CAPOLAVORI ARTIGIANALI DA INDOSSARE
EDITORIALE
È una carriera prestigiosa che lo ha portato sui più importanti palcoscenici nazionali e internazionali quella di Carlo Vistoli, lughese, il controtenore più richiesto all’estero. Così come è un’eccellenza quella delle sorelle Nati che hanno dato vita al Luppoleto più rosa d’Italia. Talento che spazia dal teatro al cinema quello di Matteo Gatta, attore, autore e regista, mentre Virginio Briatore, consulente e docente, ci spiega cos’è un ‘filosofo del design’. Ci immergiamo nell’Incanto, un’oasi di comfort, natura e relax e conosciamo da vicino la cucina dello chef Mattia Borroni, tra identità e innovazione. È invece un viaggio nella storia quello che rievoca i bombardamenti su Ravenna dell’estate del 1944. Avvincente l’incontro con il team romagnolo a bordo di Luna Rossa e, infine, uno sguardo all’arte di Guerrino Siroli. Buona lettura!
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Anno XXIII N. 3 luglio/agosto Reg. di Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n.1
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Redazione centrale: Clarissa Costa, Paola Francia Coordinamento di redazione: Roberta Bezzi
Artwork e impaginazione: Francesca Fantini
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Collaboratori: Alessandra Albarello, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Montanari, Serena Onofri. Fotografi: Nicola Allegri (cover), Lidia Bagnara, Marco Borelli, Massimo Fiorentini, Isabella Franceschini, Clarissa Lapolla, Miguel Lorenzo, Michele Monasta, Guido Morozzi, Gianmaria Zanotti
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04 PILLOLE
NOTIZIE DALLA PROVINCIA
08 PROFILI CARLO VISTOLI
14 IMPRENDITORIA IL GIARDINO DELLE LUPPOLE
28 VACANZE COME D’INCANTO
34 CUCINA MATTIA
PILLOLE
APERTURE
MUSEI NAZIONALI
RAVENNA | Nei mesi estivi ci sono novità sulle aperture di alcuni dei più noti monumenti di Ravenna, i cosiddetti Musei Nazionali, per garantire a turisti e visitatori una migliore fruibilità. In primis, il Battistero degli Ariani che sarà eccezionalmente aperto anche il venerdì pomeriggio dalle 14 alle 17, così come il sabato e la domenica, oltre che tutte le mattine dalle 9 alle 12. Va poi segnalato che il Mausoleo di Teodorico apre le porte tutti i pomeriggi da lunedì a domenica oltre che la mattina. Il Museo Nazionale limiterà invece l’apertura alla mattina, tranne il venerdì, con la novità dell’orario prolungato serale in occasione della nuova rassegna Notti trasfigurate. Mosaici di musica e parole, quattro concerti per quattro aperture serali con visita guidata a un’opera d’arte.
BILANCIO GRUPPO COFRA
FAENZA | La cooperativa Cofra di Faenza ha chiuso il 2023 con un fatturato totale di 112 milioni di euro. Il buon andamento economico ha dunque consentito alla realtà faentina di aumentare ulteriormente il proprio patrimonio, che oggi ha raggiunto i 10 milioni di euro, e di consolidare gli indici finanziari che si affiancano a un rating bancario molto positivo. Un altro dato che riflette il percorso di crescita che la cooperativa ha avviato negli ultimi anni è quello relativo al personale che ha avuto un incremento del 25%: oggi tutto il Gruppo Cofra dà lavoro complessivamente a 500 lavoratrici e lavoratori di cui 280 sono anche soci della cooperativa. (Nella foto, Roberto Savini, presidente del Gruppo)
SPIAGGIA DEI VALORI
PUNTA MARINA | Ha aperto il 29 giugno a Punta Marina, in ricordo di Dario Alvisi, Spiaggia dei Valori, lo stabilimento balneare attrezzato per le esigenze di persone disabili anche in forma grave. Con le sue trenta postazioni è la struttura più grande d’Italia ed è gestita dall’associazione ‘Insieme a te’ di Debora Donati che, nel 2023, si è aggiudicata, mediante un bando pubblico del Comune di Ravenna, la concessione demaniale ventennale dell’area. L’intera struttura è stata finanziata in parte con fondi PNRR, nonché grazie alle generose donazioni di aziende e privati. Sono presenti anche bagni accessibili, aree dedicate ai volontari, uffici, aree comuni e una sala polivalente per le attività di volontari e ospiti.
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PILLOLE
VERSO IL BLU
RAVENNA | Si intitola Verso il blu il nuovo libro dello scrittore ravennate Nevio Galeati che ha lavorato a lungo come giornalista. Non più un noir ma una serie di racconti ispirati ad atmosfere delicate e, in certi casi, al limite della realtà. Protagonisti sono tanti personaggi giovani e meno giovani, uomini e donne. Orso è un ragazzo buono e timido, bullizzato da quello che dovrebbe essere un amico. Giovanni è un bambino con un occhio ‘pigro’ che ha il potere di vedere cose che gli altri non possono vedere. Tra naviganti che sognano di tornare a casa e uomini per cui le storie scritte nei libri sono ben più che inchiostro su carta, Galeati porta il lettore in un mondo che è allo stesso tempo concreto e fantastico, cinico e sognante, nonostante tutto pieno di speranza.
TALENT THE COACH
RAVENNA | L’attore ravennate Cristiano Caldironi è il vincitore della sesta edizione del talent reality show The Coach, in onda dal 2018 su 7 Gold. Caldironi, che dopo aver raccolto a sua volta l’eredità artistica del maestro Ivano Marescotti ha aperto l’ATC- Accademia Teatro Cinema di Marina di Ravenna, è arrivato al successo vincendo la concorrenza di più di 150 coach selezionati in tutt’Italia, insieme al prodigioso pianista Tancredi Burza di appena 9 anni. Il vincitore del talent reality sarà nuovamente presente nella prossima edizione di The Coach come giudice, con una giuria che ha visto la partecipazione di personaggi del calibro di Francesco Facchinetti, Federico Zampaglione e Morgan.
CONCERTI
LAURA PAUSINI
FAENZA | Dopo i trionfali concerti negli Stati Uniti in primavera, Laura Pasini proseguirà il suo lungo World Tour. Il 4 e 5 novembre è attesa a Londra in Gran Bretagna. Poi rientrerà in Italia con il seguente calendario: Eboli il 13 novembre, Bari il 15 dello stesso mese, Roma il 18, Livorno il 21, Pesaro il 23, Milano il 28, Torino il 30. Poi la cantante ritornerà oltre confine, in Francia: Marsiglia il 3 dicembre; in Spagna, a Malaga il 5, Pamplona il 7; in Svizzera, a Ginevra il 9, a Basilea l’11; in Germania a Monaco il 12; in Bulgaria, a Sofia il 16; in Serbia, a Belgrado il 18; in Slovenia, a Lubiana il 20. L’anno si concluderà in Italia, con tre date a Messina, dal 28 al 31 dicembre.
PROFILI
CARLO
IL CONTROTENORE ITALIANO PIÙ RICHIESTO ALL’ESTERO
VISTOLI
Il lughese Carlo Vistoli, classe 1987, è il controtenore italiano più richiesto all’estero, soprattutto per quanto riguarda il repertorio barocco che sta tornando molto di moda e piace particolarmente ai giovani. Ha appena vinto il Premio Abbiati 2024 della critica musicale italiana come miglior cantante dell’anno scorso. Un suo tratto distintivo?
Da ‘ragazzo della porta accanto’, sul palco riesce a trasformarsi nei personaggi più incredibili, grazie alle sue doti attoriali che deve anche alla sua passione per il cinema. La sua è un’estate intensa dal punto di vista professionale, in giro per il mondo, preso da un impegno dietro l’altro. In giugno ha debuttato negli Stati Uniti, alla San Francisco Opera, come Arsace in Partenope di Georg Friedrich Haendel.
“Avevo già cantato in un concerto oltreoceano ma mai in un’opera,” ricorda Vistoli.
“L’accoglienza da parte del pubblico è stata ottima, in più ho lavorato con un bel cast, un bravo direttore, in uno dei teatri più bel-
li. Sono molto soddisfatto.” In luglio poi ha esordito alla Staatsoper di Vienna cantando nel ruolo di Giulio Cesare accanto al mezzo soprano Cecilia Bartoli, nel Giulio Cesare, sempre di Haendel. Da annotare che, al fianco della Bartoli, aveva già ottenuto un bel successo sia all’Opéra di Montecarlo sia in concerto durante una tournée europea che lo ha portato in prestigiose sale come il Théâtre des Champs-Elysées di Parigi, dove è spesso ospite, e al Concertgebouw di Amsterdam. E l’autunno sarà altrettanto roseo visto che il prossimo 26 settembre è atteso al debutto nella stagione del Teatro alla Scala di Milano, cantando Alidoro nella nuova produzione dell’Orontea di Antonio Cesti con la regia di Robert Carsen e con Giovanni Antonini sul podio. Nel 2025 poi altro palcoscenico di prim’ordine: per la prima volta alla Royal Opera House a Convent Garden, Londra, in Semele di Haendel, nella parte di Athamas. Sul fronte discografico, per novembre è prevista l’uscita del suo disco dedicato al Vivaldi
sacro, per l’etichetta Harmonia Mundi, con l’Akademie für Alte Musik Berlin. Vistoli, lei e la musica un colpo di fulmine?
“Lo definirei più un amore sbocciato nel tempo, in modo naturale a Lugo dove l’opera è di casa, prima culla musicale di Rossini. Sono nato in una famiglia senza un background musicale. Mio padre ascoltava saltuariamente dischi di musica classica che mi piacevano. Da bambino, andando in edicola a Lugo, ero rimasto affascinato dai cd dei grandi compositori, che mi facevo regalare. Così ho iniziato a farmi una cultura, poi ho iniziato a studiare pianoforte e chitarra classica alla scuola dei fratelli Malerbi. La passione per l’opera si è poi fatta strada assistendo agli spettacoli al Teatro Rossini.”
HA VINTO IL PREMIO
ABBIATI 2024 DELLA
CRITICA MUSICALE
ITALIANA COME
MIGLIOR CANTANTE.
DOPO L’ESORDIO NEGLI
USA IN AUTUNNO
DEBUTTERÀ AL TEATRO
ALLA SCALA DI MILANO
E NEL 2025 ALLA ROYAL
OPERA HOUSE DI LONDRA.
Il passo successivo è stato avvicinarsi al canto?
“Sì. Verso i 18-19 anni ho iniziato la sperimentazione della vocalità con Fabrizio Facchini a Lugo. Ed è in quel momento che ho scoperto che cantare con la voce di testa o farsetto mi era più facile che con la voce da tenore. Così ho studiato la tecnica con l’insegnante-tenore William Matteuzzi di Bologna che tutt’ora mi segue.”
Si è accorto presto che questa sarebbe diventata la sua strada a livello professionale?
“Sì. Partecipando a concorsi e masterclass, le cose sono andate subito nella giusta direzione. Ho mosso i primi passi in regione, l’esordio con l’opera Didone ed Enea è stato a Cesena e poi a Ravenna. Negli anni successivi sono stato invitato anche a qualche concerto del Ravenna Festival. Il lancio internazionale risale al 2015 con l’ensemble francese diretto da William Christie, con cui collaboro ancora, grazie a un’importante tournée internazionale nelle più grandi sale da concerto del mondo. Quella è stata una grande vetrina, da lì in poi sono stato chiamato un po’ ovunque.”
Che voce è quella del controtenore?
“Un timbro acuto che si ottiene facendo vibrare solo una parte delle corde vocali, non è una novità del Novecento, esisteva già nel Settecento negli oratori inglesi. Affronta il repertorio dei castrati di cui si ha memoria fino all’Ottocento. La castrazione, che per fortuna non avviene più, consentiva di raggiungere note più acute che un uomo può garantire. Al riguardo, c’è solo una registrazione di Antonio Mareschi, l’ultimo castrato a inizio Novecento, ma cantava musica sacra e non barocca.”
Come si spiega il boom di controtenori e del repertorio barocco, al punto che si parla di ‘rinascimento’? Le sale da concerto sono piene di pubblico giovane e i controtenori sono le nuove star…
“Uno degli obiettivi della musica barocca era la meraviglia, e cosa provoca maggior meraviglia di un cantante uomo, con un modo
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di porsi da eroe, che però raggiunge altezze di tessitura maggiori rispetto ai tenori? La tecnica si è affinata dal dopoguerra, grazie ad alcuni pionieri, in primis l’inglese Alfred Deller e, dagli anni Novanta, ad artisti come Bejun Mehta. Se un tempo la voce del controtenore era più adatta per musica da camera e piccoli ensemble, oggi può affrontare tranquillamente l’orchestra e teatri grandi. Non siamo più considerati una voce a parte, strana, ma equiparati a tenori, baritoni e soprani. Le parti che cantiamo sono eroiche.”
Un artista italiano è avvantaggiato?
“Sì, perché gran parte del repertorio è in italiano e quindi c’è una immediatezza vocale e un’espressività maggiore. Un cantante italiano è visto come un depositario della tradizione operistica.”
Cos’ha provato quando le hanno assegnato il Premio Abbiati?
“Mi è sembrato un sogno far parte di una lista in cui comparivano i grandi miti di cui leggevo da ragazzino. Ne sono onorato.”
Com’è il suo oggi il suo legame con l’Italia?
“Molto forte ed è per questo che, nell’organizzazione dell’agenda, cerco sempre di inserire una o due produzioni nel Bel Paese. Sono molto emozionato per il prossimo debutto alla Scala dove ho cantato in concerto nel 2019. Dovevo esserci già nell’autunno 2020 con un’opera di Haendel che è stata cancellata per pandemia.”
E il suo rapporto con la Romagna?
“Altrettanto importante. Nel settembre 2022 mi sono sposato al Teatro Rossini di Lugo, di cui mi è stata concessa la sala prima dell’inaugurazione dopo il restauro. Mio marito, che lavora nell’editoria e nella musica a livello di ricerca e che mi segue in tutte le scelte professionali, è anche lui di Lugo. Per noi non poteva esserci luogo più simbolico se non il primo teatro in cui ho messo piede sia come spettatore che per i primi concerti. Purtroppo il teatro è stato danneggiato durante l’alluvione e per me è stato un colpo al cuore vedere le poltrone messe ad asciugare fuori dal teatro… Spero presto di tornare con un concerto e vederlo risplendere.”
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IL GIARDINO
NASCE NEL 2020 A GRATTACOPPA UN’ECCELLENZA A LIVELLO NAZIONALE
DELLE LUPPOLE
Si è fatto spazio nei terreni della società agricola Bellavista delle
Sorelle Nati e in poco tempo è divenuto una vera attrazione, il Giardino delle Luppole di Grattacoppa dal 2020 è un’eccellenza a livello nazionale, ormai noto come il Luppoleto più femminile d’Italia. Le donne del luppolo sono le sorelle Nati e le si trova in campo: Daniela insieme a Riccardo, marito di Elisa, si occupa della parte agricola, delle pratiche agronomiche, dei trattamenti, dell’irrigazione; Elisa segue la gestione del personale; Michela guida la parte commerciale, il marketing del luppolo e la parte amministrativa; la mamma “è la problem solver sempre in campo con noi. Parliamo di un’azienda,” spiega Michela, “giunta alla terza generazione, dal nonno al babbo, venuto a mancare nel 2009, fino a mia mamma e le nipoti, Elena e Marta, con le quali continuiamo l’avventura.”
A Michela va il compito di rac-
IL LUPPOLO NON SOLO COME INGREDIENTE
PER LA BIRRA MA ANCHE PER OLI
ESSENZIALI CALMANTI, CREME ESTETICHE, PROFUMI, SAPONI
E MOLTO ALTRO.
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IL SONNO.
contare come è possibile vivere il cambiamento come fattore di crescita, anche quando l’imponderabile e l’inatteso fanno saltare ogni previsione. “Siamo un’azienda biodiversa, le persone hanno talenti e capacità differenti e così le nostre colture,
dall’uva da vino alle colture da seme, dal pomodoro per l’industria, ai cereali, alle leguminose, all’erba medica. Nel 2016 dopo alcune valutazioni aziendali, ho deciso di studiare nuove colture: nel paniere c’era il melograno da succo, il noce, i piccoli frutti tipo more e lamponi e il luppolo. La scelta è ricaduta sul luppolo che già dal primo anno dà raccolto.”
Di fronte alle sorelle Nati si è presentato un mercato aperto con poche aziende in Italia. Della tradizione dei luppoleti presenti nel Forlivese, coltivati con i trampoli, non erano rimaste maestranze esperte e per due anni ogni energia è andata nelle sperimentazioni. “Mia sorella e mio cognato sono andati in Slovenia per apprendere la coltivazione,” spiega Michela, “e in seguito in Germania per capire quali macchinari acquistare e abbiamo interpellato un agronomo tedesco. Nel 2018 abbiamo individuato su 250 varietà quelle
IMPRENDITORIA
giuste per noi. La scelta è caduta su varietà americane dell’Oregon. Trovato un vivaio di Padova abbiamo messo a terra 7.000 piante su due ettari e mezzo.”
IN QUESTE PAGINE, LE SORELLE NATI, DANIELA, ELISA E MICHELA, TITOLARI DEL LUPPOLETO. NELLA PAGINA
SEGUENTE, INSIEME ALLA MAMMA
E ALLE NIPOTI ELENA E MARTA.
Con una società agricola da 30 ettari, più i 40 ettari del cognato Riccardo, la piccola porzione dedicata al luppolo rappresenta un investimento importante. “Un ettaro di luppolo costa quattro volte un ettaro di vigneto. Per lavorarlo occorrono macchine specifiche, ne abbiamo trovate in Germania, usate, risalenti agli anni Ottanta. In tutto abbiamo speso 135.000 euro, essiccatoio incluso, unico acquistato in Italia, sempre usato. Parliamo di
un salto che è stato uno stimolo ad avere una visione differente. Siamo diventate imprenditrici agricole non più solo contadine, dalla coltivazione all’utente finale, ciò significa che devi vendere e iniziare a uscire dal campo.”
Così Michela va a bussare alla porta di aziende di birra medio-grandi, legate alla territorialità e trova per prima l’Amarcord di Rimini che ha una storia familiare e sigla uno dei primi accordi, in virtù di un rapporto di fiducia e stima. Ma quando tutto sembrava avviato, arriva la più grande pandemia dei tempi moderni e la storia cambia. “Quando ci siamo ritrovati
“ABBIAMO SPESO 135.000 EURO, ESSICCATOIO INCLUSO. PARLIAMO DI UN SALTO CHE È STATO UNO STIMOLO PER AVERE UNA VISIONE DIFFERENTE. SIAMO DIVENTATE IMPRENDITRICI NON PIÙ SOLO CONTADINE.”
i birrifici chiusi, ci siamo chieste cosa fare del nostro luppolo. Di lì è nato un progetto per attivare canali di vendita inusuali anche con l’e-commerce. Oltre al settore brassicolo, si è aperto quello erboristico. Ho chiamato le aziende e ho iniziato a studiare. Dalla disperazione imprenditoriale è nato l’olio essenziale calmante e rilassante.” Poi sono arrivati altri prodotti come le creme cosmetiche, la tintura madre e in via di produzione ci sono profumi e saponi. “Insieme a Erica Liverani (ex vincitrice di Masterchef Italia, Ndr), nel maggio del 2020 abbiamo raccolto le cimette ed è
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I ristoranti Benso, Locanda Appennino e Osteria La Casetta uniscono un’atmosfera elegante ma sobria a una cucina di alto livello dal cuore romagnolo, reinterpretata con un tocco di modernità. Tre locali per ogni occasione, in cui condividere momenti preziosi che vanno incontro ad ogni gusto: dalla ricercatezza culinaria del “Benso”, situato all’interno di un grazioso giardino pubblico nel centro di Forlì, alla pizzeria e ai piatti della tradizione, in un casale rurale dell’“Osteria la Casetta”, fino ai pranzi e alle cene con materie prime di alta qualità, frutto di un attenta ricerca sul territorio, e al soggiorno con vista sulle verdi colline romagnole, di “Locanda Appennino”.
MICHELA SVOLGE
UN’ATTIVITÀ DI EDUCATRICE, CONVINTA
CHE L’INNOVAZIONE
TECNOLOGICA E LA CULTURA CONTADINA
POSSANO CONVIVERE
E CHE LA RICERCA
AGRICOLA SPOSI LA CRESCITA PERSONALE E SOCIALE.
IMPRENDITORIA
nata l’idea dei germogli sott’olio in vasetti. I bruscandoli sono un prodotto molto apprezzato in Veneto e Friuli, si possono utilizzare nel risotto, sono molto rustici e fibrosi, croccanti, leggeri dalla nota amara. Il germoglio sa già che deve diventare amaro per dare sapore alla birra.” Una linea che parte ovviamente dalla birra, per arrivare alla piadina, ai taralli, al distillato e al pesto in tre versioni.
Michela parla del luppolo, della coltivazione e delle proprietà con passione. “Il profumo del luppolo ha un’intensità pazzesca. In marzo compaiono i primi germogli, a fine maggio crescono 3 cm al giorno, come il fagiolo
magico. Ha un’energia che sale, abbiamo un impianto alto 5 metri, in Germania raggiungono i 10 metri. Quando non trova più sostegno si allarga. È veloce, è scattante. È un’erbacea perenne, usata per attenuare l’ansia, per favorire il sonno; porta equilibrio nella menopausa, aiuta la digestione, è aperitivo e stimola l’appetito. Quando siamo nel momento della raccolta entra anche nei pori e a livello emotivo siamo più calme.”
Michela da sempre svolge un’intensa attività di educatrice, convinta che l’innovazione tecnologica e la cultura contadina possano convivere e che la ricerca agricola sposi la crescita
personale e sociale. Anche per questo è promotrice del progetto Goi ‘POWERHOP il Luppolo all’Ennesima Potenza’ che ha vinto il bando della Regione nel 2022 e con l’Università di Padova, enti di ricerca e collaborazioni professionali, lavorano per la caratterizzazione oggettiva del luppolo, lo sviluppo di prodotti salutistici e la valorizzazione della filiera brassicola.
Cura, inoltre, attività rivolte alle scuole e alle famiglie con esperienze in natura, e gli Hoptour per piccoli e adulti che vogliono passare un giorno in azienda. Senza dimenticare gli Open day che sono un’occasione unica da cogliere.
TALENTO
MATTEO
GATTA
UNA PASSIONE
CRESCIUTA
TRA CINEMA E TEATRO
EMERGENTE
Le prime cose che colpiscono di lui, incontrandolo in un bar di Ravenna, sono la sua educazione e la sua gentilezza, il suo scusarsi per tre minuti di ritardo di cui aveva già avvertito con un messaggio. Matteo Gatta è molto giovane, nato a Ravenna nel 1996, ma fin da piccolo sapeva che avrebbe fatto l’attore, anzi, alle elementari aveva già fatto le sue prime esperienze interpretando una vasta gamma di personaggi, dal Lupo di San Francesco a Baldassarre, uno dei tre Re Magi.
Diversamente dai suoi coetanei che si vedevano pompieri o, in casi particolari, campioni di calcio, Matteo aveva già deciso di calcare il palcoscenico. Frequenta il liceo e ha l’opportunità di seguire la non-scuola di Marco Martinelli. “Sapevo che era un sogno difficile da realizzare, il mio,” racconta, “ma ci volevo provare, volevo riuscire a tutti i costi. Mi iscrissi a varie scuole e, mentre aspettavo di essere am-
SI AVVICINA AL
TEATRO CON LA NON-
SCUOLA DI MARTINELLI
E SI DIPLOMA ALLA
SCUOLA DEL PICCOLO
TEATRO DI MILANO.
UN PROVINO CON ANTONIO PISU LO ‘SCARAVENTA’ NEL
MONDO DEL CINEMA
DOVE ESORDISCE
COME PROTAGONISTA
DI EST-DITTATURA
LAST MINUTE
messo, studiavo e mi dedicavo a varie interpretazioni.” Matteo racconta gli inizi del suo percorso e traspare dai suoi occhi una grande passione, quella di un vero attore. “Finalmente un giorno ricevetti la tanto attesa notizia,” continua. “Ero stato
selezionato da Luca Ronconi per la scuola del Piccolo Teatro di Milano. Quasi non ci credevo. La scuola è gratuita ma a mantenermi per tre anni a Milano ha contribuito la mia famiglia, mentre io lavoravo d’estate.” Si diploma nel 2017 con Uomini e No di Carmelo Rifici, che ha preso il posto di Luca Ronconi scomparso nel 2015. Il romanzo scritto da Elio Vittorini nel ‘44 e pubblicato l’anno successivo viene portato in scena da Carmelo Rifici. La trascrizione teatrale è del drammaturgo Michele Santeramo. Dal 2016 Matteo prende parte a numerosi progetti teatrali come attore.
“Dal 2017 al 2021,” racconta, “sono entrato a far parte di Idiot Savant portando in scena Il Mercante di Venezia (2017) e Sogno di una notte di mezza estate (2018) per la regia Filippo Renda. Ho lavorato come attore per Nicola Piovani, Stefano De Luca, Maria Chiara Pederzini, Nanni Garella, Simone Toni, Alessan-
dro Renda. Nel 2019 ho interpretato Oderisi da Gubbio nel Purgatorio di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari. Sempre nel 2018 ho esordito anche come autore dello spettacolo Amore insieme a Viola Marietti. Lo spettacolo è vincitore del bando di produzione #Pil-
lole2018 di Teatro Studio Uno e Progetto Goldstein.” Questo percorso mostra un giovane portato sia come attore ma anche come autore e regista. Manca il cinema a completare la già ricca gamma di attività. “Il cinema arriva, sì,” dice Matteo. “Nel 2020 esordisco come protagonista del
film Est-Dittatura Last Minute di Antonio Pisu, che ha aperto la 17a edizione delle Giornate degli Autori al Festival del Cinema di Venezia 2020. Insieme a Jacopo Costantini e Lodo Guenzi abbiamo vinto il Premio Biraghi ai Nastri d’Argento 2021.” Tante imprese concentrate in pochi anni, il giovane ravennate è pronto a conquistare il mondo del cinema con il suo talento, la sua presenza scenica e il suo carisma. Si racconta in modo spigliato ma con molta semplicità. Un provino fatto con Antonio Pisu ha letteralmente ‘scaraventato’ Matteo nel mondo del cinema. Il racconto di una storia realmente vissuta le cui emozioni Matteo ha saputo portare sullo schermo. È un road movie in cui succedono tante cose al limite tra reale e onirico. Ma le esperienze nuove lo portano a fare la regia dello spettacolo teatrale Gramsci Gay. Su un muro del carcere di Turi viene imbrattato un famoso mu-
SPETTACOLO
ATTORE DI TEATRO E DI CINEMA, AUTORE E REGISTA, GIÀ ALLE ELEMENTARI AVEVA FATTO LE PRIME ESPERIENZE. “PASSERÒ L’ESTATE A RILASSARMI E A IMBASTIRE LA DRAMMATURGIA PER UN NUOVO SPETTACOLO IRONICO SUL TAOISMO.”
rales dedicato a Gramsci che, proprio in quel carcere, aveva passato cinque anni di prigionia scrivendo gran parte dei suoi densi Quaderni: una mano anonima ha scritto ‘gay’ sulla fronte del grande politico e filosofo marxista italiano. Una riflessione sul rapporto fra politica e indifferenza, impegno e disillusione, fuoco e cenere. Mauro Lamantia è Gramsci. Gli somiglia moltissimo, la chioma folta, i tipici occhiali. Eloquio insieme energico e posato, accogliente e vibrante. Ma Lamantia interpreta anche Nino che ha scritto ‘gay’ sulla faccia di Gramsci. Ma non sa perché lo ha fatto. Anzi lo ha fatto senza un vero motivo. “È uno spettacolo diviso in due parti,” specifica Matteo, “scritto da Iacopo Gardelli e prodotto da Studio Doiz e Accademia Perduta. Volevamo parlare di passione politica, di quella che
attribuiamo allo spirito del Novecento e del clima odierno. Le due situazioni sono presentate nella loro oggettività e lo spettatore unisce i fili come preferisce. Mauro è talmente strepitoso che ogni tanto raggiunge il risultato che io intimamente spero: e cioè
che le prospettive vengano completamente ribaltate.” Guardando al prossimo futuro Matteo, attore di teatro e di cinema, autore e regista, anticipa: “Passerò l’estate a rilassarmi e a imbastire la drammaturgia per un nuovo spettacolo ironico sul Taoismo.”
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FILOSOFO
VIRGINIO BRIATORE CONSULENTE E SCRITTORE TRA CUNEO E NEW YORK
DEL DESIGN
DI ALESSANDRA ALBARELLO
La poesia di Eugenio Montale L’estate termina con la frase “Occorrono troppe vite per farne una.” Sembra scritta apposta per Virginio Briatore, nato in Provincia di Cuneo, cresciuto a Varigotti nella Riviera di Ponente e trasferitosi a Lecce, New York, Treviso e Milano, scegliendo poi di vivere tra Ravenna e un’isola della Croazia. Consulente di importanti aziende e docente di design, ha collaborato con riviste come Modo e Interni e scritto diversi libri. Si autodefinisce ‘filosofo del design’.
Quando è entrato il design nella sua vita e che cosa fa un ‘filosofo del design’?
“La mia prima esperienza è stata come account dal 1986 al 1989 allo Studio Atlantide di Lecce, ‘battezzato’ da Alessandro Mendini. Quando poi mi sono trasferito a Treviso nel 1990 ho cominciato a collaborare con la testata Modo e ho iniziato a capire meglio il design. Come filosofo del design cerco di comprendere l’importanza che le cose hanno nella nostra esistenza perché il design è il linguaggio con cui il mondo ci parla attraverso gli oggetti.”
Il viaggio fa parte del suo Dna. Gli incontri più importanti?
“CERCO DI COMPRENDERE
L’IMPORTANZA CHE LE
COSE HANNO NELLA
NOSTRA ESISTENZA
PERCHÉ IL DESIGN È
IL LINGUAGGIO CON
CUI IL MONDO CI
PARLA ATTRAVERSO
GLI OGGETTI. LAVORO
SCRIVENDO, È MOLTO
IMPORTANTE PER ME
USARE LA PAROLA GIUSTA.”
“Norman Mommens, scultore, e Patience Gray, scrittrice, giornalista e artista, una coppia inglese conosciuta nel Salento. Mi hanno affascinato perché erano dei sapienti e allo stesso tempo umili e propositivi. Ho anche trascorso due lunghi inverni a New York dove ho spesso incrociato Keith Haring, Andy Warhol e Woody Allen. Vivere a contatto con quel mondo mi ha aiutato a capire che se non hai una forza enorme è meglio fare il cameriere a Varigotti piuttosto che a New
York. Sono tornato quindi a Varigotti. Mi sono sempre allontanato ma sono sempre tornato perché alla fine proveniamo tutti da un solo luogo. Non sono un viaggiatore infinito.”
Dal 1995 abita a Ravenna e per molti anni ha fatto il ‘pendolare’ con Milano. Che cosa rappresentano queste città?
“Milano mi ha dato la possibilità di crescere professionalmente perché lì nessuno ti chiede da dove vieni, ma solo ‘che cosa sai fare?’ In compenso Ravenna ha permesso a mia moglie e a me di educare i nostri figli in maniera tranquilla perché è una piccola città ed è più facile da vivere.” Un luogo di Ravenna e uno di Milano?
“A Ravenna l’angolo dietro Galla Placidia, con la chiesa di Santa Croce, le rovine, San Vitale, la caserma della Finanza. Amo molto le fontane e a Milano mi piace quella di Largo Marinai d’Italia perché è ariosa.”
Quanto sono importanti i linguaggi per lei?
“In realtà mi interessano i designer che riescono a modificare i significati e le modalità d’uso dei linguaggi come Denis Santachiara e i fratelli Campana. Personalmente il mio linguag-
gio è legato alla parola e lavoro scrivendo, per cui è importante per me usare la parola giusta inserendola nello spazio che ho a disposizione.”
Che cos’è il design oggi?
“Quando inaugurammo la scuola di design a Bolzano negli anni Novanta, parafrasando la frase di Hans Hollein ‘Tutto è architettura’, dissi: ‘Tutto è design’ e ancora oggi è così. Dal primo minuto di vita all’ultimo, il design ci accompagna. Oltre ai maestri del design ho seguito e amato Sottsass e Mendini, più per quello che hanno detto e scritto e per come hanno vissuto, che per i loro oggetti. Della generazione intermedia stimo molto Paolo Ulian e Lorenzo Damiani perché penso che il designer debba essere anche un po’ inventore, avere genialità, follia e un soffio vitale come ce l’hanno loro.”
Oggetti iconici?
“Le icone le decide la storia ma per me sono tre: il paraschiena di Lino Dainese e Marc Sadler, su cui ho scritto un libro; Bon Ton, l’osso di plastica porta-sacchetti per cani di Miriam Mirri e Ilaria Gibertini per United Pets; Fivefingers, la scarpa con le cinque dita, disegnata per Vibram da Robert Fliri.”
Ha scritto il libro Diario dall’eremo e vive anche su un’isola. Sta forse diventando un vero filosofo?
“Ho deciso di trascorrere più tempo a contatto con la natura. Non so se diventerò un filosofo, sicuramente voglio sentire il respiro della terra e delle pietre che sono qui da miliardi di anni. Continuo comunque a collaborare con Lago, Manerba e Lavazza con cui sto lavorando a un progetto molto bello che vedrà la luce l’anno prossimo.”
Che cosa le viene in mente per ogni parola del suo sito: Life, Travels, Works e Love?
“Life: miracolo; Travels: esten-
sione; Works: partecipazione; Love: anelito.”
Progetti?
“Viaggiare nel Mediterraneo. Nel 2022 siamo stati nel Peloponneso, nel 2023 a Creta, quest’anno con mia moglie giriamo tutta la Sardegna. In questi territori tutto ti parla: le idee, il cibo, le architetture, i sorrisi. Lì ci sono ancora persone che ti ricevono in maniera gentile. A Creta ho chiesto: dove lascio la chiave di casa? ‘Nella porta’, mi hanno risposto. La civiltà minoica era grande e lo è anche adesso, perché si possono ancora permettere di vivere con la chiave nella porta.”
IN ALTO, VIRGINIO BRIATORE. SOTTO, A DESTRA, BRIATORE ALLA PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA E DEL LIBRO LAVAZZA DESIGN FAMILY A TORINO, NEL 2008. A SINISTRA, CON PATRIZIA MOROSO, IMPRENDITRICE E ART DIRECTOR DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA, ALLA MILANO DESIGN WEEK 2024.
COME
A SAVIO UN’OASI DI RELAX
IMMERSA
NELLA NATURA
D’INCANTO
DI SERENA ONOFRI
Viene da entrare in punta di piedi in questo luogo nascosto tra le spiagge di Lido di Savio, Lido di Classe e il Parco del Delta del Po. Campi di grano e silenzio, che trasmettono subito una sensazione di pace e tranquillità. Tutto parla di ospitalità. Un ex fienile ristrutturato accoglie gli ospiti: legno e vetro scaldano l’atmosfera. Sul retro le piscine, le casettine e il verde tutt’attorno fanno da contorno. La padrona di casa è Valentina Valentini, giovane imprenditrice, romagnola doc, che racconta come nasce questo luogo dedicato all’accoglienza e al relax. “Fin da quando ero piccola giocavo insieme a mia cugina a ‘il gioco del tè’. Quindi mi piaceva l’apparecchiare, lo stare a tavola,” racconta. “Poi vedevo la mamma cuoca, le nonne che facevano da mangiare e che accoglievano ospiti. Far star bene le persone è davvero nel nostro Dna.” Valentina ha una famiglia che da tempo gestisce diverse
UN LUOGO
NASCOSTO IN CUI
TUTTO PARLA DI OSPITALITÀ. VALENTINA
VALENTINI, GIOVANE
IMPRENDITRICE, RACCONTA COME
NASCE QUESTO
ANGOLO DEDICATO
ALL’ACCOGLIENZA E AL RELAX.
attività: il ristorante La Casina (sempre a Savio), gli zii con le camere e il maneggio con i cavalli, un’altra azienda il padre. Questa è una storia romagnola fatta di lavoro, di fatiche ma anche di sogni realizzati. “Ho imparato a fare la piadina fin da piccola e ho fatto la mia prima esperienza in agriturismo con gli zii come addetta alle pulizie delle came-
re e colazioni. A quei tempi,” ricorda, “le mie idee restavano lì ferme ad aspettare il momento giusto. La svolta è avvenuta quando sono entrata nel mondo nella ristorazione e del campeggio con la co-gestione della Casina: la mia prima attività come titolare.”
Quando le si chiede da dove nasce l’idea di creare un luogo come Incanto svela che, da oltre vent’anni, la famiglia era
alla ricerca di cosa fare su questa terra di proprietà. E finalmente, dopo il tempo passato a progettare, negli ultimi due anni sono iniziati i lavori: dalla ristrutturazione del fienile, ideato per la reception e l’accoglienza ed eventi, alla piscina fino ai bungalow classici. “Il mio desiderio era quello di creare un luogo in cui la vacanza è immersiva nella natura come in un campeggio, ma con tutti i comfort
che si ricercano per un’esperienza comoda e rilassante. In una parola: un glamping.” Termine che nasce dalla combinazione di ‘glamour’ e ‘camping’, dove per ‘glamour’ più che moda in senso stretto si intende un insieme di comodità e bellezza, buon cibo, dettagli curati e assenza di quel che comporta di solito la vacanza in un classico campeggio: non si lavano i piatti, non si fa la spesa, tutto è all’insegna del
“IL MIO DESIDERIO ERA QUELLO DI CREARE UNO SPAZIO IN CUI LA VACANZA È
IMMERSIVA NELLA
NATURA COME IN UN CAMPEGGIO, MA CON TUTTI I COMFORT CHE SI RICERCANO PER UN’ESPERIENZA COMODA E RILASSANTE. IN UNA PAROLA: UN GLAMPING.”
VACANZE
relax. “Mi piacciono le cose originali. Natura, relax e comfort,” dice Valentina. “Noi qui portiamo l’aperitivo in piscina, la cena nelle casette, cerchiamo di organizzarci per accontentare ogni desiderio dei nostri ospiti.” Quali sono gli obiettivi di Incanto? “Creare un luogo turistico ricettivo felice, per i clienti e per i dipendenti. Molti membri dello staff si fermano qui a rilassarsi dopo lavoro. Cerchiamo di avere maggior elasticità nei turni. L’obiettivo è fare ciò che amiamo in un luogo che trasmetta serenità.” Valentina spiega che il turismo negli ultimi tempi si è trasformato: “Il mondo oggi è sempre più frenetico e la gente ha sempre meno tempo e disponibilità. È più esigente e ha la necessita
che tutto scorra piacevolmente e bene. Il cliente è più social: ci tiene a far vedere dov’è stato e a condividere la sua esperienza.”
Un’altra particolarità di Incanto è il sistema di collaborazioni con attività vicine come palestre, centri cinofili, operatori del benessere, in modo tale che il cliente possa soddisfare qualsiasi desiderio. Ci sono una piccola biblioteca e giochi da tavolo per tutte le età e i gusti.
E poi una novità: la Bubble Room: “Si tratta di un’esperienza unica. L’ospite una volta entrato nella ‘bolla’ non ha più bisogno di altro dall’esterno, ha tutto a sua disposizione. La vera magia la si respira di notte, quando tutte le luci si spengono e si crea una situazione straordi-
naria. Fissare il cielo al buio riserva bellissime sensazioni, che vi siano le stelle o che piova.”
La Bubble Room è attrezzata con una piscina idromassaggio riscaldata e dotata di cromoterapia, è climatizzata, con una camera matrimoniale nella quale si possono aggiungere altri due letti trasformando le poltroncine in dotazione. La cena viene servita attraverso un apposito passaggio ma senza entrare direttamente nella stanza per non spezzare l’atmosfera fatta di assoluto relax e silenzio.”
Guardando al futuro, tra i progetti in cantiere vi è un ampliamento della struttura e la costruzione di una casa sull’albero. Avere coraggio e credere nelle proprie idee ripaga.
ADVERTORIAL
STUDIO CAVALLUCCI
PER IL COMFORT DELL’IGIENE ORALE
TUTTI I VANTAGGI DEL METODO GUIDED BIOFILM THERAPY UTILIZZATO DALLO STUDIO DEL DOTTOR LORENZO CAVALLUCCI, PER LA MASSIMA PREVENZIONE E IL MINIMO FASTIDIO.
È trascorso poco più di un anno dall’ultima visita presso lo Studio Cavallucci, ed oggi come allora la ragione del nostro incontro è all’insegna della tecnologia e dell’innovazione.
I molti anni di studio e di docenza del dottor Lorenzo Cavallucci hanno fatto maturare in lui la consapevolezza che la prevenzione è la chiave per la salute della persona e della bocca in particolare.
“L’igiene ne costituisce il pilastro fondamentale,” spiega.
Come rendere dunque gli interventi di igiene dentale – la classica ‘pulizia’ – più efficaci, sicuri e gradevoli? La risposta arriva dalla Guided Biofilm Therapy: si tratta di un protocollo studiato per assicurare la più efficiente
rimozione di placca batterica ed eventuale tartaro, senza in alcun modo intervenire sulla solidità dello smalto dentale. Quest’ultimo infatti costituisce la naturale barriera protettiva dei nostri denti, rispetto all’azione potenzialmente corrosiva degli agenti esterni. Preservarne la solidità è il primo e fondamentale requisito di ogni pratica igienica sicura.
Il protocollo GBT si articola in 4 fasi: in primo luogo il biofilm, ossia la patina che ricopre i nostri denti e che è destinata a trasformarsi in placca e tartaro, viene resa visibile. Si ottengono due risultati complementari: l’intervento di successiva rimozione è mirato e non ‘al buio’, poiché anche le più nascoste e impercettibili tracce di placca
vengono evidenziate; è così possibile per l’operatore procedere a una rimozione personalizzata, raggiungendo un’accuratezza impensabile con gli strumenti tradizionali. Inoltre il paziente può osservare in prima persona una mappatura dell’igiene della propria bocca, apprendendo di volta in volta quali aree sono più bisognose di cura e quali invece sono più efficacemente trattate nell’igiene quotidiana. La rimozione vera e propria avviene grazie a un getto d’aria –non a caso brevettato col nome di AIRFLOW – e speciali polveri. In questo modo l’igienista può erogare il flusso sul biofilm responsabile della quasi totalità delle malattie dentali e parodontali, rimuovendolo in maniera del
CON LA TECNOLOGIA
GUIDED BIOFILM THERAPY LA PULIZIA DENTALE VIENE EFFETTUATA IN MODO PIÙ RAPIDO, PERSONALIZZATO E INDOLORE RISPETTO AI METODI TRADIZIONALI. A RISCHIO ZERO, GARANTISCE EFFICACIA ANCHE SU QUELLE AREE PARTICOLARMENTE SENSIBILI.
tutto indolore e quasi impercettibile. Le principali componenti del ‘detergente’ sono eritritolo, un composto dal sapore gradevole e dalla consistenza impalpabile, e la glicina, il più piccolo tra gli amminoacidi essenziali oggetto di studi per i suoi effetti antiossidanti e protettivi della salute in generale.
“ Grazie a questa tecnologia è possibile intervenire anche su quelle aree particolarmente sensibili e per questo spesso
più bisognose di pulizia, come i ‘colletti’ in cui la dentina rimane esposta. In queste aree l’intervento tradizionale è spesso fastidioso e complesso, mentre con la tecnologia GBT risulta rapidissimo, di efficacia assoluta e gradevole per il paziente che vi si sottopone.” Il getto di aria è addizionato ad acqua a temperatura corporea, che elimina qualsiasi sensibilità termica al trattamento; inoltre la pressione erogata tramite getto è pres-
soché impercettibile anche ai denti più sensibili. Quando poi è necessario procedere a rimuovere residui di tartaro, interviene la tecnologia PIEZON senza il minimo rischio di ferire le gengive. In questo modo l’igiene, oltre a diventare una pratica piacevole e quasi un massaggio gengivale, si trasforma in una pratica a rischio 0, e può essere un prezioso alleato anche per trattamenti perioperatori.Infine non occorre più procedere alla fase di lucida-
tura migliorando i risultati dell’igiene anche sul piano estetico Infatti le molecole presenti nel getto d’aria sono studiate per avere una durezza minore dello smalto, e quindi per non poterlo intaccare in nessuna circostanza. Si ottiene così una totale messa a nudo del colore naturale dello smalto.
Ci congediamo ancora una volta ammirati dalla passione e dalla cura per il paziente di cui Studio Cavallucci si rivela pioniere.
IDENTITÀ
MATTIA BORRONI
E IL SOGNO DELLA STELLA MICHELIN
E INNOVAZIONE
DI ROBERTA BEZZI
Il suo sogno nel cassetto è sempre stato quello di conquistare una stella Michelin possibilmente con un suo ristorante. Ma a 33 anni, dopo 13 di esperienza di alto livello nella ristorazione e la gioia di un figlio, lo chef Mattia Borroni ha acquisito anche altre priorità. “La qualità viene sempre prima di tutto nel lavoro e nella vita. I sacrifici si fanno ma bisogna anche godersi un po’ la famiglia, ci vuole il giusto compromesso.”
Aveva appena vent’anni, quando è stato assunto al ristorante Alexander di Ravenna dove tuttora delizia i clienti. Come riassume questo percorso?
“Sono una persona che quando crede in un progetto, lo porta avanti a oltranza. Ho iniziato da inesperto e ho potuto esprimere la mia creatività, sperimentando alta cucina e stravolgendo l’identità del ristorante che prima faceva una cucina meno sofisticata. Mi sono confrontato con le difficoltà del lavoro di chef in sé: i primi anni sono stati duri perché ero autodidatta, ora mi sento più sicuro dei miei passi e della mia identità. La gente crede in me e nella mia cucina.”
Come le piace definire il suo stile in cucina?
MASSIMO FIORENTINI
“Semplice ma d’effetto con gusti ben riconoscibili, perché non mi piacciono i piatti troppo filosofici solo per gastronomi. Un piatto deve piacere anche a un bambino di dieci anni… La gente ti ricorda perché mangia bene non perché i piatti sono ‘fighi’. Nel tempo sono diventato più critico nei confronti dei piatti, cerco sempre di modificarli per arrivare a quei tre elementi semplici che li rendono perfetti.”
C’è un piatto che proprio non ha funzionato nel menù?
“La gente fa fatica a mangiare il quinto quarto e le frattaglie di cui sono invece appassionato, quindi mi devo frenare. Ricordo di aver dovuto togliere un piatto che amavo molto a base di rognone con nespole e ricci di mare, ma non andava…”
Quali sono invece i suoi cavalli di battaglia, i piatti più amati di sempre?
“Il dolce salato di arachidi, in cui gioco con le consistenze dell’ingrediente principe, e il piccione con aceto di lamponi, cipolla rossa e radicchio, un piatto molto particolare che richiede abilità e che solo chi capisce di cucina sa quanto sia difficile.”
Come nasce l’ispirazione di un piatto?
“IL MIO STILE IN CUCINA? SEMPLICE
MA D’EFFETTO, NON MI PIACCIONO I PIATTI TROPPO
FILOSOFICI. UN PIATTO
DEVE PIACERE ANCHE
A UN BAMBINO DI
DIECI ANNI. LA GENTE TI RICORDA PERCHÉ
MANGIA BENE NON PERCHÉ I PIATTI SONO ‘FIGHI’.”
“In due modi. Anzitutto da uno stimolo esterno, legato a una cena o a un evento che ruota attorno a un certo prodotto. Mi capita di partire da gusti già noti alla gente, per dare vita a qualcosa di originale. Come nel caso del mio bottone di patate, in cui la materia prima è cotta nell’acqua delle cozze, o del risotto ai carciofi dove mi sono divertito a giocare con i sapori inserendo anche polvere di liquirizia.” Lei da sempre crede nel confronto con gli altri chef ed è tra i soci dell’associazione Ravenna Food…
“Sì, credo nell’importanza di una sinergia tra chef del territorio, anche per farsi conoscere attraverso eventi. Sono molto amichevole e mi piace prendere spunto da altri, così come dare consigli ai colleghi. Amo il gioco di squadra.”
Come si spiega il fatto che Ravenna non abbia un ristorante stellato?
“Credo che la città abbia due problemi. Uno è legato al turismo che è di tipo culturale e un po’ ‘datato’: la gente viene per i monumenti. Mentre si sa che i ristoranti stellati vivono non solo grazie ai residenti ma ai turisti. Il secondo ha a che fare con il fatto di crederci: non è impossibile ambire alla stella Michelin ma servono investimenti economici, una buona carta dei vini, un servizio di livello, una forte identità.”
Condivide la via aperta dallo chef ravennate Alberto Faccani, due stelle Michelin con il suo Magnolia?
“Alberto è uno chef ma anche un imprenditore e ha investito in quella direzione. A Ravenna ci sono pochi ristoratori imprenditori che sono anche chef. Quando aprirò un mio ristorante, ci penserò.”
ADVERTORIAL
MORENO MOBILITÀ A MISURA D’UOMO
MORENO APRE
UNA NUOVA SEDE A RAVENNA: PUNTO DI RIFERIMENTO PER I BRAND TOYOTA E LEXUS CON UNO SHOWROOM ALL’AVANGUARDIA, È ANCHE CENTRO DI ASSISTENZA AUTORIZZATA TOYOTA.
Fondata nel 1988 da Domenico ‘Moreno’ Palli e guidata assieme ai figli Massimo e Alessandro, la concessionaria auto Moreno ha attraversato decenni di crescita, affermandosi sul mercato grazie a due fattori ritenuti fondamentali per la solidità dell’impresa: una costante ricerca di eccellenza e un’attenzione capillare al territorio in cui sono localizzate le 14 sedi attuali, distribuite lungo l’asse della via Emilia, da Bologna a Rimini.
La scelta di una sede a Ravenna che rappresenti il brand Toyota, leader indiscusso nel campo della motorizzazione ibrida, segue la direzione dell’innovazione. Così come nella sede di Bologna, la concezione degli spazi dello
showroom è completamente rivista in formula Toyota. Schermi interattivi, aree leisure e isole open living offrono un percorso esperienziale per abbattere barriere fisiche tra personale di vendita e cliente in un ambiente più informale e a misura d’uomo. “Del resto, il fondatore di Toyota diceva che ogni auto o apparecchiatura messa sul mercato avrebbe dovuto avere come fine ultimo quello di migliorare la qualità della vita. L’apporto della tecnologia all’interno del gruppo Moreno, nata dall’assorbimento di una società di sviluppo software nel campo automotive, è in costante aggiornamento. Notiamo infatti che le nascenti opportunità in ambito di cyber-
security, telefonia, block chain fanno sì che la realtà necessiti di un reparto IT evoluto che a tendere, insieme al reparto HR, costituiranno le colonne portanti della nostra organizzazione,” continua Palli.
Oggi le abitudini di acquisto degli utenti sono molto cambiate rispetto al passato. Questo cambiamento è dovuto a diversi fattori: la disponibilità di accesso a diversi livelli di informazione online ci porta a gestire richieste di auto e servizi da parte di un utente già informato e dalle idee chiare, che ha bisogno di essere accompagnato alla scelta con qualcosa di prezioso e intangibile: la consulenza, che costruisce relazioni di fiducia nel tempo.
NELLO SHOWROOM RAVENNATE SONO PRESENTI SCHERMI INTERATTIVI, AREE LEISURE E ISOLE OPEN LIVING, PENSATI PER CREARE UN AMBIENTE PIÙ INFORMALE ED ESPERIENZIALE IN CUI ACCOMPAGNARE E ASSISTERE IL CLIENTE.
Con l’avvento di nuove tecnologie e modelli di business, l’auto ha iniziato a perdere il suo status di oggetto di desiderio come può essere ora l’ultimo modello di cellulare, assumendo invece un ruolo più funzionale e intangibile. Per questo nascono all’interno di Moreno soluzioni di noleggio per incontrare ogni esigenza di utilizzo, per lavoro o svago, anche temporanea. Moreno Renting, azienda del gruppo presente nella stessa sede di Ravenna, è specializzata in questo settore. Altra peculiarità tra le tante che animano la concessionaria Moreno è l’ampia disponibilità di auto ‘rinnovate’ : “Questo termine,” sottolinea Domenico Palli, “comunica il concetto che il veicolo usato è stato sottoposto a un processo di controllo e miglioramento per garantire una qualità e un’affidabilità superiori. Entro la fine del 2024 un nostro nuovo brand identificherà questa linea di prodotto e avrà luce in una sede sperimentale dedicata.”
Tornando al territorio, Moreno a Ravenna rappresenta una decisione strategica ben ponderata, che tiene conto di fattori economici, geografici e culturali. La città non solo si distingue per la sua posizione privilegiata, vicina alla riviera, ma anche per la sua ricca storia, un patrimonio artistico unico al mondo e un’economia vivace. Questi elementi rendono Ravenna una scelta unica per ampliare la presenza di Moreno in Romagna
Proprio per il presidio così capillare del territorio romagnolo, la direzione europea Lexus, brand premium Toyota, ha accettato di buon grado di affiancare a Moreno il naming Lexus Romagna, che la vede come concessionaria esclusiva per le provincie di Ravenna, Forlì, Cesena Ravenna e Rimini.
“Tutto ciò non sarebbe possibile senza le persone del nostro team,” conclude Domenico Palli, “che costituiscono il vero motore dell’impresa. Poniamo l’accen-
to prima sui valori comuni e poi sulla professionalità. Questa convinzione nasce da una comprensione profonda dell’importanza di una cultura aziendale forte e resiliente e della coerenza dei valori all’interno dell’organizzazione. Solo così saremo in grado di cogliere le opportunità del futuro.”
SOTTO
NEL 1944
RAVENNA
HA VISSUTO
L’ESTATE
PIÙ DRAMMATICA
LE BOMBE
DI ANDREA CASADIO
Nel momento in cui le cronache di guerra sono tornate malauguratamente a funestare l’orizzonte dell’Europa, questa estate del 2024 assume un sapore particolare anche per Ravenna. Nel nostro caso, per fortuna, solo attraverso la lente della memoria storica, amplificata per l’occasione dal gioco degli anniversari. Esattamente ottant’anni fa, infatti, anche la nostra città viveva la sua estate di guerra più drammatica, funestata dalla tempesta dei bombardamenti aerei che, nel loro vortice di lutti e di distruzione, ne avrebbero mutato il volto per sempre. Da quando, il 10 giugno 1940, il boato di Piazza Venezia, trasmesso dagli altoparlanti, si era fuso con quello di piazza del Popolo nell’ora della scesa in campo dell’Italia, la vita della città aveva continuato a svolgersi per lungo tempo in maniera relativamente normale. Qui la guerra aveva davvero bussato alla porta solo con l’occupazione tede-
LA VIOLENZA DELLE
BOMBE AVEVA
DEVASTATO INTERI
QUARTIERI, COME
QUELLO DI SAN VITTORE
E L’AREA PORTUALE
E FERROVIARIA. LA RAVENNA IN CUI
ENTRARONO LE AVANGUARDIE INGLESI
ERA UNA CITTÀ
PROFONDAMENTE FERITA.
sca nel settembre del 1943, ma ancora nei mesi successivi non vi erano stati grossi turbamenti. Lontana dalle grandi vie di comunicazione, con un porto all’epoca di secondaria importanza e ormai praticamente inattivo, la città era rimasta completamente immune dai bombardamenti
aerei che nel corso dell’anno avevano iniziato a colpire massicciamente molti centri della penisola.
Finché, il 30 dicembre 1943, anche Ravenna aveva conosciuto il battesimo del fuoco di una lunga serie di incursioni destinata a interrompersi solo con la liberazione del 4 dicembre 1944. Seppur non completamente inatteso, quel primo bombardamento, che investì soprattutto i quartieri della zona ferroviaria e portuale, fu il più grave dal punto di vista delle perdite di vite umane, circa sessanta, compresa una quarantina di soldati slovacchi acquartierati nella zona del Candiano.
L’anno che si apriva, però, avrebbe portato danni materiali ben più gravi, cancellando le illusioni di chi riteneva che Ravenna sarebbe stata risparmiata in virtù dell’importanza dei suoi monumenti. Dopo un nuovo attacco il 22 marzo, che stavolta colpì anche in pieno centro, inducen-
do le autorità a trasferire le ossa di Dante nel più sicuro tumulo accanto al sepolcro, fu il 29 giugno che iniziò la calda estate dei bombardamenti sulla città. Mentre chi poteva abbandonava il centro urbano per rifugiarsi in campagna, nel corso del mese di luglio la teoria delle incursioni aeree si snocciolò sempre più fitta e distruttiva.
Nei primi giorni del mese fecero la loro comparsa anche i cosiddetti ‘Pippo’, aerei da caccia che compivano missioni solitarie nel cuore della notte, con effetti psicologici particolarmente logoranti per la popolazione. Fra i bombardamenti pesanti, particolarmente duro fu quello del 23 luglio, festa di S. Apollinare, quando fu ancora colpito
gravemente il centro storico con gravi danni alla Loggetta Lombardesca. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Il 25 agosto, in particolare, fu senza dubbio la giornata più drammatica della storia ravennate dell’ultimo secolo, iniziata con la strage dei dodici partigiani al ponte degli Allocchi e terminata con il primo bombardamento notturno sulla città. Quella notte il chiarore dei bengala fu osservato da tutta la Romagna e dall’Appennino bolognese fino a San Marino, sinistro riverbero del grado di devastazione cui veniva sottoposta l’antica capitale. Il colpo più grave, fra gli innumerevoli che si potrebbero elencare oltre alle 24 vittime, fu quello che subì la chiesa di S. Giovanni Evangelista, che fu quasi completamente distrutta (solo il campanile sopravvisse per miracolo) e che quindi sarebbe stata ricostruita quasi integralmente nel dopoguerra. Altri due attacchi notturni si verificarono il 4 e
il 9 settembre, il primo dei quali comportò fra l’altro la totale distruzione di un’altra antica chiesa, quella di S. Vittore Questi furono gli ultimi grandi bombardamenti su Ravenna, o almeno gli ultimi di cui si abbia una certa contezza. Per tutto l’autunno ne seguirono altri sui quali, data la situazione di una città ormai spopolata e ridotta a retrovia del fronte di combattimento, non abbiamo molte informazioni, ma che ebbero ancora un esito disastroso per il patrimonio artistico, in particolare la distruzione della chiesa di S. Maria in Porto Fuori con
i suoi preziosi affreschi trecenteschi, e per il nuovo tributo di vittime civili.
La Ravenna in cui, il 4 dicembre, fecero il loro ingresso le avanguardie inglesi insieme ad alcuni gruppi partigiani era una città profondamente ferita nel suo tessuto urbano e nelle sue memorie storiche. Oltre ai monumenti, la violenza delle bombe aveva devastato interi quartieri, come appunto quello di San Vittore e l’area portuale e ferroviaria. E proprio la zona della stazione, che prima della guerra era una delle più verdi e attraenti della città, rispecchia
nel complesso i limiti della ricostruzione, impegnata a tenere il passo dell’impetuosa evoluzione economica e sociale del dopoguerra. Dopo le distruzioni, le violenze e i rancori degli ultimi anni di guerra, Ravenna si affacciava sul futuro del ‘miracolo economico’ che, per un certo periodo, avrebbe fatto dell’antica ‘città morta’ una delle realtà più dinamiche del paese: un futuro che, però, la città avrebbe accolto privata di una parte delle sue memorie e della sua anima profonda, distrutte per sempre insieme alle pietre dei suoi monumenti e delle sue case.
ADVERTORIAL
PARRUCCHIERI
EFFETTO DONNA
35 ANNI DI SORRISI E FELICITÀ
DI MADRE IN
FIGLIA: DONATELLA
GALEOTTI E MELISSA
TISSELLI OFFRONO UN SERVIZIO
PROFESSIONALE
E SEMPRE
AGGIORNATO PER LA BELLEZZA E LA SALUTE DELLE
CHIOME DI DONNE E UOMINI.
Festeggia i primi 35 anni di attività il salone di parrucchieri Effetto Donna di via Mario Montanari 40/A a Ravenna. Entrando si viene subito accolti dal sorriso di Donatella Galeotti e di Melissa Tisselli, madre e figlia che da sempre collaborano insieme offrendo un servizio impeccabile e mettendo a frutto le rispettive competenze acquisite in anni e anni di lavoro.
Donatella è particolarmente abile nel capire le esigenze della clientela che desidera regalarsi un nuovo look e prendersi cura di sé, mentre Melissa è più versatile nel taglio e ha esperienza in shooting fotografici correlati a
eventi di vario genere. Con loro lavora anche la dipendente Lucia che ha acquisito una buona tecnica e lavora con passione e creatività. Il risultato è un salone per uomo e donna a 360 gradi, con angolo barber shop, in cui a farla da padrone sono la gentilezza, la professionalità e la qualità. Caratteristiche fondamentali per essere apprezzati dalla clientela che ritorna volentieri da anni. Il salone, moderno e curato, ideale per trascorrere dei momenti rilassanti e dedicarsi alla propria bellezza, è stato aperto da Donatella il 19 settembre 1989. “Non è stato affatto scontato, almeno inizialmente, che mia figlia
seguisse le mie orme,” racconta. “Quando era una ragazzina neanche metteva piede in negozio, passava con il suo motorino e restava sempre fuori. Poi, quando si è resa conto che allo studio preferiva il lavoro, mi ha chiesto di poter fare dei corsi professionali per diventare a sua volta parrucchiera. Ha fatto una gavetta lavorando a lungo all’estero, in particolare a Londra e anche sulle navi da crociera.” Lavorare insieme è stato qualcosa di assolutamente spontaneo. Per loro sono stati 35 anni di felicità, in cui si sono sempre supportate a vicenda anche nei momenti più difficili, lavorando tutti i giorni, in
TRA I FIORI
ALL’OCCHIELLO CI SONO I TRATTAMENTI, IN PARTICOLARE PURÒ E BOTOX, IDEALI PER I CAPELLI SOTTILI O FRAGILI: “IL PRIMO AMPLIFICA LA LUMINOSITÀ E LA VIVACITÀ DEL COLORE, IDRATANDO E VOLUMIZZANO I CAPELLI. IL SECONDO È UN FILLER RIEMPITIVO CHE DONA UN EFFETTO RIMPOLPATO E SVOLGE UN’AZIONE RISTRUTTURANTE.”
qualsiasi condizione. “Ci ha fermate solo la pandemia, quando siamo dovute restare forzatamente chiuse,” ricordano. Tra i fiori all’occhiello di Effetto Donna ci sono i trattamenti, in particolare PURÒ e BOTOX . “Il primo si effettua con un dispositivo medicale certificato,” spiega Melissa. “È l’ideale per capelli sottili o sfibrati in quanto, grazie alle molecole di ossigeno puro, amplifica la luminosità e la vivacità del colore. Inoltre rende i capelli più idratati, voluminosi e
resistenti. Un servizio altamente innovativo e naturale.”
Purò si applica dopo il lavaggio sui capelli umidi, ripristinando i legami capillari danneggiati e mantenendoli così in salute, senza l’utilizzo di sostanze chimiche. Botox è invece un filler riempitivo che dona un effetto rimpolpato alla chioma , svolgendo un’intensa azione ristrutturante. Perfetto per chi ha capelli fragili a causa dell’uso di ferri a caldo o decolorazioni, dona risultati che sono visibili
sin da subito. “Due volte l’anno facciamo corsi per essere sempre aggiornate,” spiega Melissa, “sia sulla parte tecnica, sia sulle linee lancio. Ci teniamo inoltre a utilizzare prodotti biologici all’avanguardia e a praticare il riciclo nel pieno rispetto dell’ambiente e delle persone. A livello di servizi, facciamo di tutto: oltre a taglio, piega e colorazioni, permanente, anti-crespo e stirature. Per gli uomini abbiamo allestito un angolo barber shop con una bella poltrona vintage, dove mi
occupo di barba e capelli, ricevendo bei riscontri.” Quali sono le tendenze dell’estate 2024? “Il capello raccolto spettinato ,” racconta ancora Melissa, “mentre per le linee taglio a furoreggiare è il mullet. Stiamo finendo la fase anni Settanta con linee tonde e scalate e quella ispirata agli anni Ottanta con volumi e ricci. Tra i colori, molto richiesto è il caramello.”
Un consiglio per l’estate? Usare sempre linee solari biologiche per proteggere i capelli.
ALI
UN TEAM ROMAGNOLO A BORDO DELLA NUOVA
LUNA ROSSA
SUL MARE
“Non sapevo nulla di vela e soffro il mal di mare. Ma la motivazione nello sport è tutto e ti insegna a superare i tuoi limiti.” Avevamo lasciato tre anni fa Bruno Rosetti chiuso in una stanza d’albergo di Tokyo col Covid, a poche ore dalla finale olimpica del 4 senza (nome che in ambito sportivo si dà a un tipo di imbarcazione, Ndr.) di canottaggio, dopo avere contribuito in gara a conquistarla. Ora ritroviamo l’ex canottiere ravennate a bordo di Luna Rossa, in piena preparazione nelle acque di Barcellona per la Louis Vuitton Cup, la manifestazione che sceglie la sfidante ufficiale di Team New Zealand per la prossima America’s Cup che avrà inizio il 12 ottobre 2024. In quella frase c’è tutto il senso della sua ennesima sfida, come era stato a suo tempo tornare a gareggiare nel canottaggio dopo esserne stato lontano per otto anni, andandosi poi a prendere il bronzo olimpico assegnatogli dal Cio.
NELLA SQUADRA PRESIEDUTA DA PATRIZIO BERTELLI CI SONO BRUNO ROSETTI, EX CANOTTIERE RAVENNATE, MATTEO E JACOPO PLAZZI, UMBERTO MOLINERIS, ANDREA
BAZZINI E GIUSEPPE
ACQUAFREDDA.
“La Coppa America è il trofeo sportivo più antico che esista,” ricorda Rosetti, “e Luna Rossa è la barca-nazionale della vela italiana. Poche persone hanno avuto la fortuna e il privilegio di poter partecipare alle Olimpiadi e alla Coppa America e io sono tra queste. Ho sempre cercato nuove sfide che mi motivassero e questa della Coppa America mi
sembra perfetta per soddisfare la mia sete di competizione.”
Nella Louis Vuitton Cup, che avrà inizio il 22 agosto con un doppio round robin, e semifinali e finali, al meglio delle sette regate, la cui conclusione è prevista il 5 ottobre, nella squadra presieduta dall’imprenditore Patrizio Bertelli sarà uno dei cyclor che fa parte del power team. In pratica, “pedalando produciamo l’energia sufficiente ad alimentare i sistemi idraulici,” spiega Rosetti, “che movimentano la parte aero dell’AC75 (albero e vele). A terra collaboro con il dipartimento che si occupa della manutenzione dei mezzi appoggio e mi piace molto perché ho imparato un nuovo mestiere.” E sono stati proprio altri due cyclor di Luna Rossa, “Emanuele Liuzzi e Romano Battisti, con cui ero in nazionale di canottaggio,” dice, “a propiziarne l’ingresso nell’ampia squadra targata Prada Pirelli. Sapevo che c’era la possibilità di entrare
“LA COPPA AMERICA È IL TROFEO SPORTIVO
PIÙ ANTICO CHE ESISTA E LUNA ROSSA È LA BARCA-NAZIONALE DELLA VELA ITALIANA. HO SEMPRE CERCATO NUOVE SFIDE E QUESTA DELLA COPPA
AMERICA MI SEMBRA PERFETTA.”
a far parte del team come cyclor.
Così quando Max Sirena, skipper e team director, mi ha offerto la possibilità, l’ho colta al volo.”
Tra i cyclor anche Luca Kirwan, figlio di una leggenda della palla ovale neozelandese.
IN APERTURA, LA LUNA ROSSA
TARGATA PRADA PIRELLI. IN ALTO, L’EX CANOTTIERE BRUNO ROSETTI, OGGI NEL SAILING TEAM PER LA COPPA AMERICA. SOTTO, MATTEO PLAZZI, PRESIDENTE DEL CIRCOLO VELICO RAVENNATE.
Rosetti incrementa una già folta compagnia di ravennati e romagnoli che fanno parte del team di Luna Rossa. Da Matteo e Jacopo Plazzi, a Umberto Molineris e Andrea Bazzini fino al cervese Giuseppe Acquafredda, c’è anche il dialetto romagnolo tra le lingue ufficiali dell’imbar-
cazione italiana che insegue il sogno chiamato America’s Cup. E c’è soprattutto una marcata rappresentanza del Circolo Velico Ravennate, a partire dal presidente Matteo Plazzi che sta affrontando l’ottava esperienza di questo tipo e ha già portato a casa una Louis Vuitton Cup nel 2000 e una Coppa America nel 2010 con il Team Oracle.
“Sta iniziando il periodo caldo di questa 37a America’s Cup,” ci aggiorna Plazzi, sette titoli mondiali vinti in diverse classi, tre medaglie d’oro, tre d’argento e due di bronzo al valore sportive.
“Noi di Luna Rossa Prada Pirelli siamo soddisfatti del nostro mezzo, ci sentiamo pronti e abbiamo ambizioni sicuramente alte. Ravenna è sempre stata molto coinvolta in tutte le sfide italiane di Coppa America. Il tutto è iniziato con Cino Ricci che ha portato i primi 12 metri acquistati dagli Usa proprio a Marina di Ravenna. Da lì in poi abbiamo sempre avuto vari ravennati coinvolti in uno o anche contemporaneamente in più team di Coppa America, italiani e no. Mi fa piacere pensare che questa continuità di presenze sia legata
alla scuola vela e in generale al movimento generato dal Circolo Velico Ravennate.”
Dentro Luna Rossa, Matteo Plazzi si occupa di regolamenti. Il nipote Jacopo è uno dei coach, Andrea Bazzini affronta la terza esperienza con Luna Rossa, nella quale, inserito nel design team, è uno degli addetti ai software della barca. Umberto Molineris, entrato nel team di Bertelli grazie al programma New Generation, è il trimmer, ovvero l’addetto alla regolazione delle vele e in particolare del fiocco, fondamentale per le andature di bolina, e infine Giuseppe Acquafredda, esponente del Circolo Nautico Amici della Vela di Cervia, alla sua terza partecipazione, si occupa della manutenzione e dell’allestimento di tutta la struttura delle vele. “Un ambiente familiare e altamente professionale al tempo stesso. Ogni singola persona rappresenta l’eccellenza nel suo campo,” assicura Rosetti, “e questo vale per tutti i settori. C’è veramente tanto da imparare ai massimi livelli. Tutti lavorano e danno il massimo con lo stesso obiettivo.”
Cervia diventa ConnectingPlace
Il primo passo è il nuovo progetto architettonico dell’ex Colonia Paradies
Technacy affida a Officina Meme Architetti il progetto della sua nuova sede. Lʼobiettivo è creare un nuovo ecosistema aperto a lavoro, ricerca, studio e coesione sociale.
La “nuova casaˮ di Technacy sarà un luogo aperto anche al territorio e alla sua comunità.
Spazi per lavoro, formazione, aggregazione e cultura. È un nuovo modello di rigenerazione sostenibile e replicabile, di un luogo altrimenti abbandonato.
MURI
GUERRINO SIROLI E L’AMORE PER LA MATERIA
VERTICALI
È sempre una sorpresa, e al tempo stesso un’emozione, entrare nello studio di un artista, è un’anticipazione della sua personalità, come uno specchio che svela già il modo di operare e di custodire i propri lavori. Lo studio di Guerrino Siroli, in pieno centro a Cervia, è in mezzo ai campi, in un luogo inaspettato che si raggiunge a piedi seguendo filari di viti mentre in fondo si intravede il canale delle saline. Probabilmente all’origine era un ricovero per attrezzi di tre ambienti, due per lavorare e uno per sistemare ordinatamente i lavori e raccogliere tutta la propria storia.
Una storia iniziata alle elementari quando ha scoperto la passione per il ‘fare arte’, modellando con la terra un animaletto. Tuttavia, la decisione di intraprendere la carriera dell’artista e dell’insegnante è venuta più tardi, alla fine delle scuole superiori, dopo il diploma all’Istituto per Geometri di cui resta
PER L’ARTISTA, CHE
HA SPERIMENTATO
MATERIALI TRA
CUI L’ACETATO,
LA CERAMICA E
LA SCULTURA, “LA
PITTURA NON DEVE
ESSERE LEGGIBILE
COMPLETAMENTE MA
INDIVIDUALMENTE
INTERPRETABILE E
RICHIEDE L’INTERVENTO
DELL’OSSERVATORE.”
un’impronta per la struttura, la composizione e gli equilibri delle immagini. Così a 21 anni, nel 1986, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. A metà degli anni Ottanta al corso di pittura avvengono radicali mutamenti quando a Umberto Folli subentra Vittorio d’Augu-
sta: Folli tradizionalista nel figurativo, D’Augusta orientato all’informale e alla sperimentazione del colore. Siroli si ritiene fortunato per aver vissuto questo momento di fermenti creativi e l’esperienza di miscelare queste due tendenze alquanto contrastanti, ricorrendo a materiali poveri utilizzati anche nell’edilizia, sfruttando il loro colore particolare che consente rapporti tonali ed effetti anche contrastanti che, comunque, hanno il potere di trattenere le emozioni. Nella lunga carriera ci sono stati vari passaggi che si sono sviluppati per cicli, ma non rotture radicali, lungo una linea di continuità nella sperimentazione dell’immagine che ha mantenuto la caratteristica della verticalità, della parete o, più propriamente, del muro
Nella paesaggistica ancestrale degli esordi, lontana dall’impressionismo per la predominanza del nero, l’oscurità è rotta da chiarori ottenuti dal materiale, la figu-
razione è puramente evocativa come nei lavori che richiamano visivamente la Sacra Sindone. Tra i materiali sperimentati anche l’acetato che consente sovrapposizioni ed effetti visivi di forte suggestione, poi in tempi più recenti la ceramica: riprende dipinti di altri maestri o anche suoi, per riprodurli su supporti creati al tornio, con una base di nero su cui interviene grattando, togliendo i punti luce per ottenere la figura, come nei vasi greci o anche etruschi. E, da ultimo, la sperimentazione della scultura per rappresentare muri, come per la Via Crucis esposta alla Madonna del Monte a Ce-
sena, dove le scene delle 14 stazioni sono davanti a un muro, un muro divisorio, che può essere anche il mare. Siroli è convinto che “la pittura non debba essere leggibile completamente, deve essere individualmente interpretabile,” dice “e quindi richiede l’intervento dell’osservatore, nel gesto si riesce a distinguere se c’è materia che dà una sensazione, nella costruzione dell’immagine entra un amore anche per il Rinascimento, l’equilibrio, la struttura che qualche volta viene dalla casualità che è nel gesto, a cui segue un intervento mentale che organizzi gli aspetti della forma.”
BIRRA BIZANTINA E IL BIRRIFICIO BAJÖN
DALLA COLLABORAZIONE
TRA BIRRA BIZANTINA
E IL BIRRIFICIO
BAJÖN NASCE ‘AH CIÒ!’, LA BIRRA
ARTIGIANALE
MADE IN RAVENNA.
Nel cuore della Romagna, dove tradizione e innovazione si intrecciano, è nata una collaborazione tra due realtà d’eccellenza votate a celebrare il gusto artigianale e l’identità del territorio. Parliamo di Birra Bizantina e Birrificio Bajön, che hanno unito le loro forze per creare una birra unica, espressione autentica della cultura romagnola: l’‘Ah Ciò!’, un nome che richiama un’esclamazione tipica del dialetto e che racchiude lo spirito conviviale e accogliente della regione. La voglia di sperimentare e dar vita a prodotti di eccellenza sono il motore di entrambe le realtà.
“Birra Bizantina nasce oltre 10 anni fa dalla voglia di regalare alla città di Ravenna la sua birra artigianale,” racconta Francesco Baldini. “Da quel lontano 2013
di cose ne sono cambiate e negli ultimi anni Birra Bizantina ha fatto un ulteriore salto di qualità. Abbiamo sviluppato i nostri prodotti cercando sempre l’equilibrio perfetto in ogni birra, e da quattro anni ormai produciamo all’interno del nostro birrificio composto da una sala cottura a due tini da 1.200 litri e 6 fermentatori. Oggi, Birra Bizantina vanta oltre 10 tipologie di prodotto.” Premiata da Slow Food come ‘Eccellenza’ e con la medaglia d’oro al Brussels Beer Challenge per la sua Cold Ipa, Birra Bizantina si distingue per la qualità delle sue creazioni, frutto di un processo produttivo scrupoloso e attento a ogni dettaglio. “Era da tempo che bolliva in pentola l’idea di collaborare con i ragazzi del Birrificio Bajön per sviluppa-
re una birra artigianale dalla forte impronta romagnola,” continua Baldini, “a cominciare dal suo nome e dalla sua etichetta, creata per l’occasione dall’illustratore e tatuatore romagnolo Nicola ‘Rospo’ Bustacchini. L’Ah Ciò! è una Session Ale dalla bevuta fresca, rotonda e soprattutto dissetante, una birra dalla gradazione modesta (alc. Vol. 4,4 % ).” Bajön non è solo un birrificio ma un brew pub di nuova generazione dove la birra artigianale si sposa con l’eccellenza culinaria, strizzando l’occhio alla scuola Americana e tedesca con una forte impronta italiana. La cucina fonde infatti hamburger artigianali e BBQ Americano con la tradizione italica della pizza cotta in forno a legna. Qui, Simone Bedeschi, il creatore di questa ‘fucina dei sogni’, trasforma la sua passione in arte, dando vita a birre che rispecchiano i gusti del birraio: basse fermentazioni di scuola tedesca e birre luppolate di stampo americano. Premi come quello per la Selva, Italian Style Pilsner, da Unionbirrai e il riconoscimento come Birrificio Eccellente da Slow Food testimoniano la qualità delle loro produzioni. “Il nostro obiettivo è quello di mantenere la qualità e la ricercatezza,” spiega Bedeschi, “Quest’anno sono uscite diverse birre nuove, ci siamo divertiti parecchio. Riuscire a lavorare e mettere insieme tante idee facendo nascere birre uniche è davvero stimolante.”
Non resta che dissertarsi con una fresca birra artigianale, sia in lattina da 0,33 cl che alla spina presso il Birrificio Bajön e al Darsenale.