ERIKA ROMBALDONI
p e s a r o
n.2 2023 w w w. i n m a g a z i n e . i t
DANZA TRA CORPO E ANIMA
GIOVANNI PISCAGLIA CHIAROSCURI MEDIANICI
PIETRARUBBIA
TRA BORGHI E LEGGENDE
EDITORIALE
34 06 PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA
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Talento e meraviglia: è in questi termini che possiamo descrivere il personaggio di copertina, la ballerina e coreografa Erika Rombaldoni che porta la sua arte sui palchi nazionali. Incontriamo poi Alcestre Vitri, presidente del Gruppo Vag, leader globale nel comparto della refrigerazione industriale, e Giovanni Piscaglia, regista dei documentari dedicati a Van Gogh, Perugino e Napoleone. Scopriamo la storia della campana civica conservata nel Palazzo Comunale e dell’antico borgo di Pietrarubbia. L’associazione Amici dell’Ippoterapia ci racconta dei benefici della riabilitazione equestre, e l’Istituto di Medicina Naturale dell’importanza della prevenzione primaria. Intervistiamo infine l’autrice Simona Baldelli sul suo ultimo romanzo e la Megabox Volley Vallefoglia sul suo progetto dedicato alle nuove generazioni. Buona lettura! DI ANDREA MASOTTI
Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it Anno XVII N.2 dicembre/gennaio Reg. di Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n.6 Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Deborah Papisca Artwork e impaginazione: Francesca Fantini Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Laura De Paoli Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 1/12/2023 Collaboratori: Simonetta Campanelli, Fabio Fraternali, Elisabetta Marsigli, Alice Muri, Giovanna Patrignani, Michele Romano, Silvia Sinibaldi. Fotografi: Alessandro Bachiorri, Laura De Paoli, Florindo Rilli, Luca Toni.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it
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34 ITINERARI TRA BORGHI E LEGGENDE
40 ESPERIENZE IN SELLA A UN SOGNO
10 PROFILI
43 SALUTE
ERIKA ROMBALDONI
PROFESSIONE BENESSERE
16 IMPRESA
46 LIBRI
GRUPPO VAG
SIMONA BALDELLI
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22 CINEMA GIOVANNI PISCAGLIA
31 STORIA ANTICHI RINTOCCHI
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49 SPORT MEGABOX VOLLEY VALLEFOGLIA
Vernocchi Auto
Via Circonvallazione Ovest 3, Rimini - 0541 740740 Via Strada della Romagna 155, Pesaro - 0721 27520 Via SS 16 Km 311, Ancona - 071 7819499 info@vernocchi.com www.vernocchi.com Gamma Range Rover Velar, valori di consumo carburante (l/100 km): ciclo combinato da 1,6 a 9,9 (WLTP). Emissioni CO₂ (g/km): ciclo combinato da 38 a 226 (WLTP). I valori sono indicati a fini comparativi.
PILLOLE
SPORTELLO NON SEI DA SOLO PESARO | Dal 7 novembre è disponibile uno spazio di parola e ascolto gratuito per offrire consulenze e assistenza alle vittime di reato e ai loro familiari. ‘Non sei da solo’, questo il nome del servizio inserito all’interno dell’ampio progetto Incontrar-si, in collaborazione con la Regione Marche e realizzato dalla Cooperativa Sociale Lella 2001 Onlus, che attraverso uno sportello offre assistenza alle vittime di qualsiasi tipo di reato che abbiano sporto o meno denuncia, o già coinvolte in un procedimento giudiziario. Aperto ogni due martedì al mese, dalle 15:30 alle 17:30, nella sede InformaServizi del Comune di Pesaro in piazza del Popolo 1 previo appuntamento. Nella foto, Luca Pandolfi, presidente del comitato dei sindaci dell’Ats1.
PESARO | Dalla mostra Viaggi a Pesaro e Provincia nello specchio del Grand Tour. Letteratura e immagini nei secoli passando per l’iniziativa che ha coinvolto l’Istituto d’Arte Mengaroni, luogo di formazione artistica della città di Pesaro dalla tradizione secolare, fino ad arrivare alla mostra su Pesaro e i suoi 3000 anni di storia per ripercorrere un emozionante viaggio a ritroso nel tempo e ‘visitare’ dalle sue origini a oggi una città che nel 2024 sarà emblema della Cultura. Ed è solo l’inizio per la neonata Associazione Ad Astra, ideatrice e organizzatrice degli eventi. Fondata da Angela Cecini, figlia del noto storico locale Nando Cecini, l’associazione Ad Astra ha come obiettivo quello di preservare il patrimonio storico, culturale, sociale e naturale della Città di Pesaro.
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PH LUCA TONI
ASSOCIAZIONE AD ASTRA
DARE VOCE ALLE DONNE PESARO | Condivisione, dialogo, storie ed esperienze da raccontare sono i satelliti che orbitano intorno a FidapaLab, una rassegna di appuntamenti, a cadenza mensile, ideata da Lisa Segatori, neo presidente dell’associazione femminile Fidapa BPW Italy, sezione di Pesaro. Il ciclo di incontri si muove sull’analisi di parole chiave, punto di partenza per compiere un viaggio introspettivo, salvifico e di consapevolezza di se stesse. Il primo appuntamento, tenutosi il 24 ottobre scorso all’Alexander Museum Palace Hotel a Pesaro, sede fissa per l’iniziativa, ha messo il focus sulla parola ‘Fiducia’. I laboratori proseguiranno dal 26 gennaio per concludersi il 21 giugno, con i temi legati all’Illusione, Amore, Perdono e Ascolto.
PILLOLE
IL NATALE CHE NON TI ASPETTI PESARO-URBINO | Anche quest’anno il Natale si veste di sorpresa e magia con Il Natale che non ti aspetti, una iniziativa a cura delle Pro Loco di Pesaro e Urbino e sostenuta dalla Regione Marche, inaugurata il 25 novembre. Un programma che attira e coinvolge turisti da tutta Italia, con innumerevoli appuntamenti che scaldano il cuore e l’atmosfera: il fascino dei presepi viventi, i mercatini tipici, le ricostruzioni di paesaggi fiabeschi, nevicate, animazioni, laboratori, suonatori, cantastorie, musicanti e tantissime candele fanno da cornice a un grande spettacolo natalizio che sarà presente in più di 20 borghi della Provincia di Pesaro e Urbino fino al 6 gennaio 2024. Ogni destinazione avrà una stazione photo booth per offrire un viaggio esperienziale.
GUIDA AI TEATRI STORICI PESARO-URBINO | I teatri storici della Provincia di Pesaro e Urbino, distribuiti sull’intero territorio, sono ora protagonisti indiscussi di una guida dal titolo Itinerario dei Teatri storici, realizzata da Confcommercio Marche Nord, come omaggio a questi ‘edifici gioiello’ recentemente ristrutturati e riportati a nuova luce. Il celeberrimo Teatro Rossini, il Teatro della Fortuna di Fano, il Sanzio di Urbino, i teatri comunali di Cagli, Mondavio, Mombaroccio, Gradara, e molti altri ancora, accompagnano il lettore in un viaggio che racconta la loro storia e il loro ruolo centrale nei borghi dell’entroterra. La guida Itinerario dei Teatri storici, realizzata all’interno del progetto Itinerario della Bellezza, è disponibile presso gli uffici IAT della Provincia e sul sito di Confcommercio Marche Nord.
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CATERCAPODANNO IN DIRETTA NAZIONALE PESARO | L’estate 2023 ha visto a Pesaro uno degli eventi di maggior successo: il CaterRaduno, tenutosi dal 29 giugno al 2 luglio, con la presenza dei Modena City Ramblers e Don Luigi Ciotti, solo per citarne qualcuno. Ora è il turno della sua versione invernale: il CaterCapodanno, un grande evento per accogliere il nuovo anno e celebrare Pesaro Capitale della Cultura 2024. Il CaterCapodanno di Rai Radio2 sarà, dunque, una festa popolare speciale in diretta radio nazionale con grandi ospiti, tanta musica, guidati dai noti conduttori del programma Caterpillar Massimo Cirri e Sara Zambotti. “Siamo orgogliosi di ospitarvi a Pesaro per un capodanno alternativo e divertente,” afferma il Sindaco Ricci.
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PROFILI
ERIKA ROMBALDONI L’ARTE DELLA DANZA TRA TALENTO, ANIMA E MERAVIGLIA
DI SILVIA SINIBALDI
“La vita di una ballerina è molto impegnativa, un percorso pieno di sfide e difficoltà.” Erika Rombaldoni sorride con quell’aria leggera che accompagna i suoi passi e le movenze delle braccia, che fanno di lei il corpo e l’anima della danza. “Prima di tutto richiede molti anni di studio, almeno dieci, e comunque di studiare non si finisce mai,” continua. “Sono necessarie forza fisica e resistenza, anche per reggere la pressione psicologica, affrontare lo stress emotivo legato alla competizione, alle selezioni e alla necessità di corrispondere ai canoni estetici richiesti.” Di lei si racconta che a tre anni avesse già deciso cosa fare. È il talento che guida certe precoci intuizioni o la meraviglia di incontrare qualcosa di magico? Erika sceglie una loro combinazione: “Il talento naturale fornisce una base, facilitando la percezione e la comprensione precoce, mentre la meraviglia di fronte a un’esperienza straordinaria può fungere da fonte di ispirazione. Sì, talento e meraviglia credo interagiscano.”
FOTO FLORINDO RILLI
A guardarla nelle tantissime immagini che l’hanno ritratta, o ancora meglio osservandola sul palcoscenico, Erika esprime una gioiosa adesione alla sua arte, trasforma la fatica della dedizione e della disciplina in una leggera sostanza. Eppure, viene da sospettare che negli anni della scuola, dell’adolescenza, degli amici, dei primi amori, gli anni del motorino e del sabato sera, qualche volta abbia vacillato di fronte all’impegno estremo richiesto dalla danza. “Mai. Neppure una volta. In tutti i cinque anni di liceo scientifico, ad esempio, ho partecipato a una sola gita con la classe, a tutte le altre non sono mai andata pur di non perdere anche un unico giorno di lezione di danza. D’altronde lo studio della danza costituiva per me una fonte di profonda soddisfazione, e in vista della carriera che volevo intraprendere non potevo desiderare altro che dedicarle assoluta priorità. Comunque c’è stato tempo anche per tutto il resto: gli amici, il motorino, i sabati sera, gli amori.” 11
PROFILI
IN QUESTE PAGINE, LA PERFORMANCE ARTISTICA DELLA BALLERINA E COREOGRAFA ERIKA ROMBALDONI.
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Erika cittadina del mondo o, meglio, delle capitali in un tracciato segnato dai sipari che si sono alzati sui suoi spettacoli. E allora le radici? Cagli, Pergola, Pesaro: cosa rimane dei primi luoghi della tua formazione? “Mi accompagna sempre una certa nostalgia, un sentimento complesso e profondo che si è evoluto e manifestato in maniera ondivaga nel corso degli anni. Credo che essere cresciuta in un piccolo centro abbia sviluppato in me un senso di comunità che continua ad accompagnarmi, anche nelle metropoli nelle quali mi trovo a lavorare. Con la pandemia sono tornata ad avere base nelle Marche e devo dire che, dopo ognuno dei tanti viaggi di lavoro, quando tornando a casa ve edo in lontananza le mie montagne godo sempre appieno della sensazione di familiarità e sicurezza che ogni volta mi suscitano.” Oggi definire Erika una ballerina è un po’ riduttivo: la sua evoluzione professionale l’ha portata a diventare anche coreografa e regista. “A dire il vero, nella mia carriera tutti i grandi salti – perché questo sono stati, dei
veri e propri balzi in avanti, un po’ improvvisi e inaspettati – sono avvenuti perché me li hanno offerti. Ho sempre creduto che questa evoluzione si sarebbe realizzata ma più avanti negli anni e invece, pur continuando a danzare, senza neppure averci ancora mai pensato, iniziavo la mia attività di assistente alle coreografie. Tra l’altro subito per uno dei più acclamati registi al mondo come Robert Carsen e in un contesto prestigioso come il Teatro Real di Madrid. Idem i primi lavori da coreografa: mi sono stati offerti in modo inaspettato, subito in teatri rinomati e in circostanze cruciali come può essere per un teatro l’apertura di stagione. Per non perdere nessuna occasione ho fatto letteralmente la pendolare tra una nazione e l’altra. Sono tornata sul palcoscenico con una più profonda consapevolezza. E aver già lavorato come regista mi ha permesso di tornare a danzare o a coreografare con prospettive e una mentalità differenti, in un processo continuo e dinamico. Tra i cinque teatri che hanno fatto la mia storia,” continua, “non posso non no-
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PROFILI
minare quello di Cagli, dove tutto è iniziato, a tre anni, con il primo saggio della scuola di danza che ora non c’è più. Io ero la più piccolina. Il Teatro di Cagli, con il suo mentore Sandro Pascucci, mi ha dato di nuovo asilo quando con la pandemia e la conseguente cancellazione di numerosi contratti sono tornata a Cagli. La Scala di Milano e il Teatro dell’Opera mi sono molto cari: qui da bambina ricevetti dei no alle selezioni alle quali mi presentai, ma ho avuto il mio appagamento quando ci sono tornata sia come danzatrice che come coreografa. Alla Fenice di Venezia lavoro regolarmente da tanti anni e in quel teatro, tra orchestra, coro, maestranze, ho tanti cari amici fraterni. Non posso poi
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ERIKA TRASFORMA LA FATICA DELLA DISCIPLINA IN UNA LEGGERA SOSTANZA. UNA CARRIERA DA BALLERINA, COREOGRAFA E REGISTA: “PER NON PERDERE NESSUNA OCCASIONE HO FATTO LA PENDOLARE TRA UNA NAZIONE E L’ALTRA.”
non nominare lo Sferisterio di Macerata dove nel 2021 ho portato in scena un mio spettacolo, commissionato e prodotto dal Macerata Opera Festival, forse il lavoro a cui per mille motivi sono più legata. La sera in cui quello spettacolo ha debuttato mi sentivo veramente in uno stato di grazia.” Ultima curiosità: come si gestiscono i no? “È normale sentirsi delusi, frustrati o tristi per un rifiuto. Per me stessa negli anni è stato importante imparare a concedermi il permesso di sentire queste emozioni. Cerco sempre di focalizzarmi sul futuro concentrandomi sui miei obiettivi: un ‘no’ in un determinato momento non significa necessariamente una porta chiusa per sempre.”
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IMPRESA
IL MESTIERE DEL FREDDO IL GRUPPO VAG FESTEGGIA I SUOI PRIMI OTTANT’ANNI DI STORIA
DI MICHELE ROMANO
Festeggiando i suoi primi 80 anni, ha fatto un gesto simbolico: ha girato una clessidra, un orologio a sabbia, strumento antico per la misurazione del tempo. Per Alceste Vitri, presidente e fondatore di VAG, la clessidra è “simbolo di infinito, un oggetto che per funzionare deve continuamente essere messo in condizione di ripartire.” Visto da fuori, il successo del gruppo leader globale nel comparto della refrigerazione industriale commerciale, quartier generale a Vallefoglia, sta proprio nell’ambizione di voler ripartire sempre, di usare ogni traguardo raggiunto come base per arrivare al successivo, in un ciclo che non termina mai. “Il nostro motto è che si può sempre fare meglio,” spiega l’imprenditore, “e per fare sempre meglio non bisogna adagiarsi sugli allori quando si ottiene qualcosa: bisogna invece avere voglia di mettere tutto in discussione e di ripartire, esattamente come in una clessidra.” E la sua inseparabile bicicletta che significato aveva ieri e quale ha oggi? 16
“Fare il giro degli stabilimenti, passando fra le linee di produzione, è qualcosa che ho sempre amato fare. Mi piace stare a contatto con i nostri collaboratori, vederli lavorare, ascoltarli e dar loro suggerimenti. Man mano che l’azienda si allargava, compiere questo percorso a piedi diventava sempre più complicato: oggi che abbiamo 13 stabilimenti per 160.000 mq coperti, sarebbe impossibile. La bicicletta, quindi, era ed è il modo migliore per spostarsi fra le linee, una tradizione a cui è impossibile rinunciare.” Come è nato il progetto Rivacold, dal quale si è sviluppato il Gruppo VAG? “Ho iniziato questo lavoro come apprendista, perché mi affascinava l’idea di poter portare il freddo ovunque. Oggi queste tecnologie vengono date per scontate, ma quando ho iniziato, negli anni Sessanta, il frigorifero era un lusso per pochi. Ebbi l’intuizione che le possibilità della catena del freddo erano enormi: tutto ciò che è deperibile si conserva meglio con il freddo. Da lì nacque la refri-
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IMPRESA
gerazione industriale, il seme di quello che siamo oggi.” La bicicletta è anche una sorta di filo rosso che lega la storia e la crescita dell’azienda negli anni: cosa non è mai cambiato in azienda dal 1966, anno in cui fondò Rivacold? “L’ambizione di fare sempre meglio è una cosa che non è cambiata e che fa parte della filosofia dell’azienda. Oltre a questo, un bello spirito di gruppo e un clima spesso familiare, che credo si sia visto bene nella serata ’80 Infiniti Traguardi’ che abbiamo festeggiato poco tempo fa.” Oggi il Gruppo VAG è forte di 3 brand, 17 siti produttivi, dà lavoro a 1.700 addetti,
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“IL NOSTRO MOTTO È CHE SI PUÒ SEMPRE FARE MEGLIO,” SPIEGA VITRI, “NON BISOGNA ADAGIARSI SUGLI ALLORI: BISOGNA AVERE VOGLIA DI METTERE TUTTO IN DISCUSSIONE E DI RIPARTIRE, ESATTAMENTE COME IN UNA CLESSIDRA.”
l’80% dei quali residenti nel pesarese: è un miracolo o cos’altro? “Nessun miracolo, solo il frutto di passione e tanto duro lavoro. Il legame con il territorio è per noi motivo di orgoglio e anche un’ulteriore spinta a fare bene per portare qui lavoro e benessere.” Cosa dice a se stesso quando legge questi numeri: la inorgogliscono? “Ormai dovrebbe saperlo: dico che si può sempre fare meglio! Se guardo da dove sono partito, però, non posso nascondere che quello che siamo riusciti a fare mi riempie di soddisfazione.” Cosa pretende da chi lavora in VAG? “Sembra scontato, ma la voglia di fare e im-
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IN APERTURA E IN ALTO, ALCESTRE VITRI, PRESIDENTE E FONDATORE DI VAG. NELLA PAGINA PRECEDENTE, VITRI INSIEME AI FIGLI ROBERTA E ALESSANDRO.
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parare è per me fondamentale. Cerchiamo persone ambiziose, che abbiano voglia di impegnarsi e di migliorare nel loro percorso professionale. Quando ho cominciato, il mio desiderio più grande era quello di imparare un mestiere e diventare bravo a farlo: vogliamo collaboratori che la pensino allo stesso modo.” Dall’esterno dicono che lei è un imprenditore esigente e severo con i suoi collaboratori: è proprio così? “Esigente sicuramente, severo solo quando non mi ascoltano. Battute a parte, credo che per fare un ottimo lavoro sia necessario essere severi soprattutto con se stessi.” C’è però qualcosa che non tollera in modo assoluto sul posto di lavoro… “La pigrizia e la svogliatezza. Anche perché
credo sia impossibile trarre soddisfazione da un lavoro fatto male, mentre al contrario, un lavoro ben riuscito è una delle soddisfazioni più grandi che si possano provare.” Roberta e Alessandro, i suoi figli, rappresentano la continuità aziendale: anche loro, come lei, amano la fabbrica? Cosa ha raccomandato loro? “Ho trasmesso loro tutto quello che ho imparato, per fare in modo che guidino questa azienda secondo i principi che hanno ispirato il mio lavoro. Tutto quello che abbiamo creato dovrà durare nel tempo e continuare il percorso di crescita.” Siete a Vallefoglia, ma il VAG Refrigeration Laboratory è degno della Silicon Valley… “È un bel complimento. Il mercato è sempre più competitivo e per distinguersi occorre essere all’avanguardia. Il nostro laboratorio, con 8 diverse camere di test e l’accreditamento Accredia, è unico nel panorama europeo e ci permetterà di mantenere una posizione di vantaggio rispetto ai concorrenti.” La tecnologia migliora sempre le performance? “Quando lo studio e la progettazione che stanno alla base di quella tecnologia sono ben fatti, sì. Ma dobbiamo ricordarci che quello studio è frutto dell’ingegno umano.” Cambierebbe la sua bicicletta con un drone in grado di farle vedere cosa succede tutt’intorno? “Dall’alto vedrei meglio, ma perderei il contatto con le persone. No, nessuno scambio.” Qual è la prossima sfida tecnologica che avete davanti? “L’efficienza energetica, ovvero ridurre i consumi a parità di prestazioni, e la sostituzione di refrigeranti inquinanti con altri gas naturali, sfida alla quale non possiamo sottrarci, vista l’importanza di ridurre l’impatto sull’ambiente.” Che sogni fa oggi? “Mi ritengo un uomo fortunato, perché non ho mai smesso né di sognare, né di lavorare per realizzare i miei sogni.”
CINEMA
CHIAROSCURI MEDIANICI
LO SGUARDO INEDITO DEL REGISTA GIOVANNI PISCAGLIA
DI ELISABETTA MARSIGLI
FOTO LAURA DE PAOLI
Il fascino dell’arte da gustare a 360° comodamente seduti in poltrona: quello del regista pesarese Giovanni Piscaglia è sempre un viaggio negli imperscrutabili chiaroscuri di grandi pittori, attraverso uno sguardo inedito e curioso, ricco di spunti di riflessione. La cura dei particolari, la ricerca delle fonti, il racconto intenso e profondo dell’artista protagonista, sono alla base del lavoro di Piscaglia, attento e meticoloso osservatore, che coinvolgono lo spettatore proponendo una prospettiva sempre diversa e affascinante. Da Van Gogh. Tra il grano e il cielo a Napoleone. Nel nome dell’arte e Perugino. Rinascimento immortale, fino agli interessanti lavori all’interno delle Gallerie d’arte più prestigiose per Sky Arte (tra cui la Galleria Borghese, le due Nazionali dell’Umbria e delle Marche, gli Uffizi, il Museo Archeologico di Napoli, la Reggia di Caserta e la Pinacoteca di Brera), ogni viaggio 22
LA CURA DEI PARTICOLARI, LA RICERCA DELLE FONTI, IL RACCONTO INTENSO DELL’ARTISTA PROTAGONISTA, SONO ALLA BASE DEL LAVORO DI PISCAGLIA, ATTENTO E METICOLOSO OSSERVATORE, CHE COINVOLGONO LO SPETTATORE CON UNA PROSPETTIVA SEMPRE DIVERSA.
nell’arte realizzato da Giovanni è sempre una piacevole e stimolante scoperta. “Quando si inizia l’approccio a un personaggio, ci sono sempre delle cose che colpiscono la mia attenzione, più di altre: elementi che hanno una portata visiva o
narrativa che escono dal semplice quadro o documento,” racconta Giovanni. “È quasi come una ricerca di indizi in una indagine di polizia,” commenta sorridendo, “indizi che costruiscono la linea temporale e narrativa. E piano piano le immagini e i pensieri che ho in mente, rispetto alla vita e all’operato di un artista, finiscono per unire i vari punti sparsi nella storia. Il mio lavoro è anche quello di riempire quegli spazi che i documenti non ci danno, soprattutto per autori molto antichi e quasi sconosciuti, come Perugino.” Prima di essere un personaggio, un artista è sempre una persona “e io cerco di capire l’interiorità di quella persona e di restituirla a mio modo. Certo, potrei documentare in modo più asettico ciò che emerge dalle fonti, ma un film, a mio parere, deve avere una comunicazione più profonda, che abbia a che fare con le immagini e le atmosfere di un racconto organico.”
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CINEMA
IN QUESTE PAGINE, IL REGISTA GIOVANNI PISCAGLIA, FOTOGRAFATO AL MUSEO ARCHEOLOGICO OLIVERIANO DI PESARO.
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Tra i due pittori, quello su Napoleone è forse il suo lavoro più singolare: “Ovviamente su di lui esistono biografie infinite, quindi ho dovuto scegliere alcuni temi particolarmente inerenti al suo rapporto con l’arte. Non era dunque il fine principale fare emergere la sua figura.” Molto più profondo il percorso fatto per Van Gogh e Perugino: “Per me le opere d’arte sono oggetti che hanno un portato fortemente medianico,” dice. “Quello che ci rimane è un lavoro mosso da una mano, un pen-
siero, un’interiorità. Irripetibile. Molto diverso dal guardare un qualsiasi oggetto non realizzato fisicamente da qualcuno. Questo ci porta a ‘toccare’ ed esplorare qualcosa in più rispetto a un semplice lascito: sono, appunto, oggetti medianici.” Parlare di artisti vissuti in altre epoche comporta anche raccontare “un vissuto spesso difficile, con il problema di sopravvivere al mondo terreno con la loro arte. Quindi ognuna di quelle opere ha una voce che ci chiama, che ci invita ad ascoltarle.”
Uno dei motivi che spinge Giovanni a scendere così profondamente nelle pieghe dell’arte “è quel mistero ineffabile del pensiero del passaggio nel mondo di una persona di cui non possiamo più ascoltare la voce, ma solo vedere ciò che fisicamente ha fatto.” Ed è qui che scatta anche la sensibilità del suo sguardo. “Il mio approccio nasce sempre dallo studio,” spiega, “evito di appiccicare idee e modi di fare preconfezionati. Mentre studio i personaggi cerco di farmi un’idea precisa, anche se mia, di cosa e
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PH ALESSANDRO BACHIORRI
VAN GOGH, PERUGINO, NAPOLEONE: “QUANDO SI INIZIA L’APPROCCIO A UN PERSONAGGIO CI SONO SEMPRE COSE CHE COLPISCONO LA MIA ATTENZIONE: ELEMENTI CHE HANNO UNA PORTATA VISIVA O NARRATIVA CHE ESCONO DAL SEMPLICE QUADRO O DOCUMENTO.”
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come raccontarli. Se a volte creo immagini più complesse, di cui non sempre lo spettatore ha reale percezione, lo faccio in maniera subordinata rispetto all’importanza del contenuto. Cerco sempre di non mettermi davanti al protagonista.” Scelte impercettibili forse, ma che possono rivoluzionare il sistema narrativo, come per il Perugino, “dove i giornalisti si sono molto focalizzati sul personaggio, quasi sconosciuto. Ciò che ho fatto io è stato creare un taglio che nessun documento in particolare suggeriva, ovvero scegliere il Vasari come alter-ego per rac-
contarlo.” Secondo Giovanni, “bisogna essere semplici ma non semplificare, comunicare ma senza appesantire. Penso sempre allo spettatore che ha bisogno di spunti di riflessione, che può approfondire anche dopo, ma anche a chi possa fermarsi a ciò che vede per avere un’idea chiara e sufficientemente esaustiva.” Non è un caso che attualmente il regista pesarese stia ora lavorando alla seconda stagione di una web serie dedicata alla casa d’aste della famiglia Pananti: un modo per raccontare cosa succede in questo mondo per molti misterioso.
IN ALTO, GIOVANNI PISCAGLIA INSIEME ALL’ATTORE MARCO BOCCI, NEL BACKSTAGE DEL DOCUMENTARIO PERUGINO. RINASCIMENTO IMMORTALE. SOTTO, LE LOCANDINE DEI FILM PIÙ RECENTI DEL REGISTA.
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Il 2024 sarà l’anno numero 132 per Arturo Mancini; dal 1892, infatti, l’azienda è un importante punto di riferimento per le imprese che operano nell’edilizia, nella carpenteria meccanica, nell’idraulica e nei settori affini garantendo una puntuale fornitura di materiali siderurgici, da costruzione e ferramenta e un’affidabile commercializzazione di materiali per l’impiantistica idraulica. Fra i progetti attualmente work in progress uno dei più importanti riguarda il rinnovamento della propria identità digitale, con una serie di interventi mirati a ottimizzarne l’immagine. Sulla base dell’ultracentenaria affidabilità ed esperienza commerciale, infatti, l’esigenza di rimanere al passo coi tempi con i propri canali e servizi online ricopre da sempre un ruolo centrale per l’azienda, che presto uscirà con una serie di iniziative e attività in cui il rifacimento del sito internet rappresenterà solo il passo iniziale. Ma l’innovazione digitale non è la sola novità di rilievo. Da qualche tempo, ormai, Arturo Mancini ha deciso di condividere i temi della transizione energetica e della sostenibilità ambientale, propo-
nendo prodotti orientati ad un approccio green: non solo caldaie a basse emissioni di Co2, pompe di calore, stufe a pellet per il riscaldamento degli ambienti, ma anche abbigliamento da lavoro realizzato con materiali riciclati e da fonti rinnovabili o miscelatori da lavabo realizzati con particolari tecnologie, come la serie Zero di Delò, che permette di ridurre il consumo dell’acqua del 50%. Molto importante, in questo senso, è stato l’accordo recentemente siglato da Sider Center (il più grande gruppo di acquisto italiano del settore siderurgico, di cui Arturo Mancini è fra i soci fondatori) con AFV Beltrame Group, primario produttore di laminati mercantili con sedi in Italia, Francia, Svizzera e Romania. L’accordo nasce dalla comune volontà di dare sempre più concretezza ai principi della sostenibilità e prevede la distribuzione di Chalibria, l’acciaio carbon neutral. L’acciaieria vicentina, infatti, è stato il primo produttore europeo di acciai lunghi a offrire un prodotto certificato a emissioni compensate, lanciandolo sul mercato lo scorso autunno e riscontrando nei mesi seguenti un interesse sempre crescente in
termini di attenzione e vendite. Diventando i primi ambassador in Italia di Chalibria, quindi, Arturo Mancini e tutti i soci Sider Center sottolineano l’impegno verso una svolta sostenibile anche nel prodotto siderurgico, riducendo l’impatto ambientale e dando avvio a una circolarità positiva per l’intera filiera. “Siamo particolarmente lieti di diventare i primi ambassador del prodotto Chalibria; la nostra è una scelta strategica e conferma l’intenzione di fornire all’intero mercato nazionale competenza e disponibilità del prodotto carbon neutral sul quale Beltrame sta facendo importanti investimenti,” precisa Stefano Dall’Aglio, General Manager Sider Center. Avallando in toto il progetto dell’acciaio green, quindi, Arturo Mancini abbraccia ancora più concretamente i valori della sostenibilità, in un mondo in cui ogni attore coinvolto può dare il giusto contributo. L’obiettivo comune deve essere quello di creare un’economia che si sviluppi in modo responsabile e che usi le risorse naturali con parsimonia, sfruttando i vantaggi offerti dalla tecnologia senza arrecare danni all’ambiente.
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Senza l’innovazione non c’è evoluzione e miglioramento.
Una lunga esperienza produttiva nel ramo della realizzazione di impianti elettrici civili e industriali, la flessibilità e capacità di mutare in base alle esigenze del settore e alle evoluzioni tecniche sempre più moderne fanno della società Elettroimpianti Menghi un importante punto di riferimento nel panorama elettrotecnico. La capacità tecnica dello staff, l’alta professionalità dei singoli collaboratori e la spiccata vocazione per l’innovazione, la continua ricerca di nuove soluzioni tecniche e tecnologiche per garantire un costante miglioramento, sono il punto di forza dell’azienda che rende Elettroimpianti Menghi un fondamentale partner per soddisfare le esigenze più specifiche. Elettroimpianti Menghi realizza e fornisce manutenzione di impianti elettrici civili e industriali, risparmio energetico, installazione di pannelli solari, cancelli automatici, cabine di trasformazione, illuminazione stradale, reti telefoniche e dati, impianti TV. Fondata nel 1975, la società Elettroimpianti Menghi, durante tutto il percorso di attività e di crescita aziendale, ha perfezionato ed ottimizzato i propri interventi ed il proprio sistema di gestione per la qualità. Con il controllo ed l’ottimizzazione di tutti i processi produttivi, finalizzati a garantire il livello di qualità di prodotti e servizi e migliorare la capacità e fama aziendale sul mercato, la ditta Elettroimpianti Menghi ha conseguito il raggiungimento delle certificazioni di qualità conformi alle normative vigenti (UNI EN ISO 9001:2000, certificato n. AJAEU/09/11586 del 23/06/09) per le attività di installazione di impianti elettrici, reti telematiche e telefoniche; manutenzione e assistenza di impianti elettrici, reti telematiche e telefoniche, automazione e sicurezza e impianti meccanici.
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STORIA
ANTICHI RINTOCCHI LA CAMPANA CIVICA CONSERVATA NELL’ATRIO DEL PALAZZO COMUNALE
DI GIOVANNA PATRIGNANI
FOTO LUCA TONI
Nell’atrio del Palazzo Comunale di Pesaro è collocata la cinquecentesca campana civica, i cui rintocchi regolavano e sanzionavano gli atti fondamentali della vita pubblica cittadina. In bronzo, datata 1547, nella parte superiore è decorata da una fascia di ghiande e foglie di rovere, sottostante alla quale, lungo tutta la circonferenza, è ancora leggibile l’iscrizione con il trigramma di Cristo ripetuto quattro volte: “XPS VINCIT XPS REGNAT XPS IMPERAT XPS AB OMNI MALO NOS DEFENDAT ANNO DNI MDXLVII.” Al di sotto, all’interno di una ghirlanda circolare, è raffigurato lo stemma roveresco, parzialmente abraso dai repubblicani nel 1798 e affiancato a sinistra dalle iniziali del nome di Guidubaldo II della Rovere G V e, a destra, dal numero romano II indicante l’ordine di successione del duca. Sul retro compare lo stemma del Comune di Pesaro, inserito al centro delle lettere iniziali ‘PIS’ e finali ‘AUR’ del nome della città. In base alla Rubrica 47 del primo libro degli Statuti Cittadini, i consiglieri del Consiglio Generale erano convocati col 31
STORIA
IN BRONZO, DATATA 1547, NELLA PARTE SUPERIORE È DECORATA DA UNA FASCIA DI GHIANDE E FOGLIE DI ROVERE SOTTO LA QUALE, LUNGO LA CIRCONFERENZA, È LEGGIBILE L’ISCRIZIONE CON IL TRIGRAMMA DI CRISTO.
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suono della campana della comunità, essenziale per la legalità della convocazione e per la validità delle deliberazioni, che non erano considerate valide se convocate senza i rintocchi del campanone. Anche i membri del Consiglio dei Dodici, un organo consulente, venivano convocati suonando, la sera innanzi, dodici tocchi. Anche per quanto riguarda la custodia della città, la durata del giorno e della notte era determinata dalla campana civica, i cui tre rintocchi svegliavano la città all’alba e la addormentavano al tramonto come segnale del
coprifuoco, quando a nessuno era permesso aggirarsi per le vie senza lume o in costume inusitato, altrimenti, oltre l’ammenda e le pene che il Podestà riteneva d’infliggere, venivano considerati responsabili dei furti o di qualunque altro ‘maleficio’ commesso durante la notte, fino alla scoperta del vero autore. Originariamente la grossa campana era sistemata sulla cilindrica torre civica che sovrastava la medioevale residenza comunale nella ‘Platea Magna’, attuale Piazza del Popolo. Per il peso (5.000 libbre circa) e le dimensioni, oltre che per la forma
e la struttura della torre, non poteva essere suonata a distesa. Quando nel 1564, a causa dei lavori voluti dal duca Guidubaldo II per ingrandire la Piazza Grande, la torre campanaria dovette essere abbattuta, unitamente all’antico Palazzo Comunale, il pesante campanone venne calato a terra. Poiché il Consiglio doveva deliberare i pagamenti relativi all’ampliamento della Piazza, ci volle un’ordinanza del duca per derogare al consueto rituale dei rintocchi e stabilire che ogni decisione sarebbe stata ugualmente valida anche convocando i consiglieri in altro modo. Ma pare che senza campana fosse comunque difficile riunire i consiglieri, per cui nella seduta consiliare del 20 agosto 1564 fu proposto di convenire con i frati di Sant’Agostino che, fino a quando si fosse altrimenti provveduto, si suonasse la campana della loro chiesa. Nel 1572 venne presa la decisione di collocare la campana civica sul campanile della vicina chiesa di San Domenico, convenendo con i frati che la si sarebbe fatta suonare a richiesta della Comunità, cui era riconosciuto il diritto di poterla in qualsiasi momento spostare altrove. Da allora non subì altri spostamenti fino al 1911, allorché si dette inizio alla trasformazione della chiesa di San Domenico nell’attuale sede provinciale delle Poste e Telegrafi. Abbattuto il quattrocentesco campanile, la campana civica venne sistemata all’interno di un cortile adiacente alla chiesa di Sant’Ubaldo e nel 1932 presso la depositeria dei Musei Oliveriani, dove restò fino al 1960 quando, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Palazzo Comunale, fu collocata nell’atrio, dove tuttora si trova.
ADVERTORIAL
HOSTARIA DEL CASTELLO LA NUOVA STAGIONE DEL DIVERTIMENTO
L’Hostaria del Castello, storico locale posto a ridosso dello splendido borgo di Gradara, sulla collina a due passi dal mare, è finalmente tornato a splendere dopo qualche anno di oblio. Artefice di questa rinascita è Michele Marcelli, ristoratore pesarese da più di 40 nel settore, che assistito dal suo fidato collaboratore Giorgio Daskaliuk è stato capace di gettarsi a capofitto in un progetto che all’inizio poteva sembrare impossibile ma che sta piano piano prendendo corpo. Per concretizzare la rina-
Per info e prenotazioni: Hostaria del Castello Gradara Via Mercato, 2 | T. 327 9570187
scita del locale ha contattato lo Studio di Design Garbugli, che ha progettato un profondo restyling della struttura ormai un po’ datata, e si è affidata allo studio di comunicazione Atlante Associati per dare nuova linfa e una nuova immagine. Dopo il lancio, avvenuto a metà luglio del 2023, non rimaneva che ricominciare a lavorare sulla programmazione delle serate che dal 1957 avevano accompagnato diverse generazioni di pesaresi e romagnoli, amanti della musica da ballo, che con-
sideravano il locale di Gradara come un vero e proprio punto di riferimento. Ancora adesso sui social network ci sono messaggi di clienti, anche stranieri, che hanno accolto con felicità la notizia della rinascita dell’Hostaria, un locale che abbina la cucina tipica romagnola alla possibilità di ballare ai ritmi preferiti. La programmazione è infatti molto varia, con il venerdì Live, il sabato con la Dance anni Settanta/Ottanta/Novanta, e non dimentica gli appassionati delle danze tipiche come il liscio e i balli di gruppo che hanno nella domenica la serata dedicata. Non mancano poi gli appuntamenti organizzati dai ragazzi di Cliché dedicati alla disco per i più giovani. Una simpatica novità è invece l’idea dell’‘Altra Domenica’ con il pranzo delle famiglie, durante il quale i bimbi vengono simpaticamente coinvolti dagli animatori in giochi, balli con la presenza di clown, giocolieri e truccabimbi mentre i genitori possono tranquillamente pranzare con il sottofondo musicale selezionate dai Dj. Con l’arrivo della stagione autunnale e in vista del Natale si è inaugurata la programmazione invernale con l’animatissimo concerto dei BDA con il ‘Gallo’, bas-
sista di Vasco Rossi, come Guest Star. Nel mese di dicembre, sono 3 gli eventi clou: si inizia con giovedì 7 dicembre quando sul rinnovato palco dell’Hostaria ci sarà Ivana Spagna, la regina delle Hits internazionali più ballate in Italia e non solo, per poi lanciarsi verso sabato 23 dove i protagonisti saranno i componenti della Revolution Band e la loro valigia carica dei travolgenti ritmi anni Settanta, Ottanta e Novanta, un’occasione unica per cenare e poi divertirsi ballando aspettando il Natale. Per San Silvestro, in programma c’è il Gran Gala di Capodanno con il Cenone che sarà accompagnato dal mitico Tiziano Giraldi e l’animazione a cura di Liz Party e Andy Dj con la loro scelta musicale, nella quale saranno soddisfatti tutti i gusti musicali e dove sarà impossibile stare seduti! Durante la serata ci saranno anche alcune sorprese che animeranno la notte più attesa dell’anno. Ora non resta che andare a Gradara dove il gentile staff dell’Hostaria vi aspetta per gustare le specialità romagnole e dove potrete lasciarvi andare a serate di spensierati balli e buona cucina, pronti a raccogliere prenotazioni per le cene e pranzi aziendali, matrimoni e ricorrenze.
ITINERARI
TRA BORGHI E LEGGENDE IL FASCINO E LA MAGIA DELL’ANTICO ABITATO DI PIETRARUBBIA
DI FABIO FRATERNALI
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RUBRICA
UN LUOGO ANTICO E CONTEMPORANEO IN CUI L’ARTE NUOVA SI FONDE CON LA NATURA E LA STORIA, NOTO PER ESSERE SEDE DI PALAZZO POMODORO, DAL NOME DELLO SCULTORE CHE QUI HA TROVATO UN ANGOLO DI PARADISO.
IN QUESTE PAGINE, DELLE PANORAMICHE DI PIETRARUBBIA, CON UNA VISTA SUL BORGO E SULLA TORRE.
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Un luogo incantato nella regione storica del Montefeltro, un paese dove le pietre e i mattoni degli edifici ci svelano una storia lontana. Che si risalga dalla Calle del Foglia, da Macerata Feltria, o che si arrivi dall’attuale confine romagnolo della vicina Montecopiolo, oppure dalla Carpegna, arrivare a Pietrarubbia e addentrarsi tra piccoli declivi e boschi è sempre un’esperienza unica. Pietrarubbia deve essere letteralmente svelata, non troviamo difatti l’antico abitato a ‘portata di mano’ ma, dalla frazione di Mercato Vecchio, una frazione che negli anni per comodità è diventata il vero centro vivo del Comune, occorre seguire una strada che s’inerpica in una posizione soprelevata e, percorsi alcuni piccoli tornanti, finalmente il borgo antico ci si svela nella sua semplice bellezza. L’origi-
ne di Pietrarubbia, Petra Rubea (Pietra Rossa), che deve il suo nome alle sfumature rossicce delle pietre che compongono la rupe sulla quale sorge, si perde tra le pieghe del tempo. Questo borgo fu importantissimo in antico, tant’è che il suo castello, del quale rimangono a oggi poche vestigia, fu un significativo baluardo delle più grandi famiglie che governarono queste zone, dai conti di Carpegna sino ai conti di Montefeltro i quali, partendo proprio da queste zone montane, nel tempo estesero il loro potere e dominio arrivando a Urbino e facendone, in seguito, la capitale dell’omonimo Ducato che governarono fino al 1631. Arrivati all’ingresso del borgo ci appare forse solo un pallido riflesso di quello che era un tempo questo luogo, famoso, tra l’altro, per la presenza in antico di un
convento femminile, il convento di Santa Monica, demolito negli anni Venti dell’Ottocento, ricordato dall’archiatra pontificio Giovanni Maria Lancisi nel 1705 per le monache che “…per duecento anni continui sono state senz’altra difesa che di sole siepi e sono perciò state la meraviglia e l’edificazione di tutto il mondo cristiano e la gloria dei duchi di Urbino.” Percorrendo la piccola via principale, sentiamo sotto i piedi il vetusto acciottolato di pietre e, ai lati, troviamo la maggior parte degli edifici superstiti del borgo; la piccola sede di un’officina metallurgica. Sì perché Pietrarubbia era famosa per i suoi artigiani che sapevano lavorare i metalli, in particolare modo erano famosi per la realizzazione di forbici molto apprezzate nell’Urbe, per l’antico Palazzo del Vicario che, nelle sue adiacenze, ospita una piccola ma preziosa raccolta di ceramiche rinvenuta durante le campagne di scavo fatte nel castello. Così come per il Palazzo Pomodoro, che prende il nome dallo scultore Arnaldo Pomodoro che proprio qui, nel Montefeltro, ha trovato un angolo di paradiso e sotto la sua egida ha creato un centro per la lavorazione artistica dei metalli, il Tam, Trattamento artistico dei metalli. Il Palazzo, sede del Museo di Arte Contemporanea di Pietrarubbia, espone al suo interno opere di artisti realizzate
contecamillo
ITINERARI
UN LUOGO INCANTATO NELLA REGIONE STORICA DEL MONTEFELTRO, UN PAESE DOVE LE PIETRE E I MATTONI DEGLI EDIFICI PARLANO DI UNA STORIA LONTANA, CON UN CASTELLO CHE FU BALUARDO DI IMPORTANTI FAMIGLIE.
SOTTO, LA CHIESA DI SAN SILVESTRO OSPITA IL SOLE BRONZEO DI ARNALDO POMODORO.
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durante la loro esperienza presso il Tam e, recentemente, anche opere del grande Arnaldo Pomodoro. Pietrarubbia è antica e contemporanea al tempo stesso, un luogo dove l’arte nuova si fonde con la natura e la storia. Dalla via principale, prima di salire alla torre che domina l’abitato, quasi unico baluardo superstite di quel gran castello un tempo cinto da due giri di mura, non possiamo non soffermarci all’interno della chiesa di San Silvestro il cui spazio ascetico ospita una creazione di Pomodoro, il Sole e Altare per Pietrarubbia, realizzato tra il 1990 ed il 1991, dove lo splendido gioco della poca luce naturale fa vivere di mille riverberi il sole in bronzo dorato posto sopra un grande monolite in marmo rosso venato
che funge da altare. Abbandonato il borgo saliamo per un sentiero alla conquista della Torre: è da qui, dall’apice di questo conglomerato di roccia calcarea dalle sfumature rosse, che riusciamo a godere di una vista mozzafiato sul territorio circostante. Il territorio comunale di Pietrarubbia può poi annoverare, in località Ponte Cappuccini, l’antico convento dei Cappuccini fondato nel 1531, oggi riportato a nuova vita dalle Monache dell’Adorazione Eucaristica, che ospitò nel 1653 San Giuseppe da Copertino, il famoso ‘frate volante’ patrono degli studenti; mentre, quasi sospeso su un dirupo, troviamo il complesso di Sant’Arduino, un borghetto del tutto disabitato dove ‘resistono’
una manciata di edifici, tra questi l’antica chiesa che da il nome al luogo. Le sorprese non sono finite. Addentrandoci verso Carpegna, ai confini tra i due Comuni, troviamo poi qualcosa di molto particolare, scorgiamo un alto rilievo dalla forma di torre che, da lontano, pare una costruzione realizzata dall’uomo ma che, in realtà, è un prodigioso scherzo della natura: si tratta di Pietrafagnana, un conglomerato di pietre calcaree rossicce. La sua forma così strana, nei secoli, ha dato origine a tante leggende, una di queste vorrebbe che in questo luogo fosse precipitato nientemeno che Lucifero in persona, e che quel ‘dito’ di roccia non sia altro che l’indice dell’Angelo che si ribellò a Dio.
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L’attività di riabilitazione motoria e funzionale in acqua non sostituisce le comuni tecniche riabilitative ma, avvalendosi delle proprietà e caratteristiche dell’ambiente acquatico, integra e completa il percorso di recupero del paziente. Ancora oggi l’attività in acqua è vista con una certa diffidenza da diversi pazienti che, ancora legati al concetto comune di fisioterapia, hanno un approccio scettico con questo metodo fino al momento della prima seduta, in cui si accorgono della facilità dei movimenti e dell’assenza del dolore. Esercizi che fuori dall’acqua sarebbero improponibili a causa della presenza di gravità, eseguiti in acqua in situazioni di scarico tendenzialmente antigravitaria, appaiono più semplici. Dottor Radi, in cosa consiste la riabilitazione in acqua? “Sulla base della mia esperienza, vorrei precisare che non è sufficiente fare eseguire dei movimenti in piscina per credere di compiere una riabilitazione, ma è necessario attuare dei protocolli di lavoro che permettano, in occasioni di traumi e/o infortuni di vario tipo, una più rapida ripresa dei movimenti e un recupero più efficace. Affinché il lavoro così concepito possa essere corretta-
mente eseguito è fondamentale che la piscina sia strutturalmente adatta, dotata di attrezzatura e sussidi che permettano il galleggiamento anche delle persone che non sanno nuotare, e che la temperatura dell’acqua sia calda (circa 34°/34,5°). È indispensabile la conoscenza delle nozioni di fisiologia e di anatomia per conoscere in modo approfondito la patologia del paziente, i suoi sintomi e i suoi segni clinici. Anche per la riabilitazione in acqua è importante la valutazione del paziente, delle sue caratteristiche e del suo rapporto con l’acqua.” Il paziente viene sempre seguito dal fisioterapista? “Certo, il ruolo del fisioterapista
è quello di indicare al paziente la corretta esecuzione dei movimenti, controllandone l’ampiezza, la velocità, la direzione; il tutto nel rispetto dei tempi biologici del recupero dei tessuti offesi e con attenzione al paziente, incoraggiando i più insicuri e moderando quelli troppo energici. L’attività del terapista non si esaurisce nel momento della seduta, ma il suo compito sarà anche quello di educare il paziente, in riferimento alla sua patologia, favorendo così una continuità di movimenti positivi durante l’arco della giornata.” Quali sono i vantaggi del lavoro in acqua? “I vantaggi offerti dall’acqua sono molteplici, in primo luogo la riduzione della forza di gravità: tale situazione di scarico favorisce uno stress endoarticolare minore che permette un maggior controllo del dolore, consentendo una più precoce mobilizzazione della zona interessata creando così nel paziente anche maggior fiducia nel buon esito del recupero. In secondo luogo, l’effetto pressorio dell’acqua stimola il recupero degli edemi e la giusta temperatura porta a un rilassamento muscolare. La possibilità di mobilizzazione precoce, la maggiore escursione articolare, il maggiore controllo dei movimenti, contribuiscono così a creare i presupposti per un ritorno graduale, ma rapido e sicuro alle normali condizioni fisiologiche.”
ESPERIENZE
IN SELLA A UN SOGNO IPPOTERAPIA, EMPATIA E SORRISI: UN PONTE PER L’INCLUSIVITÀ
DI DEBORAH PAPISCA
Alice, Simba e Frozen sono ‘docenti’ di tutto rispetto che affiancano bambini e ragazzi per aiutarli a superare sfide fisiche, cognitive ed emotive. Questi insegnanti così speciali sono tre splendidi cavalli che fanno parte dell’associazione ‘Amici dell’Ippoterapia’. Fondata da Stefania Armanni, originaria di Fano, l’associazione con sede a Pesaro, nello specifico al Centro Ippico Zorigo, nasce dalla sua personale esigenza di unire due mondi per lei importanti: quello del cavallo a quello della disabilità. Da un’idea sono seguite azioni concrete per realizzare questa realtà attiva ormai da diversi anni… “In effetti, ora che ci penso, siamo operativi da 23 anni, l’associazione difatti vede la luce nel 2000. Tutto ha inizio quando scopro l’attività di riabilitazione equestre che trovo subito molto interessante e decido di formarmi con Anire, l’Associazione nazionale italiana di riabilitazione equestre e di attività ludico sportiva per persone disabili e con devianze e disagi sociali con sede a Milano, dove conseguo il diploma di Terapista della Psicomotricità a cavallo. Sentendomi ancora incompleta nel mio per40
corso formativo, mi iscrivo successivamente alla Facoltà di Psicologia di Urbino per laurearmi in Psicologia di intervento clinico per infanzia e adolescenza.” Come è riuscita a concretizzare un progetto così nobile e, si presume, non facile da realizzare?
FOTO LUCA TONI
“Ho subito incontrato persone motivate come me a intraprendere il progetto, a unire le forze ma soprattutto a condividerne la passione e dopo sei anni dalla nascita dell’associazione abbiamo ottenuto un maneggio coperto per offrire i nostri servizi.”
Di cosa vi occupate nello specifico? “Ci occupiamo principalmente di bambini e ragazzi affetti da autismo, Sindrome di Down, paralisi cerebrali, disturbi del linguaggio e sensoriali, iperattività e disturbi dell’apprendimento ma anche di altre problematiche meno frequenti e non meno importanti come l’anoressia o la depressione che durante la pandemia hanno subìto un aumento in particolare negli adolescenti.” Cosa significa lavorare con i cavalli e quale tipo di contributo offrono nell’attività dell’associazione? “Il cavallo è un animale eccezionale, molto intelligente ed empatico. Io lo definisco un insegnante eccellente, grande cooperatore che fa da ponte tra il soggetto di cui ci prendiamo cura e l’operatore che altrimenti avrebbe una certa difficoltà a entrarvi in relazione. La sinergia con i cavalli ci permette di sostenere in modo molto efficace i ragazzi aiutandoli a superare le difficoltà relazionali, a creare un contatto migliore con il mondo degli adulti e con i coetanei. Inoltre il cavallo riesce a stimolare in loro l’affettività perché è una creatura priva di giudizio e
“LA SINERGIA CON I CAVALLI CI PERMETTE DI SOSTENERE IN MODO EFFICACE I RAGAZZI AIUTANDOLI A SUPERARE LE DIFFICOLTÀ RELAZIONALI E A CREARE UN CONTATTO CON IL MONDO DEGLI ADULTI E DEI COETANEI, STIMOLANDO IN LORO L’AFFETTIVITÀ.”
accetta chiunque, a patto che lo si rispetti, poiché anche lui ha le sue esigenze.” C’è un progetto che le è rimasto nel cuore o l’ha colpita in modo particolare? “È difficile dirlo, tutte le iniziative di cui mi sono occupata mi hanno regalato una ricchezza interiore dal valore inestimabile ma se devo proprio menzionarne uno si tratta del progetto creato con un’associazione di Cattolica che ospitava ragazzi bielorussi vittime di abusi, maltrattamenti e abbandono. È dura dimenticare il loro sguardo, che all’inizio,
era spento e triste, e la loro comprensibile diffidenza. Con tanta pazienza e tempo, e grazie ai nostri docenti speciali, abbiamo visto ritornare il sorriso sui loro volti, la tenerezza nei loro gesti e la voglia di ricominciare una nuova vita, perché attraverso le nostre attività di riabilitazione abbiamo mostrato un altro aspetto del mondo fatto di bontà, amore, gentilezza.” Inevitabile chiederle quali sono i vostri progetti futuri. “Abbiamo appena concluso la stesura di un progetto che vorremmo presentare a qualche Fondazione per ottenere finanziamenti utili a farlo partire: sarà coinvolto un plesso scolastico con 375 alunni, tra cui 17 ragazzi con problematiche specifiche. Ci occuperemo di inclusività e di sollecitare quelle che sono le competenze indispensabili nella fase pre-adolescenziale, temi molto attuali, come la gestione delle emozioni, delle relazioni, le capacità cognitive come quelle decisionali e la risoluzione dei problemi e ostacoli, cercando di diminuire l’utilizzo degli smartphone e dei social per consentire ai ragazzi di ritornare alle sane e relazioni che arricchiscono l’essere umano.” 41
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SALUTE
PROFESSIONE BENESSERE
PREVENZIONE E TERAPIA PER CREARE UNO STILE DI VITA SANO
DI ELISABETTA MARSIGLI
Non è facile, soprattutto con i ritmi di oggi, tutelare e mantenere il proprio stato di salute personale. C’è una disattenzione generalizzata e crescente nei confronti del proprio corpo, e soprattutto del cibo, considerato quasi un surplus, una distratta pausa dagli impegni. Ed è forse per questo che, in tem-
pi ancora non sospetti, Antimo Zazzaroni ha iniziato una sua ricerca che si è trasformata in passione e poi in un progetto mirato a promuovere l’importanza della prevenzione primaria. “Un progetto che abbiamo condiviso entrambi,” racconta Maria Assunta Bordon. “La mente creativa di mio marito, un vulcano
FOTO LUCA TONI
in continua eruzione, e il mio impegno nell’affiancarlo nella realizzazione concreta, hanno generato l’Istituto di Medicina Naturale di Urbino nel gennaio del 1983.” L’obiettivo di Antimo e Maria Assunta si è poi concretizzato nell’attività di formazione nell’ambito delle medicine com-
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NELLA PAGINA PRECEDENTE, DA DESTRA, ANTIMO ZAZZARONI, LA MOGLIE MARIA ASSUNTA BORDON, FONDATORI DELL’ISTITUTO, INSIEME AL FIGLIO ENRICO.
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plementari, attraverso la ricerca di docenti professionisti, provenienti anche dall’estero, che garantissero la qualità della formazione stessa: corsi di iridologia, alimentazione bioenergetica, kinesiologia applicata, erboristeria. “L’esperienza maturata in oltre dieci anni di formazione portò al progetto ambizioso della Scuola italiana di naturopatia: un percorso di studi quadriennali volto a formare un professionista del benessere.” E la scuola è decisamente il fiore all’occhiello dell’Istituto. “Manca un impegno fattivo per attuare un’autentica prevenzione. In pratica dal medico si va sempre quando si è
ormai ammalati,” spiega Maria Assunta, “ma se imparassimo a conoscerci, a sapere quali sono i nostri punti di forza e le nostre debolezze, potremmo riuscire a tutelare la nostra salute a 360 gradi.” Uno stile di vita più idoneo, un’alimentazione sana, trattamenti di benessere: un cammino importante che il naturopata ci aiuta a fare lavorando sulla qualità della vita. Un altro dei punti di forza della prevenzione è l’adozione di corrette abitudini alimentari. “L’alimentazione è senz’altro il principale strumento sia di prevenzione che di terapia,” prosegue Maria Assunta, “e non
si tratta di ‘inventarsi’ l’ennesima dieta, ma si parla di nutrizione integrata che unisce alla conoscenza dei fattori nutrizionali classici, i fattori bioenergetici, ovvero quelli che non compaiono nelle tabelle tradizionali, ma incidono molto sulla nostra alimentazione. Poi subentrano altri fattori: con quale energia mi metto a preparare quel cibo? C’è una componente emozionale e culturale nel modo di rapportarsi col cibo che diventa estremamente importante,” afferma. “Ritrovare la nostra dimensione e rimettere ordine nelle priorità della vita non vuol dire stare ai fornelli per ore ma sapere come mangiare in modo sano, è un atto d’amore principalmente nei nostri confronti. Aria, acqua, cibo e terra puliti, generano pensieri puliti.” Ed ecco spiegato anche il successo di Biosalus, evento nazionale dedicato al biologico e al benessere olistico, giunto quest’anno alla quattordicesima edizione, che promuove la conoscenza del benessere dell’individuo attraverso l’alimentazione, la prevenzione e la cura dell’ambiente, per ritrovare un’armonia perduta. Oggi, a rinnovare la fiamma della passione di Maria Assunta e Antimo c’è il figlio Enrico, che ha portato numerose novità, tra cui lo sviluppo di corsi di formazione e di convegni online.
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È una storia quasi difficile da datare quella del ricamo, protagonista già dai tempi dell’antico Egitto in cui veniva usato per unire pelli e teli vegetali destinati ai Faraoni. Non era da meno neanche nell’antica Cina, dove fu al centro di un’attività fiorente per lungo tempo. Con la sua inconfondibile arte, il ricamo nel corso dei secoli si è espanso a macchia d’olio, fino a giungere in Europa, sviluppandosi nell’ambito della moda. Grazie alla cultura saracena è poi arrivato anche in Italia ottenendo particolare attenzione a Milano e a Firenze, in cui si fece florido nella vita dei palazzi, tra lo stile di vita sfarzoso dei ricchi signori. Facendo un salto temporale importante arriviamo alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, in un piccolo laboratorio pesarese dove il ricamo prende vita creando un’attività di tutto rispetto, fondata da Roberto Occhialini che decide di chiamarla Stile Ricamo: un nome che racchiude gusto, talento, passione e precisione. Occhialini nel tempo viene attrat-
to dalle grandi passerelle dell’alta moda e decide di specializzarsi proprio in quel settore iniziando a collaborare con gli stilisti più in voga del panorama mondiale. Non ci vorrà molto tempo prima che Stile Ricamo si trasformi da piccola realtà lavorativa in un’azienda vera e propria che garantisce massima competenza, attenzione al dettaglio e lavoro impeccabile. Grazie all’esigenza di una continua innovazione e di una ricerca costante, l’azienda pesarese si avva-
le di strumenti sofisticati di ultima generazione come le macchine a taglio laser, le cucitrici a ultrasuoni e le stampanti automatiche 8 colori, offrendo svariati servizi quali, ad esempio, l’applicazione di borchie a rivetto su tessuto in qualunque capo d’abbigliamento (tra i servizi più richiesti), il ricamo laser, una tecnica innovativa che decora abiti e tessuti in modo perfetto, e il ricamo con paillettes anche su abito intero. È ormai risaputo che con pazienza, costanza, determinazione e convinzione in ciò che si fa i risultati arrivano concreti: Stile Ricamo, con grande fiducia e massimo impegno, è riuscita con le sue creazioni a camminare sui Red Carpet più fotografati, a essere immortalata sulle copertine dei magazine di moda, facendo scalpore anche in diversi videoclip musicali. Per Occhialini e tutto il suo team il ricamo è un prezioso giardino dove sbocciano splendide idee e prendono forma creazioni uniche.
LIBRI
IL POZZO DELLE BAMBOLE L’ULTIMO ROMANZO DI SIMONA BALDELLI EDITO DA SELLERIO
DI SIMONETTA CAMPANELLI
FOTO LUCA TONI
Leggo ogni libro di Simona Baldelli con grande curiosità e infinito appagamento perché so che, quando avrò finito di leggerlo, vorrei che il suo prossimo romanzo fosse già in libreria. Mi piacciono la sua scrittura e le sue storie, mi piace come le vicende dei protagonisti s’intrecciano nel contesto storico e come si sofferma su fatti realmente accaduti. La musa ispiratrice di Simona è sua mamma, me lo ha confessato un giorno. Originaria di Pesaro, vive a Roma. Il suo esplosivo esordio nella narrativa è del 2013 con Evelina e le fate, finalista al Premio Calvino 2012 e vincitore del Premio John Fante Opera Prima. Un libro entusiasmante e magico che ha riscosso grande successo di pubblico e di critica. La lettura de Il pozzo delle bambole (Sellerio Editore Palermo, 2023) è stata altrettanto appagante. Tra le pagine del libro, attraverso lo sguardo della giovane e combattiva Nina, l’au-
ATTRAVERSO LO SGUARDO DELLA GIOVANE NINA, L’AUTRICE RACCONTA L’ITALIA CHE INSEGUE IL SOGNO DI UN RISCATTO. UNA STORIA DI LAVORO, UNA STORIA AL FEMMINILE DELLE DONNE NEL DOPOGUERRA.
trice racconta l’Italia che dalla rovina della guerra corre verso gli anni Sessanta inseguendo il sogno di un riscatto. È una storia di lavoro e di lotta per il lavoro, una storia al femminile delle donne nel dopoguerra in cui la protagonista sopravvive attraverso la scoperta delle parole che l’aiutano a definire dei pensieri, a costruire un immaginario, un possibile mondo e una identità, in cui sopravvive anche grazie all’amicizia all’interno dell’istituto. “Il pozzo delle bambole,” dice Simona Baldelli, “parla di lavoro e lo fa attraverso un fatto davvero accaduto: l’occupazione della Manifattura Tabacchi di Lanciano. 650 tabacchine che, fra il maggio e il giugno del 1968, occuparono la fabbrica e l’intera città per mantenere un posto di lavoro. Un lavoro che fosse anche emancipazione e dignità, in contrasto al ricatto. E parla anche dei temi che si dibattevano in quegli anni nelle assemblee,
nelle contestazioni, delle occupazioni e degli scontri fra manifestanti e polizia, fra manifestanti e manifestanti di opposte sponde.” E ancora, “in sottofondo c’è anche il rifiuto della guerra del Vietnam,” spiega l’autrice, “e altre cose di quell’epoca. Cose che accadevano allora. Ma il libro parla anche dello spaesamento che si trova a vivere la protagonista, della fase di trasformazione del tempo senza sapere bene quale sia il suo posto nel mondo, e lo fa attraverso vicende di bambine e di bambini che vivono in un brefotrofio. Sono orfanelli e trovatelli, poveri bambini chiamati al mondo che nessuno voleva, che si sentono esclusi da ogni gioia. Bambini che si sentono messi ai margini, periferici rispetto agli eventi e questa credo sia una condizione che accompagna anche questo nostro tempo.” È vero, spesso ci sentiamo ‘periferici’ ma la combattiva Nina ci insegna.
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SPORT
LE ATLETE DEL DOMANI LA MEGABOX VOLLEY VALLEFOGLIA INVESTE SULLE NUOVE GENERAZIONI
DI ALICE MURI
Con lo sguardo verso l’alto, grazie al prestigio di militare nella massima serie del campionato di pallavolo femminile, ma con i piedi e il cuore ben radicati nel nostro territorio: è questo uno dei punti di forza della Megabox Volley Vallefoglia, società creata e presieduta da Ivano Angeli, che da due anni disputa il campionato di serie A1, e a cui va riconosciuto il merito di aver fatto rifiorire anche una gloriosa tradizione di questa Provincia che da sempre vive di pallavolo. Un entusiasmo e una determinazione che hanno portato la società a creare anche un importante movimento legato alle più piccole, con l’intenzione di investire sulle nuove generazioni, realizzando un settore giovanile oggi composto da una squadra di minivolley, e tante collaborazioni con altre società del nostro territorio. A parlarne è il direttore di Megabox Ondulati Del Savio Vallefoglia, Marco Savelli: “Grazie soprattutto alla volontà della nostra vice presidente Maria Luisa Renzi,” spiega, “la società ha deciso di investire nella costruzione di un settore giovanile che pian piano possa raggiungere importanti obiettivi. Grazie alla
lente di ingrandimento della Serie A e al know how dei nostri allenatori, preparatori, fisioterapisti e del nostro team, abbiamo deciso di mettere a frutto una serie di competenze che ci permettessero di far crescere tutto il movimento della pallavolo, iniziando dai più piccoli. Purtroppo in questi ultimi anni stiamo vedendo una disaffezione a questo sport da parte dei più gio-
DI LUCA TONI
vani,” aggiunge. “Le cause sono molteplici, a cominciare dal Covid che ci ha costretti a fermare le nostre attività per un po’ di mesi. Inoltre sono da considerare anche la situazione socio-economica che stiamo vivendo, per cui alcune famiglie non riescono più a portare le bambine in palestra, e un generale disinteresse allo sport da parte dei giovani. Tutte cause che hanno portato 49
SPORT
LA SOCIETÀ HA CREATO UN MOVIMENTO LEGATO ALLE PIÙ PICCOLE, CON L’INTENZIONE DI INVESTIRE SULLE NUOVE GENERAZIONI, REALIZZANDO UN SETTORE GIOVANILE CON UNA SQUADRA DI MINIVOLLEY.
IN APERTURA, UN’AZIONE DURANTE UNA PARTITA. IN ALTO, LA SQUADRA IN SERIE A1 DELLA MEGABOX ONDULATI DEL SAVIO. A LATO, IVANO ANGELI, PRESIDENTE MEGABOX VOLLEY.
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a un calo importante di ragazze che praticano questo sport. Per questo,” prosegue Savelli, “abbiamo voluto riiniziare anche dal basso, realizzando un progetto di minivolley, che vede oggi la partecipazione di venti bambine, ma anche una squadra Under 14, Under 16 (che milita nel campionato di prima divisione) ed Under 18, che gioca in Serie C – con la particolarità di avere nel gruppo soltanto under 18 nonostante in questo campionato sia possibile tesserare giocatrici di qualunque età.” Ma c’è di più, perché la Megabox ha lanciato un progetto che permette di mettere a sistema il settore giovanile del volley femminile di tutta la nostra Provincia, dalla Valle del Foglia a quella del Metauro, tanto che alcune squadre dell’Adriatica Fano e dell’Apav Lucrezia scendono in campo indossando la maglia ufficiale della Megabox e, a breve, anche altre società del territorio entreranno a far parte di questo progetto. “Crediamo fermamente che sia necessario investire nelle nuove generazioni, promuovendo i
valori positivi che porta con sé questo sport,” conclude il direttore Marco Savelli. “Anche per questo motivo abbiamo deciso di portare il progetto del minivolley nelle scuole di questo territorio, per avvicinare i bambini e le bambine alla pallavolo ma
anche per promuovere l’attività motoria di base, che spesso non è abbastanza diffusa.” Un modo per coltivare e favorire la crescita di nuovi talenti, un modo per formare giovani atlete che potranno diventare le grandi professioniste di domani.