione alcuni vantaggi vengono considerati equi e altri iniqui e regolati? Chi decide quando una disabilità diventa una super abilità? Come le biotecnologie e la terapia genica influiscono sul corpo umano e sullo sportivo? “Il futuro del corpo umano è il cyborg: la crescente commistione tra naturale e artificiale, fra biologico e sintetico,” dice. “La nostra specie per continuare a esistere deve evolversi in una permeabilità del corpo biologico alla tecnologia. Non dobbiamo esserne spaventati perché i corpi cyborg sono già in mezzo a noi: è il caso di chi ha una protesi all’anca in titanio o una valvola cardiaca artificiale o un ginocchio in acciaio. Le biotecnologie possono far paura, è vero, ma è inevitabile immaginare una evoluzione dell’essere umano, mantenendo sempre un approccio critico.”
“AI RAGAZZI APPENA DIPLOMATI DIREI: SCEGLIETE LA COSA CHE VI PIACE DI PIÙ SENZA BASARVI SULLE STATISTICHE OCCUPAZIONALI. SCEGLIETE LA VOSTRA PASSIONE PERCHÉ È QUELLA CHE VI FARÀ TROVARE LA STRADA.”
Dal mese di settembre ha assunto il ruolo di professore ordinario di Sports Ethics & Integrity (Integrità e Etica dello sport e Bioetica) all’università KU di Lovanio, in Belgio, ma continua a mantenere un forte legame con Forlì. “Qui vanno a scuola i miei figli, qui ho i miei affetti e le mie amicizie. E poi c’è la piadina.”
Cosa direbbe alla Silvia di allora, fresca di diploma e in procinto di lasciare i banchi del liceo? “Quello che direi a tutti i ragazzi e le ragazze che sono in cerca della propria strada: scegliete la cosa che vi piace di più, che vi fa sentire vivi. Non basatevi sulle statistiche o sulle possibilità occupazionali. Scegliete la vostra passione perché è quella che vi farà trovare la strada, anche quando è in salita, e che vi darà la spinta a percorrerla con determinazione ed entusiasmo.”
ANDREA
GIURISTA
DI DIRITTO
ED ETICA
NELL’ERA
DELL’INTELLIGENZA
ARTIFICIALE
SIROTTI GAUDENZI
È tra i primi giuristi in Europa che ha scelto di studiare gli effetti dell’Intelligenza artificiale nell’ambito del diritto d’autore e, più in generale, i risvolti giuridici che l’IA porta con sé. Negli anni Novanta ha iniziato a esaminare il diritto della rete, a cui ha dedicato un corposo trattato edito da Utet. Oggi si sta occupando di valutare le possibili applicazioni della regolamentazione europea in materia di IA, perché non si tratta solo di stabilire se le disposizioni scelte sono efficaci, ma anche di anticipare quali saranno gli sviluppi dell’IA nel tempo. La creatività dell’individuo sarà affossata? Alcune professioni potrebbero registrare una diminuzione dell’intervento dell’uomo rispetto a quello dell’algoritmo? Senza dimenticare tutto il problema etico che si sta affacciando dinanzi al tentativo di attribuire all’Intelligenza Artificiale una soggettività giuridica. Sono questi alcuni degli innumerevoli interrogativi che ogni giorno il cesenate Andrea Sirotti Gaudenzi si è trovato ad affrontare analizzando i
primi provvedimenti in materia di IA. Sirotti Gaudenzi, classe 1972, è un avvocato cassazionista, docente universitario presso vari atenei, editorialista del gruppo Il Sole 24 Ore e patrocinatore davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo e alla Corte di Giustizia delle Comunità europee, innanzi alle quali ha ottenuto alcuni significativi provvedimenti. Studioso di diritto internazionale e della proprietà intellettuale, si sta dedicando all’approfondimento di temi cruciali legati all’interazione tra Intelligenza Artificiale (IA) e privacy, analizzando anche le implicazioni etiche dell’IA in relazione alla tutela dei dati personali, all’applicazione del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati) e alle norme dedicate a tecnologie avanzate, tra cui le biotecnologie. La sua vita si snoda tra Cesena, la città di origine della famiglia di Andrea, dove vive con la moglie Clara e il figlio Edoardo, per passare a Milano dove ha l’altro suo studio e a Roma dove svolge attività di docenza presso il Ma-
ster di informatica giuridica dell’Università
La Sapienza, il Consorzio universitario Humanitas e l’Accademia universitaria degli studi giuridici europea, di cui è stato recentemente nominato senatore accademico. Sempre più di frequente si parla dell’Intelligenza Artificiale e l’attenzione per essa è cresciuta in maniera esponenziale anche nell’ambito del diritto, eppure secondo Sirotti Gaudenzi siamo già in ritardo: “L’Intelligenza Artificiale è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. L’IA potrebbe essere definita una general purpose technology, ovvero una di quelle tecnologie capaci di caratterizzarsi per la loro pervasività e di condizionare pesantemente il percorso dell’umanità. Già nel 1950 Alan Turing si chiedeva: ‘Can machines
QUALI SARANNO, NEL TEMPO, LE
IMPLICAZIONI
GIURIDICHE ED ETICHE
DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE?
L’AVVOCATO ANDREA
SIROTTI GAUDENZI
SI STA DEDICANDO ALL’APPROFONDIMENTO DI QUESTI TEMI CRUCIALI LEGATI
ALL’INTERAZIONE TRA IA E PRIVACY.
think?’, ‘Le macchine possono pensare?’ L’intelligenza artificiale,” spiega il giurista cesenate, “ha avuto almeno vent’anni per addestrarsi nel modo migliore attraverso il mondo del web 2.0 e poi dei social. Adesso che siamo passati all’era del web 5.0 non siamo ancora in grado di prevedere tutte le diverse e complesse implicazioni che l’IA potrà avere nella vita di tutti noi. Qualcuno sta cercando di teorizzare un riconoscimento (anche se limitato) di una ‘personalità’ a favore dei sistemi artificiali, quasi come se l’IA potesse sviluppare sentimenti simili a quelli dell’uomo. Oggi si ritiene che i sistemi più avanzati di intelligenza artificiale siano in grado di sviluppare qualcosa di simile all’autoconsapevolezza del sé. Il problema è anche di natura etica, quindi. Qualcuno ha già ipotizzato una soggettività giuridica di serie A (quella umana) e una di serie B da attribuire ai modelli più elaborati di Intelligenza Artificiale Sotto certi aspetti, non siamo più nella fase dell’implementazione, ma nella fase del tentativo di sostituzione dell’uomo con la macchina, fenomeno cui stiamo assistendo nel mondo del lavoro.”
Per Andrea Sirotti Gaudenzi alcune professioni stanno già ‘facendo i conti’ con questo nuovo approccio. “Resta però fondamentale il contributo umano perché dall’IA è possibile ricavare delle informazioni senza conoscerne però chiaramente la fonte. Questo frullatore può determinare tutta una serie di problematiche fino a mettere in discussione alcuni contenuti e soprattutto gli autori di questi contenuti. Una sorta di contraffazione spesso inconscia o non consapevole perché l’Intelligenza Artificiale è talmente abile da riuscire, sulla base degli algoritmi in virtù della quale è stata programmata e si è auto-alimentata, a costruire qualcosa di apparentemente nuovo, ma che non è del tutto nuovo e che addirittura rischia anche di non essere completamente vero. Il problema delle fonti è più che mai attuale. Anche il sistema più evoluto creato con l’intento di svilupparsi su fonti autorevoli e ‘certificate’ può essere
AGRITURISMO IN MEZZO ALLA NATURA CON UNA BELLISSIMA TERRAZZA PANORAMICA
“L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NON È NÉ BUONA NÉ CATTIVA, SE UTILIZZATA A FAVORE DELL’UOMO STESSO. IL BANCO DI PROVA È QUELLO EDUCATIVO: SE LA SCUOLA INSEGNERÀ AI GIOVANI AD ESSERE CONSAPEVOLI E RESPONSABILI, ALLORA L’IA DIVENTERÀ UNO STRUMENTO.”
‘contaminato’ da fonti non certificate (come quelle presenti nel mondo social) da cui può recuperare informazioni non sempre attendibili e verificate. Entra in gioco in maniera decisiva l’intervento dell’uomo che prima di tutto deve essere controllore: ad esempio nell’ambito della medicina, in cui l’Intelligenza Artificiale può dare un supporto al genio umano, ma dove è prioritario l’intervento dell’uomo nella verifica delle informazioni, delle procedure e nella cura e nel rapporto con il paziente.”
Andrea Sirotti Gaudenzi, amante della storia e della sua città (alla quale ha dedicato il testo L’Eccidio di Cesena. La più grande strage del Medioevo, che recentemente ha ottenuto alcuni riconoscimenti in ambito letterario), da buon ricercatore aggiunge al problema della modalità di recupero delle fonti da parte dell’IA anche quello della ricostruzione della verità. “Dobbiamo renderci conto che l’Intelligenza Artificiale può sbagliare. Come sbagliano gli uomini, possono sbagliare anche i sistemi più evoluti. Addirittura accade che – elaborando informazioni reperite in rete – i sistemi generativi possano inventare informazioni verosimili, spacciandole per autentiche. Abbiamo sperimentato vari esempi nel mondo del diritto. Se a un determinato
programma si chiedono alcune sentenze, il sistema offre una serie di provvedimenti, che possono sembrare anche verosimili, ma che non sono stati mai stabiliti da alcun tribunale. Il problema è più ampio, perché queste nuove tecnologie contribuiscono a porre costanti dubbi sulla ricostruzione della vita quotidiana. L’utilizzo massiccio di Intelligenza Artificiale generativa ha scombinato i parametri dell’informazione, ponendoci di fronte a dubbi costanti su ciò che è vero e ciò che è falso. Dobbiamo però ricordare,” continua, “che l’Intelligenza Artificiale, così come ogni altra tecnologia, non è né buona né cattiva: il mondo dell’informatica, la rete Internet, l’Intelligenza Artificiale e ogni altro sviluppo tecnologico realizzato dall’uomo non rappresentano un pericolo, se utilizzati a favore dell’uomo stesso. Il banco di prova è quello educativo. Se nelle scuole l’IA verrà utilizzata per copiare e incollare, allora vorrà dire che avremo fallito. Ma se la scuola insegnerà ai giovani come affrontare le questioni etiche e sociali legate alla tecnologia, preparandoli a fare scelte consapevoli e responsabili, allora l’IA diventerà uno degli strumenti di studio utilizzabili per fare ricerche, ampliare le proprie conoscenze e alimentare la curiosità.”
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UNITI
HA PRESO VITA IL CENTRO DI STUDIO E RICERCA ALZHEIMER
PER LA CURA
Se in Romagna la solidarietà è di casa, a Forlì e Cesena ne brilla il cuore, a Mercato Saraceno ne pulsa la forza. È proprio qui, nella storica Casa Fabbrani, dimora amata e tutelata dal Fai - Fondo ambiente italiano, che ha preso vita il Centro di Documentazione, Studio e Ricerca Alzheimer ‘Giovanni Bissoni’. Un luogo che intreccia storia, innovazione e attenzione alla cura, frutto della collaborazione tra la Fondazione Maratona Alzheimer e l’Associazione Amici di Casa Insieme, e che incarna l’essenza di una comunità unita nell’accoglienza dei più fragili.
“Casa Fabbrani si trova nel cuore della comunità mercatese, come è nel cuore di tutte le comunità che deve esserci spazio per le persone con una demenza,” sottolinea Stefano Montalti, presidente della Fondazione. “Non di lato, né dietro, né nascoste, ma al centro, come individui da riconoscere e rispettare oltre la loro malattia.”
Il nuovo Centro è intitolato a Giovanni Bissoni, figura emblematica di impegno pubblico e sociale, ricordato non solo per il suo ruolo come assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, ma anche per la dedizione al proget-
NELLA STORICA CASA
FABBRANI HA PRESO VITA IL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE, STUDIO E RICERCA ALZHEIMER ‘GIOVANNI BISSONI’, FRUTTO DELLA COLLABORAZIONE
TRA LA FONDAZIONE MARATONA ALZHEIMER E L’ASSOCIAZIONE
AMICI DI CASA INSIEME.
to fino ai suoi ultimi giorni. Stefano Montalti ricorda che “due giorni prima di lasciarci, Giovanni espresse con tutta la forza delle sue mani e della sua parola l’incoraggiamento a tenere duro e andare avanti, indirizzando il suo lascito al Centro di Documentazione, ideato per essere collocato in questa Casa.”
Un progetto per il futuro, radicato nella comunità. Il Centro non è solo un luogo fisico, ma un simbolo di relazione e speranza. Con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento nazionale, intende promuovere ricerca,
formazione e sensibilizzazione sulla malattia di Alzheimer. Attraverso attività di documentazione, orientamento, eventi e iniziative formative, il Centro mira a diffondere conoscenza, rafforzare legami e sviluppare servizi innovativi per chi convive con la malattia. L’impegno si estende oltre Mercato Saraceno, abbracciando una visione nazionale e internazionale, che valorizza le migliori pratiche di assistenza e costruisce un futuro più inclusivo. Le sue attività coinvolgono caregiver, professionisti, associazioni e istituzioni, creando spazi di dialogo e confronto che mettono al centro il benessere collettivo. Un cammino culturale. Tra le iniziative della Fondazione emergono l’Alzheimer Summit, il Forum Nazionale dei Caffè Alzheimer e le pubblicazioni, come il libro-manifesto Le parole che non ti aspetti, che racchiude un approccio globale alla malattia, considerando le sue dimensioni biologiche, cliniche, spirituali e sociali.
Questo orientamento rappresenta il fondamento culturale su cui si basa il lavoro della Fondazione, che non si limita alla cura, ma punta a includere, sensibi-
lizzare e promuovere una cultura di vicinanza e rispetto. È questo il principio cardine di un territorio che non dimentica, ma accoglie, distinguendosi per l’impegno concreto attraverso iniziative sentite e partecipate, come la Maratona Alzheimer e la Grande Marcia per i Diritti Ogni settembre, la Maratona Alzheimer richiama migliaia di partecipanti, confermandosi un evento simbolo di solidarietà.
Nell’ultima edizione, partita da Cesena, ha registrato la partecipazione di circa mille atleti, segnando una crescita rispetto all’anno precedente.
Altrettanto significativa è stata la Grande Marcia, una camminata di 16 chilometri che ha vi-
sto oltre 4.000 persone unirsi per ribadire un messaggio chiaro: chi convive con l’Alzheimer o altre forme di demenza non perde la propria dignità, ma acquisisce nuovi diritti. Diritti fondamentali come l’accoglienza, una cura mirata, la possibilità di vivere relazioni sociali e, soprattutto, il diritto a non essere dimenticati. Questo spirito inclusivo permea ogni iniziativa della Fondazione, che si impegna a costruire una cultura del rispetto e della sensibilizzazione.
L’apertura del Centro Giovanni Bissoni è un fatto significativo per un territorio che continua a dimostrare la forza della solidarietà.
“IL CENTRO SI TROVA NEL CUORE DELLA COMUNITÀ MERCATESE, COME È NEL CUORE DELLE COMUNITÀ CHE DEVE ESSERCI SPAZIO PER LE PERSONE CON UNA DEMENZA, COME INDIVIDUI DA RISPETTARE OLTRE LA MALATTIA,” SOTTOLINEA MONTALTI, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE.
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SCUOLA
VERSO IL MUSEO NAZIONALE IN RICORDO DI BRUNO GRANDI
DI VITA
Uomo di straordinario impegno e passione, è stato punto di riferimento fondamentale per lo sport nazionale e internazionale. Amava ripetere che la ginnastica è una ‘scuola di vita’ nella quale corpo e mente imparano a superare limiti e paure. A Bruno
Grandi, figlio illustre scomparso nel 2019, la città di Forlì ha dedicato una giornata organizzata dall’amministrazione comunale insieme ai familiari e al Panathlon di Forlì, che ha riunito al Campostrino i vertici sportivi italiani, le istituzioni e i figli Fabrizia, Fabio e Massimo. Presenti, in onore del dirigente forlivese che ha cambiato il mondo della ginnastica, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il presidente della Federazione internazionale della ginnastica Morinari Watanabe e il campione Yuri Chechi.
Per gran parte della sua lunga carriera ai vertici della ginnastica internazionale, del Coni e del Cio, Bruno Grandi è stato presidente della Federazione Ginnastica d’Italia, Commissario Tecnico della Nazionale Italiana alle Olimpiadi del 1972 e del 1976, primo italiano a diventare Presidente della Federazione Internazionale di Ginnastica e membro del Comitato Internazionale Olimpico. Ha dedicato la propria vita a rendere la ginnastica non solo uno sport più giusto ma anche una disciplina capace di esprimere al massimo i valori umani. Nella storica ex palestra nella quale da giovane
iniziò a muovere i primi passi di ginnasta, è stato presentato il progetto di allestimento del Museo Nazionale della Ginnastica, Magyc - Museum of the Art of Gymnastic a lui intitolato, a cura della società di progettazione di percorsi e contenuti museali AdMaiora e dell’architetto forlivese Alessandro Lucchi che si occuperà della progettazione dei mille metri interni e dei mille esterni e dell’allestimento. Un luogo dai contenuti in gran parte sensoriale che intende rivolgersi a tutti.
“Il progetto ha colto appieno il messaggio educativo di mio padre,” dice la figlia, Fabrizia Grandi, che ricorda come nel diario di appunti dal titolo Bruno Grandi. 1996-2016 venti anni di riforme, composto e curato da IN Magazine, sia contenuta “la sua rivoluzione copernicana.”
“Il Magyc non sarà il museo di uno sport elitario ma di uno sport per tutti che parlerà a tante generazioni, di ragazzi e di adulti, con potenzialità enormi,” conclude. “Mio padre non avrebbe mai voluto un luogo autocelebrativo: sarà un museo di grande respiro e confido che a breve che si possa arrivare al taglio del nastro.”
23 ~ 26 gennaio
ANTONIO e CLEOPATRA Shakespeare
Anna Della Rosa Valter Malosti
di William Shakespeare
uno spettacolo di Valter Malosti
traduzione e adattamento Nadia Fusini e Valter Malosti con Anna Della Rosa, Valter Malosti
Danilo Nigrelli, Dario Battaglia, Massimo Verdastro, Paolo Giangrasso, Noemi Grasso, Ivan Graziano, Dario Guidi, Flavio Pieralice, Gabriele Rametta, Carla Vukmirovic scene Margherita Palli
costumi Carlo Poggioli
disegno luci Cesare Accetta
progetto sonoro GUP Alcaro
cura del movimento Marco Angelilli
maestro collaboratore Andrea Cauduro
assistenti alla regia Virginia Landi, Jacopo Squizzato
chitarra elettrica live Andrea Cauduro
arpa celtica live Dario Guidi
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, LAC
Lugano Arte e Cultura
spettacolo presentato in collaborazione con Gruppo Hera Emilia Romagna Teatro Fondazione Teatro Nazionale direzione Valter Malosti
Teatro Bonci ~ Cesena piazza Guidazzi 8 ~ 0547 355959
cesena.emiliaromagnateatro.com
BENESSERE
IL GRANDE
IL SOGNO REALIZZATO DI MICHELA VERNOCCHI, INSEGNANTE DI PILATES
SALTO
Per Michela Vernocchi il pilates è più di una disciplina: è uno stile di vita. Da anni lo insegna a Forlì dove, partita dalle sale delle palestre, ha scelto di dedicarsi in tutto e per tutto a questa sua passione. La sua storia è stata segnata da scelte tenaci e pazienti, dal coraggio di lasciarsi alle spalle la propria zona di comfort e lanciarsi, con determinazione e un pizzico di intuito, in un’avventura imprenditoriale. Ciò che ha reso particolare il percorso di Michela è stata, infatti, la sua capacità di trasformare una traiettoria non lineare in una storia di successo, di fare un salto nel vuoto per inseguire la sua visione: pur non avendo potuto frequentare l’ISEF da ragazza, come avrebbe desiderato, ha saputo convertire quella che sembrava una rinuncia in un’opportunità di crescita. Divisa tra il lavoro d’ufficio come impiegata amministrativa e l’attività part-time di istruttrice in palestra, ha scoperto nell’insegnamento del pilates la sua vocazione, evolvendo con essa fino a creare un approccio più intimo e personalizzato. “Ho iniziato a insegnare pilates in palestra parecchi anni fa,” racconta Michela, “si trattava di gruppi molto numerosi, in un
contesto più vicino al fitness. Sentivo che il pilates poteva offrire molto di più, aiutando le persone a riconnettersi con il proprio corpo.” Passando quindi all’apertura del suo Studio, ha abbracciato un approccio per-
sonalizzato e mirato, fondato su empatia, attenzione ai dettagli e introducendo anche delle novità. La sua intuizione è stata saper comprendere in anticipo l’evoluzione della domanda: un crescente desiderio di benessere
psico-fisico più consapevole e profondo.
Oggi, dopo un percorso professionale e personale consolidato nel tempo, Michela Vernocchi è un punto di riferimento a Forlì per il pilates. Una preparazione continua e costante e la passione l’hanno guidata nella creazione di uno Studio che esprime una personalità determinata, empatica e innovativa. “La decisione di fare del pilates una professione a tempo pieno è stata il risultato di un profondo desiderio di aiutare le persone a stare bene attraverso un approccio che sentivo autentico e trasformativo,” spiega. “Il pilates stesso mi ha insegnato ad
avere costanza e pazienza perché i risultati si hanno con il tempo e la dedizione, ad ascoltare il corpo riconoscendone limiti e bisogni. I momenti più importanti di questo percorso sono stati quelli dedicati alla formazione, che è fondamentale per mantenere alta la qualità dell’insegnamento e adattarsi alle nuove conoscenze scientifiche e tecniche.”
Nel suo Studio, Michela integra il pilates tradizionale base a corpo libero e con l’utilizzo di piccoli e grandi attrezzi ad altre proposte innovative, tra cui spiccano il pilates antigravity, che amplifica i benefici del metodo tradizionale riducendo il carico
sulla schiena grazie all’esercizio in sospensione, e l’introduzione dello spinefitter, un attrezzo progettato per simulare la colonna vertebrale, ideale per favorire il rilassamento e migliorare la postura. Michela non si limita a far eseguire esercizi durante un allenamento, ma costruisce con i suoi allievi un dialogo che va oltre la tecnica. È questo equilibrio tra preparazione tecnica, empatia e umanità che ha contribuito a renderla un punto di riferimento nella città. La sua storia è anche un esempio di empowerment femminile, che ci ricorda di come con determinazione e pazienza, impegno e visione è possibile costruire qualcosa di significativo.
Forlì non è solo il luogo in cui Michela ha consolidato la sua idea di Studio Pilates, ma è anche la sua comunità. Attraverso il suo lavoro ha contribuito alla diffusione della cultura del pilates in città. “Forlì inizia a comprendere sempre più il valore del benessere. Mi sento fortunata a poter contribuire a questa crescita. Spero di vedere in futuro una rete più strutturata di professionisti del benessere, in cui il pilates possa avere un ruolo centrale in un approccio multidisciplinare alla salute.”
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RIFUGIO
PIETRA DOPO PIETRA
LA RINASCITA
DI UN ANTICO
CASALE
RITROVATO
Profuma di fiaba la storia del ritorno alla vita di un vecchio rudere di montagna, immerso nella rigogliosa meraviglia del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi. Protagonista una piccola casa in sasso, all’anagrafe oltre centocinquanta anni di cui almeno sessanta trascorsi in preda all’incuria e all’oblio. A realizzare un sogno apparentemente proibitivo, la dedizione, l’amore e lo spirito di sacrificio di Alessandro Domeniconi, forlivese abituato a inoltrarsi lungo i sentieri appenninici assieme alla compagna. E galeotta è proprio un’escursione in mountain bike: nei pressi di Castagnoli di sotto in località Fiume, gli occhi del giovane si posano su una ‘casetta’ in stato di abbandono e ormai prossima al crollo. È un colpo di fulmine: da quell’istante l’obiettivo è restituire voce al piccolo edificio rurale nel rispetto della sua natura e del suo passato. È l’inizio di un lungo ‘tappone dolomitico’, addolcito da mo-
LA STORIA DI UN PICCOLO RUDERE IN SASSO NELLA FRAZIONE
DI CORNIOLO SI INTRECCIA A QUELLA
DI ALESSANDRO
DOMENICONI E
DI UN GRUPPO DI ARTIGIANI LOCALI,
CHE RISTRUTTURANO
L’EDIFICIO NEL
RISPETTO DELLA SUA
NATURA E DEL SUO PASSATO.
menti di sana condivisione tra sconosciuti divenuti amici grazie alla comunanza di interessi e ideali. Ad agevolare l’impresa sono infatti gli incontri giusti: quelli con il geometra Marco Bardi dello studio Locatelli, santasofiese fiero, e con Goffredo Pini,
imprenditore edile di lunghissimo corso, maestro nel restauro e risanamento delle case rurali in sasso, profondo conoscitore di ogni centimetro di quel paradiso incantato chiamato Corniolo. “Bisogna essere matti per inoltrarsi in un’avventura simile,” la premessa divertita di Pini, “basti pensare ai costi, almeno il doppio rispetto a quelli di un intervento tradizionale, e ai vincoli che insistono sul parco, dove non si possono certo montare tapparelle o finestre in alluminio!”
Si parte nel 2020 e si consuma un anno solo per individuare il proprietario del rudere e ottenere i nulla osta per intervenire in un’area protetta, a due passi dalla riserva di Sasso Fratino, patrimonio dell’Unesco. “La casa era pericolante e parte del tetto puntellato per evitarne il collasso. Abbiamo dovuto procedere in maniera ragionata per lavorare in sicurezza.” È la natura, da autentica padrona di casa, a
“MI PIACEREBBE CHE LA NOSTRA ESPERIENZA
SERVISSE A FAR COMPRENDERE CHE
CERTE AREE DEI NOSTRI PAESI POSSONO ESSERE RIPORTATE IN VITA,” AFFERMA DOMENICONI, “E DIVENTARE UN VALORE NON SOLO PER I PROPRIETARI MA PER UN INTERO TERRITORIO.”
ispirare e indirizzare la progettazione, preludio di un lavoro certosino condotto addirittura a mani nude. “Con scalpello e martello abbiamo scrostato la pietra di fiume, internamente e all’esterno, liberandola dall’intonaco fatto di sabbia e terra,” spiega Domeniconi. Al lavoro maestranze e artigiani locali qualificati, persone abituate a operare nello stesso team, abilissime a recuperare un architrave in castagno. “Di nuovo c’è davvero poco,” aggiunge Pini, “solamente i pietrami delle finestre. Abbiamo infatti riutilizzato tutta la pietra esistente dopo averla pulita, rimontata e stuccata.” Particolarmente probante la posa dei lastroni in pietra del
tetto. “Non potendo utilizzare la gru, si è fatto ricorso a corde e carrucole come usava una volta,” confessa Alessandro, “una fatica enorme, spezzata di tanto in tanto dalla condivisione di pane montanaro e salame, la benzina che serve lassù.” In un contesto simile, gesti apparentemente banali, come l’apertura di un rubinetto e la percezione del calore dell’acqua corrente assumono una valenza magica. Il risultato di tanto sforzo si compone di quattro stanze – cucina, bagno e due camere da letto – sviluppate su un’ottantina di metri quadrati a cui si aggiungono le due vecchie stalle ora adibite a cantina, dove è stato mantenuto il vecchio pavimento
in pietra, e a locale tecnico per la centrale termica. “Ogni stanza è di 3,5 metri per 4 metri, e i muri hanno uno spessore di 6080 centimetri. Dai segni presenti in una camera si evince che probabilmente la casa è stata alzata, come capitava un tempo quando le famiglie si allargavano,” rivela il proprietario.
Minimali nel loro splendore anche gli arredi, nel sacrale rispetto del luogo e della storia. “Da qualche vecchio architrave sono state ricavate alcune mensole, parte del mobilio antico o in stile arte povera è stato acquistato in loco e a Barberino del Mugello. La vera chicca è il piano cottura realizzato da un lastrone di un vecchio pioppo recuperato
nell’alveo del fiume a Santa Sofia da un mastro falegname della Berleta.”
Il coronamento del sogno sembra tuttavia non chiudere il cerchio delle difficoltà. “Raggiungere la casa non è agevole, la strada è tutta sterrata e presenta alcuni punti davvero critici,” le parole di Pini. “In caso di neve è necessario percorrere gli ultimi cinque chilometri sulle ciaspole: per i titolari non un disagio ma un ulteriore motivo di attrattività.” Una bella storia che potrebbe tradursi in esempio virtuoso? “Purtroppo nel parco non ci sono più case e non è possibile costruirne ex novo,” chiosa l’imprenditore. “Chi ce l’ha non la vende e quel che resta è irrecu-
perabile.” È eloquente tuttavia il messaggio del felice proprietario. “A osservare la foto del rudere, in pochi avrebbero creduto nell’esito positivo del progetto, sviluppato in un periodo di 4 anni tra mille difficolta, legate non solo al meteo,” conclude Domeniconi. “Mi piacerebbe che la nostra esperienza servisse da stimolo ad altri: per comprendere che certe aree dei nostri paesi possono essere riportate in vita e diventare un valore non solo per i proprietari ma per un intero territorio.”
RIVENDITORE AUTORIZZATO
di Garoia Daniela & C. SAS Via Luigi Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 FORLÌ caponordforli@gmail.com
ADVERTORIAL
CNA FORLÌ-CESENA
‘CONTINUAMENTE ACCANTO’ DA 70 ANNI
‘CONTINUAMENTE ACCANTO’ È IL CLAIM SCELTO DA CNA FORLÌ-CESENA PER FESTEGGIARE, CON UN RICCO PROGRAMMA DI EVENTI, 70 ANNI DI STORIA E DI VICINANZA AL TERRITORIO.
‘Continuamente accanto’ . È questo il claim scelto da CNA
Forlì-Cesena in occasione delle celebrazioni dei suoi 70 anni di storia. Una storia di vicinanza alle persone, alle imprese e al territorio iniziata il 15 giugno del 1954 e cresciuta, di decennio in decennio, fino a ricoprire tutto il territorio forlivese e cesenate in termini di rappresentanza, di servizi e di relazioni. A rendere plasticamente l’evoluzione di questi 70 anni sono i numeri: 23 sedi, 61.000 nuove imprenditrici e nuovi imprenditori che hanno dato avvio all’attività grazie a CNA, 6.6 milioni di ore di formazione, 180.000 persone formate, 3.100 eventi pubblici, 620.000 tra imprenditori e imprenditrici (queste ultime il 25% della base
associativa), 560.000 lavoratrici e lavoratori delle imprese seguite e 210.000 pensionate e pensionati. In totale l’universo CNA conta, in 70 anni, 1.390.000 persone
Fitto il calendario di eventi messo a punto per festeggiare un compleanno così speciale, a partire dalla nuova inaugurazione , avvenuta il 15 giugno scorso (data della fondazione di CNA) della sede di via Pelacano 29 a Forlì, colpita dall’alluvione di maggio 2023, con il taglio del nastro dei locali rinnovati e riorganizzati, un evento che ha rappresentato un segnale concreto di resilienza e ripartenza. E poi, pochi giorni dopo, la grande festa in piazza Saffi con la cena dedicata alla ‘comunità’ CNA, il momento isti-
tuzionale con gli amministratori e la premiazione della seconda edizione del concorso CNA ‘Creaimpresa Lab Forlì-Cesena, imprenditori di domani’.
“Il claim di queste celebrazioni esprime appieno il messaggio di vicinanza a tutti gli associati e al territorio, così come la nostra vocazione di prossimità, sia in termini di utilità per le imprese che di presenza sui territori, anche quelli più periferici,” dice il presidente di CNA Forlì-Cesena, Lorenzo Zanotti. “Essere ‘accanto’ significa essere parte di una rete di relazioni preziose che comprende le istituzioni, il mondo della scuola e le altre associazioni. Non a caso, le iniziative per il 70° sono ispirate a una volontà di restituzione alla comunità di
“NELLA NOSTRA STORIA
SI RITROVANO I VALORI
DI TANTE SCELTE CHE
SI RIVELANO ANCORA
ATTUALI, PRIMA TRA TUTTE
IL FATTO DI ESSERE UNA
FORMIDABILE PALESTRA
DI DEMOCRAZIA PER I NOSTRI ASSOCIATI,” DICE
IL PRESIDENTE LORENZO ZANOTTI.
appartenenza dopo i momenti difficili che ha dovuto affrontare. Il nostro territorio ha reagito con coraggio e determinazione. Un territorio fertile per l’impresa, in cui si vive e si lavora bene e nel quale vogliamo continuare a essere un agente dello sviluppo. Nel rileggere gli atti della nostra storia, ho ritrovato i valori e la base di tante scelte che si rivelano ancora attuali, prima tra tutte il fatto di essere una formidabile palestra di democrazia per i nostri associati. Una vocazione che confermiamo nel presente e per il futuro.”
Terza tappa dei festeggiamenti, la serata al Teatro Bonci di Cesena l’8 ottobre scorso, con la partecipazione delle aziende, dei rappresentanti delle istituzioni e del sistema CNA, che ha fatto segnare il tutto esaurito. Momento culminante del programma delle celebrazioni, l’assemblea che si è svolta il 30 novembre – preceduta dalla cena di gala al Teatro
Verdi di Cesena – nella ex chiesa di San Giacomo a Forlì, dal titolo ‘Democrazia 5.0, tra nuove forme e vera sostanza’ alla quale è intervenuto il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale.
“È motivo di orgoglio per noi festeggiare questo traguardo,” spiega il direttore generale di CNA Forlì-Cesena, Franco Napolitano. “Ed è anche una forte emozione dopo un anno impegnativo e sfidante. Abbiamo cercato di realizzare iniziative che esprimessero la nostra volontà di restituire qualcosa al territorio che ci ha sempre dato fiducia, in primis alle quasi 10.000 imprenditrici e imprenditori associati Nasciamo come associazione di rappresentanza di interessi delle imprese ma oggi CNA è molto altro: è una forza sociale aperta ai cittadini e alle persone, un ponte fra generazioni diverse, e il nostro sguardo è rivolto alla sua estremità più lontana. Come
ribadito in assemblea, vogliamo continuare a essere una palestra di democrazia, un luogo, anche fisico, in cui facilitare il confronto per far convivere e fare sintesi da condividere con gli amministratori locali con i quali ci confrontiamo quotidianamente. I risultati fin qui raggiunti ci gratificano ma siamo sempre proiettati nel futuro.”
IN APERTURA, L’ASSEMBLEA PER IL 70° DI CNA FORLÌ-CESENA. IN ALTO, L’INAUGURAZIONE DELLA SEDE DI VIA PELACANO A FORLÌ COLPITA DALL’ALLUVIONE E, SOTTO, LA SERATA AL TEATRO BONCI A CESENA.
ROMAGNA
ROMAGNA DA (RI)SCOPRIRE E DA VIVERE ATTRAVERSO I SUOI LUOGHI, I SUOI VOLTI, I SUOI TESORI DI ARTE E CULTURA. LEGGI LE STORIE ANCHE ONLINE NEL PORTALE IN MAGAZINEROMAGNA.IT
FORLÌ-CESENA
GOURMET
RISTORAZIONE
ROMAGNA
GUIDA MICHELIN: NUOVE STELLE
DI TERRA E DI
MARE
GOURMET
Due new entry e sei conferme nel firmamento gourmet della Romagna. Si è tenuta nella cornice del Teatro Pavarotti Freni di Modena, la cerimonia di presentazione della Guida Michelin 2025, giunta alla settantesima edizione. Assegnate due nuove
Stelle alla ristorazione d’eccellenza in Romagna: all’Ancòra di Agostino Iacobucci a Cesenatico, con il resident chef Marco Garattoni, e al Ristorante del Lago di Acquapartita, a Bagno di Romagna, con lo chef under 30 Simone Bravaccini. Diventa-
no così 8 i ristoranti stellati nelle tre province romagnole con la conferma della Stella alla Buca di Cesenatico, al ristorante Da Gorini a San Piero in Bagno e ai tre riminesi Il Piastrino a Pennabilli, Abocar Due Cucine a Rimini e Guido a Miramare, ai quali si aggiunge il due Stelle Magnolia di Alberto Faccani a Longiano.
“La ristorazione in Romagna gode di ottima salute, con un imprinting che va dalla montagna al mare e una cucina che sa esprimere al meglio l’area geografica di appartenenza, in un territorio con materie prime che, riscoperte e interpretate, portano a grandi risultati,” dice Alessandro Rossi, National Category Manager Wine di Partesa. “I processi qualitativi,” prosegue, “partono da una solida e autentica tradizione culturale, quasi da trattoria che, nelle sue diverse espressioni, rappresenta il legame di coscienza con la terra. Alcuni di questi ristoranti
“LA RISTORAZIONE IN ROMAGNA GODE DI OTTIMA SALUTE
GRAZIE A UNA CUCINA CHE SA ESPRIMERE AL MEGLIO L’AREA GEOGRAFICA DI APPARTENENZA,” DICE
ALESSANDRO ROSSI DI PARTESA.
stellati possono essere considerati, di fatto, l’evoluzione di trattorie che hanno interpretato il dna del territorio fino all’eccellenza. Spesso li immaginiamo in una cornice barocca: non è così. Qui è la cucina che comanda.”
Dalla trattoria al fine dining, fedeli alle origini.
“La Romagna si sta valorizzando nella sua parte popolare, con un ritorno alla tradizione, e i grandi cuochi la stanno esprimendo ad alti livelli facendone un must,” continua Rossi. “Non è più necessaria la ricercatezza per dare un’idea di qualità: mangiamo meno con gli occhi e più con la bocca. Così come non è più fondamentale avere una cantina con una profondità di 2.000 mila etichette, serve invece attenzione al gusto del consumatore.”
“Oggi andare al ristorante è vivere un’esperienza,” sintetizza Rossi, “e la Romagna è al passo con le esigenze dei nuovi amanti della cucina che sono alla ricerca di un momento esperienziale che
trovano, a prezzi accessibili, nei nostri ristoranti stellati, incastonati in piccoli borghi o adagiati sulla costa.”
Attraversando le curve del tempo, attenta ai mutamenti e alle nuove generazioni, la Guida Michelin si è arricchita di caratteri contemporanei. “Vent’anni fa non c’erano le Stelle Verdi per i comportamenti virtuosi in tema di sostenibilità, che valorizzano l’aspetto salutistico e premiano piatti vegetali con valori che compensano quella che un tem-
po era la cucina borghese che usciva dai palazzi,” conclude Rossi.
È una Stella di mare quella del ristorante Ancòra di Cesenatico – con l’accento sulla ‘ò’, come specificato nel logo – la nuova avventura di Agostino Iacobucci, chef e patron del ristorante omonimo (Stella Michelin) di Castel Maggiore, a Bologna. Nei locali che per quasi vent’anni hanno ospitato il Magnolia, l’Ancòra esalta l’arte dello chef residente Marco Garattoni,
LA GUIDA MICHELIN
2025 ASSEGNA DUE
NUOVE STELLE AI
RISTORANTI DELLA
ROMAGNA: L’ANCÒRA DI CESENATICO, CON IL RESIDENT CHEF
MARCO GARATTONI, E IL
RISTORANTE DEL LAGO DI ACQUAPARTITA, CON LO CHEF SIMONE BRAVACCINI.
classe 1994, che propone piatti per lo più a base di pesce. “Un’avventura nata per caso,” racconta Iacobucci. “Conoscevamo i proprietari, mi hanno fatto una proposta e ho deciso di accettare. Avevo voglia di un ristorante di mare in cui la cucina nasce dalla contaminazione tra la Romagna e i ricordi della Campania (Ndr, Iacobucci è originario di Castellammare di Stabia), in cui il gambero viola incontra l’insalata russa e il calamaro va in gita sulle Alpi.” Lo staff è composto da giovani tra i 20 e i 30 anni. “Il futuro della cucina italiana sono loro,” dice. “A partire da un assunto: il buono a tavola è quello che vince ed è la tradizione che va avanti, grazie a
una grande tecnica e a una grande materia prima.”
Brilla nel cuore dell’Appennino Romagnolo la Stella del Ristorante del Lago di Acquapartita, frazione di Bagno di Romagna. Un progetto partito da lontano, nel 1971, con i nonni Giuseppe e Adriana, oggi gestito dalla seconda e terza generazione, da mamma Catia, papà Paolo e dai figli. Andrea Bravaccini da circa quindici anni si occupa della cantina e della carta vini, mentre suo fratello Simone, 24 anni - il più giovane chef stellato d’Italia – ha preso in mano la cucina con piatti del territorio ricercati e innovativi in cui l’abbinamento dei vini gioca un ruolo fondamentale. “La Stella
Michelin è il frutto del lavoro di squadra e motivo di orgoglio per un territorio montano come il nostro,” spiega Andrea Bravaccini, responsabile della selezione vini. “La nostra cucina è legata al territorio e seguiamo la materia prima senza contaminarla troppo,” prosegue. Corposa la carta dei vini, con 2.000 referenze e 9.000 bottiglie, per un percorso che accompagna i piatti in modo sartoriale e a misura di ospite.
IN ALTO, DA SINISTRA: LO CHEF MARCO GARATTONI, LO CHEF E PATRON AGOSTINO IACOBUCCI, E UN ANGOLO DEL RISTORANTE ANCÒRA DI CESENATICO. SOTTO, IL RISTORANTE DEL LAGO DI ACQUAPARTITA E, DA SINISTRA, I FRATELLI SIMONE E ANDREA BRAVACCINI, RISPETTIVAMENTE CHEF E RESPONSABILE DI SALA E CANTINA.
AMORE
APERTO AL PUBBLICO PALAZZO
GUICCIOLI
DOPO
IL RESTAURO
E LIBERTÀ
Dopo tanta attesa, lo scorso 30 novembre si sono aperte le porte del nuovo Complesso Museale di Palazzo Guiccioli a Ravenna. Accoglie il Museo Byron, il Museo del Risorgimento e il Museo delle Bambole, Collezione di Graziella Gardini Pasini. Fino a qualche anno fa, passeggiando per via Cavour, inevitabilmente lo sguardo andava al grande portone chiuso di quello che sembrava un palazzo misterioso in grado di suscitare curiosità legate alle storie che, si raccontava, erano state vissute al suo interno, negli anni passati: storie d’amore ma anche di idee politiche risorgimentali. Finalmente è arrivata la fine del suo restauro e dei nuovi allestimenti. Il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio, Ernesto Giuseppe Alfieri, alla domanda
“Può essere considerato un regalo alla città?” risponde: “Di più, molto di più. Questo museo è un nuovo punto di interesse soprattutto per i turisti, un palaz-
RIVEDE LA LUCE, NELLA
CENTRALISSIMA VIA
CAVOUR, IL COMPLESSO
MUSEALE DI PALAZZO
GUICCIOLI, PUNTO DI INTERESSE CULTURALE.
ACCOGLIE IL MUSEO
BYRON, IL MUSEO
DEL RISORGIMENTO
E IL MUSEO DELLE
BAMBOLE, COLLEZIONE DI GRAZIELLA
GARDINI PASINI.
zo antico di grande livello che si apre mostrando momenti storici di grande importanza. Pensiamo che sarà una nuova attrazione che va ad aggiungersi alle mete classiche che hanno per oggetto i nostri unici e importanti mosaici. Dobbiamo ringraziare l’idea geniale di Antonio Pa-
tuelli che, come sempre, anticipa i tempi.” Palazzo Guiccioli è un edificio storico prestigioso, intimamente legato alle vicende culturali e politiche dell’Ottocento ravennate. Collocato nel cuore della città, nella centralissima via Cavour, emerge fra le case residenziali della via, quale luogo fra i più emblematici delle memorie cittadine. Tra le sue stanze di gusto neoclassico George Gordon Byron trascorse, innamorato della giovane Teresa Gamba Guiccioli, anni felici e fra i più produttivi sul piano letterario ma anche, partecipi e protagonisti, Alessandro Guiccioli, Ruggero e Pietro Gamba, rispettivamente padre, fratello e coniuge di Teresa. Lì avvennero le prime cospirazioni politiche che portarono ai moti carbonari del 1820-21. Il piano nobile, infatti, è riservato il Museo del Risorgimento che vanta, oltre ai molti cimeli che documentano la vocazione insorgente della città con il suo contributo ai moti,
una sezione di grande importanza dedicata a Giuseppe Garibaldi e alla diffusione popolare del suo mito. Un tocco leggero ma molto interessante è dato al museo dal reparto dedicato alle bambole e ai giochi che in epoche diverse hanno rappresentato anche un metodo educativo. La raccolta è ricca e importante, è
una documentazione curata per anni da Graziella Gardini Pasini, che offre i giochi di una volta e oggetti rari che fanno del gioco una documentazione storica. Con quale spirito e preparazione si dovrebbe visitare un museo che ‘racconta’ una Ravenna che ha vissuto importanti momenti politici ma anche un filone cul-
turale e romantico? “La curiosità è sempre una buona compagnia, al resto ci pensiamo noi,” spiega la direttrice Alberta Fabbri. “Museo Byron e del Risorgimento è un percorso che attraversa due nuclei tematici diversi ma molto meno distanti di quanto non si pensi. Siamo nella dimora di Illustri, testimone silenziosa di vicende memorabili. A cominciare dalla stesura di alcuni importanti componimenti di Byron, continuando con memorie e cimeli in cui l’aura del ‘corpo’ si compie solo attraverso la parola che li nomina. Senza la partecipazione del visitatore,” precisa la direttrice, “anche il dispositivo narrativo non si aziona. Questo fa comprendere come l’orizzonte progettuale miri ad essere accessibile a chiunque.” Fabbri si sofferma poi a commentare la personalità istrionica e geniale di Byron e dei molti poeti che hanno gettato un fascio di luce nell’oscurità dell’inquietudine, concentrando l’attenzione
MUSEI
sull’individuo che ha un ruolo non trascurabile anche nella penetrazione capillare, appunto, individuale, delle istanze libertarie promosse dall’Illuminismo. Byron, geniale, silenzioso, elegante, innamorato di Teresa ma anche del paesaggio ravennate, della pineta, di Dante. Come immaginarlo? “Partirei dalla sua relazione amorosa. Per Byron l’incontro con Teresa ha la carica dirompente che batte il tempo del cambiamento. È la leva che aziona la decisione di lasciare Venezia per Ravenna. Sulle galeotte conversazioni intorno a Dante, Ravenna viene delineandosi come una terra promessa. La città che per il Sommo Poeta fu alma mater nella stagione errante dell’esilio, lasciava intravedere mondi possibili anche per chi, come lui, aveva voltato le spalle, deliberatamente e suo malgrado, alle bianche scogliere di Dover.”
Infatti a Ravenna Byron trova nuovo slancio per i suoi compo-
nimenti. La partecipazione alla vita attiva della città lo porta a cavalcare nella ‘Divina Foresta’, la pineta che ispirò Dante e Boccaccio, ma anche il luogo dove si potevano incontrare i cospiratori che qui si davano segreto convegno. Fra Europa e Mediterraneo, Byron si erge a
“IL MUSEO BYRON E DEL RISORGIMENTO È UN PERCORSO CHE ATTRAVERSA DUE NUCLEI TEMATICI DIVERSI MA MENO DISTANTI DI QUANTO NON SI PENSI, IN UNA DIMORA CHE È TESTIMONE SILENZIOSA DI VICENDE MEMORABILI,” SPIEGA LA DIRETTRICE ALBERTA FABBRI.
eroe dei due mondi. Agli occhi del pubblico inglese, Ravenna rivela il lato mediterraneo, se non proprio esotico, del ‘giovane Aroldo’.
Incontro fatale, dunque, quello tra Byron e Ravenna. Byron e Risorgimento, a Ravenna, non sono poi così distanti.
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BUONE FESTE
LA CITTÀ
TOMMASO PANOZZO
ALLA RICERCA
DELLA
RIMINI
SCOMPARSA
PERDUTA
Ricostruisce la Rimini dell’ultima estate di pace, il giovane studioso Tommaso Panozzo, nel suo ultimo volume dal titolo La città perduta. Itinerari alla ricerca di una Rimini scomparsa, con la prefazione di Stefano Pivato e un ricco apparato iconografico fornito dal collezionista Alessandro Catrani. E lo fa cercando di immortalare la città del 1939 “un momento prima che le bombe e la successiva ricostruzione la facessero sparire per sempre,” dice. “Negli ultimi decenni, infatti, è nato quello che ho definito il mito della ‘città perduta’, una Rimini distrutta dalla guerra spesso oggetto di dibattito, ma di cui però la maggior parte degli attuali riminesi ha solo un’idea approssimativa. Ho pensato fosse interessante ricostruirla, almeno su carta, per permettere al lettore di farsi un’idea precisa su come fosse viverci o andarci in villeggiatura.”
Il volume è stato pensato come una guida impossibile a una Ri-
“SEMBRA ASSURDO
CHE UNA CITTÀ COSÌ
MARTORIATA SIA
RIUSCITA A RIPARTIRE
IN POCHI ANNI, RICOMINCIANDO
A SCRIVERE IL
ROMANZO DELLA
PROPRIA STORIA. UNA
RINASCITA FIGLIA
DELL’INTRAPRENDENZA.”
informazioni indispensabili per godere di un piacevole soggiorno in riviera: annotazioni su teatri, cinema, impianti sportivi e trasporti. Infine le zone in cui un villeggiante non si sarebbe mai avventurato: le parti degradate e quelle destinate alle attività agricole o industriali.”
mini che non esiste più e si compone di cinque parti. “La prima è dedicata alla Marina, l’effimera città che ogni estate riprendeva vita sulla costa per accogliere turisti,” spiega Panozzo. “Poi il centro storico, ricco di preziose testimonianze del passato, ma anche di interessanti iniziative culturali e commerciali. Nella terza parte invece sono riunite le
Attraverso questo gioco di parallelismi tra ieri e oggi, in una Rimini pre-bombardamenti, Panozzo conduce il lettore a passeggio “per viale Principe Amedeo, non prima però di essere passati a provare un abito dalla sarta Porcellini, pronti per partecipare una serata al Casino Municipale. Poi la nostra camminata prosegue lungo le altre due arterie della Marina, viale Vespucci e il nuovo Lungomare, prestando attenzione alle ville, agli alberghi, ai ristoranti che avremmo incontrato lungo il nostro cammino,” prosegue l’autore.
Quindi partiamo alla ricerca delle chiese e dei palazzi del centro storico, senza dimenti-
IL GIOVANE STUDIOSO
TOMMASO PANOZZO
NEL SUO VOLUME
DAL TITOLO LA CITTÀ
PERDUTA. ITINERARI
ALLA RICERCA DI UNA
RIMINI SCOMPARSA
RICOSTRUISCE LA CITTÀ DELL’ULTIMA
ESTATE DI PACE.
RICCO L’APPARATO ICONOGRAFICO DI ALESSANDRO CATRANI.
care le tante botteghe aperte per il corso. E, dopo essere entrati al teatro Vittorio Emanuele II, seguiamo il percorso che da piazza Malatesta porta verso lo stadio appena inaugurato. Infine, un passaggio nelle zone più malfamate della città: il lurido borgo di S. Giuliano, le case di tolleranza della Castellaccia e le isole delle colonie a Miramare e a Igea.” Il ricco corredo di immagini, oltre 130, proviene dalla preziosa collezione di Alessandro Catrani. “Non si tratta solo di fotografie, ma anche di depliant, opuscoli, programmi, cartine turistiche: un apparato iconografico che costituisce un elemento fondamentale per permettere al lettore di ‘tornare’ nella Rimini di allora.”
Particolare attenzione è stata prestata a non utilizzare, ove possibile, fotografie e illustrazioni già pubblicate in precedenza. “Lo scopo del libro è infatti quello di far vedere la Rimini degli anni Trenta con occhi nuovi, senza pregiudizi di sorta, rimanendo incantati dalla sua modernità, senza però dimenticare le sue miserie e, in generale, i suoi aspetti negativi.”
Il libro si distingue in primo luogo per non limitarsi a raccontare un aspetto specifico della Rimini di allora, ma di abbracciare un po’ tutta la città, dalle parti più celebri rimaste nell’immagina-
rio collettivo, fino a quelle più nascoste e dimenticate. Particolare attenzione è poi “riservata al costume e alla vita quotidiana: leggendo il volume non ci si imbatte in una lunga sfilata di fredde descrizioni di monumenti oggi scomparsi.”
Uno degli obiettivi è stato infatti proprio quello di non soffermarsi unicamente sugli aspetti urbanistici o architettonici della Rimini di allora, “ma di raccontare come vivevano i suoi abitanti, con quali problemi dovevano confrontarsi, con quali atmosfere avremmo potuto vivere entrando in un cinema o al mercato.”
Ciò che ha stupito Tommaso e stupirà il lettore nel leggere il volume e nel consultare le due mappe, in cui è indicata l’esatta collocazione degli edifici descritti nel libro, è l’incredibile numero di “testimonianze del passato e, in generale, di strutture andate perdute,” dice. “Sembra assurdo, vista con gli occhi di oggi, che una città così martoriata sia riuscita a ripartire nel giro di pochi anni, ricominciando a scrivere il romanzo della propria storia. Una rinascita figlia dell’intraprendenza dei suoi abitanti, un’intraprendenza che però, ha mietuto più di una ‘vittima’.”