IN Magazine Premium 03/09

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Sommario Premium

SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili

Editoriale

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Primo Piano

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Accenti

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Ever Green

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Blue Notes

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Navigare

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54

Leadership Sapori

80

36 38

Gourmandise

40

Decantare

42

Creative Papers

44

Tra le righe

46

Solidalitas

48

Dolomite

50

Versilia

51

8 / Sommario Premium

28

74

Francesco Amadori

54

parola di... famiglia.

Imprese ed etica sociale

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il recupero dei valori.

Gino Pellegrini

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scenografie di vita quotidiana.

Bruno Barbieri

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cucinare è un viaggio.

La Riserva di Sasso Fratino 80 i primi 50 anni di una storia felice di uomini e natura.

I luoghi dello spirito

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la nuova guida di Edizioni IN Magazine.


Sommario Premium

SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili

SPECIAL DOME architettura e interior design

Accenti

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Dalla storia all’eternità

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passato e presente di Villa e Tenuta Pandolfa.

La casa atelier

“IN MAGAZINE PREMIUM” anno IV - n° 3 dicembre 2009 - gennaio - febbraio 2010 Reg. al Tribunale di Forlì il 28/10/2005 n. 43 Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: 47100 Forlì - Via Napoleone Bonaparte, 50 tel. 0543.798463 - fax. 0543.774044

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sui colli cesenati, la “bottega” del Maestro Ilario Fioravanti.

L’arte di vivere

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a Rimini, eleganti contrapposizioni

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Eco Leader: Manifesti per l’ambiente.

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Direttore Responsabile: Andrea Masotti. Redazione centrale: Andrea Biondi, Francesca Renzi. Segreteria di redazione: Giulia Migliarini Impaginazione e grafica: Lisa Tagliaferri. Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Irene Coso, Laura De Paoli. Fotografi: Eugenio Barzanti, David Dall’Omodarme, Paolo Ferrari, Mario Flores, Luca Massari, Giorgio Sabatini, Stefania Sainaghi, Gianni Schicchi. Collaboratori: Mariavittoria Andrini, Franco Basile, Pier Luigi Bazzocchi, Franco Bertini, Pierantonio Bonvicini, Mario Cobellini, Elena De Tullio, Monica Gasperini, Elide Giordani, Marco Giovenco, Federico Graziani, Sabrina Marin, Francesca Miccoli, Elisa Montalti, Pietro Scarnera, Veronica Tarabella, Matteo Tosi, Ilaria Traditi, Ulisse Tramonti, Cristina Vannuzzi. Controllo produzione: Isabella Fazioli. Chiuso per la stampa il 1/12/2009.

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Editoriale

EDITORIALE di Andrea Masotti

Non è un’impresa facile, presentando questo PREMIUM, fare un bilancio di un anno che definire complicato è un eufemismo. Con un’informazione che forse non merita commenti, meglio rifugiarsi nel “piccolo grande” mondo che analizziamo sulla rivista: Emilia Romagna e Marche, due regioni che fanno parte a pieno titolo di quella zona che, proprio a fine anno, è balzata agli onori delle statistiche nazionali, perché proprio qui, oltre che in Toscana e Umbria, si trovano molte delle città dove si vive meglio in Italia. Stiamo parlando della classifica del “bil” (benessere interno lordo) pubblicata ormai qualche tempo fa dal “Sole-24 Ore” e che, spodestando il più celebre “pil”, ha “retrocesso” le città del nord, dando merito alla parte del Paese dove è lo “stile di vita”, a far funzionare le cose. Una way of life che è anche modo di porsi, d’essere e di affrontare gli impegni quotidiani. E se Roma non fu fatta in un giorno, questi brillanti risultati sono il risultato di una tradizione, di una storia impressa nella memoria di chi in queste terre ci è nato o ci arriva. Crediamo che le storie raccontate su PREMIUM esprimano il concetto emerso da questa originale indagine. Forse, l’esempio di un territorio che sa lavorare ma allo stesso tempo vivere, potrà essere da stimolo all’intera penisola. Intanto, i personaggi raccontati su questo numero una valenza non solo locale ce l’hanno, eccome. Partiamo dalle rubriche. Si parla di golf e turismo con Maurizio De Vito Piscicelli, alla guida di Emilia Romagna Golf; di mare e imprenditoria prima con un campione del calcio come lo jesino Roberto Mancini, quindi con Salvatore Basile, nuovo ad

Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -

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di Ferretti Group. E ancora di turismo, abbinato alla gastronomia, con Andrea Babbi, ad dell’azienda di promozione turistica dell’Emilia Romagna. Ma è il mondo dell’impresa ad essere protagonista, con i presidenti del Gruppo Giovani di Confindustria delle due regioni, quindi (e siamo al primo degli articoli principali) con una straordinaria storia di famiglia, che celebra i primi 40 anni di un’impresa dalle solide radici: un’azienda che vede al vertice un grande imprenditore, che è anche protagonista della comunicazione. Un uomo che può vantare il titolo di Cavaliere del Lavoro ma anche un’imitazione da parte di Fiorello. È Francesco Amadori: l’incontro con lui, e con parte della sua larga famiglia è l’occasione per ripercorrere una vita d’impegni e altrettanti successi. D’imprese attente al business ma anche all’etica, parliamo nella seconda puntata del nostro viaggio tra alcuni brillanti esempi che, nelle due regioni, sfidano la crisi attraverso buone pratiche d’investimenti, in ricerca e risorse umane, ma sono anche attente alla responsabilità sociale. Realtà grandi e piccole, che meritano spazio. L’originale opera d’arte di Gino Pellegrini e l’avventura culinaria di Bruno Barbieri, bolognese di nascita ma veronese d’adozione, completano i volti di questo numero. E mentre l’itinerario stavolta ci porta sull’alto Appennino Romagnolo, alla scoperta di una Riserva Integrale che nel 2009 ha compiuto 50 anni dalla sua istituzione, torna come sempre DOME, ricco di dimore diversamente affascinanti, tra storia, arte e design, alla ricerca di uno stile unico. Buona lettura!

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Primo Piano

PRIMO PIANO GERARDO FILIBERTO DASI Lo scorso ottobre ha guidato la XXXV edizione delle Giornate Internazionali di Studio Pio Manzù: proprio da qui partono le riflessioni di Gerardo Filiberto Dasi. “Le indicazioni emerse in ottobre non sono per le giovani generazioni, ma per gli adulti debitori di valori e azioni verso i giovani. Serve considerazione maggiore verso una moltitudine di giovani ai quali la società non sa dare orientamenti, certezze né speranze. Senza il consenso e l’entusiasmo della gioventù in cammino sui sentieri della conoscenza e dell’informazione, non c’è futuro per la nostra società. O meglio, il futuro rischia di immeschinirsi in una società sempre più individualista. Gli Stati, i Governi, dovranno dedicarsi ai progetti e ai piani per l’affrancamento dei giovani dalla disoccupazione, dalla flessibilità esasperata.” In questo periodo di crisi economica, i ventenni e i trentenni hanno capito che occorre diventare imprenditori di se stessi per collocarsi nel mondo del lavoro. “C’è una richiesta di maggiore possibilità di accesso alla formazione e alla conoscenza - prosegue Dasi. I giovani chiedono maggiore democrazia, pronti a competere lealmente fra di loro, ma chiedono uguali nastri di partenza. Vogliono imparare a creare aziende e a lavorarci dentro con competenza. Sono persone responsabili, pronte a fare la loro parte purché gli sia riconosciuta fiducia.” Una visione positiva, a cui si affianca anche un ritorno all’attenzione nel confronto dei singoli individui e lo sviluppo della responsabilità sociale, non solo nelle politiche di immagine delle aziende, ma anche nelle coscienze delle nuove generazioni. “I giovani che abbiamo incontrato a Rimini - conclude Dasi - non chiedono ‘raccomandazioni’, ma aiuti concreti per maturare e sviluppare il proprio talento, dove c’è. A noi sembra un atteggiamento molto responsabile e perciò etico.”

Valentino Rossi

Il fatto è che per lui la matematica è davvero un’opinione: il 46 è ormai diventato il numero 1 ed è ormai scontato che, parlando di titoli mondiali, non ci sarà 9 senza 10. Il resto è letteratura. Il commento più sibillino di Valentino Rossi al suo nono alloro mondiale è stato: “Se quelli della Yamaha mi hanno messo fra i piedi Jorge Lorenzo per stimolarmi, allora devo dire che bastava anche di meno.” Becca su e porta a casa. Nel 2009 Vale ha vinto il titolo, ma non molte gare come in passate edizioni e d’altronde il simbolo di questa stagione non è affatto l’arrivo al traguardo con la gomma alzata, ma il sorpasso impossibile, guarda caso proprio su Lorenzo, all’ultima curva del circuito di Barcellona. Proprio lì dove c’era il cartello di divieto assoluto di sorpasso e dove nessuno aveva fino ad allora concepito la possibilità di un sorpasso. Il fatto è che per lui anche la fisica è un’opinione, le traiettorie diventano un optional, la gravità non esiste, la forza centrifuga si annulla e lui ed Einstein se ne vanno a braccetto per altri mondi paralleli e non. A giochi fatti, trionfi e festeggiamenti a parte, se dobbiamo essere sinceri, anche noi ci siamo un po’ stufati della Yamaha e, per rilanciare i dadi e anche la storia, vorremmo vedere un Valentino Rossi, anzi Rosso Ducati, come avrebbe potuto essere, e non fu, già in occasione del suo passaggio dalla Honda alla Yamaha. L’Italia agli italiani e dunque Rossi alla Ducati. Non sarà facile, ma sarebbe un bel colpo per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia, oggi disprezzata e non amata da troppi. Ci vorrebbe un nuovo Risorgimento e chi meglio di Valentino Rossi potrebbe guidare un’altra spedizione dei Mille? Da Pesaro a Borgo Panigale, con tanti saluti all’Estremo Oriente. (F.B.)

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Accenti

STORIA MEMORIA IDENTITÀ. Modena - Fino al 14 marzo 2010, gli spazi espositivi dell’ex ospedale Sant’Agostino ospitano la mostra Storia Memoria Identità, fotografia contemporanea dall’Est Europa, promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e curata da Filippo Maggia. In mostra oltre 150 opere tra fotografie, film e video-installazioni realizzate da 29 artisti provenienti da 18 diversi Paesi dell’est, tra cui Federazione Russa, Lituania, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Serbia e Croazia. Tra gli artisti, nomi già affermati a livello internazionale come Artur Zmijewski,

Adrian Paci, Milica Tomic, il gruppo IRWIN, Mladen Stilinovic, Maja Bajevic, Roman Ondak, e artisti più giovani ma già inseriti nel circuito espositivo internazionale, come Fikret Atay, Andreas Fogarasi, Banu Cennetoglu. Si accompagna alla mostra un catalogo edito da Skira, a cura di Filippo Maggia, con Claudia Fini e Francesca Lazzarini; completo di biografie e statement per ogni artista, il volume si presenta come un vero e proprio catalogue raisonné delle opere acquisite nella collezione. www.mostre.fondazione-crmo.it

Ghirlandina d’Oro. Modena - Lo scorso 26 ottobre, presso il Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”, il Lirica Club di Modena, con il Patrocinio della Circoscrizione n. 2 e il contributo della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, ha consegnato il Premio Ghirlandina d’Oro 2009 al soprano greco Dimitra Theodossiou, una delle voci piú importanti del repertorio verdiano e belcantistico. Durante la serata, il soprano Dimitra Theodossiou, il tenore Andrea Giovannini, il baritono Filippo Bettoschi e il basso - baritono Simone Del Savio, accompagnati dal pianoforte di Leone Magiera, hanno eseguito musiche di Mozart, Rossini, Verdi, Bellini, Donizetti, Puccini, Mascagni e Gounod.

Capodanno all’opera. Rimini - Atto Primo, con il Comune di Rimini, presenta l’1 e il 3 gennaio 2010 la Tosca di Giacomo Puccini, per la regia di Ivan Stefanutti, con il Coro Lirico Città di Rimini Amintore Galli e l’orchestra Camerata del Titano, diretti dal M° Matteo Salvemini. I ricavati dello spettacolo rappresentato al Palauditorium andranno all’Istituto Oncologico Romagnolo. www.corogallirimini.it

Il mercato dell’antico. Modena - Da 19 anni, gli oggetti antichi, rari, prezioni e bizzarri trovano a Modena una vetrina d’eccezione: la manifestazione “7.8.novecento”, il gran mercato dell’antico organizzato a metà novembre da studio Lobo srl in collaborazione con il Sindacato Mercanti d’Arte Antica di Modena e Ascom Confcommercio. Anche per l’edizione 2009, nei 20.000mq di esposizione sui tre padiglioni della fiera, oltre 450 antiquari italiani e stranieri hanno esposto i loro pezzi, richiamando migliaia di curiosi e collezionisti a caccia di arredi, suppellettili, dipinti, tessuti, pezzi d’arte extraeuropea e antichità per esterni. Novità assoluta della diciannovesima edizione è stata “Temporary Stock Design”,

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un’intera area dedicata al modernariato: Poltrone Frau, Cappellini, Martinelli illuminazione, B&B, ma anche bijoux d’epoca e capi vintage sono stati i protagonisti

indiscussi di questa nuova sezione, visitata da curiosi e collezionisti di ogni età alla ricerca di mobili e complementi d’arredo che hanno fatto la storia del design.


Accenti

Hannah Rickards nella Collezione Maramotti. Reggio Emilia - La Collezione Maramotti presenta al pubblico una nuova acquisizione, l’opera realizzata da Hannah Rickards, vincitrice del MaxMara Art Prize for Women 2007 - 2009. L’artista del Regno Unito, che grazie al Premio si è guadagnata un soggiorno di sei mesi presso l’Accademia Americana di Roma e la Fondazione Pistoletto di Biella per dedicarsi alla ricerca e allo sviluppo della sua opera d’arte, ha realizzato No, there was no red,

un filmato su due schermi che consiste in racconti orali sull’immagine di una città che appare sul lago Michigan per un raro effetto ottico legato al fenomeno di inversione termica. Le differenze soggettive, le affinità, gli echi e contrappunti di questi racconti compongono la centralità dell’opera, presentata in anteprima presso la Whitechapel Gallery. www.collezionemaramotti.org

Ferrara, la stagione lirica. Ferrara - Dopo l’apertura con l’insolito accostamento di La voix humaine e Pagliacci, il cartellone prosegue, il 13 e 14 febbraio, con uno dei capisaldi della letteratura musicale del Novecento: Elektra, tratta da un testo teatrale di Hugo von Hofmannsthal che rivisita in chiave espressionista la tragedia di Sofocle. Per eseguire la partitura, si riuniranno l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento e l’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna sotto la direzione di Gustav Kuhn. Idiomeneo, l’opera di Mozart in scena venerdì 5 e domenica 7 marzo, vedrà Michele Mariotti alla guida dell’Orchestra e del Coro del Teatro Comunale di Bologna e Davide Livermore alla regia. Conclude la stagione - domenica 2 e martedì 4 maggio - Manon Lescaut di Puccini; al debutto nel ruolo del titolo il soprano Amarilli Nizza, mentre Gianluca Martinenghi dirige l’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna e il Coro Lirico Amadeus. La stagione comprende anche

una rappresentazione fuori abbonamento, realizzata nell’ambito del progetto “OperaFutura”, avviato nel 2008 dalla Regione Emilia Romagna con l’obiettivo di avvicinare il pubblico più giovane al mondo dell’opera lirica. Il 20 gennaio, andrà in scena De l’ombre eterne, rappresentazione per voci, corpi e ombre dall’Orfeo di Monteverdi, realizzata dalla Compagnia Teatro Gioco Vita. www.teatrocomunaleferrara.it

Fellini, da Parigi a Bologna. Bologna - MAMbo e Cineteca uniscono le reciproche forze e competenze per un allestimento interdisciplinare innovativo che giungerà a Bologna nella primavera 2010: l’esposizione Fellini, la Grande Parade. Il progetto, curato da Sam Stourdzè, è concepito sul disvelamento dei meccanismi della creazione felliniana ed elabora una griglia di lettura rinnovata del cinema di Fellini, attraverso l’accostamento e l’interfaccia di elementi filmici, documenti fotografici, la restituzione giornalistica degli eventi con oggetto Fellini e il suo cinema, le immagini televisive e opere d’arte ispirate al maestro riminese. L’allestimento bolognese di Fellini, la Grande Parade, ospitato negli spazi di MAMbo di via Don Minzoni, non sarà tuttavia una mera riproposizione di quella parigina: oltre alla rassegna integrale del cinema del regista riminese (Cinema Lumière della Cineteca), la ‘primavera felliniana’ si articolerà in molteplici attività collaterali quali la presentazione di libri, incontri e tavole rotonde. Ma, soprattutto, accoglierà una sezione del tutto nuova e realizzata appositamente per Bologna, realizzata grazie al contributo prezioso della Fondazione Fellini e della Regione Emilia Romagna. www.cinetecadibologna.it; www.mambo-bologna.org

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Accenti

Infiniti approda a Bologna.

Bologna - L’azienda, dopo Milano, Roma e Padova, ha inaugurato il lussuoso Centro Infiniti Bologna con un grande evento che ha richiamato oltre 400 imprenditori dell’Emilia Romagna. Tra gli ospiti presenti, Veronica Sassoli de Bianchi, vitale animatrice della socialità colta bolognese, attivissima organizzatrice di eventi benefici (nella foto con Ado Fassina); Jerry Tommolini, famoso per le sue creazioni in ambito beach wear Pin Up; i costruttori Luigi Marchesini e Massimo

Gentili. Performers e modelle hanno presentato la gamma Infiniti, che include G37 berlina, cabrio e coupé, il crossover EX37 e l’affascinante SUV FX, icona del marchio, disponibile sia nella motorizzazione da 3.7 l V6 benzina 320 CV comune a tutta la gamma, che nella potente variante da 5.0 l V8 benzina da 390CV. Tutti i modelli Infiniti si distinguono per il design emozionale e coinvolgente, la completezza degli equipaggiamenti e la dotazione di tecnologie avanzate. (V.T.)

Bruno Magli, tradizione e qualità. Bologna - Decolletèe, mocassini, ballerine, stivali da donna, ma anche stringate e scarponcini da uomo: la nuova collezione di Bruno Magli ha il potere di rendere raffinata ed elegante ogni calzatura. Grazie ai pellami di qualità, ai morbidi camosci, ai vitelli lucidi e tamponati e alle vernici e stampe cocco, le creazioni di Bruno Magli sanno adattarsi ad ogni occasione, dalle serate fashion ai pomeriggi di relax. Comfort ed eleganza guidano tutta la collezione per l’autunno/ inverno 2010, sia per quanto riguarda le calzature che gli accessori di pelletteria, in una gamma di prodotti realizzati come sempre con materie prime di qualità e con grande attenzione alla ricerca. www.brunomagli.it

Inaugurazione DEV a Bologna. Bologna - DEV, l’ultimo nato di una serie di negozi multibrand di Tod’s spa, progettato per raccogliere in ambienti ad “alta definizione” per qualità e servizio i marchi del gruppo, Tod’s, Hogan e Fay, ha aperto i battenti nel cuore dello shopping bolognese, Galleria Cavour. Le caratteristiche dei nuovi spazi

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rappresentano la puntuale traduzione architettonica del contenuto dei marchi: i valori dell’alta qualità, del lusso contemporaneo, della grande utilizzabilità di ogni prodotto. I padroni di casa Andrea e Diego della Valle, (nella foto con Nicoletta Mantovani), hanno accolto i tanti ospiti presenti all’interno dei nuovi spazi.

La moda regionale nel mondo. Bologna - CNA-Federmoda Emilia Romagna ha portato la “sua” moda nel mondo, presentando le creazioni del Made in Emilia Romagna a “Particolari d’autore” a Parigi e partecipando, con ben 20 aziende, all’edizione autunnale del Collection Premiere Moscow, conquistando distributori e buyer russi. “Le produzioni presentate - spiega il segretario di CNA-Federmoda Emilia Romagna Antonio Franceschini hanno registrato un incremento di ordini e di quote di mercato rispetto all’edizione primaverile del Collection.”



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Cosmopolitan, business e turismo. Bologna - Una posizione strategica che risolve le esigenze del business e, allo stesso tempo, risponde perfettamente alle necessità di chi vuole vivere la città con gli occhi del turista. Queste sono le caratteristiche essenziali del moderno ed innovativo Hotel Cosmopolitan di Bologna, essenza della nuova concezione alberghiera. Le sue 139 camere, eleganti, curate nel dettaglio ed altamente

insonorizzate, si dividono tra Business Suite, Superior e Standard, e sono valorizzate dall’illuminazione naturale e dall’accessibilità tramite rete Wi-Fi, LAN e Web TV. Nella zona nevralgica del Business Fieristico e Commerciale, è dotato inoltre di un Centro Congressi con quattro sale meeting polifunzionali con capienza sino ad un massimo di 100 partecipanti. www.hotelcosmopolitanbologna.com

Un po’ di Marche sulle Dolomiti. Madonna di Campiglio Un team d’imprenditori marchigiani uniti nella “roccaforte” del turismo trentino. Ha aperto il 3 dicembre l’Hotel Chalet del Brenta. Giuseppe Galli, Paolo Sabbatini, Giampiero Casavecchia hanno unito forze, specificità e competenze dando vita a un complesso alberghiero immerso nel fascino e nella mondanità di Madonna di Campiglio. È un 4 stelle formato

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da 32 eleganti camere, 18 prestigiosi appartamenti, 6 junior suite, centro benessere di 500 mq, area bambini e l’accogliente ristorante “Il Giardino”. A dirigere l’Hotel Paolo Bigiali che vanta insieme alla propria famiglia la gestione di un locale a San Lorenzo in Campo (PU). www.hotelchaletdelbrenta.com

Grand Hotel Baglioni. Bologna - La prestigiosa rivista americana “Travel+Leisure”, importante punto di riferimento per i viaggiatori, ha insignito il Grand Hotel Baglioni di Bologna con un importante riconoscimento. Il 5 stelle felsineo si è guadagnato il World’s Best Awards 2009, raggiungendo la 1^ posizione all’interno della categoria Large City Hotels in Europa (più di 100 camere) e 31^ posizione nella classifica dei Top 100 Hotels overall. Baglioni Hotels, presente con la sua collezione di alberghi di lusso in Italia, Francia e a Londra, ha ricevuto anche il consenso dei lettori di “Travel+Leisure”, che hanno insignito l’hotel di un altro importante riconoscimento: il T+L 500, World’s Best Hotels 2009, classifica dei migliori hotel in Europa dove il Baglioni si trova in 10^ posizione. Nella stessa classifica anche il Luna Hotel Baglioni di Venezia. www.baglionihotels.com

UNA, due nuovi hotel in regione. Modena - La catena di alberghi UNA hotels & resorts aggiunge alle sue proprietà due hotel nella provincia di Modena, raggiungendo così un totale di 29 alberghi in tutta Italia e avvicinandosi all’ambizioso traguardo della catena di raggiungere mille camere in franchising per il 2009. Le due nuove strutture, pur essendo parte della stessa catena, rispondono ad esigenze diverse: UNA Hotel a Modena Boggiovara sorge a pochi chilometri dal centro: la struttura è attualmente in fase di realizzazione e dovrebbe essere ultimata per marzo 2010, L’hotel sarà dotato di 96 camere, centro benessere, centro congressi con spazi espositivi, business center e ristorante. La seconda struttura verrà realizzata a Bomporto, in un’area di servizio sulla via che mette in comunicazione Modena e Carpi; si tratterà di un hotel della linea Unaway e offrirà 62 camere, spazi per incontri di lavoro e centro benessere. www.unahotels.it



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Vino e calcio, connubio speciale. Bologna - In occasione della partita del Campionato di Serie A Bologna - Siena, il Bologna Football Club 1909 ha presentato in Terrazza Bernardini il vino ufficiale del Centenario. Si tratta del Bonzarone, Cabernet Sauvignon in purezza prodotto dalla Tenuta Bonzara. La Presidente Francesca Menarini, nella foto a fianco del Professor Francesco Lambertini, titolare della Tenuta, ha naturalmente preso parte all’evento ufficiale, apprezzando il risultato finale.

L’etichetta, il cartiglio, la chiusura in ceralacca, la confezione in legno: tutto, infatti, è stato curato nei minimi dettagli per offrire un prodotto di altissimo livello sia nel contenuto che nella confezione. La versione Magnum (1,5 litri), dedicata al Centenario, è stata realizzata in soli 585 esemplari numerati, commercializzati al prezzo di 80 €. Le bottiglie saranno acquistabili nelle migliori enoteche cittadine, presso la Tenuta Bonzara e on-line su www.bonzara.it

Ph. Gianni Schicchi

Premiato il miglior sommelier d’Europa. San Marino - Per il secondo anno, Worldwide Sommelier Association, l’Associazione sommelier della Repubblica di San Marino e l’Associazione Italiana Sommeliers hanno decretato il miglior Sommelier d’Europa. Ad aggiudicarsi questo titolo è stato Luca Gardini, ventottenne originario di Ravenna che vanta già un passato da campione: è stato, infatti, campione italiano dei sommelier nel 2004. Il giovane romagnolo, oggi sommelier al ristorante Cracco Peck di Milano, ha superato brillantemente tutte le prove battendo in finale Milan Krejci dalla Repubblica Ceka, che lavora a Praga presso il ristorante Merlot d’Or, e Virgilio Gennaro, sommelier di origine italiana, in gara per la Scozia ma attualmente al lavoro alla Locanda Locatelli nel West End a Londra. Le premiazioni si sono svolte durante una cena di Gala e Gardini è stato proclamato vincitore alla presenza del presidente del

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Worldwide Sommelier Association Terenzio Medri e del presidente delle Associazione sommelier della Repubblica di San Marino Stefano Serra. Ospiti della serata le principali autorità di Stato della Repubblica di San Marino: il segretario al Turismo Fabio Berardi, il segretario alla Cultura Romeo Morri e il segretario al Lavoro Gianmarco Marcucci.

I migliori vini della regione. Bologna - Grande successo per i vini dell’Emilia Romagna: le nuove Guide de L’Espresso e de Il Gambero Rosso hanno premiato con il massimo dei voti - ovvero con le “5 bottiglie” e i “3 bicchieri” - rispettivamente 4 e 14 vini della regione. Per l’assessore all’Agricoltura Tiberio Rabboni, si tratta “della conferma dei grandi passi avanti che la vitivinicoltura emiliano romagnola ha saputo compiere in questi anni.” Nei vini premiati dalle due Guide ci sono alcune importanti conferme, ma ci sono anche significativi nuovi ingressi. Hanno ricevuto le “5 bottiglie” de L’Espresso il Vin Santo di Vigoleno Colli Piacentini 1999 di Lusignani Alberto (PC); il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Semisecco 2008 di Tenuta Pederzana (MO); il Lambrusco di Sorbara Rifermentazione Ancestrale 2007 di Bellei Francesco (MO); il Sangiovese di Romagna Superiore Riserva Michelangiòlo 2006 di Calonga (FC). I 3 bicchieri de Il Gambero Rosso sono, invece, andati a dieci Sangiovesi, due vini piacentini e due Lambruschi.

I sapori di Parma. Parma - Le “Sorelle Picchi”, storica trattoria-salumeria nel centro di Parma acquistata dal Gruppo Parmacotto, si presenta rinnovata dopo il restyling curato da Costa Group con lo studio dell’architetto Tiziano Lera. L’ambientazione rustica da “salumeria di paese” è contaminata da elementi innovativi, come la cucina in vetrina, visibile a chiunque passi per via Farini. Entrando colpisce la varietà e l’abbondanza dei prodotti: prosciutti e formaggi riempiono il banco, le pareti e gli scaffali. Il ristorante è attivo tutto il giorno e propone i piatti tradizionali accompagnati da eccellenti vini: nel retrobottega si trova una sala senza troppi fronzoli, per non snaturare lo stile che che ha fatto diventare questo locale un must della ristorazione parmigiana.


Archibald, design Jean-Marie Massaud. Poltrona Frau Collection, 2009.

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Accenti

Calcio, amore e fantasia.

Lo sport dei re in Versilia.

Bologna - Bologna, un secolo d’amore è una fatica editoriale di Gianni Marchesini, con i contributi di Adalberto e Alberto Bortolotti e Gianfranco Civolani e le collaborazioni prestigiose di Gianni Morandi, Andrea Mingardi, Eraldo Pecci e Gianluca Pagliuca. In edicola e libreria al prezzo di 50 €, le quasi 700 pagine racchiuse da una copertina dedicata a Bulgarelli offrono una ricchissima documentazione statistica e un’altrettanto importante parte letteraria. In particolare, sono raccontati cento personaggi che hanno segnato la storia rossoblù e cento tifosi importanti. Attivo anche il sito web www.bolognaunsecolodamore.it

Viareggio - Si è svolta lo scorso ottobre a Viareggio la prima edizione del Polo Beach Cup, con il primo torneo mondiale gentleman che si è giocato sulla sabbia nella versione “3 contro 3”. Uno degli sport più antichi della storia dell’uomo e del cavallo, in Versilia, si è giocato sulla sabbia dello storico stabilimento liberty Principe di Piemonte, dove si sono uniti passione, eleganza, cavalieri e cavalli, glamour e divertimento.Questo eccezionale evento, insieme ad un fitto calendario di mostre e fiere presso il Centro Congressi di Viareggio, è uno dei tanti eventi che fa parte della strategia per incentivare la Versilia in inverno. (C.V.)

Arte in Fiera. Bologna - Dal 29 al 31 gennaio 2010, oltre 200 gallerie italiane ed internazionali esporranno presso i padiglioni della Fiera di Bologna opere di arte moderna italiana, d’avanguardia degli anni ‘50, lavori dei futuristi, dei maestri dell’Arte Povera e della Transavanguardia, fino alle ricerche più recenti di artisti che indagano la contemporaneità attraverso tutti i media. La sezione Giovani Gallerie ospita gallerie di ricerca italiane e straniere con non più di 5 anni di attività, che presentano talenti

emergenti con opere in un range di prezzi dai 500 ai 10.000 euro. Per il terzo anno, infine, Arte Fiera OFF raccoglie appuntamenti tra mostre, concerti, festival che si tengono in città e in Emilia Romagna durante la Fiera, tra le quali la XII edizione del Future Film Festival (26 - 31 gennaio), tra i più importanti appuntamenti italiani dedicati al cinema di animazione e agli effetti speciali. www.artefiera.bolognafiere.it

Il jeans stampato su seta. Fossombrone - L’iconografia del jeans laserato, strappato nei punti giusti, con passanti e fit in stile dégagé, riportato sulla superficie serica. Questa la grande novità donna di Dondup per la prossima bella stagione, proposta dalla stilista Manuela Mariotti. Gli occhi vedono un jeans con armatura denim, ma le mani toccano la consistenza della seta. L’impatto al tatto è lieve, etereo. L’ultimo capolavoro di Dondup è un oggetto mai esplorato nel mondo della jeanseria. Identico, nel fitting, ai modelli proposti in versione slim e loose, radicalmente diverso nel peso, nella plasticità del materiale. I due antipodi “mi metto un pantalone di seta”, “mi metto un jeans” si dissolvono, grazie a Dondup. www.dondup.com

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savile row: la cultura dello stile. Ogni persona è unica e l’abito nasce per valorizzare la sua figura. Con questa filosofia e con passione, sensibilità e competenza, da 30 anni i responsabili Savile Row selezionano solo le migliori aziende per interpretare al meglio gli stili di una clientela esigente ed elegante. Per l’uomo: abiti Brioni, camicie Burini, maglieria Cruciani, sciarpe Colombo, calzature Bonafè. Per la donna: collezioni Brioni, affiancate dall’opera dei migliori sarti del territorio.

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Golf: Trofeo BPER Private la nona edizione va in archivio con lusinghieri risultati.

Anche quest’anno, come nelle passate edizioni, le varie tappe hanno incontrato l’apprezzamento dei golfisti, che sono sempre accorsi in buon numero per competere fra loro, contro il campo e, soprattutto – secondo la grande lezione che il golf da sempre fornisce – con sé stessi. La Banca Popolare dell’Emilia Romagna per parte propria ha visto premiato un impegno nei confronti di questa pratica sportiva che dura ormai da anni: attorno ai green si è avuto modo di consolidare ulteriormente rapporti già esistenti ed anche di aprirne dei nuovi, in un clima caratterizzato da grande lealtà, condivisione e rispetto reciproco. Si tratta di valori peculiari per il golf, ma che caratterizzano anche l’agire del Gruppo BPER, un insieme di banche federate da sempre al servizio dei territori in cui operano. L’edizione 2009 del Torneo di golf BPER Private si è disputata sui

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I ringraziamenti. Il capitolo dei ringraziamenti mai come in questa occasione non è assolutamente di prammatica, ma è invece autenticamente sentito: senza l’appoggio determinante che le società di seguito menzionate hanno assicurato la realizzazione dell’iniziativa non sarebbe stata possibile. Siamo orgogliosi di dividere il successo che ha incontrato la manifestazione con: Banca Popolare del Mezzogiorno, la consorella appartenente al Gruppo, operante in Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia; Bassilichi, leader per l’automazione bancaria; La “Mario Neri s.p.a.”, ditta che fa capo all’imprenditore modenese Giuseppe Neri. Un grazie va anche a Villani e all’ Azienda Agricola Fiorini, che coi loro prodotti hanno permesso il ristoro dei giocatori, fungendo anche da ambasciatori del buon mangiare e bere modenese.

campi di Rimini, di Arzaga, di San Domenico, de La Rocca, del Matilde di Canossa, di Molino del Pero (Bo), di Prato e di Modena. Otto prestigiosi circoli hanno ospitato le gare, mettendo a disposizione terreni di gioco sempre all’altezza ed accogliendo giocatori ed ospiti con grande disponibilità e cortesia. L’evento si è dunque svolto in 4 regioni e in 8 province italiane: ciò a ribadire una dimensione nazionale di Banca Popolare dell’Emilia Romagna e del Gruppo bancario che ad essa fa capo, una dimensione ormai ampiamente acquisita e che si va sempre più consolidando: oggi il Gruppo Bper è presente in diciassette regioni italiane, con ben 1.282 sportelli e un patrimonio di oltre dodicimila risorse umane, connotate da alta professionalità e straordinario spirito di attaccamento all’azienda.

I vincitori del Trofeo. Il 9° Trofeo BPER Private, dopo la Finale Nazionale giocata al Modena Golf Country Club, si è concluso con la seguente classifica, valida per la Categoria Invitational: 1° netto Stefano Grassi, con 35 punti 1° lordo Sandro Severi con 29 punti 2° netto Enrico Spagnoli con 32 punti 3° netto Giampiero Del Sante con 31 punti

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Ever Green

MAURIZIO DE VITO PISCICELLI Emilia Romagna, dove golf vuol dire turismo. Testo Veronica Tarabella - foto Gianni Schicchi

La passione per il golf, che ha già colpito circa 70 milioni di persone nel mondo, è come un virus dilagante. Chi mette piede su un green e vanta anche un minimo di quella bravura da principiante, di cui tanto si favoleggia e per cui, invece che limitarsi a falciare il prato, si riesce anche a colpire la pallina la prima volta che si ha una mazza in mano, difficilmente riuscirà a liberarsi dalla sensazione adrenalinica che scatena l’obbiettivo buca. È una sfida con se stessi e con la natura. Quando si ha questa percezione il virus è già in circolo. Se accade poi che passione e idee s’incontrino, possono scaturire importanti iniziative imprenditoriali volte ad incentivare e a far crescere il gioco del golf. Accadde così a Bologna nel 1998 con la nascita di Emilia Romagna Golf, da un’idea di Alessandro Dalpozzo e Maurizio De Vito Piscicelli, rispettivamente Presidente e Promoter dell’Associazione. L’incontro con quest’ultimo è occasione per parlare di questa importante realtà e delle sue iniziative. Quali sono i principi su cui si fonda l’attività di Emilia Romagna Golf? “È un’Associazione no profit, un Consorzio che raggruppa 22 circoli e 32 alberghi distribuiti su tutto il territorio emiliano-romagnolo, nato con la volontà di destagionalizzare i nostri campi e aprirli al mercato straniero, secondo un progetto regionale.” Quali sono le peculiarità necessarie per far parte dell’Associazione? “Per quanto riguarda i campi devono contare su 9 buche giocabili, gli alberghi sono scelti fra i migliori del territorio, all’interno delle varie categorie. Una agenzia di incoming romagnola si occupa di creare pacchetti completi da presentare ai Tour Operator stranieri e ai golfisti individuali.”

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Ever Green

Qual è il vostro mercato di riferimento? “Principalmente il Nord Europa, gruppi di soli uomini, famiglie con bambini, coppie che fuggono dal clima rigido del loro paese verso campi da golf in climi più temperati. L’offerta, sia alberghiera che golfistica, è ricca e diversificata. L’Emilia Romagna, lungo la via Emilia, conta un campo da golf ogni 20 minuti. Siamo l’unica regione che ha attuato un piano di commercializzazione così forte e strutturato. Abbiamo cercato di entrare in quei percorsi classici che partendo da Roma, passano per la Toscana e giungono a Venezia. Il nostro scopo era di inserire Bologna come tappa intermedia. Finora tra le mete preferite dagli stranieri era solo al 19° posto. Ci stiamo riuscendo, la risposta del mercato è in costante aumento.” E il mercato italiano? “Abbiamo avuto una grande eco sulla stampa, è stata un’idea molto apprezzata che ha portato poi alla nascita di iniziative ulteriori, attraverso la collaborazione con altre regioni. Italy Golf & More, che raggruppa Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Liguria e Sicilia, si propone, attraverso la partecipazione alle principali fiere di golf nel mondo, di portare avanti l’immagine di un’Italia unita nel progetto golf, non spezzettata regionalmente e, quindi, con un’offerta turistica completa e particolareggiata al tempo stesso, a seconda delle caratteristiche climatiche, tecniche e paesaggistiche che ogni regione con i suoi impianti e strutture alberghiere può offrire. Ogni anno nel mondo si compiono 25 milioni di viaggi intorno all’universo golf: sarebbe il caso di convogliarli anche nel nostro Bel Paese.”

Il sito di Emilia Romagna Golf. Informazioni sui voli che raggiungono gli aeroporti della regione, links ai siti istituzionali, pacchetti turistici ad hoc. E, ovviamente, finestre dedicate agli oltre 30 hotel convenzionati, ai golf presenti in regione (aderenti e non al club di prodotto) e alcune notizie generali su come abbinare la vacanza di golf alle bellezze artistiche, storiche, gastronomiche e di divertimento della Regione. Tutto questo, e altro ancora, su www.emiliaromagnagolf.it

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Blue Notes

ROBERTO MANCINI il mare: libertà e sfide imprenditoriali. Testo Marco Giovenco

Per lui la barca è “essenzialmente sinonimo di libertà”. Ma anche tranquillità, coccolato e cullato dall’amato mare della Sardegna, lontano dal clamore e dalle tensioni degli stadi di calcio, sport che comunque resta la spina dorsale della sua vita. Il bel Roberto Mancini, jesino di origine, eterno idolo di teen-agers e non solo, ha spento 45 candeline il 27 novembre ma la grinta che mette in tutto ciò che fa è sempre quella del campione. Da sempre affascinato da yacht e dal mondo del mare, dal marzo scorso si è lanciato nel settore dei maxi-yacht di lusso, acquisendo il 25% della Kifaru Yachts, cantiere fiorentino con showroom nel pisano e a Viareggio. Un curioso nome che in lingua swahili significa “rinoceronte”, scelto per via della potenza, ma anche per quella linea corposa e accattivante. Un bel cambio di rotta: com’è nata l’occasione e di cosa si occuperà in particolare? “Sono armatore da una vita e veder nascere una barca che senti tua è la cosa più bella. Ho avuto diversi yachts (Endeavour, Camper&Nicholson, Tecnomar, ndr), finché un giorno ho conosciuto il designer Luca Dini che mi ha presentato Paolo e Faliero Sarti. Da affezionato cliente il rapporto si è trasformato in amicizia. Da armatore ho cominciato a sviluppare insieme a loro alcuni modelli, poi mi sono detto: perché non diventare produttore di yacht? Mi è sembrata la soluzione migliore per

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Blue Notes

combinare esperienza, passione e business. E così ho acquistato il 25% del pacchetto azionario della Kifaru e ora mi dedico soprattutto al design.” Cosa sognava per i suoi yachts? E quali sono i punti vincenti del vostro primo modello? “Prima di tutto il design. L’Askari 63’ (un gioiellino da circa 2,2 milioni di euro, ndr) è decisamente accattivante, partorito dalla mano esperta dell’architetto Dini. Poi la struttura realizzata esclusivamente in alluminio favorisce una maggior attenzione al design: gli interni, per esempio, non sono vincolati da paratie fisse come avviene sugli scafi in vetroresina. I nostri yachts sono concepiti in un’ottica eco-compatibile e tutto è personalizzabile, dal motore agli arredi interni.” E dopo l’Askari 63’ cosa bolle in pentola in questa nuova stagione di saloni? “Al momento ci concentriamo sulla promozione del primo modello, ma tecnici e progettisti sono già al lavoro su nuovi progetti che amplieranno la gamma Kifaru. Per ora, però, non posso svelare nulla, se non che saranno yacht belli, potenti e filanti. E poi stiamo ampliando la rete di vendita, pure in Adriatico, area ricca di potenzialità e dunque assolutamente strategica.” Mi consenta una domanda un po’ più personale… Com’è nata la sua passione per il mare e come ama viverlo? “È nata dal desiderio di stare solo in mezzo al mare, isolato dal resto del mondo, in assoluta libertà. La barca permette di raggiungere e scoprire luoghi spesso inaccessibili, ma è anche l’ideale per muoversi velocemente e ritagliarsi uno spazio di relax lontano dal caos. Magari in piacevole compagnia con gli amici. Sì, è proprio questa la mia vacanza ideale.”

A fianco, Roberto Mancini insieme alla moglie; sotto Askari 63’ di Kifaru Yachts in navigazione.

Il “guardiano del rinoceronte”. Askari 63’ (il nome deriva da “Askari wa Kifaru”, con cui gli africani indicano l’uccellino che staziona sulle spalle del rinoceronte) è interamente realizzata in alluminio su progetto del designer Luca Dini. Costruito come un superyacht epurato degli spazi adibiti ad equipaggio e ospiti e valorizzato principalmente nelle aree di pertinenza armatoriale (salone e cabina master), può essere definito più una mini nave che un motoscafo (lunghezza fuori tutto 19,87 mt). La notevole larghezza (fino a 6,05 mt) e gli ampi prendisole sul ponte di coperta lo rendono una massima espressione d’imbarcazione per chi vuole vivere al massimo le zone “open space”. Massima personalizzazione per l’interno, dalla compartimentazione fino alla scelta di forme e materiali d’arredo. La velocità di massima e di crociera sono variabili in base alla motorizzazione scelta, in funzione degli obiettivi di prestazione dell’armatore. Il primo esemplare è stato varato il 5 giugno 2009. www.kifaruyachts.com

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Blue Notes

STARDOM AI SALONI. Genova - Tra settembre e ottobre i saloni nautici di Cannes e Genova hanno fatto il pieno di vip. Come il campione mondiale di motociclismo Loris Capirossi, stregato dalle linee filanti dei modelli Pershing distribuiti in esclusiva per l’Italia dal dealer Stardom. Ospite d’eccezione allo stand Pershing e Stardom, Capirossi è stato

accompagnato alla scoperta dei nuovi modelli dall’AD Alberto Rossi e dal presidente Salvatore Moracasso (nella foto). In particolare il grintoso pilota ha visitato l’innovativo 72’, yacht ideale per chi desidera prestazioni ad alto livello, affidabilità e versatilità. www.stardom-yacht.com

EMOZIONE 55 OPEN. Genova - Presentata in anteprima all’ultimo salone nautico, Emozione 55 Open completa la gamma delle varianti previste per il progetto Emozione del cantiere Franchini Yachts di Monteporzio (PU). Il layout enfatizza le dimensioni del pozzetto che diventa cuore funzionale della barca con timoneria, tavolo, divani, prendisole

e piccola cucina di servizio. Questo open living si collega direttamente alla plancetta bagno che dà accesso diretto al mare. All´interno due cabine matrimoniali, dinette, cucina e due bagni. Con 1.600 cavalli per 20 tonnellate di peso, Emozione 55 Open consente di navigare a 30 nodi di crociera in ogni condizione. www.franchiniyachts.it

Timone Yachts... da Festival. Venezia - Uno yacht… da film. È l’AZ53, protagonista dell’ultima Mostra del Cinema. Un’anteprima che ha sfilato lungo il Canal Grande fino all’Hotel Excelsior del Lido. L’AZ53 è l’ultima novità di casa Azimut che, per il lancio mondiale, si è affidato al dealer Luigi Gambelli (nella foto), AD Timone Yachts, concessionario dei marchi Azimut-Benetti e Atlantis. “Sono lusingato dalla scelta di Azimut - ha spiegato - e credo che lo sfavillante contesto veneziano sia stata la migliore cornice per una presentazione così importante.” La barca concentra in 53 piedi un’ampia

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cabina armatoriale, un salone e un confortevole fly bridge. www.timoneyachts.it

PARTNERSHIP CRNCONDÈ NAST. Ancona - Debutta sul mercato italiano “The Luxury Network”, nuova generazione del marketing per il settore del lusso. Partner principale per le operazioni in Italia è CRN Spa, top di gamma del Gruppo Ferretti, mentre il gruppo editoriale Condé Nast è il media partner. Le tre realtà stanno già collaborando per il lancio del network nella luxury business community in Italia. Grazie al network, tutti i membri lavorano insieme a livelli decisionali di top management, per lo sviluppo congiunto del business rivolgendosi ad un target di clienti pre-selezionati e ad alto potere acquisitivo. Obiettivo è creare partnership esclusive tra le aziende del lusso associate, in modo da facilitare cooperazione e sviluppo del business attraverso iniziative commerciali. www.ferrettigroup.com

FANO YACHT FESTIVAL 2010. Genova - Il Salone nautico ligure ha ospitato la presentazione della sesta edizione del FYF, kermesse dedicata a nautica e mondo del mare in generale in programma a Fano nei week end del 23, 24 e 25 aprile e 30 aprile, 1 e 2 maggio 2010. Numerosi i soci del Consorzio navale marchigiano e gli espositori intervenuti. Il presidente del porto turistico di Fano “Marina dei Cesari” Alberto Cazziol ha ribadito la disponibilità per ospitare l’ampliamento degli spazi espositivi e migliorare l’accoglienza al salone. Confermata anche la collaborazione con Marche Fiere e l’abbinamento al festival della terza edizione del Boatech, esposizione dedicata alla subfornitura navale. www.fanoyachtfestival.it


www.ferrettigroup.com

Costruttori di futuro. Ogni costruzione è il risultato di un lavoro di squadra, in cui si condividono le conoscenze, le intuizioni e la passione. All’origine del suo sviluppo ci sono le valide fondamenta, quegli assunti che restano al di lĂ del tempo e del momento contingente, perchĂŠ sono i valori che nutrono un progetto di business e lo trasformano in una visione del mondo e del lavoro. Impegno, dedizione, concretezza, ricerca sono da sempre i fondamentali del Gruppo Ferretti, che oggi ritornano con rinnovata forza nelle mani del suo fondatore Norberto Ferretti, pronto a puntare la rotta verso i nuovi orizzonti del futuro. Ferrettigroup, una grande sfida che parte dal fare.


Editoriale

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Salvatore Basile un ingegnere filosofo. Testo Elisa Ravaglia

Ha fatto il suo “debutto” al Festival de la Plaisance di settembre, a Cannes. Salvatore Basile, nuovo AD di Ferretti Group, è pronto alle sfide che un mercato nautico in profonda evoluzione pone davanti ad una delle aziende leader mondiali del settore. Grazie a una grande esperienza manageriale e ad un approccio multidisciplinare in cui tecnologia e cultura rappresentano l’unione vincente di competenze solo in apparenza disgiunte.

L’Amministratore del Rinascimento. “Sono molto soddisfatto per l’arrivo di Salvatore Basile nel nostro gruppo; - ha commentato il Presidente e fondatore del gruppo Norberto Ferretti. Grazie alla sua comprovata esperienza maturata negli anni, apporterà un contributo determinante per lo sviluppo dei nostri progetti.” Con queste parole Basile, classe 1952, è stato accolto in Ferretti S.p.A. La sua esperienza è iniziata a Padova dove, nel 1977, si è laureato in Ingegneria Meccanica, prima di conseguire il Master in organizzazione aziendale presso la Fondazione C.U.O.A. Al 1992 risale l’ingresso in SAECO S.p.A. con il ruolo di Direttore Generale, seguito poi dall’esperienza in una società del Gruppo De Longhi al cui interno, tra il 1996 e il 2000, Basile ha ricoperto la carica di Direttore Generale e, successivamente, di Amministratore Delegato. Infine, dal 2000 al 2009 l’ingegnere è stato nominato Amministratore Delegato della Baxi S.p.A., prima del recente ingresso in Ferretti.

“Secondo il filosofo greco Epitteto Dio ci ha dato due orecchie ed una bocca perché dovremmo ascoltare il doppio di quanto parliamo.” Questa “apertura filosofica” del primo discorso ufficiale di Salvatore Basile, nuovo amministratore delegato di Ferretti Group, davanti al selezionato parterre del salone di Cannes, stupisce per la sua originalità ma ben esprime la forma mentis dell’uomo che è stato scelto per affrontare i cambiamenti del mercato nautico all’interno di un gruppo tra i più importanti del mondo. Salvatore Basile, infatti, non è solo un tecnico, come ci si aspetterebbe dalla sua laurea in Ingegneria, ma racchiude in sé quelle qualità multidisciplinari tipiche degli uomini di cultura delle grandi epoche del passato, quando “le scienze” - umane e tecnologiche - erano tutte ugualmente frequentate per raggiungere una completa formazione. Una completezza che diventa una fondamentale risorsa in questo particolare momento storico, di crisi e di disorientamento, per ridare al mondo dell’industria dei nuovi modelli da applicare al business e al processo produttivo. “Il mio lavoro non è ristrutturare, ma riorganizzare. C’è molto lavoro da fare, per quanto riguarda Ferretti... negli ultimi anni l’azienda aveva spostato il focus dai suoi clienti e dai suoi prodotti alle performance finanziarie. Per questo c’è bisogno di ritornare ai fondamentali, a quegli assunti che restano al di là del tempo e del momento contingente, perché sono i valori che nutrono un progetto di business e lo trasformano in una visione del mondo e del lavoro”. Da qui l’importanza dell’ascolto, dell’impegno, del lavoro e della squadra, un valore quest’ultimo sentito in maniera naturale, anzi “naturalistica”, da Salvatore Basile, che cita ad esempio la forza coesa delle anatre selvatiche durante le migrazioni, un vero fenomeno di perfetta organizzazione e mutuo soccorso capace di sfidare, grazie all’insieme, le più ardue e difficili situazioni. Il tema della squadra, certo, gli è molto caro, e gli deriva forse dalla sua formazione di pallavolista: “ho giocato molto a pallavolo, è la mia passione, ora mi accontento di seguirla in televisione”, racconta Basile; e, nel suo futuro da Amministratore Delegato di Ferretti S.p.A., pare già di vederlo pronto ad “alzare la palla” agli schiacciatori.

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DB Rappresentanze, Fandango, Marittima Tre realtà unite dallo stile, guidate dall’esperienza di Daniele Benini.

A fianco, Daniele Benini. Qui sotto dall’alto il monomarca Brunello Cucinelli a Milano Marittima, la boutique Better a Forlì e lo showroom DB Rappresentanze a Bologna.

Incontriamo Daniele Benini, alla guida di DB Rappresentanze, nella sede amministrativa di Forlì. La società ha sede operativa a Bologna, da cui rappresenta per l’Emilia-Romagna esclusivi marchi del made in Italy, “Gestiamo uno showroom di 1.000 mq in un palazzo del ’500 in via Cesare Battisti, con un spazio dedicato per il gruppo Brunello Cucinelli, e un secondo dedicato ad aziende come Boglioli, Barba, Santoni, Jacob Cohën, Maliparmi, Fisico, Allegri, Metrico e Castangia.” Alcune di queste, oltre a Cucinelli, sono presenti nel negozio Better in corso Mazzini a Forlì, gestito attraverso la società Fandango. Un’elegante boutique uomo e una struttura pensata per presentare esclusivi marchi italiani in un contesto dallo “stile” unico. Fandango e l’azienda Cucinelli sono soci di Marittima Srl, che gestisce il monomarca Brunello Cucinelli a Milano Marittima, aperto nell’estate 2007. “Con questa società - aggiunge Benini - cureremo a febbraio apertura e gestione del secondo monomarca in regione: una boutique di 140 mq. in Galleria Cavour a Bologna.” Appare evidente, nell’ambito di un’attività intrapresa 25 anni fa, il rapporto che lega Daniele Benini al gruppo Cucinelli. “Lo rappresentiamo da quasi 20 anni, sono stato il primo agente a dedicargli uno showroom. Con Brunello si è sviluppata una collaborazione fatta di amicizia, rispetto e identità di vedute. Abbiamo contribuito alla crescita del marchio, come rappresentanti in Liguria, nel centro Italia, ed Emilia Romagna, dove si è concentrata l’attività nell’ultimo decennio. Le aziende rappresentate, tutte Made in Italy, sono contraddistinte dalla ricerca continua della qualità, della modernità e dell’eccellenza attraverso attenti investimenti, soprattutto alle risorse umane. Sotto questo aspetto Cucinelli è un esempio, i risultati che ottiene da anni gliene danno merito. Lo showroom e il negozio Better esprimono tutto questo, attraverso aziende che, idealmente unite, offrono una proposta esclusiva.” Una promozione della qualità che si affianca alla ricerca di nuove realtà, che trasmettano questa esclusività. “Sono fiero dei risultati raggiunti col monomarca di Milano Marittima; anche se non rientrava nelle loro priorità, grazie alla stima e alla fiducia di Brunello, abbiamo ottenuto consensi e visibilità. L’apertura a Bologna è una scelta fatta in accordo con l’azienda: un’impresa che dà grandi possibilità, perché chi la guida da sempre crede nei suoi uomini e nel ruolo dei rappresentanti. Ha saputo creare una rete vendita qualificata e apprezzata. A lui mi unisce sincera amicizia e un metodo basato sulla condivisione, in oltre 20 anni, di ideali e valori comuni.”

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Leadership

SIMONE MARIANI

al vertice dei Giovani di Confindustria Marche. a cura di Ilaria Traditi

Eletto il 24 luglio scorso, il 32enne guiderà l’associazione come presidente regionale fino al 2012. Il 25 settembre è stato anche eletto nuovo presidente dell’Interregionale Centro, durante i lavori del IV Forum dei Giovani imprenditori di Confindustria, a Portonovo (AN). Amministratore delegato di Sabelli distribuzione, azienda casearia di Ascoli Piceno, è anche uno sportivo: ama praticare tennis, running e mountain bike. Dal 14 al 21 novembre il Gruppo Giovani ha visitato il Mit di Boston, tra le più prestigiose Università di ricerca del mondo, e partecipato alla Conferenza su Ricerca ed Innovazione. Il Progetto in cui si inserisce questo viaggio oltre oceano si chiama “L’era dell’innovazione” ed è stato ideato dal Gruppo G.I. di Confindustria Macerata in collaborazione con Istao (Istituto Adriano Olivetti). Il 5 ottobre si è svolto ad Ascoli il primo dei cinque cicli di incontri (uno per provincia), organizzati dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Marche sul tema “Imprenditorialità e Innovazione”. Ospite d’onore Kenneth P. Morse, responsabile Dipartimento per lo sviluppo d’impresa del Mit di Boston, tra i massimi esperti mondiali di innovazione tecnologica. I singoli workshop avranno luogo nelle varie sedi territoriali della regione e saranno guidati da personalità di rilievo del mondo dell’imprenditoria e dell’università. L’11 dicembre si tiene, come di consueto, la Conviviale degli auguri dei Giovani di Confindustria Marche. La location scelta per il 2009 è il suggestivo Castello della Rancia di Tolentino (Mc). L’iniziativa rappresenta un importante momento di incontro per gli imprenditori under 40 per festeggiare il percorso di lavoro comune a ridosso del Natale. Durante la serata saranno attribuiti i tradizionali Premi “Giovane Imprenditore” ed “Imprenditore Giovane”, giunti alla XV edizione, e il premio “Tecnologia Vodafone”, alla VII edizione.

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Simone, quali sono gli obiettivi a breve e medio termine della sua Presidenza? “Premetto che i primi tre mesi sono stati molto duri, ma caratterizzati da appuntamenti importanti: il convegno che si è tenuto il 25 settembre a Portonovo con la presidente nazionale Federica Guidi e il workshop ad Ascoli del 5 ottobre con Kenneth Morse, docente al Mit di Boston. Ho deciso di puntare proprio sull’innovazione, che insieme alla ricerca è la chiave per uscire dalla grave crisi economica in corso. Mentre, come Interregionale Centro, di cui sono da poco presidente, avanzeremo al Governo alcune proposte: dalla modifica dei test d’ammissione, alle facoltà a numero chiuso per una graduatoria nazionale e non più per singola università, all’istituzione di un efficiente sistema di fund raising alle università e agli enti per la ricerca. Chiederemo detassazione degli utili delle start up avviate da giovani laureati e ricercatori, e l’impiego di parte delle risorse provenienti dallo scudo fiscale per progetti finalizzati al ‘rimpatrio’ dei ricercatori italiani residenti all’estero.” Si delinea un nuovo futuro di sviluppo con la fine della crisi. Quale direzione devono prendere i giovani imprenditori per vincere la sfida dell’economia globale? “Come imprenditori, anche i Giovani devono recuperare competitività, facendosi portavoce di una nuova cultura d’impresa basata sulla meritocrazia e la mobilità sociale, elementi centrali per la modernizzazione del sistema socio-economico italiano. Senza scordare l’importanza della coesione, della logica di gruppo e del lavoro di squadra.” Quanto conta il legame con il territorio d’appartenenza? “È importantissimo, bisogna conoscere bene il territorio in cui si opera. Nelle Marche, ad esempio, abbiamo un’importante Università, la Politecnico, con cui inizieremo da subito a collaborare.” Qual è il valore aggiunto degli “under 40” nel mondo dell’impresa? “Credo molto nella comunicazione e nella capacità dei Giovani di sfruttare le potenzialità offerte dai nuovi canali come il web. E poi l’intraprendenza e la voglia di crescere.” Un messaggio che vuole lanciare ai giovani imprenditori? “Continuare ad avere fiducia e soprattutto entusiasmo per affrontare con ottimismo le sfide del futuro. Senza entusiasmo non si è mai compiuto niente di grande.”


Leadership

GIOVANNI MISTÈ

alla guida dei Giovani di Confindustria Emilia-Romagna.

a cura di Ilaria Traditi

Eletto il 18 giugno 2008, Giovanni Mistè, 37 anni, guiderà l’associazione come presidente regionale fino al 2011. Laureato in Scienze Politiche, è amministratore delegato di Ital East Engineering, holding di famiglia attiva nei servizi a valore aggiunto per l’information technology, le TLC e i sistemi di telecontrollo per l’illuminazione. Bolognese, Mistè pratica lo sci ed è un grandissimo tifoso della Fortitudo pallacanestro.

Quali sono gli obiettivi a breve e medio termine della sua Presidenza? “Alla luce della mia esperienza decennale nell’associazione, l’obiettivo è soprattutto coordinare al meglio l’attività a livello nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria con quella dei Gruppi Giovani provinciali. Un ruolo di ‘facilitatore’ e cerniera per condividere temi e svilupparli in base alle singole esigenze. La mia presidenza è in forte continuità con quella di Federica Guidi, ora presidente nazionale, e di Aldo Ferruzzi, che mi hanno preceduto.” Si delinea un nuovo futuro di sviluppo con la fine della crisi. Quale direzione devono prendere i giovani imprenditori per vincere la sfida dell’economia globale? “Questi, prima di essere giovani, sono imprenditori. Da sempre cerchiamo di sottolineare l’importanza che le imprese hanno nella crescita del Paese. Ora siamo impegnati, giovani e non, nella riorganizzazione delle nostre aziende con l’obiettivo di cogliere appieno la ripartenza.” Quanto conta il legame con il territorio d’appartenenza? “Il modello produttivo del territorio determina le scelte strategiche per reagire alla crisi. L’EmiliaRomagna è una tra le regioni più manifatturiere d’Europa, laboratorio d’innovazione e modernità. Vogliamo essere al centro delle politiche dell’UE, ma al momento lo sforzo più grande è non far ‘cadere’ le aziende sane, soprattutto nel comparto della subfornitura. Il venir meno di certe produzioni rischierebbe di segnare tutto il sistema produttivo regionale. Vi sono grandi aziende impegnate nel tentativo di sostenere i propri subfornitori anche a fronte di cali della domanda.” Qual è il valore aggiunto degli “under 40” nel mondo dell’impresa? “Come ho detto, sono prima di tutti veri imprenditori. All’interno di Confindustria il nostro ruolo tradizionale è quello di spinta propulsiva verso il cambiamento, di esploratori di temi di frontiera, non solo per il nostro lavoro, ma sulla società in generale.” Un messaggio che vuole lanciare ai giovani imprenditori? “La crescita più importante, e quindi i maggiori benefici tra chi vive il nostro movimento, è riservata a chi decide di mettersi in gioco, a chi partecipa da protagonista a tutti i momenti associativi. Penso che questo sia vero non solo per i Giovani di Confindustria. Chi ci mette la faccia rischia, ma alla fine porta a casa sempre i risultati migliori.”

Il 17 novembre a Modena si è svolto il convegno “Oltre la crisi economica: l’importanza delle regole”, organizzato da Confindustria Modena e Comitato Regionale Consiglio Notarili dell’Emilia Romagna. Tra gli interventi, quello del presidente nazionale Piccola Industria, Giuseppe Morandini. Il 26 novembre, il Teatro Verdi di Cesena ha ospitato la III Assemblea Pubblica Giovani Confindustria Forlì-Cesena dal titolo: “L’impresa è possibile”. Un confronto sul rapporto uomoterritorio-impresa con gli interventi di Andrea Pontremoli, AD di Dallara Automobili, Ugo Girardi segretario generale Unioncamere Emilia Romagna, Maurizio Sobrero, direttore Dipartimento Scienze aziendali dell’Università di Bologna e Giacomo Gollinucci presidente dei Giovani di Confindustria Forlì-Cesena. Il 10 dicembre, a Cesena, le Territoriali di Bologna, Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena, si incontrano per la Cena di Natale. Lo scopo è benefico: vengono, infatti, raccolti fondi da destinare ad un’associazione no-profit del territorio.

Leadership / 37


Sapori

WINE FOOD FESTIVAL

Andrea Babbi e la tavolozza dei sapori dell’Emilia Romagna. Testo Mario Cobellini - foto Gianni Schicchi

Tanti anni fa, giovanissimo, rientrai in redazione con gli occhi ancora inondati dal bianco profumato dei fiori di ciliegio dai quali spuntava, sullo sfondo, l’austero ed elegante Castello di Vignola. Quasi gridai ridendo di gioia per la scoperta. Ma il vecchio collega con bonomia mi rispose che non avevo scoperto nulla, che un servizio su quel tema lo aveva già fatto tre o quattro anni prima! Fu un primo involontario invito a riflettere sul pericolo dell’abitudine al bello e al buono: perdere la capacità di stupirsi sempre, ad ogni cambio di stagione, al mutamento dello stesso paesaggio e dei suoi profumi. E allora bisogna non perdere la capacità, almeno, di “continuare a vedere con occhi giovani”, magari arricchiti dall’esperienza e dalla cultura, dalla pacatezza degli anni maturi. Sono nell’ufficio di Andrea Babbi, AD di APT Emilia Romagna. Di lui mi colpì un paio di anni fa l’entusiasmo con cui parlava di un’intuizione che poteva caratterizzare in quel momento il biglietto da visita della Regione: la Motor Valley, un’area a forma di banana che si sviluppava lungo l’asse

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Sapori

della via Emilia e che aveva dato negli anni le migliori scuole di meccanica, le migliori industrie di auto e motociclette, alcuni dei più grandi campioni. Tutto vero! Ed ora con entusiasmo mi parla di un’altra intuizione facile, anzi facilissima, quasi ovvia se vogliamo, ma che a nessuno era venuta in mente per offrire, in un quadro d’insieme, un’idea grandiosa: i mille grandi prodotti della regione racchiusi in quasi tre mesi di incontri, proposte, non in concorrenza ma tutte ad integrarsi in un’unica grande offerta che diventa il ritratto a tavola dell’Emilia Romagna nel suo insieme. Enogastronomia, ma non solo. Grazie al sito www.winefoodfestival.it, a servizi televisivi ben curati, alla collaborazione della stampa ecco che l’idea (racchiusa pragmaticamente in pacchetti-offerta) circola per la Penisola, richiamando migliaia di nuovi turisti che scoprono insieme Dop e Igp regionali (primato italiano, con i suoi 27 riconoscimenti) e le città d’arte, i borghi marinari ma anche quelli antichi della montagna, e gli altri, che sembrano attendere sulle terre create dal Grande Fiume. Grande varietà d’immagini, di caratteri della gente, che in questo caleidoscopio di situazioni ha saputo trarre il meglio per sopravvivere e vivere, sino a far diventare tutto ciò un’arte con la quale nobilitare un turismo che rappresenta una delle voci più importanti della nostra economia. Un esempio? “Da metà ottobre a fine novembre - spiega - nei quasi quaranta eventi enogastronomici che si sono succeduti, si è passati dal prosciutto di Parma ai porcini di Borgotaro, da uva e Lambrusco del modenese ai formaggi del reggiano e a quelli di fossa della Romagna, dalla Salamina da sugo ferrarese alle Anguille del Delta, dai norcini di Albinea ai pescatori della riviera, dal Re Sangiovese celebrato a Ravenna alla Zucca in tavola di Ostellato.” Il sovrano indiscusso del tardo autunno è stato il maiale, tanto da caratterizzare un mese che ha preso il nome di Novembre Porc, con tanto di sito web. E poi con l’autunno riprende in maniera formidabile la pesca e quindi inevitabili gli appuntamenti con i vari “pesci in festa” in cui spicca Cesenatico, dove per la verità ad essere in festa non è stato certo il pesce…! Lo spazio è tiranno e tralascio con qualche senso di colpa mille altri appuntamenti. Fra poco si potranno trarre i bilanci economici precisi di questa formidabile iniziativa perché, In queste pagine Andrea Babbi, AD di APT Emilia Romagna: in apertura è impegnato a preparare la sfoglia al mattarello; sopra, è nel suo ufficio in Regione.

naturalmente, la formula punta sì sulle papille gustative ed olfattive, ma per estendere al massimo la conoscenza e quindi il mercato dei prodotti, dalla montagna al mare. C’è una grande economia dietro a tutto ciò, competenze raffinate che traggono spunto da una cultura antichissima che in questa terra “di transito” ha saputo arricchirsi anche di suggerimenti, spunti, provenienti da altri Paesi europei. Una tavolozza grandiosa. “Non vogliamo azzardare cifre ma riteniamo che un esercito di un milione circa di turisti armati di forchetta, bicchiere e macchina fotografica, alla fine dei 44 eventi, sia venuto a calarsi nei nostri colori autunnali e nelle nebbie della bassa che profumano di dolce, di polenta, di piadine, di pesce e più in su di caldarroste, castagnacci e ‘tigelle’ (braciole, castrato, coniglio dove li mettiamo?, ndr).” Gli operatori turistici per primi chiedono già un bis primaverile. Ma forse non guastano un poco di prudenza ed eleganza, anche se punteggiate e ravvivate di tanto in tanto da qualche suggerimento che sappia, quando sarà tempo, di primavera. Ma un grande spettacolo ce lo siamo veramente goduto! Vedere lavorare insieme operatori di una terra “triangolare”, i cui confini sono segnati dall’Appennino, dal Po e dall’Adriatico. E chi cade in questa magica rete fatta anche di musica verdiana, delle campane ed imprecazioni di Peppone e Don Camillo, farà fatica ad uscire dall’incanto. Del resto è la magia di questa terra!

Sapori/ 39


Gourmandise

Le Marche per cadeaux sapori di fine anno, tra costa ed entroterra pesarese. testo Pier Antonio Bonvicini

Le ricette di Rossini, i piatti della tradizione, l’afrore del tartufo e l’allettante sapore del pesce appena cotto. Ecco cosa promettono le Marche d’inverno, nella provincia di Pesaro-Urbino. Quattro tappe, tra mare ed entroterra, che diventano un regalo per buongustai snob o super golosi.

Assistiamo silenziosamente alla destrutturazione dei pasti, all’omologazione alimentare, in altre parole a una cucina sempre più frammentata. È l’invadente tavola contemporanea. Che, col vento in poppa, rallegra molti umani. Ma la tradizione, anche se con qualche brivido creativo, è un’altra cosa. Perché in cucina il vero è l’intero, come ricorda Tullio Gregory. Allora le Marche, senza eccessi e tanta concretezza. Comincerete imboccando la panoramica che da Gabicce arriva a Pesaro, e giunti a metà percorso, sosterete alla Canonica a Casteldimezzo (in via Borgata, 20). Il borgo è un angolo di paradiso, tra il mare e il Parco Naturale del San Bartolo, e la cucina estenderà il piacere della vostra pausa. Andrea Rignoli e Federico Sorrivas vi proporranno piatti di stagione e il pescato della tradizione, in un ambiente riscaldato, anche dal camino, e che un tempo era la casa del curato. Da non perdere, il brodetto della tradizione o la zuppa fredda di lattuga con canocchie e alici. Ora l’entroterra. Da Pesaro proseguirete lungo la Statale Adriatica fino a Fano, quindi proseguirete in direzione San Costanzo per una decina di chilometri. Qui l’altro

Da sinistra, Andrea Rignoli della Canonica e Rolando Ramoscelli, patron dell’omonimo ristorante.

cadeaux sarà la tavola di Rolando (in Corso Matteotti, 123). Il ristorante è al centro del paese, sulla strada principale, e da tempo è un punto di riferimento per la cultura enogastronomica della Regione. La cucina, quasi dialettale e stagionale, tipicamente marchigiana e pesarese, si basa sulla sperimentata tradizione popolare e sull’utilizzo di prodotti locali. A proporla è Rolando Ramoscelli, fervido ricercatore delle tradizioni culinarie, assistito dalla moglie Palmina Talamelli. Quindi, polenta, cinghiale, agnello, funghi, tartufi e formaggi. L’ambiente è artistico, quasi museale, con tanti quadri alle pareti e vecchi attrezzi da cucina sparsi qua e là. Inoltre, una vera e propria galleria fotografica ricorda i numerosi artisti che dal vicino Teatro della Concordia sono passati per la cena. Adesso a San Lorenzo in Campo, all’Hotel Ristorante Giardino (in via Enrico Mattei, 4), appena fuori dal paese. Per arrivarci: autostrada A-14, uscita Marotta, direzione Pergola. Ad attendervi, oltre al patron Massimo Biagiali, due accoglienti sale e una cucina tradizionale particolarmente curata. Tra le specialità, tonnarelli di Campofilone con fave, pecorino e guanciale; costine di agnello alle erbe fini. Infine, ancora l’entroterra. A Piandimeleto (a 40 km da Pesaro), al ristorante Le Contrade (in via IV novembre,11), da Marcello Rivi e Norina Mauri. In carta, piatti di tradizione e innovazione. Tra questi, tagliata di marchigiana scottona e porcini e splendidi piatti al tartufo. Ha ragione Leo Longanesi: il moderno invecchia, il vecchio ritorna di moda. Buon appetito! www.ristorantelacanonica.it; www.darolando.it; www.hotelgiardino.it

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BMW Motorrad K 1300 S

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Piacere di guidare

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Decantare

SANGIOVESE DI COLLINA

profumi caldi di un vino intenso, nel cuore di Romagna, tra Faenza e Forlì. Testo Federico Graziani

Autunno pieno, inizio inverno. Cambiano i colori delle colline, il giallo e il mattone sfumano nel rosso, i paesaggi si ammorbidiscono. Le uve raccolte “ribolliscono” nei tini delle cantine. Le viti, dopo un anno di sacrifici, si preparano al riposo. L’uomo fa lo stesso, il lavoro nei campi si placa, l’intimità della casa è risvegliata, il calore della tavola si rafforza nei profumi invernali. Lasciato il mare, ci spingiamo verso l’Appennino romagnolo, dove il Sangiovese marca con carattere i vini prodotti. Le colline hanno un’identità vera, personale, forte. Lo si avverte nel calice guardandolo in controluce, quasi a sfidare l’impenetrabilità delle sue tinte e ancora nei profumi, che armonizzano sensazioni di piccoli frutti rossi con i sentori del sottobosco. Il sole dell’estate è intrappolato negli acini dell’uva Sangiovese e rivivrà nelle tavole dell’inverno. Il lavoro in vigna è duro, ma dona soddisfazione. Alcune eccellenze si chiamano Pietramora, Vigna 1922 e Ombroso, quasi non bastasse chiamarsi solo Sangiovese di Romagna Riserva. I vini proposti nascono da tre produttori riconosciuti a livello nazionale e internazionale quali pregiati simboli della viticoltura romagnola. Una delle prime aziende a credere nei potenziali di questo vitigno è stata la Fattoria Zerbina, impeccabilmente condotta da Cristina Geminiani. Già dal 1987, a Marzeno, frazione delle colline faentine, con passione e ragione ha interpretato l’uva romagnola con stile e raffinatezza entrando nell’albo dei migliori rossi italiani. Pietramora rappresenta una straordinaria opera della natura e della sensibilità umana; i suoi aromi, mai invadenti ed eccessivi, sono ricchi ma fini, incastonati tra profumi di vaniglia e caffè, more di gelso e marasche. Il finale mostra classe e profondità inaspettati. Tenimenti di San Martino in Monte offre la rara possibilità di assaggiare un sangiovese da allevamento ad alberello, risalente al 1922. Questa forma di viticoltura, simile a quella dei bonsai, mantiene piccola la pianta, spingendola a sviluppare radici profondissime. Il vino ottenuto, Vigna 1922, non si avvicina con semplicità, ma offre una pulita e austera bevuta di sensazioni complesse e speziate, di cannella e tabacco. Nuovamente una donna alla guida della terza attività presa in esame: Giovanna Madonia, dell’omonima cantina situata in quel meraviglioso squarcio che dal poggio di Bertinoro si distende al mare. Ombroso è un Sangiovese di corpo, pieno e strutturato come solo in collina può essere, rinvigorito da una magistrale tecnica di viticoltura e vinificazione. I tannini evidenti, ma non asciutti, si fondono con le sensazioni del naso, di ginepro e di incenso, con sensibile retrogusto di liquirizia. www.zerbina.com; www.sanmartinoinmonte.com; www.giovannamadonia.it

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Innamorati di me

C’è un luogo che d’inverno si accende di magia, dove tra le vie illuminate dai mercatini natalizi, si respira il romanticismo e l’incanto di una terra ricca di tradizioni millenarie. Questo luogo è San Marino, Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

Vieni ad innamorarti. 5 Dicembre 2009/6 Gennaio 2010 tutti i weekend e i festivi NATALE DELLE MERAVIGLIE Mercatini di Natale, gastronomia e animazioni

31 Dicembre 2009 NOTTE DI SAN SILVESTRO Musica, balli e spettacolo pirotecnico

www.visitsanmarino.com


Creative Papers

FEDERICO ZERI, DIETRO L’IMMAGINE Opere d’arte e fotografia, al Museo Civico Archeologico di Bologna. a cura di Sabrina Marin

Christian Holstad. I Confess. Modena, Galleria Civica Ironico o dissacrante manipolatore di stili, Christian Holstad alla prima personale italiana (fino al 10 gennaio ’10), usa con disinvoltura diverse modalità espressive, scultura, installazione, disegno, collage, assemblage, video e performance, per visionarie incursioni in spazi e situazioni che giocano un ruolo di rivisitazione, o riabilitazione degli immaginari più diversi. Eclettico e versatile, non disdegna il ricorso a manufatti artigianali e cuce con ago e filo; all’occorrenza lavora a maglia e uncinetto, nuove interpretazioni di icone, ideologie e oggetti di un passato recente. www.comune.modena.it/galleria

Da Rembrandt a Gauguin a Picasso. Rimini, Castel Sismondo

Il Museo Civico Archeologico di Bologna ospita fino al 10 gennaio 2010 la prima mostra dedicata all’eccezionale avventura intellettuale di Federico Zeri. La figura del grande storico dell’arte è rievocata attraverso una selezione di dipinti e sculture provenienti da musei e collezioni private da lui magistralmente indagati. In mostra opere di Pietro Lorenzetti, Sassetta, Scipione Pulzone, Pietro e Gianlorenzo Bernini. Sarà inoltre presentata per la prima volta al pubblico la straordinaria Fototeca Zeri - per volontà dello studioso ora patrimonio dell’Università di Bologna - ritenuta l’archivio fotografico privato sulla pittura italiana più grande del mondo, insostituibile strumento di ricerca e testimonianza della varietà d’interessi di Zeri, che spaziano dalla pittura all’archeologia, dalla scultura alle arti decorative e all’architettura. Tra i materiali più preziosi esposti, una collezione di fotografie della fine del XIX secolo che riproducono celebri dipinti del Rinascimento. La mostra è arricchita da una sezione multimediale che prevede la proiezione di filmati con interviste a Federico Zeri, sue conferenze e lezioni. www.fondazionezeri.unibo.it.

44 / Creative Papers

65 capolavori della pittura europea dal ’500 al ’900 provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston. La mostra (fino al 14 marzo 2010) è allestita da Marco Goldin secondo un’idea di continui e significativi accostamenti, che pongono accanto ritratti di Tintoretto, Moroni e Degas, capolavori di Velásquez e Rembrandt e l’indimenticabile grande tela di Picasso con il ritratto cubista di una donna, realizzato nel 1910. Lodevoli le sezioni del paesaggio di Corot e Constable e delle nature morte. Strabiliante la sezione impressionista. www.lineadombra.it


www.dondup.com - foto agnes spaak


Tra le Righe

Un’epica Scritta in Pista

Bayliss, Simoncelli, Rossi e il “dottor” Costa: il motociclismo si racconta Testo Francesca Miccoli

Emozionante, adrenalinico, imprevedibile: il motociclismo è uno sport in continua ascesa. Una passione trasversale capace d’infrangere barriere, affratellare genti di diverso censo, razza e idioma. Una disciplina sempre più spesso oggetto d’attenzione mediatica, preziosa risorsa per i professionisti del marketing. In questi mesi tanti i libri sulle due ruote, ad arricchire le librerie. Tra le principali novità, quattro intrecciate ai destini di Emilia Romagna e Marche, cuori pulsanti del variopinto carrozzone dei circuiti. Non per niente sone le “terre di mutòr”, regioni colorate da bandiere sui pennoni delle case, animate da discussioni sanguigne a bar, vivacizzate dai ragazzini cresciuti a pane e pistoni. In Emilia, precisamente a Borgo Panigale, ha sede il glorioso team Ducati, scuderia dell’ex campione del mondo di superbike Troy Bayliss. Appeso il casco al chiodo, il quarantenne aussie ha deciso di raccontarsi. Lo fa in La mia vita, la mia

Troy Bayliss La mia vita, la mia carriera (Vallardi) Prezzo: 17,00 € Marco Simoncelli Diobò che bello (Mondadori) Prezzo: 16,00 €

carriera (Vallardi). Il driver ripercorre l’infanzia, quindi gli esordi sulle moto da cross e le esperienze fuori dalle piste. Poi accende i riflettori sulla famiglia, le corse in bicicletta sulle colline di Montecarlo, l’amore per il mare. Sedici anni efficacemente sintetizzati in un volume prodigo d’immagini. Spostandosi attraverso l’intera Romagna si arriva a Cattolica, splendida terra di confine che ha dato i natali ai riccioli ribelli di Marco Simoncelli, pittoresco protagonista di Diobò che bello, originale biografia targata Mondadori. Un’opera sull’esistenza ancor breve ma vissuta con intensità e brama d’avventura da un ragazzo che “ha percorso cammini comuni ma si è anche inerpicato su per sentieri audaci, impervi, insoliti, arrivando dove pochi giungono. Un giovane che ha valori, solidità interiore e chiarezza morale”. Una storia tratteggiata in maniera lieve e scanzonata dal giornalista televisivo e inviato sul campo Paolo Beltramo. Nell’auspicio che Supersic ripercorra le gesta di Valentino Rossi, al nove volte campione di Tavullia è dedicato il libro fotografico di Peter McLaren per Vallardi. In 400 immagini (e quasi 200 pagine) è rivisitata la favola del “dottore”, dal debutto nel ’96 ai trionfi più recenti. Un diario a colori dalla bambola gonfiabile al vestito da Robin Hood passando per il passeggero pollo dello sponsor virtuale Osvaldo. Quindi i briefing con ingegneri e meccanici e il relax nel paddock. Bayliss, Simoncelli, Rossi. Tre dei tanti idoli finiti sotto le taumaturgiche mani di Claudio Marcello Costa, Ippocrate dei piloti e carismatico trainer delle anime. Semplicemente il dottorcosta, come recita il titolo del libro di Fucine. Un’opera che si traduce in poetica rivisitazione in prima persona delle esperienze vissute sulle piste dal fondatore della “clinica mobile”, “altare che celebra la storia degli eroi, luogo dove le ferite sono il bastone per correre sul sentiero del coraggio.” L’ortopedico imolese ripercorre trent’anni consumati in ogni angolo del globo nella veste di angelo dei piloti, definiti “dei del motociclismo”. Si va dai tempi pionieristici in cui i circuiti venivano raggiunti in automobile ai tanti aneddoti, passando per i retroscena e i drammi fino alle storie di ordinaria resurrezione. Un trattato sul coraggio, sul dolore, sulla morte, sulla sfida. Una filosofia di vita riassunta in una breve ma significativa considerazione: “bisogna sperare nell’impossibile, l’unica via per renderlo possibile.”

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Claudio Marcello Costa Dottorcosta. Vita e racconti di un medico e della sua clinica mobile (Fucine) Prezzo: 21,00 € Peter McLaren Valentino Rossi Record Breaker (Vallardi) Prezzo: 15,00 €



Solidalitas

UN NOBEL IN “ROSA”

bilancio del meeting “l’Europa con l’Africa” ad Ancona. Testo Ilaria Traditi

A soli tre giorni dal vertice mondiale per la sicurezza alimentare della Fao di Roma (dal 16 al 20 novembre) si è tenuto ad Ancona dal 13 al 15 novembre presso il Teatro delle Muse il meeting “L’Europa con l’Africa”. L’importante iniziativa è stata promossa dal Coordinamento nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, dal Coordinamento nazionale degli Enti Locali per e con l’Africa, da Regione Marche, Provincia di Ancona, Comune di Ancona, ChiAma L’Africa, Cipsi e Tavola della Pace. Così il capoluogo marchigiano è diventato per tre giorni il ponte virtuale tra due continenti e ha visto la partecipazione di rappresentanti di primo piano della politica, dell’economia, della società civile, della cultura e delle istituzioni europee e africane confrontarsi per promuovere una nuova relazione fra Europa e Africa. Presenti tra gli altri il Premio Nobel per la pace 2007 Richard S. Odingo, la scrittrice maliana Aminata Traorè, la giornalista e scrittrice afro-antillana Sylvia Serbin, la suora comboniana e giornalista eritrea Elisa Kidanè. Tra

Sopra, a sinistra, un momento del meeting marchigiano e, a destra, Guido Barbera, Presidente del Cipsi.

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le sessioni in programma, la Prima assemblea del Coordinamento nazionale degli enti locali per e con l’Africa, il Forum internazionale Africa - Europa. Durante il meeting, nella giornata di sabato 14 novembre, è stata lanciata per la prima volta la proposta ufficiale di assegnare il prossimo Nobel per la pace alle donne africane. “Vorrei che il ruolo delle donne africane venisse riconosciuto e rispettato in tutto il mondo - ha affermato il Nobel Richard Odingo, primo firmatario a sostegno all’iniziativa - per questo voglio supportarla augurandomi che raggiunga l’obiettivo”. Era presente ad Ancona anche Guido Barbera, presidente del Cipsi, coordinamento di 42 Ong e associazioni di solidarietà internazionale e anch’esso promotore, insieme a ChiAma l’Africa, della campagna Noppaw per l’assegnazione del Nobel per la pace 2010 alle donne africane. Barbera ha sottolineato durante il suo intervento come sia necessario costruire ponti e abbattere muri, collaborando con la società civile e le istituzioni. E non contento ha lanciato da Ancona ancora un’altra sfida: quella di costituire un Tavolo permanente Africa - Europa di riflessione, un laboratorio politico e propositivo per elaborare l’identità e il ruolo della solidarietà e della cooperazione. “Il Nobel 2010 alle donne africane è un sogno - ha dichiarato - non dobbiamo più considerare l’Africa il continente dei bisogni. L’Africa è un continente in piedi, e non nella miseria”. Barbera ha auspicato una nuova politica di investimenti nella cooperazione non governativa, a partire dall’esperienza delle donne africane che portano sulle loro spalle l’economia e il futuro dell’intero continente.



Dolomite

CARLO BARTORELLI

apre a Cortina la gioielleria guidata dall’imprenditore romagnolo. Testo Veronica Tarabella

Un’altra stella illuminerà a Natale lo “struscio” cortinese dello shopping di lusso. La gioielleria Bartorelli, leader in Italia nel settore dell’orologeria di lusso, dopo le storiche boutiques di Riccione, Milano Marittima e Pesaro, sbarca a Cortina, nella centralissima piazzetta del Royal con le sue creazioni di alta gioielleria. Dal lontano 1882, Bartorelli è presente nel settore della gioielleria e orologeria e l’apertura cortinese del Natale 2009 sancisce il successo di un’attività giunta con impegno e talento alla quarta generazione. Carlo Bartorelli ci racconta, attraverso l’amore per la montagna e le strategie di marketing, la nuova avventura cortinese. “Ho sempre avuto una grande passione per Cortina, per le sue montagne, per i suoi colori e ho sempre trovato che fosse la location ideale per i miei prodotti. Quando mi si è presentata l’occasione, l’ho colta al volo.” La posizione è strategicamente perfetta e paesaggisticamente è uno degli angoli più belli del corso. “Cortina è il nostro mercato ideale - specifica Bartorelli. Molti dei nostri clienti più affezionati trascorrono le vacanze nella conca ampezzana e non sono magari gli stessi che frequentano la riviera adriatica. Noi abbiamo una clientela nazionale e internazionale e Cortina è l’ideale trait d’union.” Voi rappresentate molti marchi di orologeria di lusso e di alta gioielleria. In questo momento chi entra in una gioielleria da cosa si fa tentare? “Il mercato in questo momento richiede la classicità dell’oggetto, la certezza dell’investimento. Questo periodo critico ha portato un’evoluzione del pensiero, dal lusso più eccentrico e sfrenato ad acquisti più mirati e duraturi. Si tratta sempre d’investimenti importanti, ma fatti con altro spirito.” Si è tornati un po’ all’antico… al bene rifugio. “Noi abbiamo sempre mantenuto la nostra impronta, il nostro brand segue le tendenze ma sempre nel nome dell’eleganza e della qualità. E i nostri clienti lo sanno. Quindi si fidano ed entrano con la certezza di essere seguiti e uscire pienamente soddisfatti.” Con queste premesse, in bocca al lupo per una sfavillante stagione cortinese.

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Capodanno glam al Cristallo. È già iniziato il conto alla rovescia per festeggiare la prima notte del 2010 al Cristallo Palace Hotel & Spa, per brindare insieme in una serata indimenticabile in una location d’assoluta eccezione. E per la prima notte del nuovo anno è proprio al Cristallo il brindisi più glam: già fervono i preparativi per un party dedicato a tutti coloro che scelgono di passare qui il Capodanno, in compagnia o romanticamente in due, per un’ottima cena e tanta buona musica in compagnia degli Smoma, un fantastico live trio che presenta il nuovo album realizzato anche in collaborazione con Nick The Nightfly, dj di Radio Montecarlo. www.cristallo.it


Versiliana

GHERARDO GUIDI una “capannina” sul mare. Testo Cristina Vannuzzi - foto David dell’Omodarme

La Capannina nasce per caso, nel 1929, da un vecchio capanno ristrutturato da Nevio Franceschi, che, munito di un vecchio grammofono a manovella e alcuni dischi, inizia ad offrire spuntini e drinks: ecco La Capannina, che ha appena festeggiato gli 80 anni e continua la sua vita. Dal ’77 è gestito dalla famiglia del commendatore Gherardo Guidi, nella stessa filosofia di Franceschi: tono, misura, eleganza aristocratica, in sintesi, discrezione. Via dalla folla di discoteche con false promesse di notti indimenticabili…. ancora oggi alla porta c’è attenzione all’abbigliamento, i “vetrinisti” non sono graditi, l’ostentazione rimane fuori. A tutto soprintendono Gherardo e Carla Guidi. Elegante, discreto, grande signore, Gherardo si racconta: “Da Castelfranco, oltre ad occuparmi dell’azienda conciaria di famiglia, ho cominciato a diversificare, particolarmente nel mondo del intrattenimento, fino ad acquistare La Capannina a Forte dei Marmi, poi La Bussola a Nocette. Era quasi un sogno, la Capannina: ci si andava ‘in banda’ da ragazzi, si partiva da Torre del Lago e si facevano tutte le discoteche di allora, il Carillon dove ‘nacque’ Patty Pravo, La Bussola di Fulvio Bernardini, La Capannina, fino ad Oliviero al Cinquale… la notte era tutta per noi. All’alba, si andava sulla spiaggia antistante la Capannina, dove, dice la storia, planava Italo

Un’estate diversa. “Viareggio risorgi ancor più bella”: Questa la scritta sul luogo della tremenda strage del 29 giugno alla stazione, tragedia che ha ovviamente condizionato l’estate 2009, dando vita a tanti eventi di solidarietà come il megashow organizzato da Dalia Gaber dello scorso 26 luglio, i concerti di Zucchero, di “tutte le donne di Laura Pausini”, di Andrea Bocelli, i fondi raccolti dalla Fondazione Niccolò Galli per regalare un’ambulanza alla Croce Verde di Viareggio: tutti insieme, perché il dolore diventi dono. La Galleria Susanna Orlando, la più piccola del mondo, ha ospitato tra luglio e agosto, “Extra-Show”, un omaggio a Giuseppe Chiari, selezione d’opere che hanno avuto per tema gli strumenti extralinguistici di cui l’artista si è servito, contribuendo a delineare le sue “improvvisazioni”: sperimentazione, innovazione e pensiero concettuale.

Balbo col suo idrovolante e, per svegliarsi, si faceva il primo gelido bagno; alla Capannina ho conosciuto Carla, mia moglie, che mi affianca nella conduzione, compagna dolcissima, tenace, presenza discreta e indispensabile; oggi, oltre ad avere per clienti figli e nipoti di chi da sempre frequentano il locale, il pubblico si è internazionalizzato, ma è sempre di élite, ricerca discrezione, mondanità, grande servizio; e bella musica, raffinata, non invadente, che accompagni una serata indimenticabile insieme ai tanti ‘eroi della notte’ che qui hanno avuto ore liete….” Gli Agnelli, i Frescobaldi, gli Antinori, il conte Negroni che inventò, nel ’30, l’aperitivo omonimo; poi Renato Salvadori e Annie Girardot, i tennisti Gardini, Panatta e Bertolucci, un giovanissimo John Kennedy, i calciatori Facchetti, Morini; i Moratti, i Lebole, Rosanna Schiaffino e Baby Pignatari, Bruno Quirinetta, Gloria Gaynor, Adriano Galliani, i giovani Grimaldi, i Borromeo. “Ho un profondo orgoglio per essere riuscito a non stravolgere lo spirito di Franceschi, di cui ho mantenuto anche il nome nell’insegna, ma ogni anno pianifico eventi nuovi, scopro personaggi e artisti, per regalare stagioni indimenticabili; e quest’anno abbiamo festeggiato il locale, riconosciuto il più antico al mondo nel suo genere, ospitando un poker di ‘primedonne’: Belen Rodriguez, Gloria Gaynor, Patty Pravo e Simona Ventura (testimonial della festa di compleanno, lo scorso 27 agosto, ndr). Nonché coi collaboratori più stretti, amici, clienti vecchi e nuovi, per spengere 80 candeline della Capannina, locale perfetto nella sua continuità, ‘normale’ nel suo eterno ‘sapore di sale’. Quella notte… anche Nevio, Renato, Gianni, Giacinto, Baby, Bruno… erano con noi!”

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FRANCESCO AMADORI parola di... famiglia.

Testo Elide Giordani - foto Archivio Amadori

La sua è una delle principali imprese alimentari europee, punto di riferimento per i piatti a base di carne. Ma, soprattutto, è una grande famiglia, che in questo 2009 compie 40 anni. È così, infatti, che Francesco Amadori concepisce la sua azienda, anche oggi che conta più di seimila collaboratori: un grande gruppo unito dalla condivisione dei valori e dalla passione per il lavoro. Quella passione, quella dedizione che lui stesso ha ereditato dai genitori e che trasmette oggi a tutti collaboratori, ma in particolare ai figli Flavio e Denis, rispettivamente direttore generale e responsabile della pianificazione, e alla nipote Francesca, responsabile della comunicazione, e agli altri membri della famiglia che hanno scelto di accompagnarlo nelle nuove sfide imprenditoriali. Li abbiamo incontrati, perciò, tutti e quattro, Francesco, Flavio, Denis e Francesca, proprio dove era più facile trovarli insieme, cioè in azienda. Eravamo in un luogo di lavoro, quindi, ma sembrava di essere a casa. Lo spirito familiare, infatti, ha caratterizzato tutto l’incontro, trasformando quella che doveva essere un’intervista in una chiacchierata informale, dove ognuno ha voluto dire la sua, creando un bel ritratto di famiglia.

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Gruppo di famiglia in un interno. D’azienda, naturalmente. Francesco va e viene (lo spreco è peccato, anche se si tratta di tempo) tra la sua scrivania e il tavolo attorno a cui stanno gli altri tre, e così neppure Flavio spreca parole (se non fosse cordiale si potrebbe dire taciturno), Denis è arguto e sa strappare il sorriso al momento giusto; poi c’è Francesca, la terza generazione, sciolta, efficace, semplice e diretta. “Siamo una famiglia portata al lavoro”: eccola, la enuncia lei la formula che pur nelle diversità d’età, carattere ed esperienze, caratterizza gli Amadori. Lasciano per una buona mezz’ora le loro molteplici incombenze e siedono disponibili a parlare del rapporto, stretto, affettuoso, collaborativo ma non senza contrapposizioni, fra le tre generazioni di una delle più grandi aziende italiane dell’agroalimentare. Flavio e Denis, 54 anni l’uno, 38 l’altro, ne rappresentano la seconda, Francesca (32 anni, madre di Sofia, 1 anno appena) è figlia di Flavio. E poi c’è lui, Francesco, padre, nonno e bisnonno, settantasettenne che si proietta alla guida della sua azienda, nata e cresciuta con lui, ancora per almeno 50 anni (lo dice scherzando ma c’è da crederci) e raccoglie senza battere ciglio l’omaggio al capostipite che i due figli e la nipote gli tributano costantemente tra espressioni d’affetto e

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Francesco Amadori

La parola ai numeri. Amadori è uno dei principali leader nel settore agroalimentare italiano, azienda innovativa e punto di riferimento per i piatti a base di carne, con un fatturato 2008 di oltre 1 miliardo di euro. Nato a San Vittore di Cesena quarant’anni fa, è presente oggi sul territorio nazionale (in prevalenza in Emilia-Romagna, Abruzzo, Toscana, Lombardia e Puglia) con stabilimenti industriali, filiali e agenzie. Impiega oltre 6500 lavoratori che per il 29% provengono da paesi stranieri. Alla base del successo di Amadori c’è la gestione diretta dell’intera filiera integrata, che consente il controllo certificato di tutte le fasi produttive: selezione delle materie prime, allevamenti dei riproduttori, incubatoi, mangimifici, allevamenti d’ingrasso, trasformazione, confezionamento e distribuzione. Oggi il Gruppo conta 6 incubatoi, 4 mangimifici, 6 stabilimenti di trasformazione e lavorazione, più 32 tra filiali e agenzie. A ciò si aggiungono gli allevamenti di proprietà a gestione diretta (oltre 1.100.000 mq) che producono il 40% del fabbisogno totale di animali vivi del gruppo e i 3700 ettari di terreno su cui insistono gli allevamenti. La linea dei prodotti Amadori comprende carne avicola, suina e uova in una molteplicità di referenze tra prodotti freschi e prodotti pronti e precotti che rende merito alle nuove tendenze dell’innovazione gastronomica, pur non derogando alle tradizioni culinarie italiane. www.amadori.com

In questa pagina la “famiglia allargata” del Gruppo Amadori.

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Peopoll

Le persone, un gruppo, una visione. Un modo originale e divertente di ripercorrere l’azienda di oggi partendo dalla sua storia, attraverso i volti e le immagini di chi vi ha lavorato e vi lavora: questo è Peopoll, il libro voluto da Amadori e realizzato da Menabó per festeggiare il traguardo dei 40 anni e ringraziare le persone che hanno contribuito e contribuiscono ogni giorno al suo successo. Un volume particolare, dove le parole lasciano spazio alle fotografie per raccontare con spontaneità e immediatezza i momenti di vita e di lavoro di tutti i protagonisti del Gruppo Amadori: “donne e uomini eccezionali che, facendo del ‘pollo’ il loro lavoro e la loro missione, animano una grande impresa.” Dagli scatti raccolti dal “baule dei ricordi” a quelli delle tante persone impegnate oggi nei vari stadi del ciclo produttivo integrato, tutte le immagini parlano di entusiasmo e di passione, perché condividendo valori ed obiettivi, in Amadori ognuno si sente parte di una grande famiglia. (EDT)

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di stima vera e profonda. Benché il figlio maggiore non si astenga da qualche frecciata sul “suo dispotismo”. E come non essere d’accordo con loro? Quest’uomo dall’aspetto modesto, l’accento impresso dalla sua identità di romagnolo d’altri tempi, l’espressione quieta e schiva che maschera la sua grinta e la sua lungimiranza d’imprenditore di grande successo, 60 anni fa vendeva polli al mercato di Cesena. Ma l’attività di famiglia si può far risalire addirittura agli anni ’30, quando i genitori di Francesco, con l’aiuto degli altri due figli, Arnaldo e Adelmo, incominciano a commercializzare, in ambito locale, pollame e animali da cortile in genere. Oggi Francesco Amadori è presidente di un gruppo da 1 miliardo di euro con 6.500 dipendenti. Con lui i polli cesenati hanno finito per volare alto, molto in alto. Il nucleo operativo è ancora a San Vittore di Cesena, periferia campagnola diventata produttiva grazie al Gruppo Amadori, ma il marchio della famiglia cesenate gira nel mondo. “Lavoro, lavoro, serietà, onestà e niente sprechi”, è la sua formula. È modesto, tace delle sue capacità, ma ha allevato figli e nipoti alla stessa dottrina. Lussi, megaville e macchine costose non fanno parte dello stile di famiglia. “Anche una bella macchina è uno spreco…” dice senz’ombra di ironia. Del resto basta guardarsi intorno, la sede dell’azienda è soprattutto funzionale e non si concede se non all’essenziale. Né fronzoli, né sogni grandiosi. Si sarebbe mai aspettato di lasciare in eredità ai suoi bisnipoti una mega azienda? “Ho badato

Sopra, Francesco Amadori circondato dai figli Flavio e Denis; a destra il lavoro in catena all’interno dell’azienda. Nella pagina a fianco partendo dall’alto: Ondina e Agostino Amadori (anni ’50); Francesco Amadori e la moglie Mentana (anni ’50); Arnaldo e Francesco Amadori (anni ’40); famiglia Amadori (anni ’50).

soprattutto a lavorare, a investire… Certo, oggi le necessità sono diverse. Noi eravamo spinti dal bisogno e fare impresa era meno complicato.” Ma la terza generazione, ammette, in certe cose è più brava di lui. Francesca, ad esempio, che si occupa di comunicazione e immagine, è laureata in Lettere Moderne e ha svolto un’esperienza nel settore della gestione delle risorse umane presso Ikea in Australia: “è più brava a parlare in televisione.” Certo che suona strano, detto da chi proprio in televisione ha spopolato con il tormentone ‘parola di Francesco Amadori’... “Eh, adesso è così, ma alla sua età manco ci pensavo ad andare in televisione; oggi l’immagine è molto importante, soprattutto per i prodotti alimentari.” Un padre esigente, lo definiscono i figli: “Quando uno ha quello che gli serve per vivere che altro deve chiedere…” fa eco lui. Flavio, che è direttore generale, ha iniziato a lavorare nell’azienda ad appena 21 anni. “Non ricordo che abbia mai sottolineato i nostri risultati con parole di consenso…”, dice. “Sono cose che si pensano ma non si dicono”, afferma di rimando Francesco, rimarcando la sua ineludibile sobrietà. Ma ha un sorriso che gli sfugge da un angolo delle labbra. Denis, che è responsabile della pianificazione (ha una figlioletta di pochi mesi), ha seguito, invece, un percorso di formazione manageriale: laurea in Economia, sei mesi in Inghilterra, esperienza di lavoro presso un broker e gavetta nel Gruppo. “Da piccolo - dice divertendo gli altri - pensavo di comprarmi una macchinetta per fare i soldi ma poi mi sono dovuto piegare ai valori di mio padre, che ci ha insegnato il sacrificio e l’onestà nel lavoro. È vero, comunque, che di complimenti ce ne

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ha fatti pochi. ‘Sei forse una bella donna?’ Mi dice quando me ne lamento. Gli riconosco, tuttavia, di essere ancora quello che la sa più lunga di tutti noi.” A Francesca, infine, il compito di valorizzare la straordinaria storia del Gruppo di famiglia. Un impegno che le appare consono sia per formazione che per sensibilità. “Ci sono tante storie di uomini dietro ai nostri risultati - dice. Uomini che parlano di mio nonno come se fosse un padre anche per loro, che da lui hanno preso l’avvio per una strada che li ha portati a incarichi di fiducia. Storie bellissime che raccontano anche i cambiamenti attraverso i quali l’azienda è arrivata all’identità attuale.” E di cotanto nonno cosa pensa Francesca? “Che sia una persona lungimirante, capace di vedere quello che non esisteva e di realizzarlo.” Con un po’ di dispiacere da parte di Francesco (“Ma soltanto all’inizio…”), non hanno voluto entrare a far parte dell’azienda le altre due figlie, Patrizia, che fa l’insegnante di inglese, e Loretta, che gestisce una piccola azienda di comunicazione e immagine. In azienda lavorano anche Andrea, l’altro figlio di Flavio, che ha 25 anni ed è responsabile dei magazzini spedizioni di Santa Sofia, nell’alto forlivese, e i due figli di Arnaldo, fratello di Francesco: Andrea, 47 anni, si occupa dello Sviluppo Immobiliare del Gruppo e Gianluca, 46 anni, è responsabile degli Acquisti Materie Prime. Impegni importanti anche per Paolo Montagna, marito di Francesca, responsabile della Qualità, e Maurizia Boschetti, moglie di Flavio, che è responsabile dell’area Amministrazione e Finanza.

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Francesco Amadori abbracciato dalla nipote Francesca che si occupa di comunicazione e immagine.


Santarcangelo e Cesena www.biagettiarredamenti.com info@biagettiarredamenti.it

ALVARO BIAGETTI ARREDAMENTI


Impresea ed etica sociale

IMPRESE ED ETICA SOCIALE il recupero dei valori. Testo Pietro Scarnera

La responsabilità sociale d’impresa segna il nuovo “trend” per le aziende, soprattutto in Emilia Romagna e Marche. Dal recupero di materiali di consumo fino all’impiego in azienda di diversamente abili e carcerati, sono molti i modi con cui gli imprenditori manifestano attenzione verso il sociale.

Sopra, da sinistra, Andrea Segré, ideatore di “Last minute market” e Maria Silvia Plazzi con i prodotti realizzati da Regenesi.

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La responsabilità sociale d’impresa è materia delicata. Richiede un impegno delle aziende a 360°, sia all’interno che all’esterno: la rsi dovrebbe essere parte integrante del business. Un traguardo difficile da raggiungere, anche se sempre più imprese stanno passando dalle parole ai fatti, portando a casa risultati concreti. In Emilia-Romagna si contano alcune delle esperienze più significative in questo senso. Fra i primati in regione c’è quello di aver dato i natali al “Last minute market”. Nato dieci anni fa da un’idea di Andrea Segré, preside della facoltà di Agraria a Bologna, quello che era un progetto e oggi un vero e proprio spin-off, si fonda su un principio molto semplice: “salvare” dal macero i prodotti invenduti donandoli a realtà del terzo settore. Fra le prime ad essere coinvolte, le catene della grande distribuzione, che mettono da parte i prodotti vicini alla scadenza per mense di associazioni o comunità. Nel tempo il progetto si è allargato anche a categorie diverse da quella alimentare: oggi coinvolge 48 imprese e 23 enti locali e funziona anche per sementi, libri e farmaci. “I prodotti inveduti - spiega Segré - sono un fallimento del mercato: noi ne ribaltiamo la logica trasformandoli in dono. Ridurre gli sprechi conviene a tutti.” Nei primi sei mesi del 2009 il progetto ha recuperato beni per 850 mila euro destinandoli a oltre 70 enti no profit e in questi anni ha dato vita anche ad alcuni epigoni. Coop Adriatica, ad esempio, ha adottato gli stessi principi nel progetto “Brutti ma buoni”, col quale destina ad associazioni di volontariato e cooperative prodotti alimentari invenduti, ma


Impresea ed etica sociale

ancora perfettamente commestibili. Nato nel 2003 in collaborazione con l’Università di Bologna, è attivo oggi in 58 punti vendita, di cui 34 in Emilia-Romagna e Marche. Nel 2008, i 51 negozi coinvolti su tutta la rete della Cooperativa - anche in Veneto e Abruzzo - hanno permesso di recuperare circa 730 tonnellate d’alimenti, a beneficio di 97 associazioni, che hanno potuto risparmiare quasi 3 milioni di euro e reinvestire così in attività di miglioramento delle strutture e della qualità della vita delle persone assistite; lo scorso anno, nelle sole Emilia-Romagna e Marche, sono state donate in solidarietà 645 tonnellate di prodotti invenduti a 77 associazioni, per un valore di oltre 2,5 milioni di euro. Il grosso impegno preso da Coop per il 2009 riguarda l’ambiente. Dal 7 settembre ha messo al bando le buste di plastica usa e getta, sostituite da sacchetti biodegradabili e da borse riutilizzabili, sul cui impiego si sta sensibilizzando la clientela (nei primi cinque mesi dell’anno ne sono state vendute 150 mila). L’ecosostenibilità può spingersi oltre la rsi, fino a diventare idea imprenditoriale. È il caso di Regenesi, azienda fondata nel maggio 2008 dalla 39enne Maria Silvia Plazzi, con sedi a Bologna e Ravenna. Con lo slogan “la bellezza sostenibile”, Regenesi produce e vende oggetti di design - gioielli, accessori per la casa, la tavola e l’ufficio - realizzati con materiali di riciclo e post-consumo. Le vendite si concentrano soprattutto all’estero, dove nei primi 6 mesi del 2009 è stato realizzato il 69% del fatturato. Ci sono però altri modi di migliorare il processo produttivo dal punto di vista sociale, per esem-

Sopra, Carlo Comandini, AD di Vossloh-Schwabe, che impiega alcuni detenuti nella produzione di apparecchiature elettroniche; a destra, la famiglia Gollinucci di Romagna Plastic, dove lavorano ragazzi diversamente abili.

Quando la banca è Etica. Una banca trasparente e solidale. È la ricetta di Banca Etica, istituto nato a Padova 10 anni fa che ha da sempre la particolarità di finanziare solo organizzazioni del terzo settore, del volontariato e della cooperazione internazionale. A settembre la banca ha aperto una nuova filiale a Bologna (ma “vale” per tutta la regione), per far fronte a una mole di lavoro in costante crescita: i numeri parlano di 3000 clienti e circa 1400 conti correnti aperti in tutta la regione. “I privati non sono la maggioranza in Banca Etica - spiega il direttore della filiale Nazzareno Gabrielli -, ma con la crisi economica sono aumentati: soprattutto a fine 2008 molte persone sono venute da noi perché interessate a investimenti etici e trasparenti.” Pur risentendo del momento negativo, continua Commissari “contrariamente agli altri istituti nel 2009 Banca Etica ha continuato a erogare credito, anzi per la prima volta abbiamo cominciato a finanziare realtà profit nel settore del biologico, delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico.” www.bancaetica.org

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pio inserendo persone svantaggiate sul mercato del lavoro. È quello che succede a Romagna Plastic, fondata a Cesena da Alberto Gollinucci che produce accessori da incasso per cucine componibili. Da 10 anni, grazie alla collaborazione con la cooperativa Cils, nel reparto assemblaggio otto ragazzi diversamente abili lavorano a fianco degli altri impiegati, col supporto di personale di sostegno. La questione dell’inserimento lavorativo è sentita anche dai detenuti: in regione il carcere più attivo in questo senso è quello di Forlì, dove è presente da qualche anno un laboratorio metalmeccanico gestito dalla cooperativa sociale San Giuseppe insieme all’azienda Mareco Luce. Dal 2008, invece, una decina di detenuti produce apparecchiature elettroniche per la multinazionale Vossloh-Schwabe (che ha sede anche a Sarsina). “Crediamo che l’occupazione sia uno strumento importante per il reinserimento dei detenuti nella società”, spiega l’ad Carlo Comandini. A maggio si è aggiunto, a Forlì, il progetto “Raee in carcere” della Cooperativa Gulliver, primo laboratorio per il reinserimento sociale di persone detenute. Il consorzio Ecolight, che si occupa di gestione e smaltimento di rifiuti raee (scatole pc, stampanti, fotocopiatrici, fax), pile ed accumulatori, sostiene insieme ad altri enti e aziende questo progetto sociale e ambientale, che porta lavoro per altri tre detenuti: un’iniziativa riconosciuta all’ultima edizione della fiera Ecomondo a Rimini, dove ha vinto il premio nazionale “Cooperambiente”. Quando si parla di lavoro non c’è bisogno di andare lontano per trovare discriminazioni, soprat-

Da sinistra, la distribuzione di prodotti alimentari invenduti da parte di Coop Adriatica; un detenuto del penitenziario di Forlì impiegato nel progetto “Raee in carcere”.

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tutto se si sale verso posizioni manageriali. L’Emilia Romagna può vantare però esempi virtuosi. Nel consiglio d’amministrazione di Manutencoop, società cooperativa di Bologna, holding di un Gruppo attivo nel facility management (manutenzioni impianti, pulizia, gestione del verde, project management) siede dall’anno scorso Khalid Ettaieb. Nato in Marocco ma cittadino italiano, Ettaieb - fra l’altro è under 40 - si occupa di responsabilità sociale e comunicazione. La sua elezione non è stata un caso, visto che “su 15 mila lavoratori - spiega il vicepresidente Giuliano Di Bernardo - gli stranieri sono circa 2 mila, e i marocchini quasi 500.” La carriera, si sa, non è facile neanche per le donne, ma a Castel San Pietro Terme c’è un’azienda tutta “in rosa”. Tecnocupole Pancaldi, che produce lucernari ed evacuatori di fumo e calore, è guidata dalle quattro cugine Pancaldi, Laura, Michela, Elena e Antonella. Naturale che in azienda l’attenzione nei confronti di temi come la maternità sia alta. Anche con la crisi, ha spiegato Laura intervistata da “Econerre”, “continueremo come abbiamo sempre fatto, non lesinando i permessi e garantendo tutti i diritti dei lavoratori.” Anche le opere realizzate dalla società sono “responsabili”, in quanto i prodotti forniti sono in grado di rispondere alle richieste d’illuminazione e ventilazione naturali e di sicurezza antincendio, garantendo contestualmente l’ottemperanza alle più recenti normative in materia di risparmio energetico. Tra le più recenti che hanno visto protagonisti i prodotti dell’azienda, spiccano, in Emilia Romagna, la nuova sede unica del Comune di Bologna ed il Centro Commerciale “Le Maioliche”, aperto


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Materiale informativo sul progetto “una mela per la vita” dell’AISM, sostenuto da Cariparma.

quest’anno a Faenza. Si tratta fra l’altro del primo Ipercoop low cost, ovvero con un ampio assortimento di prodotti di primo prezzo. La responsabilità sociale può essere realizzata anche al di fuori dell’azienda, per esempio stipulando partnership con realtà del terzo settore. A Bologna è sancita dal 2008 quella fra Emil Banca e Fondazione Ant. “Contribuiamo - spiega il presidente Giulio Magagni - con 200 mila euro all’anno per cinque anni”, per finanziare l’assistenza a domicilio dei malati. Ma la banca è impegnata anche nel campo della prevenzione col “Progetto melanoma”, programma di screening per i tumori della pelle: tutti i soci della banca possono usufruire gratuitamente di una visita dermatologica. In regione c’è anche l’esempio di Cariparma,

Marche, case history di etica e impegno sociale. Le imprese della regione sempre più impegnate nel sociale. Aumentano ogni anno gli imprenditori convinti che il valore dell’azienda passi anche dai risultati ottenuti sul fronte dell’impegno etico e della sostenibilità. Qualche esempio significativo? Il Gruppo Sistemi 2000 di Porto San Giorgio (FM) ha basato il suo business sulla sensibilità ambientale. La società di progettazione, sviluppo e commercializzazione propone soluzioni interamente riciclate ed eco-compatibili per la grande distribuzione: carrelli realizzati con le batterie dell’auto e atossici, punti fedeltà per i clienti che riciclano di più, illuminazione a led e frigoriferi senza neon. A dimostrazione del fatto che l’etica può convivere col profitto, il fatturato del Gruppo è raddoppiato nell’ultimo anno, come ha rivelato il general manager Sergio Lupi. Lo scorso 26 settembre, la Provincia di Macerata ha assegnato il “Premio Etico 2009” alle aziende del territorio distinte nel favorire l’occupazione di portatori di handicap. Sulla base di una selezione effettuata in collaborazione coi Centri per l’impiego di Macerata, Civitanova e Tolentino il riconoscimento è andato alla società Stilarte di Pollenza, alla ditta Dimar di Corridonia, alla Banca di credito cooperativo di Civitanova e Montecosaro, alla Sacci di Castelraimondo e alla ditta Soverchia marmi di San Severino Marche. La sostenibilità tocca tutti i settori, anche quello dell’informatica: la Ytech di Ancona, con i suoi centri di assistenza, fornisce alle aziende laboratori tecnici, servizi per il recupero dati, connessione ad internet gratis, corsi informatici. Insieme all’associazione di Jesi Lugjesi (utenti Linux), partecipa al progetto trashware per il recupero di pc usati e dismessi ripristinandone il funzionamento con l’utilizzo di software libero per scopi socio-culturali (utilizzo nelle scuole, tra famiglie economicamente svantaggiate, associazioni di volontariato). E ancora: il Gruppo Loccioni, di Angeli di Rosora ha realizzato l’anno scorso la Leaf House, prima comunità eco-sostenibile e a impatto zero d’Italia. E adesso, alla faccia della crisi, cercano per i prossimi due anni 100 giovani da inserire nel team per “progettare la sostenibilità”. Ci si può candidare sul sito dell’azienda.

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Impresea ed etica sociale

Bologna, il caso di Crif.

da quest’anno al fianco di Aism: in occasione di “Una mela per la vita”, lo scorso ottobre, il gruppo (che comprende anche Friuladria) ha partecipato alla raccolta fondi e, da inizio 2009, sostiene il progetto “Famiglia e Sclerosi Multipla”, che si articola in una serie di attività dedicate alle persone malate e ai loro familiari affinché possano intraprendere un percorso verso l’autonomia, per una migliore qualità della vita e una piena integrazione sociale, anche attraverso la formazione di operatori sociali e sanitari e il sostegno alla ricerca scientifica. In ognuna delle 700 filiali, i clienti potevano ritirare una cartolina, da consegnare nei punti di solidarietà Aism nelle piazze. Ad ogni sacchetto di mela acquistato, l’Istituto ha donato altri 7 euro, raddoppiando così la donazione dei privati.

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Dall’alto, a sinistra, Khalid Ettaieb, consigliere d’amministrazione di Manutencoop Bologna; Laura Pancaldi, una delle 4 donne alla guida di Tecnocupole Pancaldi. Sotto, consegna dell’assegno di Emil Banca a Franco Pannuti, presidente di ANT.

CRIF, guidata da Maurizio Liuti, è un’azienda fondata nell’1988 specializzata in sviluppo e gestione di sistemi d’informazioni creditizie, business information e supporto decisionale; oggi opera in Europa, America, Africa e Asia ed è in crescita costante: impiega circa 1.200 dipendenti (oltre 200 all’estero). Nella filosofia aziendale è centrale la crescita delle persone: nel 2009 ha erogato ai dipendenti circa 40 ore di formazione. Un contesto lavorativo “facilitante”, che si esprime in molti modi. Dopo l’assunzione di giovani o neolaureati, si prevede un supporto sia per la crescita professionale sia nell’organizzazione della vita privata e lo sviluppo di una rete sociale: dal supporto nella ricerca di un alloggio alla ricerca di un idraulico o un elettricista in caso di necessità. Inoltre, da anni CRIF propone visite guidate, aperte anche ai familiari, alle ricchezze culturali e paesaggistiche di Bologna. Come spiega la responsabile risorse umane Loretta Chiusoli (nella foto) molta attenzione si concretizza nel supporto alla maternità: l’età media è di 35 anni e circa il 50% è costituito da donne. La collaboratrice pianifica con l’azienda la data di rientro (che avviene dopo un periodo di astensione facoltativa), l’azienda eroga un contributo economico per integrare la retribuzione percepita durante l’aspettativa facoltativa. In aggiunta, CRIF ha stipulato una convenzione con un nido privato, nelle vicinanze dell’azienda, per riservare su base annua un numero di posti ai dipendenti CRIF.



Gino Pellegrini

GINO PELLEGRINI scenografie di vita quotidiana. Testo Franco Basile - foto Paolo Ferrari

Ha iniziato la sua carriera ad Hollywood, dove realizzava scenografie e bozzetti, poi la vita lo ha riportato in Italia. Oggi, armato di colori e fantasia, dipinge storie di vita presente e passata, come nel grande trompe l’oeil realizzato in un minuscolo borgo della campagna bolognese.

Il capolinea dell’autobus è a ridosso dell’argine del Samoggia dove un grande cartello dà il benvenuto ai visitatori, per lo più occasionali, ossìa automobilisti che si son persi tra i campi. Il villaggio, un’ottantina di anime a pochi chilometri da San Giovanni in Persiceto (BO), è composto da una manciata di case. Il verde non è un optional, la campagna è elemento predominante col gobbone del fiume che corre da un lato all’altro della piana inseguito da filari di pioppi. “Benvenuti a Borgata Città”, recita l’artigianale cartello alla sinistra di chi raggiunge l’abitato, che è anche il punto dove si ferma l’autobus della linea 533; oltre non si può andare, la serpentina della carreggiata sfocia in uno slargo dove una parata di cassonetti fa da contrappunto alla tettoia della fermata. Chi ha dato il nome a questa località deve aver pensato alla grande, almeno per quanto riguarda la toponomastica. Mosso dall’orgoglio ha battezzato “città” un borgo dove la cosa più grande è una piazzola con, al centro, una colonna e un rubinetto: una fontanella, insomma. Inutile dire che la borgata è estremamente tranquilla, gli snodi stradali e tutte le loro convulsioni sono lontani, ad esempio all’altezza della tenuta degli Orsi Mangelli alle Budrie, oppure dove i pellegrini raggiungono il santuario che ricorda Clelia Barbieri, suora diventata santa. Dall’argine che si erge a mo’ di contrafforte si spazia lontano, lo sguardo si spinge come vuole mentre i campanili si attengono al rigido copione che li vuole punti di riferimento di un paesaggio che si espande secondo un’estenuata suddivisione geometrica. Il tempo ha rughe profonde da queste parti, c’è molto di antico tra le pietre e nelle movenze di chi svolge le pratiche di tutti i giorni.

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Parte del proprio tempo il villaggio sembra averlo ritrovato nelle rappresentazioni che un artista ha impresso sulle pareti di un deposito di attrezzi, una bassa costruzione vicina alla fermata d’autobus dove si trovano anche un campo da calcio e un canestro per il basket. È Gino Pellegrini, personaggio non nuovo a imprese del genere, se si calcolano gli interventi che l’hanno visto protagonista in diversi luoghi. Ha dipinto i muri che fanno da fondale alla Piazzetta Betlemme di San Giovanni in Persiceto e, nello stesso centro, ha coordinato le pitture che hanno trasformato la facciata di uno stabilimento per la produzione di pasta in una gigantesca pagina di colore e fantasia. Ora ha appena terminato di incasellare storie che sono il riflesso della vita, presente e passata, di Borgata Città. Un bambino fa il bagno in una bacinella in compagnia di due ranocchi, un altro appare in un girello d’altri tempi, visioni ricavate da vecchie fotografie, bambini che adesso hanno i capelli bianchi. Il suo gusto scenografico si è sviluppato su basi reali, come visioni di panni stesi e il continuo passaggio di gente con animali. “Agli animali e ai bambini di Borgata Città di oggi e di ieri, perché il gusto del gioco continui per tutta la vita”, così ha scritto in un riquadro appeso a un tralcio d’uva assieme alla biancheria che nel dipinto forma un domestico sventolio di bandiere. Iniziato il lavoro a fine inverno, l’ultimo tratto di pennello è stato dato a fine agosto. Pellegrini ha dunque trascorso parecchi mesi nel villaggio, il tempo di conoscere tutti, cani e gatti compresi, e farsi accompagnare da un delicato concerto di rumori interrotto solo da qualche latrato e dal passaggio di aerei in

A fianco, bambini e animali in dipinti murali di Gino Pellegrini. In apertura, l’artista mostra un altro esempio del suo originale lavoro.

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Gino Pellegrini

Animali, panni stesi e ricordi di vita campestre. In ultima pagina un trompe l’oeil a Borgata Città, nel comune di San Giovanni in Persiceto.

Una vita… per immagini. La passione per l’arte visiva, il piacere del racconto per immagini è qualcosa che l’accompagna da sempre. Pittura, cinema, scenografia. Tra le cose che ama ricordare c’è una parentesi lontana, quando nel ’54 partecipò come comparsa al film di Luchino Visconti Senso. Nato a Lugo di Vicenza, Gino Pellegrini si trasferisce negli Stati Uniti nel 1957. Frequenta architettura a Los Angeles per concludere il Master Degree in Fine Art. Entrato nel mondo del cinema e della televisione, ha percorso i diversi gradi della realizzazione scenica: bozzettista, pittore di scena, scenografo. Numerose le pellicole a cui ha collaborato tra cui West Side Story, Gli uccelli, 2001-Odissea nello spazio, Tora Tora, Indovina chi viene a cena, L’ammutinamento del Bounty. Dal ’64 ha iniziato l’attività espositiva con rassegne in musei americani. Tornato in Italia nel 1972, oltre ad esporre in gallerie si è impegnato e si impegna nel campo del documentario creativo. Uno degli interventi più significativi è l’allestimento in trompe l’oeil a San Giovanni in Persiceto. Ora lavora molto anche per il teatro.

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Gino Pellegrini

procinto di atterrare a Borgo Panigale. Quiete e solitudine, tra i campi il silenzio sembra indicare un legame tra dimensione sensoriale e spirituale in opposizione alla centralità attribuita dai modernisti al convulso esprimersi del presente. Una quarantina d’anni fa Pellegrini non avrebbe certo pensato di finire da queste parti: trasferitosi ragazzo negli Stati Uniti, ha studiato architettura per poi frequentare l’Art Center di Los Angeles. Quindi, come scenografo, ha collaborato alla lavorazione di musical fra cui Hello Dolly e a film come Gli Uccelli e 2001 - Odissea nello spazio. A Hollywood era di casa, bozzettista e pittore realizzatore, ha conosciuto personaggi della levatura di Hitchcock e Kubrick, attori importanti tra cui Kim Novak, nella cui abitazione ha lasciato la propria impronta: “ha voluto che raccontassi storie sulle pareti e nei soffitti”, ricorda. Tutto bene per un po’, finché un brutto incidente non determinò una svolta improvvisa. Fu durante il servizio militare, assieme a un commilitone si trovava in auto in una zona isolata di Stanley City, nell’Idaho. Uscita di strada, la vettura piombò in una scarpata. Pellegrini ha un ricordo confuso di quegli attimi, molte cose gli sono state raccontate. Il compagno morì dissanguato e lui rimase a

lungo tra la vita e la morte: frattura della base cranica. “Ti resta poco da vivere”, sentenziarono i medici, al che decise di tornare in Italia, di morire dov’era nato. L’incidente risale al 1965, l’uomo al quale restava poco da vivere continua a dipingere, giocare con storie vere e con ricordi alternando all’iconografia parietale performance quali complemento visivo di incontri con poeti e svolgimenti teatrali, rappresentazioni dove artisti di ambiti diversi danno vita a uno spettacolo in cui interagiscono molteplici mezzi espressivi come danza, musica, recitazione e pittura. “Se l’ambientazione richiede del verde, dipingo un bosco, se si parla d’acqua realizzo pannelli che ricordano il mare. Tutto in diretta”, specifica. Intanto, ultimato il “gioco” alla fermata dell’autobus del Samoggia, l’ex scenografo hollywoodiano continua a perlustrare la bassa, magari in cerca di un angolo ancora più appartato, di quelli che si trovano solo dopo essersi persi in zone labirintiche dove nemmeno i campanili offrono indicazioni. In un’epoca così glacialmente razionale, Pellegrini è tra i pochi che riesce ancora a fare della pittura un gioco, a fare del racconto di vita una rappresentazione chimerica, ad appendere l’introspezione al filo del bucato.

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Informazione pubblicitaria

Il Nespoli conquista i “Tre bicchieri”

Un vino romagnolo in rampa di lancio per il panorama mondiale. Il Sangiovese di Romagna Superiore Riserva 2006 il Nespoli ha conquistato i ‘Tre bicchieri’, il riconoscimento più ambito e prestigioso consegnato dalla giuria del Gambero Rosso. La “Bibbia dei vini” si è letteralmente innamorata del rosso intenso, brillante, del profumo ampio e persistente e del gusto morbido del “sangue di Giove” prodotto nel terroir estremamente vocato delle colline di Civitella, sopra Forlì. Lo scorso ottobre a Roma la famiglia Ravaioli, proprietaria di Poderi dal Nespoli dal 1929, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento. La storica azienda vitivinicola, ubicata tra i dolci declivi di Civitella di Romagna, ha da poco rafforzato la propria presenza

nel mondo dell’eccellenza, stringendo alleanza con il gruppo MGM- Mondo del Vino nelle persone di Alfeo e Marco Martini. “Il premio non è un punto di arrivo, ma di partenza – spiega Fabio Ravaioli, responsabile commerciale della Poderi dal Nespoli – Il riconoscimento ci spinge a fare ancora meglio e a puntare, oltre che ai migliori ristoranti e alle migliori tavole, al mercato estero”. Rimane invariata la produzione: i poderi sono distribuiti sulle due vallate - Nespoli e Predappio - da sempre patria del “rosso” migliore e l’esposizione ai raggi del sole garantisce la perfetta maturazione delle uve. Il Sangiovese di Romagna Superiore Riserva 2006 nasce sotto l’occhio esperto dell’enologo Giuseppe Caviola e di Celita Ravaioli responsa-

Villa Rossi 50 _ 47012 Nespoli (FC) Tel. 0543.989637 - Fax 0543.989247 www.poderidalnespoli.com info@poderidalnespoli.com

bile di cantina. La famiglia Ravaioli, con Giovanni Romanini socio e amministratore e il nuovo connubio con MGM- Mondo del Vino vede nel premio del Gambero Rosso un riconoscimento per il rinnovamento sempre in atto della propria azienda vitivinicola, corroborato da un pluridecennale amore per il buon vino. Come se non bastasse nel corso della fiera di punta del mondo del vino, ‘Enologica’ di Faenza, un altro vino dei Poderi dal Nespoli è stato premiato come “campione di stile” dalle 4 guide più autorevoli a livello nazionale, il Gambero Rosso, la guida di Slow food, quella dell’Espresso e le pubblicazioni ufficiali delle Ais: si tratta del Sangiovese Superiore “Il Prugneto 2008” Poderi dal Nespoli.


Editoriale

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Bruno Barbieri

BRUNO BARBIERI cucinare è un viaggio. Testo Mariavittoria Andrini Foto Stefania Sainaghi Prigioniere del Gusto

Ai fornelli da trent’anni, lo chef bolognese è spesso in viaggio nel mondo. Al suo ritorno nelle colline veronesi, dove si trova il suo ristorante Arquade, i suoi piatti si arricchiscono dei sapori assaggiati in compagnia degli Indios sudamericani o nelle tavole arabe.

Ho incontrato Bruno Barbieri, bolognese di nascita, in un giorno di pioggia. “La amo - racconta mentre imperversa un tipico acquazzone autunnale. Non so perché ma quando piove divento più creativo.” Oltre trent’anni di “onorata carriera” in giro per il mondo ma con un imprinting importante: quello del Trigabolo di Argenta. Qui giovani chef come lui stesso, Igles Corelli e il patron Giacinto Rossetti, segnarono negli anni Ottanta l’avanguardia della moderna gastronomia italiana. Con loro tutto cambiò. Oggi Bruno è lo chef pluristellato del ristorante Arquade di Villa del Quar, splendido Relais Chateau a 5 stelle nel cuore della Valpolicella. Quella sua aria da eterno ragazzo, quei suoi occhi che ridono, quel modo di approcciare vivace rende l’intervista piacevole. È sufficiente ascoltare non solo quanto dice, ma come lo dice, le inflessioni della voce, la gestualità, l’espressione. Ascoltare la sua

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Bruno Barbieri

anima. Non c’è bisogno di fare domande. Fa tutto da solo. E così, fra un viaggio e l’altro, fra una paranoia e l’altra, fra ricordi che emergono da un passato recente o remoto le ore passano veloci. Non era dello chef di successo, dei suoi piatti o dove ha lavorato che volevo sapere. Volevo sapere com’è lui, dentro. Cosa pensa, come si diverte, cos’è per lui la famiglia, la mamma, la nonna. Cosa sono per lui gli amici. Insomma, volevo capire cosa mette nel piatto oltre a buona carne, buona verdura, buoni dolci. Perché uno chef che ha da anni due stelle Michelin, scrive libri, conduce trasmissioni televisive non può avere solo tecnica o saperne a iosa di marketing. Deve esserci qualcosa di lui in quel piatto di filetto! Ed era quel “dietro le quinte” che volevo scoprire. “Me ne sono andato da casa a 17 anni - racconta - e praticamente ci debbo ancora tornare.” Il suo sogno era di diventare chef, una scelta difficile allora, anche perché il padre sognava per lui una vita da ingegnere. “Ma mia nonna aveva già segnato il mio destino. Lei, unica ispiratrice, mi ha fatto scoprire questo mondo meraviglioso con le sue tagliatelle, i suoi tortellini, il suo pane quotidiano cotto a legna, la crosta delle lasagne. Ma l’incontro più importante per la mia formazione di uomo e professionista l’ho fatto, del tutto casualmente, al porto di New York il 16 dicembre 1979 alle 3 di pomeriggio. Era Igles Corelli. Il 16 è il mio numero fortunato ed è sempre alle 3 di pomeriggio che mi succedono fatti che segneranno poi la mia vita. Infatti, è stato proprio alla stessa ora nel maggio 2007, che ho incontrato persone che mi hanno ‘illuminato’ facendomi capire l’importanza dei veri valori e guardare oltre ciò che vedi. Fino ad allora - spiega - il

Arrosto di mazzancolle in foglie di melanzana con confetture di pomodoro e chily.

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Bruno Barbieri

Didascalia

Gratin di tagliatelle con ragout di cortile e rigaglie uova barzotte estratto di saba al limone.

mio percorso di vita è stato sempre sul filo del rasoio e al limite di tutto. Mi piaceva raggiungere il successo e ci sono riuscito, ma, una volta arrivato, mi sono reso conto che ero dentro ad una lavatrice. Non ero più padrone neppure della mia anima. Ho cinque telefonini, quattro per lavoro e uno per la famiglia. Suonano continuamente ma non è quasi mai per sapere io, Bruno, come sto. Quasi sempre cercano Bruno, lo chef di successo. Ed è allora che ti rendi conto che, a 47 anni, sei un uomo solo.” È partito con “una valigia di cartone”. Ora si può permettere valigie di Luis Vuitton ma quando viaggia preferisce semplicemente uno zaino e poche cose dentro. “Sono molto curioso e amo scoprire il mondo, la gente, nuove storie, sapori e odori. Negli ultimi anni ho scoperto il fascino dell’Amazzonia navigando il Rio delle Amazzoni al contrario. Ho viaggiato da Panama al Brasile su autobus di linea e attraversato le Ande venezuelane su e giù per 5000 chilometri. Mi sono reso conto di cosa vuol dire uccidere la natura, dei danni del disboscamento. Ho conosciuto tribù come gli Indios Sateré, che masticano giornalmente guaranà. Ho assaggiato miele prodotto da api senza pungiglione, che sa di muschio e foresta, ho mangiato formiche che si cibano di miele, termiti da cui si ricava anche la birra. Sapori affascinanti e spesso strani, che poi, inevitabilmente, influenzano anche il mio modo di vivere la cucina.” Ama lo champagne, la Coca Cola, porta orologi Swatch e non Rolex, frequenta poco i ristoranti importanti e ama, invece, essere invitato a casa degli amici. “Amo la cucina delle donne,

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Bruno Barbieri

mangio sempre leggero e bevo poco ma bene. Sono attento al mio aspetto fisico, non fumo, dormo cinque ore per notte.” Simpatico e sereno, racconta anche di alcune abitudini più private che definisce “paranoie”: deve sentire sempre scorrere l’acqua per cui i rubinetti sono continuamente in funzione, soffre di claustrofobia e non riesce a vivere senza la luce accesa. “Ho una casa segreta a Bologna dove entrano solo gli amici più fidati. Bene, ha 9 finestre, 5 lucernai e 2 oblò sempre aperti giorno e notte.” Ma cos’è per Barbieri la cucina oggi? “La cucina è allo sbando. L’estremismo gastronomico alla fine non paga. Non possiamo dimenticare che siamo italiani, con una tradizione e un vissuto gastronomico imprescindibile. Nella cucina spagnola, oggi portata alle stelle, io non ci vedo dietro l’uomo. Non c’è la storia. Non credo sia indispensabile avere l’abbattitore, l’affumicatore, il forno trivalente. Certo, la tecnologia aiuta, ma se hai talento cucini bene anche a casa. Sono il primo cliente di me stesso e non cucino nulla che a me non piaccia. Oggi, dopo 30 anni di lavoro, non voglio più cucinare per un clan di esperti, per chi se la racconta. Voglio cucinare per la gente comune che viene nel mio ristorante perché si mangia bene.” Sempre in movimento, sempre in viaggio a studiare nuovi sapori. “Ho scoperto il mondo arabo e mi affascina. La cucina libanese è splendida. Ora parto per la Turchia poi andrò in Africa a insegnare le basi della cucina italiana ai cuochi di Medici senza Frontiere. Forse fuggo, scappo continuamente. Il fatto è che ancora non so né perché, né da cosa.”

Bibliografia culinaria. Uno chef scrittore, autore di diversi volumi dedicati alla cucina, tutti ricchi d’immagini. Di recentissima uscita, pubblicati da Bibliotheca Culinaria di Lodi, Cipolle buone da far piangere, che dà ruolo da protagonista alla “cenerentola” della cucina, ingrediente base per tantissime preparazioni, e Ripieni di bontà, in cui Bariberi propone una gamma di ricette con farciti e ripieni capaci di esaltare ogni piatto, dallo stuzzichino al dolce. Sempre per lo stesso editore, nella collana “Cartolina dalla cucina”, Bruno ha pubblicato, in questi anni, Tegami, L’uva nel piatto, Squisitamente senza glutine, Fuori dal guscio, Polpette che passione. www.bibliothecaculinaria.it

Latte di mandorle con composta calda di mango e menta, pistacchi di Bronte pralinati.

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Bruno Barbieri

Bruno Barbieri ritratto in cucina insieme al suo staff.

Villa del Quar e il Ristorante Arquade. Il “regno” di Bruno Barbieri si trova a 5 km da Verona, tra le colline della Valpolicella, all’interno di una struttura di grande eleganza. Villa del Quar (guidata dalla coppia Leopoldo Montresor e Maria Evelina Acampora) è, infatti, una tipica dimora patrizia veneta, monumento nazionale. 25 le camere (12 doppie, 10 suites e 3 junior suite), tutte arredate con mobili antichi originali. Due i ristoranti: Quar 12, locale informale e adatto a una clientela più giovane e, appunto, Arquade, che si articola in due sale interne: la prima più intima, con soffitto ligneo e chiamata Trésor; la seconda, Eurosia, era un tempo la chiesetta della villa, e ha un alto soffitto a volta. Suggestivo sostare all’esterno nei mesi estivi, con vista sul giardino fiorito e sulle colline circostanti ricche di ciliegi, viti e cipressi. www.hotelvilladelquar.it; www.ristorantearquade.it

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La Riserva di Sasso Fratino

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La Riserva di Sasso Fratino

La RISERVA DI SASSO FRATINO i primi 50 anni di una storia felice di uomini e natura.

Testo Pier Luigi Bazzocchi - foto Eugenio Barzanti

A metà ’900, la lungimiranza di Fausto Clauser, amministratore dell’Azienda Statale delle Foreste Demaniali, ha portato all’istituzione della Riserva Integrale di Sasso Fratino. Oggi, in quest’area della Romagna al confine con la Toscana, la natura segue i suoi cicli di vita offrendo riparo a numerose specie animali.

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La Riserva di Sasso Fratino

Sono stati appena festeggiati i primi 50 anni della Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, un luogo magico nel quale, dal 1959, è proibita ogni opera dell’uomo e la stessa presenza umana è rarissima e giustificata solo da motivi di studio e ricerca. Ma quanti sono i secoli di vita del festeggiato, cioè i quasi 800 ettari di alberi, muschi e cespugli che compongono la Riserva? È una storia che, utilizzando la più usata delle frasi retoriche, si perde nella notte dei tempi, eppure il 9 e 10 ottobre si è festeggiato un compleanno nel compleanno. Da una parte quello dell’istituzione della Riserva, anniversario che ha ricordato un’azione del tutto umana, giuridica e burocratica soprattutto, dall’altro un anniversario del mondo della natura con tempi che sfuggono alla nostra storia di uomini, iniziata quando le foreste c’erano già, che nelle foreste ha trovato le risorse per crescere e moltiplicarsi per poi dimenticarsene fino a mettere a rischio, per questa amnesia suicida, la propria sopravvivenza. Il cammino che porterà all’istituzione della Riserva inizia, in realtà, qualche anno prima del 1959 quando alcuni, allora isolatissimi, sostenitori della salvaguardia della natura pensarono bene di proteggere integralmente prima 50 ettari, poi 100 ed infine, definitivamente, 764,25 di un territorio ubicato interamente nella provincia di Forlì-Cesena e compreso in quello che diventerà, molti anni dopo, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Fortuna volle che il primo di questi sostenitori, Fausto Clauser, fosse amministratore dell’Azienda

Sopra e in apertura, immagini della Riserva Integrale di Sasso Fratino a 50 anni dalla sua istituzione: i tronchi spezzati dall’età e dalle intemperie giacciono a terra, ricoperti di muschio. A fianco, un esemplare di aquila reale, specie avifaunistica che nidifica nella Riserva.

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La Riserva di Sasso Fratino

Un possibile itinerario. Se non è possibile entrare dentro la Riserva Naturale Integrale si possono però percorrere, per lunghi tratti, i suoi confini e perdere lo sguardo nel fitto di alberi e cespugli la cui totale libertà di vita e di morte li differenzia, in modo evidente, dal resto della foresta. Suggeriamo un itinerario, fra i tanti, perfetto per la mountain bike ma adatto anche a buoni camminatori e, in parte, a chi non sa, non vuole o non può lasciare l’automobile. Si raggiunge Ridracoli, dalla statale che unisce Romagna e Toscana, svoltando a sinistra pochi chilometri dopo Santa Sofia. Da Ridracoli si sale, lungo una strada bianca ma di buona manutenzione, a Casanova dell’Alpe, borgo rurale antico di recente ristrutturato. Si prosegue fino alla sbarra che impedisce l’accesso ai veicoli motorizzati. Siamo sulla strada forestale della Lama che si raggiunge, svoltando a destra, lungo uno scenario naturale di bellezza incomparabile. Arrivati alla Lama prenderemo a sinistra e, poco dopo, inizierà, sulla nostra sinistra, la Riserva di Sasso Fratino che ci accompagnerà fino al bivio che sale, a destra, a San Paolo in Alpe per poi ridiscendere fino a Biserno e Ridracoli. www.forestecasentinesi.it

statale delle Foreste Demaniali e si trovasse, al fianco, Mario Pavan, professore all’università di Pavia. Racconta Clauser, nello splendido volume edito in occasione del cinquantenario, che dovendo procedere al taglio del bosco lungo le pendici settentrionali di Poggio Scali, Sasso Fratino appunto, si trovò di fronte a un luogo praticamente incontaminato perché inaccessibile agli strumenti storicamente utilizzati per il taglio del bosco. “Quel bosco offriva, e grazie alla Riserva presenta ancora, un paesaggio eccezionale per l’esistenza di tanti fusti antichi di molte specie diverse: faggi, abeti, frassini, aceri, carpini, tassi, olmi, querce; alberi di dimensioni inconsuete nei boschi appenninici: piante, in parte, piene di vita, ancora di giovane apparenza, malgrado la loro vita secolare, in parte espressione evidente di una maestosa e vigorosa vecchiaia, in parte disfatte in un lungo processo di riciclaggio del legno in humus, in parte ancora piantine giovanissime, segno di una rinnovazione, lenta ma sicura del bosco.” La scelta della tutela integrale al posto del taglio del bosco fu, per Clauser, semplice ma molto difficile da far accettare. Gli anni ’50 non si caratterizzarono certo per una diffusa sensibilità ambientalista e, nel 1954, non fu nemmeno presa in considerazione la sua proposta d’istituire due riserve integrali nel Parco Nazionale d’Abruzzo nonostante si trattasse di foreste ancor più intatte di Sasso Fratino. Poi l’incontro con Pavan e la sua forza di persuasione, così, nel 1959, la Riserva Integrale di Sasso

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La Riserva di Sasso Fratino

Fratino divenne realtà. La storia della Riserva e del Parco che la ricomprende è stata ricostruita a partire, più o meno, dall’anno Mille da valenti e appassionati studiosi come Clauser stesso, Gabbrielli, Settesoldi, Padula e altri ancora. È una storia antica ma anche modernissima, che racconta un altro capitolo dell’eterno e, forse, inevitabile conflitto fra l’uomo e l’ambiente naturale che dal suo sfruttamento trae le risorse per la sua sopravvivenza prima e per il suo benessere dopo. È una storia che non ha trovato ancora un punto d’equilibrio, una pace serena e duratura ma che mai come oggi, di questa pace avverte l’esigenza. Nell’anno Mille questi boschi erano di proprietà della nobile famiglia Guidi del Casentino che qui esercitava la caccia. Subentrò poi la Repubblica di Firenze che la donò all’opera di Santa Maria del Fiore perché ne traesse materiale e soldi per la costruzione della nuova cattedrale di Firenze e questo fu per circa 400 anni. Ma se le popolazioni limitrofe toscane erano caratterizzate da una cultura più “montanara”, quindi più vocata al mantenimento delle foreste, sull’altro versante i “contadini” romagnoli vedevano, in quelle terre, estese per 10.00 ettari, tanti potenziali terreni da coltivare. Nonostante i divieti vaste porzioni della foresta bassa venivano disboscate e messe a coltura o a pascolo e si costruivano case o capanne. Fin d’allora però, nelle cronache che riportano l’elenco dei vari insediamenti agricoli, pochissime sono le citazioni di Sasso Fratino. Si arriva così alla fine del ’700 e al Granduca Pietro Leopoldo che liberalizzò il taglio dei boschi

Sopra, un panorama della conca che ospita la diga di Ridracoli, bacino artificiale che si estende fino alle pendici della Riserva Integrale di Sasso Fratino. Nella pagina a fianco, il fosso delle Macine, all’interno della Riserva.

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I contadini e la foresta. Sulla vocazione agricola delle genti di Romagna esiste una sterminata letteratura ed è quindi ben comprensibile l’interesse che, dal versante romagnolo, si manifestò, nei secoli, per i territori occupati dalla foresta casentinese. Se è giusto oggi esaminare criticamente questa vocazione che portò alla distruzione di gran parte della foresta bassa, sarebbe altrettanto giusto raccontare della vita, ai limiti della sopravvivenza, di quei contadini “di frontiera”. Vivevano quasi totalmente isolati, con una rendita agraria che definire misera sarebbe un eufemismo. Erano esposti a variazioni climatiche, fra estati torride ma, soprattutto, inverni rigidissimi che estendevano i loro nefasti effetti fin all’inizio dell’estate e che, non raramente, portavano neve anche nei primi mesi estivi impedendo i raccolti quando la perdita di un raccolto significava fame e disperazione. Anche nella stagione più favorevole i raccolti erano sempre e comunque miseri. Si racconta che occorresse la semina di un quintale di grano per poterne raccogliere mezzo di più!


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La Riserva di Sasso Fratino

fino al crinale appenninico con le scellerate conseguenze che si possono facilmente immaginare e neppure la successiva cessione, in enfiteusi, delle foreste a frati Camaldolesi portò grandi miglioramenti. Allora il Granduca Loeopoldo II affidò a due forestali boemi l’incarico di studiare le condizioni della foresta la cui estensione intanto era scesa sotto i 5.000 ettari; l’anno era il 1835. I risultati degli studi convinsero il Granduca a rescindere il contratto coi Camaldolesi e ad affidare l’amministrazione della foresta ad un ispettore forestale, Carlo Siemoni, uomo di straordinarie capacità a cui successe il figlio Odoardo. La storia di Sasso Fratino scorre intanto parallela ma senza sostanziali mutazioni soprattutto grazie alla protezione dell’impervia morfologia del suo territorio che la salvò anche dalle forti necessità di legname della I Guerra mondiale. Intanto il destino della proprietà si fa incerto e finalmente, nel 1914, passa all’Azienda del demanio forestale di Stato che si dedicò alla ricostruzione del patrimonio boschivo. Arrivano gli anni ’50 del secolo scorso e la felicissima intuizione di Clauser di escludere Sasso Fratino da ogni intervento umano dando così il via all’istituzione della Riserva Naturale Integrale.

Chiesetta della Foresta della Lama, che confina con l’area Integrale di Sasso Fratino.

La fauna. Il mondo degli animali selvatici ha propri confini che, quasi mai, coincidono con quelli dell’uomo moderno. I loro sono quelli suggeriti dalla necessità di nutrirsi e riprodursi. Non ha quindi senso parlare di una fauna specifica ed esclusiva della Riserva di Sasso Fratino ma, più in generale, delle presenze faunistiche del Parco delle Foreste Casentinesi, entro i cui confini questa è compresa. Sono presenze importantissime che vanno da piccoli insetti di specie anche molto rare ai maestosi cervi, dai mansueti caprioli al predatore per antonomasia dei nostri monti, il lupo, senza dimenticare l’avifauna, dalle aquile al misterioso rampichino alpestre o al tambureggiante picchio nero. Degna di nota è l’attenta e paziente ricerca di Giancarlo Tedaldi, volta a certificare oltre ogni ragionevole dubbio la presenza, nella Riserva o nelle zone limitrofe, del gatto selvatico. I primi risultati sembrano essere incoraggianti.

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UN ALBERGO Un edificio dei primi del ’900 affacciato sul Porto Canale di Cesenatico, sei camere arredate con gusto e caratterizzate da opere d’arte contemporanea, ognuna realizzata con uno stile inconfondibile ed autentico, frutto di studi e ricerche. Qui ogni piccolo particolare è importante: dall’accuratezza dei motivi decorativi, fiori, ghirlande e fregi che sottolineano e arricchiscono carte da parati, tappezzerie, biancheria, ai complementi d’arredo studiati per compiacere i desideri della clientela.

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I luoghi dello spirito

I luoghi dello Spirito la nuova guida di Edizioni IN Magazine. Testo Francesca Renzi

Da Imola a Rimini, dagli Appennini alla costa, tutta la Romagna è punteggiata da chiese, cattedrali, abbazie, eremi e pievi: un patrimonio affascinante, da scoprire in 52 itinerari a piedi, dove la fede si intreccia con le tradizioni popolari e invita a ritagliarsi momenti di pausa e di riflessione. Santiago de Compostela, Fatima, Lourdes: quando si parla di pellegrinaggi e spiritualità, la mente corre inevitabilmente a questi grandi luoghi di fede e di preghiera, intrisi dell’odore dell’incenso e della cera sciolta. Tuttavia, per ritemprare lo spirito o, più semplicemente, per prendersi una pausa di riflessione, non è sempre necessario percorrere centinaia di chilometri: anche la piccola Romagna è punteggiata da piccole pievi, oratori, cappelle e romitori, che si affiancano alle grandi basiliche di città. Alcuni sono veri e propri luoghi di culto, dove vengono celebrate funzioni religiose, come il Duomo di Faenza, il riminese Tempio Malatestiano, le basiliche bizantine di Ravenna e le chiese parrocchiali di campagna; ci sono, però, anche piccole cappelle votive, maestà ai bordi della strada, vecchie chiese sconsacrate che emanano un ineguagliabile fascino e invitano alla serenità. Tutti questi sono i luoghi dello spirito, quelli che invitano a riflettere e a rilassarsi, accoglienti tanto per chi crede quanto per chi non trova conforto nella fede: la bellezza di cattedrali e chiesette, espressa dalle linee architettoniche, dai dipinti e dalle opere d’arte riempie gli occhi di ogni osservatore. Matteo Ranucci, giornalista forlivese, ha selezionato molti di questi e li ha raccolti nel libro 52 luoghi spirituali in Romagna, in uscita a dicembre. Accompagnando il lettore in una piacevole passeggiata, l’autore suggerisce piccoli pellegrinaggi, escursioni alla scoperta di un territorio dalla storia antica e dalle tradizioni profonde che si intrecciano con i simboli della fede. Una selezione dei luoghi più suggestivi ed emozionanti, dove la fede si intesse con la tradizione e le credenze popolari, dando vita a vecchie leggende tramandate da generazioni e ancor oggi affascinanti. In un luogo così, ci si ritrova immersi nel silenzio della riflessione, tanto tra i boschi di montagna quanto a pochi passi dal centro delle città romagnole.

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52 luoghi spirituali in Romagna. Dopo il successo di 52 domeniche in Romagna (15.000 copie vendute e ora alla terza edizione) e di 52 storie e luoghi di Romagna, Edizioni IN Magazine presenta 52 luoghi spirituali in Romagna, una raccolta di itinerari - uno per ogni settimana che si snodano attorno ai più importanti luoghi di fede, dalla provincia di Rimini al territorio imolese. Proposte di “cammino” più o meno brevi, arricchiti da testi e immagini, con preziose informazioni su come raggiungerli, il periodo migliore per visitarli, il patrimonio artistico e il valore religioso e storico che li rende unici. www.inmagazine.it


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Paola Michelacci Un Cavaliere del Lavoro alla guida di un impero del turismo fondato sull’eccellenza. Qualità e stile inconfondibili che si ritrovano in ognuna delle sue 14 strutture alberghiere, tra Marche, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige.

Una vita di passioni coronata dal traguardo più prestigioso. Paola Michelacci, donna di cultura e innamorata del proprio lavoro, proprietaria di 14 strutture alberghiere, 10 hotels e 4 residence situati nelle regioni Marche, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige circa un anno fa ha ricevuto la massima onorificenza alla quale possa aspirare un imprenditore: è stata nominata Cavaliere del Lavoro. Che emozione le ha regalato questo riconoscimento così significativo? “Emozioni molto forti – racconta gentile la signora Michelacci –. È stato il traguardo di una carriera. Diventare Cavaliere del Lavoro significa rispondere a requisiti ben precisi sia di tipo imprenditoriale che di impegno sociale. Io non sono figlia di imprenditori, ma di professionisti”. Una doppia valenza in quanto imprenditrice e donna. Paola Michelacci è infatti l’unica marchigiana ad aver ricevuto questo riconoscimento. Ma non solo. Il 18 settembre scorso Paola è stata iscritta all’albo d’Oro di Confindustria. Al teatro Rossini di Pesaro ha ricevuto dalle mani del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, l’ambita onorificenza per “Lo straordinario contributo in favore dello sviluppo del sistema produttivo della provincia di Pesaro-Urbaino”. Un esempio per tutte le imprenditrici impegnate nel lavoro ad alti livelli. “Non so se posso essere definita un esempio – spiega svelando una rara modestia -. Per quanto mi riguar-

Sopra, Paola Michelacci ha ricevuto il riconoscimento di Cavaliere del Lavoro nell’ottobre 2008.

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da mi sono sempre dedicata al lavoro con passione”. Premi a non finire: i il “Golden Helm, timoniere del turismo” conferitole nel 1996 dal Senato di Berlino, il “Bellisario-sezione imprenditori”, l’europeo “Benemeriti del turismo”, “Excellent 2005”, che rappresenta l’Oscar della carriera turistica, il premio “Una vita per il turismo” dalla Stampa Europea e nel

2005 fu insignita dall’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi dell’Onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Meriti riconosciuti alla coraggiosa imprenditrice che ora siede a capo di un impero. La punta di diamante è il Grand Hotel Michelacci a Gabicce Mare. Sempre nella splendida baia che segna il confine tra Romagna e Marche la Residenza del Grand Hotel, l’Hotel Maremonti, la Beauty Farm Maison d’O e l’M Glamour Hotel. Poi residences al mare, a Gabicce e Cattolica nelle zone più esclusive, sull’Appennino ToscoRomagnolo la Country House La Casetta e la dimora storica Palazzo Michelacci e sull’Alpe di Siusi in alto Adige il Residence Sciliar. Paola è donna di iniziative, donna di amore per l’ospitalità, donna di raffinata cultura. È approdata infatti al mondo del turismo dopo aver dedicato metà della sua vita allo studio. Tre lauree: prima in Scienze politiche, poi in Filosofia e successivamente anche in Lettere Antiche, e un diploma in francese alla Sorbonne di Parigi. Dopo aver insegnato Lettere e aver ricoperto la cattedra di Economia Politica per la facoltà di Studi Turistici, quasi per caso, o meglio per necessità familiare, ha accettato la proposta del padre, stimato medico, e si è trovata a gestire l’hotel acquistato qualche anno prima proprio sopra l’ambulatorio medico a Gabicce Mare. Da qui, era il 1975, nasce un amore che porterà Paola a costruire un modello turistico di ultima generazione in grado di competere con i mercati internazionali. L’imprenditrice è legata al patrimonio del proprio territorio da solide radici e proprio per questo può permettersi di guardare sempre alle nuove occasioni che offre il futuro. “Al momento siamo in piena ristrutturazione di tre delle strutture che sto gestendo. Il nostro obiettivo è di essere sempre all’avanguardia per regalare nuove emozioni ai fruitori dei nostri hotels. A me piace cambiare, spaziare, guardare avanti. Ho anche un sogno nel cassetto...” Anzi, Paola si corregge, evidenziando così il pragmatismo che l’ha portata agli altissimi livelli e incarichi che attualmente ha raggiunto: “Non è esattamente chiuso nel cassetto perché è un sogno reale al quale sto concretamente lavorando...”. Di sogni l’imprenditrice marchigiana ne ha realizzati tantissimi. Si va da un albergo per non vedenti in località Corniolo, immerso nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna sull’Appennino Tosco-Romagnolo (ma anche i vedenti potranno usufruirne), al Glamour Hotel, un incanto per chiunque sia appassionato di fashion e

In alto a sinistra, Paola Michelacci insieme a Luca Cordero di Montezemolo; sotto un’immagine dell’imprenditrice. Nella pagina a fianco, Paola Michelacci viene nominata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano Cavaliere del Lavoro, unica donna delle Marche.

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tendenze. “L’albergo per non vedenti nel Comune di Santa Sofia (Forlì) adesso è una realtà – spiega -. È l’unica struttura di questa tipologia e con questi standard in Europa. Ci sono mappe tattili ed è caratterizzato dalla funzionalità dei sistemi e dalla facilità di ciascun servizio. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita, in vacanza, delle persone non vedenti grazie ad un soggiorno che “coccola” gli altri sensi”. Il Glamour Hotel è un piccolo miracolo: uno storico albergo di Gabicce completamente ristrutturato che ha cambiato volto e sostanza in soli sei mesi. “Il lavoro è stato seguito da un team di architetti e collaboratori validissimi. In un tempo brevissimo abbiamo ottenuto risultati straordinari e dall’apertura abbiamo registrato sempre il “tutto esaurito”. Le camere sono lussuosamente arredate con componenti di estrema tendenza, tocchi eccentrici come le piume di struzzo o la splendida piscina nera. Le suites all’ultimo piano godono di una meravigliosa vista panoramica e sono dotate di vasca da bagno in stanza. E i nomi che le rappresentano: black, dream, charme, aprono le porte ad una vera favola”. Le offerte degli hotel di proprietà di Paola Michelacci spaziano per accontentare tutti i gusti, anche i più ricercati. È questo il segreto di un successo che non conosce crisi? “Negli ultimi anni è molto cambiato il modo di fare impresa – racconta -. Io credo nei turismi. Le strutture devono essere in grado di cambiare le loro offerte a seconda del tipo di visitatore che intendono richiamare: sportivo, culturale, alla ricerca di relax. Solo per fare qualche esempio. Qualche

anno fa ho intrapreso la via del turismo Kosher. Si tratta di una clientela difficile da accontentare, ma che mi ha dato e continua tutt’ora a darmi moltissime soddisfazioni”. Gli Hotel Michelacci sono diventati anche un punto d’eccellenza per il turismo congressuale. “Sì, ho investito molto in questo settore. Il nostro staff professionale organizza con competenza e professionalità riunioni e occasioni speciali nelle nostre sale congressi che arrivano fino ad una capienza di 500 persone. Credo che la provincia di Pesaro debba diventare il centro congressuale di tutte le Marche. Anzi credo fortemente che tutto il nostro splendido territorio possa e debba essere rilanciato. Di nuove occasioni se ne presentano tutti i giorni. Bisogna saperle cogliere basandosi su progetti ben precisi”. Ed è la cultura di una donna di studi e passione per l’arte in tutte le sue forme ad emergere quando si parla di patrimonio paesaggistico. “Nella nostra zona abbiamo tutto, dalle alchimie di Cagliostro ai meravigliosi blu di Piero della Francesca, dall’Infinito di Leopardi agli amori di Dante fino alle note di Rossini. E come non citare l’enogastronomia d’eccellenza della nostra terra. Due volte alla settimana nei miei hotels offro cene appositamente pensate per far scoprire a chi non la conosce questa preziosa risorsa territoriale”. Radici, dicevamo, solide radici che permettono di pensare al futuro. “Il salto di generazione nelle mie strutture c’è già stato. Mia figlia (che in tasca ha una laurea in Farmacia, ndr) lavora insieme a me. I miei nipotini sono ancora piccoli ma i presupposti per un futuro ricambio generazionale ci sono tutti” sorride.

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SCENOGRAFIE DI STILI. In ognuna delle case visitate su questo numero di Dome, l’arte riveste un ruolo fondamentale: a Rimini, il proprietario ama circondarsi di oggetti d’antiquariato e di pezzi da collezione. A Cesena, precisamente a Sorrivoli, l’arte vive effettivamente in una casa tra le colline, dove lo scultore Ilario Fioravanti realizza i suoi lavori come in un’antica bottega. Infine, la storica Villa della Pandolfa, sui colli di Predappio, conserva e ha conservato, tra le sue mura, grandi testimonianze artistiche che abbellivano la vita di chi ha avuto la fortuna di abitarla, ed oggi celebra la sua rinascita.

FORLì: Dalla storia all’eternità, CESENA: La casa atelier,

Rimini: L’arte di vivere, REGGIO EMILIA: Ceramiche Refin.


Accenti

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Ispirazioni esotiche per DOM Edizioni.

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Cesena - Passione per l’interior design, attenzione per i dettagli, eleganza innata: sono le caratteristiche della DOM Home Philosophy di Domenico Mula. Una filosofia di vita che si innesta perfettamente nello stile di DOM Edizioni, che dal 2006 realizza arredi per case, yacht e lussuosi alberghi. Purezza delle forme, ricerca del particolare e innovazione sono le direttrici che le hanno garantito la partecipazione alla prestigiosa fiera parigina Maison & Object, dove l’azienda si è presentata con uno stand scenografico, ispirato al Tropical Déco, che riecheggia atmosfere anni Trenta del Brasile. Le stesse linee che caratterizzano la stagione 2009/2010 della DOM Edizioni, che guarda all’esotico utilizzando il prezioso legno d’ebano, interpretato in chiave anni Trenta.


Rimadesio / collection

V i a l e S a l i n a t o r e , 5 7 - 4710 0 F o r l ĂŹ - Te l . 0 5 4 3 3 4 5 5 8 - F a x 0 5 4 3 3 5 24 3 - m i n o t t i t e n d e n z e @ f a s t w e b n e t . i t


Editoriale

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DALLA STORIA ALL’ETERNITà

passato e presente di Villa e Tenuta Pandolfa. Testo Ulisse Tramonti - foto Giorgio Sabatini

Nobile dimora sulle colline di Predappio, è stata per secoli villeggiatura di campagna della famiglia Albicini. Dopo un periodo di decadenza, dagli anni ’50 del secolo scorso la nuova propietà ne ha rinnovato gli antichi splendori, avviando la Villa a un futuro ancora più prestigioso.


Dalla storia all’eternità

Ci sono luoghi che dimorano stabilmente nell’anima di ognuno, ma anche luoghi, assai più rari, che sono parte indissolubile della memoria collettiva, che possiedono al loro interno un punto di equilibrio sempre avanzato e coerente della combinazione tra bellezza del paesaggio e opera dell’uomo, frammentato unicum antropizzato, che la “natura naturata” e quella ”artificiata” hanno gradualmente costruito. La Tenuta della Pandolfa a Fiumana di Predappio (FC), con la sua monumentale villa, è sicuramente uno di questi, straordinaria credenziale a fondamento di quell’indispensabile colloquio tra ininterrotto flusso delle misure della storia e frammentata condizione della nostra modernità. La denominazione è un termine identificativo sia della villa, che della vasta tenuta che la circonda, adagiata su un pendio collinare a dominio di un ampio tratto della bassa valle del Rabbi. Il toponimo “Pandolfa” è annoverato fra quei vocaboli derivati da “nomi di persona in forma primitiva”, indicando nel personale Pandolfo il prototipo longobardo, poi latinizzato Pandulfus, da cui deriva. Il primo nucleo del casino di caccia, atterrato intorno al 1930 per un’irrimediabile fatiscenza, si era certamente consolidato su una struttura difensiva, come regolarmente si era verificato per le ville dell’area forlivese sorte intorno al XVI secolo. Della proprietà della famiglia Albicini, che l’ha posseduta fino agli inizi degli anni ’40 del ’900, esistono notizie documentate dalla metà del XVII secolo, progressivamente arricchite da documentazione sempre più dettagliata, libri mastri

che annotano dal 1731 al ’63 la costruzione della Fabbrica Nuova, comunicante al livello del primo piano col casino vecchio, insufficiente a rappresentare i ranghi della grande famiglia marchionale. La decisione di costruire una nuova residenza inseriva Andrea e Lucrezia Bonaccorsi Albicini all’interno di quella diffusa tendenza aristocratica, avviatasi nella prima metà del ’700, per la quale i nobili casati sembravano ravvisare nella trasformazione delle residenze di campagna il modo più idoneo per commisurare lo stato sociale raggiunto. Merlini, Gaddi, Monsignani, Paulucci, Orselli, Merenda, unitamente agli Albicini, assumevano in questa “gara di prestigio” svolta sul territorio locale, il ruolo di munifici mecenati. La consultazione sistematica delle carte Albicini, conservate presso l’archivio del palazzo di città, consente di giungere ad una ricostruzione, per quanto possibile e circostanziata, delle vicende architettoniche della nuova villa, che fra imprevisti ed inevitabili rallentamenti abbracciano un arco di tempo compreso tra il 1731 e il 1763. Non sappiamo se alla stesura del progetto abbia avuto parte un vero e proprio architetto (l’inventario del 1780 annota all’interno della Pandolfa un disegno della nuova fabbrica, incorniciato e appeso), o più semplicemente di un qualificato capomastro muratore, quel tal “mastro Pietro Oliva”, pagato per avere effettuato diversi sopralluoghi, ancor prima che iniziassero i lavori. Un personaggio certamente fidato e di rilevo, a cui si deve la precisa localizzazione dell’imponente edificio, il tracciamento del suo ingombro, la valutazione

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Dalla storia all’eternità

della natura del terreno su cui scavare le fondamenta. La presenza in cantiere di “Carta imperiale per disegni e di un lapis per disegnare” ci fa supporre che le fasi progettuali della costruzione venissero decise di volta in volta in cantiere. Le informazioni che ci provengono dai libri contabili, compilati durante la costruzione ci raccontano anche la complessità del reperimento dei materiali, che richiedeva tempi lunghi e altrettanto impegnativi costi. A differenza delle altre residenze di campagna sorte o ristrutturate nel forlivese, la villa della Pandolfa presentava caratteri formali e tipologici che si distaccavano dalle consuetudini costruttive: la nuova villa abbandonava il consueto corridoio centrale passante di distribuzione, trasformandolo a tutti i piani in grandi spazi di soggiorno. Va ricordato inoltre che l’ingresso principale era a monte, dalla parte della chiesina di Santa Rosalia e a livello dell’attuale primo piano. I prospetti esterni, a loro volta si delineano scanditi da una serrata successione di finestre delimitate da cornici sagomate “a orecchia” , che si fanno più grandi nel primo e nel secondo piano, i più importanti spazi di vita. Fra le opere più impegnative che dovettero occupare il cantiere, va annoverata la realizzazione del grande scalone, la cui tipologia testimonia quanto Andrea Albicini (1696-1779) fosse attento agli esiti innovatori maturati in periodo barocco su questa particolare soluzione architettonica, elaborata in pieno ’600 in ambito emiliano e specialmente a Bologna. Lo scalone della Pandolfa,

La Pandolfa, Resort di lusso.

Suggestivo scorcio dei vigneti della Tenuta Pandolfa, sui colli di Predappio.

Questa imponente Villa, per secoli protagonista di avvenimenti storici, è stata da poco sottoposta ad un attento restauro voluto dalla proprietaria Paola Piscopo. Villa e proprietà circostante, infatti, ospiteranno nei prossimi anni un resort di lusso, mentre i piccoli fabbricati diventeranno, rispettivamente, Centro Benessere e ristorante “Casino di Caccia”. Così, dopo anni di ricerche, sono partiti i restauri che, nell’estate 2009, hanno riportato allo splendore tutta l’antica bellezza della Villa. Lunghi e dettagliati lavori, sono stati raccolti in un libro fotografico: La Pandolfa. Dalla storia all’eternità, pubblicato da Edizioni IN Magazine e curato dagli architetti Ulisse Tramonti e Alessandro Lucchi: una dettagliata ricostruzione storica e di tutte le fasi di restauro, documentate da fotografie dell’avanzamento dei lavori.

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Dalla storia all’eternità

due rampe contrapposte e coperte da una sola grande volta, fu completamente rinnovato nell’ambito della ristrutturazione operata dalla proprietà Ricci intorno al 1952, mantenendone intatta la sua peculiare unità spaziale. Ultimata la costruzione della villa, Andrea e Lucrezia Albicini si erano dedicati all’arredo, ornandola di nuovi mobili e opere d’arte di un certo rilievo. L’inventario che lo descrive è articolato per generi e non ci dice come questi mobili fossero distribuiti stanza per stanza. Delle otto tele presenti allora nella villa ne sopravvivono tre di grandi dimensioni, trasferite a Forlì: Il rapimento di Elena, Il giudizio di Paride, ed Ercole (l’uccisione del centauro Nesso). Ancora introvabili le restanti tele, di più modeste dimensioni: Giove trasmutato in Toro, Orfeo, Venere ad Adone, Latona che trasforma quattro bifolchi in rane, Giuditta ed Oloferne. Dopo la morte del padre Andrea, il marchese Giuseppe, divenuto titolare di un cospicuo patrimonio fondiario, faceva documentare nel 1782 i propri possedimenti attraverso dettagliati cabrei compilati dal perito Girolamo Mellini e ancora consultabili presso l’archivio Albicini. Il ’700 si chiudeva con la morte del marchese Giuseppe (1722-1791) e l’avvento del sesto marchese Luigi (1746-1817); in quello scorcio di fine secolo arrivavano gli echi della bufera napoleonica che stava travolgendo l’Europa ma soprattutto la paura, dopo l’annullamento dei titoli nobiliari, della perdita di una posizione di privilegio. A inizio ’800 la famiglia Albicini possedeva un ingente patrimonio fondiario, accumulato nei secoli, di circa mille ettari che si estendeva oltre al forlivese, a Ravenna e in piccola parte a Reggio Emilia. Come altre famiglie forlivesi della grande proprietà terriera, mostravano scarsa propensione a rischiare capitali in innovazioni tecniche e culturali e spesso affidavano la gestione dei loro beni fondiari alla competenza, alla fedeltà, ma soprattutto all’onestà dei loro fattori “voce ed occhio del padrone”. Nel 1884 il marchese Raffaello alla sua morte lasciava tutti i beni, che ammontavano al netto delle passività a scudi 39.913,23 (più il valore della quadreria e degli arredi domestici) al figlio primogenito Luigi che, disattendendo la volontà del padre, spartì coi fratelli Ludovico e Livio. I tre di comune accordo avevano preferito mantenere indivisa l’eredità paterna, ad eccezione degli arredi domestici e della straordinaria collezione di quadri.

A fianco, scorcio della Cappella di Santa Rosalia. Nell’altra pagina, dall’alto, lo scalone d’ingresso al primo piano della Villa e il Bacco scolpito dall’artista di Modigliana Ugo Savorana.

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Dalla storia all’eternità

Alla morte di Livio, ultimo marchese del ramo principale, il patrimonio della famiglia passava all’amato cugino Alessandro (1861-1941) del ramo degli Albicini di Ravaldino, detti “della scaletta”, che chiuderà per mancanza di figli maschi, quella crisi genealogica avviata all’interno della famiglia, negli ultimi decenni dell’800. Alessandro, a differenza dei cugini, s’interessò in prima persona ai problemi di gestione dei suoi vasti possedimenti terrieri, più dal punto di vista del profilo sociale della gestione fondiaria piuttosto che su quello tecnico produttivo. Convinto sostenitore della mezzadria ritenne i “Patti” insostituibili baluardi contro la sovversione sociale e la lotta di classe nelle campagne. Giovanni Pascoli e Giosuè Carducci furono ospitati più volte alla Pandolfa e sembra che Carducci avesse riconosciuto nella potente e solida struttura della villa un’architettura che avrebbe sfidato l’usura dei secoli. In realtà lo strisciante declino della villa camminava di pari passo con quello della produzione agricola. Quell’universo della tradizione produttiva agricola, conservato per secoli, stava sparendo nonostante le tenaci difese del marchese Alessandro, al pari di quel mondo di privilegi a cui appartenevano le antiche famiglie titolate della nobiltà locale. La Pandolfa, dopo secoli, si avviava verso un nuovo destino. Nel 1940 Giuseppe Ricci entrava nella storia dell’antico possedimento, ormai in stato di semiabbandono, quando l’anziano marchese decise di mettere in vendita l’intera tenuta. L’acquisto da parte di Ricci coronava una con-

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Dalla storia all’eternità

solidata e redditizia carriera imprenditoriale, caratterizzata dal raggiungimento di un ragguardevole censo, che aveva necessità di rappresentatività. Ma non solo, poiché la vera ragione insita nella sua caratteristica di uomo accorto, ma sostanzialmente semplice, che si avviava a trattare da pari coi grandi dell’industria, tendeva a riproporre un modello di vita che lo avrebbe riportato alla terra, in alternativa a quello più complesso e conflittuale che il mondo dell’industria imponeva. Ricci faceva parte di quella non comune razza di uomini che al lavoro duro, all’ostinazione per l’obiettivo da raggiungere, alla fantasia e al coraggio delle scelte, univano quel “pallino” degli affari che permetteva di intravedere con lungimiranza sviluppi economici per cose che a prima vista erano difficilmente intuibili. Ricci aveva scelto nella Pandolfa una localizzazione per molti versi consona e felice, posta sulle prime colline che si avviano molto dolcemente verso la dorsale appenninica, dominante la strada di fondovalle della vallata del Rabbi; La villa, dall’alto della sua decadente monumentalità, aveva visto sfilare nella sottostante provinciale, non solo torpedoni carichi di fanatici o sostenitori del fascismo, ma anche lussuose berline che portavano in visita a Predappio membri della famiglia reale italiana, ministri, ambasciatori, capi di stato. Le condizioni di degrado della villa richiedevano inevitabili e urgenti lavori che la nuova proprietà non poteva procrastinare: Giuseppe Ricci si rivolse a un progettista che come lui poco aveva avuto a che fare col fascismo e che gli avrebbe garantito un risultato sicuro: Leonida Emilio Rosetti, architetto emarginato dalla nomenclatura politica locale dalle grandi opere pubbliche forlivesi per le sue mai abbandonate idee repubblicane. L’attenzione del proprietario si era immediatamente rivolta al fronte principale verso valle, che richiedeva la necessità di una monumentalizzazione che una scala a due salienti avrebbe assicurato. Le tragiche vicende di guerra imposero a Ricci di procrastinare i lavori di ristrutturazione a tempi migliori, senza trascurare una diversa organizzazione delle colture in atto ormai da decenni, innovandole con piantagioni particolari come tabacco, carote, frutteti e semi di olio di ricino. Il rinnovamento della Pandolfa cominciò agli inizi degli anni ’50, di pari passo col successo industriale dovuto al carattere imprenditoriale del suo proprietario: terreno e villa furono sottoposti a una sistematica opera di ristrutturazione, di cui ancora oggi se

Dall’alto, in senso orario, l’ingresso alle cantine della Tenuta, lo scalone che unisce primo e secondo piano e la saletta d’ingresso del piano nobile con gli affreschi di Mastro Lupo, artista di Predappio.

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ne godono i frutti. Ricci acquistò due poderi adiacenti collinari, con notevoli avvallamenti, che per la produzione agricola richiedevano sostanziali modifiche e fu in quell’occasione che l’orografia del terreno fu modificata totalmente nell’arco di tre anni e su quell’antica terra “domata” furono impiantati i vitigni che ancora oggi producono eccellenti vini, quali Sangiovese, Trebbiano e Chardonnay, tutti imbottigliati in loco e assorbiti quasi interamente dal mercato tedesco e americano. Anche la villa, che al generale degrado aveva aggiunto ulteriori lacerazioni provocate dalla guerra, fu sottoposta a un complesso restauro indirizzato a riportarla ad antichi fasti, ad una “residenza di delizia” per la famiglia Ricci, accresciuta da numerosi nipoti. È sempre in questi anni, la presenza operativa alla Pandolfa di Paola Piscopo, attuale proprietaria della Villa e della Tenuta.

due artisti di assoluto rilievo. Il primo, Benito Partisani, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Mastro Lupo, era pittore, scultore e ceramista e nonostante la fortuna incontrata a Roma aveva deciso di tornare in quella Predappio che aveva lasciato adolescente e dove nell’immediato dopoguerra fu eletto sindaco; realizzò gli affreschi della saletta d’ingresso e del salone del piano nobile. La seconda presenza fu quella del modiglianese Ugo Savorana, che realizzò le sculture del giardino e i quattro bassorilievi con l’allegoria delle stagioni per le sopraporte del salone del secondo piano. Quando Giuseppe Ricci morì nel 1980 per un’improvvisa crisi cardiaca, lasciò un consistente patrimonio e una struttura aziendale di 26 stabilimenti in tutta Italia, di cui sei in Sicilia e uno in Sardegna, oltre ad un deposito costiero ancora attivo a Napoli, collegato col porto da una linea attrezzata, un vero e proprio gasdotto. Come tangibile segno di riconoscenza le figlie, Noelia e Gaetana, hanno continuato a curare la tenuta con amore e impegno economico e questa eredità non solo materiale è stata trasferita ai nipoti e ai loro figli. Oggi tenuta, villa e terreni adiacenti sono di proprietà della signora Paola Piscopo, figlia di Noelia: è lei la nipote che ha ereditato dal nonno lo spirito imprenditoriale, tanto da avere fatto della Pandolfa una vera industria vitivinicola al passo con le più moderne tecnologie, senza togliere nulla del fascino e della seduzione agreste del passato. La Pandolfa ancora una volta sta avviandosi verso un nuovo destino.

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La casa atelier

sui colli cesenati, la “bottega� del Maestro Ilario Fioravanti. Testo Matteo Tosi - foto Luca Massari

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La casa atelier

C’è una casa a Sorrivoli, posta fra i due archi, nelle mura del paese, di cui è stato anticamente il frantoio. Si tratta della casa-studio e atelier di Ilario Fioravanti, artista e architetto cesenate, oggi felicemente sposato a Savignano sul Rubicone. Comprata nel 1960 da Rinaldo Fagioli su segnalazione di Pio Minotti, il capomastro che per Fioravanti stava seguendo il restauro della chiesa di Gualdo di Roncofreddo, e che assieme a Sergio Turci e a “Carlein” si occuperà negli anni, con passione ed affetto, del restauro e recupero dell’antico edificio, la casa era stata dell’OIR (Ospedale Istituzioni Riunite) ed era in condizioni disperate, senza tetto; “tutta la vita dovrai spendere per sistemarla” fu il commento dello zio dell’artista, in dialetto ferrarese di Bondeno. Non è che la profezia non si sia dimostrata attendibile. Fece da intermediario Orfeo Perticari, allora sindaco di Roncofreddo cui Ilario consegnò un acconto di 100.000 lire, salvo poi dimenticarsene, per una trattativa che si perfezionò due anni dopo per complessive 850.000 lire. “L’è fadìga fè e vèch” (“è fatica fare il vecchio”), così risponde Fioravanti alla domanda/saluto “Come stai?”. Nella sua lunga vita, il rapporto con l’arte e l’immagine è iniziato precocemente (complici le grandi mostre d’arte degli anni Trenta al Palazzo dei Diamanti di Ferrara a cui lo accompagnava la madre originaria di Bondeno), con la necessità, fisiologica si direbbe e ancora oggi in essere, di disegnare continuamente e ovunque. Il processo che lo avrebbe portato ad esprimersi finalmente con la scultura non fu lineare, ma transitò per una serie di esperienze in cui il disegno, la pittura l’incisione e il fare dell’architetto, tramite un continuo apprendimento e approfondimento della sua cultura artistica, furono il viatico, oggi possiamo dire, per la definitiva affermazione nelle arti plastiche. Ecco, la casa-studio di Sorrivoli riassume in sé il

Sopra, da sinistra, Ilario Fioravanti e la cucina-tinello. In apertura, panoramica del grande soggiorno-atelier.

La Casa dell’Upupa. La Casa dell’Upupa, come accade a volte per le cose buone, nasce da una frustrazione, quella di Fioravanti, rispetto al fatto di non poter vivere, per motivi di praticità, nella casa di Sorrivoli; ecco allora maturare l’idea di metterla a disposizione della cultura per incontri a cicli di tre giornate con periodicità di due all’anno. Questi incontri hanno avuto origine nel 2004 - frutto di un duraturo sodalizio fra l’architetto e scultore Ilario Fioravanti e i fratelli Flaminio e Massimo Balestra - con l’intenzione di creare un’alternativa culturale che fosse incentrata su un recupero dei rapporti umani, dove le persone potessero avere l’occasione di confrontarsi liberamente e conoscersi senza il vincolo delle formalità e al di fuori di una omologazione ideologica. La volontà e la generosa ospitalità di Ilario, della moglie Adele e dei suoi familiari hanno reso possibile tutto questo, garantendo una continuità ormai attesa e spesso sollecitata da un eterogeneo e folto gruppo di persone. www.Ilariofioravanti.it; www.fondazionetitobalestra.org

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significato e la storia artistica di quest’uomo, per il quale l’arte e la vita non sono mai state cose separate, ed esprime la sua filosofia in tema di architettura, prima che essere lo studio in cui sono nate tante sue opere e oggi un luogo d’incontri e di memoria: “l’architettura è capire l’ambiente, far uscire dall’ambiente l’essenza della sua stessa natura: questo significa essere architetto, amplificare le suggestioni di un luogo. Un architetto è un personaggio che ha intuito, ma non un calcolatore, non pensa al rapporto con il potere, pensa allo spazio, alla luce. Un’architettura si fa con il controllo delle piccole cose, con l’occhio per la proporzione e la misura. Se l’architettura è bella si sente subito che c’è un legame con la terra e, con il passare degli anni, ci si rende conto che il luogo ha fatto sua quell’opera.” Nel recupero della vecchia casa tale pensiero prende forma e si manifesta in una serie di situazioni di non immediata percezione ma di alta poesia: una sottile trave/parete in cemento armato faccia a vista attraversa verticalmente tutta la casa e compare in una serie di ambienti dai livelli più bassi fino in cima e a sorpresa è a sbalzo, proprio là dove ti aspetteresti che sia più fortemente ancorata al suolo, al piano più basso; il cemento armato faccia a vista, esposto brutalmente, dialoga con i mattoni e la pietra dei muri, con il laterizio delle mezzanelle del pavimento e delle tavelle dei tetti, con l’atteggiamento oggi consueto nella moderna filosofia del restauro, che tende ad esporre le tecnologie “moderne”, rispetto alle preesistenze che vanno recuperate e rispettate, senza mimetismi. Una serie di camini, tutti confluenti nella stessa canna fumaria, accompagna gli ospiti della casa, da quello del baccalà nella sala del molino, dei tempi in cui la casa era un frantoio, alla aròla nella piccola cucina in cui si mangiava con gli amici ai tempi in

Una poesia per Ilario e Adele. Quante voci in questa casa, cari e dolci voci d’alture. Ogni lavoro di Ilario racconta di sé e di noi. E Adele gioia e sorriso. Grazie dell’ospitalità, qui tra le ali d’upupa. Serena Dal Borgo, Sorrivoli, 7 giugno 2008

Alcune opere d’arte dello scultore in questo scorcio della grande sala. Nella pagina successiva il giardino,

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cui sulla piazza si cuocevano le ceramiche “raku”; al grande camino nel soggiorno-atelier incastrato nella scaletta che attraverso un porticina strettissima conduce alla camera da letto principale che, a sorpresa, si affaccia con un doppio volume sul tinello, dal quale le voci degli ospiti ed i profumi della cucina accompagnano chi in quel letto riposa. E così via, per una serie di situazioni ed episodi, spesso dettagli, che poco hanno a che fare con la prassi costruttiva, e che proprio per questo assumono un particolare fascino, come quando i sottilissimi pilastrini a sezione a croce del loggiato del piano terra (la ex “stanza del somaro”) poco prima di innestarsi nella loro fondazione sono interrotti da una sfera, una piccola pallina di ferro (contravvenendo, ma senza ripercussioni, alla regola statica), o come per i gradini in legno della scala a giorno che a uno sguardo attento rivelano l’inserzione di un sottile profilo di ottone sullo spigolo, proprio là dove più alta è l’usura del gradino… Piccolissimi e minimi i bagni (gabinetti nell’intenzione), piccole perché delle dimensioni originali le finestre; ma la luce arriva dove deve, come per la piccolissima vetrata colorata di azzurro che da una alta finestra esposta a est riesce a raggiungere la lontana stanza da letto, o come per il lucernaio al colmo del salone studio, che porta luce zenitale per il lavoro dell’artista.Un’esperienza sensoriale, segreta e subliminale perché comunque quanto detto riguarda un contenitore, la casa, in cui la gran parte dei visitatori è colpita dal contenuto, l’arte, che si palesa in ogni angolo, o parete, o spazio deputato, sotto una quantità di forme diverse, tutte che parlano dello stesso itinerario umano ed artistico, senza per questo rischiare la ridondanza; una esperienza che è alla portata di chi voglia avventurarsi fra le colline sopra Cesena, in occasione delle giornate di incontro di Casa dell’Upupa, un’esperienza che ho avuto il privilegio di fare da solo in una giornata di pioggia e di bruma.

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L’arte di vivere

L’ARTE di vivere a Rimini, eleganti contrapposizioni

Testo Monica Gasperini - foto Mario Flores

Presente e passato, tradizione e modernità, musica e relax coabitano con misura in un appartamento di un palazzo del centro storico, dove l’innesto di un linguaggio contemporaneo rigoroso apre lo spazio alla tecnologia e alla passione per il lusso.

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L’arte di vivere

Certi palazzi hanno una vocazione innata, che sfida il tempo. Il loro destino è di essere ‘abitati’ da artisti e industriali. La casa, ex cinema Eliseo, ristrutturata alla fine degli anni ’90, oggi è dimora di Angelo Fiume, imprenditore di successo nel campo della distribuzione e commercializzazione di champagne, vini e liquori di altissima qualità. Partendo da Reims, in Francia, per le famose ‘bollicine’ Louis Roederer e Cristal, per arrivare in Italia nel cuore della Franciacorta, patria del Bellavista e Contadi Castaldi. Per non parlare del Cuvée di Boj, famoso Prosecco italiano prodotto dalla Valdo. L’abitazione, da lui realizzata, rispecchia il suo temperamento: è una casa ‘nobile’, che esprime generosità ed apertura. “La mia casa è una sorta di prolungamento di me stesso, del mio mondo, dei miei viaggi, delle mie passioni” - racconta Angelo. Crede in un modo di costruire che coincida col nostro modo di vivere, diverso e unico, perché ogni persona è diversa e unica. Nel caso di questa residenza, l’intento è stato quello di realizzare un’architettura d’interni ispirata alle linee di minimalismo contemporaneo, mantenendo sempre un forte legame con la classicità: ambienti aperti, comunicanti tra loro, con arredi e finiture studiate nel dettaglio, caratterizzati da tonalità che creano un’atmosfera tranquilla e armoniosa, su una base neutra data dalla pavimentazione in parquet e dalle pareti trattate con finitura effetto seta, che esaltano la semplicità della struttura. È uno spazio luminoso che riesce a catturare anche i più deboli raggi di sole che attraversano i vicoli del centro storico. “In

Sopra, la camera da letto dominata dal rosso. A fianco, la litografia di Salvador Dalì e l’imprenditore Angelo Fiume, padrone di casa.

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particolare, le sere d’estate tutte le stanze diventano quasi dorate. È un’atmosfera magica che pervade la casa tutto l’anno, in inverno come durante la bella stagione”. È una casa che gli assomiglia: mobili e oggetti ricercati, il segno rigoroso del design per arredi e illuminazione, qualche significativo ricordo e soprattutto opere d’arte e mobili d’antiquariato presi a mostre e fiere specializzate. “Se trovo qualcosa di curioso che attira la mia attenzione, devo fare un grande sforzo per non comprare”. Eppure Angelo non è un collezionista. “Almeno non per il momento”, aggiunge scherzando. Le due poltrone in pelle marrone sono state acquistate da un antiquario ligure, mentre il tavolo stile Luigi XVI circondato da sedie rivestite in tessuto provengono da un antiquario napoletano. Il quadro che domina il soggiorno, acquistato ad una mostra, è una litografia di Salvador Dalì e rappresenta Gala di spalle guardando il Mediterraneo che, con l’effetto ottico, permette di vedere l’immagine di Abraham Lincoln. Siamo in ‘pieno’ stile Biedermeier, il cui scopo è produrre atmosfere solenni ma sobrie, prive di decori dorati ma ricche di elementi consueti e quotidiani: l’uso dei grandi e preziosi tappeti, dei tendaggi nei colori avorio e arancio, dei mobili come il servante a vetrina e l’armadietto secrétaire a ribalta, presenti in soggiorno, oltre alla diffusione di materiali pregiati come il mogano e il ciliegio. Il divano, invece, in pelle chiara ha un taglio decisamente moderno così come la libreria in wengè. La zona notte è caratterizzata da un letto in stile francese rivestito in tessuto rosso, da comodini e comò sempre in stile Luigi XVI il tutto impreziosito da morbide e sofisticate tende. Elegante, sobria e funzionale è anche la sala da bagno, dove risalta un mobile in wengè curvato e la doccia è interamente rivestita in marmo beige. L’arredo è un mix, sapientemente dosato, di pezzi attuali e storici, che riflette un gusto classico-moderno e una spiccata propensione per l’high-tech di cui parla una cucina super-tecnologica in acciaio, perfetto contraltare del sofisticato apparecchio tv, protagonista del living. Il padrone di casa definisce se stesso “una sorta di collezionista emozionale”. La casa è in qualche modo la summa, il risultato di un accumulo d’esperienze lavorative e di vita. Luogo ispirato ad una modernità classica, con un mélange di stili. La personalità della casa si nutre proprio di queste combinazioni: è tutto l’insieme che esprime il carattere, quello indiscusso di Angelo Fiume.

Dall’alto gli spazi più moderni ed high-tech della casa: la cucina in acciaio e la sala da bagno.

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Ceramiche Refin

CERAMICHE REFIN Eco Leader: Manifesti per l’ambiente. Testo Elisa Montalti

Wecare.refin.it è il nuovo sito di Ceramiche Refin interamente dedicato all’architettura sostenibile: un mondo virtuale che si rivolge agli operatori del settore e a tutti coloro che desiderano trovare linee guida per realizzare progetti in accordo con i principi di eco-compatibilità e nel rispetto dell’ambiente. “Yes, we care” rappresenta il mezzo che Ceramiche Refin ha scelto per diffondere il proprio punto di vista, all’interno del quale è presente anche un’area Green News, sezione dove trovare tutte le notizie in tempo reale provenienti dai più famosi blog sulla bioarchitettura e bioedilizia di tutto il mondo. Green News ha inoltre una parte dedicata interamente alla certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), promossa dal U.S. Green Building Council, la più importante certificazione americana in materia energetica e ambientale, dalla progettazione alla gestione quotidiana. L’azienda, infatti, sostiene da sempre lo sviluppo sostenibile grazie alla continua innovazione dei processi produttivi, alla responsabilità sociale sia nei confronti di dipendenti e collaboratori, e il rispetto per il territorio e l’ambiente. Tale impegno è testimoniato dalla certificazione Ecolabel, che ha ottenuto per molte delle collezioni e che fa parte del programma d’azione in campo ambientale dell’Unione Europea, e dal certificato di conformità LEED per le linee Eco Leader e Stone Leader. Realizzata con almeno il 40% di materiale riciclato pre consumer,

proveniente da processi di produzione esterni a quelli dell’azienda stessa, Eco Leader è infatti la collezione di Ceramiche Refin che ha ricevuto la certificazione volontaria di prodotto dall’ente internazionale DNV (Det Norske Veritas) e risponde ai requisiti richiesti dalla certificazione LEED. Il prodotto si presenta disponibile nei colori ground, sand, stone e ink, nel formato 60x60 cm, 10 mm di spessore. Stone-Leader va ad aggiungersi alla collezione Eco leader, confermando quindi l’attenzione e l’impegno attivo di Refin nei confronti delle politiche di tutela ambientale. Il prodotto è disponibile nei colori ivory, beige, dark e brown e nei formati 30x60 e 60x60 cm rettificati e 30x30 e 45x45 naturali. www.wecare.refin.it

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Ceramiche Refin. Nasce nel 1962 producendo supporti per piastrelle e, grazie al know how sviluppato nel tempo, nell’83 inizia a realizzare piastrelle in ceramica smaltata da rivestimento fino ad arrivare alla produzione del gres porcellanato in massa nel 1995. L’azienda, con sede a Salvaterra di Casalgrande (RE) ha realizzato una crescita costante diventando punto di riferimento per il mercato ceramico italiano e internazionale; dal 1998 fa parte di Concorde, secondo gruppo ceramico europeo per dimensioni di fatturato. Nel 2005 Refin ha dato vita al laboratorio creativo DTS (DesignTaleStudio), un progetto di sinergia tra artigianalità e arte, innovazione e sperimentazione. www.refin.it

In alto, cucina realizzata con le ceramiche della collezione Eco leader. A fianco, ambiente con pavimentazione Stone-Leader dark.



Special ADV

B&B DESIGN Tra stile contemporaneo e ricerca di nuovi talenti A Cattolica, in via Emilia Romagna 259, ha sede dal 2004 B&B Design. Nato qualche anno prima come studio d’arredamento, ha poi incrementato la sua area d’intervento grazie all’apertura dello showroom dove oggi i tre soci Augusto Pangrazi e i due fratelli Alessandro ed Enrico Boccalini, mettono la loro esperienza a disposizione dei numerosi committenti (privati, attività commerciali, uffici) nell’ideazione e ristrutturazione degli ambienti interni. “Il nostro modus operandi mette al centro il cliente - spiega Alessandro - a cui vogliamo garantire sempre il massimo delle nostre competenze. Chi sceglie B&B Design non si affida a classici ‘mobilieri’, ma a consulenti professionisti

Sopra, da sinistra i tre soci di B&B Design Augusto Pangrazi, Alessandro ed Enrico Boccalini con le loro collaboratrici Sara Della Chiara e Laura Antonelli nello showroom di Cattolica; la serata di premiazione di “newINTalent” con i vincitori del concorso indetto da B&B Design in collaborazione con l’azienda Bonaldo.

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in grado di proporre soluzioni e abbinamenti d’arredo. Si parte da uno studio generale e personalizzato degli interni, sia per chi deve arredare ex novo i propri ambienti, ma anche per chi deve solo ‘completarli’, abbinando nella maniera migliore l’arredo alle luci, alle verniciature, al contesto generale dell’edificio.” Dei veri e propri consiglieri in grado di esaltare, attraverso una provata esperienza e grazie all’utilizzo della tecnologia più innovativa e professionale, il modo di vivere e il gusto personale di ogni cliente, arrivando a un risultato complessivo di grande impatto. Nella quotidiana attività B&B Design è partner di grandi realtà del design e dell’arredo made in Italy. Proprio in collaborazione con una di queste, Bonaldo, impresa che vanta 70 anni d’esperienza nella lavorazione del metallo e continua la sua ricerca nell’utilizzo di materie plastiche e leghe innovative, B&B Design ha ideato nel 2009, e portato a termine lo scorso settembre, la prima edizione del concorso “newINTalent”, rivolto ad architetti, progettisti e designer delle province di Rimini e di Pesaro-Urbino (ma hanno partecipato anche professionisti del settore da altre zone d’Italia). Obiettivo del concorso è stato selezionare tre progetti, giudicati e scelti dagli esperti della stessa Bonaldo, al primo dei quali è offerta la possibilità di vedere realizzato un prototipo della propria idea, quindi l’eventuale messa in produzione, da parte della storica azienda padovana. “Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti in questa prima edizione - conferma Alessandro Boccalini. È per noi l’inizio di un percorso che vedrà ogni anno un nuovo partner affiancarci nella ricerca di nuovi talenti, che possono esaudire attraverso B&B Design il sogno di vedere realizzato il loro ‘progetto nel cassetto’.” www.studiobbdesign.it



Distribuzione

DISTRIBUZIONE “IN Magazine Premium” è una rivista attenta alle eccellenze regionali e, allo stesso tempo, aperta a tutte le emergenze nazionali. Per questo, la sua distribuzione raggiunge tutte le regioni d’Italia, e non solo. In Emilia Romagna e nelle Marche viene recapitata tramite abbonamento postale, ad una mailing list composta da privati, liberi professionisti e locali pubblici. Inoltre, arriva gratuitamente nelle principali località turistiche e nei più esclusivi punti d’incontro d’Italia: golf, yacht e tennis club, spa di lusso, locali cool, ristoranti stellati di tutta la penisola ricevono copia del periodico. Premium è così presente da Cortina d’Ampezzo, a Milano Marittima, da Madonna di Campiglio alla Costa Smeralda fino a Sainkt Moritz (Svizzera) e Monaco (Montecarlo). La rivista non manca poi nelle Vip Lounge degli aeroporti nazionali, nei Grand Hotel e negli alberghi esclusivi delle città italiane: Cipriani a Venezia, Lido Palace a Santa Margherita Ligure, Four Season a Milano, JK a Firenze, Palace Hotel a Capri, solo per citarne alcuni. È possibile sfogliare “IN Magazine Premium” in “templi del gusto” quali La Frasca di

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Milano Marittima, Enoteca Pinchiorri di Firenze, Cracco di Milano, La Francescana di Modena, Perbellini di Verona, Lorenzo di Forte dei Marmi. Una rivista al passo con i tempi come Premium non poteva mancare su Internet: www.inmagazinepremium.it è il sito su cui si può sfogliare on line ogni nuovo numero, con tutte le comodità consentite dalle nuove tecnologie. Inoltre, grazie a una mailing list di oltre 100.000 iscritti la rivista viene inviata direttamente, tramite posta elettronica in formato digitale, ad un amplio bacino di lettori in target e in continua crescita. Per ricevere in abbonamento “IN Magazine Premium”, nella forma cartacea o on line, contattare: Edizioni In Magazine Via Napoleone Bonaparte, 50 47100 Forlì Tel. 0543.798463 Fax 0543.774044 www.inmagazinepremium.it inmagazinepremium@menabo.com


Impresa OrIOlI: esperIenza, cOmpetenza, rInnOvamentO, sOlIdItà, dIspOnIbIlItà

Dal 1920 l’Impresa Edile Orioli Enea opera nel mondo delle costruzioni, mantenendosi da sempre al passo con i tempi, con un processo di rinnovamento continuo in attrezzature ed organizzazione. Lo staff, all’avanguardia per quanto riguarda la ricerca stilistica, è attento anche all’utilizzo di tutte le nuove tecnologie in ogni fase del lavoro. Attualmente in via Bertini, una delle principali direttrici per Forlì, l’Impresa Orioli sta realizzando un immobile commerciale o direzionale che, oltre all’indiscussa visibilità, offre indipendenza e parcheggi. Si tratta di un grande stabile, con superficie calpestabile al piano terra di 230 mq e superficie calpestabile al primo piano di 180 mq. Consegna prevista per dicembre 2010.

progettazione e realizzazioni immobiliari Via dei Filergiti, 24 - 47121 Forlì - tel. 0543.32174 - Fax 0543.30923 - impresa@oriolispa.com

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