Ravenna IN Magazine - 3/2009

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00

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Giuliano Babini Ibride tenerezze Dal mondo a Ravenna Trasferte di successo Lo Stato Pontificio 1859: un’estate “italiana” ®

AnnoVIII - N. 3 - AGOSTO 2009

Rita

Mazzillo

La Romagna mi ha conquistata


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Editoriale |

Brindiamo alla

Romagna

di Andrea Masotti

delle sue più ferventi promotrici e rappresentanti. Ne risulta un fatto chiaro: chi arriva qui, fa poi molta fatica ad andarsene e comunque, se questo accade, se ne va con molto più di un bel ricordo. Ce lo confermano le sei donne straniere che abbiamo scelto come testimonial dei tanti nuovi cittadini che, per scelta di vita o di lavoro, si sono stabiliti a Ravenna e che, con maggiore o minore difficoltà, si stanno inserendo in un contesto sociale in cui ospitalità e accoglienza sono da sempre parole d’ordine. Ci sembra un bel segnale, specialmente ora, in cui c’è più che mai bisogno di gente che abbia voglia

Una romagnola adottiva, ma che può ormai considerarsi nostra conterranea a tutti gli effetti, apre questo numero estivo di “IN Magazine”: è Rita Mazzillo, alla guida della Ca’ de Vén, locale tra i più celebri di Ravenna e non solo, metà di “indigeni” e turisti, che lei ha saputo brillantemente condurre in questi anni, insieme ai suoi collaboratori, rinnovandolo profondamente. La storia della signora “de Vén” è davvero affascinante: abbiamo scoperto come si sia pian piano appassionata alla Romagna, diventandone, dopo anni di lavoro nel settore della ristorazione, alternati all’approfondimento dei tesori storici e culturali del nostro territorio, una

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di fare, d’impegnarsi seriamente. Le risorse umane, insieme alla continua innovazione, sono l’unica strada percorribile per uscire, più forti di prima, dalla crisi mondiale in corso. Abbiamo davanti alcune settimane di meritata pausa, dopo una prima parte di 2009 non certo semplice; e l’autunno che ci attende sarà davvero decisivo, complicato quanto stimolante. Cosa ci aspetta davvero non è neppure opportuno immaginarlo, perché gli ultimi mesi hanno scombussolato decenni di (false) certezze. Di sicuro Ravenna, e il territorio, hanno nel loro dna le risorse per farcela. E su questo numero abbiamo voluto dare un piccolo segnale, positivo come è nelle caratteristiche della nostra rivista. Un breve viaggio tra alcune aziende “in controtendenza”, che in questa fase economica hanno saputo rilanciare, investendo in prodotti e uomini. La storia, l’arte, la gastronomia, insieme alle rubriche in chiusura di rivista, completano il numero, offrendo tanti altri ricchi spunti, che vi invitiamo a scoprire, concedendovi una pausa intelligente nel caldo d’agosto. Buona lettura!

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Sommario 3

Editoriale |

6

Annotare | Brevi IN

12

Essere | Rita Mazzillo

18

Approfondire | Aziende “in controtendenza”

22

Migrare | Dal mondo a Ravenna

26

Creare | Giuliano Babini

30

Ricordare | Lo Stato Pontificio

18

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26

Gustare | Ristorante Luciano

40

Vedere | Nicola Samorì

42

Confidare | Stefano Rossi

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46

Collezionare | Duilio Donati Vincere | Alberto Servidei

48

Incontrare | Roberto Spadoni

50

Scegliere | Shopping

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 47100 Forlì tel. 0543.798463 fax 0543.774044

www.inmagazine.it inmagazine@menabo.com Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU) Direttore Responsabile: Andrea Masotti. Redazione centrale: Giulia Bazzocchi, Andrea Biondi, Francesca Renzi. Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli, Alberto Mantellini, Sara Ravaioli. Ufficio commerciale: Roberta Missiroli. Collaboratori: Lidia Bagnara, Roberta Bezzi, Pier Antonio Bonvicini, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Fiorentini, Antonio Graziani, Claudia Graziani, Massimo Montanari, Aldo Savini, Gianmaria Zanotti. Chiuso per la stampa il 5/8/2009

Impaginazione: Emanuele Dall’Acqua

IN Magazine | 5


Annotare | Brevi IN

Donazione del Rotary Club

Ravenna - “La barella doccia donata a maggio dal Rotary Club Ravenna Galla Placidia è più che mai utile”, ha detto Liviana Maretti, coordinatrice della Casa Protetta S. Chiara. La donazione del Club, resa possibile grazie alla raccolta fondi effettuata nel corso della precedente annata rotariana, rientra nei services attuati a favore della comunità locale.

Trofeo Anneau d’Or: Bartorelli celebra

Patek Philippe

Milano Marittima - Lo scorso luglio, in occasione di uno degli appuntamenti sportivi più glamour della Riviera romagnola, il prestigioso Trofeo Patek Philippe Anneau d’Or, all’Adriatic Golf Club di Cervia, le vetrine della boutique Bartorelli Gioielli hanno esposto le collezioni Patek Philippe, tra cui quella presentata all’ultimo Salone di Basilea. Golfisti e appassionati d’orologi, inoltre, hanno potuto ammirare anche al ristorante La Frasca 24 modelli in oro rosa, in occasione della cena organizzata per i clienti della maison Bartorelli: un abbinamento ideale tra alta cucina e alta orologeria.

A Riccardo Muti la chiave di Sarajevo

Una lunga notte fra l’oro dei

Sarajevo - Momento di grande commozione, la sera del 13 luglio, quando il sindaco Alija Behmen ha donato al Maestro la chiave della città. Alla fine del concerto, intitolato Children together, che ha visto affluire all’Olympic Hall Zetra circa 9000 persone, Muti ha avuto il riconoscimento che testimonia stima, fiducia e gratitudine da parte della città che nel ’97, a guerra appena finita, aveva invocato la sua presenza e lo aveva visto accorrere e portare con la musica una nota di speranza, come dicono le parole di Zlatko Dizdarevic: “Con l’Eroica abbiamo sconfitto, per la prima volta dalla guerra, il dramma dell’umiliazione”. “Maestro Muti - da detto il Sindaco oggi le consegno la chiave della città ma la porta lei l’aveva già aperta 12 anni fa”. (A.D.L.)

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Ravenna - La Notte d’Oro si rispecchia nella luce dei mosaici. Una notte da vivere insieme per le strade e le piazze della città: la grande festa dell’autunno, fino alle prime luci dell’alba. Sabato 10 ottobre si parte dal tardo pomeriggio. Quattro i percorsi principali: il tema del Mosaico, oltre alle inaugurazioni del Primo Festival del Mosaico Contemporaneo, accompagneranno il pubblico lungo il centro storico con mostre, installa-

Mosaici zioni, laboratori e visite guidate. La Musica aspetta i visitatori in Piazza del Popolo alle 23, col concerto di Cesare Cremonini. Ma anche luoghi celebri come le antiche basiliche e i sagrati diventeranno palcoscenici musicali. Il terzo tema sarà dedicato a Racconto e Poesia: incontri con autori, reading e laboratori di scrittura. Al Teatro Alighieri Ravenna Poesia alle 21 proporrà NonSoloSanRemo: poeti per la canzone, mentre Komikazen, Festival Internazionale del Fumetto di Realtà, racconterà attraverso le immagini storie inconsuete. I chiostri della Classense accoglieranno le anticipazioni notturne dell’Open Day delle biblioteche. L’appuntamento col Mistero si svolgerà al Centro Congressi di Largo Firenze, con Eraldo Baldini e altri noti scrittori. L’incontro sarà preceduto dalla Passeggiata del Mistero, negli scenari di eventi delittuosi accaduti a Ravenna nel corso dei secoli. www.lanottedoro.it.


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Sapori, colori e profumi di

Il gladiatore dimenticato di Eraldo Baldini

Matteo Casadio

Cervia - “Con questo libro vorrei trasmettere le emozioni che si possono provare vivendo per quattro stagioni tra saline, pineta, spiaggia e mare.” Sono le parole dello chef (e fotografo) Matteo Casadio, alla guida del ristorante Kalumet in centro di Milano Marittima, dove l’intera brigata di cucina si è trasferita in seguito all’incendio che ha distrutto la storica palafitta sul molo cervese. Cervia e Milano Marittima. Sapori Colori Profumi (Foschi Editore, euro 28,00) non è solo un libro di ricette, perché l’autore ha affiancato a preparazioni e immagini dei piatti realizzati un ricco patrimonio fotogra-

Rudy Travagli

miglior sommelier di

Ravenna - Cosa lega la storia della città all’evento che esattamente 2000 anni fa fu uno dei grandi spartiacque della storia europea? In un giorno di primo autunno del 9 d.C., le armate germaniche guidate dal condottiero Arminio sconfissero nella selva di Teutoburgo, nella Germania settentrionale, le legioni di Quintilio Varo, bloccando per sempre l’espansione romana nel cuore d’Europa. Qualche anno dopo, la moglie di Arminio, Tusnelda, fu catturata dai Romani, e il figlio nato in prigionia, Tumelico, venne portato da Roma a Ravenna, dove visse la propria esistenza e, secondo la leggenda diffusa nella cultura tedesca, divenne gladiatore. Instancabile ricercatore di tutto ciò che è nascosto nelle pieghe della storia ravennate, Eraldo Baldini dedica a questi eventi un agile ma ben documentato volume, dove la vicenda di Tumelico è sottoposta a una disamina dall’ineccepibile rigore storiografico. Un libro che getta luce su una storia dimenticata riscoprendo al contempo uno dei tanti aspetti che nei millenni hanno intessuto la trama dei rapporti privilegiati fra Ravenna e il mondo germanico. Eraldo Baldini, Il gladiatore dimenticato. Mito e realtà nella vicenda di Tumelico, figlio dell’eroe germanico Arminio, Longo, pp. 118, € 14,00. (A.C.)

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Rimini - Originario di Cervia, sommelier con esperienze professionali in ristoranti stellati in Toscana e

Dante09 tocca al

Paradiso

Rimini - “Comincian per lo ciel nove parvenze” (Paradiso, canto XIV, verso 71): torna dal 3 al 6 settembre 2009, con la direzione artistica di Davide Rondoni, Dante 09. La quarta edizione, s’ispira a questo verso della terza cantica della Commedia. Il programma della manifestazione è come sempre denso: dagli incontri nel tardo pome-

fico della vita di Cervia e del territorio, fatto di tramonti sulle saline, campi di girasole, giorni di bonaccia e mare in burrasca. Un percorso emotivo tra ambiente, cultura, tradizioni e buona cucina. www.foschieditore.com

Romagna Inghilterra, attualmente Direttore del ristorante “Kalumet in centro” di Milano Marittima, Rudy Travagli è il Miglior Sommelier di Romagna 2009. La finale del concorso, si è svolta a inizio giugno al Grand Hotel di Rimini. Al secondo posto Vincenzo Donatiello, sommelier de La Frasca di Milano Marittima, mentre al terzo gradino del podio è salito Simone Rosetti, sommelier dell’Hotel Gallia di Milano Marittima.

riggio in Piazza del Popolo alle serate con protagoniste le arti, fra tutte la poesia. Tra i protagonisti: Alberto Bevilacqua, Sergio Zavoli, Gianni Riotta, Italo Cucci, Anna Galiena, Remo Girone e Tosca. Dante09 si conclude con la terza edizione del Premio Casella. Il vincitore di quest’anno è David Riondino, artista poliedrico sempre attento al valore popolare e comune della canzone, tra ironia e canto. www.dante09.it



Una città raccontata e illustrata

Ravenna - Regina del silenzio. Così Pierluigi Moressa, medico psichiatra e giornalista pubblicista, profondo conoscitore della storia locale, appella Ravenna, alla quale è dedicata questa Guida storicoartistica (Foschi Editore, 2009, pagg. 224, euro 15,00) arricchita dalle illustrazioni di Sauro Rocchi. Con sapienza e sguardo ammirato i due disegnano il profilo regale della città del passato e il suo splendore presente, realizzando una guida preziosa per una visita alla città, ma che sa evocare il fascino di luoghi, personaggi ed emozioni di uno dei maggiori gioielli urbani d’Italia. www.foschieditore.com

“GiovinBacco” 2009 a novembre Ravenna - “GiovinBacco in Festa”, appuntamento dedicato al Sangiovese di Romagna, alla settima edizione, passa da due a tre giorni e porta espositori e visitatori al Pala De André. Oltre all’offerta dei produttori, tornano laboratori del gusto, incontri e iniziative collaterali. Altre novità, entrambe in cantiere per venerdì 6 novembre: la Festa del Novello e il Premio Piadina d’Oro. La Festa è un appuntamento col vino nuovo, stappato e degustato con caldarroste, ciambella e altre specialità del territorio. Il Premio Piadina d’Oro è organizzato da CNA e Confartigianato per promuovere questo prodotto tipico. Da venerdì a domenica (ingresso € 10,00 - riduzioni € 8,00) esposizione e degustazione anche di prodotti d’eccellenza della Romagna e dei più noti Presidi Slow Food del territorio. www.giovinbacco.it

10 | IN Magazine

La foto di

Licinio Farini

Ravenna - Poco sappiamo della vita di Licinio Farini (1840-1917), se non che era discendente di un ramo della nobile famiglia di Russi trasferitosi a Ravenna nel ’700, che era laureato in Matematica e Storia Naturale, che insegnò per anni all’Istituto tecnico e al Liceo classico. Quello però che abbiamo ricevuto da lui è un patrimonio culturale: circa 1200 negativi fotografici su lastre di vetro che impresse, a fine ’800, nella sua attività di fotografo dilettante, con ritratti, nature morte e soprattutto vedute paesaggistiche scattate fra campagna, città e mare. Donato dagli eredi al Comune di Russi nel 2001, il fondo è stato re-

centemente oggetto di una mostra e sarà in futuro disponibile on line in OPAC. Il volume edito per iniziativa del Comune ne presenta un piccolo campione, con un apposito corredo di interventi critici coordinati da Giuseppina Benassati. Il mondo in una stanza. Licinio Farini fotografo pittorialista, a cura di Giuseppina Benassati, Longo, € 25,00. (A.C.)

La serata della Taranta al

Cervia - Amore per le tradizioni della terra salentina, desiderio di proporle in Romagna, dove hanno scelto di lavorare, impegno umanitario: sono il mix che contraddistingue Francesco Iasi e Mario Buia, giovani titolari del ristorante Al Pirata. Dinamici perché hanno saputo coniugare buona cucina e iniziative culturali, legandole alla raccolta di fondi per aiutare chi è in difficoltà. Non ultima quella effettuata recentemente a favore delle popolazioni d’Abruzzo. Inoltre, hanno un legame d’amicizia con l’Inter-

Pirata

national Police Association di Ravenna, che aiuta i figli dei poliziotti caduti in missione, in particolare nei paesi dell’Est. Tra le attività di maggior successo, che ripropongono anche quest’anno, il 25 agosto, la Serata della Taranta. Francesco e Mario, sulla scia dell’omonimo famoso Festival nel Salento, celebrano e contribuiscono a tenere viva la cultura di quei luoghi, favorendone la conoscenza attraverso la “pizzica”, musica che scandiva l’antico rituale di cura dal morso immaginario della tarantola, il pericoloso ragno velenoso. Al suono dei tamburelli si accompagnava un ballo ossessivo e ripetitivo, che contribuiva ad esaurire il veleno. Così, in una notte d’estate, trasformano il ristorante in una miniatura di suoni, sapori e colori del leccese, creando una magica e coinvolgente atmosfera. Il gruppo che quest’anno si esibisce è “Alla Bua”, nato nel 1990. (C.G.)


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Essere | Rita Mazzillo

La signora

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testo Anna De Lutiis foto Lidia Bagnara

Milanese d’origine, ravennate d’adozione. Rita Mazzillo, prima donna sommelier professionista in Romagna e chef, ci racconta la sua affascinante storia e i progetti futuri legati al celebre locale che gestisce ormai da qualche anno, tra gli emblemi del nostro territorio.



Intervistarla è stato un piacere perché il suo parlare, veloce, concreto, razionale, corrisponde esattamente al suo modo di muoversi, rispondere e servire i clienti, sempre attenta ad avere la visione completa di quanto accade in quello che oggi è il suo regno: la Ca’ De Vén. Rita Mazzillo è persona eclettica che, fuori dalla portata di piadina e affettati, sa parlare con disinvoltura dei monumenti di Ravenna, delle numerose attività culturali che qui si svolgono, dei personaggi della città. E dire che è ravennate di adozione. “Sono milanese d’origine. Frequentavo l’università dove conobbi mio marito, siciliano. Lui si laureò. Io, invece, non terminai gli studi. Trovò lavoro a Ravenna, nel settore industriale: si occupava di progettare i carichi sulle navi, e qui venimmo ad abitare. La prima abitazione fu a Milano Marittima ma io raggiungevo Ravenna ogni mattina per portare a scuola i bambini. Era una città che mi stava stretta, se confrontata con Milano: parliamo di una Ravenna di circa 40 anni fa. Ma, nell’attesa che i bambini finissero le lezioni, cominciai a girare per le vie, per i piccoli vicoli che mi affascinavano, visitavo chiese e monumenti; giorno

dopo giorno, imparai a conoscerla, forse meglio degli stessi ravennati, me ne innamorai e, anche quando ci furono occasioni per trasferirci, decidemmo di restare qui.” Sorprende davvero quanto ci racconta perché, quando non è tradita dall’accento, Rita sembra romagnola, anzi ravennate, per il suo modo sicuro di parlare delle tradizioni, dei piatti tipici, dei vini. Conoscere la

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Rita Mazzillo ritratta alla Ca’ de Vén: la sua gestione ha rappresentato una svolta per il locale.

città le ha permesso, in seguito, un inserimento più veloce, soprattutto quando vi si stabilì definitivamente. Spesso si recava alla Drogheria Bellenghi, che l’affascinava non solo per quanto vi si poteva acquistare ma per il luogo in sé, parte del noto edificio storico, Palazzo dei Polentani, in seguito Palazzo Bellenghi, edificato presumibilmente prima del 1318 (come scrive Corrado Ricci) da Guido Novello, ma soggetto a ripetuti interventi che ne hanno modificato parzialmente la struttu-

ra. Rita racconta di essersi soffermata spesso a guardarsi intorno, ad ammirare gli affreschi ottocenteschi della volta “a ombrello” in cui si rincorrevano graziosi motivi ornamentali che spaziavano dai segni zodiacali agli uccelli tipici del territorio a paesaggi, tutti compresi in festoni decorativi. “Pensai subito che sarebbe stato bello se fosse diventato un ristorante, ma mai avrei

immaginato che questo mio pensiero sarebbe diventato realtà.” Intanto, col passare del tempo, Rita, don-


na instancabile, aveva iniziato a lavorare a Bologna come chef, dopo aver frequentato scuole specializzate nel settore, conservando il ricordo di famiglia di un’antica osteria gestita dai nonni. Fu allora che ebbe l’idea di un piccolo ristorante, “Ai Capannetti”, nel romantico vicolo omonimo, che in breve tempo divenne punto d’incontro per discutere di cultura e arte, di musica e politica, mangiando piatti raffinati fatti con prodotti tipici, e gustando ottimo vino. “Ai Capannetti venivano letterati, vennero Vittorio Sgarbi, Tonino Guerra, Simona Marchini, Vittorio Gassmann, molto spesso Cristina Muti coi suoi ospiti, molti artisti dopo lo spettacolo, perché avevo dato al piccolo locale una impronta raffinata ma allo stesso tempo disinvolta e l’apertura si prolungava fino a tardi. Si andò avanti per circa 14 anni durante i quali ebbi modo di allargare le mie conoscenze e inserirmi ulteriormente nell’ambito cittadino.” Il passaggio alla gestione della Ca’ de Vén avvenne quando Pasquale Petroncini, che aveva rappresentato l’anima del locale, venne meno inaspettatamente e prematuramente; fu allora che

l’Ente Tutela Vini le chiese di subentrare perché vedeva in lei le necessarie capacità per dare nuovo input al ristorante e far “decollare” i vini romagnoli: nel frattempo, infatti, la curiosità e il desiderio di conoscere a fondo le cose aveva portato Rita a frequentare numerosi corsi dai quali era uscita diplomata sommelier, qualifica che ha ulteriormente

Un sogno? Tavoli all’aperto completato al punto di diventare, come lei stessa conferma, la prima donna sommelier professionista in Romagna. Ma la conoscenza dei vini l’ha portata ad appassionarsi alla ricerca e riscoperta di quelli fatti con vitigni autoctoni, come il Burson e a programmare incontri per gruppi “ridotti” per la degustazione di vini, anche quelli provenienti da altre regioni e paesi, scoperti personalmente, senza mai trascurare il Sangiovese, che ritiene a pieno diritto il re dei vini di Romagna. Rita scherza sulla necessità di saperne sempre di più e cita una frase di Edoardo De Filippo “Nella vita gli esami non finiscono mai”. Il suo arrivo alla Ca’ de Vén diede una svolta non solo al menu abituale, che andò ad arricchirsi, ma anche al modo di bere vino, al bicchiere, per degustarlo con


Rita insieme alle sue due preziose collaboratrici, Maria Grazia Guidi e l’americana Yvonne Doris Moulder. Sotto, scorcio delle librerie e del soffitto affrescato del locale.

tranquillità guardandosi intorno e gustando a pieno l’atmosfera calda e accogliente che caratterizza il locale. Cominciò anche a caldeggiare l’idea della ristrutturazione non solo della zona cucina ma anche del soffitto del cortile, che oggi sfoggia una volta di cristallo architettonicamente complessa ma perfetta ed elegante, opera progettata dall’architetto Mauro Ruscitti con la collaborazione dell’Ente Tutela Vini di Romagna. “La ristrutturazione è stata lunghissima e impegnativa, siamo andati avanti per un anno. Era necessario seguire da vicino il lavoro delle maestranze perché solo chi avrebbe lavorato nel locale poteva conoscerne le esigenze. Trascorrevo intere giornate a seguire loro e, affacciandomi sul portone, a rispondere alla consueta e insistente domanda ‘ma quando riapre la Ca’ de Vén?’. È stato necessario intervenire anche sui tubi che forniscono acqua calda e sul circuito elettrico. Certamente il restauro più visibile riguarda gli affreschi, oggi davvero splendenti nei loro colori originali, ma all’interno sono state davvero tante le modifiche, che oggi rendono il locale più funzionale.” Rita non si arrende ancora e, dal momento che le mancava la conoscenza specifica dei formaggi si è

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iscritta all’Università di Piacenza dove si tiene un corso di perfezionamento proprio sulle origini e le caratteristiche dei formaggi. Le chiediamo se ha nella sua fervida mente un ulteriore progetto. Risponde senza esitazione: “Il mio è un sogno, più che un progetto, vorrei tanto poter far respirare all’aperto la Ca’de Vén, con tavolini fuori, nella stradina laterale Guido da Polenta, in modo da accontentare chi ama mangiare la piadina al fresco, oppure sotto le stelle. Ci stiamo muovendo in questa direzione, speriamo di avere il permesso dai

vari organi competenti.” Sarebbe bello poter rivivere l’atmosfera di una volta, quando poco distante si ergeva la locanda Rizzetti (oggi al suo posto c’è la Biblioteca Oriani). Dove aveva soggiornato Byron, che aveva sorseggiato un vino forse meno buono di quello di oggi, seduto al tavolino, proprio in Piazza San Francesco; ammirando, in quella che oggi è denominata “Zona del Silenzio”, i luoghi che avevano ospitato Dante mentre scriveva la Commedia; e mentre attendeva di incontrare Teresa Guiccioli, la donna di cui si era innamorato. IN

La Ca’ de Vén oggi Gestita da Rita Mazzillo, con la valida collaborazione di Maria Grazia Guidi e da Mrs. Moulder, la sua cucina dalla nascita ad oggi si è andata arricchendo di numerosi piatti, basati essenzialmente su prodotti locali. Partita con vino, piadina e affettati oggi offre anche cappelletti al ragù oltre a vecchie e nuove ricette frutto di una continua ricerca e di un continuo confronto e collaborazione tra Rita e lo chef Gianni Avveduti. C’è un angolo particolare, un po’ appartato, con piccoli tavoli schermati da una libreria con libri che raccontano di vini, cucina e tradizioni. È per chi si ferma a bere un bicchiere e trascorrere mezz’ora chiacchierando, per l’intellettuale che ama centellinare i pensieri insieme al vino, per chi cerca un angolo discreto per rilassarsi leggendo il giornale e sbirciando, di tanto in tanto, chi affolla il locale, mentre si diletta al profumo della piadina preparata, poco più in là, da mani esperte.


PH. MARCONOFRI AD. ANTONELLA FREZZA

Via Romea, 58 - 48100 Ravenna tel. 0544 64265 fax. 0544 63555 www.arredareinsieme.net


Approfondire | Aziende “in controtendenza”

La crisi batte, noi

Rispondiamo

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

In una fase economica in cui disoccupazione e calo dei profitti sono sempre più all’ordine del giorno, la provincia di Ravenna si dimostra territorio ancora fecondo. Lo testimoniano alcune aziende locali, che nei loro rispettivi settori, progettano nuovi prodotti e investono per crescere ancora.

Disoccupazione, aumento dei costi, calo della produzione: questo è il nuovo vocabolario della recessione. Eppure la provincia di Ravenna si dimostra un territorio fecondo sotto il profilo imprenditoriale con aziende di varie dimensioni e operative in diversi settori che vanno controtendenza. A cominciare da un colosso che qui ha uno dei suoi stabilimenti, il Gruppo Marcegaglia che scommette sulla ripresa del mercato dell’acciaio. La sede ravennate si appresta a raddoppiare la produzione ed assumere nuovo personale. Il progetto pre-

vede interventi d’ampliamento per circa dieci ettari coperti, di cui sei sono già stati realizzati. Si stanno completando i lavori relativi ai capannoni e sono partiti quelli per gli impianti. Il tutto per un investimento complessivo che supera i 300 milioni di euro. La lavorazione dell’acciaio passerà da 1,2 milioni di tonnellate annue a 2, mentre i

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processi di zincatura arriveranno a un raddoppio della produzione, passando da 800 mila tonnellate a 1,6 milioni. Attualmente nello stabilimento di via Baiona lavorano 700 dipendenti diretti ai quali si aggiungono altre 300 unità (fra facchini e dipendenti di aziende varie). Al termine dei lavori, il Gruppo guidato da Steno ed Emma Marcegaglia prevede di assumere direttamente altri 300 dipendenti, mentre il personale terzo è destinato a raddoppiare. La prima ondata d’assunzioni arriverà nel 2010 e interesserà soprattutto tecnici del comparto meccanico e dell’elettronica. Sul fronte dell’innovazione, merita una citazione la ravennate Chic Trading che nel 2007 ha lanciato Napkin, nuova linea di prodotti e accessori compressi, protetti da modelli di design tutelati in tutta Europa e in diversi paesi al mondo, pratici, moderni ed efficienti,

adatti a svariati usi: dai ristoranti ai centri estetici, in auto, per il bagnetto e il cambio del neonato, per il trucco e l’igiene personale, ma anche per le pulizie domestiche e in viaggio. Tecnicamente si tratta di telini in viscosa 100% naturali e biodegradabili, liofilizzati e ridotti ai minimi termini, alla stregua di una compressa. La “magia” inizia quando entrano a contatto con l’acqua e si reidratano del 400% in pochi secondi, con un effetto sbalorditivo per chi se li trova davanti. Spostandosi a Castelbolognese c’è la Comecer che, nata negli anni ’70, ha iniziato creandosi una grande esperienza nel nucleare, progettando e realizzando per Enea prodotti per il contenimento e la protezione da radiazioni nelle centrali. Negli anni ’80, a seguito del cambio di politica, in Italia, nei confronti dell’energia nucleare, l’azienda ha trasferito il proprio



A fianco, da sinistra, Luigi Bravi mostra la linea dei prodotti Orva vita, nuova gamma dell’azienda di Bagnacavallo; Alessia Zanelli negli stabilimenti di Comecer di Castelbolognese. Sotto, Giorgio Del Prato, AD di Deco Industrie di Bagnacavallo. In apertura momenti di lavoro alla Unitec di Lugo e alla Deco.

know-how nel settore medicale, in particolare sulle nuove tecnologie di diagnostica oncologica. L’organico attuale è di oltre 160 unità e il trend di fatturato è di crescita costante. “Siamo leader su scala mondiale nel radiofarmaceutico, esportando il 70% del prodotto spiega il direttore generale Alessia Zanelli. Le prime otto università al mondo, che sviluppano ricerca nella medicina nucleare, utilizzano laboratori Comecer. Fra i nostri abituali partner nella ricerca ci sono importanti atenei americani, come quelli del Wisconsin e MD Anderson di Houston, mentre in Italia ricordiamo il San Raffaele di Milano e l’Istituto Europeo di Oncologia.” Negli ultimi anni, Comecer si è impegnata a fondo anche nella “Isolation Technology”, ovvero la realizzazione di isolatori che garantiscono la perfetta sterilità delle linee di produzione di farmaci. A Bagnacavallo, Deco Industrie rappresenta un’oasi felice per investimenti e occupazione. Uno sguardo ai dati è significativo. Dal

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2002 a oggi il fatturato, equamente suddiviso fra settore alimentare e detergenza, è cresciuto da 57 a 92 milioni di euro, mentre sono stati investiti oltre 17 milioni in innovazione di prodotto, di processo e differenziazione (soprattutto con

l’acquisizione dello stabilimento e del marchio Scala nel 2003). Positivo anche il versante occupazione, con un aumento di oltre il 50% con quasi 350 dipendenti, di cui più della metà soci della cooperativa. La carta vincente del 2009 è la nuova linea di biscotti salutistici “Easy Life”, frutto di una lunga ricerca nata nel 2005 in collaborazione con le università di Milano e Bologna, e cosiddetti “Biscotti ricchi” e di pasticceria, con farcitura di creme. “Malgrado l’incremento dei prezzi delle materie prime e dei costi effettivi di produzione, siamo riusciti a gestire questo trend negativo con interventi mirati sulla produzione - ha illustrato l’amministratore delegato Giorgio Dal Prato. A seguito della dismissione di una linea alimentare poco produttiva, quella dei cracker, si è

dato più spazio a quella nuova dei biscotti e alla produzione di detersivi industriali con il marchio Scala Professional, con cui è stato avviato il progetto Detergenza I&I, in collaborazione con Dubois Chemical. A ciò si aggiunge l’attenzione per la riduzione dell’impatto ambientale con imballaggi più leggeri, riciclati e riciclabili. In questo modo, siamo riusciti ad aumentare il fatturato e il margine operativo lordo.” Sempre a Bagnacavallo, ha appena festeggiato i trent’anni di attività l’Orva, diventata industria di primaria importanza nel comparto dei pani morbidi e sostituti del pane, imponendosi sul mercato con proprio marchio e come copaker di aziende leader della grande distribuzione e dell’indu-


A fianco, rotoli di acciaio negli stabilimenti ravennati di Marcegaglia. Sotto, alcuni prodotti della linea Napkin Bathrobe, realizzati dalla Chic Trading di Ravenna.

stria. In collaborazione con Istituti universitari e con il CNR, ha sviluppato una gamma di prodotti ad alto contenuto tecnologico, dal pane salutistico della linea Orva vita, con il betaglucano che aiuta a ridurre il colesterolo, al pane e piadina ricche di fibre per il benessere dell’intestino, alla linea Orva bio. “Le caratteristiche che hanno permesso la crescita - commenta il titolare Luigi Bravi -, si possono riassumere in tre elementi fondamentali. Offrire dei plus rispetto ai concorrenti agendo sulla leva del rapporto qualità-prezzo, garantire un servizio veloce nell’evasione degli ordini e, soprattutto,

sfruttare la leva della creatività e fantasia delle risorse umane, vale a dire innovazione. Entro fine anno sarà installata una nuova linea completamente automatica per la produzione del pane per tramezzini, con un investimento di oltre due milioni di euro, e l’organico verrà ampliato.” Ha sede a Lugo, invece, la Unitec, leader internazionale nella costruzione di macchine e impianti per la lavorazione dell’ortofrutta che, in quindici anni, ha moltiplicato per dodici il proprio fatturato, portandolo da 1,5 a 18 milioni di euro. Nonostante la crisi, l’azienda continua tutt’ora ad assumere ed è la prima a cogliere al volo l’iniziativa “Premio Ipr”, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio

di Imola e da Innovami, che mette a disposizione 100 mila euro alle imprese impegnate in processi di brevettazione internazionale. Meritano una segnalazione anche altre due piccole aziende ravennati, a cui sono andati gli oscar dell’eccellenza della CNA Emilia Romagna, per aver ottenuto le migliori performance nel 2008 grazie all’adozione di pratiche manageriali innovative. Si tratta di Delta Srl che progetta, produce e installa quadri elettrici di distribuzione e automazione e di Energy Casa, fondata nel 2003 da sette soci, che opera nel settore dell’installazione e manutenzione di impianti di riscaldamento e condizionamento, specializzandosi nell’ambito del risparmio energetico. IN

L’assemblea 2009 di Confindustria Ravenna L’assemblea annuale di Confindustria, per il presidente Giovanni Tampieri, è stata l’occasione per far luce su come affrontare l’attuale crisi economica. “Non ci sono alternative all’economia di mercato che ha dimostrato di essere il modello migliore di produzione e distribuzione della ricchezza - ha spiegato lo scorso 19 giugno. Oggi gli stati sono chiamati a ridefinire le regole e a garantirne il puntuale rispetto lasciando però all’impresa e al mercato il compito di produrre ricchezza, creare innovazione, scoprire nuove frontiere. Guai a teorizzare una nuova statalizzazione.” Il territorio ravennate è fatto di piccole e medie imprese che, secondo Tampieri, devono continuare a crescere attraverso internazionalizzazione e innovazione per rimanere competitive. Ha poi ricordato il progetto Ravenna2030 - Il futuro è adesso, lanciato nel settembre 2008, che vuol essere “il contributo degli imprenditori ravennati per il futuro sviluppo socio-economico del territorio nei prossimi decenni.”

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Migrare | Dal mondo a Ravenna

Trasferte di

Successo

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

Mosaicista, impiegate, regista, ricercatrice e cameriera. Queste le occupazioni di sei cittadine straniere che hanno scelto Ravenna per lavorare e, in certi casi, stabilirsi. Le abbiamo scelte come rappresentanti della popolazione straniera femminile presente in città e nel territorio in numero sempre maggiore.

Stephanie Jurs, americana della Ca-

lifornia, fa la mosaicista. Giulianna Campodonico Delgado, italo - peruviana, è impiegata presso un’agenzia di spedizioni portuali. Menna Price, gallese, fa la regista teatrale. Shimrit Perkol Finkel, israeliana, ha una borsa di studio come ricercatrice. Lo Fatou Boro, senegalese, è impiegata presso la CNA. Marcela Movileanu, doppia nazionalità, moldava e romena, ha un contratto stagionale da cameriera. Sono una rappresentanza delle donne che hanno scelto Ravenna per viverci e svolgervi la loro attività, professio-

nale, artistica e culturale. Stephanie si è spostata dall’America, una decina d’anni fa, assieme al marito col quale già aveva una bottega per il mosaico, portandosi dietro anche i due figli. Sono venuti a Ravenna per soddisfare il desiderio di approfondire le tecniche dell’arte musiva. “Abbiamo comprato una casa con annesso un piccolo studio e pensiamo di stare qui per un po’ di tempo. Chiederemo la cittadinanza italiana per i figli. Usiamo regolarmente la bicicletta per i nostri movimenti. La macchina l’abbiamo comprata soltanto dopo tre anni, ma la usiamo poco.” Un trasferimento che comunque non ha risentito alla loro attività: Stephanie e suo marito hanno ancora tutti i loro clienti dagli Stati Uniti.

Giulianna Campodonico Delgado, 45 anni, padre italiano e madre del Perù, è venuta in Italia, per la prima volta, vent’anni fa, quando aveva già venticinque anni. È di nuovo in Italia da tre anni e fa l’impiegata in un’agenzia di spedizioni portuali. “Ma non è stato facile l’inserimento nell’ambiente cittadino - dice. All’inizio la gente mi guardava con sospetto, ma io sono andata avanti per la mia strada, e il rapporto delle persone nei miei confronti è cambiato.” Il problema maggiore è stato quello di avere il riconoscimento del titolo di studio d’ingegnere in computer, ottenuto nel suo paese. “Quando sono andata all’Ufficio di Collocamento mi hanno qualificata ‘analfabeta’, perché il titolo non era riconosciuto in Italia. Non mi sono arresa e sono riuscita ad ottenere, dopo lunghe traversie, la qualifica di Ragioniera.” Per migliorare la sua posizione lavorativa ha anche frequentato un corso sul commercio estero. A Ravenna, Menna Price, gallese di 41 anni, nata a Cardiff, fa la regista teatrale. Era la sua professione anche in Gran Bretagna. È a Ravenna da nove anni. “Sono venuta per imparare la lingua e ho collaborato, come regista, con Ravenna Teatro di Marco Martinelli. Mi sono innamo-

rata degli splendidi mosaici, che non conoscevo prima - racconta.

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A fianco, la mosaicista Stephanie Jurs col marito nello studio annesso alla loro casa; nell’altra pagina Lo Fatou Boro, impiegata in CNA. In basso, da sinistra, Marcela Movileanu, cameriera romena; Giulianna Campodonico Delgado, impiegata italo-peruviana; la regista gallese Menna Price; la biologa israeliana Shimrit Perkol Finkel con le sue due figlie.

Ravenna è una città piena di cultura e di arte”. In Italia si è sposata cinque anni fa, un piemontese che lavora come grafico e DJ. Menna ha realizzato, in Gran Bretagna, progetti teatrali di grande importanza e spettacoli televisivi. Redige anche articoli di critica teatrale per giornali gallesi. Sta continuando a lavorare con gruppi di giovani del Teatro della Gioventù Nazionale del Galles. A Ravenna ha in corso un progetto coi ragazzi della seconda media della scuola Guido Novello. Menna ha un obiettivo: realizzare un legame tra la cultura italiana e quella gallese. “Per quan-

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to mi riguarda, ci sto riuscendo: possiedo due case, una a Cardiff e una qui.” Shimrit Perkol Finkel, laureata in Israele in biologia è giunta a Ravenna con una borsa di studio biennale del programma europeo “Marie Curie”, da realizzare presso la facoltà

di Scienze Ambientali. Resterà in città ancora per un anno. Sta svolgendo una ricerca su un tipo di alghe, quasi estinto in Adriatico. “È un tipo di alga, si chiama cystoseira, importante per l’ambiente. Forma un habitat per alcune qualità di pesci, che senza quest’alga non vivrebbero.” Non conosceva Ravenna, in

cui circola in bicicletta, con le sue bimbe. Le piace il centro storico e avere il mare vicino. Dopo Ravenna tornerà a Tel Aviv o si trasferirà negli Stati Uniti. Lo Fatou Boro è nata a Dakar, in Senegal. Ha 37 anni. Sposata, con una figlia di cinque anni, ha doppia cittadinanza, avendo sposato un italiano. Ha conseguito la laurea in lingue straniere ad Algeri. A Ravenna da quasi dieci anni, si occupa dell’ufficio immigrazioni “CNA nel mondo” e sbriga le pratiche per

la permanenza in Italia, aiutando connazionali e altri stranieri quando vogliono creare un’impresa.


“Ho collegamenti coi miei conterranei attraverso l’Associazione provinciale senegalesi, aiutandoli quando hanno bisogno, e faccio da ponte tra loro e le istituzioni locali. L’immigrazione senegalese è molto diversa dalle altre etnie - spiega. Salvo rare eccezioni, restano in Italia per periodi più o meno lunghi, ma nessuno per sempre. A volte fanno ritorno in Italia, ma poi rientrano in patria.” Marcela Movileanu, nata in Moldavia 32 anni fa, ha la doppia nazionalità, moldava e romena. Laureata in economia giuridica, è in Italia da quattro anni. Dall’inizio di maggio fa la cameriera in una frutteria. Ha un contratto per quattro mesi. È in lista d’attesa per un impiego dopo un tirocinio presso un centro di formazione professionale per segretaria per la contabilità generale. Per rimanere

in città si è tuttavia adattata a svolgere lavori manuali. Ha fatto la badante, la donna delle pulizie, la commessa in una bancarella di dolciumi. Ma qua si trova bene. Ha anche trovato un ragazzo, col quale convive a San Pietro in Campiano, una frazione della campagna ravennate. “Penso che non tornerò più in Moldavia. Spero di trovare un lavoro stabile. Sarà difficile che lasci Ravenna.” IN


Creare | Giuliano Babini

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Ibride

Tenerezze testo Aldo Savini foto Massimo Fiorentini

Una forma d’arte innovativa, quella di Giuliano Babini, che riunisce insieme scultura e mosaico. Opere uniche che mescolano la tradizione della tecnica alla particolarità delle forme, creando un senso di stupore, spaesamento, ma, allo stesso tempo, infinita dolcezza.

Nel corso degli anni Settanta il clima culturale ravennate, sull’onda dei fermenti provocati dai movimenti di protesta e contestazione sociale ed anche del sistema dell’arte, vede l’aperta contrapposizione tra schieramenti: da una parte chi sosteneva con convinzione la tradizione e non era disposto a mettere in discussione il linguaggio, le modalità e le forme espressive dell’arte, e dall’altra chi auspicava la definitiva rottura con l’eredità del passato in favore dell’innovazione e di ardite sperimentazioni. Giuliano Babini s’inserisce nel pieno del dibattito senza esitazioni, convinto nello specifico della necessità di rivitalizzare il mosaico nel quadro di un radicale rinnovamento dell’arte, per sottrarlo all’originaria funzione puramente decorativa che, in ultima analisi, lo relegava a pratica artigianale. La contaminazione poteva essere una soluzione praticabile. Così, mentre i mosai-

cisti storici ravennati si impegnano nell’esecuzione dei mosaici moderni, attenendosi fedelmente ai cartoni di pittori di fama riconosciuta, ora esposti nel chiostro al pian terreno del MAR, Babini si concentra sulla sperimentazione delle valenze puramente pittoriche del mosaico. Dalla ricerca hanno origine veri e propri quadri ibridi che si caratterizzano per le suggestive atmosfere di respiro naturalistico. Sono paesaggi facilmente identificabili con rocce, case e alberi, talvolta immersi nelle tenebre notturne, sempre vagamente definiti nelle linee essenziali, nei quali è assente qualsiasi traccia di presenza umana. Questi lavori rivelano come il mosaicista debba essere indubbiamente abile nel possesso della tecnica, ma che non possa prescindere da una personale poetica ideativa e creativa che dia vita a soluzioni visive estetiche, tali da consentirgli di rivendicare

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Giuliano Babini al lavoro su una delle sue sculture mosaicate. In apertura, l’artista di Lugo in mezzo ad alcuni dei suoi “animali”. A fianco, un cagnetto appoggiato sopra scatole di tessere colorate.

il titolo di artista. L’inquietudine e la costante insoddisfazione per gli esiti della ricerca lo inducono ad abbandoni e spostamenti d’interesse: si profila il momento della pittura e di un confronto diretto con le tendenze più avanzate del panorama artistico internazionale, soprattutto con la nuova figurazione tedesca, e contestualmente con il design industriale a cui non sembravano estranee prospettive imprenditoriali. Nel ’96 è impegnato nella realizzazione musiva della tomba di Rudolf Nureiev per il cimitero russo-ortodosso Sainte Genevieve des Bois di Parigi. Il tappeto ispirato all’iconografia kilim, morbidamente drappeggiato, alleggerisce la solidità della sagoma del sarcofago con sorprendenti effetti cromatici e di luce, ottenuti con l’utilizzo di una ventina di tonalità di rossi, una decina di ori e una gran varietà di bianchi e azzurri. Da questo momento la sua attività si orienta verso opere in cui si armonizzano scultura e mosaico, con il conseguente abbandono della superficie bidimensionale propria del mosaico di tradizione. Animal

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Skin del 2003 è un ciclo in cui pelli di animali sono reinterpretate a mosaico ad imitazione della pelle di mucca o giraffa, nei quali la dimensione piana, ma non rigida, è ancora evidente. Da quell’esperienza, quasi per evoluzione, nascono i lavori più recenti: le pelli sono adagiate su piccole sculture, ne ricoprono plasticamente l’involucro ad imitazione sensibile e pittorica, tanto che sembrano in attesa di farsi accarezzare. Fa eccezione il “bucranio”, dove la pelle bruciata e carbonizzata dopo un processo metamorfico di fossilizzazione diventa corazza, elemento superstite di un passato forse glorioso. La componente trasgressiva e dissacratoria si accentua, quindi, verso soluzioni ludicamente provocatorie che potrebbero sconfinare nella banalità del kitsch, ma si rivestono di una forte carica espressiva visivamente ed emotivamente coinvolgente, come per gli animaletti domestici, dai nomi eroici: la gattina è chiamata Onoria, come la figlia di Galla Placidia, e i piccoli cani Narsete e Totila, protagonisti della guerra gotico-bizantina che nel VI secolo ebbe profonde ripercussioni proprio a Ravenna. Sono piccole sculture mosaicate, o mosaici scultorei, che nella dimen-

sione ibrida, anche per la commistione tra passato e presente, tra storia e quotidianità, trovano una straordinaria forza espressiva rassicurante, pur ironica, ma tale da produrre spaesamento, stupore e tenerezza. IN

La carriera dell’artista Giuliano Babini, nato a Voltana di Lugo nel 1951. Dopo l’Istituto d’arte per il mosaico di Ravenna si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nell’81 fonda a Ravenna insieme a Enzo Tinarelli l’Associazione culturale “Spazio G”, punto di riferimento di giovani artisti locali. Esegue mosaici moderni presso lo studio “Il Mosaico” di Carlo Signorini. Dal 1991 al ’96 è direttore artistico della “Galleria Rasponi Arte Contemporanea” e dello Studio Akomena insieme a Francesca Fabbri. Attualmente si dedica all’insegnamento, collabora con Gallerie d’arte e aziende e prosegue la ricerca artistica con la creazione di sculture/mosaico, esposte recentemente presso l’atelier “Emme Di” a Ravenna in Via Salara 33.




Ricordare | Lo Stato Pontificio

1859:

un’estate

“Italiana” testo Andrea Casadio

Un anniversario importante per la città: nel giugno di 150 anni fa veniva ufficializzata la “liberazione” dal dominio pontificio, che segnò la fine dello Stato della Chiesa a Ravenna e l’entrata nel futuro stato unitario d’Italia.

Estate 1859, centocinquant’anni fa:

Da una parte la tendenza più nazio-

quella della fine del dominio ponti-

nalista e repubblicana, composta

ficio e dell’ingresso di Ravenna in

in gran parte da giovani e popolani;

quello che sarebbe diventato di lì a poco lo Stato unitario italiano. Era un appuntamento al quale la città, e la Romagna, giungevano più che mature. Restaurato in maniera posticcia, dopo la parentesi napoleonica, e scosso dalle rivoluzioni del 1831 e del ’48-’49, il governo pontificio sulla regione, sostenuto solo dalla presenza delle armate austriache, era svuotato dall’interno di ogni prestigio e di ogni legittimità. Mentre il resto dell’Europa viveva il “miracolo” del telegrafo e delle ferrovie, gli anni ’50 erano stati un “decennio perduto” per la Romagna. Ormai screditato di fronte a ceti dirigenti e popolari delle città, il governo della Chiesa poteva contare solo sul sostegno delle campagne, che però, per sua sfortuna, non facevano “opinione pubblica”. In questo contesto, le fila dei movimenti d’opposizione si erano rapidamente riorganizzate, dopo il ’49, secondo due direttrici principali.

dall’altra quella liberale e filo-piemontese, che comprendeva soprattutto notabili della nobiltà e della borghesia. Quando, col governo

di Cavour, il Piemonte si impose come la stella polare della riscossa nazionale, mentre i venti di guerra tornavano a soffiare impetuosi, anche in Romagna i repubblicani decisero di rinunciare temporaneamente alla propria pregiudiziale ideologica per unirsi ai liberali, organizzati da Torino nella “Società nazionale”. A Ravenna, la fusione fu decisa in una riunione svoltasi la sera dell’8 dicembre 1858 nel palazzo di Gioacchino Rasponi, che portò alla nomina di un comitato unico con a capo il padrone di casa, uno dei più prestigiosi esponenti dell’aristocrazia cittadina. Venne infine la primavera 1859, e l’inizio di quella che nella storia del Risorgimento sarebbe stata chiamata la “seconda guerra d’indipendenza”. A conferma della totale abulia del potere vigente,

incarnato dal “delegato apostolico” mons. Achille Maria Ricci (“uomo di non gran mente, ma di indole assai mite e di modi affabili”, scrisse molti anni dopo in una memoria manoscritta Luigi Guaccimanni, protagonista degli eventi), in città il reclutamento dei volontari per il fronte piemontese avvenne alla luce del sole e senza alcuna opposizione. Al tempo stesso, però, mentre attorno tutto precipitava, la vita sociale continuava secondo i ritmi abituali, scandita da quelli lunghissimi della religione. Il caso volle che proprio in quelle settimane cadesse il secondo centenario della traslazione della Vergine del Sudore, patrona della città. Il triduo celebrato dal 28 al 30 maggio, con messe solenni in duomo e processione con le autorità, il clero e le confraternite, con i ceri e il suono di tutti i campanili, non si era svolto in maniera molto diversa cento o duecento anni prima. Questa volta, invece, fu l’ultima rappresentazione della “Chiesa trionfante” della Restaurazione, mentre sui campi del Ti-

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A fianco, da sinistra, Giuseppe Pasolini e Gioacchino Rasponi; in apertura il proclama ufficiale della Giunta provvisoria di governo, datata 13 giugno 1859. Riproduzione effettuata su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Archivio di Stato di Ravenna, aut. n. 8/2009.

cino le prime sconfitte degli Austriaci decidevano del suo destino. La mattina del 12 giugno, il comitato romagnolo della Società nazionale era riunito nella villa Laderchi di Prada, nei pressi di Faenza, per decidere il da farsi, quando giunse la notizia che Bologna, abbandonata dalle truppe austriache, si era ribellata e aveva proclamato la sovranità del Piemonte. Al ritorno, quel pomeriggio, i rappresentanti ravennati trovarono la città in preda all’agitazione e sull’orlo della rivolta. Monsignor

Ricci non aveva potuto fare altro che schierare una compagnia di carabinieri nella sala del palazzo e attendere gli eventi. Incontratosi coi membri del comitato, si accordò per essere avvertito preventivamente di ogni mossa, in modo da poter partire spontaneamente e pacificamente. In questo clima, il sole calava per l’ultima volta sulla Ravenna pontificia: erano passati

44 anni dalla restaurazione del potere papale, esattamente 350 dalla conquista da parte di Giulio II, 1103 da quando il re dei Franchi Pipino il Breve aveva per la prima volta concesso alla Chiesa la sovranità formale sulla Romagna.

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C’è da scommettere che, per molti, quella fosse una notte insonne. Probabilmente lo fu anche, nella sua villeggiatura di Coccolia, per Giuseppe Pasolini, liberale filo-piemontese e futuro presidente del Senato del Regno d’Italia. Nella sua veste di gonfaloniere (equivalente del sindaco) alle prime luci del 13 giugno si presentò da monsignor Ricci per accogliere il commiato dell’ultimo governatore pontificio. Fattolo accomodare nella sua carrozza, lo accompagnò nell’ultimo viaggio attraverso la città, oltre porta Sisi e ponte Nuovo, fino a S. Apollinare in Classe, dove i due si congedarono con una cordiale

stretta di mano. Intanto, a Ravenna, la folla aveva invaso festante la piazza, armata solo di tricolori, mentre sulle colonne comparivano i primi proclami che annunciavano il passaggio dei poteri a una Giunta provvisoria, formalmente nominata dal Municipio e composta da Gioacchino Rasponi, Ippolito Gamba e Domenico Boccaccini. Come primi atti, la Giunta istituì una Guardia civica e decretò di unirsi a quella di Bologna, condividendo con questa la richiesta di annessione al Regno di Sardegna. La caduta del governo pontificio, dunque, fu un evento incruento, una festa più che una ribellione. Non altrettanto poté dirsi a Cervia, dove le truppe papaline di stanza a Ravenna, uscite dalla città nonostante gli inviti della folla alla diserzione, ingaggiarono uno scontro a fuoco con la popolazione che causò alcuni morti. Un più grave pericolo per Ravenna si profilò pochi giorni dopo, il 17 giugno, quando all’orizzonte del

Nel 1509 l’inizio del dominio Per una singolare bizzarria della storia, nel 2009 ricorrono anche i 500 anni dall’inizio del dominio pontificio. Già nell’anno 756 Pipino il Breve, dopo avere sconfitto i Longobardi, aveva concesso al pontefice la sovranità formale sui territori ex bizantini. La svolta ci fu però col “papa guerriero” Giulio II. Già padrone di gran parte della Romagna, nel 1508 si alleò con l’imperatore e la Francia nella Lega di Cambrai, per sottrarre a Venezia i restanti territori della regione, in particolare Ravenna, dal 1441 governata dalla Serenissima. Nella primavera 1509 le truppe del duca di Urbino Francesco della Rovere, alleato del papa, dopo avere assalito Russi si accamparono presso il mausoleo di Teodorico. Dopo avere fallito un primo assalto alla rocca Brancaleone si preparavano all’assedio, quando giunse la notizia della sconfitta veneziana ad Agnadello, e dell’accordo con cui la Serenissima cedeva i territori romagnoli alla Chiesa. Era un imprecisato giorno di fine maggio. Salvo due parentesi (un breve ritorno dei veneziani nel 1527-30 e la temperie napoleonica fra 1796 e 1815), iniziava un dominio concluso 350 anni e una manciata di giorni dopo.


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Dismano comparve il profilo minaccioso di un corpo di oltre 5000 austriaci (in realtà soldati di nazionalità italiana e ceca) provenienti da Ancona e diretti in Veneto. Mentre in città i tricolori venivano deposti in tutta fretta, e mentre la Giunta si ritirava per precauzione nella villa di Rasponi a Savarna, toccò ancora a Pasolini recarsi al “casino Forani”, presso ponte Nuovo, dove le truppe erano accampate, ad affrontare il comandante austriaco, generale Mollinary. Alla fine fu raggiunto l’accordo che le truppe sarebbero state rifornite senza entrare in città, e così avvenne; uniche divise bianche ad aggirarsi nelle strade furono quelle di Mollinary e di altri ufficiali, che trovarono il tempo di fare turismo lasciando traccia del proprio passaggio nel registro dei visitatori della tomba di Dante. Il giorno dopo i soldati ripartirono, e quello strano 17 giugno restò solo una parentesi (fonte di malcelato imbarazzo) nella “rivoluzione” dei ravennati. In realtà, la sorte della città e della Romagna era ancora ben lontana dall’essere definita, perché i suoi destini si decidevano altrove, sui campi di battaglia e nelle cancellerie dei governi europei. Intanto, come rappresentante dello stato sabaudo giunse il 24 luglio il marchese Emanuele Luserna di Rorà, con la carica di “commissario straordinario” della provincia e poi di “intendente generale” per la Romagna. Il 20 settembre fu Garibaldi in persona a visitare la città che esattamente dieci anni prima lo aveva salvato durante la Trafila, e alla quale rivolse un affettuoso discorso di saluto dal balcone del palazzo del governo. Due giorni dopo si recò a Mandriole, dove riesumò le spoglie di Anita per trasferirle a Nizza. Forse, in quell’estate, nulla simboleggiò la consunzione del potere della Chiesa meglio del rincrudire della “morbosa affezione al cuore” che da tempo tormentava l’arcivescovo Chiarissimo Falconieri. Il 22 agosto, l’uomo che da 23 anni reggeva la cattedra di S. Apollinare accolse infine la morte a lungo attesa. La processione con cui la salma fu trasportata dal palazzo in duomo, svoltasi all’imbrunire alla luce dei ceri, fu il simbolo di un’epoca che tramontava. Dopo qualche mese, l’11 e 12 marzo 1860, il “plebiscito” con cui i romagnoli votarono la definitiva annessione avrebbe sancito la fine di quei mesi di passione. A quel punto, come si dice in questi casi, cominciava davvero un’altra storia. IN

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Gustare | Ristorante Luciano


Carta

Canta

testo Pier Antonio Bonvicini foto Gianmaria Zanotti

Cambia la sede ma non il menÚ che ha reso celebre il locale. Verrete allora a Cesenatico al Ristorante Luciano, nuova destinazione della gastronomia di mare, per aprire un’altra stagione della tavola, non soltanto estiva. Quindi, saporose paste fatte in casa e poi invitanti astici, aragoste, rombi e pesce azzurro. Senza dimenticare le crudità del pescato. E per chiudere in gloria, le golose torte della casa.


In apertura, Ernesto Rossi con la moglie Maria Celina e le due figlie Monica e Samuela. A fianco, la sala più grande del Ristorante.

Quand’ero più giovane, era una consuetudine pranzare a Cesenatico nelle feste comandate. Allora c’erano i cuochi, quelli che oggi chiamiamo chef. Il paesaggio toccava l’anima, il pesce azzurro il palato. Ora raggiungo raramente la città, ma quando capito ritrovo l’atmosfera dei tempi andati. Arrivare qui significa rendere omaggio a Vittorio Boldrini e Giorgio Saporetti, due colossi di questa rinomata ristorazione, che parte dagli uomini del mare, sapendo bene che i loro saperi sono stati una eredità per tutti. Quindi non è un caso se

quest’anno un cesenaticense sia giunto secondo al concorso per il miglior cuoco di bordo dei pescherecci italiani, alla Fiera Internazionale del pesce di Ancona. Perciò, se rimarrete in zona, il Ristorante Luciano alimenterà (se l’avete) il vostro entusiasmo per il mare. È in via Mazzini 33 (mai di lunedì e di martedì a pranzo), quasi di fronte al Teatro Comunale, dove un tempo c’era l’Hotel Savini. Ad aprirlo

ci ha pensato il romagnolo Ernesto Rossi, noto ristoratore del luogo, uno di quelli che quando parla di cucina sa di cosa parla. In realtà, per Rossi, si tratta di un cambio di sede. Dall’Hotel e Ristorante Pino, che ha diretto con altri soci per una ventina d’anni, a questa nuova destinazione, poco distante dalla precedente. Ma è negli anni Sessanta che Rossi, detto Luciano, muove i primi passi nell’ho-

La ricetta: tagliolini al ragù bianco di pesce Ingredienti per 4 persone: 400 gr. di tagliolini fatti in casa, 1 carota, 1 zucchina, 4 canocchie sgusciate (crude), 8 mazzancolle sgusciate (crude), 4 frutti di capesante, 4 seppioline, 4 calamari, 1 spicchio d’aglio, 1 spicchio di scalogno, sale, pepe e olio extra vergine q.b. Preparazione: pulire e lavare la carota e la zucchina, tagliarle a fiammifero, sbollentarle in acqua per 3 minuti e successivamente scolarle. Pulire il pesce, tagliarlo a pezzi non troppo grossi. Quindi, fare soffriggere aglio e scalogno tritato in olio extra vergine di oliva, mettere nel soffritto il pesce, in questo ordine: seppioline, calamari, capesante, canocchie e mazzancolle. Successivamente, aggiungere del fumetto di pesce e le verdure. Fare insaporire il tutto per 5 minuti circa a fuoco lento. Cuocere a parte in acqua salata i tagliolini, scolarli al dente e versarli nella padella col sugo di pesce e le verdure. Saltare finché il tutto sia bene amalgamato, aggiungere un filo d’olio extra vergine di oliva e un pizzico di prezzemolo.

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tellerie e cosi è in più alberghi della riviera, e poi anche in Abruzzo. Seguono altre iniziative a Madonna di Campiglio, l’apertura di un ristorante nella zona e “Pino”, sul finire degli anni Ottanta. Quella ristorazione classica, tradizionale, legata al mare, la ritroviamo anche nella nuova sede, elegante, curata e risalente all’Ottocento, in cui ci si sente a proprio agio. Pure stavolta il porto canale è vicino ma è vicina


Culinaria News: Soprattutto il mare

anche l’abitazione storica del poeta Marino Moretti, di cui ricorre il trentennale della morte.

Ecco allora “Luciano”. Superato l’ingresso, il grande acquario con astici e aragoste e poi l’invitante banco del bar. Quindi, l’angolo in cui prepara pizze e fornarine il siciliano Pietro Crispino e l’ampia sala di tono classico, rallegrata da opere d’arte alle pareti, con lampade marinare e luci incastonate al soffitto rivestito in legno. Ai tavoli, rotondi e quadrati, giusta apparecchiatura, fiori freschi e su alcuni anche i candelabri. Inoltre, piacevoli mobili in arte povera e un armadio climatizzato per i vini bianchi. Dopo la sala, una saletta anticipata da tende di tono e alla fine un giardino interno, più contemporaneo, per l’estate. A governare gli interni, oltre al patron (che indirizza anche la cucina), le due figlie Monica e Samuela e talvolta la moglie Maria Celina. Ai fornelli, apprezzati cuochi provenienti dalla Puglia e dall’Emilia.

Così Maurizio Andreula si occupa dei primi, Odino Bergamini della griglia e Nunzio Barile di antipasti, secondi e pasticceria. Tra i piatti in carta, accompagnati da pane fatto in casa e fornarina, zuppetta di frutti di mare, mazzancolle al sale grosso di Cervia, razza al vapore, capesante brasate con insalata belga. Al primo, spaghetti agli scampi, tagliolini alle canocchie, monfettini in brodo di seppia e cannellini, tortelli al branzino. Al secondo, crudità del pescato, rombo al profumo di porcini, calamaretti fritti, triglie ai ferri. E per chi non ama il mare, cappelletti in brodo, risotto al radicchio trevigiano, filetto alla griglia ed altro ancora. Quanto alla pizza, ben 46 proposte. Tra queste, quella alla calabrese, al salmone affumicato e alla veneziana. Per terminare, frutti di bosco, gelato alla crema, crepes suzette e torte della casa. Ma ci sono pure zuppa inglese e torta mimosa della Pasticceria Romagna di Cesena. Ricca carta dei vini, dominata dai bianchi, con oltre 130 etichette regionali. E selezionate bollicine italiane e francesi. Consistente anche l’offerta dei distillati con una cinquantina d’etichette. Menù degustazione a 40 euro, bevande escluse, e al venerdì sera anche una cena a base di pesce azzurro a 21,50 euro (tutto compreso). Altrimenti la carta, con un ottimo rapporto fra qualità e prezzo. Ogni giorno l’atto del cibarsi muta la natura in cultura: si può dar torto a Michel Pollan dopo aver mangiato qui? www.ristoranteluciano.it IN

In via Faentina 273, vicino Ravenna, all’Osteria del Pescatore, specialità di pesce (anche al cartoccio) e piatti romagnoli in un rustico casolare. L’esperienza dello chef-patron e le sue origini pugliesi aggiungono valore al menù. Che comincia con squisiti pani fatti in casa. Vini di qualità, cortesia e conto corretto. Chiuso lunedì sera e martedì. www.osteriadelpescatore.com

Tradizione e panorama Il Molo 22 ora è un’Osteria sul Mare. Accoglienza e panorama già valgono il viaggio. Ma anche la cucina, a prezzi contenuti, è una garanzia. Quindi, crudità, marinati della tradizione, preparazioni al tegame, al testo e alla griglia. Ma anche piatti di terra. Paste casalinghe e buona selezione di carni, salumi e formaggi. Zuppa inglese, ciambella alla ricotta con crema vaniglia al profumo di Strega e altre golosità per terminare. A Rimini, nuova Darsena, Via Ortigara, 78/80. www.molo22.it

Novità in libreria Roberto Raisi, agente di commercio di origini ferraresi e scopritore di nuove tavole e buoni vini, ha scritto Scusi, mi porta il conto? Guida semiseria delle trattorie dell’Emilia Romagna. Ci si può fidare del suo palato e di questa appassionata ricerca, scoprendo destinazioni meno note completate dalla storia dei luoghi. Tinarelli, pagg. 195, euro 13,00.

Per chi non si accontenta Sul porto canale di Cesenatico, in Corso Garibaldi, c’è l’Officina del Gusto, gran bel negozio di prodotti enogastronomici di qualità. Ricca selezione di paste artigianali, salumi, formaggi, confetture, oli, vini, aceti, distillati. Chiuso lunedì. www.officinadelgustocesenatico. com

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Dellapasqua ha festeggiato i 50 anni di attività. Il Cantiere celebra i tanti successi e rilancia presentando il DC9 Elite.

Le sue barche hanno fatto il giro del mondo, per la felicità di migliaia di persone che amano andar per mare. Con la sua passione ed energia, rimaste inalterate nel tempo, Giancarlo Dellapasqua - vero e proprio self made man - ha festeggiato i cinquant’anni di attività, con un grande party di trecento persone che si è tenuto lo scorso 11 luglio al Club DC e a Marinara. Alla serata, presentata da Giacomo Crosa, hanno partecipato diversi olimpionici, fra cui Eduardo Mangiarotti e Gelindo Bordin, oltre a diversi clienti fedeli. Uno di questi, dopo dieci anni di “trattative”, gli ha rivenduto il primo DC6 del 1963, per rendere omaggio al suo mezzo secolo di lavoro. Dellapasqua è uomo di parole buone e sincere che ama recarsi ogni giorno nel suo “piccolo grande cantiere”: “piccolo” perché ha sempre le stesse dimensioni, “grande” perché continua a esserci. Usa termini marinareschi ma efficaci anche per parlare dell’attuale crisi economica che non ha scalfito il suo successo prolungato. “Le mareggiate non sono mancate in questi anni, ma chi ha una barca buona arriva sempre in porto”, afferma. E l’imbarcazione che gli ha regalato maggiori soddisfazione è il DC9, la più venduta, con circa 500 esemplari, in oltre quarant’anni, con oltre 3 mila persone che l’hanno utilizzata. Un risultato che nessun altro cantiere può vantare. Una sorta di barca best-seller (nata nel 1965 come DC8 e diventata DC9 nel 1971), che sviluppa-

Qui sopra, Giancarlo Dellapasqua al taglio della torta per i 50 anni del cantiere.

va l’idea innovativa della carena Hunt, già introdotta dal 1962 da Dellapasqua realizzando il primo fuoribordo al mondo di 4 metri con questa soluzione, che ben funzionava anche in gara. Il DC9 si è dimostrata un’imbarcazione adatta a diversi usi, che ha fatto letteralmente “impazzire” i lupi di mare di ogni continente, dal Dubai al Kuwait, dagli Stati Uniti a Cuba. Per rendere omaggio a questo fortunato modello dal grande valore affettivo, è nato il DC9 Elite, frutto del restyling del figlio Mirco. Parlando di numeri, in questi cinquant’anni di attività, il Cantiere Dellapasqua ha realizzato una media di circa 25 imbarcazioni, dai 7 ai 18 metri, all’anno: per un totale quindi prossimo alle 1250 unità.

Da sinistra, Giancarlo Dellapasqua al lavoro nel primo cantiere a Savignano sul Rubicone e alla Centomiglia del Lario del 1967, a bordo del 1°DC6.


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Qui sopra, da sinistra Giacomo Crosa, il Vicesindaco di Ravenna Giannantonio Mingozzi, Giancarlo Dellapasqua, Alvaro Ancisi, Giuseppe Gallucci e Gelindo Bordin.

Ne ha fatta di strada Dellapasqua, nato a Savignano sul Rubicone nel febbraio 1936. Sin da giovanissimo, inizia a frequentare la bottega da falegname dello zio, diventando presto bravo a lucidare i mobili. Già a 15 anni, si trova ad affrontare il primo lavoro da imprenditore a Bellaria: realizzare armadi, letti e comodini per una pensione di 18 camere. La bottega dove realizza il primo scafo è a Savignano. Era di proprietà dei signori Libici e Giacomoni, suoi datori di lavoro dopo lo zio; qui lavora dal ’51 al ’55. In quegli anni Secondo Casadei incideva Romagna Mia. Nel ’54 la figlia del maestro, Riccarda, e il fratello Piero sono testimoni della costruzione della sua prima barca, abitando dalla parte opposta della strada. A settembre del ’55 va

a lavorare ai cantieri Lugaresi di Bellaria. Si trattava di fare più di 10 km in bicicletta, per una paga di 850 lire al giorno. Così è scoppiata la passione per la nautica. Il suo primo acquirente è un amico cliente di Lugaresi, che praticava sci nautico “trainato” dallo stesso Giancarlo. Col guadagno della prima imbarcazione, Dellapasqua acquista il materiale per costruire le due successive. Poi la scelta di trasferirsi a Marina di Ravenna, dove c’erano le possibilità di realizzare strutture adatte e dove aveva amici in grado di aiutarlo. Nel ’60 si aggrega anche Carnevali, che aveva conosciuto da Lugaresi e col quale ha lavorato sino al ’90, quando le loro strade si sono separate. Il resto è storia recente, di un grande successo che continua.

Da sinistra, il nuovo modello DC9 Elite e il DC7 Elite, equipaggiato con motore Ferrari.

Via del Marchesato, 11 48023 Marina di Ravenna Tel. 0544 530243 - 531146 Fax 0544 530490 www.dellapasquadc.com info@dellapasquadc.com


Vedere | Nicola Samorì

L’arte del

Presente

testo Giulia Bazzocchi

Lo splendido complesso polivalente dei Magazzini del Sale di Cervia diventa, anche quest’anno, palcoscenico di uno spettacolo che ha per protagonista l’arte. Il produttore “dell’opera” intitolata Presente è Nicola Samorì, celebre artista forlivese, giovane rivelazione dell’arte italiana, che, grazie alla sua formazione poliedrica, spazia, attraverso differenti tecniche espressive, dalla pittura, all’affresco, passando per l’incisione e la scultura. In mostra, i suoi manufatti più significativi degli ultimi quattro anni: quindici lavori di grandi dimensioni, una quadreria di pezzi di medio formato e oltre quaranta tavole più piccole, a cui si aggiungo-

no numerose sculture ricavate da pezzi appartenenti alle collezioni civiche di Bagnacavallo. Un’ampia sezione di inediti, creati appositamente per l’occasione, va a com-

pletare la “mise en place”, che costituisce la più vasta monografica dell’artista finora realizzata. La mostra, organizzata dalla CNA di Ravenna, in collaborazione col Comune di Cervia, è stata inaugurata lo scorso 5 luglio e resta in corso fino al 30 agosto 2009. Successivamente, per la stagione autunnale, l’ambientazione cambia e, dal 12 settembre 2009, si sposta a Bagnacavallo, nell’Antico Convento di San Francesco, dove rimarrà fino all’11 ottobre prossimo. La scelta dei luoghi per l’allestimento dell’esposizione, non è affatto casuale, in quanto entrambi presentano un aspetto chiaramente datato, d’impronta storica. Particolari cornici che vanno a fondersi con lo stile contemporaneo, sia pittorico, sia plastico, dei lavori in mostra e che, di conseguenza, mettono in luce la loro condizione di corpi che si

limitano ad essere “presenti”. Solo e nient’altro che presenti. Quindi, adeguati a se stessi. Come afferma lo stesso Nicola Samorì: “Le opere vengono ripresentate, ri-contestualizzate, riorganizzate, e caricate di segnali, trasferite in un’ottica di estraneità a se stesse, che alimenta l’equivoco spazio/temporale. Ciò che sembra ovvio viene de-banalizzato al fine di obbligare lo spettatore a rivedere e rileggere la presenza, o il senso, di questi testimoni.” Concepita ed allestita ad hoc per questi due spazi, Presente nasce con l’obiettivo specifico di comunicare il presente con versi antichi, creando un’atmosfera in cui opere e ambiente si reinterpretano nella mente di chi guarda, che può considerarli allo stesso tempo, lavori d’epoca e messaggi d’arte contemporanea. www.turismo.comunecervia.it IN

Ora e luoghi della mostra Magazzino del Sale “Torre”, Cervia. Fino al 30 agosto. Aperto: tutti i giorni 20 alle 24; lunedì e giovedì dalle 17 alle 24. Tel. 0544.993435. Antico Convento di San Francesco, Bagnacavallo Dal 12 settembre all’11 ottobre. Aperto: da martedì a domenica, dalle 15 alle 18.30; Sabato e domenica dalle 10 alle 12. Dal 24 al 29 settembre dalle 10 alle 12, dalle 15 alle 18.30, dalle 20 alle 23.30. Tel. 0544.993435 Ingresso gratuito.

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Cervia

Bagnacavallo

Magazzini del Sale 5 luglio / 30 agosto 2009

Convento di San Francesco 13 settembre / 11 ottobre 2009

BEING SAMORì

NICOLA

Cervia - Tutti i giorni dalle 20 alle 24 - Lunedì e giovedì dalle 17 alle 24

Energia Risorse Sviluppo

info: 348.9870574

Bagnacavallo - Tutti i giorni dalle 15 alle 18.30 - Sabato e domenica anche dalle 10 alle 12


Confidare | Stefano Rossi

Incontri di

Stile

testo Anna De Lutiis foto Massimo Fiorentini

Dietro la divisa inappuntabile Stefano Rossi, comandante della Polizia Municipale di Ravenna, è una persona molto interessante e interessata a tanti aspetti della vita: la famiglia, la lettura, la musica. È stato nominato nel ruolo attuale circa un anno fa e, in questo pur breve tempo, è diventato punto di riferimento per i cittadini: ogni giorno legge le numerose mail con richieste di interventi o chiarimenti e per tutti ha una risposta. Cosa spinge a fare una scelta come la sua e qual è il principio che la guida al lavoro?

Lei è friulano ma, in 16 anni di car-

“Avevo 20 anni, frequentavo l’università. La perdita di mio padre mi suggerì di arruolarmi nella Polizia di Stato, scelta alla quale mi sentivo portato, rimandando solo di poco la laurea in Giurisprudenza: la parola responsabilità ha sempre governato la mia vita, sul lavoro e in privato. Entrare nella Polizia era un modo per rispondere al bisogno della gente, agli eventi che ogni giorno si verificano e allo stesso tempo ad una mia intima esigenza, essere di aiuto agli altri, cosa che esprimo anche attraverso il volontariato: con un gruppo di amici abbiamo effettuato un’adozione a distanza, stiamo lavorando per una missione in Uganda; a tale scopo, noi genitori, abbiamo messo insieme una piccola compagnia teatrale per raccogliere i fondi necessari.”

riera, ha vissuto per lavoro in diver-

sente, accettando impegni serali solo quando sono indispensabili.”

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se città. Oggi risiede a Forlì e lavora

Le rimane un po’ di tempo da dedi-

a Ravenna. Sente la mancanza della

care a se stesso?

sua terra?

“Mi piace molto il cinema, amo le biografie, i libri di storia e adoro la musica, in particolare la classica, che sento mi arricchisce interiormente. Non avendo studiato musica mi accontento di suonare le canzoni di Battisti, Dalla, De Andrè, senza escludere gruppi rock come gli U2. Amo ascoltare la musica in macchina: ho decine di cd.” Il Comandante adora Mozart e le poesie di Eliot, Mallarmé, Baudelaire, e non teme che queste sue preferenze possano diminuire la sua credibilità sul lavoro perché, ama precisare: “Sono sempre io: la persona rigorosa sul lavoro ma allo stesso tempo quella che ama trascorrere una serata cantando e suonando con gli amici.” IN

“Ci torno, di tanto in tanto, perché lì vive mia madre. Porto su di me l’impronta dell’educazione che lì ho ricevuto. Ora ho la mia famiglia, moglie e tre figli, la cosa più importante della mia vita.” Quanto tempo riesce a dedicare a loro, visto il lavoro impegnativo che svolge?

“In questi ultimi anni riesco ad organizzare la mia presenza in famiglia e seguire i bimbi, Caterina, Lucrezia e Gerardo. Trovo il modo di stare con loro, accompagnarli a scuola e, subito dopo, recarmi al lavoro, per chiedere, poi, loro notizie durante il giorno. Il nuovo lavoro mi permette di organizzare le giornate in modo da essere pre-



Collezionare | Duilio Donati

Per qualche pezzo in

Più

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

Duilio Donati, ravennate, 79 anni,

una vita dedicata alla professione di medico di base, è anche un grande collezionista di medaglie. in Giappone lo chiamano “La Bibbia delle medaglie di Dante”. La sua specialità sono, infatti, le immagini del Sommo Poeta, ma la sua collezione comprende oltre 2.000 esemplari, che occupano molti spazi della sua casa. Si può dire che oramai non sa più dove collocarli, da dover ricorrere alle scatole da scarpe. La collezione dantesca di Donati comprende circa 700 tra medaglie d’artista, distintivi, placchette, oggettistica decorativa di vario genere, monete in vari metalli e lavori

in legno, in ceramica e a smalti. È una collezione, come afferma Giancarlo Altieri, direttore del Dipartimento di Numismatica del Medagliere della Biblioteca Apostolica Vaticana, che “onora il più grande poeta della letteratura italiana”, “restituisce alla medaglia il suo vero ruolo” ed esalta “ l’indi-

dantesco che recava, da un lato, l’immagine del Poeta e, dall’altro, un’allegoria del poema. Ne rimasi talmente affascinato che nacque in me il desiderio di cercare e raccogliere medaglie, ovunque le potessi trovare. Ricordo che la prima della

scussa competenza scientifica e il

gio Viola di Bologna. Il cofanetto

profondo amore per la materia di

conteneva le medaglie che rappresentavano un profilo di Dante, sul diritto e, sul rovescio, lo stemma del Comune di Ravenna.” La collezione comprende varie sezioni: personaggi religiosi (Papi, cardinali, vescovi e sacerdoti); il culto della vergine e dei santi; inoltre, protagonisti della musica (compositori, direttori, cantanti), della cultura (poeti, scrittori, letterati), delle arti figurative e dello spettacolo (scultori, pittori, registi, attori), delle scienze (scienziati, medici, esploratori), delle signorie e delle armi (condottieri, eroi, vittime, briganti), della politica (uomini di stato, politici, cooperativi). Quindi avvenimenti religiosi, storici, artistici, culturali e sportivi; istituti pubblici e privati; monumenti; medaglie del centro Dantesco dei frati conventuali di Ravenna. La sua ultima passione è la raccolta che va sotto il nome di “Romagna delle medaglie” e che è stata esposta in Germania nella città di Speyer. Le medaglie di Du-

Duilio Donati”. “Fu il professore Luigi Fontana, primario dell’Ospedale Civile di Ravenna, - racconta il dottore - a far nascere in me la passione per la medaglia, facendomi ammirare la sua collezione che comprendeva un esemplare del ’500, di soggetto

mia collezione è il trittico oro, argento e bronzo dello scultore Gior-

ilio Donati sono state presentate in mostre e in convegni numismatici in Italia e all’estero. IN

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All’interno del suggestivo convento francescano di Bagnacavallo, fra Bologna e Ravenna, La Scottona è un locale dalle raffinate atmosfere, ideale ambientazione per convention, meeting, presentazioni e feste aziendali. Cultura, arte e gastronomia qui si fondono in un tutt’uno: alle pareti e nelle sale sono esposte opere di pittori, scultori e creatori di gioielli mentre a tavola è protagonista assoluta la cucina tradizionale romagnola. Il menu è un susseguirsi di ricette di perduta memoria all’insegna della Scottona, giovane bovina femmina che dà il nome al ristorante e a cui è legata una leggenda contadina. Questa carne, saporita e profumata, è proposta in diverse preparazioni: arancini di Scottona al caciocavallo su crostone di pane con rucola all’aceto balsamico, in deliziosi primi piatti come i tortelli di Scottona ai cardi e olio

extravergine d’oliva al timo, nelle abbondanti grigliate, con il filetto e la costata, nelle carni stufate come la guancia di Scottona al miele di castagno con polenta integrale. Il menu che varia ogni 45/50 giorni segue l’alternarsi delle stagioni in modo da proporre piatti realizzati con ingredienti sempre freschi. I passatelli, la zuppa di cipolle di Medicina, le lasagnette al radicchio di Treviso, le costolette di cinghialetto e il petto di piccione in fagotto croccante sono piatti che esprimono profumi e sapori inarrivabili. Di notevole rilevanza la carta dei vini con oltre 500 etichette di pregio, interessante la carta delle acque minerali unitamente a quella dei distillati, con oltre 100 referenze e davvero particolare quella riservata ai caffè Da non perdere: una cena al tavolo di cristallo accanto al pozzo secolare.


Vincere | Alberto Servidei

Obiettivo

Iridato testo Massimo Montanari foto Massimo Fiorentini

Di corsa verso il mondiale. È l’obiettivo che Alberto Servidei intravede all’orizzonte. Un obiettivo diventato concreto a fine maggio quando, al Pala De Andrè, il pugile ravennate ha conquistato il titolo Intercontinentale, valevole come semifinale per il mondiale. “Un match difficile - ricorda Servidei - reso più difficile dal fatto che ero inattivo da diverso tempo. Di Isava (l’avversario, ndr) sapevo tutto, è un pugile preciso e potente, me l’aspettavo così. Alla seconda ripresa mi ha messo giù e questa situazione l’ho patita. Alla fine avrei potuto dare più continuità alla mia azione, ma quando vado in vantaggio tendo a non cercare rischi, sono fatto così.” L’appuntamento con la corona iridata è a fine anno o all’inizio del 2010. “Con il

mio manager Lontani e il comune di Ravenna riusciremo a organizzarlo sicuramente in città. In

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previsione di questo, con Rosanna Conti Cavini (titolare della sua scuderia, ndr) stiamo programmando per ottobre o novembre un incontro di preparazione. È ancora da decidere però sede e nome dello sfidante.” Il mondiale a Ravenna è un’occasione anche per la città per testimoniare affetto e sostegno al proprio pugile, e per riscattare il ‘boicottaggio’ dell’ultimo incontro, visti i larghissimi vuoti sugli spalti del Pala De Andrè. “Ma non sono deluso - prosegue il pugile ravennate. Anzi, voglio ringraziare chi è venuto a vedermi. A livello pubblicitario non è stato fatto molto, in più la giornata del giovedì era di sicuro penalizzante. In vista del Mondiale bisognerà lavorare tantissimo, anche sotto il profilo della promozione dell’evento.” Ser-

videi evidenzia poi un particolare: “All’estero, ad esempio in Spagna e Inghilterrra, ci sono dalle 15 alle 20mila persone che assistono agli incontri. Da noi è diverso, c’è un immagine distorta del pugilato, troppo bistrattato. Le notizie che vengono date sono soprattutto quando c’è l’arresto di un pugile.” In attesa di afferrare il titolo mondiale, Servidei un obiettivo, però, l’ha raggiunto: quello, finalmente, di potersi allenare a casa, in una palestra cittadina, dopo tanto girovagare. “Adesso, dopo tanto tempo senza palestra, ci alleniamo a Ponte Nuovo, all’interno dell’Olympia Center. È una soluzione temporanea, la scadenza è annuale. A questo punto è importante dare

continuità, vogliamo trovare una palestra che diventi la casa del pugilato della Ravenna Boxe. Assieme

all’amministrazione comunale abbiamo ipotizzato delle soluzioni, sia l’assessore Stoppa, sia il sindaco Matteucci ci stanno aiutando per risolvere definitivamente il problema.” La palestra è sempre piena di ragazzi che si avvicinano al pugilato, anche se pochi provano a farlo a livello agonistico. “Una volta, almeno 20 ragazzi provavano a combattere come dilettanti, ora il numero è calato parecchio. La boxe non è pericolosa come può apparire, anzi è uno sport che tempra il carattere. Negli incontri da dilettante si ha il caschetto, i guanti grossi, sono in programma quattro riprese e gli avversari hanno lo stesso peso, età ed esperienza: insomma, si è tutelati sotto tutti gli aspetti.” IN

La carriera Alberto Servidei è nato a Ravenna il 23 giugno ’75. Debutta come dilettante nel 1989 e disputa 112 incontri. Diventa campione italiano nel ’97 e l’anno dopo conquista l’europeo a Minsk. Dopo un’apparizione nel 1994 veste la maglia azzurra da dilettante nel ’98 e nel ’99. Nel dicembre ’99 passa professionista: finora in 29 incontri ha ottenuto 27 successi e 2 pareggi. Per due volte ha conquistato il titolo di campione intercontinentale pesi piuma nelle due versioni WBF e IBF. È stato campione italiano dal 2003 al 2008 e campione europeo dal 2007 al 2008 sempre nei piuma.



Incontrare | Roberto Spadoni

Vi racconto la mia

Marina

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

C’è un ristorante che conserva ancora il sapore della Marina di Ravenna di una volta. Si chiama Maddalena e a gestirlo, con dedizione e passione per la cucina della tradizione a base di pesce, è il 74enne Roberto Spadoni. A sentirlo parlare è un fiume in piena e passare un pomeriggio con lui significa ripercorrere quasi sessant’anni di storia della località. Fine conoscitore delle persone e acuto osservatore dei cambiamenti, si diverte a chiacchierare coi clienti più affezionati, raccontando aneddoti che hanno fatto epoca ma non sempre trovano spazio nella cronaca dei giornali. Tutto ha inizio con l’intuizione di sua madre, Maddalena Mazzanti, che nel 1950 apre un ristorante e pensione Villa dei Pini, in centro a Marina. Dopo circa dieci anni, l’attività - nel frattempo ribattezzata Maddalena - si trasferisce in viale delle Nazioni, sede diventata storica. “Mia madre era una cuoca molto brava e amava le ricette tradizionali, per cucinare come diceva lei alla ‘solita maniera’. Il suo brodetto era una specialità, così come il fritto misto con pesce fresco e olio sempre di prima cottura. In più, aveva inventato il semifreddo Maddalena, zuccotto realizzato con canditi e mascarpone per cui la gente impazziva; ancora oggi continuiamo a farlo.” Un talento premiato con una stella della Guida Michelin e con una clientela di cultori del buon cibo, fatta anche di personaggi celebri.

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Negli anni ’60 e ’70, alla pensione Maddalena ha soggiornato uno dei più grandi tenori del ’900, Giuseppe Di Stefano. In quasi sessant’anni da qui sono passati artisti come Alberto Fremura e Mathieu Mercier, Walter Chiari e Alighiero Noschese, politici del calibro di Romano Prodi e Giovanni Spadolini, dirigenti e industriali.

Nel 1979, alla morte della madre, e dopo una breve parentesi in cui il locale era stato affittato, Spadoni ha deciso di portare avanti l’attività, affrontando gli alti e i bassi degli anni a venire. “Ho assistito alla fine delle pensioni - illustra. Quarant’anni fa, a Marina di Ravenna, c’erano 55 alberghi che spesso praticavano la pensione completa, oggi sono una decina. Dalla fine degli anni ’90, quando la località ha conosciuto il boom degli stabilimenti balneari, lavoriamo soprattutto nel weekend quando arrivano i turisti dall’Emilia, per lo più giovani a cui interessa

solo una camera per la notte. Il ristorante, invece, continua ad avere una clientela selezionata. L’altro giorno ho ricevuto una prenotazione da un signore, nipote di una cliente che veniva qua molti anni fa. Questo mi ha dato grande soddisfazione.” Dopo aver viaggiato a lungo per il mondo e aver esercitato più d’una attività (è stato proprietario anche del celebre stabilimento balneare Dolce Vita, venduto negli anni ’70 e oggi meglio noto come Duna degli Orsi, ndr), Spadoni si gode i due nipotini e si diletta in cucina dove fa un ottimo risotto alla marinara. Il personale è lo stesso da quasi trent’anni, le due cuoche sono allieve della madre e il menù è di quelli che ancora colpiscono per l’ampia varietà di antipasti freddi e caldi, la grigliata e il fritto misto con pesce d’alta qualità scelto dallo stesso Spadoni, con pignoleria e attenzione. IN


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