Ravenna IN Magazine - 4/2009

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00

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Anno VIII - N. 4 - OTTOBRE 2009

Giovanni

Poggiali

Un imprenditore polivalente

Pallavolo Angelo Costa Doppio ritorno Marisa Moroni Il mondo di ieri Murales canadesi L’arte della guerra



Editoriale |

A regola

Arte

d’

di Andrea Masotti

nico Poggiali, quando con la nascita del porto industriale, quest’ultimo otteneva una banchina sul nuovo scalo, diventando il primo “terminalista” privato italiano. Basta pensare a come si lavorava anche solo qualche decennio fa, ed ecco che i buoni esempi non mancano. Non occorre parlare di etica: si trattava semplicemente di impegno, passione, onestà e rispetto. Noi crediamo che questa analisi sia ben chiara anche nella mente del nipote di Domenico, Giovanni Poggiali, cover di questo numero di IN Magazine e rappresentante della capacità di saper fare impresa ancora “a regola d’arte”. Un’impresa che sa vincere, nonostante la crisi, e sviluppando il proprio business reinveste su se stessa, promuove e incentiva il territorio. Porta sviluppo, fa muovere un sistema, crea be-

Fatto a regola d’arte: un modo di dire, che riporta alla mente un metodo di lavorare che forse, in questi ultimi decenni, è sembrato essere solo una metafora bella da utilizzare. Ma chissà poi cosa significa, da dove deriva… Invece l’attuale situazione dovrebbe quasi costringerci a fare una bella pausa di riflessione per pensare ai tempi in cui fare le cose a regola d’arte era più che una formula da inserire nei contratti. Non si deve andare tanto indietro, o tornare alle botteghe e alle corporazioni di fiorentina memoria, luoghi dove nascevano i maestri ma si formavano le maestranze. Dal loro insieme, per parafrasare il titolo di un libro uscito qualche tempo fa, si “costruiva la cattedrale”. Basterebbe ricordare un’epoca recente, quella di Benigno Zaccagnini, di Luciano Cavalcoli e di Dome-

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nessere. Non solo economico, ma civile, sociale. Ritornare all’arte per incentivare oggi la genialità, l’impegno, l’azione. Anche per il mosaico, che ha in Ravenna una delle sue capitali, questo sembra possibile: i tesori di ieri e i professionisti di oggi si sono riuniti in RavennaMosaico, tuttora in corso, che per la prima volta si concentra sulle realizzazioni contemporanee di quest’antica arte, sul valore di un saper fare artigianale su cui città e territorio devono continuare a investire. La bottega, proprio simile a quella medievale e rinascimentale, ritorna nell’attività della ceramista faentina Marisa Moroni, che ci ha raccontato la sua esperienza, per ben 30 anni al fianco di uno dei maestri della maiolica faentina del ’900, Pietro Melandri. Fare le cose a regola d’arte significa, poi, metterci passione. E come non possiamo appassionarci al “doppio ritorno” della grande pallavolo, con la Marcegaglia impegnata in A2, dopo anni di purgatorio, nella rinnovata struttura del Pala Costa? Un risultato che fa bene alla pallavolo e a tanti altri sportivi di Ravenna che hanno trovato una nuova casa. E di passione, certamente, si può parlare, per gli amici viticoltori che, ormai da dieci anni, si sono dati alla vendemmia, arrivando a produrre due vini, che giustamente hanno etichettato come “Nostrum”. Un ulteriore esempio di come a Ravenna le cose si sanno fare ancora a regola d’arte!

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Sommario 3

Editoriale |

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Annotare | Brevi IN

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Essere | Giovanni Poggiali

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Approfondire | “Economia” del mosaico

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Creare | Marisa Moroni

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Ricordare | Palazzo Guiccioli

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Riscoprire | Murales canadesi

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Produrre | Vino Nostrum

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42

Gustare | Ristorante Venini del Palace Hotel

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Giocare | Pallavolo Angelo Costa

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Confidare | Maria Giovanna Maioli

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Collezionare | Romano Segurini

48

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 47100 Forlì tel. 0543.798463 fax 0543.774044

Controllo produzione e qualità:

www.inmagazine.it

Collaboratori:

inmagazine@menabo.com

58

Allenare | Stefania Tronconi

62

Visitare | RavennaMosaico

Direttore Responsabile: Andrea Masotti.

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Leggere | Novità in libreria

Redazione centrale: Giulia Bazzocchi, Andrea Biondi, Francesca Renzi.

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Ricordare | Alfredo Oriani

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

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Scegliere | Shopping

Impaginazione: Emanuele Dall’Acqua

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU)

Isabella Fazioli, Alberto Mantellini. Ufficio commerciale: Roberta Missiroli.

Lidia Bagnara, Roberta Bezzi, Pier Antonio Bonvicini, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Fiorentini, Antonio Graziani, Claudia Graziani, Aldo Savini, Michele Virgili, Francesca Zampiga, Gianmaria Zanotti. Chiuso per la stampa il 28/10/2009

IN Magazine | 5


Annotare | Brevi IN

Enologica torna a Novembre

Ph. A. Brasile Rossi

Alighieri, al via la stagione di Prosa

Ravenna - Parte a metà novembre la nuova stagione di prosa del Teatro Alighieri, con otto spettacoli in cartellone, tra classici antichi e moderni, e commedie brillanti. Si parte il 19 novembre, fino al 22, con To be or not to be di Maria Letizia Compatangelo con Giuseppe Pambieri e Daniela Mazzucato. Dal 10 al 13 dicembre ecco La presidentessa, per la regia di Massimo Castri, Il 2010 inizia con Pensaci, Giacomino! di Luigi Pirandello (dal 12 al 15 gennaio). A fine febbraio, dal 25 al 28, in scena Massimo Dapporto e Benedicta Boccoli in L’appartamento, tratto dal celebre fil di Billy Wilder. Dal’11 al 14 marzo, ecco Paolo Rossi in Verso Mistero Buffo, di Dario Fo, mentre dal 22 al 25, Franco Branciaroli in Edipo Re, per la regia di Antonio Calenda. Dal 7 al 10 aprile, Ludovica Modugno protagonista in La badante di Cesare Lievi. Infine, dal 4 al 14 maggio (riposo il 10) il Teatro delle Albe porta in scena L’avaro di Molière, per la regia di Marco Martinelli.

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Faenza - Un evento unico per promuovere, in un colpo solo, l’immensa ricchezza enogastronomica dell’Emilia-Romagna. Torna in Fiera a Faenza il 20, 21 e 22 novembre (lunedì 23 novembre l’ingresso è riservato agli operatori) Enologica. La frase scelta come motto dell’intera manifestazione, “In Emilia-Romagna il mangiare e bere vino sono inestricabilmente e sacralmente congiunti” (Mario Soldati, 1970), riassume chiaramente lo spirito dell’edizione 2009, che si propone come punto di incontro e

riferimento per lo sviluppo del patrimonio eno-gastronomico regionale. Con oltre 120 cantine da tutta la regione, 80 artigiani di prodotti tipici, una cinquantina d’incontri che vedono il coinvolgimento di cuochi, produttori, professionisti dell’enogastronomia regionale, l’evento si propone come vero e proprio laboratorio culturale intorno al cibo e al vino del territorio. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sul programma sono disponibili on line all’indirizzo www.enologica.org.

Luz M. Gonzàles alla Scottona Bagnacavallo - Nei suggestivi locali ricchi di storia e di fascino del ristorante La Scottona situati nei sotterranei di un’ala del monumentale convento di San Francesco sono esposte le opere recenti di Luz María Gonzáles. Il lavoro dell’artista messicana da molti anni residente in Italia a Faenza, nasce da un rapporto costante tra istintiva energia gestuale ed esigenza interiore di espressività. Linee, forme, esplosioni cromatiche e simbolismo latente sono la sua eredità ispanoamericana, rivisitata e rigenerata attraverso la cultura artistica europea. La ricerca e la speri-

mentazione pittorica tende ad unire, pertanto, i valori estetici di due tradizioni lontane sia geograficamente che storicamente, ma che si fondono nel personale vissuto esistenziale. Il locale è aperto tutte le sere, eccetto il mercoledì, dalle 19,30 alle 23 e la domenica e i festivi anche dalle 12,30 alle 14,30. (A.S.)


Vita ebraica, la Mostra

Ca’ de’ Lugo - Fino alla Seconda guerra mondiale qui viveva una comunità ebraica, come attesta la permanenza nella struttura urbana del ghetto e del piccolo cimitero, istituito nel 1877 dopo lo smantellamento dell’originario luogo di sepoltura, proprio alle porte della zona. Vi si conserva la memoria di cinque secoli della comunità, testimoniata dal lapidario con 34 steli funerarie poste a ridosso dei muri di recinzione e appartenenti al primo cimitero. La più antica è datata 1560 e tutte sono interessanti per i nomi che portano e per i testi poetici delle iscrizioni incise. Un’interessante mostra (aperta fino a fine ottobre) al pian terreno della Biblioteca Trisi indaga gli aspetti socio-economici e culturali di questa presenza. Con l’annessione dei territori delle Legazioni pontificie al Regno d’Italia, gli ebrei lughesi ottennero i diritti civili, condizione per integrarsi nella vita sociale, economica e amministrativa. Appartenenti ai gruppi familiari quali Del Vecchio, Ginesi, Jacchia, Sinigaglia, gestirono botteghe, negozi, magazzini e manifatture. Espressione della cultura ebraica sono i Kettubot, contratti matrimoniali che garantivano i diritti finanziari della moglie in caso di morte del marito o di divorzio, realizzati con la tecnica del traforo, divenuta poi il marchio della tradizione decorativa locale. La mostra “Vita ebraica a Lugo. Artigianato, commercio e tradizione”, curata da Ines Miriam Marach, comprende immagini, documenti originali, oggetti della tradizione ebraica, libri e la riproduzione dei Kettubot. Orari: lunedì-venerdì, 9-12,30 e 14,30-19. Sabato 9-12,30. Ingresso libero. Nella foto: in primo piano, il negozio di Carlo Sinigaglia (Coll. Bruno Berti) (A.S.)

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Claudio Casadio ne L’uomo Roma - Uno dei massimi eventi nazionali in campo cinematografico,

Un pittore ritrovato Bagnacavallo - Con la mostra al Museo Civico delle Cappuccine, viene riscoperto Giuseppe Rambelli (1868-1954), la cui vicenda artistica è rimasta finora pressoché sconosciuta a critica e pubblico. Trasferitosi a Firenze nel corso degli anni ’80, aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti quindi la Scuola del Nudo di Giovanni Fattori. Grazie alla sua amicizia incontra la tradizione naturalistica della pittura toscana dell’Ottocento, con vaghe reminiscenze macchiaiole, alla quale resterà legato negli anni, insensibile alle innovazioni delle avanguardie e ai nuovi linguaggi della prima metà del Novecento. Rambelli è prima di tutto ritrattista di aristocratici e signore, come la contessa Luisa Gamberini che, tra l’altro, lo avvicinò al pensiero teosofico, agli ideali di fratellanza universale e alla credenza nella reincarnazione. Dopo il periodo fiorentino rientra sul finire degli anni ‘20 in Romagna e si rifugia nella Torre di Traversara, scegliendo di vivere quasi nell’isolamento. Tuttavia, non rinuncia a disegnare e dipingere scene di vita quotidiana, come la trebbiatura del grano, e a ritrarre persone del posto. La mostra Giuseppe Rambelli. Un pittore ritrovato tra Romagna e Toscana presenta un’ampia selezione di dipinti e disegni che ne documentano formazione ed evoluzione, dalle prove d’accademia ai grandi ritratti della nobiltà fiorentina. È aperta fino al 29 novembre 2009, da martedì a domenica, ore 10-12 e 15-18. Chiuso il lunedì e post-festivi. (A.S.)

8 | IN Magazine

che verrà

il Film Fest di Roma di ottobre, ha visto l’esordio “ufficiale” di Claudio Casadio sul grande schermo, come protagonista maschile nel film diretto da Giorgio Diritti. L’uomo che verrà racconta la storia di un bambina e della sua famiglia, che abitano alle pendici del Monte Sole, non lontano da Bologna, e che saranno coinvolti nel rastrellamento da parte delle SS, passato alla storia come la strage di Marzabotto. Per Casadio si tratta di un debutto importante davanti alla macchina da presa, dopo una più che ventennale carriera come attore teatrale per Accademia Perduta, di cui è co-direttore artistico assieme a Ruggero Sintoni.

Nata la fondazione Bettiza Ravenna - Il 25 settembre scorso è stata siglata la nascita della “Fondazione Enzo Bettiza”. Lo stesso scrittore è intervenuto alla costituzione della Fondazione che porta il suo nome, sorta su iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio per curare conservazione e valorizzazione del patrimonio librario e documentale del noto giornalista, recentemente acquisito dalla Fondazione della Cassa. Alla guida della Fondazione Bettiza, di cui lo scrittore è presidente onorario, è Lanfranco Gualtieri, presidente della Fondazione della Cassa. La biblioteca contiene i testi più significativi della letteratura, filosofia e della storia europea del ’900, in particolare quella russa, mitteleuropea, balcanica e dell’Est europeo. Del cospicuo patrimonio fa parte anche un carteggio comprendente una raccolta di lettere autografe di molti tra i

maggiori letterati della seconda metà del ’900, i manoscritti dei più noti romanzi di Bettiza, numerosi quaderni di viaggio e documenti sulle missioni in qualità di responsabile di delegazioni del Parlamento europeo, con Jugoslavia, Repubblica Popolare cinese e Unione Sovietica. La biblioteca troverà collocazione nei Chiostri francescani, in corso di restauro, che ospiteranno anche l’archivio storico e la raccolta economico-giuridica della Cassa. (A.C.)


Un inverno di risate All’Alighieri

Ravenna - Serate all’insegna del divertimento e della risata, anche nella stagione 2009/2010, all’Alighieri, che si impreziosisce di una colorata e vivace rassegna di Teatro Comico, organizzata da Accademia Perduta/Romagna Teatri. Tra famose coppie e carismatici solisti della risata italiana, il cartellone propone una carrellata di spettacoli e testi brillanti, esilaranti, scoppiettanti. L’apertura, a fine ottobre, è stata affidata a Gioele Dix, accompagnato dal polistrumentista Bebo “Best” Baldan, con il monologo Dixplay. Tocca poi a Katia e Valeria, già protagoniste di spicco nelle ultime stagioni di Zelig. Nello spettacolo Base per altezza diviso due propongono i personaggi che hanno segnato la loro carriera (martedì 17 novembre, ore 21). Il terzo appuntamento è con Luca e Paolo, le popolari “Iene” del piccolo schermo. Scritto dagli stessi interpreti, insieme a Michele Serra e Marino Clericetti, i due proporranno La Passione secondo Luca e Paolo. (6 dicembre, ore 21). A chiudere la stagione Ennio Marchetto, straordinario trasformista noto in tutto il mondo, con il suo A qualcuno piace carta. (domenica 17 gennaio, ore 21). www.accademiaperduta.it

Paolo Conte torna a Ravenna Ravenna - Il palco del Teatro Alighieri il 7 e 8 dicembre ospita un doppio concerto di Paolo Conte. A due anni dall’ultima esibizione l’avvocato della canzone italiana ha scelto la città per le uniche date dell’inverno. Il concerto rappresenta il momento clou della stagione del Teatro Socjale di Piangipane. L’atmosfera raccolta dell’Alighieri consentirà di apprezzare al meglio le raffinate sonorità del repertorio di Conte per l’occasione, affiancato da una corposa band di straordinari musicisti. Biglietti: da 23 a 90 euro (incluso prevendita). www.teatroalighieri.org


Ravenna - La nota boutique, aperta nel 1996 da Maria Cristina Lelli, ha voluto dare una nuova impronta alla sua offerta. Specializzata da anni in accessori da uomo, camicie e cravatte di taglio classico, ora è diventata rivenditore ufficiale del marchio Brooks Brothers, fondato nel 1818, a cui si deve l’invenzione dell’ultimo bottone al collo. “Questa novità - spiega la proprietaria - ci ha permesso di allargare il target dei nostri clienti, comprendendo anche ragazzi più giovani che amano vestirsi in modo elegante, secondo lo stile inglese.” Un’altra novità importante comprende la donna: da Reale potrà trovare, infatti, una varia scelta di capi da tailleur, giacche e cappotti. (G.B.)

Gran Premio Confindustria Golf

Faenza - Oltre cento giocatori hanno preso parte alla manifestazione che si è svolta a fine settembre al Golf Club Le Cicogne. Numerosi i rappresentanti degli associati a Confindustria Ravenna e di altre associazioni provinciali. Tra gli ospiti il presidente dell’Autorità Portuale Giuseppe Parrello e il direttore di Banca di Romagna Francesco Pinoni. Nutrita la presenza degli sponsor: da Marcello Bacchini di Edilpiù, a Raffaella Visani di Tecla.it, Francesca Bedei per Millepiedi Viaggi, Alvise Toffoletto per Cps vini e Leonardo Spadoni, Molino Spadoni.

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Piazzetta del Trebbo Ravenna - Lo scorso 19 settembre è stato così denominato uno spazio in centro città, con l’intervento dell’assessore alla toponomastica Giovanna Piaia, l’Arcivescovo Giuseppe Verucchi, il presidente del Consiglio Comunale Valter Fabbri, Franco Gabici, Gaetano Chiappino, docente universitario e il giornalista e senatore Sergio Zavoli. È stato un modo per ricordare Il trebbo poetico che dal 1956 al ’60 portò nelle piazze la lettura delle poesie dei più noti autori del ’900. In cinque anni furono fatti ben 188 incontri in Italia e all’estero. Protagonisti del fenomeno letterario, Walter Della Monica e Toni Comello, che Zavoli definì, in un’intervista radiofonica, i “Giullari della Poesia”. Agli incontri, spesso, partecipavano grandi nomi della poesia da Quasimodo

poetico

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Il nuovo look di Reale Camiceria.

a Sereni, da Pasolini a Ungaretti, a Luzi. La Piazzetta del Trebbo Poetico sarà inserita negli spazi della città utilizzati per letture, piccoli concerti, piccole mostre. (A.D.L.)

Il Giardino delle Tende Ravenna - La Casa della Tenda, storico marchio ravennate specializzato nella produzione di tessuti e tendaggi d’arredamento, ha inaugurato lo scorso 24 ottobre il Giardino delle Stelle, una terrazza di 180 mq, all’interno della sede principale in via San Gaetanino 104, rinnovata e allestita con strutture da esterno realizzate da Corradi, azienda di cui è concessionaria. Casa della Tenda, nata nel 1962 come piccola bottega, vanta quasi 50 anni d’attività nel settore, e continua anche oggi a fare della qualità artigianale il suo maggiore punto di forza. Infatti, è in grado di offrire alla sua clientela un servizio completo che va dalla consulenza d’arredamento, alla realizzazione dei tessuti nella sartoria interna propria, fino all’installazione eseguita da tecnici

specializzati. L’evento, che ha voluto presentare al pubblico non solo l’arredamento di Corradi, ma anche il negozio completamente ristrutturato, avrà una seconda edizione anche in primavera. (G.B.)


Il nuovo prefetto della Città

Ph. M. Marson

Ravenna - Da poco tempo Riccardo Compagnucci è in città, nuovo prefetto dopo Floriana De Sanctis. Romano, sposato, con una figlia, esperto nel campo dell’immigrazione, è entrato nel 1976 nell’amministrazione del Ministero dell’Interno svolgendo diversi incarichi presso le prefetture di Cagliari e Sassari. Molte le domande al suo primo incontro con la stampa ma il Prefetto ha risposto con cautela perché, come spiegato, vuole conoscere più profondamente la realtà del luogo. “L’impatto con Ravenna potrei definirlo ‘soft’ perché l’ho trovata estremamente elegante ma non solo, perché le strade sono pulite e le persone si vestono con molta cura; questo muoversi in bicicletta, cosa che a Roma è impossibile, l’eleganza

Nuova boutique Piquadro

nei negozi e nei ristoranti, ma soprattutto il modo di vivere la giornata, di assaporare quello che si fa, anche le piccole cose; eleganza per me vuol dire avere la concezione della vita dentro di sé, di una vita sana, di vivere la giornata in tutti i suoi momenti.” Ha aggiunto: “Voglio essere un Prefetto in jeans, uscirò dal palazzo perché voglio parlare con la gente in maniera informale; solo così sarà possibile capire la realtà e le esigenze di questa città.” (A.D.L.)

Ravenna - È stata aperta lo scorso 19 ottobre la nuova boutique Piquadro che, dopo Forlì, inaugura un secondo monomarca in Romagna, a Ravenna in via Cavour 95. Il celebre brand bolognese nato nel 1987 dall’intuizione di Marco Palmieri, attuale presidente e amministratore delegato, ha fatto della borsa un prodotto innovativo, in cui si unisce alla qualità della lavorazione tradizionale italiana il design e l’innovazione tecnica. I professionisti, ma non solo, possono dunque vedere soddisfatta ogni esigenza, grazie a questo punto vendita monomarca, dove non mancano borse accessoriate, articoli da viaggio e per il business e, in questo caso, anche capispalla. (G.B.)


Essere | Giovanni Poggiali


L’arte

Impresa

di fare

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

È alla guida, insieme al padre e ai fratelli, di uno dei principali gruppi industriali di Ravenna. È amministratore delegato dell’azienda agricola toscana Felsina. È co-fondatore della polisportiva Compagnia dell’Albero. Di recente è stato eletto presidente provinciale dei Giovani di Confindustria. Giovanni Poggiali ci racconta come passione e professione si fondono nella sua vita.


mostrare anche senza l’artistico.” Giovanni è, infatti, convinto di possedere una certa vena. La mamma, Paola, è una Mazzavillani, figlia di Giordano, dentista, notissimo burattinaio per beneficenza; la zia Cristina è stata l’ideatrice ed è tuttora l’anima del Ravenna Festival, regista di avvenimenti teatrali e moglie del Maestro Riccardo Muti, quindi zio acquisito. “In realtà penso di avere applicato e tuttora di applicare la parte artistica che è in me nell’impresa associandovi cultura, sport e impegno

In apertura e sopra, Giovanni Poggiali ritratto nella sede della Setramar.

Vedeva il suo futuro davanti a un cavalletto, con una tela vergine, pronta a essere attaccata da un pennello pieno di colori, per diventare un quadro di grande valore. Giovanni Poggiali, 38 anni da compiere, rampollo di una delle famiglie più importanti di Ravenna, è invece diventato uno dei più apprezzati giovani imprenditori portuali e non solo.

“Avrei voluto, fin da piccolo, disegnare e dipingere - racconta. Mio padre, Giuseppe, ‘Beppe’, senz’altro saggiamente, quando è stato il momento dell’iscrizione al Liceo, mi mise davanti a una scelta inequivocabile: o classico o scientifico, niente artistico. Poi, aggiunse: se hai passione e voglia di dipingere, lo saprai di-

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sociale.” Giovanni ha cominciato da giovanissimo a occuparsi delle aziende di famiglia. “Di fatto - racconta l’imprenditore ravennate quando m’iscrissi, nel 1990, a 18 anni, alla facoltà di Legge a Siena, assunsi, da subito, una responsabilità nella nostra azienda agricola toscana, Felsina, che produce, in prevalenza, vino.” Giovanni Poggiali è nato a Firenze il 18 dicembre 1971, per una parentela con un medico importante dell’allora ospedale di Firenze. Dopo alcuni giorni dalla nascita viene trasferito a Castelnuovo Berardenga, nella tenuta di Felsina, che il nonno Domenico “Mecco” aveva comprato nel 1966. Li fu battezzato nella cappellina della fattoria. “Per cui sono un pochino toscano. Ma io mi sento totalmente ravennate, meglio dire ravegnano”, come erano chiamati nel tempo passato i cittadini di Ravenna. L’assegnazione di responsabilità nell’azienda agricola Felsina ha segnato la sua vita. “In pratica, dopo sei mesi mi sono innamorato del


mondo del vino. Mi infilavo gli stivali per andare a decide-

re come piantare un vigneto, seguivo la vendemmia, ma nello stesso tempo pigliavo l’aereo per presentare i vini nelle fiere internazionali, nei ristoranti e nelle enoteche più rinomate del mondo.” Oggi l’azienda vende 800-900mila bottiglie dei Docg Chianti classico e Colli senesi. L’etichetta principale dell’azienda è un Sangiovese in purezza. La guida di Slow food-Gambero rosso ha giudicato Felsina, per il 2009, la miglior cantina d’Italia. Ha ricevuto tantissimi riconoscimenti dalla stessa rivista “Gambero Rosso” e da “The Wine Spectator” (per il vino, è la rivista più letta nel mondo); da tanti anni, è costantemente ospite al New York Wine Experience. Ma Poggiali non si occupa soltanto di vino e vitigni. Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Ravenna, da circa un anno lo è anche della sezione ravennate della UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti. “Carica che ho assunto volentieri, perché sento molto di dovere perfezionare e migliorare la mia formazione umana, cristiana e cattolica e di farlo nello stretto ambito della mia professione di imprenditore. Ho letto questa

estate con piacere l’enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, molto bella.”

Da piccolo voleva dipingere Nel suo gruppo imprenditoriale Giovanni riveste la carica di Amministratore Delegato di Felsina e di consigliere nel Gruppo Setramar. Presidente di Amministrazione del Gruppo è il padre Giuseppe. Setramar nasce col nuovo porto. Domenico Poggiali, nonno di Giovanni e padre di Giuseppe, ottiene una banchina sullo scalo ravennate e diventa il primo “terminalista” privato italiano, con gru, piazzali e capannoni, dove vengono stoccate le merci sbarcate. “Mio nonno ebbe l’idea di sviluppare l’attività nel porto, dopo che uomini come Benigno Zaccagnini e Luciano Cavalcoli avevano avuto l’intuizione di trasformare il canale Candiano in uno dei più grandi porti italiani.” Giovanni ci ha ricevuto nella sede centrale del Gruppo, all’angolo tra Via Serra e Via Giordano Bruno, a pochi passi dal vecchio macello. L’edificio, completamente ri-


A fianco, passaggio di consegna tra Massimo Geminiani e Giovanni Poggiali alla presidenza del gruppo Giovani di Confindustria. Sotto, l’imprenditore (primo a sinistra) durante una partita di rugby.

strutturato, ospitava la vecchia segheria Poggiali. Ma il centro vitale dell’azienda è sul porto. Setramar presenta un fatturato consolidato attorno ai 300 milioni e conta circa 1000 dipendenti. Ha filiali a Siena, Livorno e Trieste. La sua organizzazione si articola in sette divisioni e una ventina di società.

Giovanni, che si occupa anche di comunicazione, una novità per il Gruppo, ha due fratelli più giovani, Nicolò, di 36 anni, che segue la parte relativa alla navigazione e le attività contiguee, e Domenico di 30, che si occupa di trading, in particolare di materie prime. Non c’è comunque solo l’azienda nelle attenzioni dell’imprenditore. “Mi piace camminare, stare in mezzo alla natura, e ogni tanto vado a caccia. Leggo molto e mi piace la musica.” Da poco si è sposato con Francesca, “ravegnana” come lui. Ha un’altra grande passione, lo

sport. Ha fondato la Compagnia dell’Albero assieme a Luca Minar-

di, “un ottimo dirigente dell’azienda e un amico fraterno dai tempi del liceo. Un’altra grazia del Signore: lo sport ci lega da tantissimi anni, quando, con gli amici della scuola giocavamo a calcio. Ad un certo punto, ci siamo chiesti che fare, avendo tutti passione per lo sport e per l’educazione. Abbiamo provato a mettere assieme le due cose. L’iniziativa ha avuto uno sviluppo imprevisto. L’anno scorso avevano, solo nel calcio, più di 250 ragazzi. Oggi la Compagnia è una polisportiva, con calcio e rugby, altra mia grande passione.” Un nome abbastanza strano per una società sportiva, ma anche una scelta strategica. “Creare un format educativo con attenzione a tutti i livelli d’età. Per me, che amo i boschi e le piante l’albero è un simbolo fortissimo. L’abbiamo chiamata Compagnia perché questo concetto è stato utilizzato, in Occidente e in Italia in particolare, nei momenti che ritengo più belli e

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fondativi della nostra identità storica. Vale a dire, quando la cristianità si identificava con l’Occidente e i suoi valori permeavano ogni angolo della persona e ciò che queste costruivano. Oggi, in Italia siamo legati a un concetto di gestione dello sport basato sull’individuo: il presidente, il commendatore... finito lui, casca il palco. Noi pensiamo che il concetto di compagnia possa ispirare continuità nelle cose di là dal fatto personale.”

Non va dimenticato il rugby. “Ho scoperto questo sport andando a studiare inglese in un college. Un professore irlandese ce lo fece provare, dopo cinque minuti me ne ero innamorato. Ora ricopro la carica di presidente onorario del Ravenna RFC, che sta per Rugby Football Club.

Quando, una sera, in un incontro con gli sportivi del Panathlon Club mi hanno detto che mio nonno era stato uno dei primi sponsor del rugby ravennate, mi sono emozionato. Ho letto la circostanza come una sorta di battesimo ulteriore. Come dire: ‘vai avanti’.” IN


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Approfondire | “Economia” del mosaico

Opinioni

Oggi

sul mosaico

testo Claudia Graziani - foto Massimo Fiorentini

In occasione della prima edizione del Festival Internazionale dedicato a questa antica arte in ambito contemporaneo, abbiamo analizzato insieme a quattro “maestri” e all’assessore comunale alla Cultura i primi risultati di questa iniziativa e le prospettive future di sviluppo, anche a livello economico, di questo settore.

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Un esametro latino sulle pareti della Cappella Arcivescovile cita: Aut lux hic nata est aut capta hic libera regnat, ovvero, “O la luce è nata qui o, qui imprigionata, libera regna”. Come non è possibile imbrigliare la luce che scaturisce dalle tessere musive che decorano i monumenti patrimonio Unesco di Ravenna, così non è semplice individuare l’incidenza che l’arte del mosaico ha sull’economia della città. Non tanto quella

che deriva dall’aspetto turistico, che si quantifica in arrivi, presenze

e quindi in biglietti staccati, notti prenotate negli hotel e pasti consumati ai ristoranti, quanto quella legata alle botteghe artigiane che realizzano pezzi unici o agli artisti di fama mondiale ai quali vengono commissionate opere, anche di grande impatto, in diversi paesi del mondo. Ebbene, pur facendo domande in diverse direzioni (Camera di Commercio, Amministrazione comunale, associazioni di categoria), una risposta non è emersa. Quale fatturato? Quale peso occu-

pazionale? Pare non esista uno studio su questo aspetto. Allora, in attesa di tornare sull’obiettivo che ci eravamo posti, l’economia del mosaico in città, in occasione di RavennaMosaico, prima edizione del Festival Internazionale dedicato a quest’arte antica in ambito contemporaneo, focalizziamo la nostra attenzione proprio su questo evento che prevede fino al 20 novembre una ricca serie di mostre, installazioni musive, visite guidate, incontri, narrazioni animate e laboratori

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In apertura, da sinistra a destra, i mosaicisti ravennati Felice Nittolo, Dusciana Bravura, Luca Barberini e Marco Santi.

per bambini. Un mese e dieci giorni durante i quali numerosi luoghi della città stanno facendo da contenitore, vetrina o palcoscenico per l’arte musiva che ha reso Ravenna famosa in tutto il mondo: da quelli istituzionali, come il Museo d’Arte della Città o le biblioteche Classense e Oriani, a quelli più insoliti, ma dove il mosaico è presente da anni, come il Parco della Pace, o l’Atrio d’onore del Palazzo della Provincia, o la cripta di San Francesco. La manifestazione, organizzata dal Comune, in collaborazione con AIMC, Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei, si presenta unico per la ricchezza degli eventi e per il coinvolgimento dei

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soggetti. 18 gli enti che collaborano a RavennaMosaico, 25 i luoghi che ospitano gli eventi, 16 le mostre da visitare. A sottolinearlo con soddisfazione è lo stesso assessore alla Cultura del Comune Alberto Cassani: “Per la prima volta si sono creati i presupposti per lavorare tutti insieme. E chi conosce la storia recente del mosaico a Ravenna sa che valenza ha questo fatto. Ora occorre dare continuità al progetto, che vorrei fosse biennale, e, proprio partendo da questa maggiore coesione, dedicarci alla promozione del mosaico attraverso strategie comuni. Ciò gioverà anche alla candidatura di Ravenna come capitale europea della cultura per il 2019.

Una candidatura che potrebbe aver creato un terreno fertile proprio grazie a questa unione di intenti.” Ma cosa ne pensano i mosaicisti ravennati? Come lo hanno accolto? Ecco l’opinione di Felice Nittolo: “Complessivamente è molto positiva su questo primo Festival. Avendo i capelli bianchi ho vissuto la cosiddetta Biennale del ’77, ho vissuto la nascita di alcune istituzioni cittadine degli anni ’80, e quindi altri momenti di promozione e rilancio del mosaico, ma questa volta sono ottimista perché c’è un entusiasmo diverso. Ci credo di più perché c’è la scommessa di Ravenna Capitale Europea della Cultura. C’è un interesse maggiore da parte di tutti e un impegno convinto da parte dell’amministrazione cittadina.” Dusciana Bravura, figlia d’arte, spera che sia una buona opportunità per far conoscere di più Ravenna e la sua posizione di capitale del mosaico nel mondo. “Mi auguro


In queste due pagine, alcuni momenti delle inaugurazioni delle mostre dedicate al mosaico contemporaneo durante la Notte d’Oro.

che il Festival cresca, che interessi sempre di più anche le persone che non conoscono il mosaico. Bella l’idea delle inaugurazioni delle mostre in coincidenza con la Notte d’Oro. Uno dei tanti segni che oggi la città è vitale, mentre vent’anni fa non succedeva niente, c’era grigiore culturale. Il Festival credo debba essere un trampolino di lancio per il mosaico. Il futuro inizia ora.”

Su una linea simile Marco Santi: “Pur essendo un’iniziativa nuova e realizzata all’ultimo minuto è positiva e senz’altro occorrerà ripeterla. Ho visitato tutte le mostre e i lavori esposti sono d’alto livello. Peccato che siamo sempre noi… facciamo mostre e le andiamo a vedere. Certo, persone da fuori ne sono venute, ma occorre promuovere Ravenna capitale del mosaico tutto l’anno. Penso, ad esempio, che sarebbe bello fare una mostra di mosaici contemporanei che affianchi quella delle riproduzioni di quelli antichi

che gira il mondo, testimoniando la bellezza della nostra città. Allora, perché non far uscire una sezione del Festival, una volta terminato, anziché riporre le opere nei magazzini? Un’occasione per far vedere il bel rapporto che c’è tra arte musiva antica e moderno.” Infine Luca Barberini. “Do un giudizio estremamente positivo, nessuna critica. Il lavoro è stato svolto con il massimo impegno pur con poche risorse. Le istituzioni ci hanno creduto e sono riuscite ad organizzarlo bene. Poi ho sentito pareri positivi dai turisti che in questi giorni hanno frequentato il mio laboratorio. Non pensavano che questa

antica tecnica potesse accostarsi al contemporaneo. Non solo, anche i nostri diretti concorrenti di Spilimbergo, dove c’è una qualificata scuola in materia, venuti a vedere le mostre sono rimasti meravigliati dalla ricchezza dell’evento. La coincidenza dell’inaugurazione con

la Notte d’Oro ha poi permesso a moltissimi giovani di venire in contatto con questa nuova modalità di fare mosaico, che grazie alla nostra generazione sta cambiando senza, naturalmente, rinnegare le nostre radici antiche. Ho persino sentito teenager stupiti di fronte ad opere musive contemporanee. Il Festival è senz’altro un punto di partenza e suggerirei di legarlo ad un premio, anche solo simbolico, per promuoverlo ancora di più all’estero.” IN



Creare | Marisa Moroni

Il mondo

Ieri

di

testo Aldo Savini foto Massimo Fiorentini

Nella città più famosa d’Italia per la lavorazione della ceramica continua a creare, con uno stile del tutto personale, l’artista faentina Marisa Moroni, a lungo allieva prediletta di Pietro Melandri, nella cui bottega ha operato per ben trent’anni.

Nella sua lunga storia la ceramica prodotta a Faenza, le cui prime frammentarie testimonianze rimandano alla fine del Medioevo e agli albori del Rinascimento con forme e decori tipici, nel corso dei secoli ha indubbiamente subito un’evoluzione, ma di fatto ha conservato la propria identità e riconoscibilità, “faentina” appunto. Una radicale svolta è intervenuta quando, rispetto alla funzionalità e alla destinazione d’uso pratico di vasellame, ciotole, contenitori e stoviglie ha prevalso la ricerca decorativa artistica; così, la ceramica ha assunto il ruolo non di semplice tecnica, bensì di linguaggio artistico in grado di competere con altri e di contaminarsi con essi, principalmente con la scultura e la pittura. Il Novecento faentino è ricco di sperimentazioni ardite fino ad arrivare a esiti di aperta rottura

con la tradizione: basti ricordare i fermenti creativi, con effetti irraggianti, del cosiddetto cenacolo baccariniano e i sussulti futuristi della Bottega Gatti. Marisa Moroni si inserisce a pieno titolo nel contesto dell’arte del Novecento, ma alla sperimentazione spericolata ha anteposto la ricerca accurata di soluzioni formali e visive misurate e aggraziate, frutto di una costante e profonda riflessione e di una lunga pratica esecutiva. Non produce oggetti in serie d’uso quotidiano e domestico come gran parte dei ceramisti faentini, ma nemmeno opere in cui il materiale ceramico sia un pretesto, come il marmo, il bronzo o il legno per la scultura. Si considera ed è una ceramista. Segue la linea inaugurata proprio a Faenza nella prima metà del secolo scorso in seguito a quella ventata innovativa

portata dalla diffusione delle arti decorative, comunemente dette applicate, prima della loro conversione alla produzione industriale. Il suo lavoro è ancora artigianale, di bottega, dove la manualità è il fattore primario, non puramente esecutivo, bensì creativo. La lunga permanenza nell’atelier di Pietro Melandri è stata determinante per la sua formazione e l’apprendimento dell’ornato in rilievo e di modalità espressive non puramente di decoro, tra cui il lustro metallico e il ricamo in oro. Considerata il “braccio destro” di Melandri, entrò come tante altre ragazze in quella ”officina” nell’immediato dopoguerra; fortunatamente non aveva frequentato l’Istituto d’Arte per la Ceramica perchè non sarebbe stata accettata. Melandri era un tipo bizzarro, parlava in dialetto e voleva insegnare esclusivamente il suo

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In apertura e a fianco, Marisa Moroni mostra due delle sue opere in ceramica, caratterizzate dal ricamo in oro. Sotto, particolare di un’altra sua ceramica.

Breve biopic metodo e soltanto a chi riconosceva capacità particolari. Lei aveva frequentato le medie prima della guerra e le era stata riconosciuta una particolare predisposizione per il disegno. È rimasta con Melandri per 30 anni, fino all’anno prima della sua morte. Lavorando sotto la guida del maestro, come nelle botteghe medievali, ha appreso, più che una tecnica, un “sapere” che conserva i segreti delle pratiche magiche. Tra le opere più

importanti ricorda quella che nel 1959 la impegnò per vari mesi, da marzo a ottobre, per un lavoro imponente destinato al rivestimento integrale delle pareti della sala da tè dell’Albergo Roma di Bologna, che fortunatamente in tempi recenti è stato acquisito dal Museo delle Ceramiche di Faenza dove ora è in esposizione permanente. La Moroni, senza tradire il maestro, ha elaborato uno stile personale. Se Melandri usava colori di base densi e foschi, come il rosso e il sangue di bue, lei li ha schiariti per dare alle opere un’accesa brillantezza e vivacità. Così, le iridescenze del lustro e l’oro accentuano le preziosità cromatiche sapientemente adattate alle scene di soggetto sa-

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cro, storico, mitologico e letterario ma anche alle composizioni naturalistiche con fiori o frutta delle sue formelle. Queste opere sono sempre pezzi unici, anche quando la ciotola è fornita dal torniante o il pannello è modellato su stampo. Generalmente però, preferisce iniziare con la modellazione della creta e passare poi alla prima cottura per il biscotto. A questo primo atto seguono altri interventi originali che richiedono lunghi tempi e tre ulteriori cotture per ottenere sia gli effetti tattili del rilievo sia quelli visivi più propriamente pittorici, gli uni e gli altri accuratissimi, con quella precisione virtuosistica propria dei cesellatori e dei miniatori medievali, che sanno trasmettere il calore vivo dell’emozione, appena velata di ironica grazia. Sono quasi confessioni personali, nate scavando nell’interiorità per trovare motivi di gioia, freschezza e tranquilla serenità, allo scopo di comporre un universo di immagini dall’aspetto quasi magico, attraverso il raffinato gioco di colori, come se emergessero dalla memoria più che dall’immaginazione, per ricreare un mondo di sentimenti che non c’è più. IN

Marisa Moroni, nata a Faenza, nell’immediato dopoguerra entra nella bottega di Pietro Melandri e vi resta dal 1945 al 1975. Successivamente lavora in proprio in un laboratorio con un piccolo forno e annessa saletta di esposizione, presso l’abitazione di Faenza in Via Marini al numero 20. Alla recente mostra di Bagnacavallo ha esposto un’ampia selezione di pezzi in grado di ricostruire, con i soggetti tipici della sua produzione, l’intero percorso creativo che abbraccia oltre mezzo secolo di attività.


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Ricordare | Palazzo Guiccioli

Il palazzo

“Circe”

di

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

La storia di Palazzo Guiccioli: un imponente edificio storico in pieno centro a Ravenna che fu teatro di numerose vicende politiche e fu dimora di Lord Byron. Una nobile residenza che vive ora un grave stato di degrado.

I tanti ravennati che, a cadenza quotidiana o settimanale, affollano la “vasca” di via Cavour in uno dei riti consolidati della città, in grande maggioranza lo ignorano. Eppure, oltre la soglia del palazzo a metà della strada si cela l’ingresso verso un’altra dimensione. Lasciata alle spalle la teoria sfavillante delle vetrine, il silenzio e la penombra dell’androne proiettano il passante in una dimensione in cui il mistero si fonde, purtroppo, col degrado, e le suggestioni del passato si presentano tanto più intense a sottolineare la colpevole indifferenza del presente. Senza dubbio Palazzo Guiccioli (questo, infatti, è l’edificio di cui stiamo parlando) non è, fra le dimore ravennati, una delle più spettacolari

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dal punto di vista architettonico. È però una di quelle più significative per quanto riguarda le memorie storiche racchiuse entro le sue mura. Di origine probabilmente seicentesca, incombe sulla strada con mole massiccia e severa, appena ingentilita dal balcone di fattura, si presume, settecentesca. Degne di nota, all’interno, le decorazioni pittoriche di alcuni ambienti del piano nobile, databili a vari decenni dell’800, a partire dal periodo neoclassico di inizio secolo. Ma oltre all’aspetto storico-artistico, cos’è che rende questo luogo così speciale nella storia di Ravenna? Appartenuto nei primi secoli alla famiglia dei conti Osio, verso il 1802 fu acquistato da uno dei protagonisti della storia ravennate di

quegli anni, Alessandro Guiccioli. Esponente di un’antica ma decaduta casata nobiliare, aveva riassestato nel giro di pochi anni le finanze familiari accumulando un’immensa fortuna grazie alla disinvolta partecipazione agli organi di governo dell’amministrazione “giacobina”. Viste le sue frequentazioni, non è dunque un caso che già nel 1803 le cronache registrassero a palazzo misteriose riunioni di una nuova setta non meglio precisata, nella quale è possibile scorgere un antecedente della Massoneria. Ma i giorni più movimentati, sarebbero venuti dopo che, nel 1817, l’anziano cavaliere si unì in terze nozze con la diciannovenne Teresa Gamba, colta fanciulla destinata a diventare l’amante di George Byron.



A fianco, l’androne d’entrata del palazzo. In apertura, l’imponente facciata su via Cavour.

Le vicende attraverso le quali si dipanò la love story fra la giovane e il celebre poeta del Romanticismo inglese sono note. Giunto in città nel giugno 1819, all’inizio dell’anno seguente Byron era alla ricerca di una sistemazione stabile. Con sua sorpresa chi gliela offrì, con regolare contratto d’affitto, fu nientemeno che il marito dell’amante. Speranza di trarne profitti economici? Intento di controllare meglio i due amanti? I motivi della decisione restano ignoti. Fatto sta che in quel tardo inverno 1820 Byron si trasferì al primo piano del palazzo (i coniugi risiedevano nell’appartamento al piano terra), adattando a camera da letto una stanza che dava sul cortile e utilizzando come studio quella del balcone. Lo seguivano la

figlioletta Allegra (che poi sarebbe morta presso le Cappuccine di Bagnacavallo a soli quattro anni nel 1822) e la falange del suo pittoresco seguito: “La casa di Byron - avrebbe scritto a una corrispondente l’altro grande poeta e amico Shelley, suo ospite per qualche tempo nel 1821 - oltre ai servitori, consiste in

dieci cavalli, otto cani enormi, tre scimmie, cinque gatti, un’aquila, una cornacchia, un falcone, e tutte queste bestie, fuorché i cavalli, girano per la casa la quale risuona continuamente qua e là delle loro libere contese come se esse ne fossero padrone.” E poi, in una postilla: “mi accorgo che la mia enumerazione degli animali in questo palazzo di Circe è incompleta. Sullo scalone ho incontrato or ora cinque pavoni, due galline faraone, ed una gru egiziana.” In questa casa, in particolare nello

Proposta di recupero In una città pronta a sottolineare le proprie realizzazioni, “l’assordante silenzio” che da anni circonda Palazzo Guiccioli è segno di un imbarazzante fallimento. Eppure l’edificio avrebbe tutte le potenzialità per un utilizzo che potrebbe unire valorizzazione culturale a quella più pragmaticamente turistica. Situato nella strada più animata del centro, sarebbe la collocazione naturale, nelle stanze stesse dove il poeta visse, per un museo che raccogliesse i cimeli della presenza di Byron oggi conservati alla Biblioteca Classense. Accanto a questi potrebbe anche accogliere, in una nuova e suggestiva location, il museo del Risorgimento. Una sapiente valorizzazione presso la cittadinanza e il turismo colto, inglese e non solo (come, ad esempio, ha fatto Trieste con la figura di James Joyce), sarebbe il completamento di un progetto culturale di qualità imperniato attorno al’edificio.

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studio affacciato sull’attuale via Cavour, Byron portò a termine molte composizioni, e sempre qui, sotto il comune tetto, si svolgevano i quotidiani “colloqui” fra i due amanti. Finché, una sera di maggio, Guiccioli, rincasando, li colse “quasi sul fatto”. Il risultato fu l’esplosione delle tensioni a lungo latenti, col conseguente abbandono della casa da parte di Teresa e la temporanea separazione della coppia. Per estremo paradosso Byron non si mosse. Forte del suo contratto d’affitto, continuò a risiedere nel piano nobile, limitandosi a spostare i suoi incontri con Teresa prima nella villa dei Gamba a Filetto e poi nel palazzo di città nell’omonima strada non lontano da S. Vitale. Accanto a quelle “letterarie” e “amorose”, Palazzo Guiccioli fu anche il teatro delle vicende legate alla militanza politica filo-carbonara di Byron, cui il poeta venne introdotto

dalla stessa famiglia Gamba. All’inizio del 1821 le sue cantine traboccavano delle armi, depositate dai


liberali ravennati, in attesa di una rivoluzione che non sarebbe mai scoppiata. Poco prima, la sera dell’8 dicembre 1820, il palazzo era stato sfondo di un episodio che aveva funestato l’atmosfera cittadina già tesa. “Stavo mettendo il mantello per andare dalla contessa G. - scrisse Byron a un suo corrispondente - quando udii lo sparo. Entrando nella sala, trovai tutti i miei domestici al balcone che gridavano che un uomo era stato ammazzato.” Si trattava del comandante della guarnigione militare, colpito a morte da un sicario a pochi metri dal portone, e precisamente all’angolo fra le attuali via Cavour e Argentario. Sceso in strada, Byron trovò il corpo agonizzante, circondato da una folla muta e inerte, e lo fece portare nel suo appartamento per prestargli le prime cure: inutilmente, perché la vittima spirò di lì a poco. “La mia casa è piena di soldati, dragoni, medici, preti e ogni genere di persone, sebbene io le abbia anche congedate e poste le sentinelle alla porta”. Se si pensa al clima da “palazzo di Circe” che, secondo Shelley, vi creava lo zoo personale del poeta, è facile immaginare l’atmosfera fra il tragico e il farsesco che doveva regnare in quei momenti fra le sue mura. Partito per sempre Byron nell’ottobre 1821, il palazzo riprese la sua tranquilla vita di residenza di famiglia, che si protrasse per circa sei decenni, salvo alcuni anni in cui fu permutato alla pari con il palazzo Rasponi-Murat nell’attuale piazza Kennedy. Nel 1879 la principessa Costanza Ghika, vedova di Gioacchino Rasponi, acquistò nuovamente l’edificio, facendovi anche murare una lapide in ricordo del passaggio di Byron. Nel 1895 gli eredi Rasponi lo cedettero al Demanio, che ne fece la sede del comando della Divisione militare. Da qui iniziò una lunga decadenza, che non fu interrotta dal passaggio al Comune nel 1982. Da allora progetti e proposte

per il suo utilizzo (Università, Centro per il mosaico, museo del Risorgimento…) si sono succeduti a cadenza periodica senza nessuno sbocco concreto, se non quello parziale, forse non del tutto appropriato, che ha portato alla realizzazione di un piccolo studentato universitario in un’ala del cortile. Unica vera costante, in questo trentennio, è rimasto il degrado sempre più accentuato della struttura: un degrado che, se non bloccato in tempo, rischia di privare Ravenna di uno dei luoghi più carichi di suggestione della sua storia. IN

FORLÌ via Copernico, 4/A - tel. 0543.751714 - rada@rada.it Orari: da lunedì a sabato: 9,30 - 12,30 / 15,30 - 19,30



Riscoprire | Murales canadesi

L’arte

Guerra

della

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

Risalgono alla Seconda guerra mondiale i tre murales, realizzati da soldati canadesi di passaggio, conservati in quello che oggi è un negozio a Russi. Un piccolo “frammento” di storia riportato alla luce da una studiosa appassionata, e che rischia di finire perduto.

Portano la firma di soldati canadesi i tre murali “custoditi” in un negozio di Russi, in via Garibaldi 149. Que-

sta è la conclusione a cui è arrivata, dopo oltre un anno di ricerca, Gail I. Carter che è riuscita a far luce su un “frammento” di storia risalente alla Seconda guerra mondiale che merita d’essere conosciuto. D’altra parte, la scrittrice, pittrice e insegnante canadese è abituata alle sfide difficili se si considera che, qualche anno fa, visitando il cimitero di guerra di Villanova, dove riposano 194 uomini della Quinta Divisione Corazzata Canadese, è riuscita a trovare la lapide del marito di una vedova canadese - sua amica - che non aveva più fatto ritorno dalla campagna in Italia. Una vera vocazione per la storia che ha coinvolto anche il marito Piero Ram-

baldi, diventato avido collezionista di cimeli di guerra, da usare come “manufatti recuperati”, fra cui 4 contenitori di ferro per munizioni, su cui si può ancora leggere la sigla “1943 MPB B166”, una piccola lattina cilindrica che conteneva sigarette, cartucce vuote d’artiglieria contraerea o anti carro. “I D-Day Dodgers, com’erano definiti i soldati alleati in Italia, non si sono lasciati alle spalle solo ponti Bailey e un vasto assortimento d’attrezzature militari, ma anche tre dipinti murali di grandi dimensioni,” illustra. Tutto è nato grazie alla telefonata della collega Claudia Baruzzi, mentre era impegnata a raccogliere testimonianze di partigiani in un centro anziani A Piangipane. Incuriosita dalla vicenda, ha chiesto la consulenza dell’amica ame-

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A fianco e in apertura, due dei tre murales; sotto, particolari del terzo.

ricana Vicki Weinstein, laureata in Belle Arti alla Ucla con dottorato in storia dell’arte dell’Università di Cornell. Grazie ai suggerimenti di Enzo Bolognesi - appassionato di storia locale da tempo a conoscenza dei murali - arrivano in un edificio dall’aspetto modesto a Russi che, prima della guerra era adibito a sala cinematografica, convertito negli anni ’50 e ’60 in garage. “Con stupore abbiamo potuto ammirare tre murali miracolosamente sopravvissuti alle incurie della guerra, ciascuno di 150 cm di altezza per 250-350 di lunghezza, dipinti fra i pilastri portanti che delimitano tre sezioni di muro, sul lato sinistro di questo ampio spazio interno”, ricorda Gail Carter il cui studio è stato di recente pubblicato su Reader’s Digest. “Autentiche opere d’arte in tempo di guerra”, secondo la Weinstein. Ma chi sono i personaggi ritratti e perché qualcuno si è preso la briga di dipingerli nel bel mezzo della guerra? È proprio da Bolognesi, il primo a interessarsi ai murali - quando alla fine degli anni ’60 portava la sua automobile dal meccanico Tonino, involontario “custode” - arriva una felice intuizione. “Avevo poco tempo da dedicare al mio hobby di ricerca di vecchi libri e documenti storici - spiega -. All’inizio del 2000, mentre curiosavo fra gli scaffali di una libreria, mi è capitato di imbattermi in un libretto del ’44 dal titolo The Two Types by Jon. Sulla copertina, un fumetto che ritraeva due divertenti ufficiali dell’Armata Britannica. Come in

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un flash, mi sono tornati alla mente i disegni sui muri dell’officina: i personaggi erano gli stessi.” L’autore era William John Philpin Jones (1913-1992), in arte Jon. Poteva essere stato davvero lui a dipingere i murali? Dopo un’analisi stilistica dettagliata e un confronto fra le vignette di Jon e i personaggi/scenari dei murali, la Weinstein arriva alla conclusione che nessuno dei tre dipinti sia stato concepito o eseguito da Jon in persona. Risulta inoltre che gli stili dei tre murali sia differente, per cui non è stata la stessa mano a realizzarli. “L’84enne Elio Ferretti ci ha raccontato che stava suonando la fisarmonica nel retro di questo edificio quanto è arrivata la ‘squadra dei pittori’ - conclude la Carter -. I

un po’ come a casa.” Ora che ne sarà dei murali, testimonianza di prima mano del lato umano della guerra? “Mi hanno toccato il cuore non perché abbiano valore economico ma perché sono sopravvissuti indenni a tante vicissitudini - afferma Gail Carter -. L’edificio in cui sono ospitati è stato di recente ristrutturato e affittato come negozio al dettaglio gestito da cinesi. Non c’è protezione che li ricopre, malgrado il proprietario avesse proposto il plexiglass, e appaiono un po’ affogati dovendo competere con prodotti che vanno dai Babbo Natale che si arrampicano sulle scale a scatole di detersivo. Il

dipinti sono stati fatti un pomerig-

Purtroppo, per mancanza di fondi, nessuno dei musei interessati a ospitarli, come quello del Senio di Alfonsine o altri canadesi contattati dalla stessa Carter, riescono a sostenere le spese (circa 20 mila euro) per toglierli e spostarli. E per ora l’Amministrazione di Russi non ha dimostrato particolare interesse. IN

gio d’inverno e i soldati, che parlavano inglese, hanno impiegato 3 o 4 ore di tempo. Poi se ne sono andati

e nessuno li ha più visti, non erano tra i ‘regolari’. Dal dicembre ’44 fino al marzo ’45, l’edifico era usato come osteria dai soldati canadesi di stanza nella zona di Russi e c’era chi si dava da fare per sentirsi

mio timore è che possano essere dimenticati se una semplice spennellata di bianco dovesse cancellarli.”


Tenuta Pertinello Sulle colline della Romagna Toscana nascono vini di pregio

Immerse tra le colline della Romagna Toscana, abbracciate dal sole dall’alba al tramonto, crescono le uve della Tenuta Pertinello. È dalla passione di Alfeo Mancini e del figlio Moreno, che si occupa dell’azienda, che nascono vini prestigiosi. La tenuta si estende per 40 ettari sui dolci declivi di Galeata, estremamente vocati; di questi 12 sono coltivati a Sangiovese, re dei vitigni rossi italiani, per una produzione di 70mila bottiglie l’anno. La viticoltura, curata passo passo da Luigi Martini, segue il ritmo di un tempo: le uve vengono raccolte manualmente e la selezione dei grappoli è meticolosa. La stessa qualità è applicata per la vinificazione: il vino è imbottigliato direttamente in azienda e la maturazione avviene in botti e in barriques di rovere d’Allier, nella splendida cantina. Il prodotto, grazie anche alla collaborazione dell’enologo Fabrizio Moltard, non può che essere di altissimo pregio: fiore all’occhiello è proprio il Pertinello, Sangiovese corposo, ma allo stesso tempo fine ed equilibrato, affinato in bottiglia dai 12 ai 15 mesi. Si passa poi al Bosco di Pertinello, Sangiovese fresco, fiorito, giovane e vivace. Pochi preziosi filari coltivati ad Albana danno vita a una produzione di nicchia, dolce e irresistibile con delicate note di miele e albicocca: il Passito di Pertinello. Figlia della distillazione delle uve Sangiovese è Luna di Pertinello, la “grappa” per eccellenza: profumi decisi di sottobosco, di floreale e un gusto rotondo delicatamente aromatico. Tenuta Pertinello: quando la passione incontra la qualità, un calice di vino si trasforma in opera d’arte.

Distribuito da: Agenzia Romagna snc di Leoni Fulvio e C. P.le della Vittoria, 1 - 47121 Forlì

Pertinello - Strada Arpineto, 2 47010 Galeata (FC) Italy Tel. 0543.983156 - Fax 0543.983768


IN Magazine | Special ADV

Logisticamente

Femminile Il traguardo dei 40 anni e una leadership “in rosa”: è la Gambi Carrelli Elevatori, attiva nel settore delle macchine per la movimentazione merci. Una solida azienda ravennate, che fa del lavoro di squadra una grande risorsa ed è guidata, con competenza e capacità, da due donne: la giovane imprenditrice Stefania Gambi insieme alla madre Gabriella.

Nel mercato delle macchine per la movimentazione merci la ditta Gambi di Ravenna stacca la concorrenza in virtù di una solida esperienza maturata in quarant’anni di attività e di una forte tradizione familiare che ha visto il passaggio del testimone di padre in figlia. Continuità, determinazione e innovazione: questi i principi guida che hanno consentito all’azienda, l’unica al femminile nel settore della logistica, di rafforzarsi con successo sul mercato. Attualmente la ditta è infatti gestita dalla giovane Stefania Gambi, under 40, che può contare sulla preziosa collaborazione della madre Gabriella e sull’efficienza di collaboratori preparati e dinamici. Nata come agenzia di rappresentanza in forma individuale nel 1969 dalla capacità imprenditoriale di Giuliano Gambi, l’azienda acquisisce visibilità con la costruzione della nuova sede di via Faentina,

inaugurata nel 1980. Dalla fine degli anni Ottanta, alla scomparsa del fondatore, l’amministrazione volge al femminile sotto la guida della moglie Gabriella, responsabile del settore amministrativo. «Inizialmente ho dovuto fare di necessità virtù - ricorda -. Mio marito era un vero e proprio factotum e non è stato facile sostituirlo. Tanto più che il settore delle macchine per la movimentazione è sempre stato appannaggio maschile. In quei primi anni i clienti che entravano in azienda non si aspettavano certo di dover parlare con una donna, c’era di che rimanere spiazzati. Poi mi sono fatta le ossa e nel tempo ho proposto una diversa organizzazione: tutto il lavoro che prima era incentrato su un’unica persona, è diventato un lavoro di squadra, grazie alla presenza di validi collaboratori con i quali è stato instaurato un rapporto trasparente di



“Innovazione e dinamismo sono la nostra principale fonte d’ispirazione”

stima e fiducia reciproca. Una gestione dunque meno piramidale e gerarchica e più al passo coi tempi, che ci ha dato subito riscontri positivi». Con la presenza femminile si è rafforzata la struttura organizzativa fino all’ingresso in azienda di Stefania, rappresentante della seconda generazione, attraverso la quale la ditta Gambi da azienda si è trasformata in gruppo. Oltre alla sede commerciale e all’officina di Ravenna, sono stati costituiti altri due centri di assistenza tecnica, a Ferrara e a Cesena. Il cliente è seguito in tutto e per tutto con un servizio a 360 gradi, che parte dalla vendita e noleggio di carrelli elevatori e di macchine per la movimentazione

delle merci, comprende l’assistenza tecnica, suddivisa in riparazioni, manutenzione programmata, controlli periodici ISPESL, e arriva alla consulenza per la risoluzione di tutti i problemi della logistica, compresi i corsi di formazione per carrellisti. Il servizio di assistenza è organizzato per raggiungere il cliente on site con officine mobili, per consentire interventi rapidi e capillari sul territorio. Da semplice fornitore a partner: il motto “Vi solleviamo dai pensieri” – rende l’idea di come l’azienda concepisce il proprio servizio al cliente. Un settore che ha riscontrato un particolare successo in questi anni è anche quello dei noleggi a breve e lungo termine. A disposizione delle aziende


Sopra, interno di uno degli uffici; sotto, scorcio dell’esterno dell’azienda con parte del parco furgoni attrezzati come officine mobili.

che devono fare movimentazione una flotta di trecentocinquanta macchine di proprietà (oltre alle 2000 della casa mandante). Una felice intuizione che ha consentito di superare i periodi di crisi, offrendo un servizio continuativo anche alle aziende che non desiderano o non sono nelle condizioni di fare acquisti. Nel 2009 l’attività è stata ampliata grazie alle nuove divisioni, batterie industriali, porte e coperture industriali. Nell’anno in cui festeggia i primi quarant’anni di attività, la ditta Gambi rivolge lo sguardo verso il futuro. «Innovazione e dinamismo sono la nostra principale fonte d’ispirazione – sottolinea Stefania

Gambi -. Siamo stati i primi a investire in sicurezza, tema difficile, che però oggi ci sta dando ragione; il continuo aggiornamento dei nostri tecnici e formatori per valutare tutti i rischi legati all’uso dei macchinari in rapporto alla sicurezza e in ottemperanza alle normative vigenti ci permette di offrire ai nostri clienti servizi di qualità e una assistenza estremamente qualificata. L’azienda sta crescendo molto nella direzione della consulenza anche attraverso l’informatizzazione estensiva, come metodo innovativo di gestione del lavoro. Questo significa poter offrire dati in tempo reale per essere migliori consulenti e affiancare efficacemente le aziende».

I numeri della ditta Gambi La solidità dell’azienda Gambi è anche un fatto di numeri. Tre sono le sedi: Ravenna Ferrara e Cesena. I collaboratori sono 45, giovani preparati e dinamici, mentre ricco è il comparto delle attrezzature: trecentocinquanta macchine costituiscono la flotta di nolo, venticinque furgoni attrezzati come officine mobili. Tra i clienti più noti, da annoverare aziende come: Adriatica Logistic, A.F.E., Agrintesa, B&T (Dorelan), Caviro, Celli, Centroplast, Commercianti indipendenti (Conad), Cooperativa Facchini Faenza, Duravit Italia, Gruppo Orogel, Icel, Lamborghini Calor, SGM Distribuzione (Marco Polo Expert), Sca Packaging. I marchi commercializzati sono tra i migliori della categoria: fanno parte del gruppo Toyota il marchio BT per le macchine da interno come transpallet, commissionatori, retrattili e trilateriali, e Cesab per i carrelli elevatori frontali, Oldham – Gruppo Enersys - per le batterie industriali. www.gambi.it



Produrre | Vino Nostrum

Natura,

Buon vino

amicizia e

testo Anna De Lutiis - foto Massimo Fiorentini

Un gruppo di amici, tutti ravennati, un piccolo vigneto e una comune passione per il nettare degli dei. Così è nato Vino Nostrum, una produzione doc che oggi si sviluppa in due etichette e che nel 2010 giungerà alla decima vendemmia.

Ci sono persone che, a un certo momento, sentono il bisogno di cambiare, quando il percorso lavorativo giunge al termine; di cercare nuovi interessi, di fare qualcosa di diverso dal lavoro che le ha impegnate per gran parte della vita. Allora decidono di frequentare una palestra, di prendere lezioni di golf, seguire corsi di bridge. Gli amici che sono protagonisti di questa storia hanno deciso di fare qualcosa che li avvicinasse alla natura e, nello stesso tempo, desse dei risultati concreti: fare da soli il proprio vino, un prodotto doc, non solo, ma autenticato da una etichetta che riporta tutti i loro nomi. Così è nato il Nostrum, e non poteva

avere un nome diverso perché non è neppure in vendita. Non è stato difficile procurarsi la vigna, anzi i pochi filari a loro riservati, grazie a Francesco Donati, docente universitario di Agraria, che ha raccolto l’idea. “Nel lungo percorso universitario, in Veneto e in Friuli, ho incontrato numerosi viticoltori e vinificatori, entusiasti e competenti, che mi hanno confermato la possibilità di ottenere buoni vini anche in pianura. Questa conferma ha rafforzato il mio spirito di ricerca fatto non solo per fini economici, ma soprattutto per il piacere che si assapora quando le cose danno un buon risultato”. Gli chiediamo com’è accaduto, poi, che si formas-

se un gruppo piuttosto numeroso che per hobby ha iniziato a produrre il Nostrum. “Era una sfida, la mia, e le sfide sono belle se fatte insieme, perché diventano l’occasione per socializzare, confrontarsi, gustare insieme il prodotto di quello che vuole restare un gioco.” Donati ama evidenziare, nelle sue sperimentazioni, le tipicità del territorio ed è quanto porta avanti nella sua azienda, nelle vicinanze di Palazzo San Giacomo, a Russi. Anche il Nostrum è il risultato di esperimenti: prendendo come base il Sangiovese, sono aggiunte altre antiche uve romagnole che contribuiscono a impartire al vino piacevole complessità di profumi

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A fianco, un momento della vendemmia. Sotto, una bottiglia di Nostrum riserva. In apertura, il gruppo di amici viticoltori al completo tra i filari.

e aromi. Gli amici seguono le varie fasi dei lavori, come diradare le

foglie per scoprire i grappoli che, in tal modo, prendono meglio il sole, effettuare la vendemmia scegliendo solo i grappoli più belli, seguire il carro con il raccolto fino alla cantina di Tebano. Chiediamo a Gianni Costa, componente del gruppo, qual è il momento più bello di questa esperienza: “Certamente la vendemmia, perché si è tutti insieme, si gusta la gioia di avere fra le mani magnifici grappoli, mentre ci scambiamo battute o raccontiamo aneddoti. Non meno emozionante è il momento del verdetto, quando ci viene comunicata

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la gradazione che, si sa, dipende dall’annata. Se va bene siamo davvero soddisfatti!” “Il nostro obiettivo principale - sottolinea Donatim- resta sempre la costante ricerca della qualità, anche se cerchiamo di ottenere vini che assecondino le caratteristiche delle uve d’annata, pertanto ogni anno abbiamo un Nostrum con caratteristiche leggermente diverse.” Ogni primavera una commissione di saggi si reca in cantina per verificare il prodotto, prima che sia versato nelle bottiglie che hanno un’elegante etichetta disegnata

come la vendemmia, emozioni che ci riportano indietro nel tempo, a contatto con la natura, ma tutti noi sappiamo che è un gioco. È altrettanto vero che proviamo grande soddisfazione al momento del raccolto, o quando stappiamo le prime bottiglie, o quando possiamo omaggiare un amico dicendo che il vino è prodotto da noi, e che non è in vendita, quindi è un privilegio che amiamo condividere, senza dimenticare che tutto si fa più per divertimento, non per profitto.” Il Nostrum viene prodotto in due tipi: il Nostrum etichetta rossa, che

dall’artista del gruppo, Mirel-

corrisponde al vino di annata e il

la Saluzzo. Va sottolineato che il

Nostrum etichetta nera invecchiato

gruppo è rigorosamente maschile, le donne sono invitate solo al momento conviviale che rappresenta la fase finale di questo gioco-hobby-lavoro. I ‘lavoratori’ in questione vengono da esperienze diverse: dirigenti in campo industriale, docenti universitari, direttori scolastici, medici, insomma persone che i muscoli li hanno usati quasi sempre solo per lo sport. A Giambattista Chiarini chiediamo di raccontare la sua esperienza nel gruppo. Ci pensa su, sorride divertito e poi dice: “A dire il vero è un modo per passare il tempo, un po’ come bambini abbastanza cresciuti. Ci sono momenti entusiasmanti,

in botte circa cinque mesi. Durante

gli incontri si fa il test delle bottiglie, sempre in numero molto limitato: “Assaggiando alcune bottiglie del Nostrum etichetta nera 2004 e 2005 - dice Donati - si percepisce ancora una particolare freschezza e ciò lascia pensare che questo vino possa reggere in bottiglia almeno un paio d’anni ancora.” Nel 2010 ci sarà la decima vendemmia

e il gruppo, che dalle 7-8 persone quali erano inizialmente sono ormai 15, procederà alla verifica di quanto prodotto in questi anni e, come sempre, sarà un momento di festa da condividere, un’ulteriore occasione per stare insieme. IN



Gustare | Ristorante Venini del Palace Hotel


Primi

Tutto

in

testo Pierantonio Bonvicini foto Gianmaria Zanotti

Ăˆ la tavola de luxe della costa, con piatti della cucina regionale ed internazionale che premurosamente vi serviranno in una grande sala d’ispirazione neoclassica, fra ricercati arredi, preziosi lampadari e atmosfere dimenticate. Ma a rallegrarvi, del ristorante Venini di Milano Marittima, sarĂ prima di tutto la rilassante veduta sul curatissimo giardino con ulivi millenari e piante dal gusto raffinato.

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In apertura, la sala del ristorante. A fianco, il direttore del Palace Hotel Alessandro Orzes (primo da destra) con alcuni suoi collaboratori.

Lo sanno bene anche i postmoderni. Meglio cercare il nuovo nel passato. Lo stile neoclassico, ad esempio, influenza ancora oggi nuove realtà. In contrasto al barocco e al rococò, si sviluppò in Europa nella seconda metà del XVIII secolo, rappresentando il ritorno a forme classiche e greche. Ora lo ritroverete nei sontuosi interni del Palace Hotel di Milano Marittima e del suo Ristorante Venini. Ci verrete magari di sera, quando la luce artificiale aggiunge fascino al fascino. E parcheggerete su viale 2 giugno, ricordando che al civico 60 ha sede l’Hotel. La posizione è privilegiata, vicino al mare e a due passi dalla movida di via Gramsci. Raggiungerete subito l’ingresso, importante come il resto, e prima d’entrare apprezzerete ai lati il curatissimo giardino con ulivi millenari e piante dal gusto raffinato. Ancora un doveroso sguardo verso l’alto, magicamente

illuminato, poi spalancherete la robusta porta a vetri che vi separa dagli interni. Ecco allora, tra prevalenti tonalità crema e avorio, gli originali e meravigliosi lampadari di Venini, nome prestigioso dell’arte vetraria di Murano, quindi i pregiati tendaggi, i bianchi divani in pelle, le colonne e marmi intarsiati, provenienti dalla Turchia. Superato il ricevimento, un altro

salone per continuare a trattenersi, col pianoforte e il magnifico banco del bar. Ma per accedere alla sala ristorante confiderete nella cortese hostess che si occuperà del vostro arrivo. Quindi, sarà il maitre faentino Giorgio Babini a farvi accomodare al tavolo che preferite. La sala è un altro colpo d’occhi e l’armonico susseguirsi di forme e di colori genera un’atmosfera d’al-

La ricetta: mezzelune di gamberi con melanzane e zucchine al timo Ingredienti per 4 persone: per il ripieno, gr.100 di mascarpone, gr. 200 di gamberi, 1 scalogno, 1 bicchiere di vino bianco, olio extra vergine, sale e pepe q.b. Per la salsa: 1 melanzana, 2 zucchine, 1 dl. di panna liquida, gr. 100 di burro, sale q.b., timo. Procedimento: stufare lo scalogno con l’olio, quindi aggiungere i gamberi tagliati e cuocere per alcuni minuti. Bagnare poi col vino bianco e fare evaporare. Raffreddare e tritare il tutto, aggiungere successivamente il mascarpone e aggiustare di gusto. Dopo aver preparato una sfoglia verde, fare dei ravioli e chiuderli a mezzaluna. Tagliare a dadini la melanzana e le zucchine, aromatizzarle con sale e timo e cuocerle in padella con 50 gr. di burro, aggiungere la panna e far cuocere per alcuni minuti. Infine, bollire la pasta e, giunta a cottura, versarla in padella e condirla. Completare il piatto con una foglia di timo e pomodorini.

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Culinaria News: Aria di “Tramontana” tri tempi. Può ospitare fino a 400

persone e dispone di tavoli rotondi con mise en place di valore, e supercomode poltroncine. Anche qui splendidi lampadari e appliques che li richiamano, raffinata moquette al pavimento e ampi tendaggi sulle grandi vetrate. A mandare avanti il Palace, aperto nel 2005 dall’imprenditore Antonio Batani, è arrivato Alessandro Orzes, manager d’origine veneta e già direttore del vicino Hotel Aurelia. A condurre invece la cucina del Veni-

ai due lati della sala, con le crudità del mare, le carni, i formaggi, le verdure di stagione, i salumi, la pasticceria, la frutta e molto altro ancora. Dalla carta, terrina di piovra con piccole verdure, cocktail di gamberi o scampi ai pomodorini. Tra i primi, gnocchetti di patate al grillo di mare, tortelloni alle triglie di scoglio o risotto mantecato al radicchio di Treviso. Tra i secondi, spigola del nostro mare ai ferri, petto d’anatra laccato al miele e pinoli, bocconcini di tacchino in sal-

È all’interno del Palace Hotel ni, c’è dall’apertura una brigata di 16 persone, con cuochi affermati e giovani talenti. Fra questi, due chef di regione, Demis Dainese e Rolando Lolli. Che vantano rilevanti esperienze all’estero e in Italia. Della pasticceria si occupa il lombardo Lucio Colombo, già all’Hotel Four Seasons di Londra e poi in Belgio, a Waterloo, da celebri pasticceri. Questi professionisti vi sorprenderanno per la scelta delle materie prime, attentamente selezionate, che sono la parte più importante per chi svolge questo mestiere. Poi sapranno intrattenervi con quei piatti di tradizione nazionale e d’oltre confine, che sanno rendere leggeri e gustosi, segno d’esperienza, tecnica e abilità.

Ecco allora alcune pietanze che potrebbero capitarvi, sapendo che il menù (di mare, di terra e vegetariano) cambia giornalmente. Per cominciare, il ricco buffet disposto

sa al curry. E per dessert, meringa in salsa al cioccolato o mousse allo zabaione con interno liquido. Ora il vino, uno dei maggiori segni di civiltà del mondo per Hemingway. Sarà il sommelier abruzzese Cristian Pellegrino a sottoporvi una lista con quasi 500 etichette. Bollicine italiane e francesi per cominciare, poi bianchi e rossi nazionali e da dessert. Inoltre, piccola offerta al calice e lista delle acque, con una decina di proposte. Infine, ampia scelta di distillati e caffè all’altezza del resto. Spenderete tra 60 e 100 euro, bevande escluse, per una cena da ricordare. Scriveva Moncrif, nel suo manuale pedagogico per galantuomini del 1738, che si può piacere solo in quanto si contribuisce alla felicità degli altri. È per questo che il Venini conquisterà anche voi. www. hotelpalacemilanomarittima.it IN

Sulle colline verucchiesi un ristorante-pizzeria con sala da ballo, in panoramica posizione. La cucina, curata dal patron Giuseppe Bernardi, è una sorpresa. In carta, piatti romagnoli e una pasta e fagioli da applauso. Per chiudere, squisite torte e un conto più che onesto. Ristorante Tramontana, via Serra Tramontana 403. Aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì.

Star bene in campagna A Balignano, nei pressi di Longiano, relax e buona gastronomia alla Locanda della Luna. Menù legato al territorio, con antiche ricette della famiglia Turchi, a cui appartiene il rinomato locale. Ambiente di tono rustico con richiami contemporanei e prezzi corretti. In via Balignano 956, aperto domenica e festivi tutto il giorno. Giovedì, venerdì e sabato solo la sera.

Come difendersi dai ristoranti Lo promette Ristorantopoli, prima anti-guida gastronomica (di 206 pagine) scritta quest’anno da Mauro Zucconi, giornalista gastronomico per passione e aiuto cuoco per necessità. Dai diritti e doveri del cliente al ritratto del ristorante ideale. Questo e molto altro nel libro pubblicato da Liberamente Editore. A 14 euro, da leggere prima di andare a cena.

Gioie d’autunno La natura ora ci dà i funghi. Degustateli dove li preparano al meglio. Per esempio ad Acquapartita, nell’appennino Tosco-Romagnolo, al ristorante dell’Hotel Miramonti. Squisita l’accoglienza del direttore Lia Bot, rimarchevole la cucina tipica locale curata dal bravo chef Alessandro Locatelli. Prezzi giusti e rilassante atmosfera a 800 metri s.l.m., in via Acquapartita, 103.

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Sabrina Zoli:

Il salone dove la bellezza si fa “spettacolo”

Stile, personalità e dinamicità. Questo è Sabrina Zoli, e molto di più: è ciò che trasmette il suo salone e che caratterizza le sue “creazioni”: tagli, acconciature, colori e trucco. Che Sabrina sia un vulcano è chiaro appena si mette piede nel suo negozio in Via Torricelli 9/a in pieno centro a Faenza: un arredo moderno, dal design creativo ed elegante, curato in ogni dettaglio; i due lati “operativi” sono arredati diversamente l’uno dall’altro per offrire a ciascun cliente qualcosa che sia il più vicino possibile alla sua personalità, accoglierlo in un luogo che “lo conosce” e lo fa sentire a proprio agio, a rimarcare la filosofia della titolare: “capire le esigenze del cliente e perfezionarle, per creare la sua immagine: bella ma, soprattutto, che si addica al suo modo di essere”. Perché Sabrina è così, sempre alla ricerca, per migliorarsi, migliorare il proprio lavoro e quindi soddisfare i propri clienti. Inizia giovanissima l’attività che ha sempre sognato, che la appassiona e, come dice lei, che “è nel suo dna”. Dopo qualche anno, non


soddisfatta della semplice “impostazione di base” acquisita, comincia a lavorare per colui che definisce il suo “maestro”, Claudio Bosi, nel salone a Castelbolognese. Inizia così la sua formazione a 360°, cercando anche tra Londra, New York e Los Angeles nuove tecniche, stimoli, e idee da personalizzare e fare proprie. Da Tony e Guy, a Londra, impara il “senso dello spettacolo”; da Vidal Sassoon, a Los Angeles, apprende l’importanza delle tecniche di base. Oggi la sua professionalità è il risultato di tutto questo incessante lavoro di ricerca, che continua con costanti corsi di aggiornamento. Il suo Salone, che conta 4 collaboratori, ha clienti che vengono anche da fuori regione per farsi consigliare da Sabrina, perché il suo approccio è un po’ quello della psicologa - come insegnano gli hairstyling di successo nel mondo. “Oggi si va dal parrucchiere un po’ meno che in passato e si preferisce affidarsi a un

Via Torricelli, 9/a - Faenza (RA) Tel. 0546.28543 sabrinazoli@tele2.it

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professionista che curi i capelli in modo che siano poi facilmente ‘gestibili’ anche a casa senza il suo continuo intervento; per riuscire a fare questo è necessario che sappia ascoltare, capire anche il ‘lato psicologico’ del cliente, le sue abitudini, di vita, lavorative, per poi decidere, in base a tutti questi elementi, taglio, colore e, soprattutto, trattamenti rigorosamente su misura, perché anche i problemi tricologici possono, a volte, avere origini nel quotidiano.” Sabrina ha seguito anche “percorsi di linguaggio dell’immagine, perché - spiega - in base alla morfologia del viso si sceglie un taglio e alla carnagione il colore dei capelli”, e per quanto riguarda i trattamenti si affida a prodotti esclusivamente naturali - come Joico la sua linea “di punta” - perché la cura e la salute del capello devono rimanere l’obiettivo principale.


Giocare | Pallavolo Angelo Costa

Doppio

Ritorno

testo Michele Virgili - foto Massimo Fiorentini

Il campionato appena iniziato segna una duplice riconquista per il volley ravennate: a distanza di dieci anni la Marcegaglia riporta la pallavolo in serie A e riapre le porte dello storico Pala Costa, tornato agibile dopo i lavori di ristrutturazione.

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A distanza di dieci anni, la Marcegaglia riporta la pallavolo ravennate in serie A, anche se si tratta di A2. Risale, infatti, al campionato 1999/2000 l’ultima presenza nel massimo campionato dell’allora Valleverde Ravenna, che al termine del torneo vendette il titolo sportivo. “Nel 2004 abbiamo costituito una nuova società - spiega il presidente della Marcegaglia Luca Casadio - con il nome di Pallavolo Angelo Costa per ricordare il grande allenatore della Robur, vincitrice di 5 scudetti. Siamo partiti disputando il campionato di serie C, nel 2006 ci siamo unificati alla Robur in B2 e nella stagione suc-

cessiva abbiamo acquisito il titolo sportivo del Lugo andando a giocare in B1.” Si giunge così alla st agione 2007/08, anno in cui nasce la collaborazione con il gruppo Marcegaglia, diretto dal cavalier Steno, che si unisce alla CMC, alla Fondazione Cassa di Risparmio e alla Fassa Bortolo, che hanno sostenuto dall’inizio la nascita di questa nuova società. Il campionato 2008/09 nasce con un patto siglato con il Comune: “Noi avevamo allestito una rosa - continua Casadio - per fare un salto di qualità e l’amministrazione comunale ci aveva assicurato che in caso di promozione


Bottega del vino...

è lavoro, passione, cultura per il vino... e da oggi anche Wine Bar !

avremmo potuto giocare le partite casalinghe al Pala Costa.” La Marcegaglia gioca un torneo da protagonista concludendo la regular-season al terzo posto: “Il campionato è stato molto bello e difficile; fin dall’inizio noi, Cles e Bastia Umbra godevamo i favori del pronostico. Siamo rimasti in testa per quasi tutto il girone d’andata fino alla sconfitta con Cles che ha rallentato la nostra marcia. Poi in primavera la squadra si è ripresa presentandosi ai play-off in gran spolvero, nettamente migliorata rispetto all’avvio del torneo.” Ai play-off i ravennati eliminano nell’ordine Cantù e Gela prima di approdare alla finalissima con Bastia: “La vittoria di Gela è stata indimenticabile, si è giocato nei tipici ambienti del sud con il pubblico attaccato alla panchina. Il trionfo è arrivato nella sfida decisiva a Bastia dove ci siamo imposti per 3-0; c’era un pubblico foltissimo con un buon numero di sostenitori ravennati. Noi sul campo eravamo tonici e forti fisicamente, è stata una soddisfa-

Via Paolo Costa, 40 - Ravenna - tel. 0544.30451 e-mail: alessandropenso@tiscali.it


A fianco, l’allenatore Antonio Babini sprona il centrale finlandese Jukka Lehtonen e, sotto, il presidente Luca Casadio durante la cerimonia d’inaugurazione del rinnovato Pala Costa. In apertura, azione di gioco durante la partita d’apertura del campionato 2009/2010.

Un palasport ricco di storia

zione vedere dei giocatori cresciuti tecnicamente grazie al buon lavoro svolto dal tecnico Nino Beccari.” La sera stessa della promozione il coach ravennate ha annunciato di non poter rimanere come allenatore per motivi legati alla sua professione e la società ha affidato la squadra ad Antonio Babini, tecnico di esperienza reduce dalla salvezza alla guida della Zinella Bologna. “Insieme all’allenatore abbiamo allestito un organico con giocatori di qualità, sono stati confermati Sirri, Garnica, Mengozzi, Ortolani, Lirutti, Ranghieri e Rambelli, altri non sono potuti rimanere per impegni personali incompatibili con la serie A. I nuovi innesti sono stati Miseikis, opposto di nazionalità lituana, Tabanelli, libero ravennate che ha militato a Milano e Roma. Poi sono arrivati il centrale Lehtonen, il capitano della nazionale slovena, Plesko; Saviotti e Monti.” Casadio analizza il torneo di A2: “Le avversarie sono tutte forti, le gare saranno tutte da affrontare col coltello tra i denti, speriamo

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di stare lontani dalle zone calde della classifica. Il nostro obiettivo è avere una squadra battagliera, che possa far divertire il pubblico, desideriamo riavvicinare la gente alla pallavolo.” I primi segnali sono positivi: “La campagna abbonamenti è andata oltre ogni aspettativa, attendiamo una buona cornice di pubblico.” Il Comune ha mantenuto la promessa e così la Marcegaglia può giocare le gare interne al Pala Costa, che torna agibile dopo i lavori di ristrutturazione. Per Casadio è un susseguirsi di emozioni nella doppia veste di ex giocatore e attuale presidente: “Un motivo in più per fare bene. Vent’anni fa è stata l’ultima stagione in cui ero un giocatore, quando entro mi ricordo quello che è stato e mi viene voglia di giocare; da ex giocatore ho la voglia di organizzare almeno una partita di beneficenza. In qualità di presidente il mio desiderio è far rivivere sensazioni ed emozioni che molti di noi hanno vissuto e portano negli occhi e nel cuore.” IN

Il Pala Costa fu costruito dal Coni su un terreno donato dal Comune a metà anni ’50. “Il Coni in una cinquantina di città italiane - spiega Umberto Suprani, presidente provinciale - aveva progetti standard, tutti uguali, per costruire questi impianti. La tribuna poteva ospitare circa 300 persone. La prima squadra che andò a giocare fu quella del basket maschile, nella seconda serie nazionale, poi nei primi anni ’60 la Robur, promossa in serie A, cominciò a disputare la gare casalinghe al Pala Costa. A metà decennio è stata la volta della squadra dei Vigili del Fuoco grazie a una scissione con la Robur, promossi in serie A.” I gradoni della tribuna erano vicinissimi al campo di gioco e al termine della stagione ’79/80 il Comune con un lavoro di ristrutturazione ha allargato la capienza a 1000 posti costruendo un’altra tribuna a lato ippodromo. “Si è giocato fino all’ottobre 1998, all’interno pioveva e per motivi di sicurezza il Comune, che ne aveva la gestione, decise di chiudere il campo di gioco; box e lotta invece continuarono le loro attività. Sia il basket maschile che femminile, sia la pallavolo maschile e femminile furono costretti ad andare via.” A questo punto arriva il disguido: “Il Comune si accorse che non era proprietario ma la proprietà era del Coni, che non aveva i fondi per accollarsi le spese per sistemarlo. Solamente tra 2003 e 2004 il Comune ne è diventato proprietario e sono iniziate le pratiche per ristrutturarlo. Al Pala Costa giocheranno le gare interne l’Acmar Piero Manetti e la Marcegaglia e svolgono le loro attività sportive box, lotta e judo per disabili.”


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quartadimensione Via Faentina 119/q - RAVENNA - Tel. 0544/461200 - www.qdarredo.it


Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente. Da circa un anno è attivo il Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente, promosso da due aziende leader nel settore: Crea Srl e Agenzia Ambiente Srl. Amministratore delegato di entrambe le società, che attualmente hanno i propri uffici in via Romolo Murri 21, è l’ingegnere William Dosi. “Competenza, semplificazione, soluzioni personalizzate sono le parole d’ordine della nuova struttura - afferma - Crediamo che il Network si accrediterà con autorevolezza sul mercato, come il primo anno di attività ha chiaramente mostrato. Per creare questa partnership, non c’è stato bisogno di grandi trattative, nessuno ha dovuto rinunciare a qualcosa, il clima di fiducia già consolidato nasce da lontano: dalle buone

scuole tecniche ravennati degli anni Sessanta, dalla facoltà di Ingegneria e Chimica dell’Università di Bologna e da un percorso professionale intessuto dei medesimi valori.” Per creare il Network, fondato ufficialmente il 19 settembre dello scorso anno, si è dato avvio a un processo d’integrazione aziendale attraverso uno scambio di quote societarie che si è concluso a gennaio fra Crea e Agenzia Ambiente. La mission di Crea, nata nel 1980, è quella di prevenire i pericoli nei luoghi di lavoro, in ottemperanza alle disposizioni delle leggi comunitarie che prevedono la tutela della salute e della sicurezza. Avvalendosi di personale altamente qualificato, offre in particolare analisi d’impatto

ambientale, di affidabilità, di rischio, consulenza sul trasporto di merci pericolose, verifiche sulle protezioni anti-infortunistichee formazione sui temi di cui sopra a tutti i livelli aziendali. Ha al suo attivo clienti di grande prestigio, fra i quali multinazionali come Eni, GasNatural, Halliburton, Transocean, Schlumberger ecc. L’altro pilastro fondamentale del Network ravennate per la sicurezza e l’ambiente è Agenzia Ambiente Srl, società di management ambientale nata a Faenza

nel 1995. Fin dalla nascita i suoi obiettivi sono stati: la tutela ambientale per migliorare le prestazioni aziendali e coniugare il rispetto dell’ambiente con un processo di abbattimento dei costi; qualità e responsabilità sociale coniugate per un approccio organizzativo moderno mirato sia alla qualità del prodotto che all’impegno sociale; salute e sicurezza sul lavoro per trasformare gli obblighi in opportunità di crescita, anche economica. Senza contare poi che è, come Crea, anche una società d’ingegneria


L’unione fa la forza, grazie a Crea e Agenzia Ambiente. che offre ai propri clienti servizi per la pianificazione degli studi, la direzione e supervisione dei lavori. Il nuovo Network ravennate si avvale inoltre della collaborazione di alcune società partner. A cominciare dallo Studio Dosi, che opera nel settore della progettazione architettonica e urbanistica specialmente nell’ambito delle riqualificazioni urbane delle aree industriali, e lo Studio Maldera specializzato nel settore della consulenza sulle problematiche delle assicurazioni per i rischi occupazionali e industriali. Tra i partner anche il Gruppo Igeam, imponente realtà economica che si occupa d’energie rinnovabili e dello sviluppo sostenibile, della sicurezza, della qualità e

dell’ambiente e la partecipata Zivot Hse, società di consulenza in ingegneria-sicurezza-ambiente con sede legale a Belgrado che offre un supporto alle società italiane con l’obiettivo di consolidarsi in Serbia, seguendone anche le procedure di certificazione nell’ottica di un ingresso prossimo nella Comunità Europea. Crea ed Agenzia Ambiente possono contare, ad oggi , di un gruppo di 25 tecnici ad alta specializzazione che si integrano nelle varie specializzazioni offerte sul mercato nel campo della Sicurezza, Ambiente, Qualità ed Ingegneria fornendo al cliente, pubblico e privato, una unica interfaccia operativa che, di fatto, razionalizza gli impegni e minimizza i costi.

Tel. 0544.465657 Fax 0544.463461 E-mail: crea@crea-srl.com Web: www.crea-srl.com

Tel. 0544/462100 Fax 0544/465088 www.agenziaambiente.it info@agenziaambiente.it

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Via Romolo Murri, 21 - 48124 Ravenna


Confidare | Maria Giovanna Maioli

Incontri

Stile

di

testo Anna De Lutiis foto Lidia Bagnara

In carriera hai incontrato i più grandi poeti di ieri e di oggi.

“È vero e con alcuni di essi ho stretto rapporti d’amicizia: Eugenio Montale, Andrea Zanzotto, Dacia Maraini, Amelia Rosselli, Vivian Lamarque, Mario Luzi e tanti altri.” Mi sembra di ricordare che Luzi ti dedicò una poesia, vero?

“Sì, è inserita nell’antologia dedicata al padre. Un poeta sensibile e profondo; di lui ho interpretato ‘La Passione’ e tante altre poesie.” Da 30 anni sei direttrice artistica del Mercatino della Poesia, recentemente divenuto RavennaPoesia. Di lì sono passati i più importanti poeti italiani. Come sempre la

Riassumere in una breve intervista lei che oggi è a Ravenna il riferimento per la poesia, non è facile impresa. Maria Giovanna Maioli è padovana di nascita, dove ha studiato al Conservatorio Cesare Pollini, e ravennate d’adozione. Minuta ma con voce passionale, è capace di caricarsi di profonde emozioni quando legge i versi dei grandi poeti. Tenace, non si arrende agli anni che passano e che nulla tolgono alla sua vivacità intellettuale. Iniziò come cantante specializzandosi in musica da camera incoraggiata da coloro che, per la sua bellissima voce, le avevano suggerito di dedicarsi al canto. Come avvenne che ti stabilisti a Ravenna?

“Venni qui per debuttare in un concerto al Ridotto dell’Alighieri e conobbi Nino Maioli, direttore

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dell’allora Istituto Musicale Verdi. Ricordo che scrisse un articolo molto bello sul mio recital… fu così che iniziò la nostra storia che si concluse con il matrimonio. Da allora fui spesso accompagnata da lui al pianoforte e furono tanti i concerti in Italia e all’estero.” Oggi non canti ma leggi poesie usando la tua bellissima voce. Quando si è verificato questo passaggio?

“Inizialmente cominciai ad abbinare canto e lettura di poesie. Piacque molto. Il senatore Mario Roffi mi chiese di prendere parte a una serata di lettura di grandi poeti, a Ferrara. Lessi poesie di Montale, che era presente all’evento e che alla fine mi raggiunse e, rivolto al pubblico, disse: ‘Non me dovete applaudire ma Giovanna che, questa sera, mi ha fatto intendere meglio la mia poesia’.”

manifestazione si tiene a ottobre, al Teatro Alighieri, e, come negli ultimi due anni, in occasione della Notte d’Oro.

“Ogni anno il tema cambia. Questa edizione ha uno spunto musicale ‘NonSoloSanremo: poeti per la canzone’, con ospite Maler, vincitore del Premio Luigi Tenco 2006. Naturalmente si leggono versi delle composizioni di De André, Battiato, Guccini, Dalla, Vecchioni, Conte, insomma dei più noti cantautori italiani.” So che è appena uscita la tua ultima antologia edita da Crocetti. Qual è l’argomento?

“Raccoglie poesie di autori famosi italiani e stranieri dedicate ai figli. Si intitola Con te vincerò il tempo, verso di Miguel Hernández. Sarà presentato il 19 novembre a Casa Melandri.” IN


Via Aldo Bozzi, 77/79 - 48100 Ravenna Tel. 0544.278360 - Fax 0544.278506 commerciale@edilravenna.it - www.edilravenna.it


Collezionare | Romano Segurini

Per qualche

In più

pezzo

testo Antonio Graziani - foto Massimo Fiorentini

Chi, delle nuove generazioni, volesse seguire un corso accelerato sulla civiltà contadina o, chi, tra i meno giovani, desiderasse fare un ripasso sulle tradizioni, i costumi, gli strumenti di lavoro, gli arredi da cucina e gli ambienti rurali del tempo passato, può cogliere l’occasione con una visita, meglio se prolungata, a Casa Segurini, a Cà d’Sguren, nella campagna di Savarna, a una ventina di chilometri da Ravenna. Ad accogliere gli ospiti, sull’aia, ci sono Romano Segurini e la signora Maria Rosa, contornati da galletti, anatroccoli e altri animali da cortile. Romano, 68 anni, si è trasferito a Sant’Alberto dopo il matrimonio con Maria Rosa; poi ha fatto ritorno a Savarna.

“La voglia di tornare dove avevo vissuto la mia giovinezza, e la necessità di possedere una casa che potesse ospitare anche le mie ‘stupidaggini’, mi hanno riportato nel paese natale”, racconta Segurini, che ha cominciato a collezionare arnesi della civiltà contadina negli anni ’90.

È stato direttore amministrativo dell’ITER fino al 1999. “Quando mi è venuta voglia di studiare, in sei anni mi sono diplomato e laureato in Economia e Commercio a Bologna.” La visita della sua casa-museo è una continua sorpresa. Appena varcata la soglia dl’a cambra d’cà, la vecchia cucina contadina, colpisce il gran numero di oggetti sparsi per tutto l’ambiente. Lo stu-

pore diventa incontenibile quando dalla cucina si passa alla stalla, che, nelle case dei contadini, erano sempre contigue. Si presenta alla vista una raccolta di 4-5 mila oggetti e attrezzi usati per i lavori domestici, la lavorazione del pane (la matra e la grama), la macellazione del maiale, la filatura (la roca, e filaren, e’ dvanadur) la tessitura (i tlir). Dai muri e dai soffitti scendono teorie di finimenti per bovini, cavalli e somari. Grande spazio occupano gli attrezzi agricoli (e car, e baruzen), zappe, badili, vanghe, forcali, rastrelli gli aratri (e pargher). Ci sono gli attrezzi per la mietitura del grano (la felza e i belz), per la trebbiatura, per la produzione del vino (la mustadora) e per tutti i lavori dei campi. Numerosi anche gli strumenti degli artigiani, per il bottaio, il falegname, il calzolaio, il muratore. La raccolta comprende anche una ventina di calessi, carri e birocci. “Voglio far rilevare che la cosa interessante di questa raccolta non è tanto quanto c’è dentro, ma l’ambiente in cui sono. Questa è una tipica casa contadina dei primi dell’Ottocento, con la sua stalla, il

fienile, la cambra d’cà, il casone, i basso comodi, gli staletti, il forno, la fornacella, la stalla del somaro. Il tempo ha cancellato due edifici caratteristici delle case dei contadini, che io ho rifatto: il capanno e la capanna, costruiti con la canna di valle.” La Ca d’Sguren potrebbe entrare presto nel circolo museale della provincia di Ravenna. IN

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Allenare | Stefania Tronconi

Equilibrio

Salute

e

testo Roberta Bezzi

Un fastidioso mal di schiena può cambiare la vita. È certamente il caso di Stefania Tronconi che, soffrendo di scoliosi sin da ragazzina, alla soglia dei vent’anni ha deciso di dedicarsi allo studio di questo comune problema sotto il profilo della prevenzione, piuttosto che sotto l’aspetto terapeutico. Un approccio “rivoluzionario” quindici anni fa che l’ha portata a inventare una disciplina all’avanguardia che mescola Occidente e Oriente: la bioginnastica. Una metodologia di lavoro osteo-muscolare che integra e rielabora tecniche che guardano alla persona come a un’unità

corpo-mente, base per l’equilibrio e il benessere globale. Il corpo, infatti, è il simbolo della propria storia, è la manifestazione del carattere, strumento di espressione e comunicazione, motore della vita, soggetto a tensioni fisiche e psichiche, stress, traumi, incidenti che, nel tempo, possono creare irrigidimenti e blocchi muscolari, sino ad alterazioni nella struttura fisica e nella circolazione energetica. Dall’incontro di fisioterapia, bioenergetica, antiginnastica e riflessologia del corpo e del piede, è nata la bioginnastica. “Aiuta a

ricercare anzitutto rilassamento e

Bioginnastica, dove e come Ci sono diversi modi di dedicarsi alla bioginnastica. Si può scegliere il lavoro insieme, anche all’interno di mini-gruppi di 5-6 persone, oppure le sedute individuali, indicate soprattutto nel caso di patologie specifiche. Nella palestra del Centro Olympus di Ravenna (via Lago di Como), è possibile seguire un corso di quindici sedute della durata di un’ora e mezza l’una. Chi è a Lugo, può recarsi al Bio Studio di piazza Cavour 1, mentre a Faenza c’è il Centro Jonas di viale Baccarini 29/2. Un’esperienza alternativa o di approfondimento sono gli stage residenziali organizzati periodicamente in diverse città. www.bioginnastica.it

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decontrazione, scarico delle tensioni attraverso auto massaggio e allungamenti da fare in coppia o in gruppo - illustra Stefania, che è originaria di Lugo. È una ginnastica dolce che coinvolge l’aspetto fisico, quello psicologico ed emotivo. La lezione inizia riunendo insieme le persone; in una prima fase si racconta la settimana e le tensioni accumulate. Poi si passa al momento fisico, con esercizi di allungamento e di massaggi reciproci che coinvolgono tutti i muscoli. La musica di sottofondo è dolce, gli indumenti comodi. Con la bioginnastica si risolvono problemi di cervicale, lombalgie, crampi, gonfiori, cellulite, perché è un’attività che stimola la circolazione. Il corpo ritorna al suo naturale di equilibrio e salute.” Tanti benefici, dunque, per contrastare gli effetti di una vita sempre più sedentaria. È un po’ come riportare il corpo a quando si era bambini. Il lavoro lento e graduale parte da un colloquio individuale, per approfondire le eventuali patologie e problematiche esistenti. Poi si prende dimestichezza con le tecniche per sciogliere il muscolo, per renderlo più elastico e per correggere le fisiologiche asimmetrie dell’organismo. Cuscini, palline e auto massaggio sono gli strumenti che entrano in gioco per eliminare le tensioni, ma anche per allungare la catena muscolare, stimolando la circolazione sanguigna. In definitiva, una metodologia valida per tutti, indipendentemente dall’età e dalle condizioni fisiche. IN



Stomatologica Poliambulatorio Privato Sanità all’avanguardia

Con l’apertura, lo scorso aprile, del poliambulatorio Stomatologica in via Duino 14, il quartiere Darsena è ancora più valorizzato e all’avanguardia sotto il profilo dei servizi sanitari. L’arrivo di un’attività medica, l’unica per il momento nella zona, non può che migliorare infatti questa parte della città che ha conosciuto in questi ultimi anni - un’importante riqualificazione sia sotto il profilo residenziale che commerciale. «La risposta da parte della gente c’è stata - illustra il titolare del poliambulatorio, il sig. Enzo Bruni -. Malgrado il momento non sia favorevole a causa della crisi economica che coinvolge tutti i settori, abbiamo

registrato riscontri positivi sia in termini di presenze che di soddisfazione per la nuova location. Se la scelta di trasferirci qui da via di Roma poteva sembrare in principio una scommessa azzardata, i fatti stanno dimostrando il contrario». La storia di Stomatologica parte da lontano, per la precisione dal 1968, quando Bruni con alcuni soci ora ritirati dal lavoro - aprì un laboratorio odontotecnico che diventò una vera e propria struttura odontoiatrica nel 1981, con il trasferimento da via Antica Zecca a via Di Roma. Ieri come oggi le prestazioni odontoiatriche rappresentano il fiore all’oc-


chiello del nuovo poliambulatorio, in virtù di un team di specialisti - sei dentisti e un’igienista laureata - che operano in ambiti diversi (igiene, profilassi, pedodonzia conservativa ed endodonzia, parodontologia, ortodonzia, protesi fissa e mobile, chirurgia orale, implantologia, estetica). Un servizio dunque davvero a 360 gradi, adatto ai bambini, come agli adulti e agli anziani, con un occhio di riguardo anche per l’estetica del sorriso sempre più importante. Stomatologica, in linea con l’impegno assunto già dal 1996, vede inoltre alternarsi anche una ginecologa e un urologo nei nuovi ambulatori modernamente attrezzati. «La nuova sfida che Stomatologica si pone è il contenimento dei costi che inevitabilmente si riflettono sui prezzi - aggiunge Bruni -. Grazie a una sede più funzionale, ergonomicamente studiata per ridurre gli sprechi, alle rinnovate e moderne attrezzature, alla attenta razionalizzazione degli appuntamenti, riusciamo infatti a non modificare le tariffe delle nostre prestazioni, invariate già da due anni». Una particolare attenzione è stata dedicata alla facilità di accesso da parte dell’utenza, con un comodo parcheggio, facilmente raggiungibile in autobus o in bici . La sede è del tutto priva di barriere architettoniche e dispone di uno stallo per persone svantaggiate e per le carrozzine, proprio di fronte alla porta d’ingresso. Un elemento che la rende al passo non solo con le esigenze normative ma anche sociali. Tra negozi che aprono, nuove abitazioni, mancava solo una struttura medica. Che crea un giro di persone notevole, convinte, non a torto che la Darsena di oggi non c’entra nulla con quella di vent’anni fa.

Informazione pubblicitaria

Il poliambulatorio Stomatologica, che garantisce massima riservatezza e tempi di attesa ridotti al minimo, è aperto il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 16, mentre il martedì e giovedì dalle 11 alle 19 (sabato su appuntamento).

Via Duino, 14 - 48122 - Ravenna


Visitare | RavennaMosaico

La festa

Mosaico

del

Ha preso il via il 10 ottobre, in occasione della Notte d’Oro, e prosegue fino al 20 novembre RavennaMosaico, il primo festival internazionale dedicato al mosaico contemporaneo.

La città promuove RavennaMosaico, il primo festival internazionale di mosaico contemporaneo fino al

20 novembre. Il passato dialoga con la contemporaneità, incarnata da artisti e artigiani impegnati in produzioni originali, applicazioni innovative, protagonisti delle migliori esperienze nel design e nel restauro. Una città in mostra che si offre ai visitatori come palinsesto: per 40 giorni propone esposizioni di artisti provenienti da tutto il mondo, installazioni urbane, spettacoli, concerti, convegni, laboratori, incontri, conferenze e visite guidate. RavennaMosaico si presenta come una vetrina delle migliori produzioni contemporanee e offre spunti di riflessione sulla vocazione della città, alla luce della candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura per il 2019.

È stata la Notte d’Oro, lo scorso 10 ottobre, ad aprire il lungo programma di iniziative con l’inaugurazione di ben 16 mostre, dedicate alle diverse declinazioni del mosaico. Arricchiscono la manifestazione nuove opere commissionate dal Museo d’Arte della città a mosaicisti di fama internazionale, pubblicazioni scientifiche, le ricerche visive degli studenti dell’Accademia di Belle arti di Ravenna, le opere di giovani artisti impegnati sul tema del libro come oggetto. La manifestazione, promossa dal Comune di Ravenna, chiama a raccolta tutte le istituzioni culturali della città: il Museo d’Arte, il Museo Nazionale, gallerie, l’Accademia di Belle Arti, le biblioteche, le botteghe dei mosaicisti, e l’Aimc, l’associazione internazionale mosaicisti contemporanei. Per tutta la durata di RavennaMo-

In alto, Toyoharu Kii, Blue grids in blue; qui sotto, Jérôme Gulon, Les calligraphies de Pierre.

saico, si svolgono tre tipi di visite guidate: L’oro antico dei mosaici per apprezzare le splendide opere in alcuni monumenti Unesco di Ravenna; Le mostre di RavennaMosaico con un percorso fra le installazioni del Festival; Dal Museo alla bottega per capire come si lavora oggi negli studi di mosaico. Alle mostre si aggiungono sette incontri volti ad approfondire diversi aspetti della tecnica musiva.

Per gli addetti ai lavori l’evento più importante è il convegno Conservazione e restauro del mosaico contemporaneo che si conclude con una tavola rotonda. Per il pubblico dei visitatori invece è possibile assistere ad un vero proprio restauro di un’opera musiva, realizzata su cartone del grande pittore Marc Chagall. Non mancano iniziative su misura per i più piccoli come Mosaico for kids. Per informazioni tel. 0544.35755/35404. www.ravennamosaico.it IN

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Leggere | Novità in libreria

Freschi

Stampa

di

testo Francesca Zampiga

Tempo di ritorno alle routine giornaliere, ma anche tempo di novità editoriali: l’inizio d’autunno offre, come sempre, un ampio ventaglio di scelte e tematiche, fedeli, come di consueto, a firme ed editori locali. Il baseball nel cuore di un piccolo paese, come il titolo preannun-

cia, si rivolge a tutti gli sportivi. Pubblicato da Longo e firmato da Flavia Zanchini, il libro ripercorre, anche con l’ausilio di un ricco corredo fotografico, una storia che ebbe inizio 45 anni fa, nel lontano 1964, quando a Godo, piccolo paesino alle porte di Ravenna, nacque la prima squadra di baseball. Grinta, tenacia e sacrificio, il denominatore che ha concorso nel tempo a formare una piccola roccaforte nello scenario del baseball italiano, fino ad assegnare proprio a Godo, due partite dei Mondiali di baseball 2009. Un testo coinvolgente, in grado di incu-

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riosire anche i non appassionati. Un tuffo nella cronaca è il libro edito da Fernandel e firmato da Carla Baroncelli, giornalista ravennate del Tg2 dal 1986 fino al 2008. L’autrice in Per amor di cronaca. I miei 25 anni al Tg2, tratteggia diciotto episodi di cronaca portando a riferimento il rispettivo servizio proposto dal telegiornale. Nota distintiva, nonché filo conduttore tra i vari temi affrontati, sono le riflessioni che emergono dal testo; l’autrice, infatti, non solo evidenzia i particolari tecnici del giornalismo televisivo, ma ne svela i retroscena fatti anche di contraddizioni e condizionamenti spesso vincolanti. Non solo quindi, passione ed emozioni, ma anche scelte e tagli, dettati spesso da esigenze di spazio. Sempre Fernandel pubblica Una pelle bellissima, romanzo d’esordio della giovane firma Laura Bottazzi. Si tratta di un testo che cala

la propria ambientazione in una dimensione attualissima: quella illusoria e virtuale di Second lìfe. La protagonista è un’adolescente che, avendo scoperto questa “seconda vita” virtuale, ne viene a tal punto assorbita da confondere la realtà con la finzione. Il suo avatar, ovvero il suo “io” virtuale s’identificherà a tal punto con i connotati reali della protagonista che la realtà diverrà sempre più lo spazio prediletto per vivere emozioni ed obiettivi virtuali, fino addirittura a perdere, nell’indifferenza dello sguardo adulto, il controllo cosciente della propria vita. Infine Micromosaico. Storia, tecnica, arte del mosaico minuto romano, testo firmato da Chiara Bertaccini e Cesare Fiori e pubblicato da

Edizioni del Girasole. Come già il titolo anticipa, si tratta di un testo di stampo artistico che ha per oggetto una lavorazione del mosaico diversa da quella in uso a Ravenna. Si tratta del mosaico minuto detto anche micromosaico, artigianato artistico nato a Roma nella seconda metà del ’700 e caratterizzato da tessere di piccole dimensioni. Il testo, scorrevole e di facile lettura, si snoda in una parabola descrittiva che chiama in causa non solo l’arte, ma anche la storia e tutto un impianto nozionistico di particolari tecnici che, perfettamente orchestrati, arrivano al cuore di una tecnica tanto antica quanto preziosa. IN


Ricordare | Alfredo Oriani

Un centenario

“Irregolare”

da

testo Andrea Casadio

settembre con il XXI Incontro al Cardello di Casola Valsenio e con la mostra “Oriani, il letterato del villaggio”, promossa dal Comune casolano in collaborazione con la Fondazione, di recente conclusa. Il 23 ottobre a Faenza e il 24 ottobre a Ravenna si è svolto il convegno “L’eredità di Alfredo Oriani.

È in un clima di rinnovato interesse verso gli scritti e la figura di Alfredo Oriani quello in cui, il 18 ottobre scorso, ricorreva il centenario della morte dello scrittore. Nato a Casola Valsenio nel 1852, Oriani è una tormentata figura di “irregolare” nella storia culturale italiana. Spirito fiero e intemperante, fu autore di romanzi dai toni torbidi e accesi (No, La disfatta e Vortice i più noti), e di un’intensa produzione storico-politica. La lotta politica in Italia (1892) e La rivolta ideale (1908) sono i due titoli più importanti di una bibliografia improntata all’accusa per le miserie dell’Italia della sua epoca e al mito del Risorgimento incompiuto e della grandezza nazionale. Nel corso di questo secolo, la fortuna dello scrittore di Casola Valsenio ha conosciuto alterne vicende: la scarsa attenzione in vita, la rivalutazione di Benedetto Croce e degli intellettuali raccolti attorni alla “Voce”, l’esaltazione (e la strumentalizzazione) come “precursore” durante il Ventennio fascista, il lungo silenzio dei primi decenni dell’Italia repubblicana e infine la riscoperta, prima timida, negli anni Sessanta, per opera soprattutto di Giovanni Spadolini, poi sempre più diffusa, operata da varie prospettive.

Cultura e politica nell’Italia del

Oggi si parla di una vera e propria renaissance di Oriani, che non si limita, come forse ci si sarebbe aspettato in questi decenni di crisi del sistema politico nazionale, all’Oriani storico e giornalista, ma abbraccia anche l’opera narrativa e drammaturgica. In questo quadro, la Fondazione “Casa di Oriani” ha organizzato una serie di iniziative che stanno facendo il punto, a un secolo dalla morte, sul ruolo di Alfredo Oriani nella storia politica e culturale del Novecento italiano. L’autunno “orianiano” organizzato dalla Fondazione è partito il 19

Novecento”. La giornata faentina è stata dedicata alla rif lessione sull’opera narrativa e storica dello scrittore, col coordinamento di Roberto Balzani; quella ravennate ha proposto il confronto su un tema sempre attuale, quello del rapporto fra popolo e legittimazione della sovranità politica, ed è stata diretta da Ernesto Galli della Loggia. Infine, il 28 novembre viene organizzata a Ravenna una tavola rotonda su “Le ‘idee lunghe’ del Risorgimento. Rappresentazioni e progetti per l’Italia unita”.

Gli studiosi di varie università si soffermeranno sulle principali correnti di pensiero all’origine dell’Italia contemporanea (il liberalismo di Cavour, il repubblicanesimo di Mazzini, il federalismo di Cattaneo, il socialismo di Garibaldi, il neoguelfismo di Gioberti), ancora oggi in grado di fornire spunti di riflessione sull’identità del Paese. IN

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