NANDO CECINI
Nell’anno in cui Pesaro è Capitale italiana della Cultura, non potevamo esimerci dal puntare i riflettori sulla ricchezza culturale del nostro territorio in tutte le sue accezioni, scegliendo il professor Nando Cecini come ambasciatore di questo numero: storico e autore, oggi è un’icona per le sue ricerche e pubblicazioni dedicate a Pesaro e alle Marche. Incontriamo poi: Laura Semprucci, fondatrice di Hindigena Teas, Paolo Tarsi, autore e compositore, Nicoletta Tagliabracci, esperta di enogastronomia locale, l’associazione LiberaMusica, che ospiterà Seyo 2024, e il professor Enrico Capodaglio, con la sua ultima opera letteraria. Ci addentriamo poi nella storia riscoprendo il Palazzo Ducale, antiche fortezze e archivi. Infine, parliamo dei progetti del canile di Santa Veneranda e del nuovo centro sportivo V Park. Buona lettura!
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Anno XVIII N.1 maggio/giugno Reg. di Tribunale di Forlì il 20/02/2006 n.6
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Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Deborah Papisca Artwork e impaginazione: Francesca Fantini Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Laura De Paoli Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 27/05/2024
Collaboratori: Simonetta Campanelli, Fabio Fraternali, Elisabetta Marsigli, Alice Muri, Giovanna Patrignani, Silvia Sinibaldi, Michele Romano. Fotografi: Laura De Paoli, Paolo Polidori, Rossano Ricci, Luca Toni.
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BIBLIOTECA IN SPIAGGIA
PESARO | Con l’apertura della stagione balneare, la Biblioteca Louis Braille - Baia Flaminia torna con il servizio di prestito gratuito in spiaggia realizzato in collaborazione con il Quartiere 9 - Soria - Tombaccia. L’obiettivo è promuovere la lettura anche fuori dalla sua ‘sede ufficiale’, la biblioteca, in luoghi più informali di svago e relax come ad esempio il mare. Un’ampia selezione per adulti e ragazzi, in italiano e in lingua, a ‘portata di ombrellone’. I libri, donati dai cittadini e disponibili presso la biblioteca dello stabilimento, possono essere letti in riva al mare o portati a casa e restituiti presso il proprio bagno o direttamente in biblioteca. L’accesso ai punti lettura è libero ed è aperto non solo ai clienti degli stabilimenti ma a tutti coloro che frequentano le spiagge della città.
LA PESARO DISTOPICA
DI MR HOPE
PESARO | Ha radici pesaresi il cortometraggio dal titolo Mr Hope, prodotto da L&G Studio di Luca D’Andrea e sponsorizzato dall’imprenditore Mirco Bannini. Uno short film portatore di un messaggio più che attuale e foriero di un futuro, pare, già presente: il potere dell’informazione e i suoi effetti collaterali. Ambientato in una Pesaro distopica dall’evocazione orwelliana, Samantha, la protagonista, cercherà di ribellarsi a un sistema che sottomette il genere umano manipolandolo attraverso una informazione contraffatta. Diretto dal ventitreenne Tommaso D’Andrea, Mr Hope è una denuncia su quanto l’informazione e la comunicazione possano essere armi di distruzione dell’autonomia di pensiero e della giusta visione della realtà.
SUCCESSO PER TEDXPANTANO
PESARO | Filosofia, coaching, etica, sport, diversabilità, arte, scienza, natura: questi i grandi temi affrontati da TEDxPantano, che nella sua prima edizione ha esordito con un successo clamoroso. Limiti è stata la parola chiave che ha presentato sul palco del Cinema Teatro Astra, il 22 marzo scorso, un susseguirsi dinamico di interventi da parte di filosofi, scrittori, imprenditori, sportivi, docenti, ricercatori, artisti che hanno offerto agli spettatori un efficace connubio di informazioni e nuove consapevolezze. Gli organizzatori Christian Carbonari e Paolo Pagnini si sono detti più che soddisfatti, dichiarando di essere già in marcia per realizzare una seconda edizione. È possibile guardare gli speech su tedxpantano.it.
PILLOLE
CONCERTO VIRTUALE
PESARO | Kagàmi (parola giapponese che significa specchio) è un nuovo modo di fare concerto attraverso la fusione tra immagini tridimensionali in movimento e il mondo reale. Un innovativo show virtuale messo in atto da Tin Drum – il primo studio al mondo che produce contenuti per dispositivi di realtà mista – grazie al quale, dal 29 agosto all’11 settembre presso il Cantiere Rossini, sarà possibile rivedere sul palco il compianto compositore giapponese Ryuichi Sakamoto, scomparso nel 2023. Gli spettatori riceveranno dispositivi speciali attraverso cui potranno vedere e ascoltare il Sakamoto virtuale che si esibirà al pianoforte a coda Yamaha, accompagnato da visual virtuali. Il risultato è un’esperienza musicale intima, un’opportunità unica di connessione emotiva e artistica.
MARINA ABRAMOVICHTHE LIFE
PESARO | The Life è il titolo della performance dell’artista serba di fama mondiale Marina Abramovich che, in prima nazionale dal 5 al 18 giugno, sarà possibile vedere presso il Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro. Realizzato con la tecnica di mixed reality, The Life è frutto dell’unione di elementi reali e virtuali e offrirà ai visitatori un incontro intimo e digitale, al tempo stesso, con l’artista. Obiettivo della performance è quello di indagare il concetto di ‘assenza materiale’: il pubblico potrà entrare in contatto con la rappresentazione digitale dell’Abramovich indossando un visore speciale, il dispositivo Magic Leap One, che permetterà di osservare i movimenti dell’artista come se fosse realmente nella stanza.
L’ICONICA BIOSFERA
PESARO | Ha 2.5 milioni di led, un diametro di 4 metri, è ispirata all’Albero della Vita di Expo 2015, ed è una installazione scultoreo-digitale unica in Europa. La sua forma tonda richiama la celebre Palla di Pomodoro ed è già icona di Pesaro Capitale della Cultura 2024, oggetto di design e di alta tecnologia. La Biosfera, inaugurata in Piazza del Popolo il 25 febbraio scorso davanti a migliaia di persone, è un prodotto di alta tecnologia e design, “un’opera viva”, come è stata definita, che nasce dall’esigenza del Comune di Pesaro di avere un simbolo per Pesaro 2024, un riferimento significativo, messaggero di molti temi di natura etica, sostenibile, culturale, primo fra tutti quello del cambiamento climatico.
NANDO
LA SUA PESARO
TRA STORIA, RICERCA, CULTURA E IDENTITÀ
CECINI
Ci sono case in cui entri in punta di piedi come in un sogno o, meglio, come in una bolla di sapone, prestando attenzione a non appoggiarti alle pareti per non farle esplodere. Case piene di storia, in un cui l’accoglienza ti avvolge e una voce piena di calore ti fa accomodare in un divano colorato, tra libri che diventano pareti, sculture, sedili, macchie di colore e segni di sapere. Dove c’è il mare non molto lontano e la voce di Nando Cecini che ha cadenze di montagna. Lui è uno storico che ha fatto scuola nel corso dei suoi 86 anni di vita, portati con la leggerezza di un foulard di seta legato al collo, e che ha fatto della somma delle sue passioni – vale a dire la storia della letteratura delle Marche e la storia dei viaggiatori che hanno conosciuto la nostra regione – un’intensa attività di ricerca storica, con un occhio attento e affettuosamente partecipe in particolare verso la città di Pesaro. Tra saggi, volumi e curatele, parliamo infatti di oltre 90 libri e l’elenco è impossibile. Per citarne qualcuno: Giuseppe
Picciola: una biografia intellettuale, Le parole e la città: guida letteraria delle Marche; ma di guide letterarie ne ha scritte su Pesaro, Fermo, Recanati e Ancona. L’ultima fatica: Guida letteraria di Pesaro e dintorni per Il lavoro editoriale. Ci sono poi i tanti riconoscimenti che gli sono stati tributati, a partire dall’essere apprezzatissimo socio dell’Accademia Raffaello di Urbino, la nomina di Pesarese Illustre conferitagli dal sindaco Matteo Ricci e poi Orgoglio Pesarese dall’Associazione Nazionale Alpini sezione di Pesaro, e ancora il Premio Adriatico ‘Un mare che unisce’ fino al titolo di Cavaliere della Repubblica. È anche presidente dell’Associazione Ad Astra dove, insieme alla figlia Angela, è impegnato in un’attenta e proficua promozione della cultura in tutte le sue accezioni. Nando Cecini è così diventato l’icona di una conoscenza che ha la gioia di essere condivisa, di un lavoro sereno e puntuale, fatto di studio, confronti e amicizie che porta strette nell’anima. Vuole ricordarli i
suoi amici: Gianfranco Sabbatini, Valerio Volpini, Emidio Bruni, Giovanni Venturi, Arnaldo Forlani, Evio Tomasucci e poi ferma l’elenco temendo di dimenticare qualche nome che resta inciso nel cuore ma è tradito dalla memoria. Ed è sempre qui a Pesaro che Cecini trova anche l’amore: Paola, la donna della sua vita, una vita intera. Poi l’amore di due figlie, Angela e Caterina, che, quando Paola se ne è andata, hanno lasciato le loro abitazioni e sono tornate a vivere con lui. Di questo tessuto di sentimenti, umanità e condivisione, è fatta l’atmosfera della casa del professor Cecini, che si racconta dirigendo lo spartito con un sorriso stampato in volto.
PROFESSORE, STORICO, AUTORE E BIBLIOFILO, NANDO CECINI SI È CONSACRATO A UN’INTESA ATTIVITÀ DI RICERCA STORICA: SONO BEN OLTRE 90 LE PUBBLICAZIONI DEDICATE ALLA CITTÀ E ALLE MARCHE.
“Studiavo al liceo Gallio di Como,” racconta riavvolgendo il nastro delle sue memorie, “e avevo un professore somasco, Giovanni Battista Pigato, che dopo Pascoli è stato l’unico italiano a vincere la medaglia d’oro al Certamen Poeticum Hoeufftianum (prestigioso premio letterario di poesia in lingua latina, Ndr.) di Amsterdam. Gli devo molto per la mia formazione, per il rigore e precisione che mi ha insegnato.” Poi chiusa l’esperienza liceale, Cecini sceglie l’università Cattolica e va a Milano: si iscrive a Giurisprudenza, supera regolarmente gli esami ma sente già che studio legale e tribunale non sono nel suo Dna. Muove i primi passi nel mondo del giornalismo con collaborazioni culturali al Corriere della Valtellina. Un ambiente che lo stimola, in cui dimostra talento e capacità.
“Mi consigliarono di frequentare la Scuola di giornalismo dell’Università di Urbino, e così sono approdato nelle Marche.” Con la laurea in Giurisprudenza nelle tasche.
Sono gli anni Sessanta, anni di fermento intellettuale: sotto i Torricini, nei sali e scendi delle vie dell’Urbino universitaria si muovono personaggi straordinari come Carlo Bo, Cesare Questa, Neuro Bonifazi e ambienti affascinanti come quelli della Scuola del Libro. Un mondo di conoscenze orizzontali. “Andavi al bar o a pranzo,” racconta Cecini con l’aria assorta di chi rivede con chiarezza le cose di cui narra, “e non c’era differenza fra studenti e docenti, si partecipava a conversazioni interessanti, si imparavano cose nuove, le idee ribollivano seppure talvolta in un sano ozio rinascimentale.” Ci si innamorava anche: “Era l’8 gennaio del 1960 e con un amico eravamo seduti al bar Basili. Non lontano da noi due ragazze. Ci siamo avvicinati offrendo loro un aperitivo. Non so come, ma siamo arrivati a parlare di canzoni e io a un certo punto ho sussurrato a Paola: ‘Vogliamoci tanto bene’. Il pomeriggio al cinema, poi giorni di passeggiate e chiacchiere senza fine e da allora non ci siamo più lasciati.”
Poco dopo arriva la stagione dell’insegnamento che lo porta in varie scuole della Pro-
IMPEGNATO IN UN’ATTENTA PROMOZIONE DELLA
CULTURA IN TUTTE LE SUE ACCEZIONI, CECINI È DIVENTATO L’ICONA DI UNA CONOSCENZA
CHE HA LA GIOIA DI ESSERE CONDIVISA.
vincia. Ricorda l’Alberghiero e due amici incontrati lì: Paolo Teobaldi e Goffredo Pallucchini. Insegna diritto ma la sua passione resta la storia. Il suo esordio assai brillante sulle tracce di Scevola Mariotti e Antonio Brancati. “Per gli studi storici Oliveriani,” racconta Cecini, “ho partecipato alla ricerca che ha portato alla datazione certa del quadro di Savoldo che nel 1502 era custodito nella chiesa di San Domenico a Pesaro.” Segue una importantissima collaborazione
al volume Storia d’Italia pubblicato da Einaudi nella sezione Marche diretta da Sergio Anselmi, dove Cecini impose un taglio originalissimo alla sua ricerca, declinando le Marche come metafora letteraria
Tra i progetti futuri, c’è quello di integrare la bibliografia di Pesaro con quella di Zicari che si è fermata agli anni Cinquanta, e altre iniziative che per il momento non intende rivelare.
C’è una simbiosi tra Cecini e territori che non riguarda la ricerca né la condivisione del Genius loci, quanto invece di tutto ciò che di un luogo costituisce lo spirito, le radici, l’identità del suo popolo. “Heimat è un vocabolo tedesco difficile da tradurre in italiano,” spiega. “È un sentimento che ti accompagna ovunque tu vada e così per me Pesaro è diventata heimat.” Come dire Pesaro è diventata un mondo e una identità.
C’è molta poesia nella storia raccontata da Nando Cecini, in particolare quando parla di letteratura, di viaggio, di luoghi visti da occhi stranieri, ma a ben guardare Cecini fa di più: scrive lui stesso brevi poesie, una griglia di versi chiamata Taiku. Rigida metrica di ideogrammi tradotti in occidente in versi quinari e settenari, in un gioco intorno al numero 31. Prende una piccola agenda con la copertina di cuoio, vissuta e corposa e legge uno dei suoi Taiku. Così arriva l’ennesimo regalo, un’altra sorpresa uscita dal cilindro del professore.
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HINDIGENA
MONDO TÈ DEL VISIONI
Il desiderio di viaggiare ha sempre guidato ogni scelta di Laura Semprucci, personale e lavorativa. A 17 anni ha aderito a un programma che le permetteva di frequentare il quarto anno di liceo all’estero ed è stata scelta da una famiglia americana che viveva a Xenia, un paesino di 300 anime in Illinois. Qui è esploso l’amore per le lingue: si iscrive all’università e si laurea come traduttrice e interprete in inglese, russo e portoghese-brasiliano; quindi, ha proseguito con un master in Management del turismo, per avvicinarsi ancora di più al mondo dei viaggi. Oggi è una giovane imprenditrice, fondatrice di Hindigena Teas, un e-commerce che vende oltre 30 diversi tè e tisane. L’ultimo viaggio, ma solo in ordine di tempo, è stato ad aprile, in Giappone: “Sia per esplorare questo paese che tanto mi affascina, che per conoscere nuovi teicoltori e ricercare nuovi tè da selezionare per il mio shop online.”
Come nasce la tua passione per il tè?
“Dalla sensazione di conforto che riusciva
a darmi una calda tazza di tè in un periodo difficile della mia vita. C’era quel semplice gesto di consapevolezza e presenza che riusciva a silenziare il frastuono e rallentare il tempo. È diventato un piccolo rituale. Ho così scoperto il tè in foglia, quello vero: da allora continuo a esplorarlo e a imparare ogni giorno dalla ricchezza di questo affascinante mondo.”
Nel 2021 hai fondato Hindigena: perché?
“Quando decisi di dimettermi dal mio precedente impiego in un tour operator (che amavo, ma sentivo stretta la vita da dipendente), volevo dare vita a un progetto che unisse la mia passione per i viaggi a quella del tè. Perché non viaggiare con un obiettivo? E perché non alla ricerca di tè in foglia artigianali da piccoli produttori e da piccoli giardini, foreste e montagne nel mondo? Mi sono innamorata di questa idea e ho fatto di tutto per realizzarla. In tanti mi dicono che sono stata coraggiosa, ma penso ci voglia più coraggio a vivere un’intera vita di insoddisfa-
zione e rimpianti. Non avevo budget e me la sono sempre dovuta cavare da sola, studiando giorno e notte e indossando mille vesti. In certe circostanze alcuni fornitori vedendomi mi chiedevano di parlare con il titolare dell’attività: non è sempre facile farsi valere come giovane imprenditrice, soprattutto in certi mercati e contesti. Ma Hindigena sta crescendo, passo dopo passo, e la soddisfazione più grande è vedere le persone affezionarsi ai valori oltre che ai tè che propongo.” Hindigena è molto più di un e-commerce… “È uno spazio dove trovare tè in foglia artigianali, naturali e a produzione etica che seleziono personalmente durante i miei viaggi da piccoli teicoltori di fiducia. Il mio obiettivo è permettere alle persone di provare tè in foglia freschi, speciali e di qualità difficilmente reperibile altrove: voglio essere il ponte diretto tra produttore e amanti del tè, senza intermediari, così da supportare davvero le comunità d’origine che si impegnano a produrre tè che facciano bene a chi li produ-
ce, perché a produzione etica, e a chi li beve, perché naturali.”
E dietro ogni tazza di tè c’è sempre una storia…
“Sì, della terra da cui provengono quelle foglie, delle persone che le hanno coltivate e delle tradizioni in cui è radicata. Quando ho scoperto quanta passione, maestria e lavoro richiede la coltivazione di quelle che si pensa siano semplici foglie di tè, ne sono rimasta incantata e provo immenso rispetto e ammirazione per chi rende possibile tutto questo.”
Tè e viaggi stanno perfettamente insieme, quindi?
“Sono due passioni fortemente interconnesse e alimentate l’una dall’altra. Ogni anno visito un nuovo Paese per selezionare nuovi tè e stringere nuovi contatti: sono partita con l’India e il Nepal, nelle aree alle pendici dell’Himalaya, a seguire Vietnam e ora Giappone… l’anno prossimo chissà.”
E per viaggiare, ti sei presa un anno sabbatico.
VISIONI
LAURA SELEZIONA LE MISCELE DURANTE
I SUOI VIAGGI, DA PICCOLI TEICOLTORI DI FIDUCIA. “DIETRO
OGNI TAZZA DI TÈ C’È LA STORIA DELLA TERRA DA CUI PROVENGONO LE FOGLIE, DELLE PERSONE CHE LE HANNO COLTIVATE.”
“Sognavo di viaggiare a lungo termine: dopo laurea e master sono partita insieme al mio ragazzo con uno zaino e un biglietto di sola andata. Lui doveva imparare l’inglese, io volevo vivermi il mondo dopo anni sui libri.
Siamo stati in Australia, Nuova Zelanda, Hawaii, California e Arizona: alternavamo periodi di viaggio a lavori di ogni tipo. Un’avventura vera, intensa e straordinaria.”
Di cosa tratta il tuo progetto ‘Travelstorming’?
“Nasce nel 2020 come blog incentrato sul tema ‘anno sabbatico’ per incoraggiare le persone che lo desiderano a prendersi un periodo di pausa. Mi dispiace che in tanti sognino questa esperienza ma ci rinuncino non sapendo che esistono tante soluzioni per viaggiare a lungo termine, con qualunque budget e una certa dose di spirito d’adattamento: dopo tanti anni di viaggi posso confermarlo e sul blog condivido alcune di queste esperienze.”
Qual è il viaggio che sogni di fare e non hai fatto ancora?
“La lista è lunghissima: in questo momento direi i Parchi Naturali del Canada in camper. Mentre Taiwan e Yunnan in Cina per il tè.”
E Pesaro cosa rappresenta oggi per te?
“Pesaro è casa. E da quando viaggio ho imparato ad apprezzarla ancora di più. È un bel posto in cui vivere, mi sento fortunata.”
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AVANGUARDIE
LA RICERCA SENZA CONFINI DELL’AUTORE PESARESE
PAOLO TARSI
SONORE
Specializzatosi in composizione per il cinema con il premio
Oscar Luis Bacalov e in musica elettronica al Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, Paolo Tarsi ha al suo attivo collaborazioni con figure di primo piano dell’avanguardia colta e della scena elettronica, jazz e rock. La sua è una ricerca senza confini che a maggio 2024 vede l’uscita di Unatural Self (Anitya Records), un disco dalle sfumature a tratti scure e viscerali, ora leggere, quasi eteree. Anticipato dal singolo Opium, impreziosito dalle collaborazioni con Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon e dal sax di John Helliwell (Supertramp, Pink Floyd), l’album fa parte dei progetti di Pesaro Città Creativa della Musica Unesco
Dopo una serie di lavori votati alla sperimentazione, Paolo Tarsi ci regala un album di rock elettronico dal sound affascinante e immediato, con una grande attenzione per il minimo dettaglio
SPECIALIZZATO IN COMPOSIZIONE PER IL CINEMA CON IL
PREMIO OSCAR LUIS
BACALOV E IN MUSICA
ELETTRONICA AL CONSERVATORIO DELLA
SVIZZERA ITALIANA DI LUGANO, IL SUO ULTIMO
ALBUM PORTA LA FIRMA DI STEVEN LYON, STORICO PRODUTTORE DEI DEPECHE MODE.
te alla pandemia. Dopo quel lavoro intitolato I Can’t Breathe ho sentito la necessità di ampliare il mio messaggio e ho iniziato a scrivere personalmente oltre alle musiche anche i testi delle mie canzoni per mettere più a fuoco la realtà che mi circondava.”
Con questo lavoro “è come se avessi messo in atto un’unione ideale tra le anime dei miei capitoli precedenti, Furniture Music for New Primitives (Cramps) e A Perfect Cut in the Vacuum (Anitya Records/Acanto): se del primo album riprendo la compattezza sonora, dal secondo recupero la spontaneità del sound, elettronico e incisivo.”
e una cura infinita per ogni sfumatura testuale e sonora
“Il periodo pandemico ha coinciso per me con un momento di forte riflessione in cui ho cercato di capire che cosa sia davvero a non farci respirare,” racconta il musicista. “Il mio ultimo Ep nasceva durante le costrizioni lega-
Un amalgama irresistibile all’ascolto, per un disco in cui immergersi da cima a fondo e lasciarsi trasportare da canzoni colme di guizzi elettronici, vicine tanto al synth-pop quanto al rock e all’avant-garde, con richiami a elementi post-punk e alla new wave, capaci di far affiorare in
un contesto attuale mondi sonori sommersi e risonanze ricche da scoprire. Tra un brano e l’altro si susseguono atmosfere eleganti e raffinate: rivelatrici in Perfect Machine World, visionarie in Spiritual Home, quasi angosciose e malinconiche in Ballet Mécanique, fino all’ambient dal respiro cosmico nel breve strumentale Tabula Rasa
“Anche se con questo progetto mi sono avvicinato maggiormente alla canzone, le parti strumentali contengono ancora un messaggio implicito forte, la musica continua a essere molto eloquente per me e può trasmettere un messaggio tutto suo anche da sola,” prosegue Tarsi.
“D’altra parte è successo a molti che venivano dall’avanguardia di sentire l’urgenza di una maggiore concretezza, il desiderio di comunicare in maniera più diretta. Credo sia inevitabile: ha a che fare col prendere confidenza con la scrittura e al tempo stesso col volersi mettere alla prova. E i brani di questo disco vivono tutti in equilibrio tra loro, ognuno con le sue molteplici atmosfere.”
UN AMALGAMA IRRESISTIBILE ALL’ASCOLTO, PER UN DISCO IN CUI IMMERGERSI E LASCIARSI TRASPORTARE DA CANZONI COLME DI GUIZZI ELETTRONICI, VICINE TANTO AL SYNTH-POP QUANTO AL ROCK.
Nel vinile, contenente l’album in versione originale, suonano musicisti come Andy Wickett (Duran Duran), Livio Magnini (Bluvertigo), Franco Caforio (Litfiba), Alessandro Gerbi (CSI), Fulvio Muzio dei Decibel
di Enrico Ruggeri, il chitarrista di David Bowie Chris Haskett, a cui si aggiungono in un Cd remix e tracce alternative con Malcolm Holmes (OMD), Kenny Hyslop (Simple Minds) e Andrea Tich.
ENOGASTRONOMIA
RACCONTO
NICOLETTA TAGLIABRACCI
È AMBASCIATRICE
E TESTIMONE
APPASSIONATA
DEL TERRITORIO
CON GUSTO
Saggista e studiosa di enogastronomia territoriale e tradizioni conviviali storiche, ideatrice di degustazioni a tema e itinerari esperienziali, Nicoletta Tagliabracci è da anni una vera, attenta ed esperta ambasciatrice del nostro territorio che l’ha portata anche a scrivere due interessanti libri, Dante e il cibo del suo tempo e Io sono Aura, storie di banchetti alla mia corte, editi da Ventura Edizioni. Libri che vanno alle origini storiche del cibo per una testimonianza curiosa e profonda
Una passione che nasce quando si iniziano ad apprezzare le cose buone da mangiare e bere, quindi una cosa che si acquisisce nel tempo. “La volontà di promuovere soprattutto l’enogastronomia è nata quando ho deciso di fare un corso di alta formazione all’Università di Urbino in Comunicazione e immagine turistica,” racconta. “Questo corso creava figure professionali di ambasciatore dell’enogastrono-
“BISOGNA ESSERE APPASSIONATI E CURIOSI PER RIMANERE
SEMPRE AGGIORNATI. MI
PIACE MANTENERE UN DIALOGO APERTO CON LE PERSONE, FERMARMI AD ASCOLTARE LE LORO PROBLEMATICHE, SCOPRIRE ASPETTI E LE CURIOSITÀ DA RACCONTARE AI MIEI LETTORI.”
mia territoriale: lezioni molto interessanti e interconnesse tra loro di storia della convivialità, geografia, alimentazione, ma soprattutto sulla conoscenza dei prodotti tipici. È stato un punto di partenza importantissimo per me e da lì è iniziata la vera avventura per promuovere questi
prodotti studiandoli a fondo. Il mio ruolo di ambasciatrice comprende le Marche, quindi una regione ampia e variegata che riunisce un contesto al plurale, dai confini con il Montefeltro fino al Piceno. Per riuscire a conoscere tutta questa varietà ho impiegato anni, ma ogni giorno continuo a scoprire cose nuove.” Una buona notizia è sapere che i giovani stanno tornando ad amare la terra. “Una terra diversa da quella del passato, ma che va conosciuta, rispettata e che si affida anche alla tecnologia A volte sono eredità di famiglia che vengono rinvigorite da una forte volontà di rinnovare pur mantenendo le forti tradizioni,” spiega. Il luppolo, il topinambur, tanti appezzamenti ricoltivati a orzo, vigne in cui vengono reimpiantati vitigni antichi. “Questo mi ha fatto innamorare ancora di più delle Marche, terra dove l’uomo è un ospite atteso e desiderato nei ritmi della natura. Ovviamente con una particola-
re attenzione alla nostra Provincia, dove ho conosciuto molti produttori che desiderano promuovere la genuinità.”
Senza dubbio è necessario molto impegno. “Bisogna essere appassionati e curiosi per rimanere
sempre aggiornati,” racconta Nicoletta. “Mi piace mantenere un dialogo aperto con le persone, fermarmi ad ascoltare le loro problematiche e dubbi, così come scoprire i vari aspetti e le curiosità da raccontare ai miei
lettori o a chi andrò a proporre quel prodotto. E invito spesso ad andare a visitare le aziende, vincere quella pigrizia e passare un po’ di tempo percorrendo le splendide vie che portano in luoghi magici come solo la campagna sa offrire.”
La promozione significa anche organizzare dei food & wine tour: piccoli gruppi per andare a visitare cantine, frantoi, birrifici. In pochi sanno come si fa il vino, l’olio, la birra o i formaggi. “Questi tour, promossi anche con Rossini Tv, vanno a scoprire luoghi e persone che raccontano la loro storia: è lì che si respirano i profumi che danno vita a quel prodotto, molto diverso da quelli industriali.” Nicoletta collabora con tour operator e travel blogger per organizzare visite in cantina e degustazioni (è sommelier Ais di 3 livello) e a breve uscirà il suo prossimo libro, a uso turistico, sulle bontà enogastronomiche della nostra Provincia.
SOLSTIZIO
L’ASSOCIAZIONE LIBERAMUSICA OSPITA IL PROGETTO INTERNAZIONALE SEYO 2024
MUSICALE
IN QUESTE PAGINE, CHIARA GALLI, COORDINATRICE DI LIBERAMUSICA, INSIEME AL TEAM DELL’ASSOCIAZIONE.
È nata a Pesaro nel 2015 con l’obiettivo di creare un collegamento fra il mondo della cultura, dell’infanzia e del sociale attraverso la musica e la possibilità
che il maggior numero possibile di bambini e bambine possa praticarla attivamente. L’associazione LiberaMusica, fin dalla sua nascita, ha attivato numerosi corsi di musica pomeridiani, coinvolgendo più di 200 bambini e bambine ogni anno, da 0 ai 18 anni. Non è un caso, quindi, che ospiti uno degli eventi internazionali più importanti del mondo: dopo Madrid, la prossima edizione del grande progetto internazionale SEYO, Sistema Europe Youth Orchestra 2024, dal titolo emblematico di Song for the Earth, sarà il 20 luglio al Cantiere Rossini di Pesaro, Capitale Italiana della Cultura. Un progetto che impegnerà un’intera grande orchestra giovanile che soggiornerà a Pesaro per una settimana, composta da 150 musicisti tra i 10 e i 18 anni, provenienti da tutta Europa con i loro insegnanti, che suoneranno insieme per abbattere le barriere sociali e contrastare il cambiamento climatico.
“SEYO coinvolge ragazzi che condividono principi quali l’uguaglianza e l’inclusione,” spiega Chiara Galli di LiberaMusica.
“Piccoli germogli che diventano alberi bellissimi, come i bambini e le bambine che da piccolissimi
hanno iniziato il percorso con noi e stanno diventando musicisti. Nel desiderio di proporre un cambiamento concreto, abbiamo chiesto ai ragazzi che verranno qui di raccontarci cosa accade a livello climatico nei loro paesi, perché, oltre a suonare insieme, vorremmo anche raccontare tutto questo.”
Da fine febbraio a luglio, la preparazione all’evento ha prodotto un susseguirsi di eventi organizzati da LiberaMusica per coinvolgere il territorio e accompagnarlo in modo consapevole e attivo verso l’appuntamento di luglio al Cantiere Rossini “È un progetto che riguarda la comunità e per questo abbiamo coinvolto scuole e associazioni ambientaliste. Ci è venuto spontaneo mettere in relazione la musica, il sociale e l’ambiente, argomenti che toccano da vicino tutti noi, ma soprattutto i bambini,” spiega Galli. Dagli incontri sulla ‘natura della musica’ alla creazione di un giardino amico degli insetti impollinatori, dal legame tra la scienza e il sociale alla maratona creativa Climathon che coinvolge due scuole superiori del territorio: il Liceo Musicale Marconi e l’Istituto Alberghiero Santa Marta,
per affrontare la sfida al cambiamento climatico proponendo soluzioni pratiche e costruttive. Inoltre, nel giorno del solstizio d’estate, i giovani musicisti di LiberaMusica parteciperanno a un campeggio musicale, dove faranno esperienza del cosiddetto sound walking, una passeggiata sonora in cui ci si concentra sulla percezione di ogni singolo rumore che arriva dall’ambiente naturale circostante. Durante il Summer Camp, dal 13 al 21 luglio, con i componenti di SEYO è prevista anche la proiezione del film Io capitano di Matteo Garrone, premiato al Festival di Venezia 2023 con il ricono-
scimento Green Drop Award per la sostenibilità ambientale. Hanno già dato la loro adesione 18 Paesi europei, più una delegazione dal Perù e una da Boston. Diciassette, fra musicisti e direttori coinvolti, provengono da orchestre ed enti europei come il Maggio Musicale Fiorentino, il Mozarteum di Salisburgo, l’Orchestra di Lucerna, la Netherlands Philharmonic Orchestra, la Royal Opera House di Londra. Tanti artisti di fama internazionale al servizio di un progetto importante, dedicato ai ragazzi, all’educazione e all’importanza della musica come strumento di cambiamento sociale.
ANDAR
LE ANTICHE FORTEZZE
DI SASSOCORVARO
E DI TAVOLETO
NELLA VALLE DEL FOGLIA
PER ROCCHE
Immaginate di tornare indietro di qualche secolo, di attraversare le verdeggianti campagne e le aspre alture di quello che era il Ducato di Urbino, un territorio che si estendeva dagli attuali confini marchigiano-romagnoli, comprendendo l’attuale territorio di Gubbio, sino all’anconetano; non sarebbe stato raro, durante questo viaggio, vedere emergere impressionanti roccaforti a difesa del territorio. Dobbiamo a Federico da Montefeltro la volontà, a partire dagli anni Settanta del Quattrocento, di affidare all’architetto senese Francesco di Giorgio Martini l’ammodernamento delle antiche strutture difensive del suo Stato, ammodernamento resosi necessario a seguito del mutato modo di far la guerra, in particolare dell’utilizzo sempre più preponderante delle armi da fuoco, le temibili bombarde.
Del sistema di rocche a difesa del ducato urbinate rimane solo un pallido riflesso; nei secoli la
LA ROCCA
SASSOCORVARESE, LA CUI FORMA DI
TESTUGGINE RICHIAMA
SIMBOLICAMENTE ALLA
FORZA, RACCHIUDE
AL SUO INTERNO UN VERO E PROPRIO
PALAZZO SIGNORILE, CON UN GRANDE
CORTILE D’ONORE E ANCHE UN TEATRO
COMPLETAMENTE
DECORATO DA FINTE
ARCHITETTURE.
mano dell’uomo e la forza cieca della natura hanno influito a ridurne drasticamente la presenza, tuttavia gli esempi che attualmente possiamo incontrare durante un ipotetico viaggio in questo territorio riescono ancora
a impressionare il moderno visitatore.
Tra queste rocche, dalle forme improbabili, dai profili zoomorfi e antropomorfi, figura la ‘tartaruga di pietre e mattoni’ adagiata sul colle di Sassocorvaro, nella valle del Foglia: la Rocca Ubaldinesca. La Rocca sassocorvarese, la cui forma di testuggine richiama simbolicamente alla forza, è una vera sorpresa. La struttura esternamente ci appare come una fortezza dalle forme sinuose, fatta di curve studiate dall’architetto senese per contrastare il potere offensivo della bombarda ma che, in questo caso, nel loro insieme risultano poco adeguate a una difesa dall’interno del fortilizio, occludendo lo sguardo di chi da dentro deve difendere la struttura. Questo errore progettuale ha fatto sì che la Rocca di Sassocorvaro fosse apostrofata in seguito come il ‘magnifico errore’ di Francesco di Giorgio. Se all’esterno la rocca è caratterizzata da delle forme, sebbene errate, atte
TERRITORIO
alla guerra, l’interno si presenta come un vero e proprio palazzo signorile, con un grande cortile d’onore sovrastato da un’ariosa loggia e stanze eleganti nella purezza delle forme, che in gran parte accolgono una piccola ma fornita pinacoteca con opere che vanno dal Trecento all’Ottocento. Una sorpresa poi attende il visitatore al piano nobile della fortezza: entro lo spazio di quello che in antico era il salone maggiore, ci si svela un teatro completamente decorato da finte architetture, da angeli con in mano racemi fioriti, decorazioni che culminano nel sipario con una leggiadra veduta della cittadina, pitture uscite dal pennello dell’artista sassocorvarese Enrico Mancini, che le approntò a fine Ottocento.
Ma un edificio come la Rocca di Sassocorvaro non è solamente un monumento, il Monumento del paese, ma è anche ‘contenitore’ di storie, alcune veramente interessanti: pensiamo a quell’Ottaviano degli Ubaldini della Carda, braccio destro, fratello, consigliere del grande Federico da Montefeltro, al quale dobbiamo la volontà di costruire questa meravigliosa e intrigante architettura quattrocentesca; oppure a Pasquale Rotondi, il grande soprintendente che, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, scelse questo luogo per farlo diventare una vera e propria ‘cassaforte’ di opere d’arte, un rifugio sicuro dalle ingiurie della guerra di un patrimonio artistico immenso che comprese, tra le altre, l’enigmatica Tempe-
DOPO ESSERE STATA SACCHEGGIATA E INCENDIATA, SULLE FONDAMENTA DELLA ROCCA DI TAVOLETO FU EDIFICATO NEGLI ANNI VENTI DEL NOVECENTO IL FIABESCO CASTELLO NEOGOTICO CHE, ANCORA OGGI, SVETTA IMPERIOSO SULL’ABITATO.
sta di Giorgione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Se la Rocca di Sassocorvaro ha mantenuto pressoché integre le sue forme, ci sono fortezze ‘rimodernate’ da Francesco di Giorgio Martini che, sfortunatamente, non sono arrivate sino a noi, come ad esempio quella di Tavoleto. Il caso di Tavoleto è emblematico: una rocca progettata dell’architetto senese su una preesistente struttura difensiva malatestiana, che sopravvisse sino al 31 marzo 1797, quando il generale Jean Joseph François Sahuguet, comandante dell’esercito franco-cisalpino, insieme alle sue truppe incendiò il paese e la rocca. Quel che rimaneva dell’imponente struttura, oramai ‘abbrugiata’, fu in seguito abbattuto nella seconda metà dell’Ot-
tocento e, sulle sue fondamenta, per volontà della ricca famiglia dei Conti Petrangolini, fu edificato negli anni Venti del Novecento il fiabesco castello neogotico che, ancora oggi, svetta imperioso sull’abitato. I Petrangolini, che avevano ricevuto il titolo comitale nel 1885 da Papa Leone XIII, impiegarono parte delle loro incredibili fortune per la costruzione di un edificio che potesse gareggiare con quell’imponente e antica presenza che un tempo sorgeva sul colle. Il turrito castello Petrangolini ha però una ‘veste’ di fortificazione solo apparente: l’imponente struttura è infatti più un palazzo
che ha il compito di esprimere il potere e il rango raggiunto dalla famiglia, un palazzo che con la sua torre, i suoi merli, le bifore e le decorazioni interne, ha la volontà di concretizzare un fascinoso e nostalgico sogno medievale. Della suggestiva rocca, pensata dal Martini, sopravvivono alcuni tratti delle mura perimetrali e i disegni conservati presso la Biblioteca Magliabechiana di Firenze, progetti che ci aiutano a delineare nella nostra mente le forme di una fortezza caratterizzata da un’enorme torre circolare con rivellino, il tutto cinto da un ampio fossato.
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ANTICO
UN VIAGGIO AL PALAZZO DUCALE DI PESARO
ATTRAVERSO I
SECOLI
SPLENDORE
DI GIOVANNA PATRIGNANICostruito e ampliato nel corso di diversi secoli, il Palazzo Ducale è un’imponente testimonianza del passato di Pesaro e, nonostante le sue vicissitudini, conserva ancora oggi un fascino indiscutibile. Dimora e luogo di governo dei signori di Pesaro Malatesta, Sforza e Della Rovere, il Palazzo Ducale è un vastissimo comples-
so irregolare che occupa l’intero isolato racchiuso tra la Piazza del Popolo, via Zongo, via Barignani e il corso XI Settembre, con la facciata quattrocentesca fatta costruire da Alessandro Sforza sulla ‘Piazza Grande’. Le sue vicende costruttive sono legate alle signorie malatestiana, sforzesca e roveresca, succedutesi
al governo di Pesaro dal XIII al XVII secolo, dal basso Medioevo al tardo Rinascimento. Ai Malatesta risalgono i nuclei più antichi del palazzo, in cui è inglobato il sito delle quattrocentesche case dei Malatesta e degli Sforza, ristrutturate e ampliate dai duchi Della Rovere nella seconda metà del Cinquecento, quando il pa-
LA SUA DECADENZA
INIZIÒ GIÀ NEL
XVII SECOLO, CON
IL PASSAGGIO
DEL DUCATO DI URBINO ALLO STATO
PONTIFICIO. IL PALAZZO
DIVENNE SEDE DEI
CARDINALI LEGATI E SUBÌ UN GRADUALE DECLINO.
lazzo assunse all’incirca l’estensione attuale.
L’edificio – indicato nella legenda della pianta prospettica di Pesaro del cartografo olandese Blaeu (1663) al numero 70 come “Palazzo di Sua Altezza” – era costituito da numerosissimi ambienti con diverse destinazioni d’uso: appartamenti privati dei signori, sale di rappresentanza, armeria, biblioteca, cancelleria, uffici della corte, ecc.
Il piano terreno della facciata si apre in sei grandi arcate impostate su massicci pilastri di pietra di quasi sei metri d’altezza. Un imponente portale rettangolare conduce, attraverso il ‘cortile d’onore’, dalla loggia al vestibolo. All’estremo opposto della corte un elaborato portale, databile al 1548, dà accesso allo scalone principale che conduce al piano nobile.
Nella parte laterale del palazzo
che si estendeva sull’antica ‘via dei fondachi’ (attuale corso XI Settembre) varie botteghe al piano terreno erano state affittate dal duca Francesco Maria II della Rovere ad artisti e artigiani stipendiati, come pittori, orologiai, legatori o miniatori, che esercitavano la loro attività al servizio della corte arricchendo di stupendi oggetti il ‘guardaroba’ ducale.
La più ampia sala del palazzo (di 34 x 16,50 metri), situata nel piano nobile, è la Sala Magna, poi detta Salone Metaurense, fatta costruire da Alessandro Sforza verso la metà del Quattrocento insieme all’avancorpo del palazzo e al portico sottostante. Nel maggio 1475 vi si svolsero le fastose nozze di Costanzo Sforza con Camilla Marzano d’Aragona, nipote di Ferdinando re di Napoli; nel febbraio 1532 quelle di Ippolita della Rovere, figlia di
Francesco Maria I, con il napoletano Antonio d’Aragona duca di Montalto e figlio del suddetto Ferdinando d’Aragona. Morto nel 1631 Francesco Maria II l’ultimo dei Della Rovere, il ducato d’Urbino venne annesso alla Santa Sede: il palazzo divenne la sede dei cardinali Legati, rappresentanti pontifici che governarono la città di Pesaro dal 1631 al 1797. Cominciò allora la lunga e inesorabile decadenza del fastoso Palazzo Ducale, con dispersione di opere d’arte di inestimabile valore e dei sontuosi arredi d’epoca. Tra il 1793 e il 1799, quando la città fu sotto il governo repubblicano, furono abrasi gli stemmi e i fregi all’interno delle sale e, sul prospetto quattrocentesco, fatti a pezzi e gettati nel fiume Foglia. Con la proclamazione dell’Unità d’Italia nel 1861, il palazzo divenne sede della Prefettura, con drastica dispersione degli arredi d’epoca e radicali trasformazioni, sventramenti e adattamenti degli interni per la creazione di uffici. Le antiche stanze, oggi spoglie, arredate da mobili d’imitazione e ricoperte da carta da parati, erano un tempo rivestite di arazzi e corami, da quadri di Raffaello, Bronzino, Tiziano, Bassano, Barocci, arricchite da argenti e maioliche, decorate dalle grottesche degli Zuccari. Molte trasformazioni subite nella prima metà del Novecento anche nella facciata ne hanno mutato l’originario aspetto quattrocentesco, assai dissimile da quello odierno.
L’edificio è oggi visitabile partecipando alle visite guidate: pur spoglio del suo antico splendore, è possibile intravedere gli echi della sua grandeur passata e immaginare le sfarzose feste e i personaggi illustri che lo hanno animato.
VITE
IL CALEIDOSCOPIO DEL GUSTO
IL RISTORANTE
DI SAN PATRIGNANO, LUOGO DI FORMAZIONE E DI SPERIMENTAZIONE, HA TROVATO UN NUOVO INTERPRETE NEL TALENTUOSO CHEF GIUSEPPE BIUSO, SICILIANO D’ORIGINE E ROMAGNOLO D’ADOZIONE.
Il cibo come veicolo di cultura, di identità e di rinascita. Queste le premesse nella genesi del ristorante Vite, nato una quindicina di anni fa come esperimento di ristorazione e formazione di alto livello rivolto ad un pubblico esterno rispetto a San Patrignano. Presupposti che hanno trovato un nuovo interprete nel talentuoso chef Giuseppe Biuso, siciliano d’origine e romagnolo d’adozione.
L’approdo al Vite è una scelta tutt’altro che scontata, considerando che lo chef aveva già ottenuto una stella Michelin al Cappero del Therasia Resort di Vulcano, nelle Eolie. “Mi era costato dover lasciare la famiglia e non veder crescere i miei figli,” racconta. “Ho sempre sperato di trovare in Romagna una possibilità altrettanto stimolante L’opportunità di guidare il Vite è una sfida, una nuova dimensione dell’alta cucina in una collina di sapori che si affaccia sul mare, all’interno di una tenuta di 280
ettari dove sorgono le coltivazioni, gli allevamenti, il caseificio e le eccellenze di San Patrignano.”
Biuso ha portato con sé diversi componenti della sua brigata, compreso il sommelier Simone Beghello e, in un’ottica di inclusione, ha accolto una ragazza e un ragazzo provenienti dalla Comunità in qualità di aiuto-cuoco.
Ha avuto maestri come Nino Di Costanzo e Antonino Cannavacciuolo, ma da tempo lavora a una cucina dalla forte impronta personale. Ama le sue origini, andando oltre le citazioni tradizionali, e ogni piatto è il risultato di un processo fatto di ispirazione e di una lunga elaborazione
Stella Verde Michelin nel 2023 per l’autoproduzione di materie prime, Vite si rimette in gioco e punta tutto all’eccellenza. Chef Biuso ha chiesto alla Comunità di coltivare una lista di vegetali, dalla Sicilia fa arrivare il cioccolato di Modica, il sommacco e la mandorla. “Proponiamo un’esperienza immersiva appagante, in un caleidoscopio del gusto in cui gli ingredienti sono il carburante di un percorso fatto di entusiasmo e creatività. Nel piatto, solo ingredienti perfettamente abbinati e ciascuno distinguibile dagli altri.” Rispetto della stagionalità e delle materie prime sono comuni denominatori di un intreccio saggio tra nord e sud. Una proposta di carattere che conduce verso una nuova meraviglia per le papille.
ARCHIVI
ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ ATTRAVERSO IL SUO PATRIMONIO STORICO
E MEMORIE
Se la parola ‘archivio’ vi dovesse far venire in mente quegli ambienti polverosi e angusti, non conoscete le meraviglie della Biblioteca Oliveriana o dell’Archivio di Stato, due tra i più interessanti luoghi pubblici di Pesaro, ricchi di memorie e storie della città. Non pubblico, ma ricco di curiose testimonianze è anche l’archivio di Gabriele Stroppa Nobili, da sempre appassionato ricercatore di ‘cose’ pesaresi, sia in campo storico-artistico, che in campo naturalistico.
La Biblioteca e i Musei Oliveriani (all’interno di Palazzo Almerici) hanno una lunga storia iniziata grazie alla generosità di Annibale Olivieri che, a metà del Settecento, ha deciso di donare alla città le sue collezioni di documenti, libri, reperti archeologici e di diversi altri oggetti raccolti nel corso della sua vita. Ma accanto alle grandi famiglie che hanno governato Pesaro e a quelle che hanno contribuito, in tempi più recenti e in diversi ambiti, alla fortuna della città, troviamo anche acquisizioni più attuali, come spiega la direttrice Brunella Paolini. “Cerchiamo sempre di non interrompere questo rapporto con i cittadini, rafforzandolo e adeguandoci alle
nuove sfide e tecnologie che i tempi impongono,” spiega. “La memoria, anche del presente, non può andare dispersa, perché sarà la nostra memoria nel futuro. Da diversi anni ci occupiamo anche di fotografia.”
La biblioteca non è infatti solo il luogo della memoria e del-
la conservazione, ma è anche un’istituzione che si dedica al racconto e alla divulgazione del suo patrimonio dove si organizzano eventi, incontri, conferenze, concerti, presentazioni di libri, esposizioni in ogni momento dell’anno.
Stessa cosa valida anche per
“CERCHIAMO SEMPRE DI MANTENERE UN RAPPORTO VIVO CON I CITTADINI, ADEGUANDOCI ALLE NUOVE SFIDE E ALLE TECNOLOGIE CHE I TEMPI IMPONGONO. LA MEMORIA, ANCHE DEL PRESENTE, NON PUÒ ANDARE DISPERSA.”
l’Archivio di Stato, che forse molti interpretano come un semplice archivio di planimetrie. Quello di Pesaro è uno dei cento Archivi di Stato che operano sul territorio nazionale, uno per ogni capoluogo di Provincia, e che dipendono dal Ministero della Cultura. Attualmente si trova nel palazzo degli uffici finanziari, in attesa di spostarsi a Rocca Costanza. “Un luogo che finalmente conferirà all’Archivio più visibilità e prestigio,” sottolinea la direttrice Sara Cambrini. “Ma anche un luogo coevo alla storicità dei documenti che conserviamo, risalenti fino al XV secolo. Dalle testimonianze dei documenti dell’Archivio emerge la realtà della vita delle
persone: dalle doti delle donne ai testamenti, gli inventari delle quadrerie, gli atti processuali (con i motivi che spingevano a delinquere), ma anche le origini della nostra lingua e del dialetto,” dice. “Le esposizioni e le mostre che mettono in dialogo il presente con il passato servono anche a questo, ricostruendo le curiosità su luoghi e persone che si sono adoperate per far crescere e vivere la nostra città.”
Non pubblico, ma fruibile in occasione di mostre speciali o consultabile su richiesta, nell’Archivio Stroppa Nobili si trovano libri antichi e moderni, manoscritti, stampe, incisioni, mappe, disegni, oggetti, prevalentemente dal 1500 a oggi, ol-
tre a migliaia di immagini d’epoca riguardanti Pesaro e comuni limitrofi. Il tutto lo si deve alla curiosità di Gabriele Stroppa Nobili, sempre in giro per mercatini d’antiquariato. “Ormai mi conoscono in molti nella zona. L’ultimo ‘colpaccio’ sono le più antiche foto della Fiera di San Nicola del 1891.”
Oltre 15.000 sono le fotografie possedute da Gabriele. “Le più antiche appartengono al primo fotografo di Pesaro, Vittorio Rosa. Era un ferroviere che comprò tutta l’attrezzatura dagli Alinari di Firenze per iniziare questa attività a Pesaro. Ho le sue foto e il suo ritratto che si potrebbe definire come il primo selfie pesarese.”
IL FASCINO
PAOLO VOLPONI NELLE PAROLE DI ENRICO CAPODAGLIO
DELLA SOCIETÀ
DI SIMONETTA CAMPANELLIAscoltare una conferenza di Enrico Capodaglio è sempre una intensa e coinvolgente esperienza, una sorta di conversazione con gli spiriti dei migliori intellettuali dei secoli passati e di oggi. Leggere un suo libro, con riflessioni che rivelano la fecondità e l’originalità del suo approccio critico, è un momento di altrettanta rara e singolare unicità. Nel centenario della nascita
dell’intellettuale urbinate Paolo Volponi, Enrico Capodaglio ci parla del suo libro Paolo Volponi romanziere. Il fascino della storia, dove è rappresento il passaggio storico dell’Italia da un mondo contadino a un mondo industriale. L’autore rivela come il memoriale di Paolo Volponi si innesta nella storia d’Italia, trasfigurata attraverso la sua carica poetica nella prosa. Figura molto sfaccettata, Volponi è stato dirigente industriale, uomo politico, esperto d’arte, romanziere e poeta. Tramite il suo vissuto, nei suoi romanzi si ripercorre tutta la fase storica di una Italia che, dal 1950, muta e matura. Professor Capodaglio, cosa rappresenta Volponi nella letteratura e nella cultura contemporanea?
“Uno scrittore che insorge con una personalità artistica originale, ancora troppo vivo e libero per essere placato in una gloria letteraria stabile, che gode già da tanto tempo tra chi non segue il mercato delle lettere.”
Lei preferisce Volponi ‘poeta’ o Volponi ‘romanziere’?
“Credo che la sua vocazione primaria sia poetica e che la prosa narrativa sia nutrita dalla poesia non solo nelle immagini ma an-
che nella visione della vita.” Perché ha voluto scrivere un libro su Volponi?
“È un atto di passione e di conoscenza, nel desiderio di far affiorare l’umanità e l’armonia che fecondano il dolore e i conflitti dei suoi protagonisti. Ci sono drammi d’amore nella sua opera, come quello di Norma nel Lanciatore di giavellotto, e di Massimina nella Macchina mondiale mentre nel Sipario ducale è dipinta in modo magnifico la storia di un amore adulto e solidale tra Vivès e Gaspare. Ma in ogni caso i sentimenti sono orchestrati con l’urgente passione politica, nel senso più largo, dell’autore. I suoi protagonisti soffrono perché non possono appartenere alla comunità attiva e giusta che vorrebbero e come la vorrebbero. Essi sentono sempre allora, in ogni condizione, il fascino della società. La prosa dell’autore è poetica quasi come lo sono i suoi versi, piena di immagini e di pensieri, disegnando un’antropologia dell’Italia, dal fascismo agli anni Ottanta, ricca e colorata, irta di conflitti e dolori, ma anche di speranze spaziose e di passioni generose che i suoi romanzi esprimono con una vitalità rigogliosa.”
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Si chiama V Park il nuovo centro sportivo della Vis Pesaro calcio che sta prendendo forma a Villa Fastiggi, in un’area di oltre 21.000 metri quadrati, con l’obiettivo di riqualificare l’attuale centro sportivo della zona. Un impianto all’avanguardia, che prevede la realizzazione di due nuovi campi di calcio a
CITTADELLA
V PARK: IL NUOVO
CENTRO
SPORTIVO
D’ECCELLENZA
A PESARO
SPORTIVA
11, l’ampliamento della struttura della vecchia tribuna con la creazione di aree dedicate agli atleti e allo staff della Vis Pesaro, la rigenerazione del campo di calcio a 5, l’installazione di due campi da paddle coperti e un campo scoperto, la realizzazione di un bistrot e di una zona giochi Uno spazio che permetterà
a tanti ragazzi di praticare attività sportiva in una struttura di eccellenza, che secondo le previsioni sarà inaugurato a giugno. All’interno del nuovo centro sarà ospitata anche una palestra e un ambulatorio medico, a disposizione degli atleti. Inoltre, perseguendo un’ottica sostenibile e green, l’intera struttura sarà
dotata di impianti fotovoltaici e illuminazione al led. V Park nasce grazie a un progetto di partenariato pubblico-privato tra Fastiggi Sport Center –società partecipata da Matigroup Spa il cui titolare è l’ingegner Mauro Bosco nonché presidente della società calcistica Vis Pesaro – e Comune di Pesaro, con un investimento di circa 4 milioni di euro. La società si è aggiudicata una concessione di 31 anni per la riqualificazione e successiva gestione dell’area in cui si sta realizzando il nuovo centro sportivo. “Il V Park, per le sue caratteristiche e per i valori che rappresenta, sarà uno dei maggiori centri sportivi d’eccellenza del centro Italia,” spiega Riccardo Del Bianco, responsabile marketing della struttura. “Si tratta infatti di un progetto che permetterà alla Vis Pesaro calcio di avere una struttura all’avanguardia che quasi nessuno può vantare ed è uno dei pochi esempi dove pubblico e privato hanno lavorato insieme per realizzare un progetto simile. Lo scopo principale del centro,” continua, “è quello di realizzare un investimento che rimanga un valore nel tempo, sia per il territorio che per la Società. Una delle innovazioni che ci saranno all’interno del centro riguarda il terreno del campo da calcio a 11, dove si allenerà la prima
squadra, la primavera ma anche la squadra femminile. Questo campo, che oggi nasce sintetico, è in realtà un campo ibrido, cioè in futuro potrà essere seminato ed essere un terreno misto. Oggi i grandi stadi utilizzano questa tecnica.” Il responsabile marketing di V Park aggiunge: “All’interno della zona ristoro sarà allestita anche un’area dedicata all’e-game. Oggi tante società di calcio hanno una loro corrispettiva squadra anche negli e-sport e la realizzazione di questa sala sarà un’ulteriore opportunità di aggregazione per i ragazzi. Il centro,” conclude Del Bianco, “nasce ovviamente per dare un quartier generale alla Vis ma anche come punto di riferimento per la città. In estate saranno organizzati anche camp e tornei, così da accogliere anche tante persone che arriveranno da fuori Pesaro. Tutto questo permetterà anche di creare un micro-indotto intorno alla creazione di questo nuovo spazio.”
Secondo le stime della società che gestirà l’impianto, la nuova struttura che sorgerà a Villa Fastiggi potrà ospitare per gli allenamenti oltre 1.000 atleti a settimana, circa 300 per il calcio a 5 e oltre 200 per il padel. Si stima inoltre che anche grazie alla riqualificazione delle nuove tribune potranno essere ospitati circa 25.000 spettatori all’anno.
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TANTI PROGETTI E COCCOLE PER I CANI IN CERCA DI ADOZIONE
D’ACQUA
Appena entrati, si respira aria di armonia, cura, passione e amore. Parliamo del canile di Santa Veneranda, luogo ideale per prendersi cura dei cani in cerca di adozione, gestito dalla Cooperativa Sociale T41B di Pesaro che, con il suo direttore Daniele Vichi, quest’anno compie 25 anni di attività.
Com’è la situazione attuale delle adozioni?
“Abbiamo quasi esclusivamente pitbull, rottweiler e simili. Purtroppo sono razze che vanno ‘di moda’: facili da prendere con sé ma molto difficili da gestire. Appartengono per lo più a ‘padroni’ che hanno difficoltà a educarli e a dedicare loro il tempo necessario per poter costruire una buona relazione. Al momento abbiamo moltissimi cani che hanno necessità di essere riabilitati.” Come li gestite?
“Ci avvaliamo di un progetto che abbiamo chiamato ‘A pelo d’acqua’, che consiste nell’utilizzo di una grande piscina, con il livello dell’acqua di 1 metro e 20, in cui facciamo fare regolarmente a questi cani attività e con buoni risultati: quando vengono portati in acqua, si concentrano sullo stare a galla così sono meno sensibili ai fattori esterni. Que-
sto permette loro di avvicinarsi alle persone e ai loro simili. È un progetto innovativo che vede la luce grazie al Rotary Club di Pesaro, che ha reso possibile la sua realizzazione, ed è gestito sapientemente da Andrea Pieri, cinofilo ed educatore che da anni è in squadra con noi, e da Giuseppe Chiumarulo, educatore esperto in recupero comportamentale.”
Quindi siete anche fucina di tanti progetti, tra riabilitazione e sensibilizzazione.
“Ne abbiamo creati davvero tanti e abbiamo all’attivo numerose le collaborazioni. Ora stiamo promuovendo ‘Un divano per tutti’, una campagna di sensibilizzazione per l’adozione con diversi benefit, in collaborazione con Elena Ragni, titolare di un noto esercizio commerciale che si occupa di benessere per gli animali. Tra le novità di quest’anno, abbiamo in gestione anche il gattile sanitario comunale di Pesaro, nostro vicino di casa. Abbiamo un personale motivato e competente con una conoscenza approfondita del mondo felino.”
Come siete riusciti a diventare un posto così virtuoso?
“Credendoci, alimentando ogni giorno la voglia di rendere le cose migliori per i nostri amici
a quattro zampe e beneficiando del sostegno di molti: del Comune di Pesaro, delle associazioni animaliste, delle reti globali e dei tanti cittadini privati. Ora il canile è un posto a tutto tondo con un ufficio polifunzionale realizzato grazie all’associazione L’Ancora, una biblioteca ‘da cani’ dove è possibile consultare libri a tema e anche prenderli in prestito. Insomma, siamo parte integrante della città con un numero di volontari – che si aggirano intorno alle 40 unità – che consentono ai cani di vivere una vita serena.”
ELETTROIMPIANTI MENGHI
SENZA L’INNOVAZIONE NON C’È EVOLUZIONE E MIGLIORAMENTO
“LA NOSTRA FILOSOFIA? LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE! QUESTO È IL NOSTRO PRIMARIO E PIÙ IMPORTANTE OBIETTIVO, IL NOSTRO TRAGUARDO, LA NOSTRA MISSIONE: QUANTO DI PIÙ DESIDERIAMO.”
VALERIO MENGHIUna lunga esperienza produttiva nel ramo della realizzazione di impianti elettrici civili e industriali, la flessibilità e capacità di mutare in base alle esigenze del settore e alle evoluzioni tecniche sempre più moderne, fanno della società Elettroimpianti Menghi un importante punto di riferimento nel panorama elettrotecnico.
La capacità tecnica dello staff, l’alta professionalità dei singoli collaboratori e la spiccata vocazione per l’innovazione, la continua ricerca di nuove soluzione tecniche e tecnologiche per garantire un costante miglioramento, sono il punto di forza dell’azienda che rende Elettroimpianti Menghi un fondamentale partner per soddisfare le esigenze più specifiche. Elettroimpianti Menghi realizza
e fornisce manutenzione di impianti elettrici civili e industriali, risparmio energetico, installazione di pannelli solari, cancelli automatici, cabine di trasformazione, illuminazione stradale, reti telefoniche e dati, impianti TV Fondata nel 1975, la società Elettroimpianti Menghi, duran-
te tutto il percorso di attività e di crescita aziendale, ha perfezionato e ottimizzato i propri interventi e il proprio sistema di gestione per la qualità. Con il controllo e l’ottimizzazione di tutti i processi produttivi, finalizzati a garantire il livello di qualità di prodotti e servizi e migliorare la capacità e fama aziendale sul mercato, la ditta Elettroimpianti Menghi ha conseguito il raggiungimento delle certificazioni di qualità conformi alle normative vigenti (UNI EN ISO 9001:2000, certificato n. AJAEU/09/11586 del 23/06/09) per le attività di installazione di impianti elettrici, reti telematiche e telefoniche; manutenzione e assistenza di impianti elettrici, reti telematiche e telefoniche, automazione e sicurezza e impianti meccanici. Assumiamo personale, elettricisti e apprendisti elettricisti: info@elettroimpiantimenghi.it