Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00
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Ravenna Festival I nostri primi vent’anni Luigi Berardi Inconsuete armonie sonore Ravenna Park Una storia americana
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Anno VIII - N. 2 - MAGGIO 2009
Davide
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Una “superpassione” chiamata Ducati
Editoriale |
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di Andrea Masotti
ritorni a Sarajevo, qualche anno dopo la prima storica trasferta. Non ci siamo dilungati nel raccontare questa edizione, ricordando invece come tutto è nato, si è sviluppato nel tempo. Il traguardo dei vent’anni era l’occasione adatta per sederci insieme a Mario Salvagiani e Cristina Mazzavillani Muti, e ripercorrere con loro ricordi, ansie, progetti e risultati. Ancora nel passato scaviamo, analizzando la storia della Ravenna che si trova negli Stati Uniti, più precisamente a Seattle, dove street, bouvelard e una grande area verde portano il nome della città. Com’è possibile? Chi fu l’artefice di tutto ciò? Ci ha fornito una risposta la ricerca, partita da una firma, lasciata un secolo fa sui registri del-
Una volta tanto non cominciamo dall’articolo di copertina, ma da due argomenti che raccontano storie diverse, che partono entrambe da lontano. Il primo riguarda la nuova edizione del Ravenna Festival. Che altro si potrebbe aggiungere di quanto già scritto e detto per presentarla? Beh, intanto ribadire che festeggia vent’anni e che, ultima star in ordine di tempo, nel suo già ricco cast annovera anche Laura Pausini, che proprio dalla sua terra parte, per la tappa “numero zero” del tour. Ma questo concerto è solo l’ultimo regalo di una manifestazione talmente cresciuta, da riuscire a far parlare di sé in tutto il mondo, per la potenza del messaggio di pace e cultura che trasmette. Forse non è un caso che
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la tomba di Dante, da una coppia di coniugi, dal cognome tedesco, proveniente da “Ravenna Park”, appunto. Oggi di questo parco, e del villaggio che questo signore fondò alla fine dell’800, rimangono tracce importanti, che abbiamo in parte raccolto, insieme alla storia di questa Ravenna americana e alle vicende del suo fondatore. Questi due articoli in qualche modo “nostalgici” completano un numero in cui, come sempre, sono tanti i protagonisti a raccontarsi. In copertina troviamo un uomo con la velocità nel sangue: Davide Tardozzi, degno figlio della Romagna “dei motori”. Dopo una carriera interrotta per un incidente, il pilota ha scavalcato il muretto, si è fatto manager (e pure un po’ psicologo, dice) per dirigere uomini come lui: oggi è al vertice del team Ducati Superbike, una vera potenza in questa categoria. Il vento tardo primaverile ci accompagna a conoscere un artista originale, Luigi Berardi, che lavora sul paesaggio, con le sue installazioni sonore, arrivate persino sulla Grande Muraglia Cinese. Da non perdere, poi il viaggio alla scoperta della città “al naturale”, ovvero la Ravenna “biologica”, fatta di diversi esercizi commerciali, sempre più in crescita per numero e interesse da parte dei consumatori, che scelgono la via “salutare” per i loro acquisti: dal forno al gelataio, dal market al fioraio, c’è una realtà che cresce. Buona lettura!
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Sommario |
Sommario 3
Editoriale |
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Annotare | Brevi IN
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Essere | Davide Tardozzi
16
Festeggiare | Ravenna Festival
22
Creare | Luigi Berardi
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Scoprire | Ravenna Park
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Gustare | Ristorante Vite
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Scoprire | Un città “al naturale”
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Celebrare | Progetti e premi
Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 47100 Forlì tel. 0543.798463 fax 0543.774044
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Confidare | Silvia Marini Collezionare | Guido Francesconi
Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU) Direttore Responsabile: Andrea Masotti. Redazione centrale: Andrea Biondi, Francesca Renzi.
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Progetto grafico: Lisa Tagliaferri
Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli, Alberto Mantellini, Sara Ravaioli. Ufficio commerciale: Roberta Missiroli. Collaboratori: Lidia Bagnara, Roberta Bezzi, Pier Antonio Bonvicini, Caterina Boschetti, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Fiorentini, Antonio Graziani, Claudia Graziani, Aldo Savini. Chiuso per la stampa il 4/6/2009
Impaginazione: Emanuele Dall’Acqua
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Annotare | Brevi IN
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Rossodivino e Mille Miglia
Marina di Ravenna - Successo per la serata di presentazione della Mille Miglia, organizzata dal Rossodivino wine bar, lo scorso 8 maggio. La manifestazione è stata aperta dalla visione del filmato “la nostra 1000 miglia”, in cui è comparso anche Kirk Douglas, in transito in via di Roma nel 1951. Sono seguite le premiazioni di Pietro Morini, Giuliano Gamberini, la famiglia di Franco Liverani, Valerio Maioli, Marco Faggioli e Antonio Dradi, per il loro impegno nell’imprenditoria ravennate e per essere stati ex partecipanti alla gara. Alle immagini del filmato si sono uniti i racconti del vicesindaco Giannantonio Mingozzi e dei premiati: racconti di un viaggio, di motori; della gara “più importante al mondo per il sentimento partecipativo che provoca”. Una serata di amicizia, nello spirito di una comune passione per le auto e la competizione.
Rinnova
Ravenna - La storica agenzia RAS, ora Allianz RAS di Ravenna, si rinnova nell’immagine e nei contenuti. Da poche settimane, infatti, si presenta al mercato col nuovo marchio “Assicura servizi assicurativi” e affianca ad Allianz RAS e Allianz Bank, partner di sempre, i prodotti e i servizi dei principali gruppi assicurativi europei. “Sentivamo il bisogno di offrire ai nostri clienti qualcosa in più - spiega Marco Mordenti, presidente di Assicura Srl. Una recente disposizione di legge ci ha permesso di intraprendere la strada del plurimandato e abbiamo quindi scelto altre compagnie per offrire ai nostri clienti la miglior
Sabbioni approda a
soluzione alle loro esigenze assicurative, previdenziali e finanziarie.” Grazie alla sede centrale di viale Allende 66 e alle filiali di Alfonsine, Godo, Punta Marina Terme e Sant’Alberto, con un team composto da oltre venti persone, Assicura Srl si conferma come una delle più importanti realtà assicurative della provincia di Ravenna. (F.R.)
Marinara migliori marche (Dior, Chanel, Yves Saint Laurent, Armani, Lancaster e Naj Oleari), cosmetici prestigiosi (Clinique, Biotherm, Collistar, Lancome, Clarins e Shiseido), profumi, solari, articoli da mare e bigiotteria griffata Mister Biggy. E il negozio in viale Spalato? Diventerà l’Outlet delle profumerie Sabbioni dove trovare profumi, trucchi e creme di qualità a prezzi scontatissimi, oltre ad accessori, oggettistica, bigiotteria e tanto altro. (F.R.)
Ravenna - Nell’elegante porto turistico di Marinara, Sabbioni ha inaugurato il suo 15° punto vendita. Qui la cortesia è di casa e la varietà di prodotti è ampia: make-up delle
Mosquito Games 2009 Punta Marina - Ritorna la convention di giochi, il 21 e 22 giugno prossimi. La cornice è il parco pubblico di Punta Marina Terme. Mosquito Games propone una serie di iniziative che daranno, a curiosi e appassionati, la possibilità di sperimentare tantissimi giochi: dai tradizionali scacchi e Risiko ai giochi di ruolo Dungeons&Dragons, Warhammer e Paranoia, dai collaudati boardgame come Coloni di Catan (prova valida per il campionato italiano) ai più recenti giochi di comitato e di ruolo dal vivo. Tornei, partite e iniziative sono gratuite. Inoltre anche quest’anno si terrà la finale del concorso letterario Labyrinth. Mosquito Games è organizzata dal Circolo Quintet in collaborazione con Flying Circus e Proloco di Punta Marina. www.mosquitogames.org
6 | IN Magazine
Santa Fè e Matilda
Marina di Ravenna - Dal maggio scorso, i due locali presentano un programma comune, al Santa Fè. Venerdì, serata Matilda per una clientela più adulta; sabato sera, targato Santa Fè, per una clientela più giovane. In programma anche un progetto in
Insieme collaborazione col Ravenna Festival. Obiettivo: trasformare Marina in un polo turistico a tutti gli effetti, aperto anche alle famiglie. Tra le iniziative, da segnalare “Spiagge soul” che fra 31 luglio, 1 e 2 agosto vedrà concerti sparsi in tutta la località. (R.B.)
Arredare Insieme
Il vintage sbarca a Firenze Firenze - il nuovo monomarca A.N.G.E.L.O. Vintage Clothing in una strada pedonale costellata da botteghe artigianali a due passi da Piazza Della Signoria. Inaugura a giugno, in occasione di Pitti Woman, la nuova boutique curata da Angelo Caroli e progettata da Alessandro Moradei. Un salotto accogliente, in via Dei Cimatori, arredato con pezzi di modernariato, caldo e “pieno”. Uno spazio con soffitti a volta di oltre 5 metri al quale sono state apportate leggere modifiche per valorizzare l’architettura d’epoca e respirare l’atmosfera della “bottega”. La scala a vista permette di accedere al soppalco che ospita la selezione uomo. Al piano terra sono esposti i capi donna e gli accessori. L’ampia vetrina permette una visuale totale dei 70 mq della Boutique, la quale, oltre ai capi in vendita, ospiterà una serie di mostre dedicate a designer, maison e temi selezionati personalmente da Angelo. Small Museum è il nome del progetto che prevede sei allestimenti nell’arco dell’anno e 60 giorni per mostra. Il primo appuntamento viene dedicato ad Emilio Pucci, in onore dello stilista originario di Firenze. www.angelo.it.
8 | IN Magazine
“Outdoor”
Ravenna - Da tre generazioni la famiglia Baruzzi si occupa di arredamento e, con lo show room Arredare Insieme, propone marchi prestigiosi per interni ed esterni, sotto la guida di Simone, Mirko e Luciana, molto attenti alla selezione delle linee e dei prodotti da consigliare ai propri clienti. Per ogni ambiente, gli esperti di Arredare Insieme propongono progetti su misura, ascoltano le esigenze dei proprietari e garantiscono assistenza completa durante tutti i lavori, dalla realizzazione delle murature e degli impianti fino alla scelta di materiali e colori. Ma non è tutto: una casa non è composta solo da spazi interni, così lo scorso 8 maggio Arredare Insieme ha organizzato un evento per la presentazione dell’outdoor e comunicare che anche gli spazi esterni si possono caratterizzare con lo stesso design,
Sì Anelli a
Faenza
Faenza - Per chi ama gioielli e orologi ricercati Sì Anelli ha aperto, il 4 giugno scorso, un nuovo punto vendita presso il Centro Commerciale Le Maioliche di Faenza. Per il titolare Marcello Casadio si tratta del terzo negozio, oltre ai due “storici” di Ravenna: Sì Anelli, con i suoi prodotti ricercati ed eleganti, estende così la sua presenza su tutto il territorio della provincia, per continuare ad offrire a tutti i suoi clienti i migliori prodotti di arte orafa, scelti con cura e passione. E per stare al passo con la moda, all’interno del nuovo punto vendita Sì Anelli dedica uno spazio speciale ai prodotti a marchio Swatch, versatili e perfetti in ogni occasione. (F.R.)
comodità e sobrietà degli interni, sia per quanto riguarda gli arredi che l’illuminazione. Durante l’evento è stata presentata anche la nuova collezione disegnata dall’Architetto Emilio Rambelli di Nuovo Studio, prodotta dall’azienda Tavar di Ravenna. Per ammirare le proposte da esterni, basta visitare il grande terrazzo di Arredare Insieme, allestito con tutto quanto occorre per rendere piacevole e funzionale uno spazio all’aria aperta, o visitare il nuovo sito www. arredareinsieme.net dove trovare le news e gli eventi organizzati dallo show room. (F.R.)
Al via i lavori della
Galleria
Ravenna - Sono partiti i lavori di recupero della corte delle Antiche Carceri e del collegamento con piazza del Popolo. Sulla base degli accordi recentemente sottoscritti col Comune, la Cassa di Risparmio di Ravenna ha iniziato a realizzare la Galleria di collegamento fra piazza e corte. Oltre alla posta delle condotte di teleriscaldamento e al rifacimento della rete fognaria, il Comune sta predisponendo il bando di gara per la posa della nuova pavimentazione. L’intervento di riqualificazione dell’area e dei suoi affacci, come la nuova struttura a servizio del bar Nazionale, sono stati studiati e progettati in collaborazione con la Soprintendenza ai beni culturali e architettonici. (R.B.)
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F.G.MOTO
Essere | Davide Tardozzi
Sosta ai
Box
testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini
Tra una gara e l’altra del Mondiale Superbike, che lo vede impegnato alla direzione del team Ducati, abbiamo incontrato Davide Tardozzi. Fanatico dei motori sin dalla giovane età, il team manager ravennate continua a vivere dal muretto questa passione per la velocità, senza dimenticare la sua città, dove ama tornare ogni volta che il calendario agonistico lo concede.
10 | IN Magazine
Da ragazzino ha sempre “taroccato” i suoi motorini e diciamo, per usare un termine garbato, che era un po’ indisciplinato sulla strada. “Diciamo pure che ero un ospite fisso dei vigili urbani, che mi contestavano di tutto, dalla rumorosità della marmitta alla velocità e altro.” A raccontarci come da questa passione per le due ruote è arrivato ad essere direttore del progetto Superbike della Ducati è Davide Tardozzi che è riuscito a ritagliare un momento per noi tra una gara e l’altra, tra un arrivo dalla Spagna e una partenza per l’Olanda. Lui è team manager di Noriyuki Haga e Michel Fabrizio e lo è stato di Carl Fogarty, Ruben Xaus, Troy Corser, Troy Bayliss, vincendo tanti mondiali e portando la Ducati Superbike in vetta al mondo. Ritornando a qualche anno fa, molti ragazzi truccavano il motorino ed erano spericolati, ma da qui ad arrivare a guidare un bolide sui circuiti ce ne passa. Quindi Tardozzi, qual è la sua storia? “Ad un certo punto - racconta il manager della rossa di Borgo
Panigale - ti avvicini per forza alla pista. Con tutti i sacrifici del caso, visto che non me lo potevo permettere. Così ho aspettato di finire la scuola ed iniziare a lavorare per investire i primi guadagni in questa passione. Tutti i miei compagni lo sapevano che avrei cercato di fare qualcos’altro nella vita e non certamente il ragioniere. Una di quelle cose che non si addice al mio carattere, ma che mi ha permesso di iniziare a girare in pista.” Così Tardozzi, dopo la maturità, ha lavorato alla Lega delle Cooperative dalla quale si è licenziato, con disperazione della madre che come tutti i genitori sogna il posto sicuro per i figli, quando ha trovato qualcuno che ha creduto in lui come pilota: l’ingegner Federico Martini, attuale direttore tecnico della Piaggio, anche lui di Ravenna, che allora era in Ducati. Iniziano le gare: campionati nazionali e poi il campionato F1, come si chiamava allora, poi un Mondiale in 250 e infine la Superbike, moto da stra-
da e di serie elaborate per la pista. Tardozzi vinse proprio la prima
Ora è dall’altra parte e grazie alla sua esperienza riesce a gestire tutto ciò che riguarda il progetto Du-
persone è alla base di tutto e poi occorre saper capire a chi serve una pacca sulla spalla e a chi il pugno di ferro.” Come dire essere un po’ pilota, un po’ psicologo, un po’ manager contemporaneamente. Una figura che
cati in Superbike, dal team corse ai clienti. È responsabile di tante persone, circa 35 tra piloti, ingegneri, meccanici, direttori tecnici. Tutto deve filare in armonia in modo che in gara ognuno dia il meglio di sé. “Durante le corse meno faccio meglio va - spiega -, vuol dire che ho lavorato bene prima. Ognuno deve sapere come muoversi all’interno di un box e rispettare gli automatismi stabiliti. La conoscenza delle
certamente non c’era quando Tardozzi correva. “Allora si era da soli - ricorda con un velo di rimpianto - e per questo certamente ho fatto tanti errori. Mancava il confronto con una figura di riferimento che sapesse risolvere i problemi ed incoraggiare quando era il caso. Alcune scelte certo non le rifarei, ma probabilmente quello che ho sbagliato allora mi fa lavorare meglio oggi.”
gara di questo nuovo campionato il 3 aprile del 1988 a Donington, in Inghilterra, su una Bimota disegnata da Martini.
Da sinistra, il ravennate in sella a una Ducati, nel 1991, e in gara a Misano su una Bimota, nell’88.
12 | IN Magazine
Tardozzi, oltre a non voltarsi troppo indietro e a vivere guardando al futuro, ha una teoria per fare bene il suo lavoro, che gli è servita nel passaggio da sportivo a manager: “Saper scendere dalla moto. Che vuol dire, per aiutare un pilota, sapere cosa il pilota pensa, ma non pensarla da pilota. Il perché di una scelta tecnica, che non è condivisa dal pilota, si deve saperla motivare e soprattutto avere
Una carriera tra sella e muretto Davide Tardozzi, classe 1959, è stato un ottimo pilota. Ha iniziato la sua carriera, come molti giovani motociclisti, su una 125. Passato alla 250, ha partecipato al Campionato del mondo nel 1984 e nel 1985. Nel 1988 partecipa al primo campionato Superbike, dove arriva terzo. Nella sua carriera ha vinto 5 Campionati italiani, nel 1991 è stato Campione europeo 750cc Superbike. È stato pilota ufficiale della riminese Bimota dall’87 al 1990. Nell’ottobre del 1991 ebbe un brutto incidente al circuito del Mugello e, per le conseguenze riportate ad un braccio, la sua carriera si chiuse di lì a poco. Nel 1993 la Ducati gli offerse di entrare nel team corse. Oggi è il direttore del progetto Superbike.
Davide Tardozzi ritratto nel salotto di casa durante l’intervista.
la sua fiducia perché sappia che si sta facendo il meglio per lui. E questa è la cosa più difficile del mestiere: guadagnare la fiducia del pilota.”
Il campionato Superbike 2009 è agli inizi, mancano ancora tante gare che lo porteranno in ogni parte del mondo (a Misano il 21 giugno). Una vita un po’ noma-
Un po’ manager, un po’ psicologo de, ma che non lo scompone più di tanto: qui sono le sue radici. E Ravenna? Gli chiediamo e lui senza pensarci risponde: “ Più giro il mondo più torno a casa. Perché al di là che siamo fuori dalla Via Emilia
14 | IN Magazine
e siamo un po’ strani e bigotti, mi piace la gente di questa città. Qui si sta bene, è ragionevolmente tranquilla, andando per il mondo ti rendi conto che c’è tanto di peggio in giro. Qui c’è un modo di vivere che mi piace anche se è una città che non ha tutto; ma a me piace”. Qui c’è la sua casa, ci sono la moglie Sandra e il figlio Andrea, al quale delle moto proprio non importa nulla o quasi. È appassionato di calcio ed è riuscito recentemente a farsi portare a Torino per vedere la Juve da papà Davide. Lui, che invece è milanista! Qui ci sarà il suo futuro lavoro, perché ci ha detto di avere assolutamente intenzione di cambiare attività tra non molto. Alcuni anni ancora con la rossa Ducati, ma da amante delle case e delle ristrutturazioni vede il suo futuro nel settore immobiliare, dove ha già fatto i primi passi. Si ritiene una di quelle
persone fortunate, che è riuscita a fare della propria passione un lavoro. “Ogni tanto faccio la battuta: lo farei anche gratis, figurati se mi pagano!” Ama la collina e la cosa che più lo rilassa è viaggiare in scooter tra Arezzo e Siena, lungo la terra del Chianti. Qualche viaggio di piacere con famiglia ed amici certamente non se lo nega, ma nella sua casa, rilassato sul divano o in giardino con i suoi cani lo vediamo davvero bene. Sandra non c’è, è nel suo negozio MotoMania. “Del resto - sorride Davide Tardozzi - lei dice: ‘Tu vai in giro a divertirti, ci vorrà pure qualcuno che vada a lavorare!’.” IN
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Festeggiare | Ravenna Festival
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Uno spettacolo lungo
Vent’anni
testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara e Archivio Ravenna Festival
Mentre sta per iniziare una nuova edizione, ripercorriamo due decenni di Ravenna Festival insieme ai due personaggi chiave della manifestazione: Mario Salvagiani e Cristina Mazzavillani Muti.
Ravenna Festival è giunto alla ventesima edizione. Oggi è impossibile immaginare Ravenna senza festival, ma era così. Certo, non nacque dal nulla perché la città ha sempre amato la musica e non mancavano concerti e opere, ma erano spettacoli saltuari, anche di qualità, non organizzati però in una sequenza così fitta, ricca e complessa come oggi si presenta il Festival musicale che ha varcato i confini d’Italia ed Europa, raggiungendo anche altri continenti. Abbiamo intervistato i personaggi chiave di questo successo: la memoria storica, Mario Salvagiani, e la mente creatrice e vulcanica, Cristina Mazzavillani Muti.
“Nel ’72. Il pubblico era costituito da un numero ridotto, soprattutto abitanti del centro, erano i palchettisti e i frequentatori della platea. Le scelte degli spettacoli erano fatte dall’Ente teatrale italiano e non da un organismo autonomo, come accadeva in altre città dell’Emilia Romagna dove i teatri erano a gestione diretta delle municipalità. Non c’era un programma stabilito a inizio stagione. In seguito, come direttore, cominciai a fare delle scelte: iniziammo scegliendo opere, concerti; il jazz aveva già un ciclo di appuntamenti a livello nazionale; alcune serate estive venivano eseguite alla Rocca Brancaleone…”
Salvagiani, cosa c’era a Ravenna,
Un percorso lungo che abbiamo
prima del Festival?
dovuto riassumere velocemente.
“È un gradito esercizio di memoria. Il Teatro Alighieri era stato riaperto a fine anni ’60, dopo una lunga chiusura per esigenze di consolidamento. Era stata curata la zona destinata al pubblico mentre non vi erano stati interventi sul palcoscenico. Inoltre c’era il problema di lunghe chiusure perché gli spettacoli non erano frequenti.” Quando iniziò ad interessarsi del Teatro?
Come nacque il Festival? Cristina Mazzavillani Muti fu personaggio chiave fin dall’inizio?
“Non solo lei, ma tutta la famiglia Muti. Inizialmente era ‘Ravenna in Festival’. Nell’89 nasce la Fondazione tramite accordi con politici e aziende; molti furono gli incontri col sindaco, prima Angelini e poi Dragoni, ma il personaggio da subito punto di riferimento fu il maestro Muti, che aveva già scelto
IN Magazine | 17
A fianco, Riccardo Muti con Raul Gardini e Pietro Barilla; sotto, il Maestro con la moglie Cristina e Luciano Pavarotti.
Ravenna come sua dimora. I primi anni videro la direzione artistica di Arruga e io ero direttore organizzativo, mentre, in seguito, con Carlo Fontana ci si scambiava un po’ i ruoli nella collaborazione.” E parte il Festival. Ricorda qualche nome importante delle prime edizioni?
“Sin dall’inizio Giulini, Sinopoli, Pollini, Maazel, grandi direttori e orchestre, primo fra tutti Muti che aprì il Festival con l’esecuzione del Requiem di Mozart. Anche per quanto riguarda i luoghi, la scelta si fece più ampia e cominciammo ad utilizzare anche il Teatro Rasi e le basiliche, nell’ottica di rendere la città protagonista del Festival, come oggi accade.” Cristina Mazzavillani Muti, da lei
emozioni: quella dell’inizio, del primo anno, della prima serata…
“La prima preoccupazione era di accontentare la mia gente, immaginando che avesse le mie stesse caratteristiche: la mia solarità ma anche le mie ombrosità; ho pensato che potesse piacere loro quanto piaceva a me. L’emozione dell’inizio era legata alla consapevolezza di aver dato vita a qualcosa che era più grande di me e riguardava una moltitudine. Poi ho ripescato le mie esperienze di capo scout e ho provato a gestire il Festival, mi sono detta ‘Ce la posso fare!’.” Come andò il debutto?
“Mi chiedevo se fosse vero quanto stava avvenendo, dopo un intero anno di lavoro: Ravenna aveva il Festival.”
quale presidente e direttrice ar-
Organizzarlo voleva dire per lei an-
tistica vorremmo il ricordo delle
che ritrovare la sua gente.
“Proprio così. Ero stata a lungo assente, prima per motivi di studio a Venezia e a Milano, poi, sposando il maestro Muti, l’avevo seguito sia a Firenze che all’estero. Tornando a Ravenna ho scoperto i cambiamenti della città e ho trovato il modo di riappropriarmi dei luoghi della mia infanzia.” Il Festival spazia per tutta la città, oggi, dando visibilità a luoghi non nati per la musica: il porto, la fascia delle “acque basse”, i chiostri, i giardini interni agli splendidi palazzi ravennati…
“Ho voluto che la città bizantina, la mia città, divenisse essa stessa palcoscenico del Festival.”
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Carlos Kleiber alla direzione d’orchestra nel corso dell’edizione del 1997. Sotto, uno spettacolo nella suggestiva scenografia di San Vitale.
Quali furono i primi grandi nomi che invitò?
“Essenzialmente gli amici: Boulez, Lombardi; poi Pavarotti, Kleiber e tanti altri che vennero perché c’era anche un rapporto amichevole.” Ci fu qualche personaggio che fece fatica ad avere?
“Abbado dovetti inseguirlo a lungo, ma poi venne.” Come è nata l’idea di un Festival multidisciplinare?
“È stata la città stessa l’ispirazione, perché Ravenna è tutto questo: dal-
la sua storia si capisce che è unica in Italia; tutti i temi trattati hanno toccato le corde dell’ambiente ravennate; se la sappiamo ascoltare, guardare, scopriamo che è lei a suggerire i temi, perché hanno profonde radici nella sua storia: porta d’oriente aperta a molte genti, sia ieri che oggi. Anche i viaggi dell’amicizia non sarebbero mai nati se non fossimo stati di fronte all’altra città, porta d’oriente sull’altra sponda, la martoriata Sarajevo. Di lì, poi, abbiamo gettato i ponti su quelle che sorgono sul nostro stesso Mediterraneo e oltre, dove la musica potesse portare il messaggio d’amicizia, pace, consolazione.” Il Festival ha risvegliato anche il suo lato artistico portandola a fare la regia e la creazione di alcune opere originali.
“Mi sono sentita coinvolta e ho voluto esprimere la mia esigenza creativa, forse per recuperare l’attività artistica che avevo interrotto all’inizio della mia carriera. Quest’anno il tema della preghiera mi ha suggerito uno spettacolo, nei giardini di San Vitale: sarà un incontro di preghiere e canti di religioni diverse, popoli diversi, l’incontro spirituale ed emotivamente coinvolgente di voci che parleranno con Dio, ognuno con la propria lingua come invita il titolo dell’edizione 2009: la frase araba ‘…lâ ilahâ illâ…’ che significa non c’è altro Dio che Dio.” IN
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Ravenna Festival 2009, 14 giugno-18 luglio “Quando ti sento arrivare/ Il mio cuore danza/le mie braccia si aprono”. La preghiera sarà declinata in tutte le sue manifestazioni. L’appuntamento che ha per titolo “C’è un luogo, incontriamoci là”, ascolto di voci in preghiera, si incrocia con la parola e il pensiero del filosofo Massimo Cacciari, (17 giugno); il dramma in tre atti Demofoonte di Niccolò Jommelli, diretto da Riccardo Muti (3-5-7 luglio). Un ricco programma sinfonico, col Maggio Musicale Fiorentino diretto da Muti (12 luglio), l’Orchestra dell’Opera di Parigi con Christoph von Dohnanyi (27 giugno), Pierre Boulez alla direzione di due capolavori di Stravinskij (29 giugno). I monaci buddisti porteranno a Ravenna la loro preghiera con Sutra (17 luglio) mentre Diamanda Galas urlerà le sue imprecazioni con Maledictions and Prayers (1 luglio). Per la danza saranno a Ravenna l’Hubbard Street Dance Chicago di Jim Vincent (11 luglio) e il mito della danza russa, l’étoile Maja Plisetskaja, che interpreterà una creazione che Béjart le dedicò: Ave Maja (4 luglio); Micha van Hoecke con Le Baccanti (10 luglio). Non mancherà l’Orchestra Giovanile Cherubini coinvolta in importanti appuntamenti quali Missa defunctorum di Paisiello (28 giugno) e Demofoonte; Mamma Mia, il musical più noto degli ultimi anni avrà luogo al PalaFiera di Forlì (15-20 giugno). Ultima novità, la data zero del tour di Laura Pausini (25 giugno a Ravenna). www.ravennafestival.org
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Creare | Luigi Berardi
Inconsuete armonie
Sonore
testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara
A metà fra Land art e “suono del silenzio”, Luigi Berardi lavora sul paesaggio, che diventa orizzonte per l’esercizio di una creatività “armonica”, attraverso strumenti particolari installati nei più diversi ambienti, in ogni parte del mondo.
Le prime esperienze di Land Art, Earth Art o, più comunemente, Arte ecologica risalgono agli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti, con interventi diretti di artisti sul paesaggio, per modificarne temporaneamente l’aspetto o esaltarne, con l’uso di materiali naturali, l’armonica vitalità, i ritmi e l’ordine che lo caratterizzano. Il paesaggio diventa l’orizzonte per l’esercizio estemporaneo, ma non occasionale, di una creatività finalizzata non ad uso utilitaristico della natura quanto a una sua trasformazione in sintonia con la vita e col tempo che la regola.
Pertanto, le opere realizzate, come le performance, hanno carattere effimero e la loro documentazione è affidata prevalentemente alla fotografia e alle riprese video. Nel 1952 John Cage presentò la sua rivoluzionaria partitura “4.33”: chiunque, compresi coloro che non hanno mai preso uno strumento in mano, la può eseguire. Basta indossare un abito da concerto e accomodarsi al pianoforte per quattro minuti e trentatré secondi, senza suonare alcunché. L’esecutore non deve fare niente e
il pubblico non deve fare altro che ascoltare, ascoltare la “musica” che viene creata sia dai rumori interni alla sala da concerto, bisbigli, colpi di tosse, scricchiolii vari, sia anche quelli che provengono dall’esterno. Cage ha dimostrato così che il silenzio assoluto non esiste. Il silenzio sarebbe da intendersi piuttosto come un rumore musicale di sottofondo. Luigi Berardi ha saputo coniugare certi aspetti della Land art con la musica di John Cage, senza ignorare gli interventi in difesa della natura di Joseph Beuys. Su questi presupposti storici e teorici, dopo varie esperienze nel campo dell’arte tradizionale e una ricerca in Unione Sovietica sul Costruttivismo degli anni ’20, presso gli archivi del Museo di Stato Puskin di Mosca e della famiglia di Aleksandr M. Rodchenko, nel 1990 è approdato al progetto interattivo di “paesaggio sonoro”, sperimentando possibilità visive e sonore di “armonie” attraverso la costruzione di strumenti in grado di fondere e unire più confini sonori. Oltre alle macro-conchiglie
per “abitare” e ascoltare il mondo,
alle campane per “assonare” giardini, agli organi eolici per “dare voce” al vento, ha ideato le arpe eolie che, installate in ambienti naturali, sanno creare straordinari e imprevedibili eventi sonori. Li ha
realizzati in molte località d’Italia, dalle scogliere di Otranto ai boschi del Trentino, lungo fiumi, spiagge e in piazze di varie città. Risale al settembre 2000 l’installazione sulla Grande Muraglia cinese. Il progetto nasceva da una riflessione pluriennale e da un lavoro sul paesaggio sonoro sia in confini naturali, quali le catene montuose, la terra lambita dal mare, i fiumi, sia in confini artificiali, come le mura difensive delle città, sia in confini invisibili, tracciati da certi animali per motivi strettamente biologici o percepiti dall’uomo grazie a una sua capacità d’integrazione con l’ambiente, come avviene nel deserto che apparentemente è senza confini. Il confine dell’installazione sulla Grande Muraglia era al tempo stesso naturale e artificiale, perché questa è la più grande opera monumentale conosciuta che sia
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Un poliedrico percorso
stata mai concepita per delimitare un Impero. Per Berardi, poi, era qualcosa di più, perché era presente dall’infanzia nella sua fantasia, come il confine mitico, il più lontano che si possa immaginare e che solo nel sogno si può raggiungere. L’intervento sulla Grande Muraglia è stato un passaggio importante per il suo percorso d’artista perché lo ha reso ancora più consapevole della stretta relazione fra uomo, confine ed elementi della natura per affidare al vento e alle
armonie delle sue arpe eolie un dialogo di cui solo chi è presente può cogliere l’intima essenza, completando l’opera con l’ascolto e il racconto. Negli ultimi anni la sua attenzione si è rivolta all’acqua nelle sue forme turbolente delle
A fianco, scorcio della Grande Muraglia con le installazioni dell’artista. In alto, Luigi Berardi “suona” una delle sue arpe eolie.
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cascate, dei fiumi e del mare, come naturale evoluzione della ricerca verso un elemento che completa la sua poetica senza confine. Un organo marino è pronto per essere immerso nelle profondità per dare voce, in concerto con le arpe eolie, al “silenzio delle sirene”. IN
Nato a Ravenna nel 1951, privo di una formazione accademica, inizia un percorso nel territorio dell’arte nel corso degli anni ’70 come scultore; poi si occupa di grafica, fotografia, cultura materiale folclorica e illustra dizionari, libri di racconti e di poesia, saggi e copertine per riviste. Dall’85 per un decennio cura l’allestimento e le mostre del Museo dell’arredo contemporaneo di Ravenna. Collabora con Tonino Guerra alla Fontana di Pennabilli (PU) e al grande “Gomitolo dei suoni dimenticati” installato permanentemente a Maiolo in Val Marecchia. Progetta e conduce i laboratori “Arte come mestiere” in corsi dei Centri professionali promossi dalla Comunità Europea. Dal ’96 collabora con Arianna Sedioli, esperta di pedagogia musicale e atelierista, al progetto “L’arte sonora per i bambini” (www.artesonoraperibambini. com), progetto fra arte, musica e pedagogia, con mostre in musei e spazi espositivi di numerose città d’Italia. Nel 2002 trasferisce il suo laboratorio d’arte (www. paesaggiosonoro.com) a Sant’Alberto, nel Parco del Delta del Po, dove acqua, terra e vento, da sempre creatori di paesaggi senza confini, diventano gli elementi naturali del suo lavoro.
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Scoprire | Ravenna Park
Una storia
Americana testo Andrea Casadio
Esiste negli USA, a Seattle, un quartiere che porta il nome della nostra città: un tempo era villaggio e area verde, chiamata Ravenna Park. Ne ripercorriamo le vicende partendo da una firma lasciata a inizio ’900 sui registri della tomba di Dante.
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“Mr. and Mrs. W. W. Beck - of - Ravenna Park - State of Washington USA - April 27th 1910 - or - the pines of America.” Poche parole vergate a penna, disperse fra migliaia di altre che riempiono gli otto registri dei visitatori della tomba di Dante risalenti al periodo fra metà ’800 e inizio ’900, oggi conservati alla Classense. Una frase che il caso ha voluto sottrarre al tempo e al labirinto di quella sterminata “Spoon River” dantesca per rivelarci, a
quasi un secolo di distanza, una vicenda della quale la città fu protagonista involontaria, e a tutt’oggi inconsapevole. Chi erano i coniugi Beck? Cosa li aveva spinti, dopo aver attraversato un continente e un oceano, fino a questa città di provincia della vecchia Europa, a lasciare traccia del loro passaggio sulla pur celebre soglia del sepolcro dantesco? Cosa si celava dietro il nome di Ravenna associato allo stato di Washington e ai “pini
Due immagini del Ravenna Park alla fine del XIX secolo. A sinistra, due bambini giocano nel parco (1891); a destra, alcuni abitanti della zona si rinfrescano davanti a uno dei laghetti (1889 ca.). (Fonte: University of Washington Libraries, Special Collections, La Roche1161 e UW26468).
dell’America”? Per saperlo dobbiamo percorrere a ritroso, nel tempo e nello spazio, il loro viaggio, per andare alla scoperta di una biografia d’eccezione. Il reverendo William W. Beck, pastore della chiesa Presbiteriana del Cumberland, era nato nel Kentucky nel 1851, fra la folta comunità di coloni tedeschi stanziata in quell’area degli Stati Uniti. Durante l’infanzia aveva visto il padre partecipare alla guerra di Secessione fra le file nordiste, e nel 1886 era stato inviato in missione nell’ultima frontiera d’America, quell’estremo angolo nord-occidentale che sarebbe divenuto pochi anni dopo lo stato di Washington. Nel 1887 aveva acquistato 400 acri di terreno (circa 160 ettari)
sulla costa occidentale del Lake Washington, uno dei tanti fiordi della baia sulla quale si stava sviluppando Seattle. In quel momento, la zona era ancora un’immensa foresta vergine di conifere dove per secoli avevano vissuto di caccia e di pesca, nelle loro longhouses di legno di cedro, gli indiani Duwamish. Ora, però, era giunta anche qui una presenza nuova, che avrebbe in poco tempo sconvolto con la forza del “progresso” un equilibrio millenario: quella della ferrovia, che nel 1887 aveva toccato questo tratto di costa aprendo la strada al veloce popolamento della zona. Difatti, una volta acquistati i terreni, l’intraprendente reverendo li divise in lotti dando inizio al processo che nel giro di pochi anni
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La firma dei coniugi Beck nei registri dei visitatori alla tomba di Dante (Fonte: Istituzione Biblioteca Classense). Sotto, cartelli stradali a Seattle che riportano il nome di Ravenna (ph: Gary Zimmermann).
in espansione. In questo quadro di sviluppo era il parco la vera, grande attrazione. I suoi nuovi abitanti e
quelli di Seattle, fino a 10.000 al giorno, spendevano volentieri i 25 centesimi del biglietto giornaliero (o i 5 dollari di quello annuale) per immergersi nel suo teatro di fontane, padiglioni musicali, sorgenti mi-
avrebbe urbanizzato l’area. Tutta, meno un tratto della valle, già sede di un villaggio indiano, nella quale serpeggiava il corso d’acqua che univa un vicino specchio d’origine glaciale, l’attuale Green Lake, al Lake Washington. Quel tratto di valle, Beck e la sua colta moglie, Louise Coman, lo riservarono alla preservazione dell’ambiente naturale, dandogli il nome di una città italiana famosa per le sue vicende storiche e le sue pinete costiere che avevano ispirato poeti e letterati: era nato così il Ravenna Park. Quali furono i motivi che spinsero i Beck a dare questo nome alla loro creatura? Non lo sappiamo. In effetti, secondo alcuni sarebbero stati i precedenti proprietari a conferire il nome al luogo. Senza dubbio, però, chiunque avesse preso quella decisione condivideva i motivi di suggestione storico-letteraria verso la città, ampiamente diffusi all’epoca nella cultura tedesca e anglosassone. Certo è che l’iniziativa imprenditoriale dei Beck fu un enorme successo. Favorita dai collegamenti con la vicina Seattle, la nuova città - essa pure chiamata “Ravenna” dal fondatore - conobbe negli anni seguenti uno sviluppo inarrestabile. Lo stesso
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Beck vi fondò anche un collegio femminile (che ebbe vita breve) e un mulino. Nel 1895, sempre per interessamento di Beck, fu trasferito nella zona adiacente il campus dell’Università dello stato di Washington, in quella che ne è rimasta fino ad oggi la sede. Verso il 1903 il tratto del torrente (ribattezzato “Ravenna Creek”) che collegava il parco al Green Lake fu interrato, e sul suo percorso venne tracciato il Ravenna Boulevard, maggiore arteria della città. Quattro anni dopo, venne infine annessa a Seattle, diventando un quartiere della nuova metropoli
nerali (la “Fonte della ninfa del bosco”), perfino un villaggio indiano dell’Alaska ricostruito da Beck in occasione dell’Alaska-Yukon-Pacific Exposition del 1909; soprattutto, però, per accedere “nel luogo dove gli alberi sfiorano le stelle”. La vera attrazione del parco erano i celebri alberi giganti, abeti secolari alti fino a più di cento metri, che infondevano nel visitatore un misto di suggestione e meraviglia. Sempre in occasione dell’esposizione, i Beck ebbero l’idea di aprire una gara per la denominazione di quelli più imponenti. Ad esempio, ne chiamarono uno “Paderewsky”, nome di un celebre pianista polac-
% in fino al 30
meno
RC Auto: pagare di meno, proteggendosi meglio co loro amico. Il più alto (circa 120 metri) fu dedicato da un’associazione sudista femminile al generale Lee. Un altro ebbe in sorte il nome del presidente Theodor Roosevelt, tra gli ammirati visitatori del parco. “Meraviglia della natura non meno delle cascate del Niagara, di Yosemite, del Gran Canyon - è stato scritto - il Ravenna Park offriva un pellegrinaggio verso il sublime, il contemplativo, lo spirituale, il terrificante.” Era tutto questo che William e Louise Beck avevano alle spalle quando giunsero a Ravenna nella primavera 1910. Approdavano in una piccola città di provincia, apparentemente sonnolenta ma percorsa, proprio in quelle settimane, dai feroci conflitti politici fra repubblicani e socialisti che, proprio pochi giorni dopo la visita dei Beck, avrebbero avuto i primi esiti sanguinosi. Tutto questo rimase però probabilmente oscuro ai viaggiatori che venivano da
Polmone verde di Seattle tanto lontano con un preciso bagaglio di cultura, esperienze e aspettative. A parte le poche parole vergate sul registro dantesco, non sappiamo nulla di quello che senza dubbio era per loro, pionieri del Pacifico ormai sulla soglia dei sessant’anni, il “viaggio della vita”. Possiamo solo im-
maginare il loro arrivo alla stazione, i primi passi nel viale alberato, il contatto con le vestigia del passato attraverso il profilo svettante del campanile di San Giovanni Evangelista. Certamente avranno alloggiato in uno degli alberghi migliori, il Byron (che in quei giorni, c’informa la stampa, ospitava anche la granduchessa d’Anhalt) o il S. Marco. Senza dubbio, dopo la visita al sepolcro dantesco e ai luoghi canonici della storia e dell’arte, avranno preso la strada polverosa verso la pineta di Classe, sulle orme di Dante, Boccaccio e Byron, alla ricerca del mito che li aveva ispirati nella loro avventura di pionieri del Nuovo Mondo. Quali sensazioni provarono durante le giornate ravennati, quali impressioni rimasero nella loro mente al momento di salire sul treno del ritorno, resta un mistero che nessun documento a noi noto può svelare. Fra l’altro, al momento del loro viaggio anche il legame con il loro Ravenna Park era ormai sul punto di sciogliersi. Appena un anno dopo, infatti, i Beck cedettero il parco
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Uno dei camminamenti all’interno dell’attuale area verde. Sotto, la copertina del libro (edito negli Stati Uniti) che ripercorre la storia del Ravenna Park.
Ravenna neighborhood e Ravenna Park oggi
allo stato di Washington per quasi 150.000 dollari. Quello che accad-
de in seguito è un’eloquente smentita al luogo comune che vuole l’ente pubblico come la soluzione pregiudizialmente più auspicabile per la tutela dei beni naturali. Una volta divenuto statale, infatti, il parco conobbe un progressivo declino che si manifestò fin da subito a danno proprio del suo patrimonio più prezioso, gli abeti monumentali. Fra l’indifferenza, o forse la complicità, dei nuovi amministratori, i grandi alberi vennero abbattuti uno dopo l’altro, senza che ne fossero mai chiariti i motivi né le responsabilità. Negli anni ’20, nessuno era sopravvissuto. Quanto però il parco fosse ormai entrato nel cuore della comunità apparve chiaro quando lo stato decise di mutarne la denominazione intitolandolo a Theodor Roosevelt: dopo qualche anno, nel ’32, una petizione popolare ottenne il ripristino del nome originario. Ma anche per quanto riguarda il fondatore, il filo su cui si era dipanato l’arcano legame con Ravenna era lontano dall’interrompersi. Tanto lontano, da spingersi fino al giorno della sua morte. Per
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un’incredibile ironia del destino il vecchio pioniere che aveva vissuto da protagonista l’epoca più eroica d’America, dal Kentucky ai confini col Canada, concluse la sua esistenza, a 93 anni, il 4 dicembre 1944, il giorno stesso in cui, a migliaia di chilometri di distanza, le truppe canadesi entravano nella Ravenna europea appena sgombe-
rata dai tedeschi. Le foto di quel giorno riportano l’immagine di un mattino livido, di una città deserta e prostrata dal conflitto. Il campanile di San Giovanni, miracolosamente sopravvissuto alla devastazione della basilica, svettava sulla distruzione della zona della stazione; l’hotel S. Marco giaceva in macerie; i chiostri francescani, a un passo dal sepolcro dantesco, erano sventrati dalle bombe; la pineta di Classe fino a pochi giorni prima era stata teatro degli scontri fra tedeschi e partigiani. In un angolo della Classense, alcuni tratti di penna sepolti in un vecchio registro dalla copertina di velluto rosso aspettavano il momento in cui il caso avrebbe deciso che sulla storia della mano che li aveva vergati, tornasse nuovamente a brillare la luce. IN
“Ravenna is quintessential Seattle”. Oggi la città nata per iniziativa di Beck è una tranquilla zona residenziale di case con giardino, piste ciclabili e negozi di quartiere. Pur essendo al di fuori delle manifestazioni più fashion della metropoli, risente fortemente della vicinanza con la Washington University; non a caso il Ravenna Boulevard è noto anche come “boulevard dei professori”, per la sua più rappresentativa categoria di residenti. Del quartiere, il parco è cuore e anima: una striscia di verde vasta oltre 20 ettari (più i 3,5 dell’adiacente Cowen Park) che serpeggia lungo la valle dove, a una profondità di 35 metri, scorre il Ravenna Creek. A parte le aree attrezzate con campi da tennis e baseball, zone picnic e punti di ristoro, la vegetazione è composta soprattutto da aceri, abeti e cedri. L’associazione di volontariato Friends of Ravenna Park cura la manutenzione del parco, mentre la Ravenna Creek Alliance si impegna per realizzare il progetto di riportare alla luce il tratto interrato del torrente verso il Lake Washington. Il parco è anche sede di manifestazioni d’organizzazioni neopagane e transgender.
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Gustare | Ristorante Vite
Ragione
Sentimento
e
testo Pier Antonio Bonvicini
Ăˆ il momento della ristorazione sulle colline riminesi. Cominciando da Vite. In tavola le eccellenze delle coltivazioni e degli allevamenti di San Patrignano. Che un sapiente chef e la sua brigata di cucina trasformano in ottime pietanze. Da gustare nella calma atmosfera del locale, in una potente combinazione d’arredi e colori. Disponendo anche di una eccezionale cantina.
In apertura, una delle due ampie sale di Vite. A fianco uno degli eleganti salottini del Ristorante.
Ha ragione Carlo Bozzo, capo ufficio stampa di San Patrignano, quando dice che a Vite si mangia bene. E le ragioni sono due: l’esperienza dello chef e le eccellenti materie prime. Abbiate allora l’entusiasmo di inoltrarvi nelle campagne del Riminese, così sarete ripagati da una cucina che vi sorprenderà. Nessun effetto speciale, per intenderci, ma tanta concretezza nel piatto corrisposta da presentazioni di livello. Per raggiungere il ristorante, lascerete l’Adriatica all’altezza di Rimini e imboccherete la statale 72 per San Marino. Quindi l’abbandonerete nei pressi di Cerasolo per salire rapidamente sulle alture del Corianese. Raggiunta la sommità della collina Montepirolo, ecco la vostra meta, col suo comodo parcheggio. Ora varcherete l’ingresso di questa bella casa che al suo interno ricorda quelle dimore di campagna toccate dall’eleganza e dalla modernità. Con tanto di camino e salottini, e terrazza per l’estate. Così sarà il bordeaux a dominare nei colori, dalle originali carte da parati alle tovaglie, ma si farà apprezzare anche il caldo legno non soltanto al pavimento. E la foglia di Vite, riconoscibile pure al soffitto nella sua imponenza, è lì a ricordare che questo angolo di Romagna è circondato da vigneti. Ma la sorpresa, appena entrati, l’avrete nel constatare che la cucina è un open
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space, direttamente in contatto con
arredi e colori, ma soprattutto una
la sala. Allora vi terrà compagnia
nuova porta aperta sulla Comunità.
la vista della volenterosa e silenziosa brigata che osserverete anche dalle ampie vetrate del piano superiore, se sarete su quest’ultimo per un aperitivo o per mangiare. Scendendo in cantina, disporrete invece di un privé con vista sulle 12.000 bottiglie conservate a 15 gradi, ad una umidità del 70%. Vite
Che qui impegna, dai primi di giugno
è un ristorante luminoso e panoramico, una potente combinazione di
La ricetta: Risotto Vite Ingredienti per 4 persone: gr. 280 riso carnaroli Acquerello, gr. 40 pancetta croccante, gr. 20 scalogno, gr. 100 squacquerone affumicato, gr. 150 burro, gr. 50 parmigiano, gr. 450 vino rosso Aulente Preparazione: appassire lo scalogno tritato coi 60 grammi di burro. Aggiungere il riso, tostare bene e bagnare con vino bianco: lasciare evaporare, continuando la cottura con brodo leggero di pollo. Mettere a ridurre il vino rosso fino a un terzo del suo peso, poi legare con un po’ d’amido di mais, correggere di sale, aggiungere un pizzico di zucchero e 20 grammi di burro. A circa tre quarti di cottura aggiungere la pancetta croccante e lo squacquerone affumicato. Aggiustare di sale e pepe, poi mantecare col burro e il parmigiano. Servire su piatto piano, appoggiare sopra una fetta di pancetta seccata in forno e insaporire col ristretto d’Aulente. Decorare con una foglia di germoglio di vite fritta.
2008, sotto la guida dello chef Fabio Rossi, oltre una ventina dei suoi ragazzi tra sala e cucina.
A consigliare invece gli abbinamenti tra cibo e vino è arrivato da Bassano del Grappa il sommelier Gianfranco Marchesan, responsabile anche della cantina. In tavola le eccellenze delle coltivazioni e degli allevamenti di San Patrignano, il pesce dei
A fianco, lo chef Fabio Rossi e alcuni suoi collaboratori.
Culinaria News: Romagnoli fuori porta
nostri mari e altro ancora, che chef e collaboratori trasformano in ottime pietanze, realizzate con stile ed efficacia creativa. Così non si può che essere d’accordo con l’arrivo ai fornelli del riminese Fabio Rossi, che dopo gli studi è al Caffè delle Rose di Rimini con lo chef Silver Succi, poi alla Grotta di Brisighella, quindi al Bristot Claridge di Cese-
aromatiche, ortaggi; il girarrosto (agnello, faraona, maiale); quaglia con foie gras, profumo di lavanda, riso ai mirtilli, funghi porcini. Poi lo straordinario carrello dei formaggi e tra i dolci, ottobre rosso (con mirtilli, melograno, mela fuji); banana apparente, plumcake al cioccolato. Inoltre ottime torte e non solo in un altro carrello.
Enrico Croatti, dopo aver lavorato a Los Angeles col maestro Gino Angelini, è ora ai fornelli del quattro stelle “Boutique Hotel Chalet Dolce Vita” di Madonna di Campiglio. La sua cucina è un caldo abbraccio fra tradizione e innovazione, un tenero incontro fra presente e passato. In armonia con le stagioni e col territorio. Da provare, in via Castelletto Inferiore, 10. www.chaletdolcevita.it
È una porta aperta sulla Comunità natico. Infine all’Acero Rosso di Rimini dal ’96 al 2006, dove conquista una stella Michelin. Ora uno sguardo al menù, che varia almeno 3 - 4 volte l’anno, affiancato da squisiti pani e grissini fatti in casa. Tra gli antipasti, calamaretti con canocchie e finferli, crema di patate; polpette di fagiano, foie gras, tartufo nero, lamponi; lepriglio (un incrocio fra lepre e coniglio selvatico), peperoni, insalata di carciofi, olive e topinambur, carciofi fritti. Tra i primi, spaghetti con sgombro, ricotta infornata, broccoletti, bottarga di tonno; strozzapreti, ragù di agnello, castagne, pecorino. Al secondo, cartoccio di pesci, erbe
Quanto ai vini, una carta con 1700 etichette, dal mondo e dall’Italia a prezzi ragionevoli. E quasi un centinaio fra distillati (la maggior parte), amari e vini da meditazione. Buona scelta di caffè, the e tisane. Concluderete con un calice di Wattwiller, acqua Alsaziese che per l’assenza di nitrati vi aiuterà a digerire. Quattro portate, bevande escluse, costano sui 50 euro. Altrimenti tre menù degustazione: “il bosco e l’aia” a 38 euro, “i poveri e i ricchi” a 48 e “oggi e/è ieri” a 60. Per me ogni cena è come uno spettacolo teatrale, dice Ferran Adrià Acosta. Anche a Vite la tavola ogni giorno è uno spettacolo. IN
Ristoranti di città Alla Mano, a Forlimpopoli, è la nuova destinazione della gola, dai primi di maggio del 2008. La cordiale accoglienza e il piacevole ambiente anticipano il menù. Dalla cucina, piatti che variano giornalmente, secondo il mercato. Vini del territorio, ma anche bollicine e distillati. Caffè con la moka e conto più che corretto. In via della Repubblica 16/B, mai di lunedì.
Andar per Enoteche Vini di qualità, a Calisese di Cesena, all’Enoteca La Bottega. Buona scelta d’etichette consigliate con competenza. Ma anche caffè e prodotti tipici. Chiusa domenica e lunedì mattina. In via Malanotte, 89.
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Scoprire | Un città “al naturale”
Ravenna
Biologica
testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini
Piccolo viaggio alla scoperta di alcune realtà commerciali che in città valorizzano gli alimenti biologici: un mercato “al naturale” che, per i suoi benefici effetti ma anche per contrastare allergie e intolleranze, attrae sempre di più.
Quando si parla di biologico, termine ormai d’uso comune, si evoca qualcosa di salutare, naturale e buono perché ci si riferisce a prodotti che escludono l’uso di sostanze quali fertilizzanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi. Nello specifico, i prodotti da coltivazione biologica hanno una percentuale di residuo chimico che oscilla dallo 0 al 3%, mentre quelli convenzionali dal 3 al 98 (di questi il 3% risulta non commestibile). Per riconoscerli, è necessario controllare l’etichetta che dovrebbe riportare diciture quali “prodotto da agricoltura biologica”, “ingredienti di origine biologica”, “in conversione dall’agricoltura biologica”. In genere, costano di più perché sono frutto di coltivazioni complesse che devono rispondere a disciplinari molto rigidi. Nel 2008, il consumo di questi prodotti a livello nazionale è cresciuto del 6% rispetto al 2007, che a sua volta era aumentato del 10% rispetto all’anno prima. In
particolare, sull’ortofrutta fresca l’aumento è stato anche del 20%.
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Anche Ravenna offre una varietà di realtà che da tempo valorizzano gli alimenti biologici. Per esempio, ogni martedì dalle 18 alle 21, al Centro sociale Spartaco di via Chiavica Romea, c’è il “Mercatino del biologico” frequentato - ogni settimana - da 150/200 persone. Un appuntamento ormai abituale dal 2005, voluto dal Gras, un gruppo di persone a cui piace fare acquisti di gruppo, verdura e frutta, riso e farine, ma anche seitan, miele, pasta, olio, scegliendo il produttore in base a principi etici, ambientali e qualitativi. Si lavora su una filiera corta, senza intermediari, riuscendo a ridurre i costi di trasporto e imballaggio. A Ravenna, secondo l’assessorato provinciale all’Agricoltura, le aziende che fanno colture biologiche sono 193, di cui 93 nel faentino, 36 nel lughese e 64 nel ravennate. Si tratta di una realtà ancora limitata rispetto alle quasi 9mila aziende agricole; producono ortofrutta, ma anche cereali e foraggio per la zootecnia. Una di queste offre una soluzione
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A fianco da sinistra, preparazione del gelato a Dolce Bio e uno scorcio del supermercato NaturaSì. Sotto, Ilenia Lorenzetto de Il Cortile. In apertura, Giancarlo Ceccolini di Coccinella.
originale e utile: la prenotazione di prodotti alimentari, direttamente dal produttore con cadenza settimanale. L’azienda Mater Naturae di Antonella Orselli offre la consegna a domicilio, a casa o sul posto del lavoro, con consegna - una volta a settimana e in un raggio d’azione massimo di 15 km - di una cassetta piena di frutta e verdura di stagione, tutta a coltivazione biologica. È proposto un abbonamento mensile di 40 euro per quattro consegne. A difendere i prodotti ottenuti col metodo dell’agricoltura biologica, con particolare attenzione per quelli legati alla storia e alla tradizione romagnola, è l’associazione Poderi di Romagna, fondata nel 2004. “Lo scopo è quello di avvicinare i produttori e i consumatori - illustra Christian Grassi, tra i soci fondatori. Abbiamo un regolamento molto restrittivo per accettare le aziende, indispensabile per garan-
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tire la qualità degli alimenti.” Se si parla di pane, il pioniere del biologico a Ravenna è Giancarlo Ceccolini, maestro dell’arte bianca che da oltre trent’anni ha trasformato la sua vocazione per il benessere a tavola in un’idea vincente. Ha ottenuto la prima certificazione sul biologico nel 1992. Coccinella, in via Faentina 63, è forno e pasticceria, cucina e caffetteria, e propone esclusivamente alimenti e bevande biologiche. Qui si può trovare, oltre al solito pane realizzato con farina di grano, pane di farro, segale, kamut o arricchito con fiocchi d‘avena. Per quanto riguarda la ristorazione, al posto della classica pasta, è possibile assaggiare piatti a base di riso, miglio, orzo e mais e il self service è ricco di specialità biologiche, vegetariane, vegane e macrobiotiche. Sul fronte dei supermercati, una segnalazione la merita NaturaSì di
via Faentina 121, dove sono commercializzati circa 4mila prodotti di agricoltura biologica e biodinamica, fra cui frutta, pane, carne, prodotti per l’infanzia, l’igiene personale e la pulizia della casa. Per chi ama il gelato, una tappa è d’obbligo a Dolce Bio che ha ottenuto la certificazione dell’IMC (Istituto Mediterraneo di Certificazione). La gelateria artigianale biologica, aperta l’anno scorso in via Trieste 94, propone gusti realizzati senza coloranti, aromi e conservanti, grazie a un’attenta e capillare ricerca delle materie prime. Per chi ha problemi ad assimilare il latte e i suoi derivati, ci sono invece gusti realizzati con latte di riso, meno cremosi ma comunque appetitosi, quali mandorla e cacao, zenzero e cannella, o i gelati con la frutta biologica, fatti con acqua, zucchero di canna e carruba come addensante. Una vera prelibatezza sono anche i cioccolatini biologici al sale di Cervia, alla cannella, allo zenzero, al peperoncino o con la nocciola.
Tra le curiosità, da segnalare anche Il Cortile di via Antonelli dove Ilenia Lorenzetto vende piante e realizza prati in modo biologico. Per evitare di utilizzare il solito insetticida, qui si possono acquistare larve di coccinelle vive da dare alle piante, e diversi altri rimedi della coltura biodinamica. IN
Il parere dell’esperto Ma il prodotto biologico è migliore di quello convenzionale sotto il profilo nutrizionale? “Per apporto di nutrienti non ci sono grandi differenze, se non per il fatto di contenere una quantità leggermente più elevata di vitamine, minerali e sostanze antiossidanti, importanti per contrastare i radicali liberi - illustra la ravennate Gabriella Paganelli, laureata in dietistica. I prodotti biologici sono salutari soprattutto in un’ottica preventiva, se si considera che oggi sono in aumento le allergie causate da Ogm o cibi con additivi.” Importante è la distinzione fra allergia e intolleranza: la prima è una reazione avversa agli alimenti non di tipo tossico, mediata dal sistema immunitario (anticorpi classe Ige); la seconda è una reazione avversa, non immuno-mediata, provocata da deficit enzimatici che non consentono la digestione (molto comune è l’intolleranza al lattosio). Entrambe sono riscontrabili mediante test scientifici. “È di gran moda parlare di intolleranze per giustificare certi disturbi, persino l’obesità, ma occorre fare attenzione - spiega la dottoressa. Spesso ci si sottopone a esami non riconosciuti dalla medicina ufficiale per scoprire intolleranze. Il risultato è che si arriva a eliminare sostanze anche fondamentali, col rischio di alterare il proprio stato nutrizionale e anche quello psicologico. Mentre l’allergia obbliga all’eliminazione dell’alimento, l’intolleranza è dosedipendente, ossia dipende dalla quantità di cibo ingerita.”
FORLÌ via Copernico, 4/A - tel. 0543.751714 - rada@rada.it Orari: da lunedì a sabato: 9,30 - 12,30 / 15,30 - 19,30
Ortopedia Spadoni: l’evoluzione del camminare Vanta più di trenta anni di esperienza la Sanitaria Ravennate - Ortopedia Spadoni di viale L. B. Alberti 106 che ha fatto della specializzazione e dell’innovazione il proprio fiore all’occhiello, grazie alla presenza di ben tre tecnici ortopedici abilitati e di addetti alle vendite altamente qualificati, grazie a continui corsi di aggiornamento. Aperto nel lontano 1975, inizialmente, il negozio si occupava esclusivamente di vendita al dettaglio di articoli sanitari, prodotti di puericultura e corsetteria. Poco dopo, pur mantenendo l’identità iniziale fatta di commercio al dettaglio, l’azienda si è consacrata all’ortopedia,
una vera e propria passione per la famiglia Spadoni. Franco Spadoni è stato docente della Scuola di Ortopedia dell’Usl 29 di Bologna, istituto di eccellenza che formava tecnici ortopedici di tutta Italia prima dell’avvento della riforma universitaria e dell’apertura dei diplomi di laurea in materia. Il fratello Danilo è tecnico di ortopedia, così come il figlio Francesco, mentre la figlia Ester si occupa del comparto commerciale, mostrando particolare attenzione verso approfondimenti su discipline sportive. «I piedi svolgono un ruolo fondamentale per il nostro benessere quotidiano in quanto
rappresentano il piedistallo di tutto il sistema cinetico e sono il punto di contatto fra noi e il mondo circostante - illustra Franco Spadoni - . In questi anni, abbiamo assistito a un cambiamento di mentalità importante: se fino a qualche anno fa si rivolgevano a noi soprattutto persone anziane, spesso con patologie che rendono difficoltosa la deambulazione, ora i nostri clienti sono persone di tutte le età molto attente alla prevenzione, in particolare giovani donne con problemi di ortostatismo perché costrette per lavoro a stare in piedi a lungo». Nel laboratorio della sanitaria, tecnici di ortopedia sono a disposizione dei clienti per assicurare una fedele esecuzione di quanto prescritto dai medici e per effettuare una analisi computerizzata in statica e in dinamica del piede, con l’utilizzo
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di macchinari tecnologicamente avanzati. Questo consente di effettuare una diagnosi più accurata ma anche di realizzare protesi plantari sempre più precise e personalizzate. «Una volta individuato il problema
del cliente, riusciamo a dare consigli più mirati – spiega il tecnico specializzato Francesco Spadoni -. A volte, infatti, anche solo un cattivo appoggio del piede può comportare, nel lungo termine, conseguenze per altre parti del nostro corpo, soprattutto per le ginocchia e la colonna vertebrale». La Sanitaria Ravennate offre un ampio assortimento di calzature semplici e riposanti, proposte in vari tipi di pellame certificati dalla Comunità Europea, in modo da soddisfare anche i piedi più difficili, con callosità o zone dolenti. Ce n’è davvero per tutti i gusti e per tutte le esigenze, con modelli di vario tipo adatti a persone di qualsiasi età che credono nella “comodità alla moda”. Scarpe e ciabatte, dunque, non solo per chi ha piedi delicati e sensibili, ma anche per coloro
che amano camminare in perfetto comfort. Numerosi i modelli delle nuove collezioni moda di note ditte del settore: Birkenstock, Ecosanit, Dr Scholl, Marie Claire e Podartis. La soddisfazione del cliente viene prima di tutto!
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Celebrare | Progetti e premi
Menabó dà
"Lezioni d'Europa" testo Caterina Boschetti
Stagione di successi e riconoscimenti per l’agenzia forlivese, grazie a progetti di levatura nazionale ed europea: dai premi Mediastars in varie categorie, per i clienti Lavazza e la onlus CIPSI, alla nomination ADCI per Burger King, fino alla campagna di comunicazione per “Lezioni d’Europa” ciclo d’incontri, in programma fino a fine giugno, promossi e sostenuti dalle istituzioni continentali e dal governo italiano.
Dalle stelle all’Europa: Menabó - Lorenzo Marini Group di Forlì accoglie nuovi importanti riconoscimenti ed è pronta a lanciarsi in un grande progetto promosso dalla Commissione Europea. Negli ultimi mesi, infatti, l’agenzia ha raggiunto ulteriori traguardi, classificandosi al primo posto in più categorie alla XII edizione di Mediastars, Premio Tecnico per la Pubblicità, che punta a valorizzare la professionalità di chi opera, su scala nazionale, nel campo della comunicazione. Dalla linea di abbigliamento Lavazza ProFASHIONal , f ino alla campagna sociale per la onlus CIPSI, Menabó si è vista riconoscere “dall’alto” una professionalità ormai consolidata, che continua a crescere e a guardare avanti.
Il tentativo di sperimentare nuove frontiere ha condotto l’agenzia a raggiungere perfino la Commissione e il Parlamento europei, vincendo una gara d’appalto per un progetto di comunicazione promosso e sostenuto proprio dalle istituzioni dell’UE, nonché dal Go-
verno italiano, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri. Si tratta di “Lezioni d’Europa”, ciclo di incontri che si tengono fino al 22 giugno a Roma, Milano e Catania, nell’ambito del Mese dell’Europa. Per tale iniziativa, Menabó ha ideato la corporate identity (logo e declinazioni visive), tutti i materiali promozionali (inviti, locandine, ecc.) nonché il sito ad hoc www. lezionideuropa.eu.
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In queste pagine, materiali promozionali di "Lezioni d'Europa" ideati dall'agenzia Menabó.
Ha inoltre gestito il rapporto coi media locali e nazionali per garantire la massima visibilità agli eventi. “Lezioni d’Europa” è stato possibile grazie al supporto tecnico dell’ente Studiare Sviluppo, mentre gli altri partner sono stati MGM - Digital Communication e Luca Sossella Editore. Il progetto è indirizzato a tutta la cittadinanza e vede tre relatori d’eccezione parlare di UE in modo semplice ed efficace. L’economista Mario Monti, il noto nutrizionista Giorgio Calabrese e la vice presi-
dente del Senato della Repubblica Emma Bonino sono i tre ospiti che trattano, rispettivamente, di mercato unico, sicurezza alimentare e identità europea. La prima tappa di questo viaggio itinerante e virtuale nell’UE si è svolta il 25 maggio scorso a Roma nella prestigiosa cornice della sala congressi del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Mario Monti ha parlato di L’Europa, il capitalismo di mercato e la crisi economica. Conduttore dell’incontro è stato Carlo Bastasin, giornalista
Mediastars premia Menabó per Cipsi e Lavazza
L’agenzia Menabó raddoppia e si aggiudica due primi posti nel prestigioso premio Mediastars con una campagna sul microcredito alle donne e per la linea di abbigliamento professionale Lavazza. Due le categorie in cui l’agenzia ha ricevuto i massimi riconoscimenti. In primis, Menabó
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ha vinto nella Sezione Tecnica Audiovisiva per la campagna sociale “Per le donne il microcredito può contare tanto”. Si tratta di uno spot video da 30 secondi realizzato per la ong CIPSI (www.cipsi.it), per far conoscere il microcredito, che garantisce a chi non possiede nulla un piccolo prestito d’onore per avviare un’attività autonoma e produrre un sostentamento
per sé e la propria famiglia. In seconda battuta, per Lavazza Trade Marketing Menabó ha realizzato Lavazza ProFASHIONal, una nuova linea di abbigliamento professionale di alta qualità. Essa si distingue per l’icona delle tre tazzine Lavazza, bianca, rossa e verde: un messaggio di italianità, per un marchio che da sempre esprime eccellenza e che è ormai entrato nella tradizione, nella storia e nel costume degli italiani. Per tale progetto l’agenzia Menabó si è classificata al primo posto nella sezione Corporate Identity – categoria Product.
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de “il Sole 24 Ore”. La seconda lezione è in programma giovedì 18 giugno a Catania (ore 16), all’interno del Monastero dei Benedettini (Aula Magna Santo Mazzarino, piazza Dante 32), storico luogo, oggi sede dell’Università di Lettere e Filosofia. Relatore sarà Giorgio Calabrese, che parlerà di Sicurezza alimentare. Conduttore dell’evento, il famoso divulgatore enogastronomico e giornalista televisivo Bruno Gambacorta. Il terzo e ultimo appuntamento con “Lezioni d’Europa” vedrà invece protagonista Emma Bonino, che chiuderà il ciclo di incontri lunedì 22 giugno a Milano (ore 18) alla Mediateca di Santa Teresa (via Moscova, 28). La Bonino tenterà di spiegare ai presenti il significato di Identità Europea. Conduttore dell’incontro sarà Giuseppe Sarcina, giornalista del “Corriere della Sera”. IN
ADCI premia Menabó per Burger King Importante riconoscimento a Menabó da ADCI, l’Art Director Club Italiano. L’agenzia è arrivata in nomination – short list con un progetto realizzato per Burger King. Si è trattato di un’azione di RP finalizzata al direct marketing in occasione del cinquantesimo compleanno di Whopper, il super panino dell’azienda, per enfatizzarne la “grandezza” del gusto, delle dimensioni e della qualità. Gli obiettivi di attention get e memorabilità nei confronti di opinion leader e giornalisti sono stati raggiunti attraverso la creazione del Think Whopper, un cuscino poggiatesta su cui riposare, rilassarsi e pensare in grande (da qui Think Whopper), che è la fedele riproduzione del panino simbolo dell’azienda. Think Whopper è stato realizzato in panno lenci imbottito e il packaging, in perfetta corporate identity, riproduce fedelmente l’incarto originale e integra la cartella stampa.
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COMPETENZA
Confidare | Silvia Marini
Incontri di
Stile
testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini
l’Orchestra Cherubini diretta da Riccardo Muti e recentemente con quella del San Carlo di Napoli. Come nasce la tua passione?
“Ho iniziato a cinque anni col pianoforte, lo strumento preferito di mio padre. Dopo cinque anni ho scoperto il flauto e ho capito che era il mio strumento. Tutto qui.” L’ultimo tuo successo è stato essere stata chiamata al San Carlo di Napoli.
“Senza dubbio sono stata molto contenta di suonare per un mese in un’orchestra tanto prestigiosa, dove mi sono trovata a mio agio in un’atmosfera amichevole e con Jeffrey Tate, maestro davvero molto cordiale.”
“Il primo impegno, ogni giorno, è suonare dalle cinque alle sei ore. Il flauto, come poi tutti gli strumenti, non va mai trascurato; poi insegno nella scuola ‘Mikrokosmos’ e anche questa è un’esperienza interessante perché anche nell’insegnamento si impara molto dagli allievi.” Abbiamo capito che di tempo libero non ne rimane tanto: riesci a fare sport?
Cherubini diretta da Muti. Eri emozionata?
Trovi il tempo per leggere, andare
Ravenna Festival 2008 sei stata chiamata per un concerto con la
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Quando non sei impegnata nei concerti quali sono le tue attività?
“Giocavo a tennis ma ci andava spesso di mezzo il polso che, per la musica, deve essere sempre perfettamente a posto; quindi ho abbandonato, ma mi piacerebbe ricominciare.”
A proposito di maestri. Durante
Giovane, bella, con un fisico da indossatrice, il sorriso aperto sul viso perfettamente “nature”, Silvia Marini contrappone alla semplicità e spontaneità dei modi un carattere volitivo e il temperamento di chi sa cosa vuole dalla vita. La sua passione viene prima dì ogni cosa: è la musica. Diplomata in flauto traverso col massimo dei voti continua a completare la sua formazione col maestro Trevisani e Sir James Galway. Premiata in numerosi concorsi nazionali, collabora con l’orchestra Città di Ravenna, quella dell’Accademia delle Opere di Milano, la Dante Alighieri e nel 2006 ha fatto parte della Moscow Chamber Orchestra; nel 2008 ha suonato con
dell’esecuzione, le abbia fatto segno di alzarsi, come si fa abitualmente coi musicisti che si sono distinti in modo particolare.
“A dire il vero ero molto preoccupata, prima di tutto perché entravo in una compagine affiatata e temevo fosse più difficile inserirmi, poi con un maestro come Muti, lo lascio immaginare!” Invece?
“Invece è stata una bellissima esperienza e l’occasione per imparare davvero tanto. Il Maestro ha una forte personalità e incute soggezione, ma il suo modo di dirigere è anche molto formativo; è esigente ma sa trasmettere lo stimolo per migliorarsi.” Silvia non si vanta dei suoi meriti e delle sue capacità ma chi ha presenziato al concerto ha visto come il maestro Muti, alla fine
al cinema, ascoltare altro tipo di musica che non sia quella che studi abitualmente?
“Amo andare al cinema ma non mi piacciono i film horror, quelli di fantascienza e quelli demenziali, tutti gli altri sì. Per quanto riguarda la musica l’ascolto in macchina essenzialmente e mi piace leggere: quando inizio un libro non riesco a smettere e non vedo l’ora di finirlo.” Torniamo alla tua musica. Hai un autore preferito?
“Li ho a periodi: ho avuto la passione per Bach, poi per Mozart… sono davvero tanti gli autori che amo suonare.” IN
Collezionare | Guido Francesconi
Per qualche pezzo in
Più
testo Antonio Graziani - foto Massimo Fiorentini
Guido Francesconi, ravennate, 78
anni, avrebbe voluto fare carriera militare nei Carabinieri. Non gli è stato permesso “per motivi di carattere familiare”, dice: si capisce però che non aveva il consenso del padre. Ma l’amore per l’Arma era tanto grande, che quando è stato in condizioni di poterlo fare, ha cominciato a raccogliere ogni tipo di cimeli dei Carabinieri, dalle co-
razze agli elmi, dalle divise storiche alle uniformi, dalle medaglie agli stemmi. La sua collezione è diventata così importante da essere la più ricca e prestigiosa d’Italia. Comprende pezzi che mancano dallo stesso museo storico dell’Arma. “Alcuni hanno un grande valore storico - afferma con orgoglio. Per esempio, ho una bandiera dello squadrone di scorta del viceré d’Etiopia, sulla quale c’è l’autografo di Amedeo di Savoia.” Quando è stato travolto dalla passione per questi cimeli, l’insistente ricerca ha portato Francesconi a frequentare mercatini, visitare caserme e gli stessi carabinieri in pensione, a partecipare a convegni di abbigliamento militare. Girando l’Italia con la sua orchestra (è stato un valente suonatore di tromba) la prima cosa che faceva era una puntatina nella caserma locale e nei mercati dell’antiquariato delle città dove era chiamato a suonare, per scoprire sempre oggetti o divise vecchie. “Ora mi conoscono tutti
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i commercianti di questi articoli.
Quando gli passa per mano qualche oggetto che pensano manchi alla mia collezione, mi chiamano subito. E qui comincia la sofferenza di dover mettere d’accordo la passione del collezionista col costo del pezzo.” Vince sempre la passione. “Ma prima telefono a mia moglie, che non mi ha mai negato un acquisto”. Francesconi è, infatti, riuscito a coinvolgere la moglie Lillia in questa avventura, da essersi trasformata, non solo in consulente, ma addirittura in regista delle mostre che il marito è chiamato ad allestire in tutta Italia, a cominciare dalle grandi ricorrenze nazionali dell’Arma. “Il panorama generale e l’impostazione della
sala dell’esposizione è frutto della creatività di Lillia”, dice con soddisfazione. Il collezionista ravennate possiede numerosi pezzi pregiati. “Difficile fare una classifica, ma posso dire che sono molto affezionato a due caschi coloniali, uno del 1886, l’altro del 1894, che venivano usati in Africa. Ho anche un cappello cosiddetto ‘alla boera’, simile a quelli dei boy scout. Questo è un pezzo veramente unico, che non si trova neanche nel Museo nazionale.” Con le mostre, Francesconi ha l’orgoglio di portare la storia dei Carabinieri a domicilio, dopo averla acquisita attraverso la lettura di libri e lo studio specifico di ogni articolo, per dotarlo di una veritiera didascalia storica. IN
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